Giustizia: numero detenuti stabile oltre 66mila, mentre crescono le misure alternative Redattore Sociale, 4 aprile 2012 Elaborazione di Ristretti Orizzonti. Rimane stabile, nel complesso, il numero dei detenuti: 66.695 contro 66.632 di un mese prima. 5.682 i detenuti scarcerati per effetto della svuota - carceri fino al 31 marzo 2012. Aumenta il numero di detenuti che accedono alle misure alternative. è questo il dato più significativo che emerge dal confronto delle statistiche sulla popolazione detenuta a distanza di un mese: da fine febbraio a fine marzo 2012 le persone sottoposte a provvedimenti restrittivi della libertà personale sono aumentate di 1.178 unità. Secondo l’elaborazione di Ristretti Orizzonti dei dati del Dap rimane stabile, nel complesso, il numero dei detenuti: 66.695 contro i 66.632 di un mese prima (a fronte di una capienza complessiva di 45.743 unità). Per effetto della legge “svuota-carceri”, al 31 marzo sono stati 5.682 i detenuti scarcerati (1.522 stranieri e 361 donne). Dei ristretti presenti alla fine del mese, 24.123 erano stranieri (879 in semilibertà) e 2.863 donne. I condannati definitivi sono in tutto 38.277, mentre gli imputati 26.941: di questi, 13.493 sono in attesa di primo giudizio, 7.128 gli appellanti, 4.701 i ricorrenti. Altri 1.565 rientrano in una categoria mista: sono imputati con a carico più fatti, ma senza condanne definitive. Infine, gli internati sono 1.379. In totale, i detenuti in area penale esterna sono 31.979: 10.424 sono in affidamento in prova, 879 in semilibertà e 9.453 in detenzione domiciliare e arresti domiciliari. Altre 8 persone sono in semidetenzione e altrettante in sospensione condizionale della pena. Ancora: 143 sono in libertà controllata, 1.086 impegnate in lavori di pubblica utilità. Oltre ai beneficiari della svuota - carceri, l’area penale esterna conta anche 472 persone che lavorano all’esterno con articolo 21 e 3.026 che hanno ottenuto la libertà vigilata. Nei 206 istituti di pena italiani la nazionalità più presente tra i detenuti stranieri è quella marocchina (4.858, 20,1%), seguita da quella rumena (3.686, 15,3%), tunisina (3.043, 12,6%), albanese (2.795, 11,6%). Giustizia: quei settanta bambini rinchiusi nelle carceri italiane di Antonio Crispino Corriere della Sera, 4 aprile 2012 La legge consente alle madri di tenerli in prigione fino all’età di tre anni. Ma le condizioni per loro sono aberranti tra inferriate, giochi posticci e bagni puzzolenti. Che ci fa un bambino di due anni a giocare con una bacinella nel bagno di una prigione? Che ci fa, un altro poco più grande di lui, aggrappato alla sbarre mentre aspetta qualcuno che apra la “gabbia”? E tutti quelli sdraiati sui sedili di un furgoncino? Ci dicono che sono in attesa di essere trasferiti in infermeria perché nelle celle con la mamma non c’è posto per la notte. Ne vediamo tanti, nei vari carceri che visitiamo. E ogni volta è uno strazio. Lamenti, pianti, risa, giochi, nenie che siamo abituati a sentire nelle stanze colorate dei figli o dei nipoti stridono con il grigiore delle carceri, con la muffa che scende a frotte dalle pareti, con i bagni puzzolenti delle stanze, con giochi messi posticci per camuffare la tetra presenza delle inferriate ovunque. Le mamme hanno scelto per loro. La legge le consente di tenerli in carcere fino all’età di tre anni. Ma quale mamma si staccherebbe dal figlio, pur sapendo di portarlo in un posto del genere? Nelle carceri italiane ci sono circa 70 bambini reclusi. Il numero è costante negli anni. “Lo so, è brutto, ma lontani non possiamo stare, né io né lui” dice una detenuta del carcere Gazzi di Messina. Lo stesso ministro della Giustizia Paola Severino ha ammesso di recente che “il carcere anche nelle situazioni migliori, è un luogo incompatibile con le esigenze di socializzazione e di corretto sviluppo psico - fisico del bambino”. Si cercano sistemi alternativi. Rende pessimisti il fatto che da anni si tenti di dotare il sistema di uno specifico ordinamento penitenziario pensato per i minorenni. In Italia non ce n’è uno. Ma una serie di proposte sono all’esame del Parlamento dal 2008. In altri casi la legge n. 40 del 2001 (che offre alternative alla detenzione proprio a tutela del rapporto tra detenute e figli minori), si trasforma in una serie di paletti insormontabili per le detenute straniere, soprattutto se nomadi. E così, dietro le sbarre ci restano soprattutto loro, senza alternativa. Impedimenti che conosce bene anche Serenella Pesarin, che è a capo della Direzione generale per l’attuazione del provvedimenti giudiziari del Dipartimento Giustizia Minorile: “Se non trovano un lavoro, se sono discriminati, se non possono avere i documenti, se passano una vita per avere un rinnovo, se vengono guardati come nemici, cosa gli resta? Se non gli diamo un’identità, non li strappiamo alle organizzazioni criminali che li stanno sfruttando”. In una stradina al centro della capitale incontriamo l’associazione “a Roma insieme” fondata dall’ex onorevole Leda Colombini. Da anni si occupano di ordinarie storie di emarginazione in carcere e ogni giorno fanno i conti con le storture del sistema. Ci mostrano le foto scattate da Giuseppe Aliprandi, ne hanno fatto una pubblicazione. Sono istantanee di una attesa e poi di una gioia settimanale: il sabato. Li chiamano “Sabati di libertà”. È l’unico giorno, infatti, in cui l’associazione può prelevarli e farli uscire dalla segregazione. Per il resto della settimana c’è il carcere con le sue dure regole. Anche quando un bambino si ammala, anche quando deve andare in ospedale o deve subire un’operazione grave. La mamma non può seguirlo, non è autorizzata. Può solo chiedere informazioni agli assistenti penitenziari. È quello che è successo anche a Grcjela, una rom che un’alternativa l’ha trovata. Grazie al volontariato si è ribellata al campo e ha trovato il coraggio di allontanare chi la costringeva a rubare. Ma invece del suo coraggio preferisce raccontarci dell’allontanamento dalla figlia malata, la tortura di sette giorni passati senza poterla vedere, senza poter parlare con i medici, senza sapere se era viva o morta. Giustizia: caso Michele Aiello; nota Coordinamento nazionale Magistrati di Sorveglianza Ristretti Orizzonti, 4 aprile 2012 Il Coordinamento Nazionale dei magistrati di sorveglianza, in relazione alle recenti reazioni seguite alla decisione del Tribunale di sorveglianza di L’Aquila di concedere la detenzione domiciliare per gravi motivi di salute ad un condannato per allarmanti reati di mafia (Michele Aiello - ndr), desidera ricordare il delicatissimo ruolo svolto dai Tribunali di sorveglianza nell’amministrazione dell’esecuzione penale secondo Giustizia e Costituzione e perciò la necessità che le critiche legittime che si muovono al merito dei provvedimenti dagli stessi emessi