Marcia per l'amnistia: cronaca della giornata attraverso le agenzie di stampa Ansa, 25 aprile 2012 È iniziata dal carcere di Regina Coeli a Roma la marcia per l'amnistia, la giustizia e la libertà. In prima fila il leader dei Radicali, Marco Pannella, che afferma: "Le carceri oggi in Italia sono luoghi di inciviltà senza pari. L'amnistia è uno strumento obbligato". "Oggi chiediamo giustizia e libertà nel ricordo dell'antifascismo - dice Pannella - chiediamo che venga interrotta questa flagranza criminale. Oggi in moltissime carceri si sta facendo lo sciopero della fame". I manifestanti stanno sfilando esponendo striscioni con su scritto "Amnistia, unica via" e "Crimine di Stato". Sono presenti tra gli altri Ilaria Cucchi, sorella di Stefano Cucchi, il deputato del Pdl Alfonso Papa, coinvolto nell'inchiesta sulla P4, Emma Bonino, Rita Bernardini, Mario Staderini, Flavia Perina, l'ex ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma. Alla marcia per l'amnistia Sofri e Ilaria Cucchi Ci sono anche Adriano Sofri e Ilaria Cucchi alla marcia per l'amnistia, che si sta svolgendo a Roma, giunta ora al Pantheon. Al corteo partecipano anche l'ex ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, il deputato Alfonso Papa e diversi sindaci con la fascia tricolore. Ilaria Cucchi afferma: "Noi siamo qui per chiedere una giustizia certa e uguale per tutti. Vicino a me ci sono anche Lucia Uva e Domenica Ferrulli". "Le condizioni delle carceri italiane sono disumane e degradate. L'amnistia non è un atto di clemenza, ma il primo patto per una riforma della giustizia", ha osservato il segretario dei Radicali italiani, Mario Staderini. Dal corteo si levano cori che inneggiano all'amnistia e a Marco Pannella. "La civiltà di un popolo si vede dallo stato delle sue prigioni", si recita un cartello retto da una bambina. Fra le tante bandiere Radicali sfilano anche personaggi noti come il deputato Alfonso Papa che afferma: "Nelle carceri italiane languono persone in condizioni di sopravvivenza indegne di animali. La metà di queste non hanno ancora avuto un giudizio di condanna definitivo. Chi, oggi si oppone all'amnistia non si oppone solo a questo ma anche a qualunque speranza di poter riformare la giustizia". Tra i manifestanti anche i sindaci di Latronico e di Tito, due paesini in provincia di Potenza. All'unisono i primi cittadini affermano: "Siamo scesi in piazza perché questa è una battaglia di civiltà assolutamente trasversale". Emma Bonino: 700 detenuti suicidi in 12 anni, carceri peggio di cloache "Le carceri italiane sono peggio di cloache" ha dichiarato stamattina all'apertura della manifestazione nazionale a Roma la deputata radicale Emma Bonino. Si perché tra sovraffollamento e ingiustizie la misura è colma. 2.500 le condanne, quasi tutte disattese, da parte della Corte di Giustizia Europea all'Italia. I radicali avevano previsto poche sere fa 53 lanterne in tutte le città italiane e le hanno fatte volare anche nel cielo di Bologna, ma nel giro di pochi giorni le lanterne sono dovute diventate 55. Il numero si riferisce alle persone morte nelle carceri italiane dall'inizio dell'anno: sono più di 700 i detenuti che si sono tolti la vita dal 2000 ad oggi, migliaia quelli deceduti in carcere per varie cause, oltre 80 i suicidi tra il personale carcerario. Nella maggior parte dei casi si tratta di cause "da accertare", poi ci sono i suicidi e le morti per overdose: una vera carneficina. La manifestazione nazionale propone una riforma attraverso l'amnistia l'unico modo per i radicale per pareggiare un giustizia che non funziona. Così è svolta stamattina a Roma e ha visto la delegazione emiliano romagnola scendere numerosa. Alla marcia ha partecipato anche il presidente dell'Unione Camere Penali italiane, Valerio Spigarelli, insieme al responsabile dell'Osservatorio Carceri dell'Ucpi, Alessandro de Federicis. Una partecipazione, fa notare il leader dei penalisti "non è tanto per appoggiare la richiesta di un provvedimento di clemenza, ma per arrivare finalmente a una riforma complessiva del sistema penitenziario, dove la custodia cautelare sia riservata ai casi davvero eccezionali. Senza ciò, nessuna iniziativa porterà a una soluzione". Troppi 9 milioni di processi L'Italia è "un Paese che ha nove milioni di processi pendenti e in cui l'istituto della prescrizione fa saltare 200 mila processi l'anno. Tutto questo è insostenibile in un Paese democratico". Lo ha detto Emma Bonino nel corso della marcia per l'amnistia. In Italia, secondo Bonino, questa situazione "genera un'amnistia di classe, con i più ricchi che si avvantaggiano delle prescrizioni e le carceri che diventano una discarica sociale. Chiediamo l'amnistia come riforma strutturale". Radicali: a Piazza S. Silvestro siamo migliaia La marcia per l'amnistia, promossa dai Radicali, è arrivata a Piazza S. Silvestro, punto d'arrivo del corteo. Interpellato sulla partecipazione alla manifestazione, il segretario di Radicali italiani, Mario Staderini, risponde: ‘Siamo migliaia, molti più del previsto". Tante le bandiere nella piazza capitolina, da poco resa pedonale, in maggioranza quelle Radicali. Il corteo ha sfilato dal carcere di Regina Coeli per le vie del centro di Roma. Marco Pannella per un tratto ha affiancato il corteo su un carro musicale con un'orchestrina; poi ha proseguito a piedi. Bobo Craxi (Psi): Napolitano chiuda settennato con gesto libertà e giustizia Partecipando alla marcia per l'amnistia, il responsabile della politica estera del Partito socialista italiano, Bobo Craxi, ha dichiarato che "oggi, nella giornata della libertà e della democrazia, sottoposta a prove sempre più difficili, è doveroso sottolineare l'impegno socialista per un provvedimento di amnistia". "Mi auguro - ha aggiunto - che il presidente Napolitano voglia chiudere in bellezza il suo settennato con un gesto di libertà e giustizia. Non lo possono di certo auspicare le forze che sostengono il Governo che, a differenza di noi", ha concluso, "sono arretrate nella difesa dei diritti civili nel nostro Paese". Gozi (Pd): marcia amnistia miglior modo per onorare il 25 aprile "È il miglior modo per onorare la Festa della Liberazione". Lo ha affermato il deputato Sandro Gozi, responsabile politiche Ue del Pd partecipando alla marcia dei Radicali oggi a Roma. "Ingiusta con i deboli, impotente con i potenti, la giustizia italiana è pluricondannata dall'Europa. Va riformata al più presto - prosegue il deputato - È necessario arrestare lo spread dei diritti umani che esiste tra