Giustizia: questo Natale nell’umanità dolente delle carceri di Paola Severino Il Messaggero, 27 dicembre 2012 Il privilegio di essere ministro si è concretizzato per me quest’anno nella possibilità di avere due incontri, nei giorni di Natale, con gli agenti di Polizia penitenziaria e con le detenute e i detenuti di Regina Coeli e Rebibbia. Un privilegio, si chiederà qualcuno, pranzare in carcere in questi giorni di festa? Un privilegio, vi risponderà chiunque abbia esperienza di carcere e della grande umanità che vi si respira. Una umanità che si manifesta nel calore e nell’impegno con cui un detenuto condannato per avere ucciso la moglie gravemente ammalata, ponendo così fine alle sue sofferenze, si occupa di scrivere memorie e istanze in difesa di poveri disgraziati che non possono permettersi neppure un avvocato per chiedere provvedimenti cui in tanti casi avrebbero diritto. L’umanità di un detenuto marocchino consumato dalla sofferenza, che chiede solo di essere trasferito nelle carceri del suo Paese per stare vicino alla sua famiglia, dando così ragione del perché si deve continuare a stringere accordi di cooperazione per il trasferimento di detenuti con le nazioni africane che si affacciano sul Mediterraneo. L’umanità di donne rinchiuse in reparti di massima sicurezza per essere mogli di noti mafiosi e camorristi, che cuciono bellissime coperte patchwork e preparano gli struffoli più buoni che abbia mai assaggiato pensando ai loro familiari a casa e chiedendosi se sarà loro mai concesso un permesso premio o una detenzione domiciliare. L’umanità straziante di una donna che stringe tra le braccia il suo piccolo di due mesi e mezzo e che ti racconta, piangendo all’improvviso, di aver ucciso con un colpo di pietra l’uomo che era entrato nella sua roulotte compiendo atti osceni innanzi ai suoi sei figli. È a quel punto che a tutte si inumidiscono gli occhi pensando al Natale dei loro figli a casa e ai tanti Natali che dovranno trascorrere senza la loro mamma, affidati a volte ad estranei. Certo, si tratta di persone che hanno commesso delitti a volte gravi, ma che hanno bisogno del supporto di un avvocato, dell’attenzione di un giudice, delle parole di un direttore o di un agente del carcere per sentire che il proprio caso e la propria posizione giuridica sono seguiti con senso di vera giustizia. E quando, alla fine degli incontri, ti salutano con un applauso e dicendoti grazie, ti chiedi che cosa tu abbia fatto per loro, per meritare quella loro gratitudine. Sempre troppo poco, è la risposta, visto che, nonostante le riforme fatte, e gli sviluppi del piano carceri, ancora molto rimane da fare sulle misure alternative alla detenzione e sul finanziamento del lavoro in carcere. Due interventi che finalmente vedrebbero il carcere come extrema ratio e che consentirebbero un vero reinserimento sociale con bassissima recidiva, ma che sono naufragati per irragionevoli contrapposizioni politiche e per logiche di spartizione di fondi che nulla hanno a che vedere con una equa distribuzione di pubbliche risorse. La condivisione poi della mensa con gli agenti di polizia penitenziaria, vivendo con loro il tempo che altri dedicano alla preparazione del cenone di Natale o agli ultimi acquisti di regali natalizi, ti aiuta a comprendere la grande professionalità e la grande dedizione del loro impegno. C’è chi tutti gli anni copre il turno della vigilia, per assistere con i detenuti alla messa di mezzanotte; chi si fa assegnare il turno del giorno di Natale per esser presente al rito dell’apertura dei doni sotto l’albero da parte dei bimbi delle madri detenute; chi, più semplicemente, svolge il proprio dovere con serietà e con competenza, anche nei giorni in cui il carcere è più duro sia per i detenuti sia per chi li custodisce; chi ti racconta di aver desiderato fin da bambino di entrare tra gli agenti di polizia penitenziaria, ricordandosi l’immagine di una nonna, vecchia vigilatrice in un istituto carcerario, che tornava tutte le sere a casa esibendo con orgoglio la propria divisa. Un mondo di eroi silenziosi, ai quali affidiamo il difficile compito di custodire uomini sofferenti e di garantire la nostra sicurezza. Il loro dignitoso silenzio, come quello di chi non può far sentire la propria voce dal fondo di una cella, non devono però permetterci di dimenticare che i problemi del carcere e del sovraffollamento attengono alla dignità dell’uomo e potranno veramente essere affrontati e risolti solo attraverso una condivisa consapevolezza. Giustizia; nella “Agenda Monti” buoni propositi… ma troppe omissioni di Luigi Manconi L’Unità, 27 dicembre 2012 Come non essere d’accordo con le essenziali indicazioni dell’Agenda Monti in tema di giustizia e sicurezza? Lotta alle mafie, a ogni forma di criminalità organizzata, alla corruzione e all’evasione fiscale sono il primo, necessario passo per la legalità, per la trasparenza nella pubblica amministrazione e nelle imprese e, dunque, anche per il rilancio dell’economia italiana. E quindi, inevitabilmente, bisognerà riprendere il discorso sulla corruzione, sugli appalti, sul riciclaggio e sulla trasparenza dei bilanci delle imprese, a partire da una nuova disciplina del falso in bilancio. Bene. E bene sarà anche rivedere i termini di prescrizione di alcuni reati e regolamentare finalmente tutto ciò che una intera legislatura condizionata dalla vittoria di Silvio Berlusconi non ha potuto fare o ha fatto in modo sbagliato. Ma è sufficiente tutto ciò? La sensazione è che, per quanto riguarda la giustizia, vada abbastanza bene quello che c’è in questa agenda, ma troppo - anche nei limiti di un programma elettorale scandito per punti - è quello che non c’è. Se vogliamo fare finalmente i conti con i vent’anni che abbiamo alle spalle, e con l’ingombrante figura di chi in particolare li ha segnati, non ci si può limitare a fare ciò che Berlusconi ha impedito che fosse realizzato (una severa politica contro la corruzione e il riciclaggio, per esempio) o a rimediare alle sue peggiori malefatte (la riforma del falso in bilancio e una prescrizione su base classista). Se così fosse, saremmo ancora nel pieno del berlusconismo, costretti a sudare sette camicie per superarlo, e l’agenda futura sarebbe irreparabilmente condizionata dalla storia passata. Serve dunque altro. Altro che cambi l’agenda, appunto. Se posso rubare un’espressione a un avversario politico senza che se ne abbia a male, direi che sì questo ventennio è stato