Alle associazioni promotrici della II Marcia per l’amnistia, la giustizia e la libertà di Rita Bernardini Ristretti Orizzonti, 17 aprile 2012 Carissimi, a pochi giorni dalla tenuta della II Marcia per l’amnistia, la giustizia e la libertà, sento l’urgenza di rappresentarvi la situazione politica, gravissima, in cui ci troviamo che, a mio avviso, richiede prese di posizione impellenti che ne rilancino i contenuti. Ormai si tratta di questione di ore, più che di giorni. Tutti possono oggi constatare che dalle attuali posizioni assunte dal Governo e dalle grandi maggioranze parlamentari, nulla di quanto da trent’anni ci viene formalmente ingiunto dalle giurisdizioni internazionali, nulla di quanto sostenuto dalle stesse dichiarazioni del Presidente della Repubblica e dal Primo Presidente della Corte di Cassazione, nulla di quanto manifestamente e tassativamente è previsto dalla Costituzione italiana, nulla viene assicurato per interrompere la flagranza letteralmente criminale nella quale Stato e Repubblica italiana si trovano. Per il quinto anno consecutivo l’Italia ha conquistato tre giorni fa il poco invidiabile primato del Paese con il maggior numero di sentenze della Corte europea per i diritti dell’uomo rimaste inapplicate. Un fenomeno legato alla irragionevole durata dei processi che fa del nostro Paese un “sorvegliato speciale” in sede europea che si comporta peggio di Turchia, Russia, Polonia e Ucraina. Un mese fa il Comitato dei Ministri ha chiesto alle autorità italiane di “presentare un piano d’azione che oltre a proposte concrete su come risolvere la questione contenga anche un calendario che permetta di monitorare attentamente gli effetti delle riforme già introdotte e la tempistica per le misure ancora da introdurre”. D’altra parte, lo stesso Governo per bocca del sottosegretario Salvatore Mazzamuto, ha ammesso che le depenalizzazioni previste nel disegno di legge Severino in discussione in Commissione Giustizia della Camera hanno una portata minima e sicuramente “non adeguata rispetto agli obiettivi deflattivi che si pone il Governo”. Presentando i dati di uno studio realizzato dall’Ufficio statistiche del Ministero della Giustizia, Mazzamuto ha riferito che l’incidenza delle depenalizzazioni previste nel disegno di legge governativo sarebbe dello 0,5% rispetto ai processi iscritti in primo grado con rito monocratico (366.000 nel 2010). A questo punto riteniamo che, insieme, ci si debba rivolgere a tutte le giurisdizioni superiori documentando come la proposta dell’amnistia immediatamente realizzerebbe quanto ci viene da decenni ingiunto, innescando processi convergenti sia sul piano dell’ottenimento della ragionevole durata dei processi penali e civili sia su quello della pressoché immediata soluzione strutturale e normativa della conseguente criminale condizione penitenziaria italiana. Più avanti troverete un punto della gravissima situazione quale sta manifestandosi in particolare in Commissione Giustizia sul disegno di legge delega del Governo (Relatori Costa Pdl e Ferranti Pd): quello che mi sembra clamoroso, è non solo quanto riferito dallo stesso Governo sulla portata minima delle depenalizzazioni previste, ma il rifiuto di abbinare le proposte di legge che come radicali avevamo depositato e che riguardavano le vere depenalizzazioni da fare, oltre che a significativi interventi sulla ex - Cirielli e sulle pene alternative. Insomma, nei convegni si dice “no all’amnistia perché occorrono riforme strutturali sulla Fini-Giovanardi, sulla Bossi-Fini e sulla ex-Cirielli”, nei fatti si propone il nulla, tanto più che qualora fosse approvato (in quali tempi?) il disegno di legge Severino, il Governo si è dato il tempo di un anno per emanare i relativi decreti attuativi! Ahimè, tutti possono constatare che, avendo la legislatura meno di un anno di vita, la “prepotente urgenza” dei problemi della giustizia, del diritto, dei diritti umani e della situazione penitenziaria è, a questo punto, cancellata dalla politica e dai politici ufficiali, sotto la patente e potente regia - spiace molto constatarlo - del Supremo Garante della Costituzione e della legalità, il Presidente della Repubblica. Vi prego di farci pervenire i vostri commenti, le vostre riflessioni che, sicuramente, ci aiuteranno a rilanciare la mobilitazione del 25 aprile che, al momento, conta il sostegno dei seguenti promotori: http://www.radicalparty.org/it/promotori-seconda-marcia-amnistia. Per il momento, abbiamo ricevuto solamente le reazioni di Patrizio Gonnella, Presidente dell’Associazione Antigone e di Elisabetta Laganà attualmente Garante dei diritti dei detenuti del comune di Bologna: Patrizio Gonnella: 1) Grazie delle informazioni che non mi paiono delle migliori. Le depenalizzazioni hanno un senso solo se toccano la legge sulla droga. È incredibile che non abbiano abbinato la proposta nostra. Noi il 25 ci saremo. Ciao. Patrizio Gonnella 2) Cara Rita, qui trovi un articolo scritto da me e Luigi Nieri. Usalo come preferisci. Domani intervistiamo Pannella per Popolare network nell’ambito della trasmissione Jailhouse Rock - che curo con Susanna Marietti http://www.linkontro.info Elisabetta Laganà, attuale Garante dei diritti dei detenuti a Bologna ci ha, dal canto suo, fatto pervenire il sostegno di tutta la Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia: “Rita, oggi tutta la conferenza, riunita in Consiglio ha deciso il sostegno alla marcia del 25. Abbiamo chiesto di esserci numerosi. Io e Anna Pia faremo di tutto per venire, con tanto di striscione della Cnvg”. Resoconto situazione in Commissione Giustizia alla camera dei deputati Dopo il convegno del Senato del 27 luglio 2011 mi pare opportuno fare il punto su cosa sia stato fatto da Governo e Parlamento per far rientrare nella legalità e quindi contrastare in modo drastico ed efficace sia il sovraffollamento delle carceri sia quello dei procedimenti penali e civili pendenti. Dopo l’approvazione del decreto Severino (inopinatamente definito svuota carceri) sul quale non mi soffermo, l’altra gamba avrebbe dovuto essere il disegno di legge (delega al Governo) sulle depenalizzazioni e la de-carcerizzazione. Il provvedimento C. 5019 Governo, ha iniziato il suo iter in Commissione il 29 marzo, due giorni dopo l’incontro che con Marco Pannella abbiamo avuto con il Presidente della Repubblica Napolitano al quale avevamo fatto presente che il disegno di legge non era ancora all’ordine del giorno dei lavori di Commissione. Dal 29 marzo ad oggi si è discusso dei provvedimenti da abbinare al disegno di legge del Governo. Viste le finalità del disegno di legge, ho chiesto di abbinare 5 nostre proposte di legge: 2 sulla custodia cautelare, 2 sulle pene alternative cioè l’affidamento al servizio sociale tra le pene principali previste per i delitti e il “patto per il reinserimento e la sicurezza sociale” (proposta elaborata insieme a Ristretti Orizzonti) e la proposta di tutte le Associazioni “per la riduzione del sovraffollamento carcerario” (incide sulla ex Cirielli, la Fini-Giovanardi e la Bossi-Fini). Come leggerete dal resoconto (purtroppo, sommario: in Commissione è l’unico previsto) che riporto più avanti, a parte la nostra Pdl sulla depenalizzazione della coltivazione domestica per uso personale di cannabis, è stata accettata solo quella sull’affidamento al servizio sociale. Quanto alla proposta del Governo, si tratta di un disegno di legge delega: i relativi decreti legislativi previsti “sono adottati entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge”. Ho fatto notare che mancando un anno alla fine della legislatura, è molto probabile che il tutto si risolva con un nulla di fatto. Avendo poi rotto le scatole sulla custodia cautelare, sono almeno riuscita a far dire ufficialmente in commissione che le relative proposte di legge inizieranno il loro iter - in sede separata dal dl del Governo - tra due settimane. Infine, in occasione dell’ultima riunione della Commissione, il sottosegretario Mazzamuto ha ammesso che quanto alle “depenalizzazioni” previste dal Governo, la portata è minima e sicuramente “non adeguata rispetto agli obiettivi deflattivi che si pone il Governo”. Infatti, Mazzamuto ha presentato uno studio dal quale risulta che: nel 2010 sono stati 366.000 i processi iscritti in primo grado con rito monocratico e che essendo 1.940 i reati oggetto della possibile depenalizzazione l’incidenza sarebbe dello 0,5% (!). Ultima nota: dallo studio presentato in Commissione si evince che il Servizio Generale di Statistica del Ministero della Giustizia ha carenze impressionanti. Si legge, infatti: “Il Ministero di Giustizia è in grado di rilevare quantitativamente i flussi di domanda e offerta di giustizia in Italia, sia nel settore civile sia nel settore penale. Tuttavia, i registri informatizzati attualmente in uso, e specificatamente quelli del settore penale, non consentono una rilevazione statistica completa e qualitativamente affidabile dei reati oggetto dei processi celebrati in un anno,” Resoconti Delega al Governo in materia di depenalizzazione, pene detentive non carcerarie, sospensione del procedimento per messa alla prova e nei confronti degli irreperibili. C. 5019 Governo, C. 879 Pecorella, C. 4824 Ferranti, C. 92 Stucchi, C. 2641 Bernardini e C. 3291 - ter Governo. Seduta del 3 aprile Rita Bernardini (Pd), dopo aver ricordato che il disegno di legge del Governo ha l’obiettivo di ridurre sia il carico dei processi che il sovraffollamento delle carceri al fine di riportare ad una condizione di legalità l’Italia, evidenzia come vi sia un altissimo rischio, se non addirittura la probabilità, che le importanti deleghe contenute nel disegno di legge del Governo non possano trovare attuazione considerato che manca circa un anno al termine della legislatura. Si domanda quindi se vi sia la consapevolezza di tale rischio da parte del Governo e del Parlamento. Seduta del 4 aprile Rita Bernardini (Pd) ritiene che, per affrontare adeguatamente i gravi problemi della giustizia e delle carceri italiane, si debba provvedere alla calendarizzazione anche delle proposte di legge che riguardano le misure cautelari in carcere. Giulia Bongiorno, presidente, assicura che ogni proposta di abbinamento sarà adeguatamente valutata e, ove non sussistessero i presupposti per disporre l’abbinamento d’ufficio, potrà essere posta in votazione. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta. Seduta dell’11 aprile Giulia Bongiorno, presidente, ricorda che nell’ultima seduta è stato chiesto dall’onorevole Bernardini l’abbinamento delle proposte di legge in materia di misure cautelari detentive, alle quali ha poi aggiunto altre proposte di legge accomunate dalla finalità di deflazionare il sovraffollamento delle carceri. Si tratta in particolare delle seguenti proposte di legge: 1) modifiche all’articolo 303 del codice di procedura penale, per la riduzione dei termini di durata massima della custodia cautelare, e all’articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di semplificazione delle procedure per la liberazione anticipata (C. 255); 2) modifiche al codice penale, concernenti l’introduzione dell’affidamento al servizio sociale tra le pene principali previste per i delitti (C. 2798); 3) modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, concernenti l’introduzione di una misura alternativa alla detenzione denominata “patto per il reinserimento e la sicurezza sociale” (C. 3093); 4) modifiche agli articoli 274, 275, 284 e 308 del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari personali (C. 4616); 5) modifiche al codice penale e al codice di procedura penale e altre disposizioni, nonché delega al Governo, per la riduzione del sovraffollamento degli istituti di pena (C. 4798). Ricorda inoltre che l’onorevole Follegot (Lega) ha chiesto l’abbinamento della proposta di legge C. 4644 Lussana, recante “Disposizioni concernenti lo svolgimento di lavoro civico non retribuito da parte dei detenuti ai fini della riduzione della pena”. L’onorevole Cavallaro (Pd) ha chiesto l’abbinamento della sua proposta di legge C. 4871, recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di sanzioni per la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di stupefacenti e sostanze psicotrope, di misure cautelari, di concorso di circostanze e recidiva, nonché di esecuzione della pena e di affidamento in prova, nei confronti dei tossicodipendenti o alcool dipendenti che abbiano in corso programmi terapeutici”. Rileva che si tratta di proposte di legge che non intervengono sulle materie oggetto del disegno di legge, quanto piuttosto su materie ad esse connesse, ampliando quindi l’ambito di esame della Commissione. Spetta ora alla Commissione stabilire se procedere o meno a tale ampliamento. Manlio Contento (Pdl), pur non conoscendo in dettaglio l’articolato delle proposte di legge delle quali si chiede l’abbinamento, ritiene che, almeno in base ai rispettivi titoli, l’unica proposta di legge che potrebbe essere abbinata, essendo strettamente attinente ad una delle materie del disegno di legge, sia la proposta di legge C. 2798 (Bernardini) volta ad introdurre l’affidamento al servizio sociale tra le pene principali previste per i delitti. Rita Bernardini (Pd) ritiene che tutte le proposte di legge da lei richiamate ai fini dell’abbinamento attengano alle materie trattate dal disegno di legge del Governo ed in particolare alla materia della detenzione in carcere. Non comprende come possa considerarsi estranea a quest’ultima la riforma della disciplina delle misure cautelari in carcere considerato peraltro che il 42 per cento delle carcerazioni ha la propria giustificazione in una ordinanza cautelare. Invita pertanto la Commissione ad abbinare ai progetti di legge in esame le proposte di legge in materia di misure cautelari detentive. Federico Palomba (Idv) chiede alla Presidenza se gli abbinamenti proposti dall’onorevole Bernardini siano conformi al regolamento. Giulia Bongiorno, presidente, rileva che la materia oggetto di esame è identificata dalla Commissione, salvo nel caso in cui si esamini un disegno di legge di conversione di un decreto legge, nel qual caso non si può procedere ad alcun ampliamento dell’ambito di esame. Donatella Ferranti (Pd), relatore, ritiene che la complessità del disegno di legge del Governo sia tale da suggerire di evitare qualsiasi ulteriore ampliamento delle materie trattate, considerato peraltro che la materia delle misure cautelari detentive dovrebbe essere esaminata in maniera esclusiva. Dichiara comunque di essere favorevole all’abbinamento della proposta di legge C. 2798 Bernardini, riservandosi in merito alla proposta di legge C. 4871 Cavallaro. Fulvio Follegot (Lnp) ritiene che per poter assumere una decisione in merito all’abbinamento di nuove proposte di legge sia necessario acquisire preventivamente l’orientamento del Governo circa il percorso che intende dare all’esame del disegno di legge presentato. Il sottosegretario Salvatore Mazzamuto ribadisce che a parere del Governo sarebbe opportuno approvare con celerità il disegno di legge una volta che la Commissione ne abbia approfondito adeguatamente il suo contenuto e l’impatto sull’ordinamento. Proprio per accelerare l’entrata in vigore delle disposizioni contenute nel disegno di legge il Governo è disponibile a tramutare la delega in materia di messa alla prova di cui all’articolo 3 in una normativa di dettaglio. Il Governo è comunque ben consapevole dell’esigenza di un lavoro approfondito da parte del Parlamento che servirà anche ad ampliare l’ambito di applicazione della depenalizzazione di cui all’articolo 1, considerato che l’impatto che deriverebbe dall’approvazione senza modifiche di tale articolo potrebbe non essere adeguato rispetto agli obiettivi deflattivi che si pone il Governo. A tale proposito deposita una nota relativa ai dati statistici richiesti dall’onorevole Contento nella seduta del 29 marzo scorso. Giulia Bongiorno, presidente, rileva, concordando la Commissione, che dal dibattito risulta evidente la condivisione ad abbinare solo la proposta di legge C. 2798 Bernardini e che le altre potranno essere esaminate separatamente in diversi procedimenti legislativi. Rita Bernardini (Pd), preso atto che non si intende procedere all’abbinamento delle proposte di legge in materia di misure cautelari, chiede al Governo se abbia l’intenzione di intervenire su tale materia attraverso specifici disegni di legge. Il sottosegretario Salvatore Mazzamuto, pur ritenendo personalmente che si tratti di una materia sulla cui disciplina è necessario fare delle riflessioni, replica all’onorevole Bernardini che potrà darle una risposta solo dopo aver sentito il Ministro della giustizia in merito. Giulia Bongiorno, presidente, ricorda all’onorevole Bernardini che l’Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha già stabilito l’inserimento nel calendario della Commissione delle proposte di legge in materia di misure cautelari detentive. Ritiene che l’esame di queste proposte possa avviarsi tra due settimane. Nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta. Nota: si può “ricordare” ad una persona qualcosa che la stessa già sa e che ha dimenticato ma io, non facendo parte dell’Ufficio di Presidenza, non potevo sapere della decisione dello stesso di inserire in calendario, le proposte di legge riguardanti la custodia cautelare in carcere. Comunque, finalmente, la commissione ha ufficializzato la calendarizzazione… tra due settimane? Giustizia: oggi l’amnistia è un atto riparatore di Patrizio Gonnella (Presidente Associazione Antigone) Il Manifesto, 17 aprile 2012 Le misure del governo definite “svuota” o “salva carceri” sono misure non risolutive. I dati sono inequivocabili. In quattro mesi la popolazione detenuta è calata di appena trecento unità. Posto che a oggi vi sono circa 21 mila detenuti in più rispetto ai posti letto regolamentari, proseguendo di questo passo ci vorranno una ventina di anni per tornare alla legalità penitenziaria, sempre che non sopraggiungano nuove leggi che ci facciano fare qualche capriola all’indietro. Ci vuole ben altro rispetto a quanto finora deciso. Siamo consapevoli che vi è stata una inversione di rotta rispetto ai tempi in cui il ministro della Giustizia era Roberto Castelli, quello che minimizzò i fatti di Bolzaneto e che definì le carceri “hotel a cinque stelle”. Ma ugualmente ci sentiamo di dire che i provvedimenti finora assunti sono dei palliativi. Nei giorni scorsi è iniziata la discussione di un altro disegno di legge del governo alla camera. Contiene proposte sulla messa alla prova, sul sistema delle sanzioni e sulla depenalizzazione. Ci è molto dispiaciuto vedere come la proposta che arrivava da un cartello molto ampio di organizzazioni, e promossa in quella circostanza dalla deputata radicale Rita Bernardini, non sia stata presa in esame. Il sottosegretario alla Giustizia Mazzamuto, chiamato a spiegare la norma sulla depenalizzazione, l’ha definita non utile a ridurre i numeri della popolazione detenuta in eccesso. Anche questa proposta del governo, pur di buon senso, rischia di essere pertanto un palliativo. È inutile girarci intorno. Il toro va preso per le corna, e le corna sono le leggi ideologiche sull’immigrazione, sulla recidiva e sulle droghe. La questione delle droghe è paradigmatica. Il 37% dei condannati in Italia ha violato la legge Fini-Giovanardi. In Germania la legge tedesca sulle droghe produce il 15% dei detenuti condannati. Ai tempi dello spread ci piacerebbe scendere alle percentuali tedesche. C’è solo una depenalizzazione che ha senso: quella delle pratiche di consumo di droga e dello status di immigrato. Le condizioni di vita nelle prigioni sono drammatiche. Grazie a un appello che Antigone e manifesto lanciarono insieme nel 2010, sottoscritto tra gli altri da Rita Levi Montalcini, Stefano Rodotà, Valerio Onida, Lucia Annunziata, Bianca Berlinguer, Rosaria Capacchione, Gian Antonio Stella, le carceri si sono aperte ai giornalisti. Questi hanno potuto documentare come si vive dentro, in assenza di spazio, di luce, di personale socio-educativo, di salute, di igiene, assenza di diritti e di dignità umana. Così la tv pubblica e le grandi testate hanno potuto testimoniare la vita nelle galere e negli ospedali psichiatrici italiani. I decisori politici non possono più nascondersi dietro la mancanza di informazioni. Le