Ascoltare Marco Pannella… se qualcuno conoscesse davvero la disperazione delle galere Ristretti Orizzonti, 17 dicembre 2012 Non servono gli appelli a Marco Pannella a cessare lo sciopero della fame e della sete. Anche noi di Ristretti Orizzonti ci associamo a quanto ha detto oggi Emma Bonino: “Gli appelli non servono a nulla. E non è di questo che lui vuole che noi parliamo. La sete di Marco è sete di giustizia e sete di legalità”. Bisogna ascoltare Marco Pannella: se qualcuno conoscesse davvero la disperazione delle galere e avesse il coraggio di ascoltare chi da anni si batte per riportare a condizioni di legalità il sistema penitenziario italiano, forse finalmente non si parlerebbe sempre di “emergenza carceri”, ma si affronterebbero i temi della giustizia e dell’esecuzione della pena come temi forti, importanti, strategici per tutto il Paese. Bisogna ripartire dalla Costituzione, per ripensare le pene e limitare l’uso del carcere alle persone che rappresentano un pericolo reale per la società. Bisogna ripartire da una corretta informazione rispetto ai temi della giustizia e della pena. Finché il “bisogno di sicurezza” della popolazione viene alimentato per conquistare voti, finché la realtà del sistema penale viene nascosta o peggio falsificata, l’opinione pubblica continuerà a chiedere di lasciare i detenuti a marcire nelle celle. Bisogna ripartire da dati certi sull’indulto del 2006, che non ha affatto prodotto i risultati disastrosi di cui hanno parlato i media, anzi, in 6 anni è tornato in carcere poco più del 30% dei detenuti indultati, mentre la percentuale di recidivi tra chi esce a fine pena, senza nessun beneficio, è del 70%. Quindi, invece di dire “chiudeteli in cella e buttate la chiave”, se si vuole davvero vivere in una società più sicura, bisogna tirare fuori le persone e costruire per loro delle opportunità di reinserimento vere. Bisogna ripartire da un’amnistia, primo passo, urgente e necessario, per riportare le carceri nel rispetto della Costituzione, un passo “impopolare” perché la maggior parte delle forze politiche ha voluto e vuole che lo sia, orientando in tal senso l’opinione pubblica attraverso un’informazione spesso parziale e distorta. Non solo i detenuti e gli operatori penitenziari, ma l’intera popolazione ha bisogno di una nuova stagione, di legalità, chiarezza, diritti certi: Marco Pannella va ascoltato perché le carceri le conosce, i problemi della Giustizia li ha al centro della sua azione politica da sempre, e non ha paura di fare scelte poco popolari, ma utili a creare una società più sicura con una giustizia più mite e più giusta. Ristretti Orizzonti Dalle vite “sbagliate” si può imparare a “pensarci prima” Il Mattino di Padova, 17 dicembre 2012 Ai ragazzi delle scuole che anche quest’anno incontriamo ogni settimana nella nostra redazione, spesso non abbiamo risposte semplici da dare, perché le vite delle persone che sono finite in carcere sono complicate, sono “sbagliate”, ma almeno possiamo dargli degli spunti per riflettere. Le testimonianze che seguono sono esattamente questo, pezzi di vite messi a disposizione degli studenti, con l’idea che la cosa più importante che possiamo fare è quella di narrare le nostre esperienze, perché possano servire per un “allenamento a pensarci prima”. Certe brutte abitudini possono rubarci il futuro Sono tunisino, vivo in Italia da venti anni, sono nato e cresciuto in un quartiere povero, dove da piccolo impari a sopravvivere, c’era tanta delinquenza, e anch’io non ero da meno, alla scuola media prendevo il pizzo dagli altri ragazzini, avevano paura di noi, di me e dei miei amici, perché giravamo sempre con i coltellini in tasca. Da noi infatti abbiamo una brutta abitudine, è quella di portare un coltellino o delle lamette, e se qualcuno cerca di farti del male lo tiri fuori, o per fargli paura o per fargli un danno accoltellandolo o sfregiandolo in faccia, e quando succede la prima volta ti senti potente, invincibile, cominciano a rispettarti ed avere timore di te, crescendo poi continui a portare con te queste brutte abitudini, perché ti senti forte e considerato da tutti, grandi e piccoli, ti sembra una cosa bella ma non è cosi. Per me questa brutta abitudine è stata la mia rovina. Da piccolo vedevo tanti miei paesani che venivano in Italia a cercare di fare fortuna in poco tempo, in realtà c’è chi la fa e chi no, ma io vedevo soltanto quelli che tornavano con le belle macchine, i bei vestiti, oro e belle donne, cosi anche io ho pensato di venire in Italia a spacciare droga, perché mi reputavo più intelligente e più coraggioso di loro. E dal momento che credevo di avere già il rispetto degli altri, che è una cosa importante per fare soldi senza che qualcun altro cerchi di ostacolarti, alla fine sono riuscito a venire in Italia clandestinamente e ho cominciato subito a spacciare eroina, e a guadagnare tanto. Il coltello non mi mancava mai, perché se ce l’avevo mi sentivo sempre protetto e imbattibile, ma questa abitudine non porta a niente di buono. Dopo un pò di tempo nel mio nuovo “mestiere” il territorio dove spacciavo ha cominciato a fare gola ad altri spacciatori che volevano impadronirsene, è cominciata un guerra tra bande, la nostra contro un’altra, che è finita con l’uccisione di uno di loro, e l’arresto di tutti noi. Raccontando questa mia storia, spero di fare arrivare il messaggio che i soldi guadagnati così ti possono solo rovinare la vita, e ai ragazzi che hanno il vizio di portare un coltellino in tasca, e si sentono forti e sicuri, dico che prima o poi succede di fare del male a qualcuno, e ti trovi nei guai. È decisamente meglio evitare di avere questi comportamenti pericolosi, perché portano soltanto a fare del male a te stesso e alle persone che ti stanno intorno. Ci guadagni solo la galera, e perdi tutto. Sofiane M. Chiediamo di non essere trattati come “merce avariata” Oramai è qualche anno che sono detenuto, e di primo impatto “griderei” che tutti gli anni che ho da fare siano non ingiusti, ma di sicuro esagerati. Certo sono in carcere perché ho commesso un reato in un periodo molto buio della mia vita, e il male, adesso che ho avuto modo di riflettere molto sulla mia situazione, l’ho fatto non solo a me stesso, ma anche alla mia famiglia e a chi ho coinvolto nel reato. Ho incominciato ad usare la droga come per dare una fine alle mie sofferenze, e certo ora capisco che avrei dovuto chiedere aiuto, ma non sapevo a chi. Ero da poco rimasto solo per la perdita della persona che amavo, e davanti a me vedevo unicamente tanto buio, ero diventato una persona che in qualche modo doveva farsi solo del male. Forse in quel momento ricordando i miei molti amici tutti morti per droga, nella mia mente è scattato qualcosa che mi diceva che quella era l’unica strada per annientare me stesso, definitivamente. La mia vita allora è cambiata radicalmente, e da brava persona e gran lavoratore, in un attimo sono diventato un senza dimora, senza più nessun ideale, con nessuna ragione di vita, per di più ero diventato anche uno dei peggiori drogati. Uno