Giustizia: Antigone; dal sovraffollamento al lavoro… dietro le sbarre i problemi di sempre Dire, 20 dicembre 2012 Quasi nessun effetto dal decreto “svuota carceri”, mentre la legge sulle misure alternative si è arenata e la legge sul lavoro ha esaurito il budget. È stato un anno difficile, il 2012, per le carceri italiane. Il sovraffollamento che tocca livelli record in Europa, i fondi per il lavoro dei detenuti che non ci sono, il ddl sulle misure alternative tanto voluto dal ministro Severino che, passato alla Camera, non è ancora riuscito a entrare nell’agenda del Senato. La situazione degli istituti di pena italiani è sintetizzata dal titolo dell’ultimo rapporto di Antigone, che fornisce i dati più recenti: “Senza dignità”. A fine ottobre erano 66.685 i detenuti: in larga parte uomini, giovani, per quasi due terzi italiani. Tra i condannati, oltre il 60 per cento aveva un residuo di pena inferiore a 3 anni. Le persone in custodia cautelare erano invece 26.804. Siamo il paese più sovraffollato d’Europa: ogni cento posti nelle celle italiane sono stipati 142 detenuti, quando la media Ue è di 99,6. Lo scorso febbraio, proprio per contrastare questi numeri, è stata innalzata dai dodici mesi iniziali (legge n. 199 del 2010) a diciotto il tempo di pena residuo da scontare ai domiciliari. Complessivamente sono stati 8.267 i detenuti che ne hanno beneficiato. Ma l’associazione Antigone, che fa il punto sulla situazione, placa eventuali entusiasmi. Il numero, che a prima vista può sembrare importante, non va messo in relazione con il numero dei detenuti presenti, ma con quello delle persone scarcerate dall’entrata in vigore della legge, quindi oltre 140mila. Senza contare che 20 mesi dopo l’entrata in vigore della legge, una parte di quanti ne hanno usufruito sarebbe fuori comunque. Dunque, poca cosa. Sono restati sullo stesso livello anche i suicidi in carcere. Nel 2011 erano stati 63, quest’anno al 18 dicembre si era arrivati a 60. Un tasso di quasi venti volte superiore a quello registrato nella società. Approvato dalla Camera, il testo di legge sulle misure alternative prevede la reclusione domiciliare come alternativa al carcere e l’introduzione della “messa alla prova” già testata nel sistema penale per i minorenni. Funzionerebbe così: gli interessati sono valutati da un giudice, per loro si stabilisce un piano di reinserimento sociale, il processo si ferma e il condannato, se è riuscito a superare la messa alla prova, viene restituito alla società. Con 348 sì, 57 no e 21 astensioni il testo è passato al vaglio della Camera, ma è attualmente arenato al Senato. Il Guardasigilli, però, solo qualche giorno fa ha ribadito l’importanza della legge e si è detta determinata a farla approvare prima di fine legislatura. Meno di un detenuto su cinque svolge attività lavorativa in carcere. Nel primo semestre del 2012 hanno lavorato 13.278 detenuti: è la percentuale più bassa dal 1991. Ancora una volta i numeri sono di Antigone, che parla di un calo del 71% dei fondi per le mercedi, passati dagli 11 milioni del 2010 ai 3.168.177 euro del 2012. Nella maggior parte dei casi le buste paga dei detenuti non superano i 30 euro mensili. La “legge Smuraglia”, che prevede benefici fiscali e contributivi per le imprese che assumono detenuti o svolgono attività formative nei loro confronti, ha visto esaurirsi il budget 2011 prima ancora della fine dell’anno e le aziende hanno dovuto rinunciare, in tutto o in parte, agli sgravi, vedendosi spesso costrette a terminare il rapporto di lavoro. Ma il nuovo anno sembra portare buone nuove: la legge di Stabilità, ora in approvazione al Parlamento, contiene infatti un innalzamento dei fondi, come promesso dal ministro Severino in più occasioni. Nel 2010 sono stati 2.621.019 i delitti denunciati all’autorità giudiziaria dalle forze di polizia, lo 0,3% in meno dell’anno precedente. Lo rende noto l’Annuario statistico italiano dell’Istat. Tra le tipologie di delitto, l’unico deciso incremento si registra per lo sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione (+21,0%); calano, invece, le denunce per usura (- 19,4%), gli omicidi volontari (- 10,2%) - ancora di più quelli imputabili a organizzazioni di tipo mafioso (- 23,3%) - e le rapine (- 5,8%). Alla fine del 2011 risultano in corso 22.423 misure alternative alla detenzione (affidamento in prova al servizio sociale, semilibertà, detenzione domiciliare, libertà vigilata, libertà controllata, semidetenzione), in aumento del 21,6% rispetto all’anno precedente. Queste misure riguardano donne nell’8,2% dei casi, nel 15,7% stranieri e nel 17,1% persone dipendenti da alcool e droghe. Giustizia: Caritas; nelle carceri una situazione inimmaginabile, Costituzione violata Asca, 20 dicembre 2012 La situazione delle carceri italiane è ormai ai limiti dell’immaginabile e non solo sotto l’aspetto, pur grave, del sovraffollamento tanto da far gridare la Caritas alla “costante violazione del dettato costituzionale”. Un grido d’allarme rilanciato oggi nel corso di una conferenza stampa presso la sede della Radio Vaticana alla quale hanno preso parte il direttore della Caritas di Roma mons. Enrico Feroci e il responsabile dell’Area carcere della Caritas don Sandro Spriano. Occasione per parlare di carceri, l’iniziativa del lancio del libro - fotografico in due volumi: “Uhuru-Liberta”‘ di Francesco Delogu e Stefano Montesi che verrà messo in vendita per raccogliere fondi da devolvere interamente in favore dei detenuti poveri. Una realtà maggioritaria, ha fatto notare la Caritas, in una struttura carceraria come quella di Rebibbia a Roma che vede la detenzione in questo momento di 2.700 persone. È stato don Spriano a lanciare le più dure accuse contro l’attuale situazione carceraria italiana. Specchio fedele, la realtà romana che, in linea con i dati nazionali, vede un sovraffollamento pari al 140%. Una drammatica spia della situazione, i suicidi in cella che, ricorda la Caritas, al 12 dicembre 2012 hanno raggiunto la cifra di 59 detenuti che si sono tolti la vita, oltre a 9 poliziotti penitenziari ed a 151 il totale delle morti in carcere. Una vera mattanza se si pensa che dal 2000 ad oggi si contano ben 750 suicidi tra i detenuti e 96 tra le fila della Polizia penitenziaria. Dati che hanno portato don Spriano a parlare di strutture, le attuali carceri italiane, che “di fatto condannano a morte centinaia di persone”. “Il carcere oggi - ha detto il cappellano - non passa neppure uno slip all’anno ai cittadini che vi vengono ospitati, passa solo un letto (e alle volte neppure quello) e un pasto che costa all’erario 3 euro al giorno tra colazione, pranzo e cena. Qui non è più solo lo scandalo del sovraffollamento ma delle inumane condizioni di vita in cui decine di migliaia di esseri umani sono costretti a vivere, soprattutto i più poveri”. L’analisi della Caritas è impietosa quando si afferma che la campagna informativa di sensibilizzazione sarà a favore “dei cittadini poveri che sono in carcere: gli unici - ha sottolineato - per i quali funziona la certezza della pena”. “Nelle celle - stanze di detenzione - aggiunge la Caritas - si avverte la sensazione di non avere aria da respirare, dove il sovraffollamento favorisce il contagio e la diffusione delle malattie infettive con servizi igienici precari ed insufficienti”. Una situazione che ha portato il nostro paese a più di una condanna da parte del Consiglio d’Europa. Giustizia: intervista ministro Severino; amnistia? non ci sono i voti, ma ok ddl alternative di Guido Ruotolo La Stampa, 20 dicembre 2012 Paola Severino “Le misure alternative sono per la povera gente che, grazie alla messa alla prova, può avere una chance per reintegrarsi”. Guardasigilli Paola Severino, Marco Pannella ironizza affermando che con il suo provvedimento sulle pene alternative conquisterebbero la libertà 54 detenuti… “I relatori del provvedimento alla Camera, per la verità, hanno sempre parlato di 1.200 detenuti. I dati che mi sono stati trasmessi dal Dap riferiscono di 2.819 ingressi in carcere nel 2011 per reati puniti con pena massima fino a 4 anni, tutti potenziali fruitori di misure alternative alla detenzione”. Tra spinte giustizialiste e forcaiole nessun governo negli ultimi anni è riuscito a portare avanti una politica di umanizzazione delle carceri… “Indipendentemente dalle opposte spinte che hanno caratterizzato la politica dei diversi governi negli ultimi anni, ciò che più mi ha colpito arrivando al ministero della Giustizia è stata la frammentazione della geografia carceraria, che negli anni è andata di pari passo a quella dei “tribunalini”. La linea che sta seguendo l’Amministrazione penitenziaria è quella della modulazione dei circuiti così da aggregare i detenuti a seconda del percorso di recupero più idoneo alle loro caratteristiche. Bollate e Rieti, ad esempio, sono già ora istituti modello per detenuti ritenuti a minore pericolosità sociale”. Ministro, due terzi della popolazione detenuta sono stranieri… “Vuol dire che molti degli extracomunitari che affollano le carceri italiane arrivano nel nostro Paese sperando in un futuro migliore, ma poi diventano facile preda della criminalità che garantisce loro un lavoro irregolare e un guadagno facile. Le misure alternative alla detenzione non sono - come qualcuno ha detto - ideate per “colletti bianchi” che intendono evitare il carcere; sono piuttosto per quella povera gente che, grazie a strumenti come la messa alla prova, possono avere una nuova e ulteriore chance per integrarsi nella società”. Si potrebbe affrontare il problema del sovraffollamento anche con la liberalizzazione delle droghe. Davvero soluzione impensabile? “Nei Paesi nei quali la liberalizzazione è stata tentata i risultati ottenuti non sono stati confortanti, anche perché in un sistema ormai globalizzato qualunque Paese liberalizzasse diventerebbe la calamita dei traffici provenienti dai Paesi in cui la liberalizzazione non è avvenuta. Mi sembra piuttosto necessario moltiplicare le strutture - ovviamente diverse dalle carceri - idonee a garantire la disintossicazione e il recupero di coloro che hanno fatto uso di droghe. Ciò che più conta, torno a ribadirlo, è l’abbattimento della recidiva. I dati ce lo confermano: coloro che una volta usciti dal carcere lavorano, difficilmente tornano a delinquere. Secondo una stima del ministero del Lavoro sono tornati in carcere solo il 2,8% di coloro che, beneficiari dell’indulto nel 2006 erano stati avviati a tirocini presso aziende, su un campione di 2.158, a fronte del 27% di coloro che non aveva seguito alcun programma di reinserimento”. Sull’ amnistia chi ha remato contro? “Nessuno specificatamente, ma tutti i partiti mi hanno detto che non si sarebbe potuta trovare una maggioranza qualificata per votare l’amnistia”. E sulle pene alternative? “È a tutti noto che il provvedimento è stata approvato a