si fondino non su generiche informazioni giornalistiche ma su una attenta lettura delle motivazioni che sorreggono tali provvedimenti. Nel particolare caso oggi all’attenzione dell’opinione pubblica non può ignorarsi il travaglio istruttorio, decisionale ed argomentativo, la disamina dei profili di pericolosità, del complesso quadro patologico e delle risultanze peritali, nonché di tutti gli apporti processuali, che traspaiono dalla lettura dell’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di L’Aquila. Occorre poi ricordare che il condannato, già sottoposto nel corso del processo di cognizione, prima agli arresti domiciliari, senza rilievi negativi e per lungo tempo, per gli stessi gravi motivi di salute - la tutela di tale bene primario non varia a seconda delle diverse fasi cautelari o espiative del processo penale - poi alle misure coercitive non custodiali ed infine alla libertà senza obblighi, è oggi destinatario di una detenzione domiciliare a tempo, con riesame alla scadenza dell’anno, e sarà sottoposto ad un regime di prescrizioni e controlli idonei a prevenire la reiterazione di condotte criminose. La serietà e l’impegno dimostrati negli anni dalla Magistratura di sorveglianza nel quotidiano compito istituzionalmente affidatole ci sembra che non meritino accuse suggestive e delegittimanti, che travalicano di gran lunga il legittimo esercizio del diritto di critica. Giustizia: Ignazio Marino (Pd); entro 15 giorni pronto decreto che chiude gli Opg Redattore Sociale, 4 aprile 2012 Sarà pronto entro 15 giorni il decreto attuativo delle legge 9 del 2012, che chiude gli ospedali psichiatrici giudiziari. Lo ha annunciato il senatore Ignazio Marino (Pd) al convegno “Stop opg” in corso a Palazzo Marino. “Le regioni hanno a disposizione 273 milioni di euro immediatamente spendibili - ha affermato. 93 milioni per il personale e gli altri per le strutture”. La legge 9 del 2012 prevede che, entro febbraio 2013, gli Opg siano chiusi e i circa 1.400 internati siano presi in carico dalle regioni e ospitati in strutture più piccole, le cui caratteristiche devono essere stabilite dal decreto attuativo. Avvocati e psichiatri: per superare veramente Opg cambiare Codice penale Per superare veramente il sistema degli ospedali Psichiatrici giudiziari (Opg) non basta la norma contenuta nel decreto svuota-carceri, che ne sancisce la chiusura da marzo 2013, ma serve la modifica del codice penale. Altrimenti il problema non si risolve. Ne sono convinti operatori legali e psichiatrici, riuniti oggi a Palazzo Marino a Milano in un convegno organizzato da Stop Opg Lombardia. “La soluzione finale si potrà avere solo con una modifica del codice penale - spiega Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta del Senato sul Ssn, padre della norma - ma questo non rientra nei compiti della nostra commissione. In questi giorni i ministri Balduzzi e Severino lavoreranno al decreto attuativo per definire i principi su come realizzare le strutture e come trasferire i pazienti che non sono pericolosi socialmente sul territorio”. Anche per Sergio Moccia, docente di Diritto penale dell’università Federico II di Napoli, è necessario “cambiare il codice penale, ma purtroppo non c’è alcuna volontà politica di farlo realmente. Ma bisogna intervenire, anche perché il ricorso agli Opg sta diventando sempre più frequente, anche per semplici casi di disagio mentale”. Per Antonella Calcaterra, della Camera penale di Milano, “il sistema del doppio binario e delle misure di sicurezza per le persone incapaci di intendere e volere, colpevoli di reati, è desueto e inutile - ha rilevato - In realtà sarebbe sufficiente applicare realmente i principi della Consulta, stabilendo percorsi secondo principi di psichiatria giudiziaria in strutture non segreganti, con la libertà vigilata terapeutica”. Per Stefano Rotelli, psichiatra basagliano, “la norma dello svuota-carceri è sbagliata e pericolosa e il rischio è che vengano inviate nelle nuove strutture che saranno realizzate persone prive di requisiti, che si finisca per costruire tanti mini-opg - ha concluso. E visto che sarà difficile costruire in un anno nuove strutture e spendere i finanziamenti del governo, ci sarà un boom di offerte di privati”. Giustizia: Ugl; domani il seminario “Reati in ambito penitenziario, strategie investigative” Adnkronos, 4 aprile 2012 Si svolgerà domani a Roma, presso la casa circondariale di Rebibbia, dalle 15 alle 19, il seminario di aggiornamento tecnico professionale “Reati in ambito penitenziario, strategie investigative”, organizzato dall’Unione generale del lavoro (Ugl) Polizia Penitenziaria e Polizia di Stato e in collaborazione con l’International Crime Analysis Association. “I lavori si apriranno con il saluto del direttore del carcere di Rebibbia, Carmelo Cantone - si legge in una nota - cui seguiranno gli interventi di operatori del settore di grande esperienza”. “Fra coloro che interverranno - prosegue la nota - Marco Strano, dirigente sindacale dell’Ugl Polizia di Stato, che presenterà i lineamenti di criminologia penitenziaria; il commissario di Polizia Penitenziaria Luca Bontempo, responsabile del Nucleo Investigativo Centrale, che illustrerà l’attività di indagine volta alla ricerca degli evasi; l’Assistente di Polizia Penitenziaria Marco Campilani, che esporrà le problematiche operative del servizio traduzioni e l’Ispettore Superiore di Polizia Penitenziaria Luigi Giannelli, che evidenzierà l’attività di Polizia Giudiziaria in relazione all’ordinamento penitenziario per fatti occorsi all’interno dell’Istituto”. Per Giuseppe Moretti, segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, “il seminario, di taglio prevalentemente pratico, sarà utile per approfondire le strategie di analisi investigativa e scientifica applicabili alla risoluzione di crimini commessi dai detenuti all’interno degli istituti stessi. Le simulazioni pratiche di ricerca - tracce nei siti che saranno allestiti sul modello delle camere detentive presenti nei penitenziari - continua Moretti - offriranno agli operatori strumenti utili per prevenire e fronteggiare le eventuali situazioni di pericolo che spesso mettono a rischio l’incolumità degli agenti”. Il segretario generale nazionale dell’Ugl Polizia di Stato, Valter Mazzetti, sottolinea che il seminario “fa parte di un progetto più ampio che la Ugl ha organizzato per l’aggiornamento professionale e scientifico di tutti gli operatori della Sicurezza, con la preziosa collaborazione del criminologo e psicologo della Polizia di Stato, Marco Strano. Abbiamo già affrontato il fenomeno dello stalking, l’abuso sui minori e approfondito le tecniche di investigazione sulle scene del crimine”. “Il 13 aprile - aggiunge Mazzetti - ci sarà a Milano un altro seminario sul tema “La telefonia cellulare