come me, che ha lavorato tutta la vita, in un breve tempo si trova a dover andare a chiedere l’elemosina, a pregare per avere un piatto di pasta, a dormire dove gli capitava, avendo come amici tutti i disadattati di questo mondo, e a vedersi sbarrare anche le porte dai propri figli. Forse solo ora stanno incominciando a capire chi era diventato il loro padre, e a non rifiutarmi più, ma purtroppo non si può fermare il tempo e dare un colpo di spugna per cancellare tutta quella sofferenza. Noi cosa chiediamo perché il carcere non sia del tutto inutile? Solo di essere trattati più umanamente possibile, e non come merce avariata, e di avere la possibilità di dare un senso alla detenzione, sentendoci persone responsabili, attive, per poi essere pronti ad affrontare quel sogno che si chiama libertà. Perché quando dovremo ritornare liberi, avremo mille difficoltà, saremo all’oscuro di tutto, con la paura di agire e sbagliare, come un bambino che deve iniziare a camminare, ma a differenza di un bambino noi corriamo anche il rischio di non essere più accettati nella società. Ecco perché forse un progetto come questo con le scuole è quello che più ci aiuta a imparare a confrontarci con il modo esterno, a far capire la nostra umanità, la nostra voglia di cambiare. Alain C. In carcere spesso un ragazzo giovane rischia di diventare peggiore Quando gli studenti ci hanno chiesto come abbiamo vissuto il primo impatto con il carcere, ho risposto che mi ricordo bene il mio primo arresto, era il 1987, avevo una pistola, trovata diverso tempo prima sull’argine del fiume, vicino a casa, dove sono nato. Sono stato portato in carcere, mi hanno fatto fare un mese di isolamento, poi mi hanno messo in sezione assieme ad altri detenuti, e la maggior parte di loro aveva già fatto diversi anni di carcere, per diversi arresti. Il carcere per tanti di questi detenuti era causato dall’aver deciso di vivere in una certa maniera, facendo il ladro o il rapinatore di banche. Quando è arrivato il giorno che mi hanno scarcerato, in tasca avevo tutti gli indirizzi di queste persone, che del crimine avevano fatto una scelta di vita. Anche a causa di quelle conoscenze dopo diversi anni, nel 1994, sono stato riarrestato e da allora sono ancora detenuto. Quasi sicuramente se al mio primo arresto mi avessero dato una punizione diversa dalla detenzione, come ad esempio svolgere dei lavori socialmente utili, non sarei qui a raccontare questa mia esperienza da detenuto. E sicuramente non avrei conosciuto quelle persone, che mi hanno insegnato a commettere reati per i quali sto scontando l’ergastolo. In Italia avere una condanna all’ergastolo vuol dire davvero fine pena mai, non c’è limite, sei un morto vivente dentro al carcere, non avrai mai la possibilità di farti una famiglia, di avere una donna accanto, di avere dei figli, niente di tutto questo, rimani solamente un numero, perché non c’è una data di scadenza nel tuo fine pena, anche se tu sei davvero cambiato. Angelo M. Giustizia: Marco Pannella in sciopero della fame non si ferma, allo stremo rischia di morire La Repubblica, 17 dicembre 2012 Il leader dei radicali, al settimo giorno di digiuno totale per ottenere l’amnistia e il diritto di voto dei detenuti, ha lasciato la clinica contro il parere medico. “Condizioni gravi”, dicono i dottori. Aumentano i messaggi di solidarietà, da Saviano a Vasco e da Severino a Schifani: “Fermati, ti ascolteremo”. È al settimo giorno di sciopero totale di fame e sete ma non è intenzionato a smettere. Marco Pannella, 82 anni e trenta chili in meno, continua la sua protesta per ottenere l’amnistia e il diritto di voto dei detenuti ma le sue condizioni di salute si aggravano. Le foto mostrano un uomo ridotto a uno scheletro e le sue analisi non sono buone. Il contrario: “Nelle urine sono presenti elementi di sofferenza renale grave come cilindri, proteine e corpi chetonici”, si legge nel bollettino medico sulle condizioni del leader radicale del collegio medico a nome del professor Claudio Santini. “L’onorevole Pannella non ha accettato di sottoporsi alle terapie proposte. Anzi, nonostante il parere tassativamente contrario dei medici curanti, alle 17 ha deciso di lasciare la clinica”, ha spiegato il medico della clinica romana Nostra Signora della Mercede dove è stato ricoverato il leader radicale. Dovrebbe bere. O iniziare almeno “una terapia reidratante per via endovenosa”, ha spiegato Santini. Ma Pannella continua a rifiutare ogni terapia. E ha lasciato la clinica contro il parere dei medici. “Tale decisione aumenta i rischi e riduce ulteriormente i margini per un intervento medico utile, oltre a esporre anche il collegio medico a problematiche giuridiche e deontologiche assolutamente rilevanti”, ha spiegato il primario. La preoccupazione è di tutti. ll ministro della Giustizia, Paola Severino, non ha potuto incontrarlo in clinica perché Pannella era troppo debole e ha quindi lasciato all’esponente radicale Rita Bernardini una lettera personale. La Bernardini ha poi divulgato all’agenzia Asca il contenuto della lettera, definendola “allucinante”: “Severino dice a Pannella che farà di tutto per far approvare il ddl sulle misure alternative al carcere - ha spiegato l’esponente radicale - ma credo che al ministero della Giustizia servirebbe qualcuno che sappia far di conto”. Il provvedimento, infatti, ha concluso, “riguarda lo 0,3% dei detenuti, 254 persone. Ma di che stiamo parlando? Io la lettera a Pannella gliel’ho letta e mi sono sentita umiliata”. Gianfranco Fini, su Twitter, pur manifestando “comprensione e apprezzamento per la sua battaglia”, lo invita a “sospendere lo sciopero della sete”, così come Angelo Bonelli dei Verdi che ne sostiene le ragioni, e i compagni di partito, ormai preoccupati. Emma Bonino appoggia completamente l’ultima battaglia del collega di una vita anche se il prezzo da pagare potrebbe essere altissimo. L’obiettivo della protesta, ha spiegato lo stesso Pannella nella conversazione settimanale con Massimo Bordin su Radio Radicale, in videoconferenza dalla clinica dove era ricoverato, “è sempre lo stesso: ottenere che lo stato italiano interrompa la flagranza tecnicamente criminale in termini di diritto internazionale e della ‘ex’ costituzione italiana. Mentre continuano ad arrivare conferme dalla giurisdizione europea, abbiamo fornito lo strumento perché questo possa accadere formalmente in dieci giorni. Come episodio enorme, storico, dopo 30 anni di tradimento ed illegalità”. Molte le manifestazioni di solidarietà. Dopo Roberto Saviano, che su Twitter ha scritto: “Rispetto lo sciopero della fame e della sete di Pannella per la legalità nelle carceri #iostoconmarco”, il presidente del Senato Renato Schifani lo ha invitato a terminare la protesta: “Sospendi lo sciopero, ti ascolteremo. La tua battaglia non cadrà nel vuoto”. E il leader di Sel, Nichi Vendola, ha lanciato un appello all’Italia democratica, affinché vengano date al capo dei radicali “risposte adeguate”. Perfino Vasco ha voluto lasciare un messaggio: “Esprimo la mia solidarietà e vicinanza