larga maggioranza alla Camera, con l’eccezione di Lega e Idv che hanno già preannunciato il permanere della loro posizione contraria anche al Senato”. Un anno al ministero. Si poteva fare di più? “Se metto in fila tutti i provvedimenti che abbiamo predisposto in materia di giustizia mi chiedo come sia stato possibile riuscire a realizzare tante misure tutte insieme in un arco temporale così ristretto. Solo sulle carceri, col decreto di gennaio, abbiamo inciso in modo significativo sul fenomeno delle “porte girevoli”, che si è ridotto dal 27% al 13% sul totale degli ingressi, e abbiamo ulteriormente esteso la possibilità di eseguire la pena in detenzione domiciliare portando il limite da 12 a 18 mesi”. Con quali effetti? “L’insieme di queste misure ha concorso a determinare un’inversione di tendenza rispetto al progressivo aumento della popolazione carceraria, passata da 68.047 detenuti nel novembre 2011 a 66.335 di oggi. Infine, abbiamo emanato una Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti per far sì che ciascuna persona al momento dell’ingresso in carcere sia in grado di conoscere qual è il percorso che lo attende. E tutto ciò senza considerare il disegno di legge sulle misure alternative che attualmente è all’esame del Senato e gli interventi sulle strutture carcerarie che hanno portato alla consegna, entro dicembre, di 3.178 posti letto ai quali se ne aggiungeranno altri 2.382 entro il giugno 2013. In conclusione, abbiamo puntato su soluzioni strutturali”. Giustizia: il ddl sulle misure alternative al Senato, una corsa per l’approvazione finale Tm News, 20 dicembre 2012 Paola Severino è “certamente molto soddisfatta” della decisione del senato di portare a termine l’esame del ddl sulla messa alla prova e le pene alternative al carcere. “Ho molto insistito - ha spiegato ai cronisti al termine del Consiglio dei ministri al Senato - perché venisse calendarizzato anche se siamo a fine legislatura”. Severino ha sottolineato “la sensibilità del Parlamento, anche a fronte del richiamo del presidente della Repubblica. Non mi muoverò da qui - ha concluso - finché non sarà approvato”. Il testo del provvedimento, già approvato in prima lettura dalla Camera, sarà all’esame della commissione alle 14.30 di oggi. L’approdo in aula è previsto per domani. Di Giovan Paolo (Pd): trasformare in legge ddl su pene alternative “Abbiamo la possibilità di trasformare in un fatto concreto la solidarietà dimostrata in questi giorni a Marco Pannella e al mondo delle carceri: trasformare in legge il ddl sulle pene alternative”. È quanto dichiara il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, presidente del Forum per la Sanità Penitenziaria. “Anche se siamo a fine legislatura, manca un passo affinché ciò sia possibile. Anche in fase di approvazione della legge di stabilità dobbiamo lavorare per garantire maggiore vivibilità ai detenuti, per far sì che la riforma della sanità penitenziaria sia applicata in modo omogeneo in tutte le regioni. Le statistiche dimostrano che chi sconta la pena con misure alternative torna a delinquere di meno”. Fini: auspico ok ddl pene alternative, ma non amnistia Gianfranco Fini auspica che prima dello scioglimento delle Camere possa essere approvato anche dal Senato il ddl sulle pene alternative al carcere, ma ribadisce la sua contrarietà ad un provvedimento di amnistia. Incontrando la stampa parlamentare per gli auguri di fine anno, il presidente della Camera risponde ad una domanda sulla protesta estrema di Marco Pannella sottolineando che quella delle carceri “è un’emergenza nazionale: c’è un sovraffollamento con oltre 60mila detenuti a fronte di una capienza complessiva attorno ai 45mila, non intervenire significa non garantire la dignità della persona umana detenuta. Chiunque abbia visto le condizioni dei detenuti nelle nostre carceri sa che chiudere gli occhi significa venir meno al dovere che almeno a parole tutti avvertono di garantire la dignità della persona umana”. Per questo “auspico che il provvedimento per la messa alla prova dei detenuti e la detenzione domiciliare possa essere approvato anche dal Senato: non è intervento risolutivo, ma dimostra la consapevolezza del Parlamento circa la necessità di intervenire sul tema”. E a questo proposito “ho particolarmente apprezzato l’impegno del ministro Severino”. Quanto alla “estrema protesta” di Pannella, “credo che abbia contribuito ancora una volta a squarciare il velo di ipocrisia: va ringraziato per quello che sta facendo, ma personalmente ribadisco la mia contrarietà a ipotesi di amnistie. Sarebbe un intervento dettato dalle condizioni emergenziali salvo poi ritrovarci tra qualche anno nella stessa condizione di adesso”. Li Gotti (Idv): in Commissione un mostro giuridico “Oggi in commissione Giustizia abbiamo esaminato per 15 minuti il disegno di legge Severino che sostituisce al carcere la detenzione domiciliare. Ho solo avuto il tempo di segnalare il macroscopico errore del testo”. A dichiararlo il capogruppo dell’Italia dell’Italia dei Valori in commissione Giustizia in Senato, Luigi Li Gotti, che aggiunge: “infatti la detenzione domiciliare, sino al massimo di 4 anni, può essere applicato a sentenze di condanne finanche di 15 anni. Questo perché, mentre il giudice che emette la sentenza può applicare l’aumento di pena per reato continuato, l’aggravante della recidiva e altre circostanze aggravanti, per sostituire il carcere con la detenzione domiciliare, non si deve tener conto dell’aumento di pena per la continuazione, per la recidiva e per altre aggravanti. Un assurdo giuridico. Anzi un mostro giuridico. Peraltro - aggiunge - il giudice non potrà negare la detenzione domiciliare motivando con l’esistenza di aggravanti perché ciò è impedito da questo testo. Peraltro si esclude una qualsiasi modifica, in quanto non i farebbe in tempo per un nuovo esame da parte della camera. Ciò che accadrà domani, con il voto in Aula, è il risultato di un atto di imperio del Presidente del Senato che non ha consentito i lavori della commissione, in pendenza della sessione di bilancio fissando, invece, il voto in Aula di un provvedimento che modifica una cinquantina di articoli di procedura penale. Con questi risultati scandalosi. Alla faccia della sicurezza e della certezza della pena”, conclude Li Gotti. Giustizia: Radicali; urge decreto legge per modificare effetti perversi della Fini-Giovanardi Agenparl, 20 dicembre 2012 “Al senatore Giovanardi che invita Pannella a non utilizzare la legge detta Fini - Giovanardi sulle droghe come obiettivo polemico per la sua battaglia, è appena il caso di ricordare che negli ultimi anni l’incidenza dei soggetti ristretti nelle carceri per reati in materia di sostanze stupefacenti sull’intera popolazione detenuta ha raggiunto percentuali elevatissime Per capirci: attualmente sono 26.615 (quasi il 40% del totale) le persone detenute per condanne relative alla Fini - Giovanardi. Si tratta di numeri eloquenti, che non erano mai stati registrati in passato. I dati dimostrano in modo inconfutabile ciò che Pannella e i radicali vanno ripetendo da tempo, ossia che se nel 2006 la Fini-Giovanardi non avesse aggravato il trattamento sanzionatorio che caratterizza i reati in materia di sostanze stupefacenti - da un lato favorendo un maggior utilizzo, in sede cautelare, di misure ad alto impatto segregativo e, dall’altro, impedendo un rapido accesso a forme di esecuzione alternative alla detenzione - l’attuale over crowding penitenziario non avrebbe mai potuto raggiungere dimensioni così drammatiche. I requisiti di urgenza e di necessità ci sono tutti, il Governo non attenda oltre ed emani un decreto legge per mitigare le pene perlomeno con riferimento all’ipotesi lieve di detenzione o cessione illecita di sostanza stupefacente, così da consentire alla magistratura un dosaggio più calibrato delle misure cautelari e un più agevole ricorso a strumenti non implicanti il contatto diretto con il carcere del soggetto indagato o imputato”. Lo affermano Irene Testa e Alessandro Gerardi, rispettivamente segretario e membro dell’associazione Il Detenuto Ignoto. Giustizia: Pannella accetta le cure… ma non il Ddl della Severino sulle misure alternative di Eleonora Martini Il Manifesto, 20 dicembre 2012 Dopo un malore, Marco Pannella si sottopone alla terapia di idratazione ma le condizioni restano gravi. Il feticcio del decreto sulle pene alternative per far desistere il leader radicale. ROMA. Da ieri mattina, dopo aver accusato un malore durante la notte precedente, Marco Pannella ha accettato di sottoporsi a terapia idratante per via endovenosa. “Tuttavia, purtroppo, come temuto, non si è ancora assistito e non si assiste alla ripresa della diuresi”, ha comunicato ieri sera il professor Santini che lo segue nella clinica romana dove è ricoverato. Le sue condizioni restano gravi, dunque, anche perché continua a rifiutare cibo e acqua, visto che i tanti “sforzi” sbandierati da esponenti politici e istituzionali per mostrare compartecipazione alla battaglia del vecchio leader radicale non sono altro che un insulto alla sua intelligenza. “Accetto le terapie per vedere se riusciamo a salvare questa baracca”. Si riferisce all’Italia, Pannella, che appare decisamente provato nel videomessaggio registrato ieri mattina. Ma dopo che Roberto Saviano ha cordialmente declinato l’invito a candidarsi nelle liste “Amnistia, giustizia e libertà” perché, dice, ciascuno faccia il mestiere che sa fare, ma, aggiunge, “non ti dirò mai di lasciar perdere la tua battaglia” (Vasco Rossi invece non risponde, preso com’è dai propri problemi di salute), e poiché altre candidature “eccellenti” non si prospettano all’orizzonte, i dirigenti radicali hanno rivolto un appello a decine di personalità (un pot-pourri che va da Alessandro Sallusti ai Sud Sound System, da Enzo Boschi a Gad Lerner, da Piero Sansonetti a Filippo Facci), che avevano manifestato solidarietà twittando con l’hashtag #iostoconmarco, di mettersi in ballo e candidarsi con la Rosa nel pugno per portare i temi della giustizia dentro la campagna elettorale. Il presidente Napolitano, apprendendo “con sollievo” della terapia idratante, e volendo superare le “particolari incomprensioni con l’on. Pannella sulle condizioni politiche e parlamentari per l’adozione di provvedimenti clemenziali”, richiama nuovamente tutti al “senso di responsabilità” per superare la “vergognosa realtà carceraria che marchia l’Italia”, ma continua a considerare fondamentale l’approvazione del provvedimento per l’introduzione di pene alternative al carcere. È il feticcio a cui si appigliano tutti: dal presidente del Senato Renato Schifani, che ha promesso di portare in dono al leader radicale il decreto approvato, alla Guardasigilli Paola Severino che è rimasta fuori dalla porta della clinica per precisa volontà di Pannella - “ho scelto di non riceverla”; fino alla Commissione Diritti umani del Senato che ieri ha comunicato ufficialmente di aver discusso a lungo, in seduta straordinaria, di carcere, tortura (il reato mancante) e amnistia, senza però trovare una quadra. Dopo aver ricordato che già dal 2011 la Commissione aveva individuato nelle leggi Bossi-Fini, Fini-Giovanardi e ex Cirielli le responsabili del sovraffollamento carcerario, i senatori della Diritti umani si sono limitati a concludere: “Molti dei presenti si sono anche dichiarati apertamente a favore dell’amnistia come risposta a quanto Marco Pannella chiede”. Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. “La ministra Severino continua a dare i numeri - risponde stizzita la deputata radicale Rita Bernardini - nelle patrie galere ci sono solo 250 detenuti che, ad oggi, “potrebbero” accedere alla messa alla prova o alla detenzione domiciliare così come disciplinate dal suo ddl. E gli altri 66.500 stipati in 45.000 posti possono continuare ad essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti come ha sentenziato che avvenga la Corte Europea dei diritti dell’uomo?”. Ma il cuore del problema non sta tanto nella “vergognosa realtà carceraria”, di cui pure varrebbe la pena discutere di più e non solo dentro le commissioni (negli Stati uniti, per esempio, il New York Times ha aperto un dibattito on line dal titolo “Prison could be productive”, la prigione potrebbe essere produttiva, chiedendo: “Come può una condanna al carcere cambiare in meglio una persona?”), quanto piuttosto nell’”illegalità” reiterata dal nostro sistema giudiziario. “Con ogni evidenza - continua Bernardini - la Severino non si è accorta della bancarotta della giustizia nel Paese di cui è ministro: se consideriamo infatti l’altro grande flagello della giustizia civile (oltre 5 milioni di cause pendenti!) scopriamo che - tra civile e penale - c’è una causa ogni 5,6 abitanti e un’altra ogni 2,3 famiglie”. Un problema di tutti, dunque. Ecco perché l’unico appello che al momento appare condivisibile è quello dell’ispettore generale dei cappellani delle carceri, don Virgilio Balducci, che rivolgendo il pensiero a Marco Pannella e alla sua lotta nonviolenta in nome di “un valore in cui crede”, dice: “Non mi sento di chiedergli di fermarsi, di rinunciare. Spero fino all’ultimo minuto che si riesca a fare un piccolo decreto, anche se non so se c’è ancora il tempo”. Giustizia: Pannella senatore a vita. Perché no? di Patrizio Gonnella (presidente di Antigone) Il Manifesto, 20 dicembre 2012 Fall Alioune è in galera a Rebibbia per scontare dodici anni di carcere cumulati per avere venduto cd contraffatti. Carlo Saturno si è impiccato nel carcere di Bari dopo avere denunciato gli agenti che lo avevano pestato quando era nell’istituto per minori di Lecce. Stefano Frapporti viene arrestato a Rovigo con l’accusa di spaccio e morirà qualche giorno dopo in galera. Marco Pannella sta mettendo in gioco il proprio corpo e la propria vita nel loro nome, ma anche in nome del diritto, dei diritti fondamentali, della legalità costituzionale. Con la sua lotta estrema sta mettendo anche in gioco quel che resta della dignità della politica italiana. Lottare, come fa lui, a due mesi dal voto per i diritti dei detenuti è un fatto di altissimo merito sociale. L’articolo 59 della Costituzione prevede che il Presidente della Repubblica possa nominare cinque senatori a vita per aver illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Circa un anno fa in ventiquattro ore Giorgio Napolitano ha nominato Mario Monti senatore a vita. Mario Monti si è aggiunto a Rita Levi Montalcini, Emilio Colombo e Giulio Andreotti. Ad eccezione della Montalcini, i cui meriti scientifici sono indubitabili, gli altri, Monti compreso, sono tutti politici di professione divenuti senatori a vita per non meglio chiariti meriti sociali. Vorremmo che nelle prossime ventiquattro ore Giorgio Napolitano chiuda il suo settennato restituendo dignità alla politica nominando Pannella senatore a vita in considerazione delle sue battaglie politiche di enorme valore sociale. Pannella propone una lista di personalità che si presenti al voto nel nome della giustizia, della legalità, dell’amnistia. Nel frattempo che queste personalità si facciano avanti, se mai lo faranno, vorremmo che un passo in avanti lo facesse il Capo dello Stato. Lui che sulla questione carceraria ha detto parole eloquenti non può ora tacere. Anche grazie ai Radicali e a Pannella oggi nessuno, fra quelli che fanno le leggi o che sono al governo, può scusarsi affermando che non conosceva la tragedia carceraria. In buona parte delle prigioni italiane le persone sono ammassate in celle malsane per ventidue al giorno. Le galere sono oramai fabbriche di umiliazione anziché di recupero sociale. La selezione dell’utenza penitenziaria è classista. E la tortura in Italia non è ancora un reato. Monti ha fatto il beau geste di andare a visitare Marco Pannella in clinica. Ha detto che approfondirà la questione. In realtà non c’è molto da approfondire. È tutto tragicamente noto. Per saperne qualcosa in più bastava che chiamasse la sua ministra della Giustizia, Paola Severino, e le chiedesse come mai non si è intervenuto con un decreto legge per abrogare quell’obbrobrio che è la legge Fini - Giovanardi sulle droghe? Tra un paio di mesi si insedierà il nuovo Parlamento dove speriamo il tema carcerario sia adeguatamente rappresentato. Nel frattempo si dia luce al Senato della Repubblica facendovi entrare dalla porta principale Marco Pannella. Giustizia: perché dico sì a Pannella di Umberto Veronesi La Repubblica, 20 dicembre 2012 Non posso non rispondere all’appello di Marco Pannella - riportato ieri da Francesco Merlo su queste pagine - per almeno tre ragioni. La prima è che Pannella è un uomo dalle idee che precorro no i tempi, la seconda è che ha la passione e il coraggio di difenderle, la terza è che queste idee sono in molti casi anche le mie. Penso ad esempio alla battaglia per la legalizzazione dell’aborto, per l’antiproibizionismo, perla solidarietà e la tolleranza verso gli immigrati. C’è un fil rouge che le unisce tutte: i diritti e la dignità della persona. L’impegno per cambiare la situazione disumana dei carcerati in Italia - a cui Pannella mi chiama e ci chiama oggi - è sacrosanto e va nella stessa direzione. Al di là dell’amnistia, credo che questo momento di sensibilizzazione intensa dovrebbe trasformarsi nell’occasione per ripensare il nostro sistema giudiziario su basi nuove, più moderne, più democratiche e civilmente avanzate. Come ha scritto il filosofo Giuseppe Ferraro, il grado di democrazia di un Paese si misura dallo stato delle sue carceri e delle sue scuole: quanto più le carceri saranno scuole e le scuole non saranno carceri, tanto più uno Stato si potrà dire democratico. Non si tratta di inventare nuovi principi della pena, ma di applicare la nostra Costituzione, che, all’articolo 27 stabilisce che le pene devono tendere al recupero e alla rieducazione, ed evitare trattamenti contrari al senso di umanità e dignità dell’uomo. Del resto, che la giustizia rieducativa funziona, è dimostrato dall’esperienza dei sistemi più avanzati, come quello norvegese: con una pena detentiva massima di 20 anni e un carcere improntato al recupero del detenuto, il tasso di recidività è fra i più bassi del mondo. È paradossale che in Italia l’invito alla riflessione su questo tema venga in modo forte dal mondo del cinema. “Cesare deve morire”, dei fratelli Taviani e “Reality” di Matteo Garrone ci dimostrano come gli ergastolani possono essere attori straordinari e uomini, sensibili, colti, perfettamente in grado di essere reinseriti nella vita civile. Io sono pronto quindi a collaborare con Pannella - e con chi aderirà al progetto - per una revisione profonda del nostro sistema giudiziario, perché si abbandoni la giustizia come vendetta, a favore di una giustizia come restituzione (del condannato alla società), e ravvedimento (della coscienza personale). Il mio contributo è in primo luogo scientifico. La genetica ha dimostrato che il nostro Dna non contiene il “gene del male”: l’uomo è biologicamente buono. L’imperativo del nostro Dna è la conservazione e la perpetuazione della specie, che significa procreare, ma anche educare, far sapere, abitare, costruire città, ponti e legami che rendono più sicura la nostra vita. Inoltre il nostro cervello è dotato di plasticità e di un lento, ma continuo, ricambio cellulare, dovuto all’esistenza di cellule staminali neuronali in grado di generare nuove cellule. Quindi è possibile, con un buon impegno educativo, modificare una persona nel profondo e riportarla alla sua capacità, innata, di porsi in relazione positiva con la società. Non esistono i malfattori incalliti. Sta a noi mettere in moto i sistemi per recuperarli. Quando dico “noi” intendo i cittadini perché Marco Pannella, chiamando in causa, oltre a me, Saviano, Vasco, Celentano e altri, ci fa capire che la questione delle carceri riguarda tutta la comunità, che deve sapere e non deve più tollerare che al suo interno esistano aree di barbarie inammissibili, come le nostre prigioni, dove si consumano violenze, disperazione e suicidi. Giustizia: Comunità di Sant’Egidio; necessaria amnistia e blocco nuovi ingressi in carcere Dire, 20 dicembre 2012 “È necessaria un’amnistia. Vediamo con favore anche il tentativo del ministro Severino sul cambiamento delle norme per la pena, anche se non avrà effetti giganteschi. Ma se non si risolve il problema con queste due azioni l’unica soluzione è il blocco degli ingressi in carcere”. Così il portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti, in occasione della presentazione della tradizionale guida dedicata ai senza fissa dimora della Capitale. “Il blocco degli ingressi in carcere - ha spiegato Marazziti - non è fantascienza, ci sono Paesi europei che l’hanno applicata e quindi esistono precedenti. Crediamo che in una situazione di emergenza assoluta serve questo blocco. È una misura necessaria perché il sovraffollamento delle carceri è ormai insopportabile, per il numero troppo alto di suicidi tra i detenuti, per i numero stesso dei detenuti che ha toccato quota 66.000, il record storico dalla nascita della Repubblica a fronte di una capienza di 47.000, e per la tensione del personale di sorveglianza che quest’anno ha già portato a 7 suicidi. E tutto ciò accade a fronte di un calo dei reati gravi in Italia negli ultimi 20 anni”. Giustizia; gli Opg a tre mesi alla chiusura, ma c’è ancora molta incertezza sul “dopo” Redattore Sociale, 20 dicembre 2012 Il 31 marzo 2013 è la data prevista dalla legge: ad oggi non si sa ancora dove finiranno i quasi 1.400 internati delle sei strutture presenti in Italia, un terzo dei quali considerati “dimissibili”. Nel 2012, a quasi 40 anni dalla loro apertura, il Parlamento italiano ha emanato una