carceri devono continuare a restare aperte ai giornalisti. Non devono mai essere luoghi oscuri, inesplorati. Nel buio aumentano le tentazioni di violenze. Il sovraffollamento non è una calamità naturale. Il 25 aprile Marco Pannella e i radicali hanno lanciato la marcia per l’amnistia, la giustizia e la libertà. In una situazione compromessa come quella attuale, l’amnistia è un atto riparatore di giustizia sostanziale. Avrebbe la forza di riportare il sistema penitenziario nella legalità dei numeri. Numeri, che va ricordato, nelle galere corrispondono a vite umane. Giustizia: “Ci vuole ben altro”… perché la legge Alfano e la svuota-carceri hanno fallito Redattore Sociale, 17 aprile 2012 L’associazione Antigone fa il punto sulle ultime norme entrate in vigore. Meno di 1.400 i detenuti effettivamente usciti. Riprese le porte girevoli, pene più lunghe, meno misure alternative. “Ci vuole ben altro”. È questa l’affermazione ricorrente nel nuovo rapporto dell’associazione Antigone che presenta gli esiti delle visite dell’Osservatorio nazionale nelle carceri più sovraffollate d’Italia. Né la legge Alfano sulla detenzione domiciliare di fine 2010 né la svuota - carceri del 2011 hanno, secondo Antigone, sortito gli effetti tanto annunciati. A dimostrarlo ci pensano i numeri: a fronte di una capienza regolamentare di 45.742 posti, a fine 2010 i detenuti erano 67.961. Un anno dopo, nonostante la promessa di 8mila ristretti in meno, il numero era sceso solo a 66.897. Dopo il decreto Severino, al 13 aprile 2012, la quota arriva a 66.585. Tutto questo nonostante 5.533 detenuti siano usciti grazie alla detenzione domiciliare introdotta dalle due leggi. Allora, i numeri non tornano: se calo c’è stato, come mai non si rileva? Lo spiega Antigone: per prima cosa, “la parte della legge sulle porte girevoli ha iniziato a non funzionare. Gli arresti con conduzione in carcere sono ripresi”. Nel novembre 2011 gli ingressi sono stati 6.679, scesi a 5.784 a dicembre 2011 e a 5.211 a gennaio 2012. Poi, a febbraio, la risalita: 5.278, diventati 6.174 a marzo. Guardando più in là nel tempo emerge però che il trend decrescente era in corso già da tempo: - 17% in tre anni (dai 92.800 del 2008 ai 76.982 del 2011). “Già da allora diminuiva il numero complessivo degli ingressi, calava la percentuale degli ingressi per periodi molto brevi e la componente straniera”. Secondo motivo del fallimento: le persone uscite con la detenzione domiciliare prevista dalle due leggi sarebbero comunque uscite con altra misura alternativa. Non solo: l’introduzione di questo beneficio ha probabilmente influito negativamente sull’andamento delle altre alternative alla detenzione. “Prima della approvazione dell’indulto del 2006 c’erano in misura alternativa oltre 23mila persone. Mai così tante. Alla fine del 2006 il numero, dopo essersi quasi azzerato, si è assestato su 5.933 unità, diventate 7.179 a fine 2007, 10.220 a fine 2008, 13.416 a fine 2009, 18.435 al 31 dicembre 2010. A fine 2011 il numero si ferma a quota 19.239. “A causa delle nuove norme diventa probabilmente più difficile accedere alle vecchie alternative alla detenzione”. Intanto la durata media della custodia cautelare è in crescita e la lunghezza delle pene comminate aumenta. Al contrario, ciò che forse più di tutto ha contribuito ad alleggerire le carceri è stata la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che nell’aprile del 2011 ha imposto ai giudici italiani di disapplicare le norme presenti nella legge Bossi-Fini. Gli stranieri - 24.954 al 31 dicembre 2011 - sono diventati 24.123 il 31 marzo 2012. Questi 831 detenuti in meno rappresentano quasi la totalità della decrescita dell’ultimo anno. Un vero modo per svuotare le carceri lo propone Antigone, ricordando che “il 36% dei detenuti è dentro per avere violato la legge Fini - Giovanardi sulle droghe. Molti detenuti tossicodipendenti sono in carcere per avere commesso reati contro il patrimonio finalizzati a procurarsi la droga. Va messa mano a quella legge ideologica, bacchettona, demagogica e anti - economica”. È la Puglia la regione più sovraffollata d’Italia La classifica di Antigone: seguono Lombardia e Liguria. La meno affollata è in Molise, ma in Campania ci sono più imputati che persone condannate. È la Puglia la regione più sovraffollata d’Italia (188,8%), ben sopra la media nazionale del 145,8% di sovraffollamento. Lo attesta l’associazione Antigone, che presenta oggi a Roma gli esiti delle visite in alcuni istituti di pena italiani. A fine marzo i detenuti presenti erano 4.650, mentre la capienza regolamentare ne prevede massimo 2.463. I ristretti sono quasi il doppio del dovuto. La Lombardia con i suoi 9.389 ristretti e una capienza di 5.384 posti (174,4%) si piazza al secondo posto in classifica, seguita dalla Liguria: 1.831 detenuti, 1.088 posti, 168,3% di sovraffollamento. La classifica continua con Emilia Romagna (161,1%), Friuli Venezia Giulia (160,8%) e Calabria (160,5%). Molise, Sardegna e Basilicata sono invece le regioni in cui le condizioni sono migliori: rispettivamente 107,3%, 104,8% e 65,4%. La classifica messa a punto riserva anche delle sorprese: in Campania, ad esempio, vi sono più imputati che persone condannate (53,3%). Complessivamente due persone su cinque sono dentro pur presunte innocenti: 42,2%. Il bluff della capienza in aumento Antigone: “Si stipano solo più detenuti trasformando in celle tutti gli altri spazi, a scapito di spazi comuni indispensabili per la vivibilità”. In Toscana 300 posti in più, anche se le strutture chiudono. Come se non bastasse che l’Italia, con il suo tasso di affollamento del 145,8%, risulta il paese più sovraffollato d’Europa, ci pensa l’associazione Antigone a calcare la mano, sostenendo che “il dato è falso”. In sostanza, la situazione è ancora peggiore. Il motivo è presto detto: è vero che negli anni la capienza è cresciuta, ma solo per uno “stratagemma”: “Si tratta semplicemente del fatto che, negli stessi istituti, si stipano sempre più detenuti, trasformando in celle tutti gli altri spazi, a discapito di spazi comuni indispensabili per la vivibilità degli istituti”. Ecco, dunque, da dove arrivano quei 2.557 posti in più calcolati dal 2007 al 2012. Così, nelle carceri c’è sempre meno spazio, ma sulla carta la capienza aumenta. Con situazioni paradossali, come quella della Toscana, dove sulla carta ci sono 300 posti in più, senza nuovi istituti o nuovi padiglioni: “In realtà la capienza odierna è certamente minore rispetto al 2007” sottolinea Antigone, spiegando che “oggi l’istituto di Arezzo è del tutto chiuso, quello di Livorno lo è in buona parte e a Porto Azzurro sono chiuse ben due sezioni”. Ma non è un esempio isolato: a L’Aquila a causa del terremoto il carcere è stato sgomberato, a eccezione del reparto per il 41bis. Eppure la capienza è rimasta immutata. Idem per Gorizia: “Le perdite degli scarichi dei bagni interni alle celle rendono inagibile un piano, ma i detenuti continuano a vivere e a camminare in una struttura impregnata d’acqua”. A Castelfranco Emilia, invece, la capienza è notevolmente aumentata, ma “è inagibile una delle poche sezioni per disabili in teoria presenti nelle nostre carceri”. Di casi da elencare ce ne sarebbero molti altri: a Monza parte del carcere è stata sgomberata perché quando piove si allaga. Lo stesso accade a Piacenza, nel padiglione per i detenuti sottoposti all’articolo 21. A Sassari un intero piano è inagibile. Infine, a Roma il Regina Coeli conta due sezioni chiuse e a Rebibbia un reparto è off limits. “La realtà - commenta l’associazione - è che negli istituti, sempre più sovraffollati, le condizioni materiali si deteriorano mentre non ci sono più risorse economiche per la manutenzione. Tutto cade a pezzi, lo spazio per la detenzione, per non parlare di quello per le attività comuni, è sempre meno. Ma la capienza regolamentare misteriosamente aumenta”. Da inizio anno 35 decessi, 17 i suicidi Marassi maglia nera con 5 morti in carcere. A San Vittore il detenuto più giovane che si è suicidato: aveva 21 anni. In tutto il 2011 186 morti, di cui 66 per suicidio. In soli tre mesi il bilancio delle morti in carcere arriva già a quota 35 (più due decessi all’interno delle camere di sicurezza della questura di Firenze). Di questi, 17 sono stati i suicidi, 5 le morti per malattia e 15 i decessi per cause ancora da accertare. L’associazione Antigone fa oggi il punto della situazione presentando gli esiti delle visite del suo Osservatorio in alcune carceri italiane. L’istituto che conta il maggior numero di decessi (5) è il Marassi di Genova, dove si è registrato da inizio anno un suicidio e un infarto, mentre le cause delle altre morti sono ancora da accertare. Tre le persone che hanno perso la vita al Regina Coeli: un detenuto del centro clinico è deceduto per malattia, uno è stato colpito da infarto e un ultimo è stato stroncato forse da un’overdose. A San Vittore invece si trovava il detenuto più giovane che si è tolto la vita: era un 21enne italiano, incensurato, con un’accusa per molestie sessuali ai danni di minorenni, che aveva denunciato più volte violenze dagli altri detenuti. “Il giovane, secondo l’amministrazione carceraria, era detenuto nel Centro osservazione neuropsichiatria - spiega Antigone, dove la sorveglianza è particolarmente stretta e quindi non avrebbe potuto subire vessazioni da parte di altri, ristretti nello stesso reparto, e tanto meno riuscire, non visto, a togliersi la vita”. Il più anziano - a Opera - aveva 58 anni: il suo avvocato ha denunciato la mancata comunicazione del suicidio ai familiari. Nell’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto è deceduto un detenuto di cui il senatore Ignazio Marino, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema sanitario nazionale, ha detto: “Era malato da molto tempo e in quel luogo non aveva mai trovato le risposte sanitarie adeguate ai suoi problemi. Con ogni probabilità non era più pericoloso socialmente eppure le sue misure di sicurezza erano state reiterate molte volte”. In un altro Opg - quello di Reggio Emilia, è deceduto un 43enne italiano. Rispetto allo scorso anno il trend è nella media. A fine 2011 nel complesso i decessi registrati sono