a Marco Panella che, al suo settimo giorno di digiuno totale della fame e della sete, rischia la sua vita per difendere un diritto civile (carceri troppo affollate e condizioni di vita non più umane)!”, ha scritto il rocker sul suo profilo Facebook. “Vorrei rivolgere con affetto un appello a Marco affinché lo sospenda perché le sue condizioni di salute sono davvero critiche”, ha scritto il cantautore, tornato a scrivere sul social network dopo un lungo silenzio. Dal 1968 a oggi, 44 anni di iniziative non violente di Pannella Scioperi della fame e della sete, disobbedienze civili, sit-in, satyagraha. Dal 1968 a oggi, in 44 anni di iniziative non violente Marco Pannella ha portato in Italia la lotta politica del Mahatma Gandhi e di Martin Luther King. Il leader radicale, oggi al settimo giorno di sciopero della fame e della sete per la legalità nelle carceri, è stato protagonista di molte battaglie: dalla legalità al divorzio, dall’amnistia ai diritti civili. Il primo sciopero della fame di Pannella è datato agosto del 1968. Chiede ai gruppi della nuova sinistra e al Pci di aderire alla mobilitazione per lo sgombero delle truppe sovietiche che hanno invaso la Cecoslovacchia. Due mesi più tardi sarà arrestato assieme ad altri compagni radicali a Sofia per aver organizzato manifestazioni nell’ambito dell’iniziativa promossa dalla “War Resister’s International” in diverse capitali dell’Europa orientale per protestare contro l’occupazione della Cecoslovacchia da parte dell’esercito del Patto di Varsavia. Dal 1 ottobre all’8 novembre 1972, Pannella e altri militanti nonviolenti e radicali iniziano un nuovo digiuno. Il titolo della protesta è: ‘Natale a casa per Valpreda e gli obiettori”. Chiedono al Parlamento che si impegni per “dibattiti e voti sull’obiezione di coscienza” e per “la riforma di una norma del codice di procedura penale” che consenta “l’immediata scarcerazione di Pietro Valpreda” e di altri imputati. Pannella verrà ricevuto da Sandro Pertini, presidente della Camera. Si arriva alla calendarizzazione e alla legge sull’obiezione di coscienza. Nel 1974 un altro, lunghissimo, sciopero dalla fame. Dura 94 giorni. La richiesta principale di Pannella è dare spazio in tv ai temi delle campagne per divorzio, aborto, riforma del diritto di famiglia, voto ai diciottenni. Scende in campo Pier Paolo Pasolini. In un articolo sul Corriere, dal titolo “Apriamo un dibattito sul caso Pannella”, scrive: “L’esistenza di Pannella e del Partito radicale coincidono con un pensiero e una volontà di azione di portata storica e decisiva. In questo consiste il loro essere scandalo. Coincidono con la presa di coscienza di una nuova realtà del nostro paese e di una nuova qualità di vita delle masse, che è finora sfuggita sia al potere che all’opposizione”. Segue un articolo-intervista sempre di Pasolini che inizia: “Parla, e dì quello che più ti interessa dire questa sera”. Pannella spiega: “Il nuovo fascismo sembra aver scoperto che il punto più qualificante della vita dell’individuo è il sistema nervoso centrale. La sua tortura non è fatta più di olio di ricino e manganellate, ma di censura e disinformazione”. Sull’Espresso, del 28 luglio 1974, anche Moravia e Sciascia intervengono sul caso Pannella. Il leader radicale ottiene degli spazi, per la prima volta si parla di questi temi. Viene approvata la legge per abbassare a 18 anni l’età del voto e soprattutto la riforma del diritto di famiglia, che introduce la parità giuridica tra i sessi. L’anno dopo, è il 1975, inizia uno sciopero della fame che induce un elenco illustre di personalità, tra cui Saragat Nenni e Sartre , ad aderire all’appello pubblicato a pagamento sulle pagine de “La Repubblica” che, provocando alcune tribune politiche “di riparazione” prima del voto, permette agli italiani di giudicare per la prima volta le ragioni e battaglie. Grazie a questa protesta vengono eletti i primi radicali e per la prima volta anche Democrazia Proletaria che godette di quegli spazi di riparazione. Le cronache politiche registrano un nuovo digiuno di Pannella nel settembre 1977: è la stagione dell’obiezione di coscienza in Spagna e attuazione della convenzione europea dei diritti dell’uomo. Nel giugno 1982 lungo sciopero della fame per la calendarizzazione della legge “contro lo sterminio per fame”. Lo Stato finanzia per la prima volta il fondo per lo sviluppo e la cooperazione. Passano due anni. E un nuovo, lungo, sciopero della fame si registra nel 1984 per la calendarizzazione della proposta d’iniziativa popolare per l’aumento dei minimi di pensione e la riforma del sistema pensionistico. Nel settembre 1995 sciopero della sete contro l’oscuramento da parte dei media dei 20 referendum radicali, su legalizzazione droghe, legge elettorale, liberalizzazioni. Negli anni 2000 gli scioperi di Pannella corrono sotto lo slogan “dove c’è strage di legalità c’è strage di popoli”. In difesa del rispetto della Costituzione, il leader radicale nel 2002 inizia uno sciopero della fame e della sete per sbloccare la situazione parlamentare che non permetteva di raggiungere il plenum della Corte costituzionale, poiché da diversi mesi mancavano alcuni giudici. L’iniziativa termina con la chiamata in diretta di Carlo Azeglio Ciampi a “Buona Domenica” di Costanzo. I giudici verranno nominati. Stesso principio, in difesa dei poteri costituzionali, Pannella lo muove nel 2004 contro l’interpretazione del ministero della Giustizia e degli uffici giuridici del Quirinale che non attribuivano i poteri di grazia al Presidente della Repubblica. Pochi giorni prima della morte di Giovanni Paolo II, nell’aprile 2005 Pannella comincia uno sciopero della sete per chiedere al Parlamento di ‘regalarè al Papa un provvedimento di amnistia. Nel 2007 comincia un altro lungo sciopero della fame e poi della sete per chiedere al governo di superare i veti interni e presentare in sede Onu la moratoria della pena di morte. La risoluzione presentata ottiene la maggioranza. Ultima importante iniziativa non violenta, in ordine di tempo, è per le elezioni del 2009. A farlo scattare sono alcuni sondaggi che mostrano come solo il 3% degli italiani conosca la candidatura delle liste radicali e delle formazioni politiche minori per le elezioni al Parlamento europeo. Interviene il Quirinale. I radicali conquistano due spazi televisivi. La lista che fino a qualche giorno prima veniva data sotto 1% arriva al 2,4%. Ma non ottiene seggi. Infine la lunga battaglia per i diritti dei detenuti, contro l’emergenza sovraffollamento nelle carceri italiane e per l’amnistia. Battaglia che ha portato, in questi giorni, il leader radicale all’ennesimo sciopero della fame e della sete. Giustizia: Napolitano; con quale senso di umanità e civiltà non si fa riforma delle carceri? Asca, 17 dicembre 2012 “Con quale senso di responsabilità, di umanità e di civiltà costituzionale ci si può sottrarre a un serio, minimo sforzo per alleggerire la vergognosa realtà carceraria che marchia l’Italia?”