Perché è possibile tutta questa cecità rispetto a ciò che avviene dentro il carcere? Ristretti Orizzonti, 19 dicembre 2012 Vedere l’espressione forte, da vero combattente, sofferente allo stesso tempo, di Marco Pannella apparsa sui telegiornali dovrebbe aprire un generale e forte interrogativo sul vedere quanto accade: perché è possibile che politici, istituzioni, la comunità intera (a parte pochi) si siano resi completamente ciechi rispetto a ciò che avviene dentro il carcere? Perché la visibilità della sofferenza dell’istituzione carcere deve arrivare al punto di essere plasticamente rappresentata dal suo corpo e raffigurata attraverso la sua battaglia di altissimo valore etico, il suo esporsi a rischi di vita, affinché la comunità e le istituzioni aprano gli occhi per vedere cosa succede? Ma, soprattutto, perché in Italia è necessario, per porre l’attenzione sul problema delle carceri, per richiedere norme e legislazioni che da tempo, in buona parte d’Europa hanno trovato cittadinanza senza clamori quali le liste di attesa, il diritto all’affettività e tante altre, bisogna rischiare la morte? Lo scandalo delle nostre carceri, in costante e palese contrasto con la nostra Costituzione, con il diritto europeo e internazionale, richiede da tempo interventi strutturali, conformi alle dichiarazioni, convenzioni, trattati a tutela dei diritti fondamentali dell’Uomo. Va spento con urgenza l’incendio di illegalità delle carceri italiane. Lo stesso Presidente Napolitano ha affermato che sul problema delle carceri la politica deve trovare soluzioni “non escludendo pregiudizialmente nessuna ipotesi che possa rendersi necessaria”. Come del resto, a suo modo, sta facendo Marco, non scartando nessuna ipotesi, per affrontare sostanzialmente il problema, morte compresa. Una perseveranza in difesa dei più deboli, quella di Marco, senza timore di entrare in conflitto con la dottrina ufficiale della politica, della società o della cultura dominante. La battaglia di Pannella è ad altissimo indice di civiltà. Noi la sosteniamo completamente . Ci siamo sempre stati, quando si trattava di attivarsi per una mobilitazione e protesta pacifica, per tenere accesa la fiaccola della ragione e non spegnere il faro sulla situazione delle carceri. Vorremmo che questo sacrificio di Marco fosse un forte richiamo alla politica affinché cambi immediatamente passo per garantire la legalità costituzionale. Esprimiamo a Pannella la nostra gratitudine per il suo sacrificio. La sua battaglia per la tutela dei diritti nelle carceri, che denuncia uno stato di tortura di fatto è anche la nostra battaglia. Scegliere di pagare di persona a rischio della propria vita per il carcere e le sue condizioni merita il massimo del rispetto. Speriamo che alle numerose visite ed attestati di solidarietà a Pannella si dia seguito ad una vero gesto concreto per le carceri. Il sasso, pesante, drammatico, a rischio della propria vita, è stato coraggiosamente lanciato da Pannella. Ci aspettiamo un atto di coraggio anche da chi può decidere, per una volta, di affrontare seriamente e urgentemente il problema. Elisabetta Laganà Presidente Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia Giustizia: Napolitano; la situazione delle carceri è una vergogna che marchia l’Italia Dire, 19 dicembre 2012 Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha appreso con sollievo che Marco Pannella ha accettato una terapia endovenosa indispensabile per metterlo al riparo da rischi estremi e si augura che accolga le ulteriori sollecitazioni dei medici. Il Capo dello Stato conferma l’attenzione, la sensibilità e il rispetto, personalmente espressi a Marco Pannella in più occasioni, per le sue battaglie civili “perché siano affrontate con forza le questioni del sovraffollamento delle carceri, della condizione dei detenuti e di una giustizia amministrata con scrupolosa attenzione per tutti i valori in gioco”. Nell’occasione, al di là di particolari incomprensioni con Pannella sulle condizioni politiche e parlamentari per l’adozione di provvedimenti clemenziali, il Presidente Napolitano ribadisce l’esigenza che non sia vanificato almeno il lavoro compiuto dal Parlamento sul provvedimento per l’introduzione di pene alternative alla detenzione in carcere, e sente di dover richiamare nuovamente l’attenzione delle istituzioni, delle forze politiche e dell’opinione pubblica sull’urgente necessità di affrontare con “senso di responsabilità, di umanità e di civiltà costituzionale” la “vergognosa realtà carceraria che marchia l’Italia”. Giustizia: l’emergenza del sistema penitenziario richiede riforme vere Il Sole 24 Ore, 19 dicembre 2012 Il digiuno di Marco Pannella non può trovare nessuno impreparato. Era annunciato, tanto quanto il disastro delle carceri. Il sovraffollamento fa strage, e non solo di detenuti (un suicidio ogni 6 giorni, 1.000 tentativi di togliersi la vita, 5.600 atti di autolesionismo). Fa strage dei diritti fondamentali della persona, dell’onorabilità di una nazione, della dignità di un popolo, del suo riconoscersi in uno Stato di diritto. Da anni è un’emergenza nazionale, denunciata dal Capo dello Stato, conclamata da tutte le forze politiche, certificata dalle istituzioni europee. Eppure, non si vuole cambiare passo. Anzi, sembra che si stia tirando la corda per poi essere “costretti” a varare un’amnistia (un regalo più a chi ha pendenze con la giustizia che ai detenuti), senza voler cogliere l’occasione per costruire - con misure strutturali più volte invocate dal Capo dello Stato e impostate dal governo - un carcere rispettoso dei diritti e della sicurezza collettiva. Questo è il bivio davanti al quale ci troviamo. L’emergenza non tollera più rinvii. Ma se la clemenza sembra la via obbligata, rischia di diventare un alibi per seppellire le riforme necessarie per non ritrovarci tra qualche anno nella stessa emergenza. L’alternativa è un decreto legge. I presupposti di necessità e urgenza ci sono, purtroppo. E ci sono anche le norme. Non emotive, non becere. Ma studiate, approfondite, ponderate dalla Commissione Csm-Ministero-Magistrati di sorveglianza, e confluite in un articolato già in mano al Ministro. Le carceri si svuoterebbero di 10mila unità, dando a chi rimane o a chi vi entrerà, l’opportunità di scontare una pena sensata, in funzione del reinserimento sociale. Giustizia: Severino; carceri strapiene, sporche, incivili… ma è difficile fare l’amnistia di Fabio Tonacci La Repubblica, 19 dicembre 2012 Strapiene, sporche, incivili. Luoghi d’alienazione dove si muore, per suicidio, per malattie o per depressione. Le carceri italiane, le più sovraffollate d’Europa, sono una ferita ancora non sanata ai diritti dell’uomo e del detenuto, motivo per cui da sessant’anni l’Italia viene sistematicamente condannata dalla Corte di Strasburgo. Il governo sta correndo per approvare prima della fine della legislatura il disegno di legge sulle misure alternative alla prigione, già passato alla Camera. “Ce la dovremmo fare - si augura il ministro della Giustizia Paola Severino - spero che l’appello in questo senso lanciato ieri dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano arrivi alle orecchie giuste”. E per sensibilizzare le coscienze e chiedere un provvedimento di amnistia, invece, che è nato l’ultimo sciopero della fame e della sete di Marco Pannella, il più lungo della sua trentennale carriera di lotta politica non violenta. Con un’amnistia (i Radicali la chiedono per i reati con una pena non superiore ai 4 anni) si svuoterebbero le carceri. Quei penitenziari al collasso, che oggi ospitano 66.300 detenuti, il 46 per cento in più della capienza reale di 45.700 posti letto. Si vive in tre o in quattro, in celle di pochi metri quadrati, su brandine di fortuna. Ma per l’amnistia il ministro Severino è stato chiaro. “Ho cercato di verificare che vi fosse il consenso necessario, ma purtroppo non c’è”. Allarmano poi i dati dei suicidi, 60 solo nel 2012 trai carcerati, più altri 9 tra gli agenti penitenziari. Negli ultimi 5 anni il bilancio è ancora più duro: 306 detenuti si sono tolti la vita a fronte di tagli ne12013 di 22 milioni alla voce “vitto peri detenuti”, di 19 milioni per “assistenza e rieducazione”, di altri 2,3 per “mercedi (una specie di paga) ai detenuti lavoratori”. E secondo l’Istat oltre otto carcerati su cento praticano per disperazione forme di autolesionismo. Non c’è da stupirsi dunque che l’Italia sia stata condannata dalla Corte Europea di Strasburgo ben 2.121 volte (dal 1959 al 2010) per violazioni della Convenzione dei diritti dell’uomo. Siamo secondi, in questa vergognosa classifica, solo alla Turchia (2.573 violazioni). Ma l’Italia è condannata di continuo anche per la irragionevole durata dei processi. A oggi sono 9 milioni i giudizi ancora pendenti e in media per arrivare alla sentenza di primo grado ci vogliono 960 giorni nel civile, 426 nel penale. Col risultato che ogni anno mediamente se ne vanno in prescrizione 170 mila reati. Un’enormità, per il comune senso della logica e per l’Europa che ci chiede di stringerei tempi. I Radicali denunciano queste cose da anni. E oggi criticano anche il ddl della Severino. “Se verrà approvato - sostiene Rita Bernardini - non riguarderà più dello 0,3 della popolazione carceraria. Ci vuole altro, ci vuole l’amnistia”. Giustizia: Pannella accetta terapie reidratazione ma continua digiuno; i commenti politici Asca, 19 dicembre 2012 Marco Pannella, 82 anni, leader dei Radicali, giunto al nono giorno di sciopero totale di fame e sete per ottenere il diritto di voto dei detenuti e denunciare il sovraffollamento nelle carceri, ha accettato questa mattina le