arrivati a quota 186, di cui 66 per suicidio, 23 per cause da accertare, 96 per cause naturali e uno per omicidio. Nel 2010 i decessi erano stati 170, di cui 65 per suicidio. Lavoro a picco per i tagli Non rifinanziata la legge Smuraglia, cooperative costrette a chiudere e licenziare. Il bidget per il lavoro è passato dai 71 milioni del 2006 (con una popolazione di 59.523 persone) a poco più di 49 milioni, a fronte di una popolazione di 67.961 persone. Il lavoro in carcere sacrificato nel nome dei tagli alla spesa. Così calano gli stipendi dei detenuti alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e le risorse per sostenere le imprese o le cooperative che li assumono. Il colpo maggiore è stato inferto dal mancato rifinanziamento della legge Smuraglia (193/2000), che prevedeva benefici fiscali e contributivi per chi assume detenuti. Nel 2011 il budget, ridotto a causa degli esuberi del precedente anno, si è esaurito prima della fine dell’anno e le aziende hanno dovuto rinunciare, in tutto o in parte, agli sgravi, vedendosi spesso costrette a terminare il rapporto di lavoro. In più, lo scorso febbraio la proposta di legge 937, “Norme per favorire il lavoro dei detenuti” è stata bloccata per mancanza di copertura finanziaria. “Per molti detenuti - sottolinea l’associazione Antigone - il lavoro rappresenta l’unica fonte di reddito, non avendo alle spalle famiglie capaci di sostentarli, e quindi l’unico modo per poter acquistare tutto ciò che l’istituto non offre, come francobolli per scrivere ai familiari, sigarette, sapone, capi di vestiario, ma anche alimenti”. I detenuti dipendenti dell’amministrazione penitenziaria nel 2011 sono stati 11.700 sul totale di 13.961 lavoranti. Nel 2010 erano 12.110 (sul totale di 14.174) e nel 2010 12.376 (totale 14.271). Quanto ai fondi destinati per questi detenuti, si è passati dai 71.400.000 euro del 2006 (con una popolazione ristretta di 59.523 persone) ai 49.664.207 euro, a fronte di una popolazione detenuta di 67.961 persone. Antigone fornisce alcuni esempi concreti: a Regina Coeli nel 2011 il budget è stato di 611mila euro, nel 2012 di 476mila euro, mentre a Teramo si è passati dai 300 mila euro del 2011 agli attuali 241 mila. A Rebibbia Reclusione il budget si è ridotto del 32% nel triennio 2009 - 2011, poi ancora del 34% nel 2012: il turno giornaliero delle pulizie era di 3 ore e 30 fino allo scorso anno, adesso è di 1 ora e 40. Nella casa circondariale di Melfi le mercedi si sono ridotte del 70%: ad agosto 2011 i detenuti che lavoravano erano 40, ad aprile 20, 10 dei quali pagati con fondi della cassa delle ammende. I tagli hanno colpito anche le colonie agricole e le case di lavoro, che prevedono l’obbligatorietà del lavoro. I progetti si sono quindi interrotti e la misura di sicurezza si limita alla detenzione, come sta accadendo a Sulmona. Il relativo capitolo di spesa è passato da 7.978.302 euro del 2010 a 5 milioni 400mila euro del 2011, confermati anche per il 2012 e 2013. Sovraffollamento: il problema è la legge sulle droghe Gonnella, presidente di Antigone: “Un detenuto su 3 è in carcere per droga: non c’è buona norma che tenga, se non si interviene sugli ingressi. La legge svuota-carceri? Solo un provvedimento di buon senso”. “Non uno svuota carceri, ma un provvedimento di buon senso, che non segna certo una svolta per il problema del sovraffollamento”: così Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, ha definito la cosiddetta legge svuota-carceri. Entrata in vigore il 31 dicembre 2011. In occasione della presentazione degli esiti delle visite dell’Osservatorio nazionale nelle carceri italiane più sovraffollate, l’associazione fa il punto sugli ultimi provvedimenti in materia e lancia un appello al governo: “Non c’è buona norma che tenda, in termini di aggiustamenti di procedura - spiega Gonnella - se non si mette mano al cuore del problema, che è quello degli ingressi e in particolare degli ingressi per droga. 2 detenuti su 5 - ha evidenziato infatti il presidente di Antigone - sono in custodia cautelare, oltre 1 su 3 è in carcere per droga. Questa conferenza - ha concluso - avviene a 8 giorni dalla marcia dei Radicali per l’amnistia e la giustizia: noi riteniamo che l’amnistia sia un atto dovuto di riparazione rispetto a un’ingiustizia diffusa”. Sul problema prioritario degli ingressi si è soffermato anche Mauro Palma, presidente della commissione carceri e tortura del Consiglio d’Europa: “Se c’è un rubinetto ben aperto e il sistema per far defluire l’acqua è lento, l’esito è l’allagamento. Così, anche rispetto al problema del sovraffollamento carcerario, bisogna innanzitutto regolare gli ingressi. Possiamo guardare alla soluzione adottata in Portogallo, dove innanzitutto si è stabilito che la custodia cautelare si possa scontare in carcere solo per reati la cui pena massima sia superiore a 5 anni; in secondo luogo, si è intervenuto sulla legge sulle droghe. Una legge che, nel nostro Paese, all’articolo 73 tiene insieme una serie di condotte penalmente molto diverse: detenzione di sostanze, importazione, esportazione, cessione a terzi eccetera. È quindi necessario intervenire su nodi strutturali forti: cosa difficile, nel nostro Paese, soprattutto a causa delle frequenti dispute elettorali ravvicinate”. A mettere a fuoco il “grande degrado e la mancanza di risorse” che affliggono gli istituti penitenziari italiani è intervenuto Alessio Scandurra, membro dell’Osservatorio: “Il sistema è sovraccarico da anni - ha riferito - ha esaurito tutte le sue risorse e ha perso vivibilità. Celle e sezioni intere sono state chiuse per mancanza di manutenzione, senza che ciò sia stato contabilizzato. L’intervento immediato e indispensabile è che siano destinate opportune risorse alla manutenzione ordinaria: risorse che attualmente, in alcuni casi, non arrivano a 10.000 euro l’anno”. Per quanto riguarda le condizioni di detenzione, la misura minima della cella singola è di 7 metri quadri, a cui si devono aggiungere 4 metri quadri per ogni persona in più. “In Italia non solo lo standard è difficilmente rispettano, ma in alcuni casi le dimensioni della cella scendono sotto i 3 metri quadri - ha riferito in chiusura Gonnella - Proprio su questi casi abbiamo presentato finora 120 esposti alla Corte europea dei diritti dell’uomo: le prime risposte di accoglimento iniziano ad arrivare”. Giustizia: Di Giovan Paolo (Pd), deroghe patto stabilità per migliorare condizioni detenuti 9Colonne, 17 aprile 2012 “Per dare maggiore dignità a chi è in carcere serve un insieme di interventi, come la possibilità di deroga al patto di stabilità per le spese di investimento e copertura sociale sostenute dai comuni che registrano un avanzo di bilancio”. Lo ha affermato il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, presidente del Forum per la Sanità Penitenziaria, “E poi va riaffermato il diritto - dovere per i Sindaci delle 200 città sede di carcere di poter entrare nei penitenziari essendo queste strutture parte del loro territorio - continua Di Giovan Paolo. Ed ancora, il rilancio della riforma sanitaria in carcere”. Giustizia: Sappe; ci sono sempre 20.000 detenuti in più, servono altri e concreti interventi Adnkronos, 17 aprile 2012 “I dati diffusi oggi da Antigone confermano un allarme che ormai da anni denunciamo con cadenza pressoché quotidiana. Oggi abbiamo oltre 20 mila persone detenute rispetto alla capienza regolamentare, un buon 40% dei ristretti in attesa di un giudizio e 7 mila agenti di Polizia Penitenziaria in meno negli organici del Corpo. E se fosse per la legge sulla detenzione domiciliare, che pure introduce parametri assai rigidi per avvalersene, e la recente legge del Governo, che limita la detenzione in carcere prima dell’udienza di convalida a casi eccezionali, oggi avremmo in carcere più di 75 mila detenuti”. Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe), commentando i dati delle carceri italiane diffusi oggi dall’associazione Antigone. “È quindi del tutto evidente - ammonisce Capece - che le tensioni in carcere restano costanti ed aggravano le già difficili condizioni di lavoro delle donne e degli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria. Servono dunque altri concreti ed urgenti interventi per deflazionare le carceri italiane. “La situazione penitenziaria è e resta allarmante - sottolinea Capece - ed è davvero ora di ripensare organicamente il sistema dell’esecuzione penale in Italia. È del tutto evidente che scontare la pena fuori dal carcere, per coloro che hanno commesso reati di minore gravità, ha una fondamentale funzione anche sociale. Si deve avere il coraggio e l’onestà politica ed intellettuale di riconoscere i dati statistici e gli studi universitari indipendenti su come il ricorso alle misure alternative e politiche di serio reinserimento delle persone detenute attraverso il lavoro, siano l’unico strumento valido, efficace, sicuro ed economicamente vantaggioso per attuare il tanto citato quanto non applicato articolo 27 della nostra Costituzione. Non a caso il Sappe - precisa Capece - da tempo sollecita il Parlamento a sostenere il progetto di legge del ministro della Giustizia Paolo Severino sulla depenalizzazione dei reati minori e, soprattutto, sulla messa alla prova: istituto, quest’ultimo, che ha dato ottimi risultati nel settore minorile e che potrebbe essere altrettanto utili negli adulti, e che consentirebbe di espiare in affidamento al lavoro all’esterno le condanne fino a quattro anni di reclusione”. “Altrettanto evidente è il potenziamento del ruolo della Polizia Penitenziaria - prosegue Capece - incardinandolo negli Uffici per l’esecuzione penale esterna per svolgere in via prioritaria, rispetto alle altre forze di Polizia, la verifica del rispetto degli obblighi di presenza che sono imposti alle persone ammesse alle misure alternative della detenzione domiciliare e dell’affidamento in prova. Il controllo sulle pene eseguite all’esterno, oltre che qualificare il ruolo della Polizia Penitenziaria, potrà avere quale conseguenza il recupero di efficacia dei controlli sulle misure alternative alla detenzione”, conclude. Giustizia: Osapp; il guardasigilli Severino ormai assente all’emergenza