nell’investigazione criminale”. È grande l’interesse mostrato dal personale delle Forze di Sicurezza - conclude - perché i nostri seminari sopperiscono alle carenze delle amministrazioni che non riescono da sole a garantire la formazione e l’aggiornamento costante dei lavoratori”. Giustizia: Cirielli (Pdl); bloccare il traffico è “come un sequestro”… carcere per i No Tav Il Manifesto, 4 aprile 2012 Contro “la violenza cieca del blocco stradale” che altro non è che “una particolare forma di sequestro di persona” ecco spuntare una anzi due proposte di legge alla camera. Puntano a introdurre pene pesanti per chi arresta il traffico sulle strade “ordinarie”. Sono proposte vecchie. Ha due anni quella di Edmondo Cirielli, il deputato carabiniere col doppio lavoro (è presidente della provincia di Salerno) noto alle cronache come firma sulla legge che doveva salvare Cesare Previti. Ha quattro anni quella di Giancarlo Lehner, il deputato - giornalista di Libero - Giornale - Panorama. Ma le proposte si sono risvegliate, assieme, e oggi approdano alla discussione in commissione giustizia. Avranno una corsia privilegiata? Non si può escludere, lo si capirà al termine della seduta e poi molto dipenderà dal parere che il governo deve esprimere. Di certo il relatore è un deputato di primo piano del circolo Ghedini, l’avvocato Contento. E l’obiettivo di tanto attivismo sanzionatorio è evidente: le manifestazioni dei “No Tav” che nelle scorse settimane hanno bloccato il traffico lungo molte strade, al sud come al nord. Non solo, la stretta poliziesca nella versione del “garantista” Lehner prevede il carcere anche per manifestazioni davanti alle scuole, alle università, alle fabbriche, agli uffici. D tentativo è evidentemente quello di reprimere anche la pratica dei picchetti. Ma l’intenzione principale resta quella di mandare in galera, immediatamente visto che è previsto l’arresto in flagranza, chi protestando ferma o anche solo rallenta la circolazione stradale. Oggi è reato penale solo bloccare mediante “congegni o altri oggetti” la circolazione ferroviaria. Andando incontro a un’esigenza opposta a quella che si evidenzia oggi, infatti, nel 1999 il parlamento decise di depenalizzare i reati minimi come il blocco stradale, che attualmente dunque è punito con una sanzione pecuniaria. Troppo poco, secondo Lehner, Cirielli e Contento, servono 5 o 6 anni di carcere, raddoppiati se il reato è commesso “da più persone anche non riunite”. Come capita a chi manifesta. Nella compagnia di deputati decisi a far qualcosa per mettere fine ai blocchi stradali - che secondo Lehner sono “assimilabili alla violenza privata” - ci sono anche un bel po’ di finiani e persino un dipietrista, l’onorevole Favia che da Forza Italia proviene. E tutto questo accade mentre oggi la ministra Paola Severino comincia il suo giro di incontri con i partiti della maggioranza per cercare un’intesa sulle leggi in materia di giustizia. Chissà se il Pd vorrà chiedere garanzie anche su queste nuove iniziative anti cortei, per correggerle o per bloccarle. O se l’ansia di non fermare gli scavi per l’alta velocità condizionerà anche i democratici. La ministra Severino comincerà stamattina i suoi incontri con i rappresentanti di Futuro e libertà, tra loro proprio la presidente della commissione giustizia della camera, Giulia Bongiorno. Più complicato sarà l’appuntamento immediatamente successivo, quello con la delegazione del Pdl guidata dall’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini. Con lui, per salvare le forme, ci saranno anche i capigruppo nelle commissioni giustizia e l’ex ministro (per 4 mesi) Nitto Palma, impegnato ora come commissario Pdl nella Campania delle tessere false. La giornata di oggi si chiude con l’Udc e l’Api, domani Severino incontrerà il Pd mentre nessuno spazio è previsto per Italia dei valori e Lega che sono fuori dalla maggioranza. Questi incontri bilaterali, fortemente voluti dal Pdl, esalteranno le differenze tra i partiti. I berlusconiani svicolano sui provvedimenti anti corruzione, usano l’emendamento approvato alla camera che introduce la responsabilità civile diretta dei magistrati come materia di scambio nelle trattative, soprattutto fanno muro contro la reintroduzione del falso in bilancio. In più vorrebbero rilanciare la legge contro le intercettazioni. Il Pd cercherà di far passare qualche aggravante in tema di corruzione e soprattutto di cambiare il testo sulla responsabilità dei giudici, ieri anche il nuovo presidente dell’Anni Rodolfo Sabelli l’ha definito “un vulnus per l’imparzialità dei giudici”. Margini di trattativa ci sono, anche se ai suoi il segretario del Pdl Alfano ha detto che “terrà il punto”. La ministra della giustizia si è impegnata a presentare le proposte del governo intorno al 16 aprile. Giustizia: cliniche a cinque stelle per detenuti, ecco i soggiorni sanitari dei boss di Martina Di Bernardino La Repubblica, 4 aprile 2012 Così i capi clan scontano la pena fuori da Rebibbia per ragioni di salute. In camera vengono servite cene a base di pesce e vini pregiati ordinati a ristoranti di lusso. La malattia mentale come quarto grado di giudizio. Un meccanismo non perfetto, ma in molti casi efficace, alimentato dal flusso di denaro sporco ma che non olet per avvocati e periti psichiatrici. Michele Senese, Damaso Grassi, Carmine Bongiorno, Roberto Pannunzi, Alessandro Capriotti, sono alcuni dei nomi di esponenti della mala che alternano le sbarre a sontuosi ricoveri nelle più lussuose cliniche romane come la Sant’Alessandro, il Rome American Hospital e la Pio XI: il carcere ridotto ad una forma di detenzione provvisoria, una cella con le porte girevoli e affaccio sulle cliniche psichiatriche più confortevoli di Roma. Gli hotel dei boss. Il 16 febbraio scorso Michele Senese detto “o pazzo”, boss dell’omonimo clan, viene arrestato mentre si trova presso la casa di cura Sant’ Alessandro con un’ordinanza di revoca degli arresti domiciliari e di ripristino della custodia cautelare in carcere. Senese era entrato in clinica il 28 luglio del 2011 grazie alla documentazione prodotta dagli avvocati Cavaliere e Dell’Anno che dimostrava l’incompatibilità delle sue condizioni di salute con il regime carcerario. Tre mesi dopo, i periti della Corte, Lucilla Pisani e Franco Idone ribaltarono il verdetto: “Il diario clinico della Sant’Alessandro rivela in Senese un’attività allucinatoria delirante nelle ore notturne. Proprio quando la soglia dei controlli medici si abbassa”. A rendere ancora più confortevole la degenza in clinica, confessa una fonte investigativa: “Senese riceveva cene di pesce e vini doc serviti da un famoso ristorante romano”. Nella stessa casa di cura e sempre per incompatibilità con il regime carcerario, era stato ricoverato anche Damaso Grassi, boss della malavita romana, attualmente