terapie infusive per reidratarsi. Ad annunciarlo, in un video messaggio, lo stesso Pannella. Una decisione presa “per cercare di salvare questa vita, per salvare la vita di quegli altri, migliaia e migliaia e forse milioni di persone che nel momento in cui passava da me...ci stava il pollice verso. Accetto ogni intervento necessario per vedere se, bevendo, riusciamo a salvare questa baracca”. Prima del videomessaggio il leader dei Radicali aveva diffuso una nota in cui spiegava che ‘le visite e analisi notturne confermano le pessime previsioni e prescrizioni del Collegio medico guidato dal Prof. Claudio Santini. Avevo ribadito ore fa, pubblicamente, che se ci fossero state da parte di personalità assunzioni di immediate disponibilità a candidature per la Lista Amnistia, Giustizia, Libertà, avrei ricominciato a bere. Dalle ore 5 di questa mattina, non sicuro che si sia verificato nella notte o stia per verificarsi, ad esempio, che un X abbia preannunciato la sua decisione di candidarsi, il mio pubblico giuramento che avrei ripreso a bere sarebbe ormai vanificato, inutile. Accadrebbe che anche se autorizzassi il Prof. Claudio Santini a intervenire con infusioni endovenose, l’esito non sarebbe positivamente garantito. Quindi alla grande, immensa rete è affidata la possibilità di svegliare inurbanamente, diversamente, potenti e credenti, per pronunciare la loro decisione di pollice verso nei miei confronti. È problema di minuti. Schifani: vorrei donargli il ddl sulle carceri Il Velino, 19 dicembre 2012 “Vorrei cercare di convincere Marco Pannella ad abbandonare questa sua battaglia. Gli sono stato molto vicino in questi anni, non possiamo e non dobbiamo lasciarlo solo”. Così il presidente del Senato Renato Schifani nell’incontro con i rappresentanti della stampa parlamentare per gli auguri di fine anno. “Vorrei andare a trovarlo portandogli in dono un segno tangibile del nostro impegno parlamentare: il disegno di legge sulle misure alternative al carcere che è all’esame del Senato - continua Schifani. Pannella è una figura storica per il nostro Paese, è un grande uomo e come lui non ne troveremo più. Merita rispetto”. “Dobbiamo combattere contro il sovraffollamento delle carceri - ha sottolineato - l’emergenza carceraria va risolta in tempi certi. I detenuti hanno sbagliato e devono pagare ma hanno il diritto di vivere in modo civile e dignitoso”. Severino: bene Pannella, lo voglio vivo a combattere “Me ne compiaccio fortemente perché noi abbiamo bisogno di Marco Pannella vivo, delle sue idee forti per le quali ha combattuto una vita”. Questo il commento del ministro alla Giustizia, Paola Severino, ospite di “24 Mattino” su Radio 24 alla notizia che il leader dei Radicali abbia accettato la terapia endovenosa per reidratarsi. “Ricordiamo gli alti ideali che lui ha sempre portato avanti nelle battaglie Radicali - ha aggiunto il ministro Severino. Io vorrei combattere al suo fianco seppur con mezzi diversi da quelli che lui può utilizzare. Considero Pannella una persona eroica perché riesce a sacrificare se stesso per una causa importante. Abbiamo un obiettivo comune: rendere le carceri un luogo umano in cui far scontare alle persone la pena non equivalga a privarle di dignità o di speranza. Lui chiede un’amnistia, ma in Parlamento non c’è la maggioranza di due terzi necessaria per vararla. Io voglio lo stesso obiettivo con le leggi, come la salva-carceri”. All’obiezione che secondo i Radicali questa legge riguarderebbe solo lo 0,3% dei detenuti, Severino ha risposto: “Abbiamo dati diversi, il relatore di questo provvedimento alla Camera dava un numero di 1200 detenuti l’anno che possono essere raggiunti da queste misure alternative. I dati dell’Amministrazione penitenziaria mi parlano di 2819 ingressi ogni anno per reati puniti con pena massima fino a 4 anni, cioè quei soggetti che potrebbero beneficiare di queste misure alternative”. Il guardasigilli ha detto anche che “entro il 2014 ci saranno 11mila posti in più nelle carceri. Già abbiamo consegnato 3178 posti entro il 31 dicembre 2012 e ne consegneremo entro giugno 2013 altri 2382. Bisogna contemperare la sicurezza dei cittadini con le esigenze di un carcere più dignitoso”. Legnini (Pd): si fermi, Governo può agire a Camere sciolte “È necessario mettere mano con serietà e determinazione alla situazione delle carceri, a partire dalla condizione di vita dei detenuti”. Lo afferma il senatore del Pd Giovanni Legnini in un’intervista a Radio Radicale. E aggiunge: “La depenalizzazione dei reati meno gravi sarebbe il primo passo per evitare di riempire le carceri e costringere i condannati a vivere in condizioni davvero disumane. Marco Pannella e i radicali hanno il grande merito di aver sollevato un problema centrale per un paese democratico e bene ha fatto il Presidente Monti ad andare a trovare Pannella in ospedale. Nel rivolgere un appello al leader dei radicali affinché smetta il suo sciopero e salvi la sua vita, sono convinto che il governo debba e possa fare qualcosa per migliorare la situazione carceraria, anche a camere sciolte”. Gasbarra (Pd): Marco accende fiamma diritti civili “Ancora una volta, come soltanto lui ha saputo fare per tutta la sua vita, Marco Pannella è riuscito, sacrificando pericolosamente se stesso, ad accendere la fiamma dei diritti civili e inviolabili”. Lo scrive in un comunicato il segretario del Pd del Lazio, Enrico Gasbarra. “Rendere le carceri luoghi umani, e rispettosi della dignità umana, credo sia una battaglia giusta per la quale ancora una volta Pannella offre, con straordinaria generosità, tutto se stesso. Spero fortemente che voglia ascoltare le prescrizioni dei medici che sono preoccupati ogni giorno di più, perché le idee hanno bisogno delle gambe su cui camminare e noi - conclude Gasbarra - abbiamo ancora bisogno della forza e della passione civica e politica di Marco Pannella”. Rutelli: combattente che ha ancora molto da dare a Paese “Pannella ha contraddistinto tutta la sua vita con scelte che mettono anche a rischio la salute pur di promuovere battaglie di principi. Debbo dire che anche quanti non condividono di volta in volta le sue iniziative, ad esempio, l’amnistia, debbono rispettare e apprezzare che ci sia un uomo politico che ha dedicato tutta la sua esistenza al servizio pubblico, alle battaglie in cui ha creduto senza tatticismi”. Lo ha detto Francesco Rutelli a “Un caffè con” su SkyTg24. “È un vecchio combattente che ha ancora molto da dare al Paese, e la dignità delle carceri dovrebbe essere un tema che ha valore per tutti”, ha concluso Rutelli. Prestigiacomo (Pdl): grazie a pannella problema carceri più noto “Grazie a Pannella e ai radicali sono stati già raggiunti importanti risultati, primo tra tutti il fatto che l’emergenza delle carceri italiane è salita alla ribalta delle cronache, il sovraffollamento e le condizioni disumane sono un gravissimo problema sul quale è stata sensibilizzata l’opinione pubblica, un problema che gli italiani oggi conoscono”. Lo ha affermato Stefania Prestigiacomo (Pdl). Prestigiacomo ha sottolineato però che “nemmeno alla più nobile delle battaglie deve essere sacrificato il bene più prezioso, quello della vita. Mi unisco dunque al coro di tutti quelli che, numerosi, si appellano a Marco Pannella affinché sospenda lo sciopero della fame e della sete. La sua è una protesta sacrosanta che non deve però arrivare a queste forme estreme”. “Tale emergenza deve essere ancora affrontata e risolta drasticamente e una volta per tutte dalla politica e dalle istituzioni perché ciò che accade non è degno di un paese civile - ha aggiunto. È dunque molto più utile che Pannella ci sia, che non metta a repentaglio la sua vita, ma continui a combattere per la difesa dei diritti umani come ha sempre fatto con grande determinazione, passione ed energia”, ha concluso. Giovanardi (Pdl): Pannella fa battaglia giusta con obiettivo sbagliato “L’amico Marco Pannella, che combatte una battaglia giusta, non deve sbagliare obiettivo per le sue polemiche. Mi riferisco ai suoi continui riferimenti alla legge Fini-Giovanardi sulla droga, che viene sempre additata come causa dell’eccessivo affollamento delle carceri”. Lo sottolinea il senatore del Pdl, Carlo Giovanardi. “In realtà ci sono migliaia di tossicodipendenti detenuti per aver commesso gravi reati, non per aver consumato droga, che la legge in vigore prevede possano fruire di pene alternative, sino a reati che comportano sei anni di detenzione e che potrebbero immediatamente uscire dal carcere, ma non vengono accolti nelle comunità di recupero per mancanza di fondi che le regioni dovrebbero stanziare a tal fine”. “Se persone che debbono essere curate rimangono in carcere, aggravando i problemi del sovraffollamento, non è certo colpa della legge, ma della mancanza di volontà politica di reperire risorse per applicarla correttamente”, conclude Giovanardi. Raffi (Goi): un inferno indegno di un paese civile “Sovraffollamento, diritti negati, suicidi di cui si è perso il conto: le carceri italiane sono indegne di un Paese civile. Rispetto all’inferno dell’ indifferenza, rilanciamo una grande battaglia laica e solidale perché venga rispettata la dignità di ogni persona umana”. È quanto afferma Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, che spiega: “La pena, secondo la lezione di Cesare Beccarla, deve essere rieducativa. Chi ha violato la legge deve pagare il proprio debito con la società, ma deve anche avere possibilità di riscatto e percorsi di reinserimento sociale”. “C’è un Uomo - prosegue Raffi - che in queste sta portando alle estreme conseguenze la battaglia per i diritti umani. Di fronte a una