dominato dall’uso politico della giustizia. Solo che, al contrario di Fabrizio Cicchitto, io non penso che ciò sia stato opera di un Maligno, singolo o associato, annidato nelle procure o nelle stanze del Consiglio superiore della magistratura. L’uso politico della giustizia è stato fatto da chi ha inteso per anni (e ancora oggi vorrebbe) sconfiggere Silvio Berlusconi per via giudiziaria, e magari con lui ogni potere costituito e ogni principio di rappresentanza (tutti accomunati nella retorica della casta), ma anche e soprattutto - e ancor prima e come causa originaria - dallo stesso Berlusconi e da chi ha fatto dell’insubordinazione al principio di legalità la chiave di un consenso diffuso, e ancora da chi è ricorso a un uso populistico della giustizia penale, armandola contro ogni forma di sofferenza sociale. Qui l’agenda Monti si mostra reticente. Si può riformare la giustizia penale senza contrastare il suo uso politico e populistico? È troppo facile annunciare che in futuro si farà quel che l’Orco Cattivo - che effettivamente come un orco cattivo ha agito - non ci ha consentito di realizzare. Non c’entra nulla con la crisi della giustizia quell’elefantiasi penale alimentata in questi anni non solo dalla destra? Non c’entra nulla con l’uso irresponsabile del carcere contro i tossicomani, gli stranieri, i nuovi e i vecchi poveri? La crisi della giustizia non ha nulla a che fare con la delega alla magistratura dell’uso simbolico del diritto penale? Non è certo un caso che, adesso, al partito di un pm possa subentrare il partito di un altro pm, capeggiato da un terzo pm (e tutto ciò si vorrebbe di sinistra!). Dunque per guardare al futuro, si dovrà anche fare i conti con il populismo penale. Un’agenda per la giustizia dovrà partire da una rigorosissima distinzione tra politica e giurisdizione, da un’ampia depenalizzazione dei reati minori, dalla riforma del catalogo delle pene e della procedura penale. E dalla ragionevolissima constatazione che lo stato d’eccezione in cui si trova l’amministrazione della giustizia e il sistema penitenziario esige di prendere in considerazione, proprio a inizio di legislatura (quando minore è il rischio di costi elettorali da pagare), misure d’eccezione quali quelle previste dalla nostra Carta costituzionale: ovvero amnistia e indulto. Solo in questo quadro, le pur condivisibili proposte dell’agenda Monti non avranno un significato meramente contingente. Giustizia: Testa e Gerardi (Radicali), Agenda Monti non dice nulla su riforma delle carceri Notizie Radicali, 27 dicembre 2012 Dichiarazione di Irene Testa e Alessandro Gerardi, rispettivamente segretario e membro dell’Associazione radicale Il Detenuto Ignoto: “È incredibile, ma l’agenda di Mario Monti nulla dice sui temi relativi alla giustizia e alle carceri. È un vuoto preoccupante che riguarda quella che per noi radicali continua ad essere la più grande questione istituzionale, sociale e politica del Paese, determinata dalla non-amministrazione della giustizia e dalla disastrosa situazione delle carceri, fatti per cui lo stato italiano è stato condannato dalla giustizia europea, sin dal 1980 e ripetutamente, per violazione di diritti umani fondamentali. Non si tratta solo della condizione delle carceri nelle quali 67.000 detenuti sono ammassati in celle che potrebbero ospitarne al massimo 42.000, si tratta anche e soprattutto della vita di almeno 18 milioni di cittadini italiani e delle loro famiglie che sono parti in causa negli attuali 9 milioni e mezzo di processi civili e penali pendenti, molti dei quali destinati a risolversi per prescrizione (come è accaduto a circa due milione di processi penali negli ultimi dieci anni). Del resto per dare un’idea della bancarotta in cui versa la giustizia in Italia basta citare un noto rapporto del Consiglio d’Europa di qualche anno fa, dal quale emerge che circa il 30% della popolazione italiana è in attesa di una decisione giudiziaria. Un’agenda di governo incapace di affrontare tutti questi problemi non può essere in alcun modo credibile; anche per questo alle prossime elezioni sarà decisivo il sostegno e il voto alle costituende liste radicali su “Amnistia, Giustizia e Libertà”. Giustizia: Pannella sospende lo sciopero della sete ma non “la battaglia per la legalità” La Stampa, 27 dicembre 2012 “La notte scorsa ho sospeso lo sciopero della fame e della sete e adesso continuerò così per 2, 3 giorni. Ricomincio a mangiare, ma sono pronto a riprendere lo sciopero se lo Stato non esce dalla flagranza criminale peggiore, credetemi, dello stato fascista, nazista e totalitario comunista”. Lo ha detto il leader dei Radicali Marco Pannella, che chiede un’amnistia, uscendo dal carcere di Pistoia dopo una visita durata 3 ore e mezzo. Pannella - che dalla mezzanotte del 10 dicembre ha iniziato lo sciopero della sete per ottenere l’amnistia e il diritto di voto dei detenuti - si è trattenuto nel carcere di Pistoia a lungo. “Oggi non è vero - ha detto Pannella - che noi lottiamo per i carcerati, ma è il carcere che lotta con la non-violenza in nome del diritto: tutti, i direttori, la polizia penitenziaria, i detenuti, lottano per il diritto e la libertà dei cittadini italiani che stanno fuori, ma non sono liberi e hanno bisogno di essere illuminati”. Giustizia: l’ex Ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma scrive a Pannella Notizie Radicali, 27 dicembre 2012 “La urgente necessità di un intervento, che possa per un verso disingolfare gli uffici giudiziari da centinaia di migliaia di processi “zombie” e per altro verso incidere sensibilmente sulle presenze in carcere. In altri termini l’amnistia, certo meno estesa di quella che Tu immagini. Ma comunque utile ad affrontare, sia pure non definitivamente, le problematiche in esame”. Caro Marco, ho seguito la Tua ennesima battaglia di libertà. Purtroppo non mi è stato possibile esserti più vicino solo perché in convalescenza a seguito di un intervento chirurgico. Da troppo tempo il problema del carcere e del suo sovraffollamento è assente dall’agenda della politica, forse perché per molti affrontare il problema dei diritti degli ultimi (tali sono comunque i detenuti) e quello della dignità della detenzione può comportare danni sul piano dei consensi e, quindi, dell’acquisizione del potere. E non possiamo nasconderci che gli interventi effettuati nell’ultimo anno, peraltro da me messi in cantiere quando ero Ministro della Giustizia, si sono risolti nella