l'Italia e l'Europa e che allontana sempre più il nostro paese dai paesi moderni. È in discussione la dignità personale di tutti i cittadini, liberi o detenuti". Alfonso Papa (Pdl): mi appello al Capo dello Stato "Faccio un appello al presidente della Repubblica per l'amnistia, affinché le persone, come a me è accaduto, possano vedere riconosciuta la propria posizione senza andare a processo con le manette ai polsi. Affinché chi deve pagare paghi ma in un'ottica di ristabilimento dei valori della civiltà". Così il deputato Alfonso Papa, coinvolto nell'inchiesta sulla P4, è intervenuto dal palco di Piazza S. Silvestro dopo la marcia per l'amnistia. Sbriglia (Sidipe): spero Ilaria Cucchi ci perdoni Da Piazza S. Silvestro, dove è giunta la marcia per l'amnistia, si levano i cori ritmati "Amnistia" e "Giustizia". E sempre "Amnistia, giustizia, libertà", si legge su alcuni cartelli. Tra i manifestanti riuniti in piazza, anche tanti cittadini comuni. Uno di loro, l'avvocato Vincenzo Vitulli, spiega: "L'amnistia è l'unico modo per cercare di salvare un sistema, il sistema giustizia, che è già collassato". Tanti gli interventi dal palco: anche quello del direttore del carcere di Trieste, Enrico Sbriglia: "Come direttore penitenziario, vorrei dire a Ilaria Cucchi e a tutte le donne che la hanno preceduta, di perdonarci, perché forse non sapevamo quello che stavamo facendo". Poi, sceso dal palco spiega: "Spero che queste donne abbiano giustizia e che lo Stato agevoli ogni percorso di verità. Per legge, l'obbligo del custode è restituire l'oggetto come lo ha ricevuto. Figuriamoci per le persone". Ucpi: carcere solo per casi eccezionali Arrivare "finalmente a una riforma complessiva del sistema penitenziario", che veda la custodia cautelare riservata solo "ai casi davvero eccezionali". È per sollecitare il raggiungimento di questo obiettivo, "non tanto per appoggiare la richiesta di un provvedimento di clemenza", che il presidente dell'Unione Camere Penali italiane, Valerio Spigarelli, ha partecipato alla marcia per l'amnistia, la giustizia e la libertà organizzata dai Radicali a Roma. Una partecipazione, fa notare il leader dei penalisti, peraltro "in linea con l'impegno delle Camere Penali sul tema delle carceri". L'Ucpi ha già compiuto una serie di visite all' interno dei maggiori penitenziari italiani, l'ultima delle quali in quello milanese di San Vittore; un'iniziativa che ora proseguirà con altre tappe a Genova e in Abruzzo. Bernaudo (Pdl): in piazza con i radicali per riforma giustizia "Passo il mio 25 aprile in tono post-ideologico, senza polemiche. Sto in piazza con i radicali per la riforma della giustizia, per tenere alta l'attenzione sull'illegalità e la vergogna del sovraffollamento delle carceri". Così Andrea Bernaudo, consigliere regionale del Lazio, ha risposto ai giornalisti davanti al carcere di Regina Coeli mentre partecipava al corteo organizzato dai radicali. A chi gli ha chiesto se fosse favorevole all'amnistia, il consigliere del Pdl ha risposto: "Sono vent'anni che tutte le forze politiche dicono di voler risolvere la vergogna del sovraffollamento delle carceri, ma rimangono solo parole ed invece il problema cresce, così come i suicidi in cella. I radicali propongono l'amnistia; credo che in assenza di altre proposte vada presa in considerazione, del resto mi pare l'unica proposta in campo. Ma l'illegalità del sovraffollamento delle carceri fa esplodere l'esigenza di una grande riforma della giustizia, non solo penale, ma anche civile. Sono in piazza oggi - conclude Bernaudo - perché questa iniziativa è il miglior modo per commemorare la liberazione. Dobbiamo, infatti, liberare l'Italia dall'illegalità e cogliere anche l'occasione del 25 aprile per lottare per l'affermazione dello stato di diritto e per dare respiro alla politica". Pambianchi (Confcommercio): amnistia unica via per ripristinare diritto "Partecipo con Marco Pannella, Nitto Palma e tanti altri italiani alla marcia organizzata per affrontare, ancora una volta, il problema delle carceri italiane. Sono qui, davanti a Regina Coeli, e credo di poterlo fare anche a nome di tutti i Cesare Pambianchi che oggi non possono essere qui". Lo afferma Cesare Pambianchi, l'ex presidente di Confcommercio finito in carcere e poi ai domiciliari per un'inchiesta su una presunta maxievasione da 600 milioni di euro, tornato in libertà il 26 febbraio scorso. "Sto parlando - ha detto Pambianchi - di quegli italiani che sono o sono stati privati della libertà, ma anche della dignità, ristretti in carceri disumane che accolgono il 40% in più di quante persone prevede la loro capienza e le norme edilizie, di sicurezza e sanitarie. Sto parlando di quegli italiani che sono in attesa di un processo o di una sentenza definitiva che, secondo la nostra legge è l'unica a poter decretare la colpevolezza o l'innocenza di un individuo. Sto parlando di un Paese che da oltre trent'anni viene sanzionato in sede europea per la lunghezza dei processi, per la flagrante violazione, da parte dello Stato, delle condizioni di umanità e civiltà delle nostre carceri". "L'amnistia - sottolinea Pambianchi - è un caro prezzo, ma in questo caso è il giusto e purtroppo unico prezzo che il nostro Stato può e deve pagare per ripristinare quelle condizioni minime del diritto, costantemente calpestate. Le misure fin qui adottate anche dal nuovo Governo sono solo un palliativo rispetto alla gravità della situazione carceraria, perché potranno interessare solo poche migliaia di detenuti, circa tremila, rispetto ai quasi settantamila che affollano carceri che ne potrebbero ospitare al massimo 46.000. Più di 60 i suicidi nel 2011 ed il 2012 già presenta numeri ancora più terrificanti. Questi dati, raccolti dalla Commissione per i Diritti umani del Senato, sono la fotografia agghiacciante della più clamorosa violazione dei diritti umani". "Serve forse ricordare - dice ancora l'ex presidente di Confcommercio - che il 40% della popolazione carceraria non ha ancora avuto una condanna in via definitiva ed oltre il 20% aspetta ancora il primo verdetto. L'istituto della custodia cautelare ed i tempi biblici della giustizia sono fra le cause principali del sovraffollamento delle carceri e di tutte le tristi conseguenze di questa precaria situazione". "Gli appelli di Marco Pannella e Nitto Palma, del Presidente della Repubblica, del Presidente del Senato e delle Autorità Ecclesiastiche sono rimasti tragicamente inascoltati da un Governo ed un Parlamento troppo impegnati a tutelare gli interessi