politica incapace di ascoltare il grido che si alza da dietro le sbarre, serve una battitura di libertà che coinvolga tutte le forze morali e sociali del Paese. Solo affrontando con urgenza il problema carceri, e mettendo a punto soluzioni concrete per porre fine a situazioni di barbarie - conclude il Gran Maestro di Palazzo Giustiniani - potremo considerarci finalmente uno Stato europeo”. Capo Cappellani carceri: non mi sento di dire a pannella stop sciopero “Non mi sento di chiedere a una persona che sta facendo un’azione forte per valori in cui crede, di rinunciarci, anche se forse sarebbe meglio che non perdesse totalmente le sue capacità fisiche, visto che servirà ancora combattere molto per la giustizia in Italia”. A parlare all’Adnkronos è l’ispettore generale dei cappellani delle carceri, don Virgilio Balducchi, a proposito dello sciopero della fame e della sete portato avanti ormai da giorni dal leader radicale Marco Pannella per protestare contro il sovraffollamento nelle carceri italiane. Don Balducchi auspica che “questa forma estrema di vicinanza alle persone detenute venga ascoltata e non sia il solito dire bravo Pannella senza che poi non cambi nulla. Spero fino all’ultimo minuto - ha concluso - che si riesca a fare un piccolo decreto, anche se non so se c’è ancora il tempo”. Bernardini: appello Pannella a Vasco Rossi e Roberto Saviano “Non ha sospeso lo sciopero ma ha accettato le cure perché le sue condizioni erano quasi al punto di non ritorno. Ieri sera è andato a Radio radicale, poi tornando in taxi ha avuto un malore e la notte è stata drammatica. Ora sta facendo una flebo, sta sdraiato con la radio accesa sul petto sintonizzata su Radio Radicale”. Queste le parole di Rita Bernardini a Tgcom24. “Marco ha lanciato un appello per la costituzione di liste per giustizia, amnistia e libertà e si rivolge al mondo delle personalità dello spettacolo chiedendo loro di far parte di queste liste, come Vasco Rossi e Roberto Saviano. Speriamo. Marco tornerebbe subito a bere perché le idee camminano sulle gambe delle persone altrimenti rimangono qualcosa di vuoto che non si concretizza”, ha concluso il deputato radicale. Giustizia: intervista a Marco Pannella; senza giustizia preferisco morire di Francesco Merlo La Repubblica, 19 dicembre 2012 Ha mangiato due mandarini per ringraziare Mario Monti, un menù da galera, forse in onore dei detenuti per i quali si batte. E così Marco Pannella ci ha regalato pure un sorriso, anche se per ricominciare davvero a bere e a mangiare vorrebbe qualche nome, Vasco Rossi per esempio, “che però non sta bene e ha paura di non essere capace”, e “Umberto Veronesi e Franco Battiato e Roberto Saviano e poi ci sono tanti giornalisti, scienziati, cantanti come Celentano e i fratelli Bennato, e gli artisti…, ma non ho voglia di fare lunghi elenchi”. Vorrebbe quattro nomi trascinanti, di quelli “Sto Con Marco”, che si candidino in una lista “rosa nel pugno per la giustizia e per l’amnistia”, per farci spalancare gli occhi e costringerci a guardare l’ingiusto e il disumano delle prigioni, “il reato flagrante che lo Stato commette violando i diritti più elementari nelle carceri e il diritto alla normale durata dei processi: il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa condanna l’Italia da più di trenta anni”. Quattro nomi dunque per aprire le porte delle carceri e infilare l’Italia nel bugliolo, nella puzza. E nelle violenze di quell’universo concentrazionario, nella sua ripugnanza: “Attenzione però: non è un problema di pietà, ma di giustizia”. Sdraiato sul lettino di ferro da malato con le sue bretelle a quadretti, le lunghe calze blu, la maglia a righe orizzontali, le mani che un critico d’arte definì michelangiolesche, Marco parla in pannellese, che non è mai stato un linguaggio semplice, “non c’è sulla terra una sola parola che lo sia”, ma che adesso è armoniosamente inarrestabile. Ed è percorso da sibili: “Quel Maroni è l’assassino degli immigrati che respinse in mare, glielo abbiamo detto e lui ha risposto che non gliene frega nulla”. E poi fragorosi non-stop su argomenti come il sensus fidelium che un ironico sussurro trasforma in consensus fidelium. Il suo colloquiare dirama per rivoli inaspettati sino allo spiritualismo e all’energia: “Il non uccidere vale anche per la legittima difesa, perché se sei bravo devi ferire, invece che uccidere”. E ancora arrivano fischi perentori su uomini e cose che sembrano nominati per caso: “Napolitano non fa il garante ma l’impiccione e vuole fare il padrone dell’Italia”. Poi improvvisamente il lessico diventa quello immediato della libertà, più pericoloso di qualsiasi controprova e di qualsiasi violenza del potere: “Ho spiegato a Mario Monti che il mio sciopero della fame non vuole costringerlo a fare le cose che non vorrebbe fare ma, al contrario, che voglio aiutarlo a fare le leggi che non riesce a fare”. Gli obietto che se ha parlato così con Mario Monti, allora forse lo ha un po’ confuso. E mi racconta che Monti gli ha detto: “Quando uscirò da qui vorrei che tu ricominciassi a bere. Cosa posso fare?”. Pannella gli ha risposto con le teorie dell’ascesi e della non violenza. Poi in serata ha mangiato appunto i due mandarini che ha dedicato a Monti con l’augurio del brindisi. La sua battaglia ha sempre un sottofondo ilare, la risata gli veste la bocca scavata. A Monti ha pure parlato di Clemente, l’infermiere indiano che lo accudisce e che lo considera un guru, “una parola che secondo Clemente vuol dire più alto delle altezze dell’Everest”. Clemente gli dice pure che “anche l’India avrebbe bisogno di gandhiani come me”. E per un attimo ci passano davanti le ombre dei due marò italiani reclusi in Kerala. Ma poi, come solo Pannella sa fare, tutto è diventato concreto e hanno parlato di amnistia e di leggi. Pannella ha così scoperto, e lo racconta con gratitudine, che tra lui e Monti, in queste ore di fame e di sete, c’è stata, imprevista, la scintilla: “Come diceva Leonardo Sciascia se Monti è venuto qui, se ha bussato a questa porta è perché sapeva che l’avrebbe trovata aperta”. La ministra della Giustizia Severino invece l’ha trovata chiusa: “Non potevo riceverla mentre Rita Bernardini spiegava in Senato che la sua legge sulla giustizia è una legge irresponsabile e che il suo celebrato sfollamento delle carceri significherà 54 detenuti in meno”. E invece Monti e Pannella si sono capiti come due fratelli opposti e gemelli, due italiani innamorati dell’Italia che hanno in comune l’autenticità, lo star bene nella propria sostanza, nella smoderatezza Pannella, nella morigeratezza il presidente, soldati di quella stessa fede che è la coerenza: “Alla fine ci siamo intesi su un’apertura di dialogo per l’amnistia e per la giustizia. Non è poco”. Ma quanti segnali aspetta Pannella per ricominciare a bere? “Segnali ne arrivano tanti. Ma ne basterebbe uno, quello giusto”. Bersani? “Mi ha invitato a riprendere a bere. Gli ho detto che è un Ponzione Pilatino o forse un Ponzino Pilatone, non ricordo”. Fini? “È preoccupato per la mia salute ma non è d’accordo sull’amnistia. Gli ho risposto che non mi sorprende dall’uomo che ha messo la sua firma sotto due leggi orribili, la Fini-Giovanardi sulla droga e la Bossi-Fini sugli immigrati. Gli ho detto che molto meglio di lui era Pino Romualdi”. Berlusconi? “Non esiste”. Grillo? “Per l’Italia sono meglio i grillini o i pannellini?”. Ogni tanto nella stanzetta della clinica si materializza una suora. Gli prende la pressione: 70 e 110. Poi una dottoressa gli fa l’elettrocardiogramma. Sergio Rovasio e Matteo Angioli gli stanno accanto come gli angeli credenti della tradizione, quelli che assistono il guerriero nel momento del massimo sforzo. E uno fa il conto degli errori e l’altro fa l’elenco delle cose giuste, e per ogni cosa giusta vengono cancellati tre errori. E sono belli perché “Sergio il severo” si affretta a cercare la dolcezza e “Matteo il buono” si premura di dare rigore al trionfo. Pannella li tratta con amore ma non vuole solo l’aiuto fisico che entrambi gli offrono, vuole il loro cervello: “Non limitatevi all’emozione, non accontentatevi del brivido”. In questa stanza Pannella è come il Sacro Pazzo che è figura della mistica. Solo a lui consentono di usurarsi, di smarrirsi nella follia dei gesti che forse non hanno un senso oggi ma sicuramente lo avranno domani. Gli dico: non costringerci a farti da becchini, stai facendo impazzire i tuoi amici e stai accendendo l’astio di chi dice “Pannella ha rotto co ‘sti scioperi della fame”. “Non lo dicono, glielo fanno dire, fanno finta che l’eccesso e l’oltranza stiano nel digiuno e non nella violazione della legalità”. E però, obietto, il tuo corpo in sciopero della fame è il medium che assorbe e oscura il messaggio: nessuno parla delle carceri ma tutti della vita di Pannella, e tu sai di essere un soggetto ideale per la prosa giornalistica ispirata al lirismo che è la prosa peggiore, perché tu così diventi un mito, un santone, Pannella generoso, Pannella monumento, Pannella scandalo, “non lasciate morire Pannella”, è un catechismo che offende la tua identità di laico. “Per la verità sono stato sempre santificato dai credenti, penso a Baget Bozzo e a Giorgio Spini. Ma hai ragione: mi trattano amorevolmente, prendono nota del mio peso e mi invitano a bere un sorso. E c’è una strana complicità tra me e il mondo che mi vuole nutrire a forza. Dò loro la forza che non hanno”. Gli ricordo che qualche anno fa, durante un altro sciopero della fame, mi disse che la voglia di nutrirlo a forza gli ricordava l’idea di mandare Ofelia in un convento: “Per preservare la virtù del casato, per salvare la mia