. Se lo chiede il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, durante la cerimonia per lo scambio degli auguri con le alte cariche dello Stato. Severino: importanti parole Napolitano, Camere ascoltino “Non posso che sottolineare l’importanza di questo messaggio”. Il ministro della Giustizia, Paola Severino, commenta così l’appello del Capo dello Stato Giorgio Napolitano affinché le Camere approvino prima della chiusura della legislatura il ddl sulle pene alternative al carcere. Severino ha ricordato che “il primo appello” al governo del Presidente della repubblica fu proprio per la soluzione del sovraffollamento carcerario: “Mi sembra la chiusura di un cerchio, con una logica ferrea e rigorosa”. Dunque “sarebbe un bel segnale che la legislatura si concludesse con l’approvazione” del provvedimento sulle pene alternative. Finocchiaro (Pd): sforzo ulteriore per sì a ddl su pene alternative "Condivido le parole del Capo dello Stato e del ministro Severino. E' necessario affrontare con urgenza il tema della drammatica situazione carceraria. Per questo mi sento di rivolgere un appello alle altre forze politiche: occorre fare un ulteriore sforzo e approvare entro questa legislatura il disegno di legge sulle misure alternative al carcere, che e' all'attenzione del Senato. Si tratta di una questione di civiltà e di un segnale concreto, utile almeno ad alleggerire l'intollerabile condizione nei penitenziari italiani". Lo dice Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato. "Credo - continua Anna Finocchiaro - che a Palazzo Madama si possa tentare, subito dopo la legge di stabilità, di far rientrare il provvedimento sulle pene alternative licenziato dalla Camera nel pacchetto di quelli da approvare prima dello scioglimento delle Camere". Ugl: bene Napolitano, sue parole non restino inascoltate “Rivolgiamo un convinto plauso alle parole del presidente Napolitano che ancora una volta raccoglie il grido di allarme, più volte lanciato anche dall’Ugl, sulla necessità di una definitiva approvazione del ddl sulle misure alternative alla detenzione”. Così il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, commenta l’appello rivolto dal presidente della Repubblica affinché le Camere approvino prima della chiusura della legislatura il ddl sulle pene alternative al carcere, spiegando che “le sue parole non possono restare inascoltate, perché se le condizioni dei detenuti non corrispondono ai canoni della dignità umana di una Repubblica come quella italiana, il carico di lavoro che grava sulle spalle della Polizia Penitenziaria è fonte di preoccupazione per la sicurezza e l’ordine degli istituti”. “Già nei giorni scorsi- continua il sindacalista- ci eravamo uniti all’appello fatto dal ministro Severino al presidente del Senato Schifani di calendarizzare la discussione del ddl in questione, ma il timore è che non vi sia la volontà di adottare un provvedimento che di fatto è l’unico che può, almeno a breve, alleviare le criticità del sistema penitenziario”. “Al crepuscolo di questa legislatura - conclude Moretti - un segnale di attenzione della classe politica rappresentata in Parlamento deve necessariamente portare ad una soluzione”. Giustizia: i Radicali denunciano la Rai all’Agcom per inottemperanza su tema delle carceri Notizie Radicali, 17 dicembre 2012 Radicali denunciano la Rai all’Agcom per inottemperanza all’ordine di organizzare spazi di approfondimento in fasce di alto ascolto sul tema giustizia e carcere. Questa mattina parlamentari e dirigenti Radicali hanno presentato all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni una denuncia nei confronti della Rai per l’inottemperanza alla delibera n. 354/12/Cons con la quale l’Agcom aveva ordinato alla Concessionaria “di assicurare la trattazione delle iniziative intraprese dai Radicali e dal loro leader Marco Pannella sul sovraffollamento delle carceri in programmi di approfondimento che, per congrua durata e orario di programmazione, risultano maggiormente idonei a concorrere adeguatamente alla formazione di un’opinione pubblica consapevole su temi di attualità di rilevante interesse economico e sociale, entro il termine di quattro mesi a decorrere dal mese di settembre 2012”. Alla base della denuncia il fatto che da settembre ad oggi la Rai non ha mai organizzato confronti e dibattiti nella fascia di prima serata nei programmi di approfondimento di maggiore ascolto, come Ballarò o Che tempo che fa, mentre i palinsesti sono stati modificati per creare spazi straordinari per altre vicende politiche, come ad esempio le primarie. Nel complesso dei programmi Rai (esclusi i telegiornali) andati in onda da settembre 2012 ad oggi, le trasmissioni che hanno affrontato il tema delle carceri hanno raggiunto tutte insieme i 7 milioni di ascolti su di un totale di 1823 milioni di ascolti. Solo in quattro trasmissioni sono stati presenti esponenti Radicali (Uno Mattina, Porta a Porta, Tg Parlamento, Speciale Tg1) e solo una volta Marco Pannella in occasione di una puntata di Porta a Porta andata in onda 10 giorni dopo la sua registrazione. I Radicali chiedono all’Agcom un intervento urgente al fine di ordinare alla Rai una specifica riparazione che assicuri ai cittadini l’approfondimento sino ad oggi negato e la contestuale irrogazione della sanzione pecuniaria nella misura massima prevista dalla legge. Giustizia: quando fu il pm a contestare la costituzionalità della pena dell’ergastolo… L’Arena di Verona, 17 dicembre 2012 Nel 1972, in un processo, per la prima volta venne chiesto il parere della Consulta. Il giudice Cipriani: “Inutili le punizioni estreme: non prevengono i reati e non reinseriscono i detenuti”. “La Corte d’Assise sospende il processo ai tre giovani accusati dell’assassinio del sordomuto di San Giovanni”. L’Arena di Verona di giovedì 16 marzo 1972 titola così l’accoglimento della richiesta del pubblico ministero di allora, Nicola Cipriani, con cui viene sollevata l’eccezione di incostituzionalità della pena dell’ergastolo. È la prima volta che in Italia la “questione ergastolo” viene sottoposta alla Consulta. Quello di Renzo Pavini, 31 anni, sordomuto e con una menomazione alle gambe, era stato un omicidio odioso consumato nel Veronese la sera del 17 agosto 1970. “Quell’uomo fu ucciso per 43 mila lire. Omicidio premeditato, soppressione di cadavere, futili motivi: questi i capi di imputazione per i tre giovani assassini, che la vittima conosceva”, ricorda il dottor Cipriani, che è stato anche presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione. “Mentre preparo la requisitoria, mi accorgo che sto rischiando di chiedere l’ergastolo; e che se non lo chiedo io può comminarlo la Corte d’Assise. Di qui la mia richiesta. Per la prima volta una Corte accoglie e manda tutto alla Consulta”. La risposta della Consulta Il processo si interrompe e la Corte Costituzionale se la prende comoda. Passano quattro anni, e Cipriani rischia di vedersi scarcerare gli assassini del giovane sordomuto, per scadenza della custodia preventiva. Cipriani chiama i supremi magistrati e sollecita una risposta. Nel frattempo era stata però introdotta la