Giustizia: intervista al Ministro Severino; avanti con ddl alternative, sul carcere si cambia di Massimo Martinelli Il Messaggero, 16 dicembre 2012 Ministro Severino, la legislatura si chiude con il rammarico di non aver fatto tutto il possibile per migliorare la situazione nelle carceri. Si è rassegnata? “Assolutamente no. Anzi, ho appena scritto al presidente del Senato e ai capigruppo della maggioranza per sottolineare loro che appena poche settimane fa il ddl sulle misure alternative al carcere è stato approvato in prima lettura con un ampio e profondo consenso bipartisan. Ritengo che la rilevanza degli interessi in gioco giustifichi la mia insistenza e la mia tenacia”. Crede che prima di Natale il Senato potrà licenziare il testo? “So che si tratta di un’impresa difficile perché rimane soltanto qualche giorno della prossima settimana ma ce la metterò tutta perché ciò accada. Il mio primo impegno da ministro della Giustizia è stato per i problemi legati al sovraffollamento. Gli immediati effetti positivi del decreto “salva carceri”, approvato un anno fa per contrastare il fenomeno delle cosiddette porte girevoli, ossia la permanenza per appena soli due o tre giorni in cella, rischiano di essere vanificati se non accompagnati da altre riforme strutturali basate sul principio del carcere come extrema ratio”. Qual è la logica che ha prevalso quando si è data la precedenza alla riforma forense rispetto alle carceri? “Francamente non saprei dirlo. Mi auguro solo che la scelta delle priorità non sia stata dettata da una logica elettorale. La strumentalizzazione del provvedimento sulle pene alternative al carcere è molto facile e può rappresentare il leitmotiv di una campagna elettorale. La Lega, ad esempio, lo ha definito “salva-delinquenti”, l’Idv un’amnistia mascherata. Ma non si gioca la campagna elettorale sulla pelle dei detenuti. Questo ddl non salva alcun delinquente né avrà l’effetto di un’amnistia. Le misure alternative, siano esse la messa alla prova oppure la detenzione e/o reclusione domiciliare, non scattano per effetto di un automatismo: a decidere sarà sempre e solo un giudice che, caso per caso, sarà chiamato a contemperare la concessione della misura alternativa con la sicurezza dei cittadini, senza trascurare di interpellare la vittima”. Un motivo di contrapposizione con l’avvocatura è la riforma della geografia giudiziaria. Chiedono un rinvio dell’entrata in vigore di un anno. È un’ipotesi percorribile? “Da quando la riforma dei “tribunalini” è stata definitivamente approvata, lo scorso agosto, il ministero della Giustizia e il Csm hanno lavorato di comune intesa, avviando la revisione degli organici e la loro ridistribuzione territoriale affinché si potesse partire alla data stabilita, nel 2013. A coloro che, nel corso di questi mesi, mi chiedevano di non chiudere questo o quel tribunale, ho sempre risposto che solo l’avvio della riforma ci avrebbe consentito di valutare l’opportunità - sempre su base oggettiva - di rinviare o meno la chiusura di alcuni presidi. Far slittare in toto l’avvio della riforma di uno o due anni significa, di fatto, rinviarla all’infinito e vanificarla. Come ha giustamente ricordato anche il vicepresidente del Csm Vietti, si è invece atteso sin troppo tempo: siamo ancora fermi alla geografia giudiziaria dell’Unità d’Italia, quando si andava a cavallo”. Torniamo alle carceri: quali sono gli ultimi dati sulle presenze dopo l’applicazione delle norme sulla cosiddette “porte girevoli” che limitano la permanenza in prigione per chi sarà scarcerato nel giro di poche ore? “I detenuti sono oggi circa 66.500, mentre quando sono stata nominata ministro, nel novembre del 2011, erano 68.047. Può sembrare una flessione lieve, ma è in ogni caso un risultato di rilievo se si considera che i detenuti, proprio per effetto delle cosiddette “porte girevoli”, fino alla scorso anno crescevano al ritmo di circa 700 detenuti al mese. Invece, grazie alla legge “salva carceri” dello scorso gennaio, la detenzione di soli due-tre giorni si è pressoché dimezzata, passando dal 27% sul totale degli ingressi nel 2009 al 13% nel 31 ottobre 2012. Inoltre, sono 8.363 i detenuti usciti dal carcere per effetto delle norme che consentono di scontare gli ultimi 12-18 mesi di pena in detenzione domiciliari”. Fin dal suo insediamento, lei ha lavorato per introdurre una carta per i diritti dei detenuti. Oggi sta per essere distribuita a chi entra in carcere. Qual è lo scopo di questa innovazione? “Far sì che il carcere non sia un luogo ignoto. Il detenuto potrà così conoscere, al suo ingresso, ciò che lo attende, quali sono i suoi doveri di comportamento ma anche i diritti, che vanno dal diritto allo studio, alle attività culturali e sportive, dalle possibilità lavorative e di formazione offerte dall’Amministrazione penitenziaria alle norme che regolano i rapporti con i familiari e la società esterna, dalle misure alternative alla detenzione a quelle premiali. La carta sarà tradotta in diverse lingue e distribuita anche ai familiari dei detenuti”. Ministro, lei è ancora fiduciosa sul fatto che le commissioni incaricate riescano a dare il parere sulla incandidabilità prima dello scioglimento delle Camere? “Me lo auguro, nell’interesse degli stessi partiti. Credo infatti che gli elettori apprezzerebbero molto questa scelta di trasparenza e di moralità”. Qual è il provvedimento legislativo approvato che la rende più fiera: e qual è quello che avrebbe maggiormente promosso se ne avesse avuto il tempo? “Sono fiera di tutti i provvedimenti che sono stati approvati, perché ottenere ogni volta il consenso di una maggioranza così composita ha rappresentato un cimento estremamente impegnativo, dei cui esiti governo e parlamento devono essere orgogliosi. Se avessi avuto il tempo, avrei cercato di portare a compimento il disegno di legge in materia di prescrizione il cui contenuto in corso di approfondimento da parte di una commissione accuratamente selezionata per l’esperienza dei suoi componenti”. Immagini per un attimo di conoscere il suo successore in via Arenula. Da dove gli suggerirebbe di cominciare? “Dal riordino del ministero, cui dedicherò gli ultimi due mesi di lavoro dopo lo scioglimento delle Camere. Quanto ai provvedimenti normativi, lascerò in eredità molti studi e proposte già discussi con le categorie interessate in materia di accesso alla professione forense, depenalizzazione, anti riciclaggio”. Giustizia: sciopero fame Pannella per le carceri; è in condizioni critiche, accetta il ricovero La Repubblica, 16 dicembre 2012 Quinto giorno di protesta per il leader dei Radicali. La protesta per ottenere l’amnistia e il diritto di voto per i detenuti. I medici: “Rischi di complicanze ulteriori, anche irrimediabili”. Al quinto giorno di sciopero della fame e della sete le condizioni del leader dei Radicali Marco Pannella sono sempre più “critiche” e per questo ha accettato il ricovero. I medici che lo seguono spiegano che la situazione è destinata “ad aggravarsi rapidamente in mancanza di una immediata ripresa dell’idratazione”. Ci sono “rischi elevati di complicanze ulteriori, anche irrimediabili”. Lo spiega in una nota il professor Claudio Santini, del collegio medico che segue le condizioni del leader radicale giunto oggi al quinto giorno di digiuno totale della fame e della sete. Le condizioni. Il leader dei radicali protesta per ottenere l’amnistia e il diritto di voto per i detenuti. “L’onorevole Marco Pannella, viste le sue condizioni, è stato ricoverato questa mattina su tassativa indicazione dei medici curanti in ambiente ospedaliero per essere sottoposto ad un costante controllo”. “Dalla mezzanotte di