agli arresti domiciliari dalla sorella. Se le cliniche romane a cinque stelle della mala sono sempre le stesse, anche i medici che certificano lo stato di salute dei boss sono sempre i soliti noti. Le perizie chieste dalla procura e dalle difese degenerano in una specie di tribunale parallelo. Intorno a Carmine Bongiorno, arrestato l’8 febbraio 2011 dalla guardia di Finanza di Fiumicino per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, è andato in scena un vero e proprio balletto dei “colletti bianchi”. Il professor Piero Rocchini, psichiatra, il 12 gennaio scorso viene nominato perito dal tribunale del Riesame presieduto dal giudice Laviola, “ma quattro mesi prima era stato contattato dall’avvocato di Bongiorno, Marco Cavaliere, come consulente di parte anche in virtù di una vecchia amicizia poi degenerata”. In quell’occasione, si legge nelle carte processuali, Cavaliere e Rocchini non trovarono un accordo per le richieste ritenute eccessive del medico: “seimila euro per una visita in carcere”. Rocchini, secondo l’avvocato, tuttavia visionò la cartella clinica di Bongiorno. Poi accettò l’incarico del tribunale della libertà e redasse una perizia in controtendenza con le due precedenti: Bongiorno era compatibile con il regime carcerario. A nulla sono valse le obiezioni difensive dell’avvocato Cavaliere, che aveva fatto presente al Tribunale l’antefatto con Rocchini: “Non ci accordammo sul costo della perizia e questo lasciò dei dissapori”. E non è il solo episodio, anche nel caso Senese ci furono ruggini con Cavaliere: la Corte d’Appello nominò Rocchini come perito, ma il professore dopo aver accettato, inspiegabilmente declinò l’incarico. Bongiorno adesso risiede presso il Rome American Hospital di Tor sapienza, lo stesso istituto sanitario che ha ospitato in passato Damaso Grassi. I giudici del Riesame, pur non ritenendolo capace di suicidarsi, hanno tuttavia considerato che lo stato di salute di Bongiorno potessero precipitare “anche al di là delle reali condizioni del detenuto”. Senese invece è a Rebibbia e aspetta che la Corte di Cassazione si pronunci per ottenere un nuovo ricovero. Alessandro Capriotti, altro boss, deve scontare 12 anni ma è agli arresti domiciliari dopo essere passato per la clinica Pio XI. Una storia di terapia e pallottole sempre più sospetta, finita nel mirino degli investigatori. Lettere: l’amnistia, l’indulto e la Pasqua di Filippo Maltese Ristretti Orizzonti, 4 aprile 2012 Rispetto la laicità dello Stato, rispetto la laicità del Partito Democratico. Per questi motivi evito di manifestare la mia fede cristiana nelle argomentazioni politiche, perché possano essere rispettate le diverse sensibilità che un partito pluralista e laico come il nostro accoglie. Qualcuno si domanderà che cosa c’entra la fede di un redattore di Insieme per il Pd con al rubrica di cui è responsabile, che riguarda poi la giustizia. C’entra. Eccome se c’entra. Perché se da una parte il partito è laico, ciò non vuol dire che non posso cercare di sensibilizzare gli elettori e i simpatizzanti del Pd su un tema, esponendo il mio punto di vista di credente. Laici ma non per forza atei. Ci sono delle posizione di atei e agnostici che potrebbero essere condivise da tutti. Allo stesso modo ci sono posizione dei credenti, di tutte le religioni che non vanno per forza guardate come il retaggio di un pensiero oscurantista. Si avvicina la Pasqua, per i credenti cristiani la festa che ricorda la resurrezioni di Gesù dai morti. Inaccettabile per i più, che desta seri dubbi anche in molti cristiani. Ma non è questo il punto. È un altro. È il ricordo, di uomo, per alcuni Dio, che ha tentato di insegnare di non accanirsi nel giudizio del prossimo, di perdonare anziché punire, di riconoscere l’umanità nel proprio prossimo. Una follia? Può darsi. Prendo spunto da Gesù di Nazareth, personaggio più o meno accettato storicamente, per parlare del sovraffollamento delle carceri, delle ragioni dell’amnistia o dell’indulto. Occorre premettere che queste non sono che posizioni personali, che non esprimono la posizione di Insieme per il Pd e tantomeno dei democratici in generale. Il mio è un invito a riflettere sulla condizione disumana che viene vissuta nelle carcere sovraffollate di tutta Italia, che piega gli animi e i corpi di persone, che vengono spogliate della loro umanità, per il fatto di aver commesso reati più o meno gravi e per questo sono sottoposti alla privazione della libertà personale. Amnistia ed indulto. Questi sono gli strumenti attraverso i quali lo Stato italiano, anche quando era ancora il Regno d’Italia, ha governato il problema del sovraffollamento degli istituti di pena, fino al 1992, quando con legge costituzionale il Parlamento stabilì che per deliberare l’amnistia e l’indulto sarebbe stato necessaria la maggioranza dei due terzi di ciascuna camera. Ma che cosa sono l’amnistia e l’indulto? Sembrerebbero due parolacce a sentire le obiezioni che si levano quando vengono pronunciate. L’amnistia è il provvedimento attraverso il quale il legislatore decide di non perseguire e quindi punire determinati reati. Tecnicamente estingue il reato e tutte le sue conseguenze. L’indulto consiste nella rinuncia dello Stato alla pretesa punitiva nei confronti degli autori di determinati reati. Tecnicamente estingue la pena ma non il reato. Perché non discutere della possibilità di ricorrere ad uno di questi strumenti? Le vittime, la loro tutela, la giustizia che verrebbe calpestata. Insomma, ottime obiezioni. Ma l’ingiustizia patita dalle persone che si trovano in carcere interessa a qualcuno? Il fatto che circa il 65% di quelle persone che si trovano in carcere poi torneranno a delinquere non è motivo di discussione. Non sono numeri sparati a caso e chi vuole può richiederne la fonte. Si tratta del tasso di recidiva calcolato per le persone che hanno commessi reati ed hanno scontato la pena interamente con la reclusione. È noto, o almeno dovrebbe esserlo, che i tassi di recidiva scendono drasticamente nei casi di condannati che abbiano espiato la pena attraverso una misura alternativa alla detenzione carceraria. Il tasso di recidiva in quei casi si attesta sul 20 % circa. Con l’applicazione dell’ultimo indulto i tassi di recidiva si attestato a circa il 30 %. Il quadro è delineato. Una misura clemenziale come l’indulto produrrebbe sul lungo periodo un tasso di recidiva inferiore a quello che scaturisce dall’espiazione della pena tra le mura del carcere. Meno criminalità, più sicurezza. Se si tiene conto che il ddl di riforma della giustizia penale presentato recentemente dal Governo va nella direzione di ridurre il ricorso alla pena detentiva, vi è un altro motivo per discutere di indulto. L’indulto non si configurerebbe come un palliativo ma come uno degli strumenti messi in atto per risolvere