liberazione condizionale per gli ergastolani; e così la Consulta se la cava, affermando che l’ergastolo non è una “pena eterna” perché c’è la libertà condizionale. “Il problema è che la libertà condizionale, come i benefici carcerari, non è obbligatoria. Continua così il ‘fine pena maì. E il reinserimento nella collettività è escluso”, sottolinea il dottor Cipriani, che è un apprezzato scrittore e musicologo. “Le pene estreme e senza soluzione non sono mai servite a sconsigliare la gente dal commettere i delitti. Chi commette un omicidio, se lo fa d’impeto non pensa certo alla pena; se è premeditato lo fa costruendo il modo di salvarsi. A che serve allora l’ergastolo? A nulla”. “Dove c’è la pena di morte o l’ergastolo, là c’è un più alto indice di reati”, fa notare il magistrato. “La condanna non può essere contraria al reinserimento in società. La legge, a dire il vero, punta al recupero del condannato: ma l’attuale regime carcerario è tutto tranne che per il recupero. È quasi una tortura, basti pensare che il 46% dei detenuti è in attesa di giudizio”. Cosa cambierebbe con l’abolizione dell’ergastolo? “Ferma restando la libertà condizionale, la pena massima potrebbe essere alzata a 35 anni”, risponde Cipriani. “Ma il cambiamento vero, a beneficio della sicurezza sociale e di tutti noi, va realizzato cambiando il modo in cui si sconta la pena, non inasprendola: carceri con condizioni di vita umane; e lavoro per i detenuti, in modo che si rendano utili alla società, ciascuno secondo le proprie capacità”. Lettere: carceri, amnistia e diritto di voto di Alessandro Gallucci www.aduc.it, 17 dicembre 2012 Scrivo a sostegno della battaglia nonviolenta per l’amnistia ed il diritto di voto ai detenuti che Marco Pannella sta portando avanti da anni e più che mai in questi giorni con incredibile determinazione; la stessa che Lei ha dimostrato di avere nell’ultimo anno su tante questioni e che, su questa, mi è parsa inferiore. Lei è il Garante della Costituzione, quella che alcuni definiscono la più bella del mondo. Faccia ciò che è in Suo potere per portare all’attenzione dell’opinione pubblica e soprattutto del Parlamento, un problema reale che mortifica lo spirito dell’articolo 27 della Costituzione. Il detenuto non è un lercio e puzzolente essere da chiudere nel più polveroso degli scantinati ma un cittadino che ha sbagliato ed a cui bisogna, per legge e non per carità, offrire la possibilità di non farlo più. La punizione senza rieducazione è vendetta; la punizione accompagnata dalla possibilità di riabilitarsi è una possibilità. Per non parlare, poi, delle condizioni di lavoro della Polizia penitenziaria e dei medici ma mi fermo qui; Lei conosce i dati e le tragedie che si consumano quotidianamente nelle carceri. Serve una riforma della giustizia che passi prima di tutto dallo svuotamento dei penitenziari. Lei può fare più di quello che fino ad oggi ha fatto per “la prepotenza urgenza”. Ci aiuti a tutti, e quindi si aiuti, a vivere in un Paese più civile. Spero vorrà accogliere questa richiesta che in tanti Le stiamo rivolgendo. Napoli: da stamattina lo striscione “Fate presto” è collocato sui balconi del Municipio www.ilcarcerepossibileonlus.it, 17 dicembre 2012 L’Amministrazione comunale, su proposta di Sergio d’Angelo, Assessore alle Politiche Sociali, fa propria l’iniziativa de “Il carcere possibile” ed espone lo striscione con l’indicazione del numero dei morti negli ultimi tre anni e l’invito ad agire con urgenza. Esposto dal 15 marzo 2012, nel Palazzo di Giustizia di Napoli nella sede della Camera Penale, lo striscione è stato, successivamente oggetto di manifestazioni, a cura delle locali Camere Penali e delle delegazioni de “Il Carcere Possibile Onlus” a Palermo, Bari, L’Aquila, Catanzaro, S. Maria Capua Vetere e Nola. L’adesione all’iniziativa di un’Amministrazione Comunale rappresenta un importante gesto politico con cui si vuole sottolineare come i detenuti siano anch’essi cittadini e come il Comune si preoccupi dello stato in cui sono costretti a vivere. Ci auguriamo che la strada tracciata dal Comune di Napoli sia seguita da altre Amministrazioni che prendano posizione dinanzi ad una situazione d’illegalità subita dai loro cittadini. Intanto ad ieri, 16 dicembre, i morti nelle carceri italiane erano 153, tra questi 60 suicidi. Resta tutt’ora inascoltato l’appello del Capo dello Stato ad agire con “prepotente urgenza”, mentre lo “stato di emergenza” proclamato nel 2010 dal Consiglio dei Ministri non preoccupa la maggior parte dei nostri politici, indifferenti dinanzi a questa strage di Stato. Gorizia: istituito il Garante dei diritti dei detenuti Il Piccolo, 17 dicembre 2012 Oggi nella seduta del Consiglio provinciale al punto 6 è prevista l’istituzione della figura del Garante provinciale dei diritti delle persone limitate nella libertà personale e approvazione del relativo regolamento. “Un ulteriore passo - spiega il consigliere provinciale Stefano Cosma, di un percorso iniziato alcuni mesi fa con l’ordine del giorno presentato da me il 15 ottobre e votato all’unanimità dei consiglieri presenti. Ora, dopo un lavoro fatto in sinergia con gli uffici e con l’assessore Bianca Della Pietra, abbiamo portato il regolamento all’esame delle commissioni III e V, riunitesi congiuntamente lo scorso 11 dicembre, ove i componenti hanno esaminato il testo, apportando modifiche”. Oggi, dopo l’approvazione del regolamento si avvierà una nuova fase che prevedrà la pubblicazione di un bando per cercare candidati alla carica di Garante provinciale dei diritti delle persone limitate nella libertà personale e quindi, presumibilmente a gennaio o febbraio 2013, voteremo in aula eleggendolo. Così anche l’Isontino avrà questa importante figura. Terni: l’appello degli agenti penitenziari; troppo pochi per aprire il nuovo padiglione www.umbria24.it, 17 dicembre 2012 Il presidente del consiglio regionale Eros Brega e i consiglieri Sandra Monacelli, Raffaele Nevi, Alfredo De Sio e Orfeo Goracci hanno incontrato i lavoratori e le rappresentanze sindacali del carcere di Terni per confrontarsi sulle problematiche di una struttura che ospita già circa 350 detenuti e ne prevede altri 200 nel padiglione di nuova costruzione, ancora chiuso e per il quale serviranno rinforzi. Il consiglio regionale ha già previsto sopralluoghi anche nelle carceri di Spoleto e Perugia. Più agenti Ai rappresentanti di palazzo Cesaroni, le guardie carcerarie e il comandante Fabio Gallo hanno esternato l’esigenza di incrementare il numero degli agenti, attualmente 180 ma suddivisi in tre turni quotidiani. A fronte di un fabbisogno di 88 nuove unità, l’amministrazione penitenziaria ha di recente inviato 34 agenti, 17 dei quali hanno però optato per il distaccamento in altre sedi. Guardiani elettronici “I numeri non sono sufficienti per sorvegliare tutto il padiglione nuovo di quattro piani - ha spiegato il comandante Gallo. Abbiamo chiesto all’amministrazione penitenziaria l’apertura limitata al solo primo piano dell’edificio. Anche il tipo di sorveglianza è diverso, in quanto