oggi entrerà assolutamente per la prima volta ad affrontare il sesto giorno di totale astensione di cibi e liquidi. Ha accolto la prescrizione del ricovero, ma afferma di non poter riprendere l’assunzione anche solo di liquidi poiché non ritiene che esistano le condizioni minime necessarie per poterlo fare. Oggi, intervenendo a Radio Radicale, Pannella ha rivolto di nuovo “un appello alla giustizia, nazionale e internazionale” e ha letto il testo di un appello pubblicato nell’aprile del 1976 dai Radicali sul quotidiano La Repubblica, a proposito della presenza dei radicali in Parlamento. “Sono in una situazione di primato. Dovrei essere al quinto o al sesto giorno di sciopero totale anche della sete. E l’unica volta che mi ero avvicinato a questa soglia - prosegue - fu quando facevo lo sciopero della fame e della sete contro l’esecuzione di Saddam”. “Accetto stamattina il ricovero”, ha detto Pannella. “Con gravità dico ai miei medici che accetto il ricovero, ma non la sospensione dello sciopero della fame, ma non anche quello della sete”. Pannella ha informato che pesa 77 chili, “mi sto prosciugando”. Medici: condizioni Pannella critiche, rischi gravi “L’onorevole Marco Pannella, viste le sue condizioni, è stato ricoverato questa mattina su tassativa indicazione dei medici curanti in ambiente ospedaliero per essere sottoposto ad un costante controllo clinico, laboratoristico e strumentale”. È quanto si legge nel bollettino medico, diffuso dall’ufficio stampa dei Radicali, emesso oggi alle 14,30 dal Prof. Claudio Santini. Nel bollettino si ricorda che Pannella è “dalla mezzanotte del giorno 10-12-2012 in completo digiuno per cibi solidi e liquidi. Dalla mezzanotte di oggi entrerà assolutamente per la prima volta ad affrontare il sesto giorno di totale astensione di cibi e liquidi”. E ancora: “Si conferma l’aggravarsi del già marcato stato di disidratazione. Ha eseguito un elettrocardiogramma che ha evidenziato segni di sofferenza ischemica miocardica. L’insieme dei dati clinici e laboratoristici depone per un quadro di insufficienza renale acuta secondaria alla disidratazione e all’ipotensione e di ischemia miocardica acuta. Le attuali condizioni sono destinate ad aggravarsi rapidamente in mancanza di una immediata ripresa dell’idratazione e comportano rischi elevati di complicanze ulteriori, anche irrimediabili”. Medici: rischio elevato, urge terapia reidratante “Persistendo il rifiuto ad ottemperare alla prescrizione della idratazione, si conferma ovviamente l’elevato grado di rischio di compromissione della funzionalità renale e di complicanze cardio-circolatorie e si ribadisce il pressante consiglio quantomeno a consentire l’inizio di una terapia reidratante per via endovenosa”. Lo scrive il professor Claudio Santini nel nuovo bollettino medico sulle condizioni dell’onorevole Marco Pannella, giunto al sesto giorno di digiuno totale per cibi solidi e liquidi (durata raggiunta soltanto in un’occasione, peraltro culminata con un danno renale acuto da necrosi tubulare). Pannella, “durante la notte ha accusato dolore in regione toracica, della durata di qualche minuto, regredito spontaneamente; nell’ipotesi di un’origine cardiaca ha effettuato un elettrocardiogramma e gli enzimi miocardici, che non si sono comunque alterati. Stamattina il peso è di 74 kg, la diuresi è stata di 300 cc. nella giornata di ieri; la pressione arteriosa è di 100/70 mmHg con frequenza cardiaca di 64 battiti al minuto. Gli esami ematochimici sono sostanzialmente invariati rispetto a quelli di ieri sera (creatinina 1.6, azotemia 105 mg/dl, sodiemia 148 mEq/l, presenza di corpi chetonici e proteine nelle urine). Data l’ipotensione, è stato necessario modificare la terapia medica sospendendo alcuni farmaci cardiologici”. Giustizia: Rita Bernardini (Radicali); chi rieduca lo Stato criminale? Notizie Radicali, 16 dicembre 2012 “Qualcuno che sa far di conto dica a Fini che il ddl sulla messa alla prova riguarda lo 0,3% dei detenuti. Non più di 250 su 66.000”. Questa la dichiarazione di Rita Bernardini, deputata radicale membro della Commissione Giustizia. “Ultimo il Presidente della Camera Gianfranco Fini, in molti si stanno stracciando le vesti per la mancata approvazione da parte del Senato del ddl sulla messa alla prova, licenziato nei giorni scorsi dalla Camera. In precedenza avevamo dovuto ascoltare il “dolore” del Ministro della Giustizia Severino e l’amarezza della capogruppo del Pd in Senato Finocchiaro. Oggi è entrato in scena Fini, il quale nel corso della visita effettuata a Rebibbia parlando con i detenuti sembra che abbia detto “vi prenderei in giro se vi dicessi che ci sono molte possibilità o pochissime. Quel che posso dirvi è che le speranze ci sono ancora e che l’impegno di Schifani c’è”. Speranze di che? Qualcuno che sa far di conto al Ministero della Giustizia, può spiegare a Fini, Severino e Finocchiaro che quel ddl riguarda non più di 250 detenuti ristretti nelle nostre carceri, cioè lo 0,3% degli oltre 66.000 sequestrati in condizioni di illegalità nelle patrie galere? La relatrice Ferranti, alla Camera, aveva parlato di 1.200 detenuti e già la cosa faceva ridere (per non dire piangere) vista l’esiguità delle persone interessate; non aveva fatto i dovuti “incroci” con i detenuti che, oltre ai reati con pena edittale massima di quattro anni per i quali si può accedere alla “messa alla prova”, in prigione ci stavano e ci stanno anche per altri reati, per esempio per quelli targati Fini-Giovanardi, in violazione della legge sugli stupefacenti. Il Presidente Fini oggi ha concluso il suo incontro con i detenuti di Rebibbia spiegando loro di essere contrario all’amnistia, cioè all’unica misura “strutturale” in grado di far uscire immediatamente lo Stato italiano dalla patente violazione di diritti umani fondamentali sia per le condizioni di detenzione sia per l’irragionevole durata dei processi come sentenziano da almeno trent’anni sia la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Da questo punto di vista, Fini sembra parlare all’unisono con il Presidente della Repubblica. Per loro, evidentemente, che lo Stato italiano si comporti come un delinquente professionale nei confronti del suo popolo non è un problema. Giustizia: Opg; quante volte possiamo voltare lo sguardo fingendo di non vedere? di Francesco Lo Piccolo www.huffingtonpost.it, 16 dicembre 2012 Alla fine andremo a votare e ci sarà il solito porcellum, l’ennesima beffa in un paese dove calano i diritti oltre che gli stipendi. Ma certo, non è questa la sola beffa di questo fine 2012. Sto infatti pensando alla vicenda degli ospedali psichiatrici giudiziari. Argomento che interessa pochi, ma da come la vedo io, quante volte si potrà dire non tocca a me, tocca agli altri? Dunque gli Ospedali psichiatrici giudiziari... Quando mancano meno di tre mesi (la data massima è il 1 marzo 2013) alla chiusura degli Opg (lo impone la legge), ecco che la crisi avanza, che ci sono le elezioni, ecco che si scopre che i tempi per applicare la legge non bastano. Ormai è certo che ci vorrà un emendamento di proroga alla chiusura degli Opg da introdurre nella legge di stabilità. Risultato: tutto slitterà al 2° semestre del prossimo anno. Davvero a nulla è servito l’orrore che era stato rivelato due anni fa dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio Sanitario guidata dal senatore Ignazio Marino al termine delle ispezioni nei sei ospedali psichiatrici giudiziari d’Italia. Ricordate? Quei centri erano dei lager... in quegli “istituti” vivevano 1300 persone in condizioni disumane... il presidente Napolitano aveva parlato di situazione “inconcepibile in qualsiasi paese appena