sola diminuzione degli effetti delle c.d. “porte girevoli” e in nulla hanno sostanzialmente inciso sul problema del carcere, quello affrontato da tutte le forze politiche in Senato nel settembre 2011. Nè possiamo nasconderci che, forse, non vi è stata da parte del Governo Monti quell’interesse a sollecitare in tempi utili la trattazione del disegno di legge sulle misure alternative che pure il Governo non ha mancato di evidenziare con rispetto ad altre minori tematiche. Così è. Non si parla di carcere e nulla si ritiene di fare per incidere sul sovraffollamento. E non credo sia una pazzia chiedersi se il carcere debba essere l’unica risposta a chi delinque; se, oltre alla massima sicurezza, deve esistere un solo tipo di carcere o possa ipotizzarsi la costruzione di carceri a bassa sicurezza ovvero “aperti”; se, in assenza delle risorse finanziarie, sia possibile vendere i carceri storici (Regina Coeli, San Vittore, Poggioreale, Ucciardone, ecc.), tutti posti al centro delle città, e così reperire le risorse per le iniziative del caso; se non debbano essere ampliate le opportunità di lavoro esterno; se la stessa vita dei detenuti non possa prevedere l’esercizio di altre socialità oggi inibite. Io non credo che sia una pazzia eppure ciò non accade. Da qui la urgente necessità di un intervento, che possa per un verso disingolfare gli uffici giudiziari da centinaia di migliaia di processi “zombie” e per altro verso incidere sensibilmente sulle presenze in carcere. In altri termini l’amnistia, certo meno estesa di quella che Tu immagini. Ma comunque utile ad affrontare, sia pure non definitivamente, le problematiche in esame. Sul punto, come sai, mi troverai al Tuo fianco. Ti abbraccio. Nitto Francesco Palma Giustizia: la Chiesa Italiana celebra il Natale con i detenuti, visite pastorali in molte carceri Ansa, 27 dicembre 2012 La Chiesa italiana si mostra molto vicina alle problematiche dei detenuti anche a Natale, come testimoniano - sottolinea la Radio Vaticana - le diverse messe celebrate all’interno delle principali carceri del Paese in questi giorni. L’auspicio che il carcere sia un ambiente “sempre meglio adeguato” e che possa aiutare di più “il reintegro di ciascuno” è stato espresso dal presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco, nel corso dell’omelia della celebrazione natalizia che ha presieduto con i reclusi del Marassi. “Nei vostri cuori c’è il giusto desiderio di libertà e di essere a pieno titolo cittadini del mondo con le proprie responsabilità, i propri diritti e i propri doveri”, ha detto, parlando di “libertà insieme agli altri per creare un bene più grande dove tutti possano vivere in pace nella sicurezza e nella gioia”. Di condizioni inaccettabili delle carceri italiane dovute al sovraffollamento, invece, ha parlato l’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, che ha celebrato il Natale tra i detenuti di San Vittore: “A coloro che hanno la responsabilità del Paese - ha detto - dobbiamo chiedere che esplicitino nei programmi cosa intendono fare”. Domenica scorsa, una messa è stata celebrata nel carcere romano di Rebibbia dal cardinale vicario Agostino Vallini, in ricordo della visita dello scorso anno di Benedetto XVI. Presidente Cei Bagnasco tra detenuti Genova: carcere aiuti di più il reintegro Le carceri siano “ambienti sempre meglio adeguati” e la detenzione possa “aiutare di più il reintegro di ciascuno”. Lo ha detto il presidente della Cei Angelo Bagnasco che ha celebrato il Natale tra i detenuti del carcere genovese di Marassi. “Sarebbe bello, ed è quello per cui insistiamo che la società si impegni perché i tempi della pena siano vissuti in modo migliore. La società rifletta: una parte dei propri figli deve poter ricostruirsi nella giustizia ma in modo più congruo”. “Nei vostri cuori - ha detto ancora il cardinal Bagnasco nell’omelia, rivolgendosi ai detenuti - vi è il desiderio giusto della libertà, di essere cittadini del mondo e della società a pieno titolo con le proprie responsabilità, con i propri diritti ed i propri doveri in un rapporto reciproco virtuoso di donare e di avere, di partecipazione fruttuosa alla costruzione della società civile, di partecipazione al grande bene della giustizia e della pace, della tranquillità e dell’ordine dove ognuno, facendo onestamente il proprio dovere realizza sé stesso e partecipa al bene di tutti”. Il cardinale ha quindi parlato della libertà “insieme agli altri per creare un bene più grande dove tutti possano vivere in pace nella sicurezza e nella gioia”. Alla celebrazione era presente il cappellano del carcere di Marassi don Paolo Gatti e i volontari della Comunità di Sant’Egidio. Arcivescovo Milano Scola: chi ha responsabilità paese decida A coloro che hanno la responsabilità del Paese “dobbiamo chiedere che esplicitino nei loro programmi che cosa intendono fare per le carceri italiane”. Lo ha detto l’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, durante l’omelia della messa con i detenuti del carcere di San Vittore. Il cardinale ha parlato di “condizioni inaccettabili, dovute al sovraffollamento e a un concetto ancora troppo punitivo della pena”. Cappellano arrestato ora è uno come voi L’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, durante l’omelia della messa della vigilia di Natale celebrata per i detenuti di San Vittore non si è sottratto ad affrontare la vicenda di don Alberto Barin, il cappellano del carcere milanese arrestato nelle settimane scorse con l’accusa di violenza sessuale ai danni proprio di alcuni detenuti. “Accenno ora a un episodio molto delicato - ha detto Scola - don Alberto ora è in carcere, non è più tra di voi, ma è uno come voi”. Il cardinale Scola quindi ha invitato i detenuti di San Vittore a non dimenticare il bene che comunque il sacerdote ha fatto nei suoi anni di servizio nel carcere milanese. Giustizia: Martinelli (Sappe); politica ipocrita su misure alternative e lavoro per i detenuti Ansa, 27 dicembre 2012 “Condivido l’appello fatto oggi dal cardinale Bagnasco ai detenuti di Marassi, affinché la detenzione aiuti sempre più l’integrazione. Ma mi sembra evidente che le forze politiche che compongono il Parlamento hanno dimostrato e dimostrano, sui temi del carcere e del pesante sovraffollamento penitenziario, una sconcertante ipocrisia”. Lo scrive in una nota Roberto Martinelli, segretario ligure del sindacato di polizia penitenziaria Sappe. “Se da un lato buona parte dei membri di Camera