legge che stabilisce la chiusura dei 6 Ospedali psichiatrici giudiziari presenti sul territorio nazionale: Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), Aversa (Caserta), Castiglione delle Stiviere (Mantova), Montelupo Fiorentino (Firenze), Reggio Emilia, Napoli. Approvata a febbraio, la Legge 9/2012 fissa per il 31 marzo 2013 la data di chiusura, stabilisce inoltre che entro il primo febbraio 2013 le competenze della sanità penitenziaria dovranno essere trasferite al Servizio sanitario nazionale (passaggio fatto da tutte le Regioni, tranne Sicilia e Sardegna) e prevede che, entro la stessa data, dovrà essere concluso un accordo tra le Regioni e l’amministrazione penitenziaria per individuare le strutture sostitutive. Per il superamento degli Opg, la legge prevede un finanziamento di 273 milioni di euro (93 per il personale e gli altri per le strutture). All’approvazione della legge, nata da un disegno di legge presentato dalla Commissione Sanità presieduta dal senatore Ignazio Marino che nel 2011 ha visitato i 6 Opg, ha contribuito anche una grande mobilitazione della società civile riunita nel Comitato Stop Opg. Mobilitazione che è proseguita anche dopo la sua emanazione, in particolare in relazione al dibattito sorto sulle strutture sostitutive, evidenziando il rischio di un ritorno ai manicomi. Cosa accadrà a marzo? A poco più di 3 mesi dalla scadenza però c’è ancora incertezza su cosa accadrà a marzo. “C’è un grosso interrogativo - dice Patrizio Gonnella di Antigone - Ci si doveva muovere prima, ora è tardi: tra l’altro era una delle poche leggi che aveva una copertura finanziaria”. Su questa situazione influisce, poi, anche l’attuale crisi di governo, “che non permette nemmeno di inserire una proroga della scadenza nel decreto mille proroghe, ma rimanda tutto al nuovo esecutivo che si insedierà, con ogni probabilità, il prossimo marzo”, specifica Gonnella. Insomma, siamo in una situazione di stand by, anche se una proroga, in realtà, non sarebbe prevista. La legge, infatti, parla chiaro sui termini per la chiusura. È probabile, quindi, che il 31 marzo gli Opg saranno chiusi, ma non siano ancora pronte le strutture sostitutive. “In questo caso, un inserimento sul territorio attraverso i servizi sarebbe la soluzione preferibile - dice Gonnella - ma se si utilizzeranno sezioni carcerarie finiremmo dalla padella nella brace”. I “dimissibili” Il problema quindi è capire dove finiranno i quasi 1.400 internati presenti negli Opg, molti dei quali sono già dimissibili perché considerati non più socialmente pericolosi. “Si tratta di circa un terzo degli internati - spiega Gonnella - che dovrebbero essere presi in carico dal Dipartimento di salute mentale, ma che per il momento hanno in mano un provvedimento di proroga dell’internamento”. Mentre alcune Regioni, come l’Emilia-Romagna si sono attivate per tempo per superare l’esperienza degli Ospedali psichiatrici giudiziari (al 31 agosto 2012 gli internati erano 251 di cui 70 in licenza finale di sperimentazione), altre non hanno risposto in maniera altrettanto rapida. È il caso di Lombardia, Piemonte e Veneto che, al 5 ottobre 2012, non avevano ancora ritirato i loro residenti presenti nell’Opg di Reggio Emilia. Il timore di mini - Opg Privilegiare percorsi di reinserimento in comunità e non dare per scontato che al posto dell’Opg serva una struttura. È la proposta del Comitato Stop Opg per il dopo - chiusura. Qualche esempio sul territorio esiste già. È il caso di Cernusco sul Naviglio (Milano), dove ad aprile di quest’anno è nata una comunità con 16 posti disponibili per chi esce dagli Opg, considerata ‘una tappa intermedia prima di reinserirsi nella società. Ed è l’ipotesi in campo per il dopo - Opg di Castiglione delle Stiviere dove si pensa all’apertura di 5 comunità dove la riabilitazione prevale alla detenzione ed è prevista la possibilità di terapie e laboratori. Caratteristiche delle strutture e ripartizione dei fondi sono stati stabiliti tra ottobre e novembre dai ministri di Sanità e Giustizia. Intese in seguito alle quali, secondo il Comitato Stop Opg, il superamento degli Opg sta per risolversi con il trasferimento delle persone attualmente internate nelle “strutture speciali regionali” che altro non sono se non mini - Opg. Giustizia: Bernardini; sequestro Opg Barcellona e Montelupo… dove metteranno pazienti? Ansa, 20 dicembre 2012 Mi auguro che il senatore Ignazio Marino che ieri ha fatto “sequestrare” l’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto (e un reparto di quello di Montelupo Fiorentino), si sia posto il problema dei 210 “pazienti” che dovranno essere trasferiti entro 30 giorni. Dove verranno trasferiti? In altri Opg a centinaia di chilometri di distanza dalla Sicilia, lontani dai loro familiari? Nei “repartini” che si stanno predisponendo inopinatamente negli istituti penitenziari per “incarcerarli”?. Lo dice Rita Bernardini, membro della Commissione Giustizia della Camera dei deputati. “Oppure - aggiunge - come sarebbe auspicabile, in strutture sanitarie regionali in grado di garantire i supporti finalizzati al reinserimento sociale attraverso prescrizioni terapeutico - riabilitative che privilegino gli spazi di libertà? Marino sa benissimo che tali strutture sanitarie regionali non ci sono sul territorio nazionale a causa dell’esiguità dei fondi stanziati, e non ci sono soprattutto in Sicilia, visto che la Regione non ha ancora recepito il Dpcm del 2008 che ha disposto il passaggio della sanità penitenziaria alle Asl regionali”. “Ricordo al senatore Marino - conclude - che per sequestrare l’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto si è avvalso degli ampi poteri giudiziari di cui ha ritenuto di poter disporre quale Presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale; poteri che, ove sussistenti, andrebbero esercitati sempre con estrema cautela, che come radicali fummo promotori del referendum abrogativo dei manicomi, ma che fummo costretti a votare contro la legge 180 perché non prevedeva una lira per l’assistenza, la cura e l’integrazione sociale dei malati”. Giustizia: Moretti (Ugl); preoccupati per internati e personale degli Opg sotto sequestro Adnkronos, 20 dicembre 2012 “Esprimiamo forte preoccupazione per il futuro che attende gli internati ed il personale dei tre Opg posti sotto sequestro dalla Commissione d’inchiesta sul Ssn, perché restano nella completa incertezza i criteri per il loro trasferimento nelle strutture sostitutive”. Lo dichiara il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, in merito alle operazioni che hanno portato alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari di Montelupo Fiorentino, in provincia di Firenze, di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, e di alcuni container dell’Aquila che accoglievano i pazienti in seguito al terremoto del 2009. “Presto - avverte il sindacalista - toccherà la stessa sorte anche alle restanti strutture di Aversa, Secondigliano, Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere in relazione alle disposizioni normative che ne prevedono la chiusura entro il 31 marzo 2013, ma occorre che sia fatta chiarezza su ciò che accadrà agli internati e al personale altamente specializzato impiegato in tali strutture perché al momento c’è solo un grande punto interrogativo”. “Riteniamo inoltre - conclude il sindacalista - che le caratteristiche degli istituti chiusi, anche se inidonee ad offrire un’adeguata assistenza ai pazienti, siano di gran lunga migliori delle fatiscenti carceri ordinarie presenti sul territorio nazionale e potrebbero quindi essere riconvertiti per ospitare i detenuti in esubero, contribuendo ad alleggerire così anche il forte sovraffollamento”. Giustizia: assessore Sanità Sicilia; tavolo tecnico per sistemazione pazienti Opg Barcellona Ansa, 20 dicembre 2012 La Regione siciliana ha insediato oggi un Tavolo tecnico per trovare la soluzione più adeguata alla sistemazione dei pazienti dell’Ospedale psichiatrico di Barcellona Pozzo di Gotto (Me), sequestrato per gravi carenze su disposizione della commissione d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale, guidata da Ignazio Marino. Riguardo al mancato recepimento del decreto che trasferisce le competenze sanitarie dall’amministrazione penitenziaria alla Regione segnalato dai ministri della Giustizia e della Sanità, Paola Severino e Renato Balduzzi, l’assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino, afferma: “Quando mi sono insediata ho trovato una situazione non ancora conclusa da parte della commissione paritetica che si deve esprimere sul decreto, poiché la Sicilia è una Regione a statuto speciale”. “Avevamo fatto un’apposita segnalazione ai ministeri alla Salute e all’Economia nell’ambito del piano di rientro - aggiunge l’assessore Borsellino. È chiaro che adesso farò di tutto per accelerare questo percorso, solo da poco tempo ho preso atto degli ingranaggi che si sono inceppati”. Giustizia: Fleres; la Carta dei diritti dei detenuti? un’inutile operazione di marketing di Gianluca Maita Quotidiano di Sicilia, 20 dicembre 2012 Il ministro della Giustizia Paola Severino ha firmato nei giorni scorsi il decreto ministeriale che rende operativo il documento. Intervista del Quotidiano di Sicilia al Garante dei Diritti dei Detenuti, Salvo Fleres. Lo scorso 5 dicembre il ministro della Giustizia Paola Severino ha firmato il decreto ministeriale che rende finalmente operativa la “Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati”. Un documento che cerca di ovviare alle lungaggini dell’attività di informazione da parte del Direttore dell’istituto o di un operatore penitenziario da lui designato, attività che spesso e volentieri viene trascurata. L’informazione, si sa, è il fulcro della nostra società e pure i detenuti, soprattutto loro, devono essere informati di ciò che li aspetta. Ma dal momento che quasi sicuramente dentro questi documenti non ci saranno preannunciati gli enormi disagi e la situazione tragica del sistema penitenziario, abbiamo chiesto al Senatore Salvo Fleres, Garante dei diritti dei detenuti per la Sicilia, se questa “Carta” è veramente innovativa e utile o soltanto uno specchio per le allodole. Senatore Fleres, giorno 5 dicembre il guardasigilli Paola Severino ha firmato il Decreto ministeriale contenente le disposizioni relative alla consegna della Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati. In un sistema carcerario, che tende poco al reinserimento sociale dei detenuti e molto alla negazione della loro persona, la Carta secondo Lei avrà effetti sostanziali o meramente formali? “Invece della Carta dei diritti dei detenuti, che è la sintesi delle principali disposizioni già contenute, quanto disattese, nell’ordinamento penitenziario, risalente al 1975, il Ministro Severino avrebbe fatto bene a riconoscerli fino in fondo, quei diritti, e