civile”. Naturalmente si erano mossi giornali, Tv e i politici... era stata fatta anche la legge.... Signori, scusate, abbiamo scherzato. La vergogna continua. La tragedia di questa storia d’Italia degna dell’ ‘800 (tanfo e sporcizia, letti di contenzione con un foro nel mezzo, internati legati per giorni) me l’ha fatta rivivere due settimane fa il senatore dell’Idv Alfonso Mascitelli che ho sentito a Villamagna, in provincia di Chieti, al convegno dal titolo “Psichiatria e carcere”. Doppia tragedia, perché accanto alla descrizione di quello che ha visto durante la visita col senatore Marino nei sei Opg, Mascitelli ha dimostrato come in Italia riusciamo a ignorare le cose, a nasconderle, e una volta scoperti a fare una legge tanto per metterci a posto la coscienza. Solo questo, nulla di più, perché nessuno provvede ad applicare la legge , e si rinvia e si rinvia... Ricorda Mascitelli: “Quando siamo entrati nell’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) siamo stati subito colpiti dalla puzza d’urina; nella stanza numero quattro, su un letto di ferro con un buco all’altezza del bacino, c’era un uomo nudo coperto da un lenzuolo. Era legato con delle garze perché in questo Opg, come in altri del nostro paese, è consentita la contenzione. Era legato da 5 giorni. In un’altra stanza abbiamo visto un altro paziente con una cancrena al piede perché malato di diabete. E allora abbiamo fatto alcune domande: abbiamo così scoperto che uno di questi pazienti aveva superato il tempo della pena da sette anni, ma nessuno se ne era occupato, non i magistrati , non il servizio sanitario. E un altro era in attesa di giudizio da 10 anni, da 10 anni dentro l’Opg senza essere giudicato: colpevole a vita perché 10 anni prima si era vestito da donna e si era denudato davanti a una scuola, marchiato per sempre come malato mentale e pericoloso per la società”. Ma accadeva due anni fa, un orrore che aveva fatto nascere una legge che appunto prevedeva la chiusura degli Opg entro il 1° marzo 2013 e l’avvio di percorsi di terapia e cura dei malati nelle strutture sanitarie delle regioni. Sull’onda dell’emozione erano stati trovati anche i soldi: 120 milioni di euro per l’anno 2012 e 60 milioni di euro per l’anno 2013. Cosa è stato fatto da allora? Appunto nulla, ci si é lavati la coscienza e giorno dopo giorno il problema è stato “reso di impossibile attuazione”: le Regioni (o meglio gli uomini che gestiscono e governano le Regioni) non hanno chiesto di poter gestire le risorse e non hanno progettato dove e come inserire e recuperare i pazienti; il governo centrale ha lasciato passare il tempo, ha deciso di rinviare l’attuazione della legge a un successivo decreto ministeriale entro due mesi. Ebbene, i due mesi sono diventati un anno, e poi, come mi ricorda Mascitelli, dopo aver pubblicato due mesi fa il decreto sui requisiti strutturali per l’attuazione della legge, nel silenzio, nascosta nell’ennesima manovrina, ci ha aggiunto la clausola: tutte le risorse economiche deputate alla chiusura degli Opg prima di venir usate devono avere una sorta di via libera frutto di un decreto d’intesa con le Regioni, decreto che stabilirà come deve essere ripartito il denaro... Per prendere altro tempo. Ma accadeva ieri, oggi ecco la ciliegina finale, questa psico-crisi che ci porta all’aumento dello spread...al voto con porcellum, alla beffa delle beffe: appunto all’emendamento di proroga da introdurre nella legge di stabilità. E per chi non vuol far nulla (e qui parlo degli Opg) ad altri sei-nove mesi di respiro: i letti di contenzione continuano a fare il loro “lavoro”, gli ordini di internamento non sono cessati, negli Opg si continua a morire (l’ultimo episodio il 2 ottobre a Reggio Emilia)...e la vergogna continua. Almeno per chi come me è di quelle persone che ha ancora vergogna. Allora davvero, quante volte un uomo può voltare lo sguardo fingendo di non vedere? Giustizia: la Corte di Strasburgo condanna le torture della Cia su Khaled el-Masri di Emanuele Midolo www.agoravox.it, 16 dicembre 2012 La Cia, con la complicità della Repubblica di Macedonia, ha torturato per 4 mesi un cittadino tedesco sospettato di esser legato ad un’organizzazione terroristica. Lo ha sentenziato la Corte Europea dei diritti umani lo scorso giovedì. La notizia è stata riportata dal quotidiano britannico The Guardian. Il 31 dicembre 2003 Khaled el-Masri parte in autobus da Ulma, una città della Germania meridionale sulla riva del Danubio. Ha un visto per la Macedonia, di cui intende visitare la capitale, Skopje. È la prima vacanza dopo parecchi mesi, e Khaled è felice, mentre il pullman passa la frontiera con l’Austria; si addormenta sereno. Scende dal bus al confine tra Serbia e Macedonia, nella città frontaliera di Tabanovce, alle 3 del pomeriggio circa. Non ha la minima idea di quello che gli capiterà di lì a qualche ora. Prima i problemi con il suo passaporto, rilasciato pochi giorni prima. Le frasi di routine: “Quanto tempo si ferma? Quali sono le ragioni del suo soggiorno?”. Poi, il controllo di sicurezza. Le domande insistenti e assurde: “Di quale organizzazione islamica fa parte? el-Masri, lei è un terrorista?”. Il primo interrogatorio finisce 6 ore dopo, alle 10 di sera. Khaled viene scortato da un poliziotto in borghese ad un “hotel”, lo Skopski Merak. Rimarrà lì dentro 23 giorni. La Corte ha condannato la Repubblica di Macedonia secondo l’articolo 34 della Convenzione per la Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali. “In particolare - scrivono i giudici nella sentenza - il testimone ha riportato di essere stato vittima di un’operazione di “secret rendition” [la cattura e la conseguente estradizione effettuata dalla Cia nei confronti di un individuo sospettato di terrorismo, come nel caso dell’Imam milanese Abu Omar, Ndr], vale a dire che gli agenti dello Stato succitato lo hanno arrestato, segregato, interrogato e maltrattato, per poi consegnarlo ad agenti della Cia all’aeroporto di Skopje, che lo hanno trasferito, tramite un volo speciale operato personalmente dall’Agenzia, in una prigione-bunker della Cia in Afghanistan, dove l’uomo è stato maltrattato ininterrottamente per oltre quattro mesi. Il sequestro-tortura è avvenuto dal 31 dicembre 2003 al 29 maggio 2004”. La Repubblica dell’Ex Jugoslavia di Macedonia verrà costretta a pagare un’ammenda di 60mila euro, come risarcimento per il trattamento disumano effettuato ai danni di Khaled el-Masri. Una cifra irrisoria per l’incubo che ha vissuto. Durante i ventitré giorni passati all’albergo/prigione Skopski Merak, Khaled è stato interrogato centinaia di volte, giorno e notte, la maggior parte delle quali in inglese, una lingua che l’uomo conosceva appena. Non ha potuto informare nessuno della sua detenzione, ed ogni richiesta di contattare l’ambasciata tedesca è stata rifiutata; in un caso i carcerieri di el-Masri lo hanno persino minacciato di morte, puntandogli una pistola alla tempia. Ma il peggio, per Khaled, deve ancora arrivare. Dopo 3 settimane di detenzione forzata in mano alle autorità macedoni, el-Masri viene incappucciato, caricato su un furgone e portato all’aeroporto di Skopje. L’uomo sente il rombare degli aeroplani sulla pista, spera che lo stiano finalmente mandando a casa. Non è così. Viene consegnato al “rendition team” della Cia. Khaled el-Masri viene incatenato al muro, pestato e minacciato di morte. Poi, metodicamente, comincia la tortura: sodomia, waterboarding, deprivazione sensoriale. Tutto pur di ottenere informazioni. Ma il cittadino tedesco non parla, semplicemente perché non ha nulla da dire. Viene quindi caricato su un volo militare e spedito in una struttura