e Senato plaudono alle gravi denunce del Presidente della Repubblica che in più occasioni, parlando delle carceri, ha accennato ad una realtà che umilia l’Italia in Europa e dell’urgenza di trovare idonee soluzioni favorendo il ricorso alla misure alternative, dall’altra bloccano i provvedimenti che potenziano il ricorso alle misure alternative alla detenzione e azzerano i fondi per far lavorare i detenuti con la legge di stabilità”. Pistoia: Pannella e Bernardini; oggi carceri sono “centri barbarie e oppressione selvaggia” Il Tirreno, 27 dicembre 2012 È durata oltre tre ore la visita che il leader radicale Marco Pannella ha effettuato ieri al carcere pistoiese di Santa Caterina in Brana, accompagnato dalla parlamentare Rita Bernardini. L’iniziativa fa parte della campagna di lotta sulla situazione invivibile delle carceri italiane, che Pannella sta portando avanti anche con un duro sciopero della fame e della sete, al momento sospeso. “Questi - ha dichiarato il leader radicale all’uscita - sono luoghi di oppressione selvaggia e di barbarie da parte di uno Stato fuorilegge”. Santa Caterina è un carcere piccolo, ma che condivide i problemi comuni in tutta Italia: su una capienza prevista di 75 detenuti, ne ospita più di 150, in condizioni spesso estremamente disagiate e più volte denunciate. “Non è vero - ha aggiunto Pannella - che noi lottiamo per i carcerati, sono loro che, con le armi della non violenza, lottano anche per noi in nome del diritto”. Il leader dei radicali ha inoltre annunciato, dunque, di aver sospeso lo sciopero della fame, sui cui aveva insistito tanto da mettere in pericolo - per l’ennesima volta - la sua salute. “La notte scorsa ho sospeso lo sciopero della fame e della sete e adesso continuerò così per 2, 3 giorni. Ricomincio a mangiare, ma sono pronto a riprendere lo sciopero se lo Stato non esce dalla flagranza criminale peggiore, credetemi, dello stato fascista, nazista e totalitario comunista”. “All’1 della notte scorsa, concluso il filo diretto di Radio Radicale - ha raccontato Pannella - ho bevuto dell’acqua e appena sono tornato in clinica ho preso dei biscotti con del latte caldo grazie alle infermiere che alle 3 me lo hanno preparato. Ora mangio per alcuni giorni ma sono pronto a riprendere lo sciopero”. Pannella - che dalla mezzanotte del 10 dicembre ha iniziato lo sciopero della sete per ottenere l’amnistia e il diritto di voto dei detenuti - si è trattenuto nel carcere di Pistoia a lungo, volendo parlare sia con il personale che con i detenuti durante un giro all’interno delle sezioni e, in generale, di tutta la struttura. Uscendo dal penitenziario, il leader radicale ha commentato l’esito della visita, dicendo, anche con paradossi, che “i penitenziari in Italia sono luoghi del diritto e delle libertà e non luoghi di oppressione selvaggia e barbarie. Ma a livello di vita concreta, di dramma vissuto, oggi non è vero che noi lottiamo per i carcerati, ma è il carcere che lotta con la non-violenza in nome del diritto: tutti, i direttori, la polizia penitenziaria, i detenuti, lottano per il diritto e la libertà dei cittadini italiani che stanno fuori, ma non sono liberi e hanno bisogno di essere illuminati”. Parlando di politica ha risposto ai cronisti che gli chiedevano dove si collocheranno i Radicali alle prossime elezioni. “Dove andiamo noi Radicali? Dove siamo sempre stati. Il problema è dove vanno gli altri”. E a chi chiedeva un giudizio su Grillo, Vendola e Di Pietro, ha detto: “Che storia hanno? Cosa hanno fatto nella loro vita in termini di costruzioni e di aiuto alla società? Qualsiasi italiano sa che noi Radicali siamo riusciti a rendere più umana la vita di tanti”, ha anche detto, accennando alle battaglie su divorzio, aborto e obiezione di coscienza. Parlando di Beppe Grillo, Pannella lo ha criticato per la definizione di Monti “rigor mortis”. “Dice Beppe Grillo: “bisogna farli fuori tutti”. Ma tu Beppe che hai fatto in questi 60 anni? Soldi e ottimi spettacoli”, ha detto Pannella, che, fuori dal carcere, ha criticato anche Vendola e Di Pietro. “Vendola ce l’ha con i neoliberisti, ma Salvemini secondo lui cos’era, un neoliberista?”. Oggi i luoghi di detenzione sono centri di barbarie e oppressione selvaggia “Non m’hanno voluto tenere”. Marco Pannella, sotto un ombrello grondante di pioggia, a fianco della deputata radicale Rita Bernardini, ieri alle 15 è uscito dal portone del carcere di Santa Caterina in Brana, a Pistoia, dove era entrato per una visita alle 11,30. Sembra una battuta di spirito, quella di Pannella. Ma il leader radicale fa sul serio: da mesi lotta contro le terribili condizioni di vita nelle carceri italiane e si è appena incontrato con decine di detenuti che appoggiano la sua lotta e sono pronti a partecipare. Nei detenuti, sottolinea, ma anche nella polizia penitenziaria, nei direttori eccetera. “Le carceri - continua Pannella - sono luoghi di oppressione selvaggia e di barbarie. Ma oggi non siamo noi a lottare per i diritti dei detenuti, sono loro che lottano per i diritti e la libertà dei cittadini che stanno fuori e sembra neanche se ne accorgano. Per questo non mi hanno voluto: faccio più comodo fuori, a far conoscere questa lotta”. Santa Caterina in Brana è un carcere piccolo, ma i drammatici problemi del sistema penitenziario italiano li soffre tutti: costruito per 64 detenuti, oggi ne contiene 150, in condizioni spesso terribili. Il giorno di Natale anche il vescovo di Pistoia Mansueto Bianchi è venuto a celebrare la messa, chiedendo poi ai pistoiesi di non dimenticare chi vive dietro le sbarre. Ai giornalisti che lo aspettano all’uscita, Marco Pannella spiega di aver sospeso lo sciopero della fame e della sete che portava avanti per denunciare le condizioni inumane delle carceri italiane, ma che nel giro di un paio di giorni è pronto a ripartire. C’è poi tempo per qualche battuta sull’attualità. Giusto che Monti parli di “salire” in politica, ma l’appello agli italiani per fare più figli sembra quello di Mussolini. Vendola? Grillo? “Che hanno fatto per aiutare la società, in concreto?”