penitenziaria Ansa, 17 aprile 2012 “Per amore di verità e nell’interesse della Collettività, occorre smentire categoricamente le voci diffusesi in merito ad una sostanziale diminuzione delle presenze dei detenuti nelle carceri italiane a seguito delle misure varate nei mesi scorsi dal Governo” è quanto si legge in una nota indirizzata dall’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) ai gruppi parlamentari di Camera e Senato e a firma del segretario generale Leo Beneduci. “I dati in nostro possesso, infatti, dopo la pausa delle festività pasquali - aggiunge il leader dell’Osapp - indicano alla data di ieri 15 aprile 66.200 detenuti per 45.750 posti, con Friuli, Lombardia, Liguria, Marche, Puglia, Valle d’Aosta e Veneto che continuano a superare qualsiasi capienza tollerabile (1 detenuto in più ogni 2) e con Calabria, Campania, Emilia Romagna, Piemonte, Sicilia, Toscana che, a loro volta, hanno il 40% in più di presenze detentive rispetto ai posti disponibili.” “Anche i dati sull’invivibilità delle singole carceri restano sostanzialmente invariati, come il costante aumento dei suicidi tentati e portati a termine andrebbe a dimostrare, con 76 istituti penitenziari su 210 oltre ogni limite, tra i quali spicca il record negativo del carcere di Brescia - Canton Mombello con il 165% delle presenze in più, pari a 5 detenuti ogni 2 posti, seguito da Busto Arsizio (+141%), Vicenza (+140%), Milano S. Vittore (+137%) Reggio Calabria (+127%), Como (+131%), Ancona (+125%), Pesaro e Taranto (+118%), Bologna (+115%), Treviso (+114%)), Pisa (+109%), Firenze Sollicciano (+104%) e Locri (+100%)”. “Rispetto all’inizio dell’anno, inoltre, l’interesse, le dichiarazioni e gli interventi della Guardasigilli Severino in materia penitenziaria si sono fatti dapprima sporadici e poi del tutto assenti - prosegue il sindacalista - mentre il tanto vantato disegno di legge sulle depenalizzazioni e sulla messa in prova è stato calendarizzato in Parlamento solo lo scorso 28 marzo e prevede la scadenza di un anno per l’esercizio della delega da parte del Governo e quindi ben oltre la durata della Legislatura”. “Visto che la Politica e il Governo sono estranei da tempo ad una reale comprensione della portata e degli effetti dell’irrisolta emergenza penitenziaria - conclude Beneduci - vorremmo che in vista delle prossime elezioni almeno l’opinione pubblica ne fosse consapevole e per questo saremo presenti il 25 aprile alla II Marcia per l’Amnistia, la Giustizia e la Libertà”. Giustizia: alla Camera inizio audizioni su progetto legge per pene detentive non carcerarie Asca, 17 aprile 2012 La Commissione Giustizia riprende oggi la discussione di uno dei provvedimenti contenuti nel cosiddetto “pacchetto Severino” per attenuare l’emergenza determinata dal sovraffollamento carcerario e avviare una deflazione nell’ingorgo del sistema penale. Si tratta del Ddl 5019 che in 7 articoli delega al Governo ad attuare una serie di iniziative in materia di depenalizzazione, pene detentive non carcerarie, sospensione del procedimento per messa alla prova e nei confronti degli irreperibili. In merito è programmata un’audizione del Prefetto Angelo Sinesio Commissario delegato per il superamento della emergenza esistente in vari istituti penitenziari per la presenza di un numero quasi doppio di detenuti rispetto alle potenzialità ricettive della struttura. Lavoro detenuti: dopo i pareri favorevoli espressi da varie Commissioni al testo messo a punto dalla Lavoro sul lavoro per i detenuti (già discusso parzialmente in aula e rinviato in Commissione per approfondimenti), si attende il parere della Bilancio per completare l’iter referente. In questa Commissione il relatore Gabriele Toccafondi ha nei giorni scorsi che la previsione degli sgravi contributivi per i datori di lavoro che assumono detenuti e altre disposizioni contenute nel testo richiedono un approfondimento sulla compatibilità finanziaria e ha, quindi, chiesto una relazione tecnica al Governo sulla copertura finanziaria. In attesa di questo via libera il progetto normativo resta per ora in lista di attesa. Lazio: Garante dei detenuti Marroni; detenuti aumentano, nessun effetto decreto Severino Asca, 17 aprile 2012 “Nella nostra regione stiamo vivendo una situazione paradossale. I detenuti presenti, anziché diminuire stanno aumentando”. Lo ha detto in una nota il Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni. Ancora non si vedono, nel Lazio, i benefici del “Decreto svuota carceri” varato dal governo Monti. Il provvedimento prevedeva il parziale svuotamento delle carceri con l’aumento da 12 a 18 mesi della pena residua che è possibile scontare agli arresti domiciliari. Secondo le statistiche elaborate dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), al 15 aprile i reclusi erano 6.812 contro i 6.789 registrati il 20 marzo. Ciò vuol dire, 23 unità in più. “I numeri sono inequivocabili - continua il Garante - o in questi mesi il decreto svuota carceri non è stato applicato, oppure gli effetti legati alla concessione dei domiciliari a quanti avevano una pena residua di 18 mesi da scontare sono stati vanificati da un incremento degli ingressi in carcere. In un modo o nell’altro è evidente che, nonostante la buona volontà del governo, anche questo decreto si è rivelato un palliativo non in grado di risolvere il più grave dei mali del nostro sistema carcerario: il sovraffollamento”. “Occorre pensare ad una profonda revisione del Codice penale e di quello di Procedura penale per modificare una legislazione che produce troppo carcere. Senza un intervento di questo genere - conclude Marroni - accadrà come nell’estate del 2008, quando gli effetti benefici dell’indulto furono cancellati in pochi mesi”. I reclusi (6.353 uomini e 459 donne) continuano ad essere oltre duemila in più rispetto alla capienza regolamentare delle carceri della Regione, fissata a 4.838 posti. Un numero che, tuttavia, non tiene conto del fatto che a Regina Coeli due sezioni (la V e la VII) sono chiuse e che altre realtà (il nuovo padiglione di Velletri e il nuovo carcere di Rieti) funzionano ancora a mezzo servizio. Lazio: Assessore Cangemi; la Regione s’impegna a migliorare condizioni detenuti disabili Adnkronos, 17 aprile 2012 “Per la prima volta viene sollevato il problema dei detenuti disabili. I governi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno notevolmente ridotto gli investimenti rivolti al sociale e ai più deboli. In quest’ottica il discorso sui disabili è ancora più complesso a causa di diversi fattori, primo fra tutti la crisi economica, che determina la mancanza di fondi. L’unica eccezione è costituita dalla Regione Lazio che impegna 700mila euro per il recupero di spazi all’interno degli istituti carcerari a beneficio dei detenuti”. Lo ha dichiarato Giuseppe Cangemi, assessore Enti locali e Sicurezza della Regione Lazio, nel corso del convegno “Disabili in catene: l’isolamento fisico e sociale del disabile e del carcerato”, svoltosi oggi pomeriggio a Palazzo Marini, a cui hanno partecipato anche Barbara Cerusico, presidente dell’associazione Donne per la sicurezza, che ha lanciato l’iniziativa, e Roberta Angelilli, vice presidente del Parlamento europeo. “Un altro fattore non trascurabile - ha aggiunto Cangemi - è il sovraffollamento che determina un peggioramento delle condizioni di vita dei detenuti, specie di quelli disabili. La Regione Lazio si occupa di loro, ma promuove anche iniziative volte a incrementare la formazione dei detenuti, in modo che una volta scontata la pena possano più facilmente trovare lavoro. Anche se i fondi sono limitati, grazie alla programmazione è possibile ottimizzare i risultati ottenibili”. “Come associazione ci occupiamo principalmente di violenza sulle donne - ha dichiarato Cerusico - ma anche di sensibilizzare l’opinione pubblica su problematiche sociali, per questo non possiamo dimenticarci dei detenuti disabili, che spesso scontano la pena in condizioni che non tengono conto del loro handicap. Chiediamo l’impegno delle istituzioni affinché i detenuti disabili non si sentano più abbandonati e isolati. In Italia serve un sistema di monitoraggio delle condizioni di vita di questi carcerati, così come l’adozione di strategie volte al loro recupero psico-fisico attraverso un’adeguata assistenza sanitaria”. “Guardando ai documenti della Commissione e del Parlamento europei - ha aggiunto Angelilli - ci potremmo considerare soddisfatti. Il problema è che tra quadro legislativo e situazione pratica c’è una distanza siderale. I disabili in carcere non godono effettivamente dei diritti che la legge riconosce loro. Recentemente il Parlamento europeo ha lanciato ai 27 stati membri un grido d’allarme sul problema del sovraffollamento nelle carceri; in questo quadro l’Italia si trova nella black list. Inoltre il Consiglio europeo ha richiamato l’Italia sulla lentezza del suo sistema giudiziario, che si ripercuote anche su quello carcerario. Nonostante ciò non si è registrata ancora un’adeguata reazione legislativa su questo problema”. Trieste: suicida nel Commissariato di polizia donna ucraina 31enne in attesa di rimpatrio Ristretti Orizzonti, 17 aprile 2012 Poche battute d’agenzia per annunciare un dramma, l’ennesimo che riguarda detenuti in Italia. Anche Rita Bernardini, deputata radicale, dalle pagine del suo blog rende nota la triste e drammatica notizia: “Una cittadina ucraina, Alina Diachuk, di 31 anni, si è suicidata questa mattina in una stanza nel Commissariato di Villa Opicina, una frazione di Trieste, dove vengono temporaneamente trattenute le persone straniere in attesa di essere accompagnate alla frontiera”, si legge sul blog dell’esponente dei Radicali. Leggere questa notizia rende spontanee diverse riflessioni. Innanzitutto perché e come è stato possibile che tutto ciò accadesse in un commissariato di polizia. “In base alla ricostruzione fornita dalla Questura di Trieste, l’ucraina si sarebbe suicidata usando il cordino della felpa”, recita ancora l’agenzia di stampa che ha diffuso la notizia. Ci si aspetta che in un posto del genere il controllo sia la prima cosa eppure… Non conosciamo i motivi per cui questa donna ha scelto di farla finita, probabilmente non