in modo definitivo il problema del sovraffollamento degli istituti di pena nel nostro paese. Questi sono i dati e le circostanza che conforterebbero la bontà dell’indulto. Ma c’è un altro aspetto che non deve essere tralasciato. Il riconoscimento dell’umanità delle persone detenute e il valore rigenerante della clemenza, il perdono. La clemenza ha un profilo rieducativo importante. Se si vuole che il reinserimento dei detenuti nella società sia effettivo, e anche se la maggioranza non lo volesse occorrerebbe lottare perché quella maggioranza non sia più tale, occorre che questo intento sia percepito dalle persone che sono in carcere in modo diretto. Urlare contro la disumanità della condizione carceraria a causa del sovraffollamento, per poi lasciare che la situazione rimanga più o meno invariata, è terribilmente ipocrita. Mettiamoci nei panni dei reclusi, anche se è difficile. Pensiamo che ci dicano con tutte le strategie retoriche che la società, attraverso lo Stato, vuole il nostro reinserimento in società. Ora riflettiamo sulla percezione dei comportamenti della società nei confronti di noi reclusi. Stigmatizzazione, esclusione sociale, tutto il contrario della reintegrazione. L’indulto o l’amnistia sarebbero gesti che potrebbero essere percepiti invece come un’apertura da parte della popolazione carceraria, un decisione umanitaria, un atto di pietà e di clemenza. ai agli altri ciò che vorresti sia fatto a te, disse Gesù di Nazareth. Nell’anniversario della sua morte, non sarebbe male pensare a quelle parole e trovargli applicazione in quel difficile e talvolta incomprensibile meccanismo che chiamiamo giustizia. In quell’incubo che chiamiamo carcere. Lombardia: serve piano post-Opg, trovare strutture idonee ad accogliere pazienti dimessi Adnkronos, 4 aprile 2012 A chiederlo alla Regione Lombardia è Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali e servizi per la salute del Comune di Milano. L’emendamento alla legge 9 del 2012, “proposto dagli onorevoli Marino, Maritati e Casson, approvato nel contesto del disegno di legge svuota carceri, ha rappresentato un’indubbia conquista di civiltà - spiega Majorino oggi a Milano durante un convegno sul tema - in quanto prevede entro marzo 2013 la definitiva chiusura degli attuali ospedali psichiatrici giudiziari, strutture indegne per le condizioni di vita delle persone internate, come ampiamente documentato proprio dalla Commissione di inchiesta presieduta dal senatore Marino, e pone le premesse per il trasferimento certo dei 320 soggetti già dichiarati immediatamente dimissibili”. Ma a fronte di questo, prosegue, “riteniamo nostro compito, pur non avendo il Comune deleghe operative riguardo a questo problema, chiedere con forza alla Regione Lombardia di ottemperare ai contenuti e alle scadenze indicate dalla legge, aprendo al più presto un tavolo specifico con Asl e aziende ospedaliere per verificare le condizioni migliori di tutela e di reinserimento dei nostri concittadini ancora rinchiusi in queste strutture”. L’obiettivo è appunto quello di individuare soluzioni di accoglienza e cura umane e dignitose per chi ancora si trova internato negli Opg d’Italia. Dal capoluogo lombardo parte anche un appello lanciato da rappresentanti delle istituzioni, parlamentari, consiglieri comunali e psichiatri per “l’applicazione tempestiva da parte delle Regioni delle disposizioni contenute nella legge, in base alle quali gli ospedali psichiatrici giudiziari devono essere chiusi entro il 31 marzo 2013 e per gli ex internati (1.400 persone in tutta Italia, una quarantina di milanesi) devono essere individuate e indicate, proprio dalle Regioni, strutture idonee all’accoglienza e alla cura”. In particolare, spiegano oggi dal convegno, “la legge appena approvata prevede che ogni Regione debba provvedere alla creazione di nuove strutture residenziali psichiatriche, di carattere esclusivamente sanitario, dove trasferire le persone dimesse dagli ospedali psichiatrici. Liguria: in arrivo il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive? www.ivg.it, 4 aprile 2012 “Il numero dei detenuti presenti nelle oltre 205 carceri italiane è in flessione, erano 66.973 il 31 gennaio scorso ed ora sono 66.632. Purtroppo in netta controtendenza è la situazione della Liguria. Qui, i detenuti presenti il 31 gennaio 2012 erano 1.710. Un mese dopo, il 29 febbraio scorso, erano 1.824 rispetto ai 1.088 posti regolamentari nelle 7 Case circondariali liguri. Sicuramente il Garante è un organo che, in ambito penitenziario, ha funzioni di tutela delle persone private o limitate della libertà personale ed è sicuramente importate. Occorre però ragionare sulle possibilità finanziarie della regione Liguria e quindi capire quale sia la strada migliore e meno dispendiosa da seguire”. Così il consigliere regionale del Pdl sulla proposta di legge per l’istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. “Oggi durante la Commissione Affari Generali, Istituzionali e Nomine - continua Della Bianca - è stata presentata la proposta di legge per l’istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. Ritengo, come evidenziato dal Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria), che in un momento di crisi economica sia più sensato seguire l’esempio di alcune regioni come Lombardia e Marche che hanno unito questa figura in quella del Difensore Civico. Non dimentichiamoci che una cosa simile avviene per il Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ai sensi dell’art.3 della legge regionale n.38 del 06 ottobre 2009, che in via transitoria e fino all’effettiva istituzione del Garante, vede nel Difensore Civico la figura che possiede le funzioni di garanzia e di tutela dei diritti dei minori”. Lucca: Severino; il carcere è vecchia struttura conventuale, impossibile metterlo a norma Ansa, 4 aprile 2012 “La casa circondariale è situata in una vecchia struttura conventuale, a motivo della conformazione fisica dell’immobile e della tecnica edificativa adottata per la costruzione dell’edificio non è possibile intervenire con opere di ristrutturazione idonee ad adeguare il complesso alle prescrizioni vigenti”. Così il ministro della giustizia Paola Severino risponde ad una interrogazione presentata lo scorso 10 gennaio dal senatore Andrea Marcucci (Pd), sulla drammatica situazione del San Giorgio. “È un carcere fuorilegge - ribatte il parlamentare insieme alla collega Raffaella Mariani, che aveva presentato un’analoga interrogazione alla Camera - le condizioni di detenzione sono contro qualsiasi principio di umanità, sia per gli agenti che per i detenuti. Gli episodi di violenza sono all’ordine del giorno per l’impossibilità di avere celle di isolamento, gli spazi in comune praticamente non esistono. Possiamo andare avanti così? È necessario - concludono Mariani e