. Ma i radicali dove vanno? “Dove siamo sempre andati, dipende cosa fanno gli altri”. Ma un radicale può votare Grillo? “I santi fanno 7 peccati al giorno, noi radicali 7 str... ate le possiamo pure fare”. Genova: presidio e visite ispettive dei Radicali al carcere di Marassi, il report Notizie Radicali, 27 dicembre 2012 Un Natale al fianco dei detenuti. Mentre prosegue la battaglia nonviolenta di Marco Pannella, arrivato al suo 15esimo giorno di sciopero della fame e della sete, a Genova i Radicali, insieme al partito socialista italiano, hanno organizzato diversi eventi che si svolgeranno dentro e fuori le carceri. Oggi, 25 dicembre, dalle ore 9.30 alle 11.30 davanti la Casa Circondariale di Marassi ci sarà un presidio con battitura anche a sostegno della causa Amnistia e Giustizia, portata avanti a costo della propria vita da Pannella. All’evento partecipa anche il deputato Mario Tullo. Domani, invece, 26 dicembre è stata organizzata una visita ispettiva sempre al Marassi con conferenza stampa finale alla quale partecipa anche il senatore Claudio Gustavino, Michele De Lucia, tesoriere di Radicali Italiani, Deborah Cianfanelli, direzione di Radicali Italiani, Corrado Oppedisano, segretario Psi Genova, Angela Burlando, ex consigliere comunale ed ex vice-questore di Genova. Le motivazioni di tale iniziative sono state spiegate dettagliatamente in una nota dai Radicali di Genova: “Marco Pannella sta conducendo una dura e straordinaria lotta per richiamare l’attenzione delle istituzioni su due punti principali: sulla necessità e urgenza di affrontare la crisi della giustizia e l’emergenza del sovraffollamento delle carceri; sul silenzio dell’informazione e l’assenza di ogni confronto-dibattito sulla questione, che imporrebbe importanti decisioni legislative”, spiegano. “Il drammatico sciopero della fame e della sete di questi giorni è l’ultimo di una serie di iniziative che da anni il Partito Radicale conduce per denunciare come sia fuori legge, rispetto alla nostra Costituzione - continua la nota - lo Stato di diritto nel nostro Paese. Basti pensare a come il Parlamento ignorò completamente quanto deliberato dai cittadini con il referendum “Tortora” del 1987, per l’introduzione nel nostro ordinamento di una effettiva responsabilità civile dei magistrati”. Report della visita ispettiva condotta a Marassi Genova. Ieri, 26 novembre 2012, una delegazione di Radicali e Socialisti, accompagnati dall’on. Mario Tullo e dal sen. Claudio Gustavino, ha condotto una visita ispettiva di circa due ore presso il carcere di Marassi. La delegazione era composta da Michele De Lucia, tesoriere di Radicali Italiani; Deborah Cianfanelli, membro di direzione di Radicali Italiani; Marta Palazzi, segretaria dell’associazione Radicali Genova; Angela Burlando, del Partito Socialista Italiano di Genova. La visita è avvenuta dopo 14 giorni di sciopero totale della fame e della sete di Marco Pannella, “per l’Amnistia, la Giustizia e la Libertà”. Marassi è il carcere più grande della Liguria, con una capienza di circa 450 posti, ma si trova, come gli altri istituti, in una situazione di endemico sovraffollamento: al momento della visita infatti i detenuti risultano essere 733, quasi il doppio del limite stabilito dalla legge. Tra questi, i condannati definitivi sono 251, un percentuale davvero bassa, ennesima testimonianza del malfunzionamento della giustizia italiana. Il carcere dispone di un centro clinico con 45 detenuti: il primo piano dedicato al cosiddetto sostegno integrato, con l’assistenza di uno psichiatra tutti i giorni dalle 8 alle 19 e la presenza di alcune cooperative sociali che si occupano di far svolgere alcune attività ai 10 reclusi. Il secondo piano è dedicato ai casi che necessitano di assistenza sanitaria. Si tratta di detenuti con problemi di salute provenienti da tutta la Liguria, in quanto Marassi è l’unica struttura che può ospitarli. Al terzo piano, separati dagli altri, vi sono i malati di Hiv. Ogni cella, di uno o due letti, dispone di bagno e doccia, grazie alla ristrutturazione completata di recente. A margine si fa notare come patologie come l’Hiv o epatite C, di cui sono affetti buona parte dei detenuti tossicodipendenti, sono totalmente incompatibili con il regime carcerario, e soprattutto non consentono l’applicazione della legge 230/99, che prevede pieno accesso all’assistenza sanitaria per tutti i cittadini, anche se reclusi. L’art. 94 della legge sulle tossicodipendenze (la Fini-Giovanardi) prevede l’affido per uso terapeutico, che tuttavia nei fatti è precluso alla totalità degli immigrati e applicato in modo solo parziale ai tossicodipendenti italiani. L’ispezione è proseguita nella sezione II, riservata ai condannati definitivi. In questa sezione il sovraffollamento raggiunge punte drammatiche: la media per ogni cella è di 8-9 detenuti, che dormono in letti a castello di due o tre piani: in ogni cella c’è un solo bagno per tutti, mentre le docce sono ancora in comune, cinque per ogni piano. I lavori per installare la doccia in ogni singola cella sono iniziati a partire dall’ultimo piano della II sezione. I detenuti sono quindi costretti in pochi metri quadrati per 20 ore al giorno, tranne le due ore d’aria mattutine e due pomeridiane. Nella III sezione sono reclusi i detenuti con sentenza definitiva, ma in regime di custodia attenuata o di semilibertà: si tratta di tossicodipendenti od ex tossicodipendenti che possono circolare liberamente fuori dalle proprie celle, dotati di cucina, spazi in comune, stanze con due letti, bagno in cella e docce in comune. Un dato positivo è rappresentato dalla scolarizzazione: un corso di elementari, due di scuola media, un corso odontotecnico con laboratorio frequentato da 23 persone; un corso di grafica pubblicitaria frequentata da 20 persone. Il provveditorato agli Studi ha destinato un’apposita sezione scolastica per il carcere di Marassi. Gli sforzi della direzione carceraria vanno verso un maggiore coinvolgimento dei detenuti in attività all’esterno del carcere: questa volontà però si scontra con il taglio dei fondi e delle borse di lavoro erogate dalle amministrazioni per poter garantire una attività lavorativa ai detenuti. Vi sono state alcune esperienze positive recentemente, come il lavoro di ripulitura del cimitero di Staglieno eseguito da 15 detenuti per 6 mesi, ma sono operazioni di difficile ripetibilità. Il carcere dispone di una panetteria, in cui lavorano solo 4 addetti, ed una falegnameria, inutilizzata per la maggior parte del tempo per mancanza di appalti. All’interno del carcere viene svolto un laboratorio teatrale ed è in corso la costruzione di un teatro vero e proprio. Nonostante gli sforzi del personale di polizia penitenziaria e degli operatori carcerari per garantire il miglior funzionamento possibile dell’istituto, persistono anche a Marassi i