accettava il rimpatrio, ma sappiamo bene a cosa vanno incontro i detenuti nel nostro Paese: tra carenza di risorse, di uomini e mezzi, e un sovraffollamento che uccide ogni speranza. Anche per questo i Radicali, il prossimo 25 aprile, scenderanno in piazza a Roma in una marcia per l’Amnistia e la Giustizia. Foggia: detenuto di 28 anni ritrovato morto, un altro tenta il suicidio, un terzo in ospedale www.teleradioerre.it, 17 aprile 2012 Mentre nella giornata di ieri sera ore 20 circa un tentativo di suicidio per impiccagione in extremis detenuto italiano salvato dalla dai poliziotti di servizio, alle ore 8.00 di questa mattina nel Reparto precauzionale del carcere di Foggia l’agente di vigilanza di 30 detenuti, tutti considerati soggetti a “rischio”, ha potuto constatare che un cittadino di nazionalità italiana, Michele Valente, 28 anni, di Manfredonia, arrestato il 6 marzo 2012 per furto in appartamento con una condanna in appello di anni 1 e mesi 6 che in quel momento soggiornava con altri tre detenuti nella stessa cella, era immobile nel letto. Subito soccorso dai medici, che hanno constatato la presunta morte naturale del medesimo. Trattasi sembra di soggetto proveniente dal mondo della tossicodipendenza e seguito dal Sert. A distanza di solo un’ora precisamente verso le 9.00 nella stessa mattinata è stato dato l’allarme poiché un altro detenuto, questa volta nigeriano, Ehiejilchwe Moritz, nato il 19/1/1989 in Nigeria, in carcere per tentato omicidio, tentata violenza carnale ed oltraggio a P.U. resosi in precedenza anche di aggressione al proprio magistrato nel corso dell’interrogatorio e successivamente di aggressioni e lesioni ai danni di altro compagno di cella, rissoso per la società detentiva, è stato rinvenuto disteso a terra nella propria cella dove si trovava nel Reparto Isolamento da solo, privo di sensi ed immediatamente trasportato in ospedale dove è rimasto piantonato dalla Polizia Penitenziaria per ipotetico calo glicemico. Detenuto morto: per tossicodipendenti non c’è possibilità di recupero “Un anno e sei mesi da scontare per furto aggravato, un processo da appello da affrontare e invece, a 28 anni, è morto, lo hanno trovato esanime i compagni di cella”. Questo il commento del consigliere regionale Franco Pastore, del gruppo misto/Psi. “Perché sia accaduto e se ci siano eventuali responsabilità - si legge in una nota del consigliere - sarà chiarito. Ma al di là di questo, quel che mi preme evidenziare è che ancora una volta un giovane muore in carcere, a 28 anni, un tossicodipendente. Sono loro a riempire le carceri italiane, senza risultati dal punto di vista della riabilitazione ne tanto meno di tutto il resto. Il tossicodipendente va in carcere per reati legati alla droga e ne viene fuori che i presupposti per delinquere nuovamente sono integri e intatti. Questo dovrebbe spingere a porsi degli interrogativi sulla opportunità e idoneità della detenzione in un carcere per un tossicodipendente. Sono d’accordo con il sindacato che ha denunciato quanto accaduto, il Sappe, e che ha sottolineato proprio questo aspetto. La pena deve contemperare, per queste persone, anche la possibilità di recupero, che in carcere non è possibile. Bologna: alla Dozza il detenuto si ricicla… progetto di smaltimento dei rifiuti elettronici di Alessandra Testa www.lettera43.it, 17 aprile 2012 La società li considera dei rifiuti. Loro, lavorando 18 ore alla settimana in carcere, dimostrano che tutti i rifiuti possono essere recuperati. Questa è la storia di Salvatore Manna, Leopoldo De Chiara e Isam Bendaoud, rinchiusi nel carcere della Dozza, la casa circondariale di Bologna. La prima in Italia ad aver realizzato al proprio interno un impianto per il trattamento dei rifiuti Raee, cioè quei rifiuti prodotti da apparecchiature elettroniche che, se non correttamente smaltiti e riciclati, diventano estremamente dannosi per l’ambiente. Lavatrici, lavastoviglie e forni elettrici, raccolti all’interno delle stazioni ecologiche italiane, si trasformano così in un’alternativa ambientale, ma anche sociale, dando un’altra possibilità a chi deve fare i conti con la giustizia e mostrando l’altro volto, quello migliore, delle carceri italiane che la cronaca ricorda purtroppo solo per i tanti suicidi o per il dramma del sovraffollamento. L’impianto è stato inaugurato nel 2009, dopo una lunga fase sperimentale. A renderlo possibile è stato il consorzio italiano per il recupero e il riciclaggio degli elettrodomestici Ecodom che, attraverso il laboratorio della cooperativa It2 di Bologna e l’ente di formazione Cefal, ha dato un contratto full - time a questi tre detenuti che, dis-assemblando rifiuti elettronici, rimettono nel ciclo produttivo rifiuti che altrimenti finirebbero per essere inceneriti o smaltiti nelle discariche. Accade così che in uno dei carceri più affollati di Italia (1.023 reclusi contro 483 posti disponibili) si trovi lo spazio per la speranza. Quella a cui si aggrappano tre detenuti. Manna, pizzaiolo licenziato emigrato a Rimini Manna ha 45 anni ed è originario di Napoli. Quando la pizzeria in cui lavorava lo ha licenziato, si è trasferito a Rimini. È nella città romagnola che, per dirlo con le sue parole, ha fatto “il più grande errore della vita, l’unico”. Lettera43.it lo incontra mentre, trapano alla mano, smonta una lavatrice all’interno del carcere della Dozza. Una volta separati, i componenti di quella lavatrice saranno differenziati, riciclati e reintrodotti nel mercato produttivo. Manna è dietro le sbarre per scontare una condanna di sei anni e sette mesi. Rapina è il reato di cui è accusato. “Io non ho rubato niente”, racconta il diretto interessato, “ma so che ho sbagliato. Mi sono fatto convincere a fare l’autista per chi aveva deciso di infrangere la legge. Li ho accompagnati e li sono andati a riprendere”. Era il 2001 ed era “filato tutto liscio” fino a quando “uno dei rapinatori ha fatto il mio nome”. Di qui l’arresto e la reclusione. “Ma il carcere non è solo la vita dura che facciamo”, ci tiene a dire, senza dimenticare che vive stretto stretto in una cella con un altro detenuto, “è anche un luogo dove, se vuoi, puoi cambiare”. E così è stato. Salvatore ha frequentato un corso di formazione promosso all’interno della struttura e insieme con i suoi due compagni di carcere è stato scelto per dare una nuova vita a se stesso e ai rifiuti raccolti da Ecodom. “Questo lavoro mi piace, ho capito che posso farlo bene”, spiega Manna afferrando un martello, “spero che quando nel 2014 uscirò di qui mi facciano continuare anche fuori”. “E se andrà bene”, giura, “sotto le Due Torri mi farò raggiungere anche dalla ragazza che amo. Sto provando a convincerla”. Bendaoud dentro per aver incendiato una casa Sogna invece di tornare a casa, in Marocco, Bendaoud. Classe 1969, il marocchino ha un italiano così stentato che non riesce nemmeno a spiegare il motivo per cui è finito in carcere. Ripete solamente “incendio”. Poi, chiacchierando un po’ si comprende che ha appiccato le fiamme alla casa - a detta sua abbandonata - dove aveva trovato riparo con altri immigrati. Per lui diventare uno dei prescelti dal carcere per l’attività di smontaggio e recupero delle carcasse degli elettrodomestici è stato facile: “Prima lavoravo per un autodemolitore”. Per il suo reato ha già scontato due anni e prima della libertà devono trascorrere altri due anni e mezzo. Bendaoud fa capire che il lavoro lo sta aiutando a non impazzire, nella sua solitudine. La sua famiglia è in Africa e qui non ha nessuno che lo vada a trovare. “Solo una telefonata di mia moglie due volte al mese”, rivela, “ma quando tornerò a casa, se mi restituiscono i documenti - perché questa è la sua più grande paura - staremo sempre insieme”. E quando sarà libero, come Manna, anche il marocchino vuole “mettere in pratica” quello che ha “imparato qui”. E se non dovesse farcela, “tornerò a fare il contadino”. De Chiara fuori a dicembre Il terzo uomo dei rifiuti è De Chiara, nato a San Marcellino, in provincia di Caserta. La sua famiglia gestisce una tabaccheria ed è lì che vuole tornare. Non si sente molto preparato per il mestiere che ha imparato in carcere, ma è contento di questa opportunità. “Sto diventando una persona migliore”, riconosce, “ho capito tante cose che prima non avevo compreso”. De Chiara, infatti, è finito in carcere per diversi reati: rapina, truffa ed evasione fiscale. “Ma ora ci siamo”, dice con entusiasmo, “se tutto va bene, a dicembre sono fuori”. Il progetto prosegue anche fuori dal carcere Il progetto, però, non si conclude con l’uscita dal carcere. A dimostrarlo la storia di un altro carcerato, cui per buona condotta è stato concesso il beneficio del lavoro esterno. A questo detenuto Ecodom ha dato la possibilità di essere assunto da uno dei suoi partner per lavorare fuori dalla Dozza, per poi rientrarvi ogni sera. E, in quella azienda, con molta probabilità, è destinato a rimanere anche dopo aver ottenuto la libertà. La paga base di Manna, De Chiara e Bendaoud è di 530 euro al mese per 18 ore di lavoro settimanale. Non male di questi tempi. Nei tre anni di vita dell’impianto Raee del carcere di Bologna, sono transitati in tutto otto detenuti. Ogni mese vengono prodotte 25 tonnellate, 260 in anno, di materiale da recuperare e reinserire nel ciclo produttivo. Manna, De Chiara e Bendaoud sono fortunati. Meno del 10% dei detenuti del carcere di Bologna riesce a lavorare mentre scontano la pena. “Tutti vorrebbero lavorare, abbiamo delle graduatorie interminabili”, spiega la direttrice della casa circondariale Iole Toccafondi, “ma le poche risorse a disposizione purtroppo non ci permettono di fare di più”. Infatti solo un centinaio sono stati assunti per svolgere diversi incarichi dalla amministrazione penitenziaria e un’altra ventina è impiegata all’interno delle altre cooperative che operano in carcere. “Tutto quello che possiamo fare”, prosegue Toccafondi, “è organizzare delle rotazioni per coinvolgere più detenuti possibili”. E favorire la nascita di altri progetti. “Stiamo lavorando per costituire anche un’officina meccanica che possa occupare 12 - 14 persone e fornire pezzi alle aziende del territorio. Se il carcere fosse un luogo perfetto