segreta in Afghanistan. Un loculo buio e sporco di pochi metri quadri dove rimarrà 4 mesi, il tempo necessario affinché la più grande compagnia di intelligence al mondo si renda conto che non è un terrorista, ma un semplice turista con la sfortuna di avere un nome arabo. È la prima volta che la Corte giudica la Central Intelligence Agency colpevole di tortura per una delle sue “operazioni”. Le “extraordinary rendition” erano già state oggetto di condanna da parte del Consiglio d’Europa e dal Parlamento Europeo, che nel febbraio 2007 ha approvato la relazione della commissione d’inchiesta (presieduta dall’eurodeputato italiano Claudio Fava) sui voli effettuati dalla Cia in Europa. Nel frattempo, mentre l’Unione Europea condanna le azioni degli 007 americani, negli Stati Uniti il giudice militare che presiede il processo contro alcuni dei colpevoli dell’11 settembre ha chiesto e ottenuto che le testimonianze sulle torture che gli imputati subirono nelle prigioni della Cia (simili al compound afghano dov’è stato tenuto prigioniero Khaled el-Masri) vengano coperte dal Segreto di Stato. La richiesta viene direttamente dal governo Usa. Questioni di “sicurezza nazionale”, dicono i portavoce della Casa Bianca. Sardegna: Sdr; il costante aumento di detenuti nell’isola è un effetto del “Piano Castelli” Ristretti Orizzonti, 16 dicembre 2012 “Scandalizzarsi oggi per il costante aumento di detenuti in Sardegna è un’ipocrisia. È lecito invece chiedersi chi abbia sostenuto con il voto in Parlamento il piano carceri proposto dagli allora Ministri alla Giustizia Roberto Castelli e alle Infrastrutture Pietro Lunardi. Il rimedio comunque esiste: applicare il principio di territorialità della pena”. Lo sostiene Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, avendo appreso dell’ennesimo trasferimento dalla Penisola di cittadini privati della libertà destinati a diverse strutture penitenziarie tra cui quelle di Massama, Tempio e le colonie penali. “Lo scandalo risiede nel silenzio con cui è stato deciso di spendere 160 milioni di euro per costruire 4 nuovi Istituti in Sardegna - sottolinea Caligaris - assegnando i lavori senza bando pubblico e senza valutare che quattro Penitenziari in più avrebbero raddoppiato il numero dei reclusi e quindi incrementato senza limiti la servitù penitenziaria della Sardegna, da sempre considerata terra in cui relegare i carcerati”. “L’azione forte che spetta ai Parlamentari sardi oggi non è più solo - evidenzia la presidente di SDR - quella della denuncia. È giunto il momento dell’iniziativa politico-istituzionale. Occorre chiedere il rispetto della territorialità della pena per i cittadini privati della libertà. La norma è disattesa da anni e costringe i familiari a non poter incontrare i propri parenti per le distanze incolmabili, per le spese da sostenere e per le condizioni di salute non sempre idonee per affrontare lunghi viaggi. Costringe gli Agenti di Polizia Penitenziaria a vivere lontano dai figli molti dei quali rimasti nell’isola crescono quasi come orfani”. “È indispensabile inoltre un’inchiesta per verificare - ricorda ancora Caligaris - quanto costano annualmente le traduzioni per accompagnare i detenuti ai processi. Si tratta di viaggi, prevalentemente in aereo, con una scorta di 4/6 agenti di Polizia Penitenziaria incaricati di accompagnare un detenuto che si tratterrà in un carcere per non più di una settimana. Subito dopo rientrerà nell’Istituto di provenienza ovviamente con gli stessi mezzi con cui era partito”. “Fondamentale infine è approfondire le problematiche relative alle nuove strutture detentive. È assurdo che non sia stata promossa alcuna iniziativa sull’attuazione degli impegni assunti dalle imprese che hanno ottenuto i lavori. Pili (Pdl): oggi 61 detenuti dalla penisola in Sardegna L’arrivo “segreto” in Sardegna di 61 detenuti tra mafiosi e malavitosi comuni, destinati alle carceri di Tempio e Nuoro e alle colonie penali, è stato segnalato per questo pomeriggio all’aeroporto di Olbia dal deputato del Pdl Mauro Pili. “Tra loro”, denuncia il parlamentare, “anche uomini di primo piano del clan mafioso dei Santapaola. È l’ennesimo blitz del ministero della Giustizia che continua imperterrito a scaricare in Sardegna la peggiore delinquenza del Paese, nonostante le carceri sarde siano sovraffollate. Questa volta i mafiosi arrivano dal carcere Pagliarelli di Palermo”. “Un documento ufficiale del ministero attesta che al solo carcere di Oristano sono destinati 250 detenuti, dei quali 125 mafiosi di Alta Sicurezza Uno, che stanno cominciando ad arrivare dall’11 ottobre”, sostiene Pili, che annuncia una petizione al Capo dello Stato, corredata di 10mila firme, per fermare il trasferimento di questo genere di reclusi in Sardegna. “La decisione di riempire completamente il braccio di Alta sicurezza di Tempio con 75 detenuti tra mafiosi e camorristi, conferma la denuncia che ho fatto mesi fa. Si sta sempre più elevando il livello di pericolosità dei detenuti, soprattutto per quanto riguarda il pericolo infiltrazioni. Questi sono clan ancora organizzati e capaci di mettere in campo qualsiasi tipo di interesse, anche in territori sconosciuti e apparentemente impenetrabili”. Pili denuncia un “turismo penitenziario mafioso con costi esorbitanti e una gestione davvero scandalosa considerato che questi personaggio dovranno trasferirsi nella penisola per tutta l’attività processuale nella quale sono solitamente coinvolti”. Ugl: ingenti assegnazioni di detenuti continentali Il Segretario regionale dell’Ugl penitenziari della Sardegna contesta le notizie diffuse dal Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria circa lo stato di non affollamento degli Istituti sardi. “Nell’isola - ha scritto Salvatore Argiolas - ci sono nuove ed ingenti assegnazioni di detenuti sfollati da altre carceri del continente che vengono ospitati nella nostra Regione. Le condizioni strutturali delle carceri della Sardegna, ivi compresi i nuovi Istituti - ha aggiunto il sindacato - non sono quelle rappresentate. Abbiamo diverse segnalazioni per la mancanza di acqua calda e situazioni simili, anche nei nuovi istituti. Grave è la carenza nell’organico degli agenti di Polizia Penitenziaria, impossibilitati a garantire persino i livelli minimi di sicurezza”. Problemi vengono evidenziati anche nelle relazioni sindacali. Lazio: il Garante; in 7 anni i detenuti iscritti all’Università sono aumentati del 570% Ansa, 16 dicembre 2012 Sono aumentati, in sette anni, del 570% i detenuti delle carceri del Lazio che hanno deciso di frequentare l’Università. Dai 17 iscritti nell’anno accademico 2005/2006 si è, infatti, arrivati ai 98 attuali. Merito di questo incremento è del progetto S.U.P. (Sistema Universitario Penitenziario) ideato dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni. Un modello che ha coinvolto università, istituzioni ed importanti realtà pubbliche e private ed è divenuto un punto di riferimento per il mondo carcerario italiano. Un importante settore del progetto - che riguarda la Teledidattica, che consente ai reclusi di seguire corsi universitari dal carcere - ha assunto infatti rilievo nazionale, ed è stato indicato quale best practice da replicare in altre realtà da una Circolare del Ministero della Giustizia che ha previsto che i reclusi di Alta Sicurezza in tutta Italia possano essere trasferiti a Rebibbia N.C. se decidono di iscriversi all’Università. “Quando, nel 2005, iniziammo ad occuparci del problema dell’istruzione in carcere - ha detto il Garante Angiolo Marroni - gli iscritti all’Università erano solo 17. Un dato insostenibile, perché riteniamo che l’istruzione sia un aspetto