problemi che affliggono tutte le carceri italiane, e più complessivamente, a partire dal sovraffollamento, lo stato di illegalità che ha fatto collezionare al nostro Paese condanne su condanne ad opera della Corte europea dei diritti dell’uomo, al punto che l’Italia si trova sotto il costante monitoraggio da parte del Comitato dei Ministri della Corte Europea. Il carcere è più che mai uno dei più gravi epifenomeni dello sfascio della giustizia, i cui gravissimi effetti e costi in termini civili, sociali, politici ed economici sono sempre più evidenti. Firenze: ispezione di Radicali nel carcere di Sollicciano; piove nelle celle e manca personale Ansa, 27 dicembre 2012 Tra i reclusi nel carcere fiorentino anche 88 donne e due bambini, uno di 3 e l’altro di 5 anni. Gli agenti di polizia penitenziaria in servizio sono 480 ma la pianta organica ne prevede 620. Una struttura fatiscente con infiltrazioni di acqua, e “in diverse celle piove anche sui letti dei detenuti”: questa la descrizione della situazione nel carcere fiorentino di Sollicciano fatta da Matteo Mecacci, parlamentare radicale eletto nelle file del Pd, che stamani, insieme a una delegazione composta anche da Maurizio Buzzegoli e Rosa Marca, ha compiuto una visita ispettiva all’interno del penitenziario. “La situazione è molto critica ormai da anni, ma le diffuse infiltrazioni di acqua - ha spiegato Mecacci al termine della visita, durata alcune ore - rendono invivibili non solo le celle ma anche i locali per la polizia penitenziaria. La mia impressione è che quel carcere deve essere abbattuto e ricostruito interamente”. Mecacci, che è stato accompagnato nella visita anche dal cappellano del carcere, don Vincenzo Russo, ha riferito che attualmente il carcere fiorentino ospita 935 detenuti a fronte di una capienza di 450 persone. Tra i reclusi anche 88 donne e due bambini, uno di 3 e l’altro di 5 anni. Gli agenti di polizia penitenziaria in servizio sono 480 ma la pianta organica - ha spiegato il parlamentare - ne prevede 620. Foggia: Radicali; nel carcere anche una bimba di 10 giorni e manca il lavoro per detenuti Notizie Radicali, 27 dicembre 2012 “Gesù bambino quest’anno è una bimba di 10 giorni che si trova nella sezione femminile del carcere di Foggia con la sua mamma, detenuta in attesa di giudizio incensurata. In una struttura con i riscaldamenti accesi solo per un’ora al giorno, senza nemmeno il bue e l’asinello. Lontano da tutto, nel silenzio e nell’indifferenza mentre tutti festeggiano il Natale”. È questa l’immagine con cui i radicali dell’associazione Mariateresa Di Lascia sintetizzano il bilancio - come anticipato - della visita ispettiva nel penitenziario di Foggia svoltasi il 24 dicembre. Ad accompagnare la delegazione radicale c’era il consigliere regionale Giandiego Gatta (Pdl) e il rappresentante dell’Osapp Carlo Colangelo. “La situazione riscontrata non è molto diversa da quella della precedente visita di marzo 2012 -dice la Segretaria dell’associazione, Elisabetta Tomaiuolo - Stesso sovraffollamento: capienza del carcere 450 posti, detenuti presenti 680; stessa carenza di personale: 312 agenti previsti dall’organico, 294 agenti effettivi. Gli agenti presenti, cioè, non sarebbero sufficienti nemmeno a gestire il numero di detenuti regolamentare di 450, figuriamoci sostenere una situazione di emergenza di questo tipo. Stessi problemi strutturali: gli impianti sovracaricati si guastano e non è possibile nemmeno fare una doccia tiepida. Attraversando un corridoio abbiamo visto 3 detenuti che imbiancavano un muro e un agente ci ha spiegato che è grazie ai detenuti lavoratori (circa 20) se si riescono a fare piccoli lavori di miglioria sulla struttura. Molti detenuti vorrebbero lavorare, anche senza retribuzione, ma a causa della carenza del personale di sorveglianza, questo non è realizzabile. Nel momento in cui una persona commette un reato esce dalla società civile, e il carcere deve svolgere una funzione rieducativa, deve fare in modo che il detenuto alla fine della pena sia pronto per reintegrarsi nella società civile, ciò non per buonismo evidentemente, ma perché l’intera società civile ne ha giovamento. Nelle attuali condizioni di detenzione che privano gli individui della propria dignità, che lo spersonalizzano poiché non c’è possibilità di svolgere un lavoro e delle attività formative che contribuiscano ad una crescita morale e culturale, c’è posto solo per la rabbia e la rassegnazione”. Esercitare il diritto di voto è una di quelle azioni che può contribuire al processo rieducativo del detenuto, che assumendosi la responsabilità di questo fondamentale diritto-dovere mantiene un contatto con l’esterno. “Per questo - spiega Tomaiuolo - ci siamo preoccupati di sapere se i detenuti fossero stati informati della procedura, molto articolata e con tempi lunghi, da avviare per poter votare alle prossime elezioni. La circolare del Dipartimento di amministrazione penitenziaria ancora non è arrivata, e la maggior parte dei detenuti non sapeva di poter votare: nel carcere di Foggia, escludendo i 130 immigrati, sono almeno 400 i detenuti non interdetti al voto. Avremmo voluto avere maggiori informazioni su alcuni progetti che la direttrice Affatato a marzo ci disse di voler avviare, ma purtroppo quel giorno era in congedo. Chiederemo un incontro nei prossimi giorni per avere un quadro completo e assicurarci che i detenuti possano esercitare il diritto di voto”. Nelle carceri italiane ci sono 60 bambini sotto i 3 anni. I penitenziari che sulla carta sono dotati di nido sono pochissimi, e tra questi c’è il carcere di Foggia, per cui una mamma con una bambina di 10 giorni, dall’ospedale di Bari dove ha partorito, è stata trasferita qui. “Ma possiamo definire una stanza con una culla malconcia, priva di qualsiasi suppellettile e genere di conforto riscaldata da una stufetta, una struttura nido? Quale società civile permetterebbe ad un’innocente di 10 giorni di vivere in queste condizioni?” dice la Segretaria radicale. Oltre alla piccola “Gesù bambina” sono presenti altri 2 bambini. “Per farli sentire meno abbandonati abbiamo portato loro in regalo dei giocattoli, perché in fondo è Natale anche per loro. Ma questo non è che un gesto simbolico e certo non basta a restituire loro gioia e serenità. Occorre trovare delle soluzioni alternative, per tutelare questi bambini”. In un Paese che ha 9 milioni di processi pendenti in corso e oltre 2mila condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, è