tutti dovrebbero avere la possibilità di lavorare. Chissà che qualcosa non riesca a cambiare in futuro”. Intanto negli ultimi mesi le cose stanno migliorando: “Il merito è delle ultime misure del governo che piano piano stanno facendo calare il numero degli ingressi. Il record di 1.200 detenuti è una folla non più sostenibile”. Cagliari: Sdr; domani a Buoncammino incontro con l’Asl sulla sanità penitenziaria Asca, 17 aprile 2012 Fare chiarezza su problemi e prospettive della Sanità Penitenziaria anche alla luce della recente stesura delle linee guida da parte della Regione. È la principale finalità dell’iniziativa del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Sardegna che ha promosso per domani mattina, nella Casa Circondariale di Buoncammino, un primo incontro con le diverse figure professionali interessate e i vertici dell’Asl n. 8, dell’Azienda Mista e di quella Ospedaliera “Brotzu” di Cagliari. Lo rende noto Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, sottolineando che “i detenuti, i loro familiari e gli Agenti di Polizia Penitenziaria sono in attesa di concreti effetti positivi sulla salvaguardia della salute in carcere”. “Non si può non rilevare ancora una volta - sottolinea Caligaris - l’assurdo ritardo della Regione su un tema particolarmente sensibile per i cittadini privati della libertà, i loro familiari, i medici, gli infermieri e i tecnici che operano nelle strutture. Sono ormai trascorsi quasi 9 mesi dalla firma del decreto da parte del Presidente della Repubblica delle norme di attuazione. La questione deve essere risolta al più presto. Gli operatori devono vedere rispettati i loro diritti ma è anche vero che la Costituzione parla chiaro sul principio inderogabile del rispetto della salute per le persone ristrette. I tempi della riorganizzazione del servizio nella nostra isola stanno superando qualsiasi ipotesi negativa con la conseguenza che l’incertezza in cui si trova il sistema pesa gravemente sul clima di fiducia che deve caratterizzare i rapporti all’interno degli Istituti di Pena”. “La situazione risulta particolarmente delicata a Buoncammino, dove si trova un Centro Diagnostico Terapeutico a cui afferiscono detenuti di tutte le altre regioni italiane e dove sono presenti persone con gravi problemi psichici che creano situazioni molto difficili da gestire. Al sovraffollamento, con in media 40 detenuti ricoverati contro i 30 regolamentari, si aggiunge - afferma la presidente di Sdr - il disagio per le ristrettezze anche finanziarie garantite alla struttura. Il Ministero della Giustizia peraltro ha già prorogato il finanziamento mentre esiste un fondo nel bilancio della Regione Sardegna con destinazione vincolata per la Medicina Penitenziaria”. “Nonostante le diverse sollecitazioni da parte, oltre che di Sdr, anche dei Medici Penitenziari, finora la Regione si è limitata ad abbozzare delle linee - guida che tuttavia sono meramente indicative. Manca invece una chiara visione del problema che non può essere risolto né con le Guardie Mediche né affidando la Sanità Penitenziaria ai giovani laureati in Medicina. Non è però neppure pensabile che si attenda l’organizzazione di uno corso di studi specialistico nell’ambito della Facoltà universitaria. Occorre invece intervenire in tempi brevi per individuare una specifica Direzione e per fare in modo - conclude Caligaris - che siano garantiti i livelli essenziali di assistenza tenendo conto che le persone private della libertà non hanno perso il diritto alla salute”. Roma: Garante detenuti Pegorari; il sovraffollamento è la prima causa di disagio Adnkronos, 17 aprile 2012 “Il sovraffollamento è la prima causa del disagio di chi vive in carcere sia esso detenuto che operatore penitenziario, la parte più evidente del problema. Poi vi è la parte nascosta: assenza d’igiene, bagno a vista, cucinino accanto al water, assistenza sanitaria evanescente, attesa di mesi per una visita specialistica”. Lo ha detto Filippo Pegorari, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale di Roma Capitale, a margine del convegno “Disabili in catene” che si è tenuto ieri a cura dell’ associazione Donne per la sicurezza a cui hanno partecipato tra gli altri Roberta Angelilli, vice presidente del Parlamento europeo e Giuseppe Cangemi, assessore Enti Locali e sicurezza della Regione Lazio. “Mesi di attesa per interventi chirurgici anche delicati - ha proseguito - lunghe liste d’attesa per ogni tipo di prestazione; macchinari nuovi e mai utilizzati per mancanza di tecnici; specialisti presenti una volta a settimana che devono far fronte ad oltre 600 pazienti; appuntamenti diagnostici fuori dal carcere prenotati da mesi che saltano per mancanza di scorta”. “L’ufficio da me diretto - ha concluso l’avvocato Pegorari - è attivamente impegnato nella promozione di iniziative tendenti all’inserimento lavorativo delle persone detenute e nel settore della comunicazione per far conoscere all’esterno la realtà carceraria, attività questa svolta in piena condivisione con la volontà del sindaco Gianni Alemanno”. Torino: seminario “Economia carceraria: esperienze, idee e prospettive. Il contributo del Fse” Ristretti Orizzonti, 17 aprile 2012 Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (Dg Papl) - con il supporto tecnico - scientifico dell’Isfol - la Regione Piemonte e il Consorzio Open organizzano un evento nazionale per favorire il confronto sul ruolo che il Fse può svolgere a supporto dell’economia carceraria. Il Seminario “Economia carceraria: esperienze, idee e prospettive. Il contributo del Fondo sociale europeo” si svolgerà l’11 maggio p.v. dalle 9,00 alle 16,30 a Torino presso il Museo Regionale di Scienze Naturali, Sala Conferenze, Via Giolitti, 36. L’evento sarà articolato in due giornate. Nella prima giornata verrà organizzato un Focus Group che vedrà la partecipazione di rappresentanti istituzionali ed esperti tematici, destinato ad elaborare raccomandazioni di policy rivolte ai principali stakeholder nazionali. La seconda, a carattere seminariale, vedrà la presentazione di esperienze regionali, nazionali ed europee in ambito Fse sul tema dell’economia carceraria e sul ruolo che essa riveste nell’ambito della strategia di reinserimento socio - lavorativo dei soggetti in esecuzione penale. Il seminario si rivolge ad operatori del settore del lavoro, della giustizia e delle politiche sociali che intervengono nell’area dello svantaggio sociale legato all’ambito penitenziario (direttori di istituti penitenziari, formatori ed educatori, dirigenti e personale di centri per l’impiego, personale polizia penitenziaria, assistenti sociali, dirigenti degli enti locali, organizzazioni del terzo settore e del volontariato, responsabili cooperative sociali, imprenditori). L’evento sarà articolato in tre sessioni. La prima sarà dedicata a relazioni introduttive sul sistema penitenziario e sull’economia carceraria nel nostro Paese. La seconda metterà a confronto esperienze italiane (piemontese e di un’altra Regione) con quelle di Francia, Germania e Regno Unito. Il Seminario si concluderà con una sessione dedicata allo svolgimento di una Tavola Rotonda, in cui rappresentanti dei Ministeri competenti e dei principali stakeholder nazionali si confronteranno a partire dalle indicazioni emerse dal Focus Group del giorno precedente. Per informazioni: Cooperazione transnazionale C.so d’Italia, 33 - 00198 Roma. Tel. +39 0685447 - 205/539 - Fax +39 0685447806 Gela (Cl): dall’associazione “Cittadini Attivi” un aiuto concreto per la dignità dei detenuti La Sicilia, 17 aprile 2012 Da opera pubblica in cima alla lista nera dello scandalo delle grandi incompiute per i 50 anni d’attesa intercorsi tra la progettazione e l’apertura, il carcere di Gela è oggi una piccola ma modernissima struttura aperta in un momento in cui in Italia tiene banco il sovraffollamento delle strutture carcerarie. La storia più recente del carcere di contrada Balate vogliamo raccontarla attraverso l’attività di un’associazione di volontariato che, dopo essersi battuta per l’apertura del penitenziario, ha ora avviato un percorso di sensibilizzazione al concetto della detenzione come momento di rieducazione e recupero della dignità umana. L’associazione si chiama Cittadini Attivi ed ha alle spalle una serie di iniziative che vanno dalla valorizzazione di aspetti positivi della città, di uomini e donne che si sono spesi per Gela, alle denunce di piccole e grandi ingiustizie. Niente fondi pubblici ma volontariato puro. Cittadini Attivi vive delle quote versate annualmente dai suoi trenta associati e della loro azione generosa a servizio della collettività. Carlo Varchi fondatore e presidente dell’associazione (gli altri componenti sono Salvatore Siciliano vicepresidente, Filippo Franzone segretario, Vincenzo Catania tesoriere e Orazio Coccomini consigliere) è un giovane che ama andare a fondo nelle cose che fa. Deluso dalle logiche che dominano la vita interna dei partiti, ha continuato a coltivare il suo interesse per il sociale attraverso il volontariato puro, quello che non vive di finanziamenti pubblici. Fu lui l’estate scorsa, con lettere al Ministero e comunicazioni su Facebook, a lanciare la campagna per la riapertura del carcere e a contattare un suo amico, il Garante per i diritti dei detenuti sen. Salvo Fleres, per sollecitare un intervento sul Governo nazionale. Due anni prima il carcere era stato inaugurato dal Guardasigilli dell’epoca ma poi rimase chiuso soprattutto per mancanza di personale. Ma c’era pure qualche problema strutturale da risolvere compreso quello del rifornimento idrico. Accanto all’azione delle istituzioni e dei sindacati di categoria, l’opera di sensibilizzazione di Cittadini Attivi è stata fondamentale per vedere riaperto il carcere lo scorso novembre. C’erano i componenti di Cittadini Attivi nei momenti di protesta davanti al carcere per sollecitarne l’apertura ma anche al primo sopralluogo dopo la vera apertura. Ed è stato in quel momento, uscendo con il sen. Fleres dalla prima visita ai carcerati, che Carlo Varchi ed il tesoriere Vincenzo Catania hanno ideato “Rieducando”, un progetto con cui il volontariato collabora con il carcere dall’esterno. A Gela sono