vita e il loro onore”. Il punto è che “non sopportano la mia fame e la mia sete e dunque quando tutti capiscono che io davvero rischio doverosamente e felicemente la vita, solo allora finalmente esplodono i grandi dibattiti che sempre uniscono e mai dividono un Paese, come per il divorzio, come per l’aborto, come per la fame nel mondo … Ora non vogliono che si parli di giustizia e di carceri”. E però questa volta Pannella - mi raccontano - ha fatto piangere anche Emma che gli ha detto “stai superando i limiti”. E allora hanno discusso del limite. Per chi la politica la sente sul corpo, per chi la intende come fame e come sete, è una disputa che, prima o poi, deve per forza arrivare. Pannella dice che “bisogna rischiare anche la vita”, da sempre la Bonino gli replica che “il non violento non è un fachiro”. Questa volta mi riferiscono che Emma si è sentita male. Dico a Pannella che tanta preoccupazione non l’aveva accesa mai: “Per preoccuparsi di meno bisogna occuparsi di più”. Sul tavolo c’è una magnifica rosa rossa. È un regalo della signora Berenice Ambrosini Oriani, la moglie di un vecchio compagno di scuola: “Ti prego Marco desisti. Hai già vinto”. Dico a Marco che se devo immaginare la sua morte, tra mille anni, la immagino così, mentre protesta per qualcosa. “Mille anni? Chissà come mi odierei”. Ha le labbra screpolate, la lingua secca, non ce la fa a parlare: “Ho bisogno di mezzora di silenzio”. E prima di congedarmi mi racconta dell’euforia da digiuno e mi mostra un libro “Digiuno Autofagia e Longevità”. Pannella sostiene che lo sciopero della fame gli allunga la vita: “è un’arma di vita”. Spegniamo la luce. Visto su quel lettino con il naso e la bocca grande tutto pelle ossa e occhioni chiari e stralunati, con Mirella che gli accarezza le caviglie, Pannella sembra aver recuperato una fisicità da giovane Holden addormentato. Mirella Parachini è la compagna di una vita, e come nei veri e grandi amori Mirella e Marco da una vita si prendono e si lasciano per evadere da chissà quali galere. Sicuramente mettono sotto i piedi la vecchiaia sia perché lei è semplicemente bella, e accanto a lui non poteva che starci una donna bella, sia perché, prosciugato sino a 72 chili, Pannella a 82 anni è l’utopia del mondo al contrario, di come sarebbe bello nascere vecchi e cominciare piano piano a ringiovanire e di come sarebbe bello acquisire, anno dopo anno, il vigore della giovinezza senza perdere l’esperienza della vecchiaia. Pannella, quel che resta di Pannella, è lì che ringiovanisce, lì che si asciuga, è li che Pannella si spegne bambino. Giustizia: il dramma di Pannella è nella sordità di un sistema politico ormai inerte di Stefano Folli Il Sole 24 Ore, 19 dicembre 2012 Marco Pannella si sta spegnendo in una clinica romana, combattendo con gli strumenti di sempre, in modo irriducibile, la sua battaglia civile. E gli strumenti sono la tortura inflitta al suo corpo, simbolo in questo caso delle torture carcerarie e più in generale della richiesta di giustizia per la quale il leader radicale, a 82 anni, non cessa di fare udire una voce sempre più debole. È una tragedia che si avvicina al suo esito fatale. Ieri i medici curanti hanno parlato di “danni renali irreversibili”. L’impressione è che manchi davvero poco prima che accada quello che la ragione si rifiuta di accettare. Può un uomo politico nel senso più fiero del termine, un protagonista di cinquant’anni di storia civile del Paese, concludere la sua esistenza nell’Italia del 2012 con uno sciopero della fame e della sete quasi fosse un militante indipendentista nell’India coloniale? O un irredentista di Dublino nel pieno di una guerra civile? C’è qualcosa di assurdo e di terribile in questa vicenda. È chiaro che Pannella considera la consunzione alla quale ha condannato il suo corpo una sorta di metafora della condizione di illegalità - e di sordità di fronte all’ingiustizia - in cui egli vede sprofondata l’Italia di oggi, dove la politica ha cessato di corrispondere a un ideale. Il lento, inesorabile suicidio del vecchio combattente diventa quindi una severa condanna della democrazia malata in uno dei suoi snodi cruciali: il rispetto dei diritti umani. Rispetto a questa tragedia personale, il silenzio del mondo politico e in buona misura della stampa è quanto meno una prova di cattiva coscienza. Nel corso degli anni troppi hanno fatto della mediocre ironia sugli scioperi della fame di Pannella. Troppi si sono risentiti per gli attacchi, certo aspri, ricevuti da lui. Ma questo sarebbe il momento di dare un segno non retorico e non furbesco che la “grande ragione” di Pannella, come l’ha definita Furio Colombo, viene fatta propria da un sistema politico sfilacciato, sì, ma ancora capace di una scossa, di un moto di riscatto. Ieri Mario Monti ha compiuto un gesto simbolico importante recandosi a far visita all’infermo. Qualche ora prima il ministro della Giustizia, Paola Severino, aveva auspicato che “la legislatura si concludesse con l’approvazione del provvedimento sulle pene alternative”. Peccato che si tratti di un disegno di legge, anziché di un decreto, il che offre ulteriori alibi al disinteresse del Parlamento ormai in procinto di correre la campagna elettorale. L’altra sera al Quirinale, nel salone affollato per la cerimonia degli auguri, un applauso a scena aperta ha salutato le parole di Napolitano sulla gravità della condizione carceraria. Il capo dello Stato non ha citato Pannella, ma quell’applauso voleva essere un tributo al leader radicale. Purtroppo assomigliava un po’ troppo all’omaggio che il vizio rende alla virtù, secondo un vecchio detto piuttosto calzante. A questo punto è indispensabile un segno da parte delle forze politiche. Magari non risolutivo, ma emblematico. Se il dramma di Pannella è la morte fisica incombente, il dramma del sistema è l’inerzia. La stessa per la quale le riforme sono sempre impossibili, mentre si accetta l’idea che una macchina carceraria indegna sia la normalità. Tanto che il tema non costituisce nemmeno un paragrafo del dibattito elettorale. Giustizia: ministro Severino; spero ci siano tempi approvazione ddl su misure alternative Ansa, 19 dicembre 2012 Ci sono i tempi per l’approvazione del ddl sulle misure alternative al carcere? “Io spero di sì, naturalmente noi come Governo ce la metteremo tutta perché ci siano”. Lo ha detto al Tg1 il ministro della Giustizia, Paola Severino, spiegando di “sperare che l’appello del presidente molto più forte del mio possa arrivare alle orecchie giuste”. “Abbiamo cercato di coniugare - ha proseguito la Severino - la sicurezza dei cittadini, i diritti delle vittime, con la possibilità di dare una chance a coloro che possono per la loro scarsa pericolosità sociale godere di misure alternative alla detenzione. Io non voglio fare una questione di numeri percentuali, ma di qualità”, ha concluso il Guardasigilli: “se posso recuperare anche dieci detenuti, ma in maniera definitiva, in maniera che non ritornino in carcere, credo di aver svolto un compito importante per la società”. Su misure alternative rispettato Parlamento Il ministro della giustizia Paola Severino replica al presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli (Pdl), che sulle misure alternative alla detenzione ha criticato il governo per non avere scelto di procedere con un decreto per velocizzare i tempi di approvazione. “Questo disegno di legge è stato presentato a gennaio con il decreto salva carceri ed è stata scelta la forma del ddl perché in Parlamento ce n’erano altri pendenti sulla stessa materia - ha spiegato il ministro a margine di un convegno sulla corruzione a Palazzo Giustiniani - e la prassi vuole che il governo non si sovrapponga al Parlamento”. Il guardasigilli ha poi ricordato il suo personale impegno per sostenere l’iter del provvedimento: “dopo gli appelli alla Commissione della Camera per l’approvazione c’è voluta tutta la mia tenacia per ottenere la calendarizzazione in Aula” dove, ha sottolineato con soddisfazione, “è stato approvato a larga maggioranza”. Ancora adesso, nonostante la fine anticipata della legislatura, “ho chiesto priorità per questo provvedimento”, ha detto ancora il ministro, che ha poi invitato a valutare “se ci sia stato un errore del governo o piuttosto rispetto per il Parlamento”. Severino ha infine ammonito a “essere corretti su questo tema, che non va utilizzato per fare scaricabarile né campagna elettorale sulla pelle dei detenuti” e ad “assumersi ciascuno le proprie responsabilità: io me le sono assunte - ha concluso - la parola ora passa ad altri”. Consenso politico su amnistia non c’è “Spero che l’appello del presidente della Repubblica, molto più forte del mio, che pure è stata una costante della mia azione di governo, possa arrivare alle orecchie giuste”. Così il ministro della Giustizia, Paola Severino, intervistato dal Tg1 in merito alla situazione carceraria. “Come governo - ha aggiunto - ce la metteremo tutta perché il tempo ci sia. Abbiamo cercato di coniugare la sicurezza dei cittadini con la possibilità di dare più chances a coloro che, per la loro scarsa pericolosità sociale, possono godere di misure alternative alla detenzione”. Quanto all’amnistia proposta da Pannella, il ministro ha aggiunto: “non voglio fare una questione di numeri e di percentuali. Se io posso recuperare anche dieci detenuti in maniera definitiva, in maniera che non ritornino in carcere, credo di avere svolto un compito importante per la società. Ho cercato di verificare se vi fosse il consenso politico necessario per l’amnistia, ma purtroppo non c’è”. Giustizia: Bernardini (Ri); il ministro Severino dà i numeri, ddl misure