non a limitarsi a trascriverli in bella, quanto costosa, veste grafica, al solo scopo di ottenere un po’ di rilievo sulla stampa. La sua è una semplice operazione di marketing del tutto inutile, quanto pomposamente annunciata, insomma un’ennesima offesa alla dignità di chi, in carcere, continua a vedere travolta la propria dignità di uomo. Di carte dei diritti dei detenuti, come quella spacciata dal Ministro Severino come una novità rivoluzionaria nel sistema carcerario italiano, ne esistono almeno un centinaio predisposte, negli anni, senza tanto clamore di stampa, dai Garanti dei diritti dei detenuti e dalle numerose ed attivissime associazioni di volontariato penitenziario, che ogni giorno si battono perché la legge 374/75 e l’art. 27 della Costituzione vengano rispettati e non solo proclamati. Insomma, quella del Ministro più che una “Carta” mi sembra una cartaccia!” Al 30 novembre la Sicilia è la terza regione del Paese per numero di detenuti presenti (7.198), la capienza regolamentare invece sarebbe molto di meno (5.555). La scelta del Governo di sfornare una Carta dei diritti non può sembrare una mossa per prendere tempo dal momento che il primo diritto di un detenuto dovrebbe essere quello di non soggiornare in un carcere sovraffollato? “A parte che in Sicilia potrebbero trovare posto, al massimo, 4.600 reclusi circa, e che il sistema penale italiano potrebbe tranquillamente essere definito, con un tetro neologismo “carcerogeno”, credo che la domanda sia assolutamente pertinente e contenga già la risposta: si! La trovata della carta dei diritti dei detenuti, mentre giace nei cassetti del Senato la riforma del codice penale e l’ampliamento del sistema delle pene alternative, è un modo per perdere (o prendere) tempo, nella più assoluta incapacità di individuare soluzioni adeguate non a svuotare estemporaneamente le carceri ma ad evitare che continuino a riempirsi. Chi lo dice che l’unica pena possibile sia quella detentiva? Chi lo dice che un cittadino debba pagare solo con una costosa (per l’erario) detenzione (da 130 a 250 euro al giorno) e non anche con il proprio denaro o con un lavoro compensativo di tipo socialmente utile? In altri Paesi europei e non, questo genere di pene è diffusissimo ed efficacissimo, non si capisce perché in Italia, la patria di Verri e Beccaria, questo non possa accadere o forse si capisce benissimo: nessuno vuole affrontare la questione e la triste accoppiata giustizialisti/securitari continua a rallentare un processo riformatore che migliorerebbe non solo la qualità della detenzione, assicurando un più efficace recupero dei reclusi, ma anche un più elevato tasso di sicurezza sociale e minori costi per i bilanci pubblici. Insomma, invece di parlare di pene certe, come se vi possano essere pene incerte, si dovrebbe parlare di leggi certe, anche quando riguardano cittadini che quelle leggi le hanno violate ed è giusto che paghino. La verità é che la pessima condizione delle carceri, il sovraffollamento, la carenza di personale, la carenza di attività rieducative, una sanità penitenziaria a dir poco discutibile etc. aggiungono alla pena espressa in anni, mesi e giorni anche una pena aggiuntiva espressa in termini di ingiusta ed incivile afflittività. Una afflittività che determina un alibi per chi vuol continuare a negare lo Stato facendo credere che sia solo la criminalità che può garantire i diritti del recluso. Per non parlare delle assurde condizioni del personale, sottodimensionato di almeno 6.000 unità, che non ce la fa più, come dimostrano, purtroppo, i frequenti suicidi di agenti di polizia penitenziaria. Questo sistema è un vero e proprio colabrodo da quale gocciola sangue e questo é molto grave”. Si vede ottimista riguardo al percorso che l’Italia, sulla scia europea, sta intraprendendo a fronte di questa drammatica situazione carceraria? “L’Italia è molto indietro. Lo ripeto la “diabolica alleanza” tra giustizialisti e securitari ha impedito al Parlamento di introdurre, nel nostro codice penale, il reato di tortura, il cui trattato internazionale è stato firmato dal nostro Paese quasi 25 anni addietro, ha impedito di introdurre le pene alternative al carcere per i reati minori, impedisce la costituzione di un tavolo comune attorno al quale tutti i pianeti della costellazione penitenziaria possano sedersi per trovare, insieme, soluzioni adeguate per i reclusi, per i magistrati, per gli agenti, per i medici, per i direttori, per gli educatori, per gli enti locali, etc. Quando ho proposto questa ipotesi al Ministro Severino, nel corso di un incontro svoltosi in Senato, mi ha guardato sbigottita come se io fossi un extraterrestre. Eppure questa idea mi sembra così vergognosamente banale che persino il Ministro stesso avrebbe potuto averla. Evidentemente, invece, deve essere stata proprio difficile da capire, tanto che non se n’è fatto niente, così come difficile da capire sono sembrati i ripetuti appelli del Presidente della Repubblica e persino del Papa. Fossi al posto del Ministro mi porrei tante domande e magari mi farei fare un buon controllo alla vista ed all’udito, ma non in carcere, ci vorrebbe troppo tempo per via delle autorizzazioni! La verità é che nessuno ha voglia di occuparsi dei detenuti, eppure essi sono il frutto degli errori della nostra società. Diceva Fabrizio De André in una sua famosa canzone : “anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti”. Nessun cittadino responsabile e ragionevole può considerarsi estraneo a quanto gli accade intorno. In fondo i criminali, prima di commettere il crimine per il quale sono stati condannati, erano cittadini come gli altri, erano i nostri compagni di scuola, i nostri colleghi di lavoro, i nostri parenti, i nostri parrocchiani e dopo il carcere tali torneranno ad essere. Ci vogliamo pensare? Vogliamo aiutarli a ritrovare la loro parte migliore, o pensiamo che il problema non sia nostro? Ma se non é nostro di chi è? Qual è la sua visione riformatrice del sistema penitenziario? “Non credo che il nostro Paese abbia bisogno di molte nuove carceri, penso, invece, che abbia bisogno di carceri nuove in cui si studia, si lavora, si socializza, si recupera il senso civico e la legalità. Quando queste condizioni si verificano e, per fortuna, sia pure in pochi casi, si verificano, la recidiva passa dall’80% al 20%, non mi sembra poco! Pensi che in Sicilia, quando funzionava la mia legge, la 16/99, che permetteva ai reclusi in espiazione di pena di ottenere un piccolo contributo in attrezzature e materie prime per avviare un’attività lavorativa autonoma, i 130 detenuti che ne usufruirono abbandonarono definitivamente il mondo del crimine, si misero a lavorare è lavorano tuttora. Poi, un Presidente della Regione troppo distratto ed un manipolo di burocrati spregiudicati ed ignoranti l’hanno definanziata, facendo in questo modo un grossissimo favore alla criminalità che, purtroppo, cosi stando le cose, continua ad essere l’unico datore di lavoro pronto ad assumere un ex galeotto”. Giustizia: l’avvocato Ignazio La Russa presenta richiesta di grazia per Alessandro Sallusti La Repubblica, 20 dicembre 2012 Il capo dello Stato ha trasmesso la domanda al ministro della Giustizia. Firmatario della richiesta, l’avvocato Ignazio La Russa. La Severino avvia l’attività istruttoria. Il giornalista su Twitter: “Non ho chiesto nulla”. Il ministro della Giustizia Paola Severino ha ricevuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano la domanda di grazia presentata in favore di Alessandro Sallusti dall’avvocato Ignazio La Russa ed ha disposto attività istruttoria. Il ministro Guardasigilli, si legge in una nota del ministero, “ha immediatamente disposto la necessaria attività istruttoria, nell’ambito della quale dovranno essere acquisiti i pareri della Procura generale di Milano e del magistrato di Sorveglianza”. Non appena ultimata l’istruttoria, il ministro Severino “invierà al Presidente della Repubblica il fascicolo per le determinazioni di sua esclusiva competenza ai sensi dell’art. 87 della Costituzione per l’esercizio del potere di clemenza, così come precisato dalla sentenza 200/2006 della Corte Costituzionale”. “Non ho chiesto nulla, se il Presidente valuta la Grazia è un segnale importante per tutti”. Così, su Twitter, il direttore de “Il Giornale” Alessandro Sallusti. Cosa prevede la legge. Nel Codice Penale l’istituto della grazia, richiesta per il giornalista Alessandro Sallusti, è regolamentato dall’articolo 174, che dice: “l’ indulto, o la grazia, condona in tutto o in parte la pena inflitta, o la commuta in un’altra specie di pena stabilita dalla legge. Non estingue le pene accessorie, salvo che il decreto disponga diversamente, e neppure gli altri effetti penali della condanna”. L’articolo 681 del Codice di Procedura Penale regolamenta invece in cinque commi i provvedimenti relativi alla grazia: “la domanda di grazia, diretta al Presidente della Repubblica - prevede il comma 1 - è sottoscritta dal condannato o da un suo prossimo congiunto o dal convivente o dal tutore o dal curatore ovvero da un avvocato o procuratore legale ed è presentata al ministro di Grazia e Giustizia”. “Se il condannato è detenuto, o internato - recita il comma 2 - la domanda può essere presentata al magistrato di sorveglianza, il quale, acquisiti tutti gli elementi di giudizio utili e le osservazioni del procuratore generale presso la Corte di Appello del distretto ove ha sede il giudice competente, la trasmette al ministro con il proprio parere motivato. Se il condannato non è detenuto o internato, la domanda può essere presentata al predetto procuratore generale il quale, acquisite le opportune informazioni, la trasmette al ministro con le proprie osservazioni”. “La proposta di grazia - si legge nel comma 3 - è sottoscritta dal presidente del Consiglio di disciplina ed è presentata al magistrato di sorveglianza, che procede a norma del comma 2”. Comma 4: “la grazia può essere concessa anche in assenza di domanda o proposta. Emesso il decreto di grazia, il pubblico ministero presso il giudice competente ne cura l’esecuzione, ordinando, quando è il caso, la liberazione del condannato e adottando i provvedimenti conseguenti”. “In caso di grazia sottoposta a condizioni - recita infine il comma 5 - si provvede a norma dell’art.672 comma 5”, che sancisce che amnistia e indulto condizionati hanno l’effetto di sospendere l’esecuzione della sentenza o del decreto penale fino alla scadenza del termine stabilito nel decreto di concessione o, in assenza di questo, fino alla scadenza del quarto mese dal giorno della pubblicazione del decreto. Amnistia e indulto condizionati si applicano definitivamente se, alla scadenza del termine, è dimostrato l’adempimento delle condizioni o degli obblighi ai quali la concessione del beneficio è subordinata. Marche: dalla Regione un nuovo progetto