delle lobby e dei partiti per occuparsi della violazione dei diritti umani, indegna di un paese civile. Oggi, la richiesta amnistia, è l'unico atto che può, seppur in parte, riscattare la bassezza di una politica che ha perso la sua anima", conclude. Sappe: l'amnistia da sola non risolve problemi penitenziari "L'emergenza carceri è sotto gli occhi di tutti e servono strategie di intervento concrete, rispetto alle quali il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il Sappe, intende fornire il proprio costruttivo contributo. Non crediamo che l'amnistia, da sola, possa essere il provvedimento in grado di porre soluzione alle criticità del settore. Quel che serve sono vere riforme strutturali sull'esecuzione della pena: riforme che non vennero fatte con l'indulto del 2006, che si rilevò un provvedimento tampone inefficace a risolvere i problemi. Il sovraffollamento degli istituti di pena è una realtà che umilia l'Italia rispetto al resto dell'Europa e costringe i poliziotti penitenziari a gravose condizioni di lavoro. I poliziotti e le poliziotte penitenziarie, ad esempio, nel solo 2011 sono intervenuti tempestivamente in carcere salvando la vita ai 1.003 detenuti che hanno tentato di suicidarsi ed impedendo che i 5.639 atti di autolesionismo posti in essere da altrettanti ristretti potessero degenerare ed ulteriori avere gravi conseguenze. Hanno fronteggiato oltre 730 episodi di aggressione e circa 3.500 colluttazioni. Facciamo dunque nostra l'impietosa osservazione fatta nei giorni scorsi dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha anche sottolineato con forza come ciò sia dovuto al peso gravemente negativo di oscillanti e incerte scelte politiche e legislative, tra tendenziali depenalizzazione e depenitenziarizzazione e ciclica ripenalizzazione, con un crescente ricorso alla custodia cautelare, abnorme estensione della carcerazione preventiva. Ad avviso del Sindacato più rappresentativo della Polizia Penitenziaria, il Sappe, si deve potenziare maggiormente il ricorso alle misure alternative alla detenzione, espellere i detenuti stranieri e favorire nuovi circuiti penitenziari, che ad esempio permettano ai tantissimi tossicodipendenti oggi in cella di espiare la pena nelle comunità di recupero controllati dalla Polizia Penitenziaria". Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione di Categoria. Il Sappe sottolinea come sia giunto il tempo "che la classe politica rifletta seriamente sulle parole del Capo dello Stato ed intervenga con urgenza per deflazionare il sistema carcere del Paese, che altrimenti rischia ogni giorno di più di implodere. Il personale di Polizia Penitenziaria è stato ed è spesso lasciato da solo a gestire all'interno delle nostre carceri moltissime situazioni di disagio sociale e di tensioni, 24 ore su 24, 365 giorni all'anno. Torniamo a sollecitare l'adozione di riforme strutturali, che depenalizzino i reati minori e potenzino maggiormente il ricorso all'area penale esterna, limitando la restrizione in carcere solo nei casi indispensabili e necessari". Pegorari (Roma Capitale): alla marcia per l'amnistia in difesa dei detenuti Nel giorno della Liberazione dell'Italia, i radicali scendono in piazza con una marcia per chiedere a gran voce l'amnistia. Anche il Garante dei detenuti di Roma Capitale, Filippo Pegorari, si unisce a questa iniziativa e lo fa per portare alla luce tutto il sommerso che il sovraffollamento delle carceri, che è solo la punta di un iceberg, trascina con se. Lei partecipa alla marcia per l'amnistia organizzata dai radicali, perché ha scelto di aderire e quale è il senso di questa iniziativa? Il senso dell'iniziativa appare evidente a tutti, anzi forse non a tutti, ma a coloro che hanno coscienza della situazione carceraria italiana. È ovvio che l'amnistia non è la soluzione ma, in assenza della possibilità di adottare altre misure che facciano effetto nel breve termine, la via che resta è questa. Adesso come adesso non vedo altre soluzioni, la notizia della maxirissa avvenuta a Rebibbia nel giorno di Pasqua è di questi giorni. Una cosa del genere non avveniva da tempi immemorabili ed è indice, spia del disagio in cui versano i detenuti, a causa di una promiscuità inaccettabile che lede la dignità della persona. Perché crede che non sia l'amnistia la vera soluzione? Sia chiaro l'amnistia non è gradita a tutti i detenuti, ma solo a quanti possono contare sul supporto di una famiglia e su un appoggio economico. C'è gente che ha paura di uscire perché si ritroverebbe scaraventata in un mondo dove non sa dove trovare una minestra al di fuori della Caritas e un sostegno economico al di fuori della questua. E questo è inaccettabile: è il fallimento dell'intero sistema carcere ed è la rinuncia a seguire il mandato costituzionale che vuole la pena non solo come espiazione della colpa ma nel senso di un recupero e di un reinserimento sociale. La gente che esce si trova allo sbando, non sa dove andare, non ha nulla. Queste sono le cause principali della reiterazione del reato che ormai diventa uno strumento per ritornare in carcere dove almeno un pasto caldo e un tetto ci sono. Siamo arrivati ad un paradosso… Si siamo ad un paradosso e fa male, è la sconfitta della nostra civiltà. Sotto il profilo umano, violare la dignità della persona è un aspetto che con la pena detentiva non ha niente a che vedere. La detenzione come espiazione della colpa nessuno la contesta, ma tutto il resto: la mancanza di igiene, la qualità del vitto scarsa, l'assistenza sanitaria fatiscente si traducono in una violazione del principio dell'essere umano e non hanno nulla a che vedere con la pena. Le mie parole, per quanto dure, non sono capaci di dare una fotografia esatta della situazione drammatica, bisognerebbe andare a vedere. Sette, otto persone in celle che ne dovrebbero contenere 2, non possiamo parlare di Lager perché siamo in uno Stato civile, ma la sostanza non cambia. Adesso pare che si farà una riforma della giustizia. Io ho 65 anni di riforme della giustizia ne sento parlare da 150. Cambiano i governi, cambiano i colori, cambiano i partiti ma per la giustizia non c'è mai la sufficiente attenzione, non ci sono mi i soldi men che meno per le carceri. Io adesso ho portato come prova la realtà carceraria romana, ma la situazione è uguale nel resto del territorio italiano. Acqua calda con il contagocce in inverno, come si può negare la pulizia a un detenuto? Queste cose non vanno taciute, noi parliamo del sovraffollamento, ma il sovraffollamento è solo la