facile per i detenuti e per i loro familiari rassegnarsi. È facile anche per gli agenti, anche loro vittime di una pressione insostenibile: 96 sono quelli che si sono suicidati negli ultimi 10 anni. Ci rivolgiamo a tutti loro perché non finiscano per ritenere normale questa violazione e che ci affianchino in questa battaglia per l’amnistia con cui chiediamo semplicemente che lo stato rientri nella legalità. Che non violi la Costituzione e la Carta europea dei diritti dell’uomo. Cagliari: Sdr; Natale a Buoncammino con dolce dono per bambini Ristretti Orizzonti, 27 dicembre 2012 I colloqui dei detenuti con i parenti sono sempre un momento importante per superare le difficoltà e le ansie di una situazione grave per la forzata assenza di un familiare. Sono però fondamentali in occasione del Natale la festa che, secondo la tradizione, vede la famiglia riunita. Per questo l’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, in collaborazione con Paola Melis responsabile dell’Agenzia Milano Assicurazioni e con il contributo delle dipendenti, ha donato alla Casa Circondariale di Cagliari 110 piccoli panettoni in versione natalizia destinati ai figli dei detenuti. “In occasione delle Festività, mancando la possibilità di trascorrere qualche ora in intimità, abbiamo pensato - hanno sottolineato Maria Grazia Caligaris, presidente di SdR e Paola Melis - di far vivere ai piccoli e ai loro genitori un momento di condivisione. Un piccolo dolce per consentire loro di sentirsi meno soli in occasione del Natale. L’iniziativa comprende anche un analogo momento di affettuosa considerazione per le detenute. Un segnale semplice ma significativo per dimostrare loro che, nonostante la difficoltà in cui si trovano, non devono - hanno concluso - sentirsi abbandonati”. Con lo stesso obiettivo una rappresentanza dell’associazione, come avviene da alcuni anni, è intervenuta alla Santa Messa celebrata in carcere dall’arcivescovo di Cagliari. Lucca: Marcucci e Mariani (Pd); ancora affollamento, meno detenuti, ma 1 sezione chiusa Ansa, 27 dicembre 2012 “La diminuzione del numero della popolazione carceraria, dovuta però alla chiusura (per lavori di manutenzione) di una delle tre sezioni di reclusione” così “persiste purtroppo la piaga del sovraffollamento, con 138 detenuti (73 sono in attesa di giudizio definitivo), con un miglioramento degli organici degli agenti di custodia (erano 83 durante l’ultima visita nell’agosto scorso, 88 oggi)”. Ad affermarlo sono i parlamentari del Pd Andrea Marcucci e Raffaella Mariani, che oggi hanno fatto una visita ispettiva nel carcere San Giorgio di Lucca, incontrando il direttore dell’istituto penitenziario Francesco Ruello ed i detenuti. “È positivo che siano stati trovati i finanziamenti per interventi indispensabili nelle sezioni - spiegano i parlamentari - il carcere tornerà ad essere a regime tra marzo ed aprile prossimi. In modo particolare nella terza sezione saranno installate le docce, di cui avevamo denunciato più volte l’assenza”. Per i due parlamentari “la prossima legislatura dovrà avere come priorità l’approvazione di provvedimenti per ridurre popolazione carceraria, con misure alternative al carcere. In una struttura piccola come quella di Lucca la densità continua ad essere al di sopra dei livelli di guardia. Infine un fatto positivo, l’avvio di corsi di formazione fuori e dentro il carcere. Ci auguriamo - concludono Marcucci e Mariani - che anche le attività di socialità e gli orari di apertura della palestra interna, siano intensificate, così come il processo di integrazione con la città ed il mondo del volontariato e dell’associazionismo”. Trento: Morandini (Provincia) in visita al carcere “servono più agenti penitenziari” Ansa, 27 dicembre 2012 L’organico degli agenti penitenziari del carcere di Trento è da potenziare. Lo ha auspicato il consigliere provinciale Pino Morandini che oggi, in occasione delle festività natalizie, ha visitato la casa circondariale dei Spini di Gardolo per portare gli auguri agli agenti di polizia penitenziaria e ai detenuti, in rappresentanza del Consiglio provinciale e a nome del presidente Bruno Dorigatti. “Diversamente da altri Paesi europei - ha detto Morandini - gli agenti di polizia penitenziaria sono impegnati ininterrottamente, senza la possibilità di turnazione con altri compiti, in un delicato e stressante servizio”. Ha quindi auspicato un potenziamento degli attuali organici “al fine di garantire l’adeguata sorveglianza che una struttura così vasta e articolata richiede”. A proposito del sovraffollamento delle carceri italiane, Morandini ha osservato come sia “una questione che fortunatamente non riguarda il carcere di Trento, una struttura additata a modello”. Morandini ha infine sottolineato l’attenzione e l’impegno delle istituzioni per produrre ogni sforzo nella direzione del pieno recupero e reinserimento sociale delle persone detenute. Pisa: Adriano Sofri in visita al carcere “Don Bosco” con il deputato Pd Fontanelli La Nazione, 27 dicembre 2012 La vigilia di Natale consegnati ai detenuti 370 panettoni. Il deputato Pd: “Anche a Pisa è emergenza sovraffollamento”. “Anche da questa nuova visita ho ricavato la conferma della forte inadeguatezza delle misure finora prese sull’emergenza carceri ed è evidente che un tema come questo può essere affrontato solo da una solida maggioranza di centrosinistra”. Così l’onorevole Paolo Fontanelli sulla visita al carcere “Don Bosco” della vigilia di Natale, dove si è recato insieme ad Adriano Sofri per consegnare ai detenuti i panettoni (370 quelli distribuiti) acquistati con una sottoscrizione promossa dallo stesso Sofri e dallo storico Michele Battini. Nell’occasione il deputato del Pd si è avvalso anche della prerogativa dei parlamentari di fare visite ispettive in ogni momento per verificare lo stato di salute del carcere cittadino. “La situazione del “Don Bosco è difficile come quella di tutte le strutture penitenziarie italiane a causa del sovraffollamento che persiste da troppo tempo - scrive al riguardo Fontanelli sulle colonne del suo blog (www.paolofontanelli.it) -: anche se a Pisa le condizioni non sono fra le più drammatiche del sistema carcerario italiano, la situazione resta comunque grave perché l’edificio è vecchio e soffre di una prolungata carenza di manutenzione”. Beninteso, “l’impegno per cercare di fare qualcosa con le poche risorse disponibili non manca e recentemente è stato