alternative è inutile Ansa, 19 dicembre 2012 “C’è chi la Costituzione l’ha letta ma non l’ha capita, chi l’ha studiata e approfondita e ne fa strame ogni giorno e c’è chi, come Marco Pannella, fa vivere e vive la parola in essa contenuta. Quando la Ministra Severino afferma, come ha fatto stamattina a Radio 24, che vorrebbe combattere al fianco di Marco Pannella “seppur con mezzi diversi da quelli che lui può utilizzare”, ho il dovere di spiegarle che Marco quei mezzi, quegli strumenti (meglio arnesi) della nonviolenza se li è costruiti con la pratica di una vita: può, perché vuole. Ognuno può costruire i suoi ed è certo che chi ha potere ne ha a disposizione di efficacissimi per intervenire”. Lo afferma Rita Bernardini, deputata radicale, membro della Commissione Giustizia. “La Ministra Severino non può non sapere che, facendo i dovuti incroci che al suo Ministero c’è chi sa fare, oggi nelle patrie galere ci sono solo 250 detenuti che, ad oggi, potrebbero accedere alla messa alla prova o alla detenzione domiciliare così come disciplinate dal suo ddl. Io sono rimasta letteralmente basita quando ieri sera al Tg1 la Ministra ha detto che non è questione di quantità ma di qualità e che anche solo dieci detenuti recuperati per lei costituiscono un successo. E gli altri 66.500 stipati in 45.000 posti possono continuare ad essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti come ha sentenziato che avvenga la Corte Europea dei diritti dell’uomo? La sua politica dei piccoli passi, evidentemente, tollera tutto ciò”. “Così come se ne infischia delle condanne della Cedu per l’irragionevole durata dei processi: quando ha presentato in Commissione Giustizia l’altro suo ddl sulle depenalizzazioni si è accorta che avrebbero riguardato circa 2.000 casi nella marea (l’Everest, per Pannella) degli oltre 5 milioni di procedimenti penali pendenti. Con ogni evidenza, la Severino non si è accorta della bancarotta della giustizia nel Paese di cui è Ministro: se consideriamo infatti l’altro grande flagello della giustizia civile (oltre 5 milioni di cause pendenti!) scopriamo che - tra civile e penale - c’è una causa ogni 5,6 abitanti e un’altra ogni 2,3 famiglie”, conclude. Giustizia: Radicali: il ministro Riccardi… cosa ha fatto per i tossicomani detenuti? Agenparl, 19 dicembre 2012 “Nel ricordare oggi a Marco Pannella che la vita è il bene più prezioso - Pannella da oltre 30 anni lotta per la vita del Diritto come unica possibilità di godere del diritto alla vita! - ha anche impunemente dichiarato di essersi “battuto purtroppo senza successo per arrivare ad una legislazione che estendesse le misure alternative al carcere per i tossicodipendenti. E dove si sarebbe battuto, di grazia, nei convegni? Oppure non si stratta dello stesso Ministro Riccardi che, per un anno intero, ha completamente delegato la materia delle politiche sulle tossicodipendenze tanto in Italia quando all’interno dei fori internazionali, alla tecnocrazia proibizionista del Prof. Giovanni Serpelloni, Capo del Dipartimento Antidroga; oppure non deve esser lo stesso Ministro Riccardi che solo una settimana fa si è prodotto in una dichiarazione contro il diritto di scelta delle donne sull’aborto che il suo predecessore non si sarebbe mai azzardato a fare”. Lo dichiarano in una nota congiunta il sen. Marco Perduca, co-vicepresidente del senato del Partito Radicale e Giulio Manfredi, membro del Comitato nazionale Radicali Italiani. “In queste ore in cui Pannella, giunto alla fine del suo ottavo giorno di sciopero totale della fame e della sete, e che alle ore 19 parteciperà alla trasmissione Radio Carcere su Radio Radicale, piuttosto che prepararsi alle festività natalizie con la gara del avrei voluto ma non ci sono riuscito, occorre far un salto di qualità. Il Governo Monti resterà per quasi due mesi in carica per l’ordinaria amministrazione con piena facoltà legislativa d’urgenza, se proprio si ritiene necessario oltre che urgente, ma l’urgenza dei tecnici è altra rispetto alla politica, adottare serie misure alternative può esser sempre fatto per decreto. Ah, una raccomandazione, non se ne informi preventivamente la Ministra Severino!”. Giustizia: Opg fuori norma; sotto sequestro Barcellona P.G e una Sezione di Montelupo F. Redattore Sociale, 19 dicembre 2012 La Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale ha dato avvio questa mattina a tre differenti operazioni di sequestro con l’ausilio dei carabinieri in Toscana, Sicilia e Abruzzo. È quanto ha annunciato Ignazio Marino, presidente della Commissione, durante la conferenza stampa in corso presso la Sala Caduti di Nassirya presso il Senato di presentazione del bilancio delle attività della Commissione sugli Opg. L’operazione si inquadra nell’ambito dell’inchiesta sulla salute mentale e gli ospedali psichiatrici giudiziari, le strutture sottoposte a sequestro sono il reparto denominato “Pesa” all’interno dell’ospedale psichiatrico di Montelupo Fiorentino; l’intero ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto; alcuni container in cui alcune decine di giovani pazienti psichiatrici dell’Aquila, dopo il terremoto del 2009, erano costretti a recarsi per poter prendere parte a progetti terapeutico-riabilitativi. Montelupo Fiorentino. Gli internati del reparto “Pesa” sono 15 ed entro sette giorni dovranno essere trasferiti. In totale nell’Opg ci sono ora 102 internati, per lo più concentrati in un reparto completamente nuovo che è stato occupato solo di recente, in attesa della chiusura definitiva dell’Opg prevista dalla legge per il 31 marzo 2013. Nel provvedimento di sequestro, spiega la Commissione, si legge che “continuano a essere radicalmente deficitarie” le condizioni strutturali ed igienico-sanitarie, recando “pregiudizio ai diritti costituzionalmente garantiti” come il diritto a forme di detenzione che non siano contrarie al senso di umanità, il diritto alla salute e il diritto all’incolumità. Barcellona Pozzo di Gotto. L’Opg siciliano dovrà essere definitivamente chiuso entro 30 giorni, spiega la Commissione, e gli internati da trasferire sono 205. “Pur notando alcuni miglioramenti in diverse aree della struttura, segnalati nel provvedimento di sequestro - spiega la Commissione, i reparti dell’Opg “mantengono una conformazione del tutto inidonea per una struttura che dovrebbe garantire standard da residenza psichiatrica e soffrono di una condizione di intollerabile sovraffollamento (fino a 12 pazienti per cella)”. Difficoltà confermate dallo stesso direttore dell’Opg che ha confermato che “mancano figure mediche specialistiche per l’assistenza agli internati: persone che soffrono di cuore, disabili in sedia a rotelle, pazienti affetti da ernie e da altre disfunzioni gravi non possono essere assistiti. Lo stesso vale per la terapia psichiatrica e psicologica”. “Si tratta di provvedimenti gravosi di cui la Commissione d’inchiesta si assume la responsabilità con rigore - ha affermato Marino - dentro gli Opg non si può assistere un internato che ha un infarto, per non parlare di persone con patologie gravemente invalidanti, come la cancrena dovuta al diabete, che hanno aspettato periodi interminabili prima di essere trasferiti in un vero ospedale per una amputazione. Nonostante i miglioramenti notati nei due Opg sottoposti a sequestro, abbiamo constatato che il diritto alla salute non è assolutamente garantito: queste strutture purtroppo restano carceri-ghetto che in alcun modo assomigliano a un ospedale”. Balduzzi-Severino: criticità Opg colpa regione Sicilia, non trasferite competenze sanitarie “Le criticità che hanno portato al drastico provvedimento sono da attribuire ai ritardi della Regione Sicilia che non ha finora trasferito le competenze sanitarie delle carceri, e di conseguenza anche dell’Opg di Barcellona Pozzo Di Gotto, al Servizio sanitario regionale”. Lo dicono in una nota congiunta i ministri della Giustizia e della Salute, Paola Severino e Renato Balduzzi, in relazione al sequestro dell’opg di Barcellona Pozzo Di Gotto. La Regione Sicilia, si legge ancora nella nota, “non ha infatti recepito finora il Decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 2008 che prevede il trasferimento delle competenze sanitarie dall’amministrazione penitenziaria alla Regione Sicilia, preliminare ai fini dei necessari accordi attuativi per il passaggio delle funzioni”. Severino spiega di aver “parlato con il presidente della Commissione, Ignazio Marino, il quale nel comunicarmi la decisione relativa al sequestro dell’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto ha speso parole di apprezzamento della polizia penitenziaria che opera nella struttura, complimentandosi per la loro professionalità e dedizione nei confronti di persone malate e sofferenti. Ritengo anacronistico che proprio la Sicilia, dove si trova l’Opg con le maggiori criticità, sino ad oggi non abbia provveduto ad adeguarsi e a sottoscrivere la necessaria convenzione. Il senatore Marino mi ha riferito di aver già parlato con il presidente Rosario Crocetta per sollecitarlo in tal senso. Io stessa mi sono messa in contatto con Crocetta, che si è impegnato a intervenire rapidamente perché sia risolta una situazione che ormai da troppi anni si protrae”. Il ministro Balduzzi sottolinea che “il riparto tra le Regioni dei fondi per il definitivo superamento degli Opg è già stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni e per la Sicilia sono previsti per l’approntamento delle nuove strutture residenziali, che sostituiranno l’Opg di Barcellona Pozzo Di Gotto, 18.776.828 euro, a cui si aggiungono 3.889.564 euro per spese di funzionamento e di adeguamento del