nel nuovo padiglione entrerà in funzione una nuova metodologia, quella della vigilanza dinamica con l’utilizzo di telecamere collegate a un computer. Per aprire le porte delle celle e dei vari reparti si cliccherà il mouse anziché affidare i detenuti a una guardia con le chiavi. Tutto è elettronico. Il posto fisso dell’agente verrà soppresso e a garantire la sicurezza sarà una ronda di agenti, ma non la possiamo garantire per quattro piani”. Piano Umbria “Non abbiamo competenze dirette sull’amministrazione penitenziaria - ha ricordato Eros Brega - ma possiamo portare all’attenzione del ministero una sorta di “Piano Umbria” come si fa per le gravi crisi aziendali. I problemi carcerari non riguardano solo i detenuti e chi ci lavora, ma la collettività intera. Come consiglio regionale ci apprestiamo a nominare la nuova figura del garante dei detenuti, che potrebbe essere uno strumento in più per raccordarci con le problematiche carcerarie”. Visite mediche A questo proposito, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali degli agenti di custodia hanno esposto le difficoltà che si incontrano nelle uscite per portare i detenuti a fare le visite mediche specialistiche nelle strutture sanitarie esterne al carcere: per ogni detenuto, devono uscire due agenti e le uscite sono in media due al giorno. Gli agenti chiedono che la Asl porti dentro al carcere gli specialisti, che potrebbero ben operare proprio nel nuovo padiglione informatizzato dove gli ambulatori sono già disponibili. Tra le richieste, anche quella dell’assistenza psicologica, prima sovradimensionata ma attualmente troppo bassa. Anche la formazione viene ritenuta importante per migliorare le condizioni di vita nel carcere, ed è stato sottolineato che su questo versante potrebbero essere impiegate risorse del fondi sociali europeo. I commenti Orfeo Goracci ha ricordato ai presenti di “aver vissuto il carcere da dentro, e di non avere mai incontrato la figura del ‘secondino cattivò ma, anzi, personale sensibile, umano e con gravi difficoltà operative. Il sistema della vigilanza dinamica - ha aggiunto - non sembra garantire una maggiore sicurezza”. Anche Sandra Monacelli si è detta perplessa sul nuovo sistema: “Alla luce delle esigenze di tenuta economica - ha detto - i lavoratori finiscono per diventare solo dei numeri e non stupisce che il Grande Fratello possa sostituirsi alle persone”. Raffaele Nevi ha ricordato che “la legge ci fa analizzare la situazione carceraria ma non ci consente di intervenire, per questo abbiamo deciso di partire da una ricognizione sulle strutture carcerarie per capire le necessità”. Per Alfredo De Sio “serve l’impegno anche da parte di chi rappresenta il governo a livello territoriale, penso alla prefettura, dato che si tratta di materie di competenza governativa”. Benevento: Incontro Camera penale “bisogna parlare del carcere, può toccare a chiunque” di Enzo Spiezia www.ottopagine.net, 17 dicembre 2012 Peccato per la partecipazione. Troppo esigua rispetto ai numeri ipertrofici dell’Ordine forense, che sfiora ormai la soglia dei 1.500 iscritti. Evidentemente il tema del sovraffollamento delle carceri non “tira”, eppure non dovrebbe essere così. Soprattutto per un avvocato penalista e quanti aspirano a diventarlo. Peggio per gli assenti, perché l’incontro di ieri mattina a Villa dei Papi, organizzato dalla Camera penale di Benevento, di cui è presidente Vincenzo Regardi, fornisce spunti di notevole interesse. Un focus su un tema certamente non d’impatto su un’opinione pubblica culturalmente allenata a pensare al carcere come ad un luogo nel quale l’espiazione sia la più dura possibile. Poca o nessuna attenzione, dunque, per le condizioni in cui vivono i detenuti. Non solo quelli con condanne definitive, ma anche coloro che sono in custodia cautelare. Un errore marchiano di valutazione perché “quella terribile esperienza può capitare a chiunque”. Di qui l’importanza di affrontare l’argomento. Lo fa con un’analisi complessiva che introduce il confronto, l’avvocato Vincenzo Sguera, tesoriere della Camera penale sannita, che definisce “un’oasi felice” la casa circondariale di contrada Capodimonte, che marca una notevole differenza rispetto alle altre strutture campane. Quella di Benevento, visitata lo scorso 22 novembre, ha 452 ospiti - e presenta - spiega l’avvocato Monica Del Grosso, segretario della Camera penale - alcuni aspetti positivi: “una biblioteca piccola ma molto frequentata, un progetto pilota di sorveglianza dinamica che permette ad alcuni detenuti che devono scontare una pena non consistente di circolare liberamente, durante il giorno, nella sezione”. Il rammarico, mutuato dalla direttrice Palma, è legato “all’impossibilità, da quattro anni, di continuare i corsi di sartoria” che offrivano una chance di reinserimento nel mondo lavorativo. Un carcere con detenuti in regime di alta sicurezza. “Quelli per terrorismo, tutti extracomunitari, hanno celle singole, una piccola moschea per pregare, una sala computer”. Le note dolenti arrivano dalla sezione femminile: “Dovrebbe avere 20 detenute - aggiunge Del Grosso - ce ne sono 37, in celle con tre letti a castello ed un piccolo spazio con bagno e cucina”. Una situazione che incide “sulla loro dignità”. Un’implicazione, quest’ultima, fondamentale in un “Paese che è la culla del diritto”, in cui la pena ha una funzione rieducativa. Perché il dettato costituzionale non resti solo un’enunciazione, è perciò indispensabile creare le condizioni di accoglienza per chi finisce di pagare il suo debito con la giustizia. Un versante al quale gli enti locali possono contribuire, aiutando a governare il fenomeno. In che modo? Lo indica l’assessore comunale alle Politiche sociali Luigi Scarinzi, che fa rifermento ad “un protocollo d’intesa siglato di recente tra Anci e Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Permetterà ai Comuni, “senza sborsare un euro perché i costi saranno sopportati” dall’Associazione che li riunisce, di “impiegare i detenuti per lavori di pubblica utilità come la raccolta del vetro o la pulizia delle strade”. Scarinzi annuncia che a Benevento è in programma la prossima settimana una riunione per mettere a punto un progetto sostenibile”. Diametralmente opposto il quadro disegnato dagli avvocati Raffaele Costanzo e Carlo De Pascale, rispettivamente delle Camere penali di Santa Maria Capua Vetere e Napoli, che illustrano la terribile situazione delle strutture di Poggioreale, Santa Maria Capua Vetere, Pozzuoli. Presenze doppie rispetto alla capienza, mancanza di educatori, dell’acqua potabile, celle di 12 metri quadri con 18 detenuti. “Siamo alle soglie di un sistema di tortura”. Il pensiero corre ai magistrati di sorveglianza: “Nei convegni spendono bellissima parole per le misure alternative, ma poi non le dispongono”. Colpa di un “irrigidimento” nella loro concessione. Si torna al punto di partenza, al “rispetto di chi, anche se ha sbagliato, resta comunque una persona”. Milano: nel carcere di massima sicurezza di Opera è nato il Primo “Festival della