parte emersa dell'iceberg. In questa stessa situazione di emergenza si trova poi anche la polizia penitenziaria che è l'altra faccia della stessa medaglia. Noi non ce la possiamo prendere con i direttori che con i soldi che hanno e con la povertà dei mezzi con cui devono fare i conti fanno dei miracoli, non si può pretendere nulla di più. Il Parlamento si deve far carico di tutto questo, bisogna ripensare l'intero sistema carceri all'interno di una revisione più ampia del pianeta giustizia. E bisogna che lo si faccia una volta per tutte. Se la civiltà di un popolo di misura dal modo in cui viene amministrata la giustizia allora noi siamo tornati all'epoca della pietra. Ma magari sarà finalmente un governo tecnico a fare una riforma della giustizia? Mi auguro che lo faccia, se non lo fa un governo tecnico… Anche se il mio timore è che questo esecutivo è stato chiamato a fare risparmio e a tagliare non a spendere. Ma se si pone un attimo mente, e un pizzico di cuore, sull'argomento, sono convinto che il governo farà qualcosa. Io faccio molto affidamento sul ministro Severino, che è un avvocato penalista e conosce queste cose, le ha viste, è la sua professione, Bisogna vedere che spazi saprà ritagliarsi all'interno del governo e della crisi economica del momento. Giustizia: in marcia per la liberazione… dall'illegalità di Annalisa Chirico Panorama, 25 aprile 2012 Si tiene oggi la Seconda Marcia per l'amnistia, la giustizia e la libertà organizzata dai Radicali (con partenza alle ore 10 dal carcere romano di Regina Coeli). I Radicali di Marco Pannella chiedono la "liberazione", sì, dall'illegalità in cui versa la nostra malandata democrazia. Gli istituti penitenziari sovraffollati, i suicidi che si rincorrono tra detenuti e agenti di polizia sono il monito della flagranza di reato a carico dello Stato italiano. Eppure di amnistia destra e sinistra non vogliono sentir parlare. Come dimenticare la sortita della senatrice del Pd Anna Finocchiaro, secondo la quale anche solo "parlare di amnistia" sarebbe stato "crudele nei confronti di chi, in carcere, ci costruisce sopra sogni di libertà?" Dall'altra parte il segretario del Pdl Angelino Alfano, padre del tanto faraonico quanto inutile piano carceri, ha ribadito che lui è contrario all'amnistia. Non tutti però la pensano allo stesso modo all'interno dei due schieramenti. Nell'elenco dei partecipanti infatti compaiono i nomi Pdl di Nitto Palma, Osvaldo Napoli, Alfonso Papa, Margherita Boniver, Stefania Prestigiacomo. In area PD aderiscono, tra gli altri, Pierluigi Castagnetti, Roberto Giachetti, Ignazio Marino, Ugo Sposetti, Vincenzo Vita. All'ultima amnistia risalente al 1990 fece seguito la riforma del Codice di procedura penale. Chi è a favore dell'amnistia la considera una precondizione per le riforme strutturali non più procrastinabili. "In Italia esiste una legislazione imperniata sul carcere come sanzione principale e addirittura preventiva", afferma il Presidente dell'Unione Camere Penali Valerio Spigarelli. "Esistono sanzioni alternative al carcere che nell'esperienza si sono rivelate assai più efficaci anche sotto l'aspetto della deterrenza". "Per incidere sul sovraffollamento - continua l'avvocato Spigarelli - occorre scrivere nel Codice di procedura penale che la carcerazione preventiva può essere disposta solo per certi tipi di reati. Oggi essa non è più extrema ratio ma anticipazione di pena nei confronti di presunti innocenti". Un'anticipazione di pena che colpisce il 43% della popolazione carceraria. Quasi uno su due. Intanto l'instancabile leader radicale Marco Pannella dai microfoni di Radio Radicale prosegue il suo appello al Capo dello Stato, un appello che ad oggi non ha portato risultati concreti. "Il Presidente della Repubblica è l'interlocutore obbligato di questo discorso in quanto garante della legge e dei diritti di ciascun cittadino. Il Presidente Napolitano non solo tace, ma è inseguito dal suo passato che fa di lui un politico di grande esperienza e di profonda conoscenza anche degli strumenti tecnici e di governo. Egli riesce a concepire l'annullamento perfino della nozione della legalità, della Costituzione e dei diritti: ti nomina Monti senatore a vita e gli dà l'incarico di governo. Così col suo patrimonio di premier sostanziale e di uomo di governo riesce a illudersi di aver ottenuto che il disastro, quello greco, non accadesse, quando nella realtà esso è solo rimandato. Il fatto invece che la legalità in Italia non valga nulla, che ogni giorno venga vilipesa e offesa al punto che il suicidio è diventato una malattia nazionale, questo non interessa a nessuno". Tranne che ai Radicali, aggiungiamo noi. Giustizia: Emma Bonino; liberazione sì, dal regime partitocratico di Annalisa Chirico Panorama, 25 aprile 2012 Per i Radicali le feste comandate non esistono. Quando proprio non si può farne a meno, allora eccoli lì che ti stupiscono. La Liberazione? Certo, dal "sessantennale regime partitocratico". E così il 25 aprile diventa il giorno della Seconda Marcia per l'amnistia, la giustizia e la libertà. Ne abbiamo parlato con la vicepresidente del Senato Emma Bonino, la leader italiana più conosciuta in Europa. Senatrice, sette anni dopo la marcia del Natale 2005 replicate oggi con una seconda edizione. È cambiato qualcosa da allora? Non ci sono stati interventi strutturali e così la situazione si è persino aggravata. Il collasso del "sistema giustizia", con i suoi dieci milioni di procedimenti penali e civili inevasi che coinvolgono oltre 20 milioni di cittadini, pone oramai la Repubblica italiana in uno stato di manifesta flagranza di reato, con vere e proprie violazioni quotidiane dei diritti umani. A causa della irragionevole durata dei processi, per il quinto anno consecutivo l'Italia è risultato il Paese con il maggior numero di sentenze della Corte europea per i diritti dell'uomo rimaste inapplicate. La denegata giustizia è una questione sociale che frena anche la nostra economia. La Banca d'Italia ha valutato in un punto di PIL il costo per la lentezza dei processi civili, senza considerare la fuga degli investimenti. Se per recuperare un credito occorrono 1200 giorni mentre in Francia ne bastano 200, secondo voi dove preferiranno andare gli investitori? Nel settembre dello scorso anno avete ottenuto una seduta straordinaria del Senato per discutere dell'emergenza carceri. Lei ha giocato un ruolo importante, ma il risultato è stato un muro contro l'amnistia. La seduta straordinaria fu anche frutto del convegno che organizzammo