per il sostegno psicologico ai detenuti www.anconanotizie.it, 20 dicembre 2012 Inclusione lavorativa, inclusione sociale, attività culturali e attività trattamentali e di prevenzione della recidiva: verso questi settori si orientano gli interventi regionali per il 2012 a favore dei detenuti. Le linee generali sono tracciate all’interno della legge di settore del 2008. Del suo stato di attuazione e della situazione degli istituti penitenziari marchigiani si è parlato questa mattina nel corso del convegno annuale dedicato a questo tema, ora più che mai di scottante attualità. La Regione Marche ha confermato per il 2012 le risorse a disposizione che ammontano a 837 mila euro: “Questa cifra - dichiara l’assessore ai Servizi sociali, Luca Marconi - testimonia l’impegno verso quella che possiamo considerare un’emergenza sociale. Già lo scorso anno erano raddoppiate le risorse per l’avvio di progetti destinati ai detenuti. Oltre a quelli già avviati vi è un nuovo progetto, a cura dell’Asur, finalizzato al potenziamento del supporto psicologico in ambito penitenziario, post penitenziario e minorile nelle Marche. “Prevediamo - spiega Marconi - un maggior numero di ore di presenza degli psicologi all’interno degli istituti di pena, funzionale a una migliore gestione della complessità derivante dal sovraffollamento delle carceri o, nel caso dei servizi minorili, dal crescente numero di gravi reati commessi da minorenni”. “Con i progetti di inclusione lavorativa e sociale, curati dagli Ats - continua Marconi - si cerca di recuperare la dignità personale dei detenuti nonché le loro competenze ed abilità professionali; in questo modo si perseguono anche gli interessi generali della collettività, quali la maggiore sicurezza sociale, la riduzione del rischio di recidiva penale e la progressiva eliminazione di ogni forma di discriminazione nel mercato del lavoro”. L’obiettivo delle attività trattamentali culturali è invece quello di valorizzare le esperienze di teatro e di diffusione dei servizi bibliotecari in carcere (prestiti librari, letture di gruppo, letture tematiche, in collaborazione con le biblioteche comunali) che sono di provata valenza rieducativa e socializzante, già sperimentate in alcuni istituti penitenziari. In particolare, sono in corso di realizzazione due progetti regionali: il “Teatro in carcere” curato dall’Ats di Pesaro e il “Sistema bibliotecario carcerario regionale” curato dalla Comunità montana di Camerino. A questo proposito, durante il convegno sono stati inseriti due spazi culturali, nei quali alcuni detenuti coinvolti nei due progetti regionali teatrali e bibliotecari hanno recitato poesie e brani sulla vita penitenziaria e sulla libertà. I lavori sono stati coordinati da Marco Nocchi, della Regione Marche. Al convegno sono intervenuti, tra gli altri, Anna Bello (presidente del Tribunale di Sorveglianza), Giorgio Caraffa (direttore sanitario dell’Asur), Elena Cicciù (coordinatore del Centro regionale per la mediazione dei conflitti Regione Marche), Patrizia Giunto (responsabile Ufficio Servizi Sociali Minorenni delle Marche, Centro Giustizia Minorile, Ministero della Giustizia), Patrizio Gonnella (presidente dell’Associazione Antigone), Ilse Runsteni (provveditore Prap), Italo Tanoni (garante dei diritti dei detenuti delle Marche), Serena Tomassoni (presidente della Conferenza regionale volontariato giustizia). Foggia: Radicali e Osapp il 24 dicembre insieme per visita ispettiva e sit-in al carcere Notizie Radicali, 20 dicembre 2012 Il 24 dicembre alle 9.00, Elisabetta Tomaiuolo, Maria Rosaria lo Muzio e Ivana De Leo, dell’associazione radicale Mariateresa Di Lascia, accompagnate dal consigliere regionale del Pdl, Giandiego Gatta, si recheranno al carcere di Foggia per una visita ai detenuti e ai 310 agenti di polizia penitenziaria in servizio nel più affollato penitenziario dauno. L’iniziativa è appoggiata dall’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) e della Sua Segreteria Generale Nazionale, uno tra i maggiori sindacati di polizia penitenziaria. Contemporaneamente fuori dal carcere si terrà un sit - in a sostegno dell’amnistia con i familiari dei detenuti e con tutti i cittadini che vogliano prender parte a questa battaglia di civiltà. Già lo scorso 24 marzo alcuni componenti dell’Associazione Mariateresa Di Lascia sono entrati nel carcere di Foggia, per una visita ispettiva, insieme alla deputata radicale Rita Bernardini. Le condizioni di vita dei detenuti del carcere di Foggia e quelle di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria sono difficili come nel resto d’Italia. Il carcere è sovraffollato, il personale di Vigilanza e Sicurezza è sotto organico e costretto a turni di lavoro molto pesanti, le scorte viaggiano sotto i livelli minimi di sicurezza dettati dalle norme vigenti. Alcune strutture all’interno del carcere sono inagibili o chiuse. Nella sezione femminile vi sono inoltre detenute con tre bambini, tutti di età inferiore ai tre anni, anch’essi “condannati” a trascorrere in carcere i primi anni della loro vita. I radicali da tempo denunciano la situazione disastrosa della giustizia italiana: 9 milioni di processi pendenti, 170 mila processi ogni anno in prescrizione per i ricchi che possono permettersi buoni avvocati, 600 suicidi negli ultimi 10 anni tra detenuti e personale di Polizia Penitenziaria. Il carcere non è che l’appendice infiammata di questo sistema. Il sindacato di Polizia attraverso il suo leader Domenico Mastrulli da tempo denunzia situazioni fatiscenti e criticità alte nei penitenziari pugliesi, particolare attenzione su Foggia dove incontrando i vertici del Dap, Mastrulli ha chiesto maggiore presenza di dirigenti penitenziari reggenti, almeno tre Commissari di polizia titolari nel comando, vice comando e Coordinamento Ntp, un gruppo di almeno 20 unità del Gom (Gruppo Operativo Mobile) che gestisca le 400 unità detentive ad alta sicurezza. In Italia i detenuti sono 67.000 su una capienza di 43.000, in Puglia sarebbero 4.400 detenuti su una capienza regolamentare di 2.400; I poliziotti in Puglia sono 2440 ne servirebbero altre 600 unità per soddisfare anche le criticità dei Nuclei traduzioni e piantonamenti oltre che grande attenzione economica per ristrutturare le fatiscenti carceri. Da tempo i Radicali chiedono l’amnistia, non perché sia “la panacea di tutti i mali”, ma come primo atto di “rientro nella legalità”, primo passo verso una riforma vera del sistema giustizia in Italia, perché un sistema giudiziario inefficace lede il diritto di ogni cittadino e diventa una zavorra pesantissima per l’economia e lo sviluppo, scoraggiando gli imprenditori che preferiscono investire all’estero. Con questa iniziativa si intende anche portare all’attenzione della direzione del carcere la questione del voto ai detenuti. Poche centinaia sono stati coloro i quali si sono visti riconosciuti questo diritto negli ultimi decenni pur essendo previsto dalle nostre leggi per coloro che sono in attesa di giudizio (che sono il 42%) e per coloro che non hanno avuto pene accessorie come l’interdizione e anche tra i definitivi ce ne sono tantissimi. Il punto è che pochi sono messi in condizione di votare, ostacolati da procedure burocratiche che, di fatto, privano i detenuti di questo importante diritto - dovere. La deputata radicale Rita Bernardini si è fatta promotrice di una risoluzione sottoscritta da quasi 40 deputati e approvata dalle Commissioni di Giustizia e Affari Costituzionali della Camera, che chiede al Governo di sollecitare, tramite il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, i direttori delle carceri, affinché informino tempestivamente i detenuti sugli adempimenti da portare a termine per essere ammessi al voto. Forlì: lunedì scorso in carcere la Giornata di studio sui diritti universali dell’uomo Ristretti Orizzonti, 20 dicembre 2012 Lunedì 17 dicembre 2012, si è svolta presso la Biblioteca della Casa Circondariale di Forlì la celebrazione della Giornata Universale dei Diritti Umani. Momento nato dalla volontà della Garante dei diritti delle persone private della libertà personale della regione Emilia Romagna, Avvocato Desi Bruno, la quale ha invitato gli Istituti della Regione e le realtà che collaborano con essi, all’organizzazione di un momento di confronto con i detenuti sul temi dei diritti umani. L’incontro all’interno del carcere di Forlì è stato organizzato e coordinato dalle volontarie dall’associazione di volontariato onlus Con…tatto, in collaborazione con la Direzione dell’Istituto, ed ha visto la partecipazione del Professor Marco Borraccetti, docente di Diritto dell’Unione Europea presso la facoltà di Scienze Politiche “R. Ruffilli” di Forlì. L’invito a partecipare all’evento è stato accolto positivamente dagli ospiti della Casa Circondariale: ha visto l’adesione sia di coloro che frequentano il corso di Scuola Superiore, accompagnati dal Prof. Morgagni, sia di circa venti tra detenuti e detenute. Dopo un’introduzione sulla storia e sull’importanza dell’origine e sviluppo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’ Uomo con l’ausilio di filmati, il dibattito si è concentrato sul diritto di voto dei detenuti, sia italiani che stranieri, fornendo un quadro chiaro ed esaustivo sulle differenze tra cittadini comunitari e non comunitari e stimolando un’accesa e attiva partecipazione dei detenuti. Il tema della giornata è stato spunto per conoscere e confrontarsi su temi importanti e che “aprono la mente” come definiti da una detenuta. Tutti i presenti hanno espresso il desiderio di avere più spazi e momenti simili di confronto culturale e di informazione. Per info con_tatto.forli(et)libero.it. Marsala (Tp): una nuova associazione per reinserimento sociale di detenuti ed ex detenuti www.marsalace.it, 20 dicembre 2012 A Marsala si è costituita una nuova associazione, “Verbum Caro” presieduta da Micaela Cianciolo, nata grazie al servizio di volontariato svolto presso il carcere di Marsala. L’iniziativa, promossa dal cappellano del carcere Don Jean Paul Barro (attuale parroco della chiesa di San Matteo), si propone di sviluppare una serie di attività volte alla promozione di progetti per il reinserimento sociale dei detenuti ed ex detenuti. “L’obiettivo dell’associazione - ci ha detto il presidente - è di contribuire, mediante... un’azione sinergica che offra alternative utili anche ai fini rieducativi, il reinserimento nel tessuto sociale di detenuti ed ex detenuti, secondo il dettame stesso della nostra Costituzione, che all’Art. 27 riconosce la funzione rieducativa della pena. Il nostro progetto, denominato “Un’ala di Riserva”, è quello di costituire un Centro di accoglienza per detenuti ed ex detenuti, avendo come ubicazione preferibilmente una struttura abitativa e agricola nella campagna marsalese. I destinatari del progetto sono: soggetti in esecuzione pena che