Cultura” www.marketpress.info, 17 dicembre 2012 È nato il Primo Festival della Cultura all’interno del Carcere di massima sicurezza di Opera. Opera corale di varie Associazioni di volontariato che ha visto come capofila L’associazione Cisproject, organizzatrice di questo evento unico nel suo genere. L’associazione Cisproject, con il progetto Leggere Libera-mente - inserito nel piano pedagogico della Casa di Reclusione di Milano Opera dal 2009 - ha ottenuto risultati addirittura superiori alle aspettative . Le testimonianze della persone detenute che, mano a mano salgono sul palco del teatro interno la Carcere, raccontano del loro cambiamento di rotta, della crescita personale, della finestra che la cultura crea, della libertà e del diritto di sognare. L’incontro è stato pensato e realizzato con l’intento di sottolineare l’importanza del lavoro di chi opera da volontario nelle carceri italiane e soprattutto per stimolare l’interesse, la curiosità e la partecipazione ai tanti laboratori da parte delle persone detenute che numerose e attente hanno riempito la sala del teatro. Ha visto la luce anche uno ‘slogan’ studiato appositamente per loro: “Anche nella tua testa continuano a nascere pensieri forti? Peccato chiuderli dentro”. Jonathan ex corsista di Opera, torna in carcere dopo anni, sale sul palco del teatro del Carcere , si toglie il badge che indossa da ospite e dice “ io sono ancora uno come voi, il carcere mi ha cambiato la vita, in tanta sofferenza vista e vissuta, ho anche incontrato persone eccezionali: i volontari, coloro che senza chiedere nulla in cambio mi hanno fatto conoscere “l’amore incondizionato”, anche la Dirigenza mi ha agevolato allora, infatti sono stato uno dei primi, - continua Jonathan - forse addirittura il primo ad Opera, ad avere un vero lavoro “dentro”, con un contratto esterno, sono diventato così redattore della stessa Casa Editrice per cui ora sono produttore esecutivo”. Sono molti anni che Silvana Cerruti, insignita dell’Ambrogino d’Oro 2012 dal Comune di Milano definita dal Direttore della Casa di Reclusione Dr. Giacinto Siciliano,”presenza che pare silenziosa, ma di una rumorosità devastante” che con Il laboratorio di Lettura e scrittura creativa, da una ventina d’anni opera e costruisce nel tempo il piacere di leggere unito al piacere dell’incontro con l’altro, unendo e anche qui non guasta, durante gli incontri con le persone detenute, anche il piacere del gustare assieme dolci e stuzzichini, in collaborazione ad altri professionisti , psicologi, psicoterapeuti, fotografi, insegnati, che hanno tutti lo stesso obbiettivo: il recupero e la riflessione interiore, iniziato con incontri una volta ogni 15 giorni, tuttavia, visto l’interesse che si è generato sul tema della cultura, da qualche anno, gli incontri sono saliti a 3 volte alla settimana”. Ritornando ancora a Jonathan, rivolgendosi agli ex compagni, ha affermato anche “ Voi siete ‘la medaglia del rovesciò ,citando la definizione che poeticamente Giampiero Neri dette loro, ma pur sempre in grado di dare ‘uno scossone ‘ alla propria vita, un’inversione di rotta che la Cultura, la lettura, la scrittura e le Arti possono offrire a chi le sa cogliere. Un messaggio che, se autorizzato, potrà essere ancora messo in opera - difatti ci racconta ancora, “vorrei tornare, per poter dare il mio sostegno; il mio esempio, di chi uscendo ce l’ha fatta, può essere un valido incitamento a non mollare mai”. Da ultimo ma fra i primi, ricordiamo, anche il teatro vero e proprio del gruppo “Opera liquida” che carica la dose con il nuovo spettacolo “Le meccaniche dell’anima”, dove la metafora concreta dell’inversione a U diventa vera e propria catarsi. Verona: è Natale anche per i detenuti di Montorio Ristretti Orizzonti, 17 dicembre 2012 Delusi per i mancati provvedimenti ai quali stava lavorando il Ministro della Giustizia Severino, che l’improvvisa fine di questa legislatura, con ogni probabilità, farà slittare se non annullare, in numero sempre crescente e con stanziamenti finanziari ancor più ridotti, con questo stato d’animo le persone detenute a Montorio vivono le Festività 2012/2013. Convinti che il legame tra carcere ed eventi che coinvolgeranno i cittadini di Verona debba esser sempre più stretto, le Associazioni di Volontariato e il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale hanno organizzato una serie di manifestazioni all’interno della Casa Circondariale che prenderanno il via il 12 dicembre. Si esibiranno: il Coro degli Avvocati di Verona e i Maestri dell’Orchestra dell’Arena di Verona con un concerto speciale, organizzati dall’Associazione 663. Verranno consegnati i libri alle biblioteche acquisiti grazie al Banco Editoriale 2012; una festa di Santa Lucia, con asino e gastaldo è prevista per i figli di genitori detenuti grazie a Essere Clown Verona e alle Associazioni La Libellula e La Fraternità. Arriveranno, reduci da successi oltre oceano, gli ormai mitici Sohnora e, avviandoci a fine anno ci sarà ancora Luca Bassanese e un concerto Gospel, grazie all’Associazione Microcosmo. Una Messa celebrata dal Vescovo, Mons. Zenti è prevista in diretta su Radio Maria per il giorno di Santo Stefano. Per non dimenticare chi è solo, attività a favore del carcere sono in fase di realizzazione presso la Parrocchia di Dossobuono che per tre domeniche festeggia con il pane del carcere l’attesa del Natale e, sempre per non dimenticare chi è solo, dal carcere sono in partenza omaggi e dolci prodotti all’interno della casa circondariale verso gli istituti per anziani. Non dimentica mai il carcere Bauli: panettoni e pandori verranno serviti sia a Natale che a Capodanno, né lo dimentica la Fondazione Cariverona, sempre silenziosamente accanto a quanti si trovano in carcere. Tutta questa attività, resa possibile grazie anche alla Direzione della Casa Circondariale e alla Polizia Penitenziaria, è volta a mitigare, per quanto è possibile, condizioni difficili non solo per quanto sopra ricordato ma anche per affrontare problemi nuovi come la giovanissima età di quanti approdano al carcere, lo stato di povertà dei più, la mancanza di legami affettivi per quanti arrivano da altri Paesi ma non solo, il perdurare di tempi inaccettabili di carcerazione preventiva. Serve davvero un ripensamento del sistema sanzionatorio, serve che si attivino strumenti di mediazione penale e giustizia ripartiva, così come è indispensabile rafforzare con personale e risorse le aree trattamentali all’interno e all’esterno del carcere. Tutto questo non solo perché ce lo chiedono a gran voce quanti sono a contatto con il mondo del carcere, non solo per gli oltre 60 suicidi tra i detenuti e 10 tra la Polizia per il solo 2012, bensì perché nulla risponde più a quelle regole scritte nella nostra Costituzione e che valgono per tutti i cittadini. Saluzzo: mostra “Re-inclusi”, manufatti d’arte dei detenuti-studenti del liceo artistico www.targatocn.it, 17 dicembre 2012 Sono in mostra e in vendita oggi dalle 16 alle 19 in mostra. Domani saranno messi all’asta del Rotary, il ricavato sarà destinato