che non solo favorisce l’affermazione di una cultura della legalità, ma che incide anche sul reinserimento sociale dei detenuti, come sancito dalla Costituzione. Il basso livello di istruzione è, infatti, uno dei fattori che contribuiscono ad emarginare coloro che, scontata la pena, rientrano nella società. È per questo che abbiamo messo a punto un modello volto da un lato a migliorare questo indicatore, dall’altro ad agevolare coloro che intendono utilizzare la detenzione per prepararsi ad un futuro migliore”. I primi risultati concreti del modello S.U.P. sono arrivati nei giorni scorsi quando i primi due immatricolati nell’ambito del progetto (due detenuti del carcere di Regina Coeli) si sono laureati con 110 e lode. “Un risultato importante che serve da stimolo a tutti - ha detto Marroni - anche se fino alla fine è stato tutto in forse, per la decisione del Magistrato di Sorveglianza di non concedere il permesso a queste due persone di laurearsi all’Università, che ci ha costretti ad organizzare una sessione di laurea in carcere. Una scelta inspiegabile, che ha rischiato di rialzare quel muro fra carcere e resto del mondo che con lo studio e tanti altri sacrifici era stato abbattuto”. Le strade individuate dal Garante per favorire l’accesso all’Università ai detenuti sono state due: da un lato la firma di un Accordo di Programma con la Conferenza dei Rettori delle Università del Lazio (Crul), cui hanno fatto seguito la stipula di Protocolli d’intesa con i singoli atenei (Roma Tre, Tor Vergata, Cassino, La Tuscia e La Sapienza), che prevedono forme integrate di collaborazione per offrire, ai detenuti, l’opportunità di accedere agli studi universitari superando le limitazioni legate al loro stato; dall’altro lato l’ideazione, nel 2006, del progetto “Teledidattica - Università in carcere” indicato dal Ministero di Giustizia quale best practice. Oggi il modello S.U.P. promosso dal Garante è costituito da una rete istituzionale che mette insieme Crul, Lazio Disu, Prap e le 14 carceri del Lazio, il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia, l’Assessorato alla Sicurezza della Regione Lazio, le tre Università romane e quelle della Tuscia e di Cassino. La collaborazione con Lazio Disu (l’azienda regionale per il diritto allo studio Universitario) ha consentito di sostenere la costituzione di gruppi universitari in tutto il Polo Penitenziario di Rebibbia ma anche a Regina Coeli, a Velletri, al Mammagialla di Viterbo, a Frosinone, a Rieti ed a Cassino. A sostegno di queste iniziative il Garante ha assicurato il proprio supporto sia nella gestione delle pratiche amministrative legate alla carriera universitaria che nella didattica, con la fornitura gratuita di libri di testo e di materiale didattico. “La migliore risposta a questo impegno - ha concluso il Garante - sono le decine di richieste di iscrizione ai corsi universitari da parte di detenuti di tutta Italia, che ci troviamo a gestire. Agevolare questo percorso vuol dire garantire la piena tutela del diritto all’istruzione, uno dei più violati in carcere, che invece è patrimonio di tutti, indipendentemente dalle condizioni in cui ciascuno si trova”. Padova: detenuto tunisino 49enne impiccato, ma il suo avvocato solleva dubbi su suicidio Ansa, 16 dicembre 2012 È morto questa mattina nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Padova il detenuto tunisino 49enne Ben Mohamed Ezzedine Sebai, conosciuto come il “serial killer delle vecchiette”, che ieri è stato trovato impiccato nella sua cella del carcere di Padova. Lo ha riferito all’Ansa il legale di Sebai, l’avvocato veneziano Luciano Faraon, che ha anche sollevato dubbi sul fatto che il suo assistito si sia effettivamente suicidato. Secondo il legale, dopo una recente sentenza della Cassazione che ha annullato con rinvio una condanna per un omicidio commesso da Sebai a Lucera, il tunisino era infatti nelle condizioni di ottenere la revisione dei suoi processi in quanto non in grado di volere a causa di una lesione cerebrale subita da piccolo. Aveva quindi, secondo il legale, molte speranze di potere tornare a casa o in un centro adatto alla sua patologia. Condannato a cinque ergastoli per altrettanti omicidi di donne, Ezzedine Sebai aveva confessato di essere l’autore di 14 omicidi di anziane, avvenuti in Puglia tra il 1995 e il 1997. L’avvocato Faraon ha chiesto che venga disposta l’autopsia sul corpo. Secondo quanto riferito dal legale, quando aveva sette anni il tunisino sarebbe stato colpito alla testa dal padre con una chiave inglese. Il colpo gli aveva provocato gravi lesioni cerebrali. L’avvocato: mi aveva chiesto la Bibbia “L’ultima volta che ho incontrato in carcere Sebai, circa 10 giorni fa, mi aveva chiesto la Bibbia”. Il difensore di Ben Mohamed Ezzedine Sebai, l’avvocato veneziano Luciano Faraon, in serata ha saputo dal carcere di Padova del tentativo di suicidio del suo assistito e si sta ora recando in ospedale. Nonostante Sebai sia un musulmano - precisa il legale - “mi aveva chiesto la Bibbia perché io, da cristiano, gli ero vicino”. Sebai - soprannominato il serial killer delle vecchiette - era stato condannato a cinque ergastoli, quattro dei quali definitivi. “Sebai - spiega l’avv. Faraon - è ricoverato in rianimazione e le sue condizioni, per quello che mi dicono, sono gravissime”. Secondo Faraon, che è anche presidente dell’Anveg, Associazione nazionale vittime errori giudiziari, Sebai, in carcere dal 1997, “decise di confessare altri omicidi nel 2006 per una crisi di coscienza, dopo aver appreso del suicidio in carcere di un tarantino condannato per uno degli omicidi confessati dal serial-killer”. “Recentemente la corte di Cassazione ha disposto l’annullamento con rinvio di una condanna a 18 anni di carcere - precisa Faraon - per un omicidio compiuto a Lucera (Foggia) per esaminare, anche sulla base della perizia del prof. Mastronardi, la sua capacità di volere”. Il legale ribadisce che nelle vicende giudiziarie che hanno riguardato Sebai ha “sempre visto delle abnormità”. Milano: aperti anche ai detenuti di Bollate i Corsi di formazione organizzati dal Comune Adnkronos, 16 dicembre 2012 Sono stati aperti ai detenuti del carcere di Bollate i corsi di formazione professionale del comune di Milano. Insieme a questo, in piazzale Dateo sarà a loro disposizione una nuova sede di 200 metri quadri destinata all’acceleratore delle imprese del carcere che lavorano nei diversi istituti di pena del territorio (Opera, Bollate e San Vittore). Lo ha annunciato oggi Cristina Tajani, assessore alle politiche per il Lavoro, durante l’inaugurazione dei mercati natalizi all’istituto penitenziario di Bollate. “Si tratta - ha detto Tajani - di un progetto importante, perché l’integrazione sociale passa soprattutto dal reinserimento nella vita professionale. E - ha continuato - proprio per sostenere al meglio l’ottimo lavoro delle imprese e delle cooperative che svolgono attività dentro al carcere, abbiamo assegnato loro una nuova grande sede dove potranno esporre e vendere i loro prodotti”. In piazzale Dateo dove, da febbraio, le 15 imprese operanti negli istituti penitenziari milanesi potranno esporre e vendere i loro prodotti rappresentando il primo polo italiano di economia carceraria. Presso la sede di piazzale Dateo si svolgeranno anche seminari ed iniziative di livello nazionale. I corsi pre-professionalizzanti riguardano invece i settori dell’elettricità, della ristorazione, della manutenzione del verde, del restauro, della falegnameria e della sartoria. Nuoro: l’Asl barbaricina si fa carico di salute detenuti nei tre penitenziari della provincia La Nuova Sardegna, 16 dicembre 2012 La