Marcucci - proprio in virtù delle carenze della struttura, finanziare ampi interventi di recupero per ritornare nell’alveo della legge”. Per quanto riguarda il sovraffollamento, il ministro dice che “secondo le ultime rilevazioni nel carcere di Lucca risultano presenti 186 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 113. Tale situazione di sovraffollamento, contenuta nei limiti della tolleranza, si attenuerà grazie agli effetti della legge svuota-carceri”. Anche per quanto concerne l’organico della polizia penitenziaria, il Guardasigilli nella risposta al senatore Marcucci, prevede “miglioramenti significativi, grazie allo stanziamento di 41 milioni di euro previsti dalla legge del bilancio. Attualmente al San Giorgio sono in servizio 84 agenti, contro i 125 previsti”. Cagliari: ministero pagherà arretrati agli operai impegnati nella costruzione del carcere Agi, 4 aprile 2012 Sarà il ministero a pagare per intero le tre mensilità arretrate dei 55 lavoratori di Opere Pubbliche impegnati nella costruzione del carcere di Uta (Cagliari). È il risultato raggiunto dopo la lunga vertenza che ha visto impegnati lavoratori e sindacati negli ultimi mesi. L’ufficialità si è avuta stamattina, - si legge in una nota - con la firma del verbale negli uffici dell’assessorato provinciale al Lavoro tra i segretari provinciali di categoria Chicco Cordeddu (Fillea Cgil), Luigi Fanzecco (Filca Cisl) e Gianni Olla (Feneal Uil) e il responsabile del ministero per le Infrastrutture Walter Quarto. Oltre al pagamento del cento per cento degli stipendi di dicembre, gennaio e febbraio, il ministero si è impegnato a versare quanto spetta alle Casse Edili, sostituendosi, anche in questo caso, alle imprese. Nisida (Na): accordo per sviluppo sostenibile del carcere minorile Il Velino, 4 aprile 2012 Firmato il protocollo d’intesa tra il Gestore dei Servizi Energetici, E.ON e il Centro per la Giustizia Minorile della Campania, nell’ambito del progetto Gse. Energie per il sociale, che ha come obiettivo quello di promuovere e facilitare la donazione di impianti a fonti rinnovabili di alta qualità, creando partnership fra le Organizzazioni di utilità sociale e l’Industria delle energie rinnovabili”. Questa importante collaborazione permetterà l’istallazione di un impianto fotovoltaico che produrrà 36.000 kWh all’anno di energia da fonti rinnovabili e ridurrà le emissioni di CO2 pari a 18 tonnellate” così l’Amministratore Delegato del Gse Nando Pasquali in occasione della firma del protocollo. “Abbiamo messo in campo le nostre migliori energie anche in termini di formazione ed educazione al risparmio e allo sviluppo sostenibile che verranno proposte ai ragazzi dell’istituto Penale di Nisida”. “Siamo particolarmente orgogliosi di poter affiancare il Gse nel diffondere l’uso sostenibile dell’energia e in particolare nello sviluppare un’iniziativa rinnovabile che serva un’intera comunità giovanile. Questo progetto si inserisce in un percorso di responsabilità sociale d’impresa a sostegno dell’ambiente e dell’efficienza energetica nei confronti dei clienti, dei fornitori e del territorio in cui operiamo - ha dichiarato Miguel Antonanzas, Presidente e Amministratore Delegato di E.ON Italia. Per la realizzazione dell’impianto verranno utilizzati moduli in silicio cristallino, disposti su strutture a cavalletto, con orientamento tale da rispettare la disposizione dell’edificio e l’inclinazione rispetto all’orizzonte, minimizzando la visibilità dell’impianto ma al contempo garantendo la massima producibilità”. “Crediamo che promuovere tra i ragazzi ospiti della struttura l’attenzione al tema della valorizzazione delle risorse rinnovabili riscuoterà un grande risultato in termini di partecipazione, di crescita e di responsabilizzazione” ha dichiarato Donatella Caponetti, dirigente centri giustizia minorile di Lazio e Campania. “Aver supportato una realtà come questa di Nisida che si occupa di minori, garantendogli, con l’intervento che verrà realizzato dal Gruppo E.ON, benefici in termini d’indipendenza energetica e di risparmio economico in bolletta, è per noi una gioia. Attraverso il progetto “Gse. Energie per il sociale” abbiamo inoltre cercato di contribuire a far sì che i ragazzi all’interno dell’Istituto liberino le loro migliori energie, proiettandosi così verso un futuro migliore” ha concluso Emilio Cremona, presidente del Gse e promotore dell’iniziativa. Camerino (Mc): Cavallaro (Pd); il 12 aprile si deciderà la sorte della struttura penitenziaria www.cronachemaceratesi.it, 4 aprile 2012 Dall’Onorevole Mario Cavallaro (Pd), riceviamo un intervento sul carcere di Camerino: “Il 12 aprile a Roma presso l’ufficio del Commissario straordinario per l’emergenza carceri si terrà la Conferenza di servizio appositamente convocata per l’approvazione definitiva, da parte di tutti i soggetti istituzionali interessati, del progetto di realizzazione del nuovo istituto penitenziario di Camerino. L’opera prevede la realizzazione di un istituto per 450 posti con una spesa presumibile di oltre 33 milioni di euro. Subito dopo l’auspicabile urgente approvazione da parte della Conferenza si potrà tenere la gara d’appalto, la cui effettuazione è prevista entro il prossimo mese di maggio. L’opera potrebbe essere consegnata entro luglio prossimo ed i lavori dovrebbero terminare entro due anni. È importante che tutte le amministrazioni interessate diano il loro assenso in sede di Conferenza dei servizi, onde dare al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ed al Ministro l’indicazione dell’importanza che il nuovo istituto penitenziario avrà nel sistema marchigiano e nazionale e l’urgenza della sua realizzazione. Ritengo doveroso far presente che l’efficienza e la professionalità del nuovo Commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, il Prefetto Sinesio e dei suoi uffici è stata decisiva per dare all’intero piano straordinario per la realizzazione di nuove carceri e alla pratica specifica che riguarda il nuovo istituto di Camerino uno straordinario impulso ed un rapido corso, che ci si augura fondatamente contrassegni sia la fase finale di approvazione del progetto sia quella dell’appalto e della realizzazione dell’opera”. Piacenza: alle Novate sovraffollamento e mancanza di risorse, presto un nuovo padiglione Il Piacenza, 4 aprile 2012 Il garante regionale a Piacenza ha rilevato sovraffollamento, mancanza di risorse e personale ma si va verso l’apertura di un nuovo padiglione previsto dal “Piano Carceri”. Sovraffollamento, carenze di personale, calo di risorse da parte dell’amministrazione penitenziaria, mancati interventi di manutenzione, scarsa disponibilità da parte del tessuto sociale e imprenditoriale del territorio ad offrire opportunità di lavoro che consentano la concessione di misure alternative alla detenzione. Sono alcune delle criticità segnalate da Desi Bruno, Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative delle libertà personali dopo la visita al carcere di Piacenza, dove si è recata nei giorni scorsi assieme al suo omologo del Comune di Piacenza, Alberto Gromi. Su una capienza regolamentare di 178 detenuti, quelli attualmente reclusi nel carcere piacentino sono 337, dei quali 328 uomini e 9 donne. 