detenuti soggetti di media pericolosità ed è proprio in questo caso che si può meglio applicare il principio secondo cui la pena può avere la funzione di provvedere al ravvedimento del reo, correggendolo, migliorandolo, educandolo e ridandogli fiducia nella società. San Cataldo (Cl): laboratorio cartoonist in carcere, tenuto dal vignettista Lello Lombardo Comunicato stampa, 17 aprile 2012 Dal 3 maggio al 7 giugno si svolgerà presso la Casa di Reclusione di San Cataldo un laboratorio cartoonist tenuto dal vignettista Lello Lombardo (in arte Lello Kalos) nell’ambito del progetto “Attimi d’Evasione” che vedrà la partecipazione di 10 detenuti. Verranno trattati argomenti sulla satira e in particolare su quella espressa attraverso le vignette; ciò perché tale espressione artistica mette in evidenza, in maniera chiara e sintetica, il modo di vedere dell’Autore, il suo rapporto con il mondo, filtrato dal tratto della matita che, oltre a dar vita a personaggi e definire fondali, diventa strumento della cultura del disegnatore, capace di far emergere gli archetipi e le tradizioni del suo substrato culturale. Vi saranno, anche, cenni sulla nascita di tale fenomeno ed in particolare sui primi elaborati dell’inglese William Hogarth (considerato il primo vignettista di satira umoristica dell’era moderna) e di come tale espressione grafica, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, si sviluppò in Italia grazie a disegnatori come Gabriele Galantara, Sergio Tofano, Carlo Bisi, Bruno Angoletta ma soprattutto Giuseppe Scalarini. Verranno evidenziate anche le caratteristiche di autori famosi contemporanei nazionali quali Altan, Vauro, Forattini . I partecipanti verranno stimolati a ricercare una personale elaborazione grafica originale e alla creazione di vignette su tematiche estemporanee. Il laboratorio sarà integrato da lezioni inerenti la tecnica di giornalismo (come impostare un articolo, impaginazione etc…), tenute dal direttore de “Il Fatto Nisseno”, dr. Michele Spena ed un incontro con il dr. Giuseppe Nicosia, autore del libro “Leone bianco - Leone nero”, che a seguito di una sua personale vicenda carceraria, svilupperà argomentazioni sulle azioni di recupero sociale dei detenuti. Il 30 giugno, alla fine del percorso progettuale, verranno esposti, nella sala adibita a teatro della Casa di Reclusione, le vignette in originale (preparate per tale evento) di Sergio Criminisi, vignettista del court show di Rai Uno, “Verdetto Finale” (condotto da Tiberio Timperi), una personale del vignettista Lello Lombardo e le vignette elaborate dai soggetti che avranno partecipato alle attività di laboratorio; nello stesso giorno tutti i detenuti, avranno la possibilità di visualizzare tutte le opere realizzate. Alla suddetta rappresentazione interverrà l’Onorevole Rita Bernardini, membro della II^ Commissione Giustizia ed altre personalità politiche e istituzionali locali e nazionali . La realizzazione del progetto è stata possibile grazie al dr. Angelo Belfiore, Direttore della Casa di Reclusione di San Cataldo, che, insieme all’educatore Michele Lapis e al cappellano del carcere, Padre Enrico, ha creato le condizioni ottimali affinché tale iniziativa andasse in porto. Firenze: i detenuti del carcere di Sollicciano diventano allenatori di calcio Il Tirreno, 17 aprile 2012 Saranno consegnati il 20 aprile gli attestati del corso per istruttori di scuola calcio svoltosi all’interno della struttura di reclusione. È il primo esperimento di questo tipo fatto in Italia. Saranno consegnati il 20 aprile alle 11.30 gli attestati del corso per istruttori di scuola calcio (primo corso in assoluto organizzato all’interno di un istituto penitenziario) che si è svolto all’interno del carcere di Sollicciano. I detenuti che hanno partecipato al corso (iniziato a febbraio) sono stati 16 di varie nazionalità. Alla consegna parteciperanno il vicesindaco e assessore allo sport Dario Nardella, il direttore del carcere di Sollicciano Oreste Cacurri, il presidente della Figc - Settore Giovanile e Scolastico Gianni Rivera, Giancarlo De Sisti e Comunardo Niccolai collaboratori del Settore Giovanile e Scolastico, il presidente del Coni regionale Paolo Ignesti col vicepresidente Fabio Bresci e il coordinatore toscano della Figc - Settore Giovanile e Scolastico Paolo Mangini. Durante la cerimonia verranno premiate anche le squadre partecipanti al campionato di calcio interno a Sollicciano che ha visto coinvolte 12 formazioni in rappresentanza di altrettante sezioni. Televisione: domani sera a “Presunto colpevole” (Rai Due) anche la mia storia giudiziaria di Giulio Petrilli Comunicato stampa, 17 aprile 2012 Domani sera, mercoledì 18 aprile, su Rai due, alle 23,15, nel corso della quinta puntata della trasmissione “presunto colpevole” che tratta gli errori giudiziari e le ingiuste detenzioni, verrà raccontata anche la mia storia giudiziaria. Arrestato nel dicembre 1980, con l’accusa di partecipazione a banda armata con funzioni organizzative “Prima Linea”, vengo assolto in appello dopo cinque anni e otto mesi di carcere. L’assoluzione in appello viene motivata dai giudici che l’hanno emessa, anche col fatto che in giovanissima età, a diciotto anni, non avrei potuto guidare una organizzazione terroristica. In “presunto colpevole”, questa trasmissione che rompe il silenzio su clamorosi casi di errori giudiziari, racconto la mia vicenda. Tre nuovi errori giudiziari Quinta puntata di “Presunto colpevole”, in onda domani alle 23.15 su Rai 2, che racconta tre nuove storie di errori giudiziari. La prima riguarda Angelo Cirri. Aveva sulle spalle qualche furto d’auto, per cui aveva già pagato il conto, ma ciò è bastato per accusarlo di ben quattro rapine. D’altronde Angelo era il colpevole ideale. Ma non era così. E in carcere ci resta quattro anni da innocente. Anche Filippo di Benedetto, protagonista della seconda storia non era un incensurato. Per questo viene accusato di una rapina mai commessa. E si fa 18 mesi in galera pur non avendo commesso il fatto. Giulio Petrilli infine non ha nulla a che fare con le rapine. Lui si è ritrovato addosso l’accusa di terrorismo e partecipazione a banda armata. Stati Uniti: migliaia di innocenti in carcere, il Dipartimento di Giustizia nasconde la verità Tm News, 17 aprile 2012 Il dipartimento della Giustizia era al corrente da anni che migliaia di innocenti si trovano in carcere per errori nelle perizie medico-legali, ma ha preferito nascondere lo scandalo. Una inchiesta del Washington Post ha fatto luce sulla vicenda, che ha scandalizzato l’opinione pubblica americana. Le indagini, avviate negli Anni 90, hanno mostrato che il lavoro approssimativo degli scienziati dell’Fbi e l’inadeguatezza dei laboratori hanno portato a errori nelle perizie presentate in tribunale. E il dipartimento della Giustizia, invece che rendere pubblico quanto scoperto, ha preferito riferirlo soltanto ai pubblici ministeri coinvolti nei casi specifici. Non solo. Il dipartimento della Giustizia, come spiega il quotidiano americano, si è limitato ad esaminare un numero limitato di casi e l’attività di soltanto uno scienziato dell’Fbi, invece di indagare sulle altre migliaia di possibili casi simili presso tribunali federali, statali e locali. Medio Oriente: Giornata detenuti palestinesi, 1.200 in Israele avviano sciopero fame Aki, 17 aprile 2012 Circa 1.200 detenuti palestinesi nelle carceri israeliane hanno iniziato uno sciopero della fame a oltranza, nel giorno in cui si celebra la Giornata dei prigionieri palestinesi, mentre altri 1.100 rifiuteranno il cibo per oggi. Lo ha riferito all’agenzia di stampa Dpa la portavoce dell’Autorità israeliana per le prigioni, Sivan Weizman. I detenuti palestinesi rinchiusi nei penitenziari israeliani protestano spesso contro le condizioni di reclusione, che definiscono umilianti. I prigionieri contestano anche l’istituto della detenzione amministrativa, che prevede il carcere a tempo indeterminato per i palestinesi della Cisgiordania che, stando a Israele, costituirebbero una minaccia alla sicurezza. Attualmente, secondo l’organizzazione Addammeer di Ramallah, circa 322 palestinesi - degli oltre 4.600 rinchiusi nelle carceri israeliane - sono trattenuti in base all’istituto della detenzione amministrativa. Tra le ultime proteste dei detenuti palestinesi in Israele c’è il caso della 30enne Hana Shalabi che per oltre 40 giorni è stata in sciopero della fame per contestare la detenzione amministrativa e il trattamento subito durante l’arresto, a febbraio in Cisgiordania, con l’accusa di far parte della Jihad Islamica. Durante lo sciopero della fame, come verificato dall’organizzazione Medici per i diritti umani Israele, la Salabi ha subito danni alla tiroide ed è caduta in uno stato di prostrazione. La protesta della donna, mai formalmente incriminata, è finita con un accordo con le autorità israeliane in base al quale è stata trasferita nella Striscia di Gaza, dove dovrà rimanere per tre anni. Brasile: rivolta in carcere terminata dopo 26 ore Ansa, 17 aprile 2012 Dopo oltre 26 ore, si è conclusa ieri sera la rivolta nel carcere Advogado Antonio Jacinto Filhò di Aracaju, capitale dello Stato nordorientale brasiliano di Sergipe. La squadra antisommossa della polizia ha fatto irruzione nel penitenziario e costretto alla resa i circa 400 detenuti insorti. Finora, non ci sono informazioni di feriti. I cinque detenuti leader della ribellione sono stati già trasferiti in altre unità carcerarie dello Stato. Madagascar: verso amnistia per condannati politici Agi, 17 aprile 2012 Il governo del Madagascar ha approvato un progetto di legge che prevede l’amnistia per alcuni detenuti condannati per motivi politici fra il 2002 e il 2009. Il disegno di legge sarà presentato la settimana prossima al parlamento. Nel testo della legge è precisato che l’amnistia non riguarderà i detenuti condannati per violazione dei diritti umani e dunque neanche l’ex presidente Marc Ravalomanana, deposto dopo il golpe del 2009 e condannato per la morte di circa 30 manifestanti. Il progetto di legge è stato richiesto dalla Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale (Sadc) nell’ambito della road map adottata dal governo di transizione.