usufruiscono della misura alternativa dell’affidamento in prova al Servizio Sociale; soggetti neo dimessi dal carcere, privi di alloggi; soggetti ai quali è concesso il beneficio di legge del “permesso premio”; e soggetti sottoposti al regime della semi - libertà. Gli obiettivi principali che ci proponiamo - conclude Micaela Cianciolo - sono: offrire loro la possibilità di accedere alle misure alternative e ai benefici previsti dalla legge; favorire la valorizzazione delle risorse individuali; favorire il recupero e valorizzazione di rapporti con la famiglia; e favorire l’orientamento e l’accompagnamento alla fruizione dei servizi”. La neo associazione sta lavorando per offrire una serie di servizi volti al supporto dei loro obiettivi, quindi verrà formato un gruppo di ascolto, ci sarà lo psicologo e sarà garantita una consulenza legale gratuita. Inoltre, verranno allestiti laboratori dei mestieri e di cultura. In attesa di una sede più consona alle attività da svolgere, l’associazione si appoggia ai locali della chiesa San Matteo, dove svolge anche un servizio di disbrigo pratiche. A partire dal mese di gennaio 2013, i volontari dell’associazione saranno presenti anche all’interno delle carceri di Castelvetrano, Sciacca e Trapani, dove attiveranno vari laboratori. Il Cda dell’associazione “Verbum Caro” è composto, oltre che dal suo presidente, da: Valeria Vinci (Vice Presidente), Alessandra Signorino (Segretario), Ezio Di Marco (Tesoriere), Peppino Lentini(Consigliere) e Don Jean Paul Barro (Accompagnatore spirituale dell’associazione). Salerno: da frequenze di Radio M.P.A un programma dedicato alla condizione dei detenuti Notizie Radicali, 20 dicembre 2012 Per la prima volta nella città di Salerno, un’emittente radiofonica, Radio M.P.A, trasmetterà un programma interamente dedicato alla condizione dei detenuti nella casa circondariale di Fuorni. La puntata zero, in onda il giorno 19 dicembre alle ore 21.05, presentata e condotta dall’Avv. Luciano Provenza, Presidente della VI commissione politiche sociali, vedrà la partecipazione dei principali addetti ai lavori, che dibatteranno sulla problematica penitenziaria, cercando di individuare le soluzioni migliori. Ospiti in studio, il segretario dell’Associazione radicale salernitana “Maurizio Provenza”, Dott. Donato Salzano e il consigliere comunale, Avv. Emiliano Torre, noto penalista del Foro salernitano. Al microfono di radio M.P.A. anche la voce di un ex detenuto, che si soffermerà sul gravissimo disagio di coloro che vengono privati, oltre che della libertà, spesso anche della dignità. Collegamenti telefonici inoltre con la Direttrice del carcere Icatt di Eboli, Dott.ssa Rita Romano e con il Presidente della camera penale di Salerno, Avv. Silverio Sica. Parteciperà il rappresentante sindacale della Uilpa, Lorenzo longobardi. Probabile un collegamento con radio radicale , il network nazionale che da sempre trasmette programmi aventi ad oggetto le problematiche carcerarie e per un aggiornamento sulle condizioni di salute di Marco Pannella, in sciopero della fame e della sete da molti giorni. Cosenza: 40 opere dei carcerati di Rossano da oggi al Museo di Arte Contemporanea Acri Ansa, 20 dicembre 2012 A partire da oggi il Maca (Museo Arte Contemporanea Acri) ospita una collezione di oltre 40 opere realizzate dagli ospiti della Casa di Reclusione di Rossano, nell’ambito del progetto Arte nelle case di reclusione?, promosso dal museo in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria. La mostra, composta di 8 opere di pittura e 36 lavori in argilla realizzati dai detenuti nei laboratori della Ditta Pirri, che produce ceramica artistica all’interno del penitenziario, si pone come il secondo appuntamento di un percorso che ha visto nel convegno di sabato 15 dicembre, tenutosi presso la Casa di Reclusione di Rossano, il momento preliminare di presentazione, alla presenza dell’Assessore alla Cultura della Regione Calabria Prof. Mario Caligiuri. Le opere, ispirate dalla mostra del maestro dadaista Hans Richter, tenutasi al Maca nell’estate scorsa, hanno raccolto giudizi molto positivi da parte del pubblico costituito da esperti di settore, alunni delle scuole di Rossano e Castrovillari e del mondo delle associazioni. Il coordinatore del progetto Silvio Vigliaturo, direttore artistico del Maca, durante la presentazione svolta in platea tra gli allievi del corso, ha espresso la sua piena soddisfazione per i risultati dei progetto e il suo commosso ringraziamento ai detenuti per l’accoglienza di stima ed amicizia riservatagli. Apprezzamenti sono stati espressi anche dal Direttore della Casa di Reclusione di Rossano Giuseppe Carrà, che ha voluto ringraziare i detenuti e gli esperti per l’impegno e il successo dell’iniziativa che si aggiunge alle numerose attività educative, riabilitative, di sostegno e di recupero che vengono realizzate nella struttura. L’Assessore Mario Caligiuri, intervenuto insieme all’Onorevole Salvatore Magarò, il Prof. Paolo Gallo, la Prof.ssa Tullia Lio e l’Assessore alla Cultura della Città di Acri Anna Vigliaturo, ha sottolineato l’importanza educativa dell’arte e della lettura come strumenti di legalità utili al recupero della devianza che costituiscono dei temi strategici individuati dal Presidente Scopelliti per lo sviluppo della Calabria. Le opere realizzate dai detenuti della Casa di Reclusione di Rossano rimarranno in esposizione al Maca sino a domenica 27 gennaio 2013. La mostra rientra nell’ambito del programma MacArtCalabriaProject, che fa parte della rete di eventi finanzianti dalla Regione Calabria nell’ambito dell’attuazione del Progetto Integrato di Sviluppo Regionale Arte Contemporanea in Calabria. Piano Regionale per L’Arte Contemporanea in Calabria. Bari: al via gli spettacoli teatrali per i detenuti degli Istituti penitenziari della provincia www.barilive.it, 20 dicembre 2012 In occasione delle festività natalizie, la Provincia di Bari a cura dell’Assessorato alle Politiche Sociali rinnova, anche quest’anno, l’atteso appuntamento degli spettacoli teatrali in favore dei detenuti degli Istituti penitenziari di Bari e provincia. L’iniziativa è stata fortemente voluta e promossa dal presidente della Provincia di Bari, Francesco Schittulli, dal presidente del Consiglio provinciale, Piero Longo, dall’assessore alle Politiche Sociali, Giuseppe Quarto e dall’assessore all’Attuazione del programma, Trasparenza e Legalità, Vito Perrelli. Divertenti spettacoli teatrali portati in scena da compagnie professioniste coinvolgeranno direttamente i detenuti regalando momenti di serenità. Un modo per abbattere quel senso di solitudine e di invisibilità che consente il sentirsi più vicini a chi si trova al di fuori delle sbarre. “Il teatro all’interno delle carceri - afferma Schittulli - è sempre più condiviso come strumento di cristiana liberazione interiore per chi non ha la libertà fisica. Come una sorta di “ponte” tra il dentro ed il fuori, il teatro, portatore sano di cultura, sublima l’incontro tra due mondi così diversi ma vicini tra loro sensibilizzando il detenuto alla società nel quale si inserirà dopo l’espiazione della pena”. Questo il calendario degli eventi teatrali: si parte da Bari domani, 19 dicembre 2012, dall’Istituto Fornelli che ospiterà lo spettacolo del duo comico “Sale & Pepe” dal titolo “Attori si nasce? Boh?” di Pino Cacace; a seguire, il 21 dicembre 2012, presso la Casa di Reclusione di Altamura, la compagnia teatrale “Prosceniosud” porterà in scena la divertente commedia dal titolo “7 Gambe 7”; “Non dico bugie” è il brillante spettacolo proposto dalla compagnia “Il Cabaret” di Nicola Pignataro che sarà presentato il 3 gennaio 2013, presso il carcere di Turi; la Casa Circondariale di Bari vedrà salire in scena lo spettacolo di Gianni Colajemma dal titolo “U apparolamende”. Immigrazione: viaggio a Ponte Galeria, nell’inferno del Cie Famiglia Cristiana, 20 dicembre 2012 I Centri d’identificazione ed espulsione, dove le persone sono trattate in modo disumano. La vicenda di Omar: tredici mesi per un’operazione a un braccio. Era un tumore. Ponte Galeria, in provincia di Roma: qui c’è il più grande dei dodici Centri d’identificazione ed espulsione (Cie) italiani. Luoghi di detenzione, con sbarre alte sette metri e filo spinato, sorvegliati giorno e notte da militari e agenti, dove si finisce perché privi del permesso di soggiorno. “Dai Cie si esce in condizioni di salute generalmente peggiori rispetto a quando si è entrati”, spiega Alberto Barbieri, coordinatore di Medici per i diritti umani. Racconta la storia di Omar, 30 anni, emigrato dall’Africa occidentale e conosciuto proprio a Ponte Galeria. Dice Barbieri: “A Ponte Galeria, quattro persone su cinque arrivano dal carcere. Anche Omar aveva sbagliato e pagato il suo errore con due anni di galera”. Alla fine della pena, però, è iniziata una nuova detenzione. Nei Cie, infatti, si vive sospesi: dal 2011, la “permanenza” è stata prolungata da sei a diciotto mesi. Tuttavia, il 60% degli “ospiti” non viene identificato né rimpatriato ma rilasciato, ugualmente senza documenti, dopo diciotto mesi. Con un anno e mezzo di vita in meno. Ricorda Barbieri: “Proprio durante il periodo di carcere, Omar comincia a notare una piccola tumefazione al braccio sinistro, all’altezza del bicipite. Segnala subito il problema ai medici del penitenziario, anche perché col tempo la tumefazione continua a crescere e a causargli dolore. Non è facile avere accesso ad accertamenti diagnostici fuori dal carcere. Poi, finalmente, una biopsia rileva un tumore benigno e il responso pare tranquillizzante”. Dopo undici mesi dai primi sintomi, Omar è trasferito a Ponte Galeria e chiede immediatamente aiuto perché la massa tumorale continua a crescere. Ma nei Cie, per ogni visita esterna, il paziente dev’essere scortato obbligatoriamente dalla polizia. Ed è a causa della mancanza della scorta che la visita chirurgica salta una prima volta. In un’altra occasione Omar riesce ad arrivare in ospedale ma è accompagnato con un ritardo tale che la visita ambulatoriale non si può effettuare. Viene allora visitato da un medico del pronto soccorso che si rende conto della gravità della situazione e cerca di far ricoverare il paziente in ogni modo. “Finalmente avevo davanti un medico che prendeva sul serio quello che gli dicevo. Capiva che stavo male veramente e che non fingevo”, ricorda Omar. Il ricovero, però, non è autorizzato e il paziente viene ricondotto al Cie. Dopo altri due mesi, riesce a essere sottoposto a una risonanza magnetica. Nel frattempo, però, la tumefazione al braccio ha raggiunto le dimensioni di un’arancia e gli analgesici prescritti dal personale di Ponte Galeria non leniscono i dolori. L’avvocato di Omar contatta Medici per i diritti umani, ma il colloquio non viene autorizzato. Gli “ospiti”, come sono chiamati dal ministero, possono