a borse di studio. “Le figure del sentire” è il tema della mostra aperta oggi dalle 16 alle 19 al circolo Internodue, di via Martiri Liberazione: una esposizione di manufatti artistici: dipinti, acquerelli, monili e ceramiche, gioielli fatti in rame e ottone, realizzati dai detenuti del carcere “Rodolfo Morandi di Saluzzo che frequentano le due classi della sezione carceraria del liceo artistico Soleri - Bertoni, il primo anno nel circuito Alta sicurezza e il secondo anno in quello della Media sicurezza. L’iniziativa chiamata “Re-inclusi” - è proposta dall’insegnante Rossella Scotta che segue l’attività scolastica interna ed è organizzata dall’Istituto stesso in collaborazione con i professori e i volontari che operano nella casa di reclusione. Il carcere viene presentato come strumento di riabilitazione che supera l’aspetto punitivo della casa di pena e promuove gli aspetti educativi, riabilitativi, ma anche nel dramma umano, dalla parte di chi vuole cambiare e tornare alla vita. Lunedì 17 dicembre sempre all’Interno Due, gli oggetti in mostra saranno venduti nel corso di un’asta organizzata dal Rotary di Saluzzo e il ricavato verrà destinato agli allievi della sezione carceraria dell’Istituto Soleri. Bertoni, sotto forma di borse di studio. Ingresso libero. Catanzaro: un concerto per i detenuti, iniziativa realizzata dal Comune di Pentone www.catanzaroinforma.it, 17 dicembre 2012 Solidarietà e voglia di riscatto sociale sono state le due forze trainanti dell’iniziativa messa in atto tra l’Amministrazione comunale di Pentone e la Direzione della Casa Circondariale di Catanzaro. Nel teatro “Ugo Caridi” dell’Istituto, l’atto finale della collaborazione tra le due istituzioni: un concerto bandistico offerto dall’associazione musicale “Città di Pentone” diretta dal maestro Antonio Tarantino, ai detenuti della sezione “media sicurezza”. “Un’iniziativa che non era né prevista né, tantomeno, programmata - ha commentato il direttore dell’Istituto, Angela Paravati. Una di quelle idee che nascono in maniera spontanea e che danno i migliori risultati”. L’idea nasce la scorsa estate quando il Comune di Carlopoli ha dovuto rimediare alla difficoltà di reperire forze lavoro per ripulire il percorso sul quale si svolge l’annuale pellegrinaggio in onore della Madonna di Termine. “Come Istituto, siamo molto favorevoli a questo tipo di iniziative perché riteniamo che il detenuto che nella vita ha sbagliato, ha un debito nei confronti della società. Ben volentieri, come direzione, promuoviamo queste idee ed i detenuti, a loro volta, aderiscono perché conoscono quello che è l’orientamento dell’Istituto. Abbiamo predisposto i provvedimenti necessari e con una forma di ammissione prevista dalla legge autorizzata dal magistrato di sorveglianza di Catanzaro, alcuni detenuti hanno collaborato per la riuscita dell’iniziativa”. Un ruolo fondamentale lo ha svolto anche il parroco di Pentone don Gaetano Rocca che ha accolto i detenuti per tutta la durata dell’iniziativa. Libri: “Urla a bassa voce” a cura di Francesca de Carolis… com’è difficile la giustizia giusta di Luigi Manconi Il Messaggero, 17 dicembre 2012 “Nessuno tocchi Caino”: una tra le più scandalose prescrizioni bibliche ci dà l’esatta misura di quanto sia faticoso perseguire la giustizia giusta. In quel verso della Genesi, infatti, si trova l’ammonimento più severo a considerare l’integrità della persona, a patire dalla sua costituzione fisica, come il valore più alto, che non prevede alcuna deroga o eccezione. In altre parole, l’incolumità dell’autore del reato rappresenta - nell’amministrazione complessiva della giustizia - un valore tanto forte quanto l’incolumità di chi ha subito l’offesa, e una sanzione giusta è quella che tenta (nei limiti delle possibilità umane) di rispettare Caino e di “non toccarlo” con pene inique: per evitare che la vittima, e l’umanità con lei, da quelle pene inique risultino offese ancora una volta. Ripeto: monito scandaloso, tanto più oggi. E proprio perché il senso comune di un paese come il nostro, retoricamente definito “la culla del diritto”, ha subito, nel corso dei decenni, un processo di decadenza che ha portato alla diffusione di umori vendicativi, pulsioni di rivalsa, sentimenti di aggressività. Questo, per quanto riguarda l’esecuzione della pena, ha determinato l’ulteriore ridursi della sensibilità garantista e, in particolare, l’incapacità di tutelare i diritti quando quella tutela si fa più ardua. Il “caso umano” dell’innocente perseguitato intenerisce, provvidenzialmente, anche i cuori di pietra, ma “i trattamenti crudeli, disumani e degradanti” (è la definizione della Convenzione contro la tortura dell’Onu del 1984) che subiscono colpevoli non suscitano moti di indignazione. (Non a caso Nessuno tocchi Caino è il nome dell’associazione, promossa dai Radicali, che si batte per la moratoria della pena di morte nel mondo). È questo che rende così interessante, lasciando allo stesso tempo un gusto amaro in bocca, la lettura di “Urla a bassa voce” (Stampa Alternativa, 192 pagine, 15 euro) a cura di Francesca de Carolis. Quelle “urla” sono le voci che salgono “dal buio del 41bis e del fine pena mai” ( è questo il sottotitolo del libro). E un lavoro collettivo, scritto da trentasei detenuti, che raccontano le loro storie: trentasei condannati all’ergastolo, alcuni dei quali passati per l’esperienza del regime dell’articolo 41bis dell’Ordinamento penitenziario, che non hanno prospettive di uscire dal carcere, qualunque sia il loro comportamento. Così che per due volte, nel 2007 e nel 2011, si sono rivolti al Capo dello Stato affinché la loro condanna alla morte civile fosse commutata in una pena di morte fisica La loro unica chance è quella di “collaborare” con gli inquirenti - di “pentirsi” cioè - avendone in cambio la possibilità di accedere alla liberazione condizionale e ai benefici penitenziari. E se non si ha nulla da dire alle autorità inquirenti? Per più ragioni, o magari perché -può accadere anche questo, nell’umano funzionamento della giustizia - si è stati condannati da innocenti. In tal caso, peggio per loro: come ebbe a spiegare quello che può considerarsi il “portavoce degli ergastolani”, Carmelo Musumeci, a Cosimo, già condannato erroneamente per la strage di Via D’Amelio, detenuto prima all’Asinara e poi a Spoleto, fino all’ultimo dei suoi sedici anni di ingiusta detenzione. La famiglia e gli affetti, la salute e i diritti, la rieducazione e il perdono, la violenza e il rapporto con le vittime: questi i temi trattati, conia disadorna durezza di chi non ha nulla da perdere e soffre più per le relazioni affettive che lo legano dolorosamente all’esterno che per la propria vita dimezzata, ormai ridotta e dimensionata agli spazi chiusi della prigione. Come scrive Don Ciotti nella prefazione, questo libro “ci ricorda che siamo tutti chiamati in causa”. Senza retorica, ma con la consapevolezza che considerare l’orrore occultato dietro le mura del carcere non è un compito esclusivo dei preti e delle anime belle, ma è un elementare dovere civile.