medicina penitenziaria, dopo quasi mezzo secolo alle dipendenze del ministero della Giustizia, è passata al Servizio sanitario nazionale. I detenuti, dunque, hanno diritto alle stesse prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione previste per i cittadini in libertà. A farsene carico, nei tre penitenziari della provincia, sarà l’Asl barbaricina. “Il passaggio al Ssn - spiega il direttore generale Antonio Maria Soru - è il punto di partenza per rilanciare in termini finalmente adeguati la professionalità del medico e dell’infermiere penitenziario, a tutela della salute della popolazione detenuta. Un mondo spesso dimenticato dalla cosiddetta società civile. I tre penitenziari afferenti la nostra Asl da oggi sono in rete tra loro. Stiamo partendo dalla valorizzazione delle professionalità infermieristiche preesistenti, mentre tutti gli specialisti, che faranno sempre capo alle singole strutture aziendali, potranno effettuare i loro accessi ogniqualvolta sarà richiesto il loro intervento. L’ultima novità riguarda la salute mentale e arriva direttamente dalla Regione, con l’ambito territoriale che diventa sede privilegiata per affrontare i problemi della salute, della cura e della riabilitazione delle persone con disturbi mentali ospitate negli istituti di pena”. Trento: approvato un Odg per favorire progetti di animazione culturale in carcere Ristretti Orizzonti, 16 dicembre 2012 Approvato dal Consiglio provinciale, durante la discussione della Legge Finanziaria 2013, un Ordine del giorno presentato dai Consiglieri Nardelli e Civico. L’Articolo 27 della Costituzione italiana recita che “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra”. È sin troppo evidente che questo articolo della nostra Costituzione esplicita in modo chiaro che i processi di rieducazione e di promozione dell’adesione al patto di cittadinanza si fonda anche sul rispetto delle regole e quindi del recupero alla legalità, passano attraverso anche l’acquisizione di strumenti conoscitivi e culturali. L’articolo 15 dell’Ordinamento Penitenziario afferma inoltre che “il trattamento del condannato è svolto avvalendosi principalmente dell’istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno”. Partendo da questi due punti cardine del dettato Costituzionale e dell’ Ordinamento Penitenziario i due consiglieri Nardelli e Civico, del Partito Democratico, ricordano inoltre che il 12 settembre scorso la Provincia autonoma di Trento e il Ministero di Grazia e Giustizia hanno sottoscritto un protocollo che tra l’altro prevede che i due sottoscrittori si impegnano “alla realizzazione di percorsi di inserimento sociale dei minori entrati nel circuito penale, con particolare attenzione agli ambiti dell’istruzione, della formazione professionale, del lavoro e delle attività di socializzazione”. Partendo da queste considerazioni l’ordine del giorno presentato dai due consiglieri e approvato dal Consiglio provinciale, ha impegnato la Giunta provinciale: promuovere ed incentivare progetti di formazione professionalizzante e di inserimento lavorativo; promuovere attività culturali, di socializzazione e di espressione artistica, con particolare riferimento a progetti di espressione teatrale; garantire la massima collaborazione per garantire il pieno rispetto della dignità delle persone ristrette anche favorendo il riconoscimento della libera espressione del credo religioso delle persone recluse. Pavia: detenuti-panettieri sfornano biscotti per i bambini ricoverati a chirurgia pediatrica di Maria Grazia Piccaluga La Provincia Pavese, 16 dicembre 2012 La merenda per i bambini ricoverati a Chirurgia pediatrica, ogni mercoledì, arriva dal carcere di Torre del Gallo. I detenuti-panettieri sfornano pane e biscotti fragranti secondo una vecchia ricetta a base di farina di riso e di mais. E li fanno arrivare ancora caldi al San Matteo. Gli stessi dolcetti, confezionati in sacchetti, vengono anche donati in cambio di un’offerta e con il ricavato si sostiene il progetto di creazione di una “recovery room” che accompagni i piccoli pazienti verso un risveglio dolce e protetto. I lavori sono in corso, ma serve l’aiuto di tutti. I biscotti hanno un patron speciale, lo chef Claudio Sadler. “Siamo onorati che Sadler abbia aderito all’iniziativa patrocinandola a titolo gratuito e benefico - spiega l’équipe medico infermieristica della clinica di Chirurgia pediatrica sul biglietto di accompagnamento della confezione -. I biscotti sono prodotti dai detenuti di Torre del Gallo e vengono offerti ai nostri bambini per la colazione e per la merenda. L’iniziativa ha lo scopo di fare incontrare due diversi aspetti di isolamento e fragilità”. Quello dei bambini che la malattia tiene lontani da casa e quello dei carcerati. Proprio per fare sentire i piccoli meno estranei in ospedale e accoglierli in camere ospitali con colori allegri e musica, la onlus “Sole e Terre strategie di pace” ha messo in cantiere il progetto della Recovery roome del risveglio con la musica classica. Anche ieri pomeriggio due detenuti, che usufruiscono di benefici e possono uscire dalla cella per fare lavori di riparazione sociale, si sono infilati le tute da imbianchino e insieme ai volontari della parrocchia di Don Orione si sono messi al lavoro in ospedale per tinteggiare il reparto. Ci vanno da più di un mese. Hanno già completato i corridoi e la stanza per l’ecografia. Ora tocca alle camere di degenza. Ma dal carcere arriva anche un altro gesto di generosità nei confronti dei bambini della pediatria. Gli agenti della polizia penitenziaria della casa circondariale hanno realizzato un calendario che distribuiranno in città raccogliendo offerte a favore del progetto della camera dei risveglio. Un agente-fotografo ha immortalato dodici colleghi occupati nelle loro mansioni ordinarie. Rappresenteranno ognuno un mese dell’anno. Il calendario è autoprodotto: scatti, impaginazione, confezionamento dei calendari. “L’idea di realizzare un calendario benefico - spiega la polizia penitenziaria - nasce dal desiderio di tutti noi di contribuire concretamente a migliorare le condizioni di vita delle persone in difficoltà. Questo calendario è stato un mezzo giocoso e divertente per dimostrare la nostra attenzione ai problemi che ci circondano al di là del muro di cinta del carcere”. Agrigento: due posti di lavoro in carcere; si cercano docenti nel campo teatrale e musicale La Sicilia, 16 dicembre 2012 Il Comune, quale capofila del distretto socio-sanitario Ag 7, ha pubblicato un avviso di selezione pubblica per titoli per la ricerca di due esperti in attività di drammatizzazione e un maestro di musica. I tre esperti saranno impegnati in attività di docenza per la realizzazione di un laboratorio teatrale e di un laboratorio musica e canto nella locale casa circondariale. L’avviso è stato emanato dal dirigente del I Settore Affari Sociali del Comune Michele Todaro ed elenca i requisiti di accesso e i compensi previsti, le ore complessive di servizio e come saranno valutati i titoli. La domanda dovrà pervenire a mezzo posta raccomandata o consegnata a mano all’Ufficio del Protocollo Generale del Comune, entro le ore 14,00 del 10 gennaio 2013. I laboratori teatrali negli istituti di pena sono da anni una realtà e vengono ritenuti di grande aiuto per il recupero dei detenuti. Le compagnie che lavorano negli istituti penitenziari sono oggi decine e si tratta di esperienze che sviluppano diverse forme di collaborazione tra il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e diversi soggetti istituzionali, principalmente le istituzioni culturali del territorio e degli enti locali, come nel caso del Comune di Sciacca e