insieme al Presidente Schifani a fine luglio sempre in Senato. In quell'occasione Il Presidente Napolitano parlò di "orrore" riferendosi alle condizioni carcerarie, una situazione, aggiunse, "che ci umilia in Europa" e la cui soluzione rivestiva una "prepotente urgenza"; i più alti rappresentanti della magistratura, gli avvocati, gli operatori carcerari, quasi tutti convennero sul fatto che l'amnistia rappresentava la pre-condizione su cui innestare qualsiasi seria riforma strutturale. In Parlamento però l'aria che continua a tirare è decisamente diversa. A parte qualche isolata eccezione, esiste una maggioranza trasversale contraria a qualsiasi ipotesi di amnistia o di indulto, solo per il timore di perdere consenso. Se gli italiani avessero la possibilità di conoscere le nostre ragioni e confrontare le diverse proposte di soluzione, la situazione sarebbe diversa, ma il "muro del silenzio" nei media è stato totale. L'Agcom ha condannato la Rai per non aver informato i cittadini su un tema di "rilevante interesse politico e sociale", chiedendo in particolare che ci fosse approfondimento nei programmi in prima serata tipo Ballarò o Che tempo che fa. Ma i suoi provvedimenti sono ridotti a grida manzoniane che ridicolizzano la stessa Autorità. La senatrice Anna Finocchiaro ebbe a dire che anche solo "parlare di norme del genere sarebbe crudele nei confronti di chi, in carcere, ci costruisce sopra sogni di libertà". Quindi voi Radicali sareste colpevoli di illudere i detenuti? Malagiustizia e condizioni carcerarie inumane causano ogni anno in Italia una vera ecatombe. Si vede che ci sono concezioni diverse della parola crudeltà. Nessuno parla, però, delle 180 mila prescrizioni l'anno che si trasformano di fatto in quell'amnistia così aborrita dall'establishment politico-istituzionale. Con l'aggravante di essere un'amnistia di classe e non regolamentata, dove chi ha i soldi per tirare alla lunga il processo rimane impunito. Tra l'altro si parla di "emergenza", ma ormai il sovraffollamento sembra essere diventato una situazione cronica… Che siamo ben oltre lo stadio dell'emergenza non lo diciamo solo noi. Ce lo ricorda regolarmente anche la Corte europea sui diritti umani con le sue sentenze, tra l'altro poco rispettate. Lo Stato italiano, violando leggi interne e internazionali, è divenuto ormai un delinquente professionale. Il 43% della popolazione carceraria è in carcere preventivo. Presunti innocenti privati della libertà e spesso della dignità. Un buon 30% di questa percentuale in carcere non dovrebbe neppure esserci, ristretti come sono per reati che in altri Paesi non sono lontanamente contemplati, vedi il reato d'immigrazione clandestina, oppure dove sono previste pene alternative o addirittura mere sanzioni amministrative, vedi per esempio le leggi sull'uso personale di stupefacenti. Noi abbiamo due leggi, la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi, che gravano come macigni sul sistema giustizia. Inoltre, la metà di chi si trova in carcere in attesa di giudizio verrà assolta. Chi è criminale: loro o lo Stato? Chi è contro l'amnistia sostiene che sia soltanto una misura tampone. Senza le riforme di struttura si tornerebbe al punto di partenza nel giro di poco tempo. È d'accordo? Ma se fosse così, che cosa impedirebbe di fare queste benedette riforme strutturali? Mica c'è un'amnistia in corso che lo impedisce! La verità è che si tratta di un vero e proprio tabù mentre l'amnistia è l'unico provvedimento credibile per rispondere nell'immediato alla situazione di degrado cronico e far ripartire il sistema giudiziario. Di questo hanno paura: con l'amnistia verrebbe meno l'alibi per fare quella riforma della giustizia da molti invocata e mai realizzata. La riforma della giustizia: da dove si dovrebbe partire, secondo lei? Innanzitutto l'amnistia, attraverso la quale non solo risolveremmo nell'immediato l'illegalità delle nostre carceri ma libereremmo le scrivanie dei magistrati consentendo alla macchina giustizia di ripartire senza il fardello di un arretrato spaventoso, con effetti anche sulla giustizia civile. Servono poi quelle depenalizzazioni dei reati minori di cui si parla da anni, che riguardano buona parte della popolazione detenuta e che la politica, per non affrontare seriamente certe questioni sociali come l'immigrazione o la droga, relega al carcere. Poi urge ripensare alle misure alternative al carcere che le statistiche dimostrano produrre livelli molto più bassi di recidiva, mentre oggi sono quasi inapplicate. Una riforma non potrà che tener conto anche di quella giustizia giusta che gli italiani scelsero con i nostri referendum Tortora: abolire obbligatorietà dell'azione penale, separazione delle carriere, riforma del Csm. Se queste riforme non le ha realizzate il centrodestra, secondo lei chi potrà farle in Italia? Forse l'esecutivo dei cosiddetti "tecnici"? Non sono state realizzate dal centrodestra, ma neppure dal centrosinistra. Io speravo che questo governo, chiamato ad affrontare con un mandato forte la crisi economica, avrebbe visto la questione malagiustizia, se non dal lato del diritto o da quello umanitario, perlomeno da quello economico. Sia la Banca d'Italia che la Commissione europea ci dicono che il cattivo funzionamento della giustizia, per usare un eufemismo, ci costa un punto di Pil all'anno! Questo è un dato che non può lasciare indifferente neppure il mondo dell'impresa e dei sindacati. L'incertezza del diritto è un dissuasore fortissimo per gli investimenti stranieri. Intanto il decreto Severino è stato un flop. In base ai dati forniti dal Dap, tra la fine di febbraio e la fine di marzo la popolazione carceraria è addirittura aumentata. Chiamarlo "svuota-carceri", questa sì è stata una beffa. Il fatto è che pure di fronte a questi dati si continua a nascondere la testa nella sabbia. Nel ‘99 lei "sfiorò" il Quirinale. Nel nostro sondaggio online lei ha spopolato come candidata alla successione del Presidente Napolitano. Sta scaldando i motori per una nuova campagna Emma for President? Gli unici motori che ho bollenti sono quelli che mi impegnano su più fronti per riportare un minimo di legalità, di ripristino di stato di diritto e di democrazia nel nostro Paese, anche per evitare che la nostra "peste" contagi istituzioni europee come già avviene con la Corte europea dei diritti dell'uomo. Senatrice, lei ha una lunga e stimabilissima carriera politica. È entrata in Parlamento a 28 anni. Ha mai voglia di ritirarsi, come si dice, a vita privata? Non ho