207 scontano una condanna definitiva (201 uomini e 6 donne) mentre 130 sono ancora in attesa di giudizio (127 uomini e 3 donne). Quasi la metà è costituita da stranieri (48,36%), in gran parte provenienti dal Marocco. Rilevante la presenza dei tossicodipendenti ( 47,18% del totale dei detenuti ) superiore al dato nazionale (che si attesta intorno al 30%). A fronte di una situazione di sensibile affollamento, l’attuale organico di agenti di polizia penitenziaria è costituito da 157 unità (25 delle quali non operativi nella struttura in quanto distaccati in altri enti e 3 a disposizione della commissione medica ospedaliera) contro i 179 previsti in pianta organica. L’edificio penitenziario - riferiscono i garanti Bruno e Gromi - presenta carenze strutturali in particolare legate al deterioramento degli ambienti che ospitano i servizi igienici e le docce, ma il piano di ristrutturazione che pure era stato approvato non è stato finanziato. Nel frattempo sta per giungere a termine la costruzione di un nuovo padiglione detentivo, previsto dal cosiddetto “Piano carceri”, i cui lavori dovrebbero concludersi entro dicembre di quest’anno. La capienza della nuova struttura è di 200 detenuti: “Impensabile che possa essere gestita a regime con il personale attualmente in servizio - fanno notare i garanti - una delle ipotesi auspicate dalla direzione è che i nuovi spazi possano essere utilizzati per realizzare un regime carcerario con le celle aperte (in cella di notte, in sezione e spazi esterni di giorno) come previsto dalla recente circolare Dap per i detenuti il cui indice di pericolosità è considerato basso, come nel caso della maggior parte di coloro che sono rinchiusi a Piacenza”. Nell’ultimo anno la carenza di risorse da parte dell’amministrazione penitenziaria si è tradotta anche in un calo di finanziamenti destinati ai compensi per le attività lavorative dei detenuti, contratti del 35%. Diminuita quindi la possibilità di impiego per coloro che ne facciano richiesta. Solo due i detenuti occupati da una cooperativa esterna. Difficoltà si registrano anche nell’assegnazione di misure alternative a causa della poca offerta dal territorio: 4 o 5 le borse lavoro concesse dal Comune di Piacenza. Scarsa anche l’offerta formativa, che si arresta al secondo anno di scuola superiore. In questo modo, solo grazie all’impegno dei volontari che sostengono la preparazione dei candidati chi intende arrivare al diploma può farlo solo da privatista. Un’ultima criticità riscontrata dai garanti riguarda la mancata attivazione del reparto di osservazione psichiatrica. La struttura preposta alla osservazione dei detenuti con problemi psichiatrici e alla diagnosi dei disturbi (l’unica attualmente esistente nelle carceri dell’Emilia - Romagna), nonostante possa contare su un’equipe medico - specialistica dedicata, concessa dall’Ausl di Piacenza, non è in funzione per mancanza di personale penitenziario. Un ultimo dato: per effetto del cosiddetto decreto Alfano (ex 199) sulla detenzione domiciliare, dal carcere di Piacenza sono uscite 14 persone. Trento: difensore civico in carcere, visita i detenuti di Spini Il Trentino, 4 aprile 2012 L’istituzione della difesa civica e i possibili servizi per i detenuti sono stati spiegati nel carcere di Trento dal difensore civico, Raffaello Sampaolesi. Si tratta di una delle presentazioni periodiche dell’attività. Con l’occasione, è stata preannunciata la consegna agli operatori della Casa circondariale di un piccolo volantino, costruito dall’Ufficio del Difensore civico e rivolto alla popolazione carceraria, in speciale modo ai cosiddetti “nuovi giunti”, per fornire una concisa informazione in argomento. I campi d’azione illustrati sono tre: l’intervento per questioni amministrative che riguardano uffici pubblici esterni, la tutela e garanzia dei diritti umani fondamentali e la tutela dei diritti dei figli minori di persone detenute. “Si ritiene - spiega una nota - che il momento informativo sia stato gradito dai detenuti, che hanno espresso gratitudine per la disponibilità offerta dal nostro Ufficio ed hanno mostrato il proprio interesse con domande volte ad approfondire la natura dei servizi offerti dalla difesa civica, in relazione a loro bisogni proiettati per lo più all’esterno del luogo di detenzione”. Brescia: “(S)cambio di stagione”, il tradizionale mercatino solidale con i detenuti www.quibrescia.it, 4 aprile 2012 “(S)cambio di stagione”, il tradizionale mercatino del libero e gratuito scambio organizzato da Legambiente Brescia dà appuntamento sabato 14 aprile dalle 14 alle 18 in Cascina Maggia, in città, per la consegna degli oggetti e per l’allestimento dell’esposizione e domenica 15 aprile, dalle 9 alle 17, per il ritiro gratuito degli oggetti. La novità di quest’anno è quella di dedicare uno spazio del “mercatino” alla raccolta di indumenti per i detenuti/e di Canton Mombello e Verziano. Il tutto si tradurrà non solo nell’approvvigionamento di tute, accappatoi, magliette, scarpe da ginnastica, ecc. (che verranno consegnati ai volontari del carcere e che successivamente distribuiranno ai detenuti) ma sarà l’occasione per sensibilizzare la cittadinanza sulle problematiche legate alle condizioni carcerarie, alla dignità e alle condizioni disumane in cui versano i detenuti a Brescia. Inoltre, grazie a Libera che ha coinvolto il Vol.Ca. (volontari carcere) e Carcere e Territorio, le direzioni di Canton Mombello e Verziano metteranno a disposizione alcuni detenuti per le attività delle due giornate. Per qualsiasi informazione: legambientebrescia@libero.it oppure: 030 3754151. Svizzera: per i nordafricani in carcere un progetto di formazione e rimpatrio assistito. Immigrazione Oggi, 4 aprile 2012 Stanziata la somma di 4.000 franchi per ogni immigrato che, in carcere, accetterà di frequentare un corso di formazione dopo il rimpatrio. Formazione professionale in patria per gli immigrati nordafricani “pluri recidivi” che sono nelle carceri svizzere. È quanto prevede il progetto pilota promosso dall’Ufficio federale della migrazione (Ufm) elvetico e presentato dal direttore, Mario Gattiker, ai direttori cantonali di giustizia e polizia. Secondo quanto riportato dal quotidiano Rsi.ch, il Governo spende per ogni giorno di detenzione circa 450 franchi mentre l’aiuto al reinserimento professionale ammonta a 4.000 franchi al massimo. Il progetto, in fase di sperimentazione nel