del distretto socio sanitario. Si pone l’accento sull’attività laboratoriale e creativa dei detenuti, sulla funzione terapeutica e pedagogica di quest’ultima, in grado di intervenire sugli aspetti relazionali e la cura di sé. Reggio Emilia: Sappe; fuggiti due detenuti di origine marocchina ammessi a lavoro esterno Adnkronos, 16 dicembre 2012 Ieri sera due detenuti di origine marocchina condannati per droga, di età compresa fra i 30 de i 32 anni, con fine pena 2017, non hanno fatto rientro in carcere a Reggio Emilia, dove erano detenuti. “I due - spiega Giovanni Battista Durante, segretario aggiunto del Sappe - erano fuori perché ammessi al lavoro all’esterno, articolo 21 dell’ordinamento penitenziario. Verso le 23 di ieri è scattato l’allarme e sono iniziate immediatamente le ricerche da parte delle Forze di polizia. “Tale evento - evidenzia ancora - non deve comunque scoraggiare la concessione delle misure di recupero e reinserimento sociale, come il lavoro all’esterno e le misure alternative alla detenzione. Sarebbe forse opportuno che anche in Italia, come in molti altri paesi europei, si iniziasse ad usare il braccialetto elettronico per il controllo dei detenuti che lavorano all’esterno del carcere, ovvero che usufruiscono di misure alternative alla detenzione, considerato che in 10 anni sono stati spesi 110 milioni di euro per il contratto con la Telecom e che tale contratto è stato recentemente rinnovato per un ulteriore costo di 9 milioni di euro”. Firenze: rissa nel carcere minorile, due ragazzi ingoiano lamette di temperamatite Ansa, 16 dicembre 2012 Due ragazzi reclusi nel carcere minorile di Firenze sono stati ricoverati per aver ingerito lamette di temperamatite in seguito a una rissa a cui avevano preso parte insieme a un terzo detenuto. Le loro condizioni, secondo quanto emerso, non sono gravi. Tutto è avvenuto ieri intorno alle 19. Sia i due ricoverati che il terzo giovane coinvolto sono di origine africana. Secondo quanto emerso, la rissa è scaturita per futili motivi all’interno del refettorio del carcere, quando si stava servendo la cena. I tre giovani sono stati divisi dai compagni e dalle guardie penitenziarie. Poi, quando sono stati riportati in cella, uno di loro ha ingoiato una lametta, forse in segno di sfida verso gli agenti penitenziari. All’arrivo della guardia medica, anche un secondo giovane che aveva partecipato alla rissa ha ingerito una lametta. I due sono stati portati all’ospedale dove si trovano ricoverati in osservazione. Il terzo minorenne protagonista della rissa, che nel corso della zuffa ha riportato tagli superficiali alle gambe, è stato medicato e dimesso. “Nel carcere minorile ci sono 12 detenuti, quindi l’episodio non è dovuto a problemi di sovraffollamento - spiega il garante dei detenuti del Comune di Firenze Franco Corleone. L’autolesionismo, che per i detenuti adulti è l’unico modo di farsi sentire, viene usato da questi ragazzi come forma di protesta in modo simbolico senza un motivo preciso. Occorre un lavoro di approfondimento per capire le ragioni. Da un fatto banale può succedere una tragedia”. Cuneo: violenza sessuale sui detenuti, arrestato agente della Polizia penitenziaria La Stampa, 16 dicembre 2012 Violenza sessuale sui detenuti, ripetuta nel tempo, su più carcerati. I fatti accertati risalgono al periodo tra il 2003 e il 2005. È stato prima condannato, poi assolto in secondo grado e condannato nuovamente in Cassazione: dopo la condanna definitiva è stato rinchiuso nel carcere di Cuneo, per scontare una pena di quattro anni. Si tratta di un agente della polizia penitenziaria, 50 anni, residente nell’Albese, arrestato dalla Squadra mobile. Cinema: troupe film su Armida Miserere inizia le riprese nel carcere di Ancona Montacuto www.regione.marche.it, 16 dicembre 2012 Un luogo significativo da cui cominciare le riprese marchigiane di un film di impegno civile e di amore assieme, la Casa circondariale di Montacuto di Ancona che ospiterà da domenica 16 dicembre per alcuni giorni la troupe del film “Come il Vento” con protagonisti Valeria Golino e Filippo Timi per la regia di Marco Simon Puccioni. La pellicola, prodotta da Rai Cinema, Intelfilm Srl, Red Carpet srl, Revolver srl, Les Films du Present e sostenuta dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, è promossa e sostenuta anche da Marche Cinema Multimedia - Marche Film Commission e vanta per la prima volta il coinvolgimento e la costruttiva collaborazione di sei cooperative sociali che operano su tutto il territorio marchigiano a sottolineare l’impegno per la diffusione dei temi in materia di diritti e giustizia sociale”. Hanno contribuito infatti alla realizzazione del film Ama Aquilone Cooperativa sociale (Ap), Associazione La Speranza (Fm), Cooss Marche cooperativa sociale (An), I.R.S. L’Aurora cooperativa sociale (An), Labirinto cooperativa sociale (Pu), L’imprevisto cooperativa sociale (Pu). Fondamentale naturalmente la collaborazione e la disponibilità già accordata dalla Direzione dell’istituto penitenziario anconetano che diventa il terzo protagonista della pellicola e vede nel cast anche Francesco Scianna e Chiara Caselli. E non sarà un caso forse che alla direzione del Carcere di Montacuto ci sia una donna se la vicenda del film è ispirata alla vita e al lavoro di Armida Miserere, una delle prime donne direttrici di carcere: una donna dura e discussa che incuteva timore ma anche rispetto e che godeva dell’ amicizia di magistrati come Giancarlo Caselli e Alfonso Sabella. Le Marche dunque ancora scenario di un film importante in questo finale di anno 2012 che ha segnato un forte e costante impegno della Fondazione Marche Cinema Multimedia - Marche Film Commission per attrarre nel nostro territorio produzioni di qualità e promuovere l’utilizzo di giovani tecnici e operatori locali. Infatti la produzione del film impiegherà assistenti scenografi, assistenti elettricisti, assistenti macchinisti, runner, comparse e ragazzi delle cooperative sociali. Il film, con il sottotitolo “ La vera storia di Armida Miserere” si ispira infatti alla vicenda di questa donna “ condannata dalla perdita del suo amato a vivere una vita al limite, in cerca, fino alla fine, di giustizia e amore nel sistema penitenziario”. E come sottolinea lo stesso regista e sceneggiatore insieme a Heidrunn Schleef si tratta di Amore e Morte, l’eterno binomio che si identifica in questa opera cinematografica con “una donna che lavora con il lato oscuro della società e lotta con se stessa per restare umana.” Le riprese marchigiane del film fino al 20 dicembre non resteranno solo “tra le sbarre” ma sono state scelte dal regista altre location in Provincia di Pesaro-Urbino per “ un’indagine - come ha spiegato - su una vita di una donna comune, forte e fragile, immersa totalmente nella lotta per una giustizia giusta. “ Armida Miserere è stata direttrice per vent’anni di molti carceri italiani durante il difficile periodo della mafia, del terrorismo e della P2, compreso quello di Ascoli Piceno fino a Sulmona dove Il 19 aprile 2003 si è uccisa con un colpo di pistola alla testa nella sua abitazione annessa al carcere. Accanto a lei c’era solo il suo cane e sul letto la foto del suo compagno Umberto Mormile: educatore del carcere di Opera, assassinato nel 1990 a Milano. Armida ha lasciato anche una lettera in cui ha accusato gli assassini del compagno. L’ omicidio di Umberto Mormile ha segnato profondamente Armida, che per molti anni non ha avuto giustizia, pur avendo fin dall’ inizio comunicato agli inquirenti i suoi sospetti, poi rivelatisi veritieri. India: caso marò, la sentenza della Corte Suprema indiana viene posticipata Corriere