mai vissuto il mio impegno politico radicale come "lavoro" ma come impegno, spesso una passione. E una passione, diversamente dalle voglie, può anche durare una vita intera, nonostante le delusioni o le frustrazioni. Giustizia: amnistia e libertà, la marcia radicale parte dal carcere di Eleonora Martini Il Manifesto, 25 aprile 2012 Non si sarebbe potuto scegliere un luogo più simbolico di Regina Coeli per collegare la "Seconda marcia per l'amnistia, la giustizia e la libertà" alla festa di commemorazione per la Liberazione dal nazifascismo. Quelle celle che videro segregati numerosi partigiani, a cominciare da Sandro Pertini e Giuseppe Saragat, padri costituenti della Repubblica, sono purtroppo ancora oggi luoghi di violazione dei diritti umani. Perché in quel carcere, sovraffollato e lesivo della dignità personale come ogni altro penitenziario italiano, si consuma quella che il vecchio leader radicale Marco Pannella chiama "la flagrante opera di carattere tecnicamente criminale da parte dello Stato". In quelle celle si rende evidente l'inefficienza della giustizia italiana che dispone il carcere preventivo per quasi il 45% dell'attuale popolazione penitenziaria e che al contempo nel 2010 ha dovuto registrare circa 141.500 procedimenti conclusisi con la prescrizione del reato. E dunque proprio da quel luogo simbolico partirà questa mattina alle dieci la Seconda marcia organizzata dal Partito Radicale e promossa da un numero sterminato di associazioni, sindacati, enti culturali e religiosi, singoli cittadini, parlamentari e rappresentanti di istituzioni e di partiti. A scorgere l'elenco delle adesioni sembra quasi che il provvedimento tampone dell'amnistia sia oggi - come pure nel 2005, ai tempi della Prima marcia promossa dai Radicali - soluzione condivisa trasversalmente, quasi a portata di mano. Da don Gallo all'imam Pallavicini, dalle associazioni Antigone e A Buon Diritto all'Ucoii (l'Unione delle comunità islamiche d'Italia), dalla Cgil nazionale (ieri è arrivato il messaggio di Susanna Camusso che però non sarà presente alla marcia) al Sidipe (sindacato dei direttori penitenziari), da Ferdinando Imposimato, presidente onorario della Cassazione, a Rita Levi Montalcini, da Jò Squillo a Giuliano Amato, passando per i garanti dei detenuti regionali, una lunga lista di giornalisti e testate compreso il manifesto: l'elenco è interminabile. E poi decine di deputati, senatori, sindaci e consiglieri provinciali e comunali di ogni schieramento, tranne della Lega. Ma soprattutto c'è perfino l'ex Guardasigilli Nitto Palma che ha sempre considerato l'amnistia un provvedimento "irrealizzabile", "non politicamente percorribile", e ovviamente si è guardato bene dal ridiscutere quelle leggi criminogene, come la Fini-Giovanardi, responsabili del sovraffollamento carcerario. Forse, quando prenderà la parola, tra gli altri, dal palco di Piazza San Silvestro - dove Pannella, Emma Bonino e Rita Bernardini concluderanno alle 12,30 la manifestazione - spiegherà perché oggi evidentemente ha cambiato idea. Campania: la Conferenza Volontariato Giustizia nel Dipartimento Sociale di Lauro Ristretti Orizzonti, 25 aprile 2012 Prendono formalmente il via, a seguito della sottoscrizione del protocollo d'intesa, avvenuta giovedì 19 aprile, le attività del Dipartimento Sociale istituito presso l'Icatt di Lauro (Av). La Conferenza Regionale Volontariato Giustizia della Campania prosegue così nella sua opera di dialogo e collaborazione operativa con le varie realtà carcerarie presenti sul territorio regionale. L'impegno della Crvg Campania, all'interno del protocollo per la sperimentazione sottoscritto con l'ICatt di Lauro e il Comune di Lauro, consisterà nella promozione di un sistema integrato di welfare di comunità fondato sulla cultura della collaborazione, nel sostegno allo sviluppo di progettualità ordinarie e speciali, nel supporto al percorso rieducativo dei detenuti, nella realizzazione di programmi integrati per favorire il reinserimento dei detenuti, nell'organizzazione di occasioni di confronto e dibattito con la società civile. Soddisfazione espressa dal Responsabile Regionale della Crvg Campania, Salvatore Esposito: "La sottoscrizione del protocollo d'intesa per le attività del Dipartimento Sociale di Lauro conferma l'impegno della Conferenza Regionale nella diffusione di un modello di rete territoriale capace di promuovere azioni di sistema per l'integrazione tra i percorsi dentro e fuori dal carcere". Brescia: sciopero della fame dei detenuti per "l'amnistia, la legalità e la libertà" Giornale di Brescia, 25 aprile 2012 Un 25 Aprile senza toccare cibo. Lo sciopero della fame è stato indetto dai detenuti del carcere cittadino di Canton Mombello per richiamare l'attenzione sulle drammatiche condizioni di vita all'interno della casa circondariale di Brescia. Il sovraffollamento è la situazione più pesante tra le mura dell'ottocentesca struttura, che detiene la maglia nera a livello nazionale. La mobilitazione è stata proclamata dopo l'incontro con la direzione del carcere, Francesca Gioieni, e con il garante dei detenuti, Emilio Quaranta. I carcerati bresciani aderiscono in questo modo alla seconda manifestazione nazionale per "L'amnistia, la legalità e la libertà" organizzata dal Partito Radicale e da altre forze sociali, ecclesiastiche e politiche, sul territorio italiano. Oltre a ciò il garante dei detenuti si è impegnato per aprire eventualmente una class action nei confronti del ministero della Giustizia, sulla scia di quanto già avvenuto a Catania dove è stata realizzata un'azione legale collettiva dei detenuti per ottenere un risarcimento dei danni dovuti alla ristrettezza di spazi e alle condizioni di vita drammatiche cui i carcerati sono costretti. Roma: maxirissa a Rebibbia, cinque giorni di "consegna" per i detenuti La Repubblica, 25 aprile 2012 Due maxirisse in pochi giorni e un detenuto accoltellato operato d'urgenza all'ospedale Pertini. Risultato: chiusura "punitiva" in cella per cinque giorni per tutti i detenuti dell'Istituto di pena. "Il comportamento di pochi sconsiderati, alla base della rissa e dei gravi fatti che ne sono seguiti - spiega il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni - non può mettere in discussione un modello di detenzione all'avanguardia come quello praticato a Rebibbia, preso a modello da tutte le regioni d'Italia". Secondo i collaboratori del garante, "la rissa è scoppiata il giorno di Pasqua. Una settimana dopo, probabilmente per regolare i conti, è scoppiata