attrezzato uno spazio per gli incontri con i bambini, ma non si va più in là delle toppe che, nel complesso, non ce la fanno a fermare un visibile processo di degradazione”. Invece, per quel che riguarda la popolazione carceraria, “l’impressione è che rispetto a qualche anno fa ci sia un peggioramento delle condizioni di vita materiali perché pure dentro le strutture penitenziarie si è assistito ad un visibile impoverimento e non solo per la crescente presenza d’immigrati nullatenenti - conclude l’ex Sindaco. È come se i modesti sostegni esterni di chi poteva averli o offrirli si fossero fermati”. Bolzano: la vita nel carcere di raccontata agli studenti Alto Adige, 27 dicembre 2012 Erano presenti 350 studenti del Pascoli, dell’ITI “Galilei” e dall’IPC “De Medici”. Hanno risposto alle loro domande il comandante del reparto di polizia Penitenziaria e il funzionario giuridico-pedagogico della Casa Circondariale di Via Dante Prima delle vacanze di Natale, all’interno del progetto multidisciplinare intitolato “Cesare deve morire”, dall’omonimo film dei fratelli Taviani, organizzato dal Liceo “Pascoli” nell’auditorium della scuola , si è tenuto un incontro per parlare della vita in carcere. Erano presenti circa 350 studenti del Pascoli, dell’ITI “Galilei” e dall’IPC “De Medici”. Hanno risposto alle loro domande il comandante del reparto di polizia Penitenziaria, commissario Angelo Fratacci, e il funzionario giuridico-pedagogico della Casa Circondariale di Bolzano, Paolo Erdini. L’incontro è stato organizzato in collaborazione con la Fondazione Upad, per la quale era presente Maurizio Moretti, che segue alcuni progetti di formazione in carcere finanziati dal Fondo Sociale Europeo, e Stefano Casellato, docente di informatica e coordinatore all’interno della Casa Circondariale del progetto “Seconda Chance” . Si è parlato delle diverse tipologie di detenzione, dei rapporti tra guardie penitenziarie e detenuti, delle attività di rieducazione e di formazione che si svolgono nella casa circondariale di Bolzano, di come si svolge una giornata in carcere, dei diritti dei detenuti, del senso della pena, dei problemi che incontrano i detenuti quando escono dal carcere, delle attività lavorative che si svolgono in alcune carceri italiane. Gli studenti hanno potuto scoprire che i detenuti hanno la possibilità di frequentare numerosi corsi a scopo sociale e ricreativo, ma anche veri e propri corsi di formazione con moduli di educazione linguistica in italiano e tedesco, giuridica, informatica, percorsi di base per lavori di giardinaggio e piccola manutenzione, utili per offrirgli una possibilità lavorativa una volta usciti da carcere. Così come hanno potuto scoprire che da qualche anno la Casa circondariale di Bolzano produce un giornalino semestrale. Trapani: 4 metri quadri a detenuto… tutti i numeri del carcere di San Giuliano a.marsala.it, 27 dicembre 2012 4 metri quadri a detenuto. È questa la situazione del carcere San Giuliano di Trapani, con celle di 19 metri quadri capaci al massimo di contenere 4 persone e invece adattate per 6. Sono questi gli effetti del sovraffollamento alla casa circondariale trapanese dove risultano 121 detenuti in eccesso. L’istituto penitenziario conta, infatti, 511 reclusi a fronte di una capienza massima di 390. Affollati tutti i reparti. Sono 68 anziché 44 i carcerati della sezione protetti (soggetti a rischio, detenuti per reati sessuali e collaboratori di giustizia), 105 nel reparto di alta sicurezza (per i reati di associazione mafiosa), 10 in isolamento, 302 nella sezione comune, 7 i beneficiari dell’articolo 21 (soggetti che per buona condotta svolgono lavori all’esterno), 5 in regime di semilibertà e 14 donne. Corsi professionali, attività scolastica e volontariato impegnano 300 detenuti, un parco giochi offre in estate a padri e figli la possibilità di incontrarsi in un ambiente sereno. Ad aumentare l’affollamento del carcere di Trapani, qualche settimana fa, ha contribuito la chiusura del carcere di Marsala, soppresso dal Ministero della Giustizia, perchè considerato vetusto, nonostante le promesse del Sindaco Giulia Adamo che non sarebbe stato chiuso... La casa di reclusione di Trapani “San Giuliano” ovvero la casa circondariale di Trapani è un carcere che si trova nella frazione Casa Santa del comune di Erice, A Trapani venne impiegato come carcere fino al 1965, il Castello della Colombaia. L’odierna struttura, progettata nel 1949 dall’architetto Giovanni Patti di Palermo, e pronta nel 1958, occupa un’estensione di 92.451 mq. Fu inaugurato il 30 maggio 1965 alla presenza del guardasigilli Oronzo Reale. Due anni fa l’allora Ministro della Giustizia Alfano annunciò la costruzione di un altro padiglione del carcere per ospitare altri 200 detenuti, ma il progetto non si è mai realizzato. Così come il Governo ha tagliato, un attimo prima che diventasse esecutivo, il progetto di costruzione del nuovo carcere di Marsala, che sarebbe dovuto sorgere in Contrada Scacciaiazzo. Una delegazione del Partito Radicale, che ha visitato il carcere di San Giuliano questa estate, ha denunciato alcune mancanze, tra cui la carenza dell’acqua all’interno del carcere, “che viene erogata per poche ore al giorno, per cui i detenuti benestanti possono permettersi quella minerale mentre gli stranieri, notoriamente più disagiati, o anche gli italiani indigenti, sono costretti a bere l’acqua del rubinetto, il cui colore, nonostante le passate certificazioni dell’Asp, non è rassicurante”. Al San Giuliano è notevole la presenza di detenuti stranieri. “Il sovraffollamento registrato è causa di molti sfollamenti di carceri del Nord - dichiara Rita Bernardini - ed è necessaria una marea di soldi per le traduzioni dei detenuti per le udienze nei tribunali di appartenenza. Le trasferte costano moltissimo e per ogni detenuto devono intervenire tre agenti. Peraltro - aggiunge - a fronte del sovraffollamento di cui non sono responsabili i direttori degli istituti (che non possono mai rifiutarsi di accoglierne altri) ma il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, - c’è una carenza di personale, che è insufficiente. In pianta organica gli agenti sono 330 mentre quelli effettivi sono 282, e di questi 48 sono impiegati esclusivamente nelle tradizioni dei detenuti>. I Radicali ritengono tale situazione insostenibile e fuori da ogni legalità, motivo per cui invitano ancora una volta il Governo ad assumersi la responsabilità di questa condizione.