personale”. Il ministro della Salute auspica “che si arrivi in fretta ad una definizione di tutti gli adempimenti per favorire migliori condizioni di vita anche in vista del recupero e del reinserimento sociale dei pazienti”. Riguardo al sequestro dei reparti della struttura Centro Diurno in località Collemaggio (L’Aquila), Balduzzi, ha chiesto una relazione urgente alla Regione Abruzzo per meglio comprendere le ragioni dell’eventuale inerzia regionale e le soluzioni alternative che la Regione ha configurato nell’interesse dei pazienti. Ignazio Marino: grave ritardo per chiusura Opg, inutilizzati i fondi “Sul superamento degli Opg, le regioni italiane non hanno speso neanche un euro dei 158 milioni stanziati per il 2012”. È quanto ha denunciato questo pomeriggio Ignazio Marino, presidente della Commissione d’Inchiesta sul Servizio sanitario nazionale durante la conferenza stampa in Senato per presentare i risultati delle attività della Commissione su Salute mentale e Opg. “Siamo in enorme ritardo - ha affermato Marino. Per questa ragione, il 15 ottobre 2012 mi sono recato dal Presidente del Consiglio Mario Monti per esprimere grande preoccupazione e suggerire al Governo, a nome della Commissione di Inchiesta, una soluzione: si nomini una figura che abbia pieni poteri per applicare la legge votata dal Parlamento e che possa gestire il percorso di chiusura e le risorse economiche messe a disposizione. Siamo consapevoli che attraversiamo un momento di grave crisi economica, che il fondo sanitario nazionale è stato tagliato di altri 30 miliardi e che le Regioni sono chiamate ad affrontare sfide complesse, ma si tratta della vita di più di mille persone e la chiusura degli Opg è un passo di civiltà irrinunciabile”. Oggi, in Italia, gli Opg sono 6 in totale: oltre a Barcellona Pozzo di Gotto e Montelupo Fiorentino, ci sono quelli di Aversa, Napoli Secondigliano, Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere. Lo scorso 17 febbraio con l’approvazione della legge 9 per il “superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari” era stato fissato il 31 marzo 2013 come data ultima per la chiusura dei sei centri, a favore dell’apertura di piccoli ospedali regionali dotati di circa 20 posti letto con l’attrezzatura e il personale adeguato all’assistenza dei pazienti. Una riforma finanziata con 120 milioni per il 2012 e 60 per il 2013 per la realizzazione delle nuove strutture. La legge, inoltre, prevede altri 38 milioni per il 2012 per l’assunzione del personale e altri 55 milioni ogni anno a partire dal 2013, anche per l’assistenza alternativa all’Opg con progetti riabilitativi sul territorio. “Ma, oggi, permane un grave ritardo nell’applicazione della legge - hanno spiegato i membri della Commissione -. Il Governo, nonostante le numerose sollecitazioni della Commissione, non ha emanato il decreto di destinazione delle risorse per le nuove strutture e l’assunzione del personale. Questo significa che i tempi stabiliti per la chiusura degli Opg difficilmente verranno rispettati”. Il Ministro Severino in merito alla vicenda ha dichiarato: “Ho parlato con il presidente della Commissione, Ignazio Marino, il quale nel comunicarmi la decisione relativa al sequestro dell’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto ha speso parole di apprezzamento della polizia penitenziaria che opera nella struttura, complimentandosi per la loro professionalità e dedizione nei confronti di persone malate e sofferenti. Ritengo anacronistico che proprio la Sicilia, dove si trova l’Opg con le maggiori criticità, sino ad oggi non abbia provveduto ad adeguarsi e a sottoscrivere la necessaria convenzione . Il senatore Marino mi ha riferito di aver già parlato con il presidente Rosario Crocetta per sollecitarlo in tal senso. Io stessa mi sono messa in contatto con Crocetta, che si è impegnato ad intervenire rapidamente perché sia risolta una situazione che ormai da troppi anni si protrae”. Balduzzi, dal canto suo, sottolinea che “il riparto tra le Regioni dei fondi per il definitivo superamento degli Opg è già stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni e per la Sicilia sono previsti per l’approntamento delle nuove strutture residenziali, che sostituiranno l’Opg di Barcellona Pozzo Di Gotto, euro 18.776.828, a cui si aggiungono 3.889.564 euro per spese di funzionamento e di adeguamento del personale”. Comitato Stop Opg: non accontentarci dei “provvedimenti di emergenza” I sequestri degli Ospedali Psichiatri di Giudiziari a Montelupo Fiorentino e a Barcellona di Pozzo di Gotto, disposti oggi dalla Commissione d’inchiesta presieduta dal senatore Marino, confermano drammaticamente le condizioni indegne in cui sono tuttora costretti a vivere nostri concittadini all’interno degli ultimi residui manicomiali. E denunciano i ritardi e le inadempienze del governo e di molte regioni e Asl nell’attuare la chiusura degli Opg, previste dalle leggi del nostro Paese. Gli Opg, com’erano i manicomi, sono incompatibili per loro natura con le cure e la riabilitazione cui hanno diritto tutti cittadini. Ma non dobbiamo accontentarci dei “provvedimenti di emergenza”. E anzi ora bisogna evitare soluzioni improvvisate: sarebbe, oltre al danno, una beffa che, per il superamento degli Opg, si aprissero in ogni regione “Mini Opg” o manicomi regionali in cui internare di nuovo i malati. Perché le persone internate negli Opg non sono dei “pacchi” da trasferire da un “contenitore” ad un altro. Sono persone che hanno diritto di essere riportate nella regione di appartenenza per ricevere un’assistenza individuale: con progetti terapeutico riabilitativi, differenziati a seconda del bisogno assistenziale, a cura del Dipartimento di Salute Mentale di residenza. Percorsi che permettono le dimissioni, il ricovero, se necessario, in piccole strutture o comunità, e anche l’esecuzione della misura di sicurezza alternativa all’Opg. Come prevedono due sentenze della Corte Costituzionale e le leggi ancora non applicate. Le stesse leggi che assegnano finanziamenti speciali e aggiuntivi per chiudere gli Opg (38 milioni di euro per spese correnti quest’anno e 55 milioni dall’anno prossimo) e che non sono ancora stati utilizzati. Giustizia: Consulta; resta divieto su sesso in carcere con il coniuge, inammissibile il ricorso Ansa, 19 dicembre 2012 La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile una questione sollevata da un magistrato di Firenze, il quale aveva dubitato della legittimità di una norma dell’ordinamento penitenziario che impone il controllo visivo da parte del personale di custodia sui colloqui dei detenuti, impedendo così a questi ultimi di avere rapporti affettivi intimi, anche sessuali, con il coniuge o con il partner. Prevalgono ragioni di “tutela dell’ ordine e della sicurezza” in carcere e inoltre sarebbe comunque indispensabile un intervento del legislatore. Secondo il giudice fiorentino, il diritto della persona ristretta in carcere ad avere rapporti sessuali con il coniuge o con il partner, nel senso più ampio della espressione dell’affettività, dovrebbe ritenersi, infatti, compreso tra i diritti inviolabili dell’uomo, secondo anche le raccomandazioni del Consiglio d’Europa: diritti limitati, ma non annullati, dalla condizione di restrizione della libertà personale. Inoltre, secondo il giudice ricorrente, l’impossibilità per i detenuti di avere rapporti sessuali determinerebbe il ricorso a pratiche “innaturali” e degradanti, e si alimenterebbe il fenomeno dei matrimoni “bianchi” in carcere, celebrati ma non consumati. Infine, invece di proteggere la maternità - come previsto dall’art. 31 della Costituzione - la norma di fatto la impedirebbe. La Corte ha dichiarato, inammissibile il ricorso per due motivi. Il primo: perché il magistrato ricorrente non ha descritto adeguatamente il caso concreto. Il secondo: perché la cancellazione della norma “impugnata” eccederebbe lo scopo perseguito: il controllo “a vista” dei colloqui, infatti, non mira ad impedire in modo specifico ed esclusivo i rapporti affettivi intimi tra il recluso e il suo ‘partner’, ma persegue finalità generali di tutela dell’ordine e della sicurezza all’interno degli istituti penitenziari e di prevenzione dei reati. Peraltro, - osserva la Corte Costituzionale - l’eliminazione del controllo visivo non basterebbe comunque, di per sé, a realizzare l’obiettivo perseguitò, poiché sarebbe necessario definire una disciplina che stabilisca termini e modalità di esplicazione del diritto di cui si discute: in particolare, occorrerebbe individuare i relativi destinatari, interni ed esterni, definire i presupposti comportamentali per la concessione delle “visite intime”, fissare il loro numero e la loro durata, determinare le misure organizzative. Tutte operazioni - osserva la Consulta - che implicano, all’evidenza, scelte discrezionali, di esclusiva spettanza del legislatore. Giustizia: restano gravissime condizioni boss Bernardo Provenzano, operato al cervello Ansa, 19 dicembre 2012 Restano gravissime le condizioni di salute del boss Bernardo Provenzano, operato d’urgenza ieri nell’ospedale di Parma per la riduzione di un ematoma cerebrale determinato da una caduta. Il capomafia resta in coma farmacologico. Il figlio Francesco Paolo e la moglie Saveria Palazzolo l’hanno incontrato in carcere sabato scorso. Provenzano aveva un’evidente ferita alla testa, ma, secondo le prime ricostruzioni, sarebbe nuovamente caduto. Al figlio Angelo, da ieri a Parma per avere notizie del padre, i medici hanno prospettato un quadro clinico molto grave: anche se il boss, che aveva già diverse patologie neurologiche, dovesse sopravvivere, le sue