un'altra rissa in cui un detenuto 40enne è stato ferito ad una gamba e all'addome da una rudimentale lancia costruita montando lamette da barba sulla punta di una canna". Trasportato d'urgenza all'ospedale, è stato operato per ridurre l'ematoma ed è stato suturato con oltre 15 punti. Un altro detenuto è stato medicato nello stesso ospedale. "Come diretta conseguenza - aggiunge Marroni - i detenuti sono costretti, da cinque giorni, a vivere sempre all'interno delle loro celle, con il divieto di partecipare ad ogni attività. Negli ultimi tempi la qualità di vita all'interno di Rebibbia Penale - interviene ancora il garante - è progressivamente calata non solo per il sovraffollamento, ma anche per il discutibile metodo di assegnazione dei detenuti a questo istituto. Occorre ristabilire al più presto delle severe modalità di selezione per evitare che vada disperso un patrimonio di tutto il sistema penitenziario italiano". Chieti: detenuti e volontari ripuliscono la spiaggia di Vasto Marina Il Centro, 25 aprile 2012 Cinquanta sacchi di rifiuti raccolti lungo la pista ciclabile della Marina e l'apposizione di 14 cartelli per indicare la presenza della riserva naturale, che deve essere tutelata e non manomessa alterando lo stato dei luoghi. È stata una giornata di sensibilizzazione quella promossa dal Comune che, grazie ai detenuti della casa circondariale, ai volontari delle associazioni cittadine e agli studenti della scuola media Rossetti, ha ripulito dal pattume la pista, le dune e la tipica vegetazione. Al termine della mattinata è stata firmata la nuova convenzione tra l'amministrazione comunale, rappresentata dal sindaco Luciano Lapenna e dall'assessore all'ambiente, Anna Suriani, e la casa circondariale con il direttore Carlo Brunetti. Il documento prevede l'estensione della pulizia, dapprima limitata solo alla spiaggetta di Punta Penna e alla riserva di Punta Aderci, anche alle zone verdi del litorale. "Le dune di Vasto Marina sono sito di interesse comunitario dal 2000 e riserva naturale dal 2007", ha ricordato l'assessore Suriani, "sono sottoposte a tutela, quindi, non possono essere tollerati interventi finalizzati all'alterazione dello stato dei luoghi". Lungo il percorso è stata apposta la cartellonistica predisposta dalle associazioni che, richiamando la normativa in vigore, invita a rispettare l'ambiente. "Ora nessuno può trincerarsi dietro la mancanza di informazione", avverte Stefano Taglioli, ambientalista del Wwf, "i cartelli ci sono e tutti sono invitati a rispettarli". Il passo successivo sarà l'istituzione di un servizio di controllo. Torino: i laboratori dell'associazione La Brezza nel carcere Lorusso e Cotugno di Maria Elena Spagnolo La Repubblica, 25 aprile 2012 "La proposta è arrivata da un detenuto. "Perché non creiamo origami? Io so farli, posso insegnarvi". Così le idee si sono moltiplicate: con le creazioni di carta abbiamo inventato fiabe, un libro-fisarmonica e un teatro delle marionette, che verrà donato all'ospedale infantile Regina Margherita". Nicolò, 26 anni, fa parte dell'associazione La Brezza racconta così uno dei laboratori condotti dai volontari con i detenuti del carcere Lorusso e Cotugno di Torino. Momenti di creatività, dove l'arte diventa un mezzo per esprimere se stessi e comunicare. "L'associazione è nata nel 2001 con l'idea di portare ascolto nelle situazioni di disagio - spiega la presidente, Lucia Sartoris - nasceva dall'esperienza di pochi volontari, che andavano a trovare alcuni ricoverati all'ospedale Amedeo di Savoia. Dopo abbiamo cominciato a recarci al Lorusso e Cotugno e al minorile, il Ferrante Aporti". Due le attività principali di La Brezza: l'ascolto e la conduzione di laboratori. "Abbiamo sempre voluto andare ad incontrare le persone là dove sono. Non diamo cose materiali, ma offriamo ascolto, possibilità di esprimersi. Anche con l'arte". Così i volontari si recano in carcere, e organizzano laboratori con gruppetti di detenuti. "Collaboriamo con direzione e personale. Incoraggiamo la creatività: dal decoupage al teatro, utilizzando materiali di recupero. L'arte permette anche di superare le barriere linguistiche". Tutto, spiegano, ha un obiettivo e un collegamento con l'esterno. "Spesso si pensa che in carcere sia il tempo che gli oggetti prodotti siano senza valore; vogliamo dimostrare che non è così. Raccogliamo in una pubblicazione i risultati (con l'aiuto del centro servizi per il volontariato) e organizziamo esposizioni dei lavori all'esterno in molte sedi, spesso concesse dai comuni di Torino, Grugliasco, Collegno. Crediamo in questa funzione di collegamento con la società. Abbiamo anche organizzato il contrario: una mostra di pittori dentro il minorile". Chi sono i soci? "Siamo circa quaranta, tutti volontari - spiega Rita, una delle fondatrici - di cui tre quarti giovani: da quando abbiamo organizzato un convegno all'università due anni fa si sono uniti molti studenti". Come Veronica Cavedagna, 25 anni, e Nicolò Triacca, 26, che è vicepresidente. "Frequentiamo filosofia - spiega lui - Dopo aver studiato la società e le istituzioni, abbiamo voluto vederle da vicino. Un'esperienza che ci ha coinvolto". "Sono rimasta sorpresa da quanto il volontariato possa metterti in discussione e arricchirti", racconta lei. La sede di La Brezza è a Collegno. "Ospitiamo anche persone in art. 21, che escono dal carcere per fare attività. Qui collaboriamo con altre associazioni e conserviamo le opere dei detenuti. Non le vendiamo, ma sono a disposizione di chi volesse organizzare mostre", spiegano. "Il nostro volontariato si realizza in armonia con le istituzioni, senza sovrapposizioni - spiega la presidente Lucia Sartoris - Quel che noi facciamo è cercare di valorizzare le risorse positive che tutti hanno, qualunque sia stato il loro passato. E in questo l'arte aiuta molto". Droghe: Leopoldo Grosso; chi si droga è in minoranza, ma la legge punitiva va tolta di Salvatore Maria Righi L'Unità, 25 aprile 2012 Intervista a Leopoldo Grosso "Chi si droga è in minoranza ma la legge punitiva va tolta" Per il vicepresidente del Gruppo Abete "si deve intervenire eliminando la Fini-Giovanardi". Attenzione "all'effetto emulazione sui giovani". Una buona notizia, non è vero che la maggioranza dei giovani ricorre alle droghe. E un auspicio: basta con la Fini-Giovanardi, che ha represso tutti senza giovare a nessuno. Ha le idee molto chiare Leopoldo Grosso, vicepresidente del Gruppo Abele, su temi che non smettono di essere d'attualità, come conferma anche il sondaggio di