cantone di Ginevra, prevede che i nordafricani autori di reati ricevano 1.000 franchi quando si trovano sul volo del rimpatrio e al loro arrivo questa somma venga impiegata per la loro formazione. Una volta che una Ong ha convalidato in loco la fattibilità del progetto, viene loro versata un’ulteriore somma, che può arrivare fino a 3.000 franchi. Secondo il direttore dell’Ufm, con questo incentivo è stato possibile procedere a un certo numero di espulsioni e chi è partito, ha aggiunto, non è tornato in Svizzera. In ogni caso, ha spiegato, si tratta di “una misura palliativa in attesa della firma degli accordi di riammissione” e indotta dalla situazione di sovraffollamento delle carceri svizzere. Arabia Saudita: pena di morte; decapitato un uomo condannato per omicidio Aki, 4 aprile 2012 Un cittadino saudita, riconosciuto colpevole di omicidio, è stato decapitato oggi a Riad. Lo riferisce una nota del ministero degli Interni saudita, citata dall’agenzia d’informazione Spa. Ayed al - Saadi, questo il nome del detenuto giustiziato, era accusato di aver assassinato Ahmed Khabrani a colpi di arma da fuoco. Sale così a 17 il numero delle sentenze capitali eseguite in Arabia Saudita da inizio anno, stando alle note ufficiali del governo. Nella monarchia del Golfo viene applicata la pena di morte per una serie di reati, dall’omicidio allo stupro, dal narcotraffico all’apostasia. Lo scorso anno nel regno di re Abdullah, secondo dati di Amnesty International, sono state eseguite le condanne a morte comminate a 79 persone. Cuba: almeno 25 dissidenti arrestati a Santiago dopo visita papa Asca, 4 aprile 2012 Almeno 25 dissidenti cubani sono stati arrestati nella zona intorno a Santiago de Cuba, dopo la visita di papa Benedetto XVI la scorsa settimana. Elizardo Sanchez, leader di una associazione per i diritti umani, ha riferito che fra gli arrestati ci sono un ex detenuto politico, Jose Daniel Ferrer e sua moglie Belkis Cantillo, attivista del gruppo di opposizione Damas en Blanco. Ferrer e la moglie sono stati fermati a Palma Soriano, dove partecipavano a una manifestazione di protesta per chiedere il rilascio di Andres Carrion Alvarez, arrestato lo scorso 26 marzo per aver gridato “Abbasso il comunismo, abbasso la dittatura” durante la messa all’aperto del papa a Santiago. La scorsa settimana fonti dei dissidenti cubani avevano parlato di almeno 150 arresti per evitare qualsiasi manifestazione durante la visita del pontefice. Canada: Politici uniti per i detenuti in Iran di Concita Minutola Corriere Canadese, 4 aprile 2012 Parlamentari e facoltà di legge insieme per difendere i detenuti politici in Iran. È l’iniziativa internazionale guidata dal deputato Irwin Cotler, che si prepara a divulgare una lista di casi per “smascherare la violazione dei diritti umani del regime iraniano”. Il Gruppo interparlamentare per i diritti umani in Iran, fondato da Cotler e dal senatore statunitense Mark Kirk, sta per lanciare l’Iranian Political Prisoners Advocacy Program con l’obiettivo di coinvolgere parlamentari di diversi Paesi e schieramenti politici per l’”adozione” di detenuti politici iraniani. Cotler, ex ministro della Giustizia canadese, denuncia l’aumento esponenziale delle detenzioni di oppositori al regime iraniano, le torture, le violenze, i sequestri e le esecuzioni. Tra i casi che Cotler vuole portare all’attenzione pubblica ci sono anche quelli dei due iraniano - canadesi Hamid Ghassemi - Shall e Saeed Malekpour, detenuti a Teheran e condannati a morte. “Sono altri due esempi - dice Cotler - dell’assalto del regime iraniano ai diritti umani che prende di mira persone di tutte le fasce della società, dissidenti, difensori dei diritti umani, gruppi etnici e religiosi come i Bahai e i curdi, movimenti delle donne, sindacalisti, studenti, personalità del cinema e della cultura”. Anche Ghassemi - Shall e Malekpour, arrestati nel 2009 mentre erano in visita nel loro paese natale, sono stati travolti da questa strategia del terrore fatta di “arresti arbitrari, usati per la propaganda, sulla base di accuse false come offesa a Dio o spionaggio”. I due sono stati tenuti in isolamento per mesi, torturati, ricorda il deputato liberale. Le autorità iraniane “hanno negato il diritto all’assistenza legale e di provare la loro innocenza. Sono processi privi di un crimine e di prove”. Casi che si susseguono “ancora, e ancora, con un drammatico aumento sia delle detenzioni per motivi politici, sia delle esecuzioni”. I due canadesi, spiega Cotler, sono tra i tanti prigionieri politici che rischiano di essere giustiziati da un momento all’altro. “Per questo abbiamo sentito la necessità di creare un programma di pressione internazionale per la difesa dei prigionieri politici in Iran, in cui parlamentari da tutto il mondo saranno invitati a occuparsi di questi casi e di agire per loro conto. Vogliamo anche chiedere alle facoltà di giurisprudenza di lavorare al loro fianco”. Hamid Ghassemi - Shall ha la doppia cittadinanza canadese e iraniana. Saeed Malekpour ha la residenza permanente in Canada. “Per il loro legame con il nostro Paese - dice Cotler - saranno rappresentati da deputati canadesi con la collaborazione di scuole di legge canadesi”. L’obiettivo dell’iniziativa è di “creare una pressione pubblica per la loro liberazione”, mostrando le violazioni dei diritti umani del regime di Teheran che “colpisce il suo stesso popolo”. “Chiederemo al governo iraniano di liberare Hamid Ghassemi - Shall e Saeed Malekpour - dice ancora il deputato - se vuole dimostrare un minimo di giustizia e umanità. Fino a quando condannerà a morte persone innocenti per false accuse, questo regime non potrà essere considerato un membro legittimo a livello internazionale”. Ucraina: Yulia Tymoshenko ha incontrato i rappresentanti dell’Ong Freedom House Tm News, 4 aprile 2012 Yulia Tymoshenko, l’ex primo ministro ucraino condannato a sette anni di carcere per abuso di potere, ha ottenuto il permesso per incontrare brevemente i rappresentanti di Freedom House, un’organizzazione non governativa per i diritti dell’uomo. L’ha detto oggi, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Interfax, il direttore del servizio penitenziario di Kharkiv, Yevgheny Barash. “Yulia Volodymyrivna (Tymoshenko) ha presentato una richiesta per tale incontro e le è stato assicurato”, ha detto il funzionario ucraino. Tymoshenko è stata condannata per aver firmato contratti per la fornitura di gas dalla Russia sfavorevoli a Kiev. Presto dovrebbe cominciare un nuovo processo nei confronti dell’ex premier. Tymoshenko e il suo entourage affermato che si tratta di una persecuzione giudiziaria a scopo politico. Inoltre denunciano le condizioni carcerarie contrarie ai diritti umani e chiedono che a vengano assicurate alla prigioniera cure mediche esterne al carcere.