incontrare solo il proprio avvocato, i familiari di primo grado e i conviventi. Spiega Barbieri: “Se Omar fosse stato ancora in carcere, avrebbe avuto il diritto di incontrarmi, ma nel Cie no. Del resto, nel Cie non è consentito agli “ospiti”, per presunti motivi di sicurezza, il possesso di libri, giornali, penne, pettini. Fino a episodi grotteschi, come quando l’anno scorso, nei mesi più freddi e in camerate spesso prive di riscaldamento, i detenuti di Ponte Galeria dovettero dar vita a una protesta, “la rivolta delle ciabatte”, perché obbligati da un’ordinanza prefettizia a indossarle al posto di scarpe coi lacci, per scongiurare pericoli di fughe. Sono queste imposizioni quotidiane che rivelano le dinamiche di degradazione della dignità umana”. Lo conferma anche una ragazza bosniaca “ospite”: “Le condizioni qui sono terribili perché la dignità di una donna non esiste. Nel bagno non c’è la porta. Un pettine non esiste e dobbiamo pettinarci con le forchette. D’inverno, fa freddo perché il riscaldamento è rotto e l’acqua calda spesso manca. Uno può non avere i documenti, ma non è giusto stare in queste condizioni, trattati come bestie, vivendo nella sporcizia. Durante il giorno non sappiamo cosa fare. Non c’è niente da fare”. La vita dolorosa di Omar prosegue. Passa un altro mese prima che possa essere ricoverato in ospedale. A febbraio, tredici mesi dopo i primi segni della malattia, Omar entra in una sala operatoria e il tumore viene asportato. È un tumore maligno aggressivo, con alta frequenza di recidiva. A questo punto, finalmente, Omar può lasciare Ponte Galeria, può essere “dismesso”, secondo un inquietante neologismo utilizzato fino a poco tempo fa dal personale dei Cie. Seguono cicli di chemioterapie, nuovi interventi e metastasi polmonari. Ora, “grazie” alla malattia che lo pone in pericolo di vita, Omar non rischia, almeno per il momento, di essere espulso dal nostro Paese. Conclude il dottor Barbieri: “La storia di Omar non è eccezionale, rientra nella drammatica quotidianità di tanti immigrati per cui il diritto alla salute nei Cie non viene rispettato”. Il medico ricorda che l’Organizzazione mondiale della sanità definisce la salute “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”; eppure, i racconti dai Cie parlano di pestaggi non denunciati per paura, armadietti delle infermerie pieni di psicofarmaci, terapie a base di sedativi, tentativi di suicidio, fughe e rivolte. Anche i dati confermano il quadro: a Torino, nel 2011 sono avvenuti 156 atti di autolesionismo, cento per ingestione di corpi estranei e 56 per ferite d’arma da taglio; a Ponte Galeria, inoltre, il 50% dei detenuti è sotto ansiolitici, senza prescrizione medica. India: caso marò; Latorre e Girone tornano a casa in licenza per Natale Ansa, 20 dicembre 2012 Massimiliano Latorre e Salvatore Girone trascorreranno il Natale a casa, con i loro cari. Lo ha stabilito l’Alta Corte del Kerala, chiamata questa mattina a pronunciarsi sulla richiesta presentata dai due marò, di una licenza per le festività natalizie. Il giudice dell’Alta Corte del Kerala ha disposto una licenza di due settimane per i marò, trattenuti in India da febbraio scorso, a partire dal momento in cui lasceranno il Paese. Per la licenza dovrà essere lasciata una garanzia finanziaria di 60 milioni di rupie, pari a oltre 826 mila euro. I due militari italiani, accusati dell’uccisione di due pescatori indiani il 15 febbraio scorso, dovranno tornare a Kochi entro il 10 gennaio per attendere la sentenza della Corte suprema di New Delhi sulla giurisdizione del loro caso, contesa tra India e Italia. I due marinai, in forza a Brindisi, erano imbarcati sulla petroliera italiana “Enrica Lexie”. I pescatori indiani hanno accolto la notizia parlando di “imbroglio”, ma i due fucilieri hanno promesso che torneranno per attendere il processo: “Noi abbiamo una parola sola ed è parola di italiani”. Lo hanno detto all’ex ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che ha spiegato all’agenzia Ansa di essersi commosso dopo il colloquio. “Abbiamo appreso la notizia con grande sollievo: una prova della sensibilità indiana per i valori più sentiti del popolo italiano per l’importante festività natalizia”. Cosi il ministro degli esteri Giulio Terzi commenta la concessione da parte della corte indiana di un permesso di due settimane ai marò italiani. L’Italia conta che al rientro dall’India dei due marò “secondo gli accordi, potranno finalmente succedere decisioni della Suprema Corte indiana perché rientrino finalmente in patria per essere sottoposti alla giustizia italiana”. Lo ha detto il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, anticipando che nel pomeriggio si collegherà con i due militari. Timori si erano addensati fino all’ultimo, dopo l’ennesimo rinvio dell’udienza, ritardata di alcune ore: una decisione che avrebbe potuto ostacolare l’autorizzazione per i marò a trascorrere le vacanze di Natale in Italia. Il posticipo dell’ultima udienza dell’Alta Corte del Kerala sulla richiesta di licenza natalizia per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone - ancora detenuti nello Stato Indiano e accusato di omicidio - aveva causato sorpresa nella delegazione italiana e qualche apprensione per i tempi troppo stretti, per svolgere tutte le pratiche burocratiche. Napolitano: al rientro in India auspichiamo soluzione Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano saluterà oggi in videoconferenza le rappresentanze delle nostre forze armate impegnate nelle missioni all’estero. “Mi collegherò anche con i nostri marò, tuttora detenuti in India, che potremo abbracciare presto qui per Natale, contando che al loro rientro in India, secondo gli accordi, potranno finalmente succedere decisioni della Suprema Corte indiana perché rientrino finalmente in patria per essere sottoposti alla giustizia italiana”, ha detto Napolitano. “Sarà quello il coronamento degli sforzi della nostra diplomazia, degli appelli dell’opinione pubblica e della solidarietà di molti amici e alleati”, ha insistito il presidente della Repubblica, che ha espresso “apprezzamento” per il sottosegretario Staffan De Mistura e per il suo “decisivo impegno nell’espletamento di un così delicato, defatigante compito, sotto la guida dei ministri Terzi e Di Paola”. Svizzera: detenuto trans non avrà permesso, voleva uscire per operarsi e diventare donna www.cdt.ch, 20 dicembre 2012 Voleva uscire dal carcere (maschile), cambiare sesso e tornare poi in carcere, questa volta femminile, e continuare a scontare la pena di 11 anni inflittagli per aver ucciso la moglie. Ma il Tribunale federale ha confermato il veto emesso dal Tribunale cantonale alla richiesta di rilascio con la condizionale. Nel febbraio 2002 l’uomo uccise la moglie nel loro appartamento a Sion, dopo che la donna gli aveva annunciato di volersi separare. Quattro anni dopo il Tribunale cantonale vallesano lo aveva condannato per omicidio intenzionale. Nel 2010 la richiesta di sospensione della pena per potersi sottoporre all’operazione che lo avrebbe fatto diventare una donna; uno psichiatra del Chuv - l’ospedale universitario vodese - aveva diagnosticato che l’uomo era affetto da transessualismo, la condizione in cui l’identità sessuale fisica non corrisponde a quella psicologica e aveva affermato che a causa della sofferenza psichica del soggetto, non era più possibile differire il trattamento ormonale. Avendo nel frattempo scontato metà della pena, l’uomo - in carcere a Martigny senza contatti con altri detenuti - nel settembre 2011 chiese di poter beneficiare di un rilascio su condizione, eccezionalmente anticipata. A marzo di quest’anno la Camera penale del tribunale cantonale ha però detto di no e ora il verdetto è stato confermato dai giudici federali. Il TF rileva che il rilascio su condizione a metà della pena deve rimanere l’eccezione, considerando che il transessualismo non è una malattia così grave da comportare la liberazione dal carcere per ragioni umanitarie. La vicenda tuttavia non è conclusa. Il detenuto aveva nel contempo chiesto anche di poter beneficiare di una interruzione della pena. Il dipartimento vallesano della sicurezza ha risposto di no, ma è stato inoltrato ricorso alla Corte di diritto pubblico del Tribunale cantonale, che dovrebbe pronunciarsi prossimamente. Iran: impiccati sette detenuti, sei condannati a morte per traffico di droga e uno per stupro Aki, 20 dicembre 2012 Sette detenuti, sei dei quali riconosciuti colpevoli di traffico di droga e uno di stupro, sono stati impiccati nel carcere di Isfahan, nella regione centrale dell’Iran. Lo ha riferito il quotidiano filogovernativo ‘Kayhan’, citando il procuratore Mohammad Reza Habibi, secondo cui i sette avevano un’età compresa tra i 25 e i 45 anni. “Uno dei trafficanti era stato incriminato perché trovato in possesso di 300 chilogrammi di oppio”, ha affermato Habibi, aggiungendo che “gli altri trafficavano crack ed eroina”. Nella Repubblica Islamica, omicidio, stupro, traffico di droga e adulterio sono reati punibili con la pena di morte. Brasile: con progetto sperimentale quattro giorni di pena in meno per ogni libro letto www.firstonline.info, 20 dicembre 2012 Le prigioni private sono state già sperimentate in diversi paesi, specialmente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, ma i tempi sono propizi per sperimentare ancora. Il sovraffollamento delle carceri e la scarsezza di fondi (vedi il digiuno di Pannella in Italia) sono problemi endemici in molti paesi. In Brasile, dove le carceri sono in uno stato pietoso (il ministro della Giustizia José Eduardo Cardozo ha detto che preferirebbe morire piuttosto che andare a finire in una prigione brasiliana) è in corso di costruzione un penitenziario PPP (Public Private Partnership), il Ribeirão das Neves nello stato di Minas Gerais. Avrà una capacità di oltre tremila detenuti e sarà gestito dalla Gestores Prisionais Associados (GPA): trecento dipendenti pubblici si occuperanno della parte criminale e disciplinare, mentre ottocento dipendenti GPA si occuperanno di tutto il resto. Questa non è la sola innovazione nella gestione dei prigionieri sperimentata in Brasile. Quattro penitenziari stanno sperimentando una iniziativa che permette ai detenuti di ridurre la sentenza di quattro giorni per ogni libro che leggono. Stati Uniti: due detenuti evadono da carcere Chicago con corda fatta di lenzuola Ansa, 20 dicembre 2012 Come la più classica delle scene di un film, due detenuti sono evasi da un carcere di Chicago improvvisando una corda fatta di lenzuola. Joseph Banks, 37 anni e Kenneth Conley, 38, finiti dietro le sbarre per rapina in banca, hanno rotto la finestra della loro cella, tirato via le sbarre forzandole e in modo rocambolesco si sono calati giù per una ventina di piani. I due sono stati visti per l’ultima volta all’appello di lunedì notte.