Carlo Buttaroni pubblicato da questo giornale. "Per fortuna il quadro della situazione non ha la drammaticità, per lo meno in termini percentuali, di cui si ha la percezione. I più recenti dati al consumo dicono che solo il 12% ha meno di 20 anni, parlando di marijuana, mentre per cocaina ed eroina le percentuali scendono a 2% e 1%. Questo significa che la stragrande maggioranza dei giovani non è consumatrice, bisogna evitare false rappresentazioni per evitare l'effetto boomerang. Perché se i ragazzi hanno la percezione che tutti lo fanno, chi ne è escluso è portato ad adeguarsi a quella che in realtà è un minoranza". Che altri spunti offrono gli ultimi dati? "La via di assunzione più pericolosa, quella legata all'endovena, non è più praticata dai giovani che si rivolgono ad altri modi, dei quali peraltro vengono sottovalutati i rischi. Mi riferisco a quelle che vengono rumate, bevute o inalate, ossia tabacco, alcol o altre sostanza, per le quali c'è una mispercezione di rischi e pericoli, anche perché trattandosi di giovani consumatori non hanno una percezione di problematiche che possono manifestarsi da lì a 15-20 anni". Sulle motivazioni psicologiche del consumo di droghe nel 2012 come la pensa? "L'assunzione e il rischio epidemiologico sono legati soprattutto alle dinamiche del cosiddetto gruppo dei pari, cioè all'identificazione nei compagni o nel gruppo e ai problemi identitari ad essa collegati. Una ricerca di appartenenza legata al cosiddetto "riflesso del caprone" che è difficile da ammettere, perché nei sondaggi si parla solo di curiosità o trasgressione, ma che viene registrata sul campo dagli operatori nei locali o durante i rave". Droghe leggere e droghe pesanti: come la pensate? "Bisogna assolutamente uscire dall'attuale legislazione, la Fini-Giovanardi, che non fa distinzioni e che è stata solo ispirata da una ratio repressiva, con il risultato di aver riempito di gente gli istituti di pena. Bisogna invece tornare alle tabelle differenziate che erano in vigore con la normativa del 2006, chiarendo una volta per tutte che la droga di ingresso, come si dice in termini tecnici, non è lo spinello, per capirci, come dimostrano per esempio i dati sulla cannabis che parlando di un livello di fidelizzazione dell'82%, ma alcol e tabacco che pur essendo legali sono sostanze la cui pericolosità è altamente sottovalutata. Tanto per capirci, facendo un esempio numerico, fatto 100 un gruppo di giovani e 35 il monte consumatori, 30 sono divisi tra alcol, tabacco e cannabis, il restante 5 ad altre sostanze compresa la cocaina". Serve un cambiamento anche culturale? "Diciamo che oltre alle campagne generaliste di prevenzione ci vogliono interventi sul campo con operatori impegnati nei luoghi di frequentazione per disincentivare determinati atteggiamenti. In questo discorso per esempio ricade il consumo di sostanze sintetiche come le pastiglie che per intensità e frequenza possono diventare molto pericolose, per effetti collaterali che riguardano la salute ma anche gli incidenti stradali, per la guida in condizioni critiche a seguito di effetti acuti e cronici di queste droghe". Francia: caso Franceschi; indagati medico carcere Grasse e due infermieri Agi, 25 aprile 2012 Il medico del carcere di Grasse (Francia) e due infermieri della medesima struttura penitenziaria sono i primi tre indagati per la morte di Daniele Franceschi, l'operaio viareggino di 36 anni deceduto in circostanze ancora tutte da chiarire il 25 agosto di due anni fa mentre era detenuto in Costa Azzurra per aver utilizzato delle carte di credito rubate all'interno del casinò di Cannes. A rivelarlo è l'avvocato Aldo Lasagna, il legale che cura gli interessi della famiglia di Daniele Franceschi. I tre sarebbero accusati di omicidio involontario, il corrispondente francese del nostro omicidio colposo, dopo che la magistratura francese avrebbe riscontrato gravi responsabilità del personale medico e paramedico nella vicenda. Secondo alcune indiscrezioni che arrivano dalla Francia, le negligenze non si limiterebbero esclusivamente al personale paramedico ma potrebbero coinvolgere anche qualche dipendente dell'amministrazione carceraria. Il giudice transalpino che si occupa del caso è infatti intenzionato a interrogare anche alcune guardie carcerarie al fine di stabilire eventuali responsabilità riguardo alla trascuratezza nella sorveglianza dei detenuti. Mamma: finalmente giustizia, ma non mi fermo "Finalmente cominciamo a vedere giustizia. Il 2 maggio andrà a Parigi a fare lo sciopero della fame e non mi muoverà da là fin quando non mi verranno dati tutti gli organi di mio figlio". Lo dice Cira Antignano, madre di Daniele Franceschi, morto nel carcere francese di Grasse, interpellata, a margine della marcia per l'amnistia, sugli ultimi risvolti giudiziari del caso. Insieme a lei la senatrice Manuela Granaiola precisa: "Ho parlato con l'avvocato e mi ha detto che sono stati inviati avvisi di garanzia a un medico e due infermieri. Il giudice Morgan intende chiudere nel giro di pochi mesi". Norvegia: Breivik; gli psichiatri vogliono farmi passare per pazzo Agi, 25 aprile 2012 Ottava giornata del processo a carico di Anders Behring Breivik davanti al Tribunale Distrettuale di Oslo, ed ennesimo ‘show' del killer. Completata la ricostruzione delle due stragi con cui il 22 luglio dell'anno scorso, prima nella capitale norvegese e poi sul prospiciente isolotto di Utoya, il 33enne fanatico di estrema destra sterminò complessivamente 77 persone, si è passati a esaminare le condizioni mentali dell'imputato. Breivik, che potrebbe trascorrere il resto della sua vita in carcere o in un ospedale psichiatrico giudiziario, ha sempre insistito di considerare un'eventuale dichiarazione d'instabilità assai peggiore di una pur pesante condanna, addirittura della "morte" stessa, perché getterebbe ombre sulla sua ideologia. Così ha attaccato gli psichiatri, nominati dai giudici, che in una prima perizia lo definirono sofferente di schizofrenia paranoide. "Sono menzogne inventate in mala fede", è sbottato il pluri-omicida ultra-nazionalista, denunciando un presunto complotto ai suoi danni per farlo passare per pazzo, e in tal modo screditarlo. "Potrebbero anche non essere state escogitate di sana pianta", si è quindi parzialmente corretto, "ma sono comunque sbagliate". Breivik non ha accennato minimamente al fatto che un secondo collegio di periti in seguito lo riconobbe invece capace d'intendere e di volere, sebbene affetto da una forma parossistica di narcisismo.