della Sera, 16 dicembre 2012 I due avevano chiesto di trascorrere il Natale a Casa. La nota del Governo: “Incomprensibile, faremo di tutto per portarli a casa”. È stata posticipata, a oltre tre mesi dalla conclusione del dibattimento, la sentenza della Corte Suprema indiana sui ricorsi presentati dall’Italia in difesa della giurisdizione nazionale e della immunità funzionale dei due fucilieri della Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trattenuti in India da più di nove mesi. I due avevano chiesto di trascorrere il Natale a casa. Richiesta a questo punto destinata a rimanere inascoltata. Che fa sapere la sua netta contrarietà a questa decisione delle autorità di Nuova Dehli: “Il differimento della pronuncia della Corte Suprema - osserva il Governo - non appare assolutamente comprensibile agli occhi delle istituzioni e dell’opinione pubblica italiane e provoca forte preoccupazione”. Il Governo italiano, “proseguirà con immutato vigore la propria azione volta a far prevalere le proprie ragioni e a riportare così in Italia quanto prima i due militari del Battaglione San Marco”. Stati Uniti: il “business odioso” del partenariato fra pubblico e privato nella giustizia di Elisabetta Grande Il Manifesto, 16 dicembre 2012 Come il partenariato fra pubblico e privato possa rivelarsi un “business odioso” ce lo raccontano due casi americani di complicità fra stato e mercato ai danni della gente. In tempi di crisi, si sa, i budget degli uffici dell’accusa e dell’amministrazione penitenziaria sono in rosso, cosicché per sopravvivere - è questa la strategia statunitense - occorre far affari con le corporation e raccogliere le briciole di un bottino furtivo legalizzato dall’imprimatur dello stato. Ecco, allora, che le amministrazioni penitenziarie stipulano contratti di telefonia all’interno delle prigioni prevedendo una “commissione”, in percentuale sul guadagno o secondo una quota fissa, a loro favore da parte delle compagnie fornitrici del servizio. Gli uffici dell’accusa, invece, si accordano con le società di riscossione crediti per aggredire i debitori di Walmart, Target, Safeway, o di altri grandi magazzini, e per condannarli senza processo e senza la formulazione di un’accusa alla pena alternativa della partecipazione - a pagamento - a classi di financial accountability, da cui anche l’ufficio pubblico trarrà un piccolo guadagno. Difficile dire quale delle due pratiche sia più odiosa, se quella di uno stato che divide i profitti con una compagnia telefonica ai danni dei carcerati e delle loro famiglie che pagano prezzi per una telefonata fino a cinque volte più alti del normale, oppure quella di uno stato che veste la locale Equitalia addirittura dei panni del pubblico ministero e del giudice penale in un colpo solo, per fare paura ai piccoli debitori delle grandi catene della distribuzione commerciale e costringerli a pagare somme molto più alte del dovuto,che, per l’eccedenza rispetto al debito, finiranno nelle tasche dei partner dello scellerato sodalizio. Per stabilire il triste primato occorre osservare le due pratiche più da vicino: una breve descrizione consentirà a chi legge di farsi un’idea di come pubblico e privato possano lavorare insieme per il profitto e contro la collettività. Tre grandi compagnie monopolizzano oggi la telefonia carceraria negli Stati Uniti, si tratta di Securus Technologies,CenturyLink e Global Tel Link, l’ultima delle quali, venduta l’anno scorso da Goldman Sachs ad American Securities per la cifra di 1 miliardo di dollari (con un guadagno netto di 655 milioni di dollari in due anni), detiene contratti con le amministrazioni penitenziarie che coinvolgono il 57% dell’intera popolazione carceraria. Il monopolio è ottenuto grazie a una scelta operata dalle amministrazioni che privilegia fra i vari offerenti la compagnia che promette loro la più alta commissione (alias tangente), che, se in percentuale sul profitto, varia fra il 15% e il 60% . I prezzi delle telefonate fra prigionieri e familiari sono conseguentemente fortemente gonfiati e il costo finale ricade su chi già soffre per la detenzione di un caro, con cui non ha normalmente altri contatti che non siano telefonici, data la forte distanza geografica che spesso li separa e lo scarso alfabetismo che contraddistingue chi sta in prigione. Il mantenimento dei legami familiari attraverso le telefonate è, però, interesse anche della collettività tutta, giacché è noto come il detenuto che conservi un rapporto con la famiglia tenda al suo rilascio a ricadere assai meno nel reato. Il secondo esempio di partenariato scellerato fra pubblico e privato coinvolge le procure statunitensi che in combutta con due agenzie private di riscossione crediti, la Californiana Corrective Solutions e la Bounce Back del Missouri, fanno profitti sui crediti, gonfiati e riscossi, di grandi catene commerciali. 300 contratti legano oggi gli uffici dei pm statunitensi alle suddette agenzie di riscossione crediti, le quali raggiungono, con lettere su carta intesta dell’ufficio dell’accusa che a ciò le autorizza, circa 1 milione di piccoli debitori l’anno, responsabili di aver pagato con assegni scoperti i loro acquisti. Le missive, a firma del procuratore, minacciano di pena detentiva chi non paghi non solamente il debito e i costi di riscossione annessi, ma altresì l’iscrizione a un corso di responsabilità finanziaria i cui profitti saranno divisi fra l’agenzia e l’ufficio dell’accusa. Il debitore si ritrova così ad accettare una pena alternativa alla prigione per un reato di truffa che non gli è mai stato contestato formalmente e per il quale nessun giudice lo ha mai condannato e né mai probabilmente lo condannerebbe. “Le agenzie restituiscono migliaia di dollari ai commercianti senza che i contribuenti siano gravati dei costi di un eventuale procedimento” si difendono gli uffici delle procure. D’altronde, l’accertamento della colpevolezza è da tempo un lusso nella patria del plea bargaining, che con la pratica del partenariato fra agenzie di riscossione crediti e uffici dell’accusa muove soltanto un passo ulteriore nella direzione della privatizzazione della giustizia, che del patteggiamento costituisce la logica. E di quale giustizia si tratti può ben dirlo Angela Yartz, ragazza madre, che per aver firmato un assegno scoperto di 47 dollari e 95 centesimi per una spesa effettuata da Walmart, si è vista recapitare una lettera firmata dal procuratore della contea di Alameda, ma in realtà proveniente dalla Corrective Solutions, che minacciava di applicarle la pena detentiva di un anno qualora non avesse pagato 280 dollari di cui 180 per la frequenza ad un corso di responsabilità finanziaria. Yemen: 93 soldati guardia repubblicana condannati a pene detentive per ammutinamento Aki, 16 dicembre 2012 Un tribunale militare in Yemen ha condannato 93 soldati della guardia repubblicana a pene detentive, che variano dai 3 ai 7 anni di carcere, per resistenza a pubblico ufficiale e ammutinamento. Lo ha riferito una nota della procura militare di Sanàa, secondo cui le sentenze si riferiscono al tentativo di alcuni reparti della guardia repubblicana di occupare ad agosto il ministero della Difesa. Tutti i condannati, precisa il comunicato, sono stati riconosciuti colpevoli di aver partecipato all’attacco al dicastero in cui due uomini della sicurezza e due civili rimasero uccisi. La guardia repubblicana è il corpo di elite dell’esercito yemenita guidato da Ahmed Saleh, figlio dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh, che ad inizio anno ha lasciato il Paese a seguito della rivolta scoppiata sulla scia delle altre rivoluzioni della Primavera Araba.