capacità cognitive potrebbero essere molto compromesse. Lettere: sono a favore dell’amnistia… e della flebo di Adriano Sofri Il Foglio, 19 dicembre 2012 Cara Marianna, mi chiedi di Marco Pannella. È superfluo. Io sono senza riserve in favore dell’amnistia e di ogni misura che renda meno disumana la condizione di carcerati e carcerieri, e famiglie di carcerati e carcerieri, e meno vergognosa la condizione civile e istituzionale di un paese che tratta così le sue galere. E che tratta così la sua giustizia. E sono un antichissimo e immutabile amico di Marco. Poi dissento dalle vessazioni cui sottopone il suo corpo. Lui del mio dissenso se ne frega, e mi invita subito a misurarlo con quello che il suo sacrificio può rendere alla buona causa. A questo raffronto fra costi e benefici io mi sottraggo. Così, quando lui tira tanto la corda, io gli dico di infilarsi una flebo nell’avanzo di vena che gli rimane, lui mi mostra i metri in meno che mancano a un traguardo distantissimo. Ho rinunciato da tempo a persuaderlo: so che tiene il suo punto. Io tengo il mio, in favore dell’amnistia e della flebo. Lettere: perché nessuno lo salva? di Antonio Padellaro Il Fatto Quotidiano, 19 dicembre 2012 Le condizioni di Marco Pannella si aggravano di ora in ora, tanto che negli ultimi bollettini medici si fa capire che la sua vita è a rischio e che comunque, protraendosi lo sciopero della fame e della sete, importanti funzioni vitali di un signore che ha pur sempre 82 anni potrebbero essere già compromesse. Dunque, c’è un uomo che per ottenere qualcosa in cui fortemente crede (l’amnistia per svuotare le carceri) spinge la sua protesta fino al punto di non ritorno. E mentre la sua vita evapora, intorno a lui si svolge una grottesca rappresentazione mondana: centinaia di tweet che gli esprimono una festosa solidarietà (dai Marco sei tutti noi) mentre il festeggiato, sempre più scheletrico e quasi impossibilitato a parlare, riceve gli omaggi di illustri personalità. Come il premier Monti che ieri, nel lasciare la clinica, ha dichiarato testualmente: “Approfondirò il tema delle carceri”. Nel mondo delle persone normali chi può cerca con ogni mezzo di impedire a qualcuno di farsi del male fino a togliersi la vita. Anche a costo di usare la forza. Oppure si fa qualcosa per convincerlo. In Italia no. Abruzzo: sciopero della fame e della sete di marco Pannella, appello politici abruzzesi www.abruzzoweb.it, 19 dicembre 2012 La notizia dell’aggravamento delle condizioni di salute di Marco Pannella, fondatore e leader storico del Partito radicale, in sciopero della fame e della sete da sette giorni per denunciare lo stato delle carceri italiane ha generato una solidarietà diffusa tra le autorità istituzionali che invitano il padre nobile del Pr a sospendere la sua protesta. Anche in Abruzzo c’è stata una mobilitazione da parte di alcuni rappresentanti politici: “indipendentemente dalle posizioni e dai programmi del Partito radicale, che si possono condividere o non condividere, rifiutare e anche osteggiare, i motivi che hanno determinato Marco Pannella a minacciare prima, e a intraprendere ora un nuovo digiuno, questa volta totale, non possono non essere condivisi. Le sue richieste sono giuste e legittime, nella loro immediatezza oltre che nel loro contenuto”. “Anche noi, da esponenti istituzionali e politici abruzzesi, ci rivolgiamo al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio, al ministro della Giustizia, ai parlamentari, affinché da subito e nelle prossime ore, il problema della giustizia, delle carceri e dell’amnistia vengano poste all’ordine del giorno dell’agenda politica nazionale. Contestualmente invitiamo Marco Pannella a farci e farsi fiducia e quindi a sospendere al momento il digiuno della fame e della sete”. La storia di Pannella si intreccia profondamente all’Abruzzo. Nato a Teramo nel 1930, è stato consigliere comunale della stessa città e dell’Aquila, dove, all’inizio degli anni ‘90, diede vita insieme ad alcuni esponenti locali provenienti dal Pci e dalla sinistra Dc all’esperienza di “Convenzione democratica”. I primi firmatari dell’appello: Gianni Chiodi (presidente Regione Abruzzo), Nazario Pagano (presidente Consiglio regionale Abruzzo), Riccardo Chiavaroli (consigliere regionale Pdl), Lanfranco Venturoni (capogruppo Pdl Regione Abruzzo), Camillo D’Alessandro (capogruppo Idv Regione Abruzzo), Claudio Ruffini (consigliere regionale Pd), Antonio Menna (capogruppo Udc Regione Abruzzo), Alessandra Petri (consigliere Pdl), Franco Caramanico (consigliere Sel Abruzzo), Giandonato Morra (assessore regionale Abruzzo - La Destra), Antonio Prospero (capogruppo regionale Rialzati Abruzzo), Emilio Nasuti (capogruppo regionale gruppo misto Abruzzo), Carlo Masci (assessore regionale - Rialzati Abruzzo), Alfredo Castiglione (vice presidente Regione Abruzzo - Pdl), Gianfranco Giuliante (assessore regionale - Pdl), Federica Carpineta (assessore regionale), Luigi De Fanis (assessore regionale - Pdl). Da Petrilli solidarietà a Pannella “Esprimo, piena solidarietà a Marco Pannella e a tutti i radicali, da sempre impegnati in una battaglia di libertà vera, che è quella di rispettare i diritti anche delle persone recluse”. Lo afferma Giulio Petrilli, ex segretario provinciale di Rifondazione comunista ed ex presidente dell’Aret, l’Azienda regionale per l’edilizia territoriale, soppressa nel 2010. “Il senso della libertà si ha, quando si ha il coraggio di difendere l’umanità e il diritto di chi l’ha perso. Marco Pannella e tutti i radicali su questa battaglia hanno dato tutto, non da oggi, ma da sempre. Nelle carceri italiane oggi sopravvivere è una chimera”. “È più liberatorio suicidarsi che affrontare l’inferno. E di inferno è fatto il circuito delle carceri italiane: Poggioreale, Ucciardone, San Vittore, Regina Coeli, carceri di Napoli, Palermo, Milano, Roma, invivibili totalmente”. “Lo sciopero della fame e della sete di Pannella è una denuncia forte di questo sistema illegale e medievale. Su questo tema l’amnistia e l’indulto sono le uniche risposte politiche praticabili”. Rieti: “Demethra”, al via un progetto di inserimento lavorativo dei detenuti www.rietinvetrina.it, 19 dicembre 2012 L’Assessorato al Decoro urbano del Comune di Rieti ha avviato una proficua collaborazione con la Cooperativa sociale Demethra, che favorisce l’inserimento lavorativo, e in questo caso il lavoro esterno, dei detenuti della Casa circondariale di Rieti. L’Amministrazione comunale ha deciso, infatti, di affidare alla stessa Cooperativa la pulizia delle caditoie e delle strade delle frazioni di Lugnano, Vazia, Cupaello, Casette, San Giovanni Reatino, Sant’Elia, Piani Poggio Fidoni, Poggio Fidoni Alto, Morini, Poggio Perugino e Maglianello. Demethra, per l’espletamento del servizio, ha avviato il “Progetto 21”, col quale propone di inserire al lavoro alcuni detenuti o persone che si trovano a scontare condanne alternative (come il lavoro di pubblica utilità). I detenuti coinvolti nel progetto seguiranno un programma formativo, regolarmente retribuito, della durata di 2 mesi, durante il quale il personale dell’Amministrazione comunale insegnerà le modalità e le tecniche di lavoro. “Dall’esperienza maturata nel lavoro negli istituti penitenziari - spiega Ombretta Tomassetti della Cooperativa Demethra - posso garantire che offrire una chance al detenuto, favorendone l’integrazione attiva nella società e dandogli un’occasione per rendersi utile, non solo è un segno di grande civiltà ma è utile anche a prevenire i reati”. “Si tratta di un’importante opportunità per i detenuti - dichiara l’Assessore al Decoro urbano Alessandro Mezzetti -, sia in vista di un reinserimento nella società ma anche in alternativa alla detenzione. Abbiamo voluto impiegare nelle frazioni i ragazzi che aderiscono al progetto, perché in questo momento sono le zone della nostra città più bisognose d’interventi di manutenzione”. Cagliari: fiaccolata di solidarietà per i detenuti a Buoncammino www.sardegnaoggi.it, 19 dicembre 2012 Un comitato spontaneo di cittadini e di associazioni di volontariato promuove a Cagliari, per l’undicesimo anno consecutivo, la fiaccolata di solidarietà con i detenuti del carcere di Buoncammino e con le loro famiglie. L’appuntamento è venerdì 21 dicembre alle 19.00, davanti alla Cattedrale della città in piazza Palazzo. Il corteo percorrerà il consueto itinerario: via Martini, piazza Indipendenza, Porta Cristina e viale Buoncammino fino ai due bracci del penitenziario dove si porgeranno gli auguri di Buon Natale ai detenuti e si manifesterà loro, attraverso letture e messaggi spontanei, la solidarietà della cittadinanza in occasione del Natale. Numerose le associazioni e le comunità coinvolte che partecipano attivamente all’organizzazione dell’iniziativa. Tra le altre, il convento dei Cappuccini di Cagliari, la Caritas di Cagliari con don Marco Lai, Mondo X Sardegna di padre Morittu, “Oltre le sbarre”, la comunità “La Collina” di don Ettore Cannavera e l’Oftal. Alla guida del corteo, padre Giancarlo Pinna, dell’ordine dei frati minori Cappuccini di Cagliari. Anche quest’anno l’iniziativa è dedicata a Giuseppe Pireddu, padre Beppe, Cappuccino di Cagliari scomparso il 12 ottobre del 2009, guida e animatore della fiaccolata nelle edizioni passate. Attraverso la mediazione del cappellano del carcere di Buoncammino, frate Massimiliano Sira, e del diacono Mario Marini, saranno coinvolti direttamente alcuni detenuti che leggeranno dei messaggi e risponderanno agli auguri dei presenti con un megafono. Proprio davanti al carcere centinaia di fiaccole accese saranno il simbolo della luce che si stringe in un abbraccio di solidarietà e accoglienza. I detenuti risponderanno dal buio delle celle accendendo a loro volta le candele. Perugia: Re.Leg.Art, successo per il mercatino dei detenuti di Capanne Ansa, 19 dicembre 2012 Dodici detenuti, 5 incontri e, come risultato, “un piccolo ma significativo gesto di concreta solidarietà”. È quanto avvenuto ad un ristretto gruppo di uomini della Casa circondariale di Capanne a Perugia, che, dopo aver preso parte ad un laboratorio di artigianato, promosso dalla cooperativa Re.leg.art., ha potuto esporre e mettere in vendita le proprie opere in un Mercatino delle strenne. Lo ha fatto durante “InCanti di Natale”, tradizionale concerto promosso dal Comitato femminile di Perugia della Croce rossa italiana, che ha visto esibirsi, sabato 15 dicembre, nella sala dei Notari, a Perugia, i musicisti e cantanti del teatro lirico sperimentale “Adriano Belli” di Spoleto. “Per noi di Re.Leg.Art - ha detto la presidente della cooperativa, Silvia Romaniello, che abbiamo come scopo principale quello di promuovere, attraverso il lavoro, le persone che si trovano in situazioni di svantaggio, è stata una grande soddisfazione e la conferma che, tramite la valorizzazione delle capacità di ognuno, ci si possa riappropriare di quella dignità personale negata dalla condizione di emarginazione in cui a volte ci si trova relegati”. La cooperativa di tipo B, che lavora cioè per l’inserimento di persone con disabilità nel mondo del lavoro, aderente a Legacoop Umbria, ha infatti messo a disposizione le abilità artigianali, nell’ambito della pelletteria e legatoria, dei suoi 8 soci, sviluppate negli appena compiuti trent’anni di attività. Il risultato sono stati diari, agende, rubriche telefoniche e portachiavi, tutti in pelle e realizzati con materiali di recupero e carte pregiate messi a disposizione da Re.Leg.Art., che hanno ottenuto un buon successo di pubblico. “Oltre al confronto immediato con un guadagno ‘onestò - ha concluso Silvia Romaniello - questa occasione ha regalato ai dodici partecipanti una fondata speranza che, per il futuro, anche per loro vi possa essere un’effettiva possibilità di affrancarsi definitivamente dagli errori del passato, attraverso reali progetti per un nuovo inizio”. Roma: non soccorsero il figlio di un detenuto, condannati due medici di Rebibbia La Repubblica, 19 dicembre 2012 Un bambino di tre anni che all’improvviso si sente male. Un dolore insopportabile al basso ventre, il piccolo che si accascia a terra e vomita. Le mani nei capelli e gli occhi sbarrati del padre. Lui, detenuto a Rebibbia, passa all’improvviso dalla felicità per la visita in carcere della moglie e del figlio alla più cupa disperazione. Gli agenti della polizia penitenziaria avvisano subito i medici della struttura carceraria. Ma passa il tempo e nessun camice bianco si presenta. Il bambino sta sempre peggio mentre volano i minuti. E allora la decisione della madre: solleva il figlio da terra e si dirige verso l’uscita della casa circondariale alla ricerca di un taxi. Poi la corsa folle verso l’ospedale San Camillo Forlanini dove il piccolo verrà “sottoposto d’urgenza ad una appendicectomia”. Omissione di soccorso: per questo reato due medici del carcere di Rebibbia sono stati condannati a sei mesi reclusione (pena sospesa) e all’interdizione dai pubblici uffici per lo stesso periodo di tempo. Si tratta di Francesco Maria Cefalà e Guido Calzia, rispettivamente dirigente sanitario e medico di guardia della casa circondariale di Rebibbia. Era il marzo del 2010 quando si verificò l’episodio nel carcere romano. Calzia e Cefalà, si legge nelle carte, si “rifiutavano di intervenire presso la sala colloqui della struttura carceraria ove il figlio di un detenuto accusava un malore”. Venezia: in carcere l’abbraccio del Patriarca Moraglia con il popolo dei detenuti di Roberta De Rossi La Nuova Venezia, 19 dicembre 2012 Ha stretto mani e dispensato abbracci, a detenuti, volontari, agenti penitenziari, volontari, personale. All’ingresso, al momento dello scambio del segno di Pace, ad ogni intervento: uno a uno, strette di mani e abbracci a uomini e donne del carcere di Santa Maria Maggiore, dove ieri mattina alle 9 il patriarca Francesco Moraglia ha celebrato la tradizionale messa di Natale. Le preghiere - dai microfoni dell’altare della chiesetta realizzata in un’ala del piano terra - sono risuonate in albanese, rumeno, spagnolo, tedesco, inglese e nigeriano, lituano: le lingue di un mondo recluso straripante sotto la presenza di 340 detenuti, su una capienza per 168, ma capace di dilatarsi fino a 252 e dove le celle da 4 sono diventate stabilmente da 8 e in quelle da tre stanno 6 perone. I due terzi dei detenuti sono stranieri e al 60 per cento ancora in attesa di processo, come l’ex ragioniere generale della Regione Veneto, Lucio Fadelli, che ieri ha seguito la messa tra un centinaio di detenuti di ogni nazionalità. Fino al grido di aiuto rotto dal pianto di un detenuto tunisino, zoppicante per il diabete: “Ero morto e siete venuto a trovarmi, recita il Vangelo, grazie per questa visita patriarca: per piacere porti i nostri saluti al Santo Padre... chiediamo attenzione da parte del governo, confidiamo in un atto di clemenza e misericordia verso noi detenuti”. “La confessione, con la richiesta di perdono è l’inizio di una vita nuova”, ha detto in apertura dell’incontro il patriarca Moraglia, “chiediamo perdono in questo luogo di sofferenza e disagi: dobbiamo credere di più nel perdono di Dio e nel nostro cuore. Così nasce il Natale”, “bisogna prendersi la responsabilità dei nostri errori: la confessione serve a iniziare il nostro percorso con la verità, ad affermare ho sbagliato devo cambiare, il denaro facile è un’illusione”. “Tutti prepariamo il nostro futuro nel presente”, ha proseguito il patriarca nel suo dialogo con i detenuti, “nasce da quello che si decide di fare oggi la stima in noi stessi, la chiave per un nuovo inizio: dobbiamo dare significato alle cose di tutti i giorni, anche se certi giorni sono difficili e complicati, desiderando di diventare risorsa per l’altro. La libertà non ce la regala nessuno, la costruiamo con gli altri, non lasciando mai solo un compagno: dobbiamo ricostruire le nostre persone iniziando a prenderci cura degli altri”, “aiutandolo a togliere le irritazioni e amarezze, le scelte che possono averlo indurito”. Nessun accenno diretto ai gravi problemi di sovraffollamento del carcere. Il 5 gennaio, la visita al carcere femminile della Giudecca. “Ponendo sempre al centro delle nostre riflessioni l’attenzione per il dolore delle vittime, come diceva il cardinal Martini”, ha sottolineato il cappellano Antonio Biancotto, “il carcere dev’essere però l’ultima spiaggia per chi ha sbagliato: ma siamo ancora molto lontani”. Ricevuta la donazione dell’8 per mille dalle mani del patriarca, don Biancotto ha scherzato: “Bene, ora potremmo togliere i cartelloni dal mio studio. Qui i soldi finiscono a giugno e servono per dare abiti e scarpe ai detenuti e piccoli contributi, per permettere loro di telefonare a casa”. Messico: sparatoria in carcere; 17 morti tra cui 6 guardie, i detenuti tentavano di evadere Adnkronos, 19 dicembre 2012 È di 17 morti, di cui 6 guardie, il bilancio di un tentativo di evasione da un carcere nel Nord del Messico. L’incidente è avvenuto due giorni dopo avere trasferito alcuni detenuti in prigioni federali. Lo ha reso noto la segreteria della Pubblica Sicurezza dello stato di Durango. Secondo le autorità, i carcerati di Gomez Palacio, a circa 990 chilometri al Nord di Città del Messico, hanno aperto il fuoco sulle guardie, con l’obiettivo di scappare attraverso alcuni tunnel. Per fermare la rivolta di ieri pomeriggio, le guardie hanno dovuto “sparare in aria per cercare di fare tornare la calma” ma non è stato sufficiente a calmare la situazione e dopo “c’è stata una sparatoria”, si legge in un comunicato ufficiale. Nel carcere la situazione è tornata sotto controllo e si sta indagando su quanto avvenuto. Egitto: ministero difesa valuta trasferimento Mubarak in ospedale militare Adnkronos, 19 dicembre 2012 L’ex presidente egiziano Hosni Mubarak potrebbe essere trasferito presto dall’ospedale della prigione di Tora in cui è detenuto a un ospedale militare a causa del peggioramento delle sue condizioni salute. È quanto si legge sul sito web del giornale al-Masry al-Youm. L’autorizzazione al trasferimento dell’ex rais è stata richiesta al ministero della Difesa dalle autorità carcerarie. Mubarak, 84 anni, era già stato ricoverato nell’ospedale militare Maadi prima di entrare all’inizio dello scorso giugno nel carcere di Tora. Tre giorni fa l’ex presidente è caduto nel bagno dell’ospedale all’interno del penitenziario di Tora e si è fatto male alla testa. L’ex rais è stato condannato lo scorso giugno all’ergastolo per la sanguinosa repressione della rivoluzione che ha determinato la sua uscita di scena l’11 febbraio del 2011. Arabia Saudita: giustiziato sudanese colpevole di omicidio Aki, 19 dicembre 2012 Un cittadino sudanese riconosciuto colpevole di omicidio è stato giustiziato, tramite decapitazione, a Mecca, nell’ovest dell’Arabia Saudita. Lo ha riferito una nota del ministero dell’Interno di Riad, citata dall’agenzia d’informazione Spa. Othman Mohammed, questo il nome del detenuto giustiziato, era stato condannato a morte per l’omicidio di un connazionale, Salah Ahmed, a seguito di una lite. Salgono così a 76 le sentenze capitali eseguite in Arabia Saudita dall’inizio dell’anno, mentre nel 2011 erano state 79. Omicidio, stupro, apostasia e traffico di droga sono tra i reati punibili con la pena di morte nella monarchia del Golfo.