Giustizia: il ministro Palma propone riforme condivise e dice no a indulto e amnistia Il Velino, 27 settembre 2011 “C’è la necessità di norme più rigide della custodia cautelare, norme che impongano al giudice di rispettare l’attuale dettato dell’articolo 275 del codice di procedura penale”. A sostenerlo il ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma nella replica al dibattito al Senato sull’emergenza carceri. “Le esigenze di custodia cautelare devono guidare il giudice ma il giudice non deve essere guidato solo nel dare risposte all’opinione pubblica del momento” ha aggiunto denunciando nuovamente l’eccessivo ricorso alla custodia cautelare in carcere, colpevole, secondo il Guardasigilli, del sovraffollamento degli istituti penitenziari. Il 4 gennaio inizio lavori per nuove carceri Poi la risposta a chi ha parlato di una “inutile passerella” in occasione della visita fatta al carcere di Reggio Calabria: “Andare a vedere quali sono le condizioni logistiche delle strutture carcerarie, fare come ho fatto io, fermarmi a colloquio con oltre cento detenuti nell’ora d’aria senza personale di scorta che in qualche modo mi proteggesse: se questa è una passerella è una passerella che sono disposto a compiere ogni settimana” dato che è “assolutamente giusto e corretto” come ministro della Giustizia “ascoltare le lamentale e le critiche che ci possono venire dal mondo della sofferenza carceraria”. L’esponente dell’esecutivo ha parlato anche del piano carceri: “Entro il 2 novembre saranno pubblicati tutti i bandi di gara dei 19 nuovi padiglioni da costruire, il 2 dicembre scadrà invece il termine delle offerte, mentre il 4 gennaio prossimo inizieranno i lavori. Entro il gennaio del 2013 saranno ultimati i primi 16 padiglioni per 2.800 posti”. Con mie proposte subito 2000 carcerati in meno “Con le mie proposte sarebbe possibile un’immediata riduzione della popolazione carceraria di 2.000 unità”. Lo afferma il ministro della Giustizia, Nitto Palma in sede di replica al dibattito sulle carceri in Aula al Senato. Rispondendo agli interventi dei senatori Palma ha ricordato le iniziative proposte ad avvio del dibattito: dalla modifica dellart.123 del codice di procedura penale, alla modifica dell’art.558 dello stesso codice, specificando che il rito per direttissima non è previsto il assaggio in carcere dell’arrestato o del fermato in flagranza. Ancora si propone il potenziamento delle videoconferenze e soluzioni per la situazione della sanità. Il riferimento a tal proposito è in particolare per gli ospedali psichiatrici, per cui il ministro ribadisce la necessità di correlare la permanenza con la gravità del reato commesso. “Per evitare insomma che si resti in ospedale psichiatrico 18 anni per resistenza a pubblico ufficiale”. Serve poi capovolgere la prassi oggi prevista per la detenzione domiciliare, insiste Palma: “Si va ai domiciliari per i reati minori, fermo restando che il pubblico ministero disponga la restrizione in carcere per i casi più gravi”. Infine un ulteriore misura è quella dell’estensione del periodo di domiciliare di fine pena, oggi fissato in un anno. Ho scritto a Tremonti per sblocco 1.611 assunzioni agenti “Questa mattina ho inviato una lettera al ministro Tremonti con cui lo invito a superare le perplessità della Ragioneria dello Stato e procedere con le assunzioni” di 1.611 nuovi agenti carcerari. Lo ha annunciato il ministro della Giustizia, Nitto Palma in Aula al Senato. Palma ha quindi riferito di avere deciso ieri nel corso di una riunione con le organizzazioni sindacali l’avvio di un tavolo tecnico sulla pianta degli organici “in modo da consentire al governo l’approntamento di un piano”. “Da subito - ha poi aggiunto Palma - abbiamo deciso il recupero degli agenti penitenziari in distaccamento in altri servizi”. Giustizia: il Senato approva la risoluzione sulle carceri presentata dalla maggiornaza Adnkronos, 27 settembre 2011 Il Senato ha approvato la risoluzione della maggioranza, firmata da Pdl, Lega e altri, sull'emergenza delle carceri, al termine seconda seduta dedicata all'argomento, dopo quella di mercoledì scorso. Le altre proposte di risoluzione sono state invece respinte, ad eccezione di quella in tema di ospedali psichiatrici giudiziari e di specifiche parti dei dispositivi di alcune di esse su cui il Ministro ha espresso parere favorevole. La mozione di maggioranza, impegna il Governo, tra l'altro: ad attuare la riforma della normativa in tema di custodia cautelare, da considerare come extrema ratio; a varare una riforma del rito direttissimo evitando brevi transiti di detenuti negli istituti di pena; a estendere a tutti i reati l'uso della videoconferenza risparmiando così sul versante delle traduzioni; a proseguire la politica degli accordi bilaterali per favorire che i condannati stranieri scontino la pena nei paesi d'origine; a completare l'organico della polizia penitenziaria; a predisporre un sistema permanente di controllo sui servizi di assistenza sanitaria ai detenuti; a razionalizzare le misure alternative alla detenzione e a monitorarne l'attuazione al pari di quella delle attività volte alla rieducazione culturale e al reinserimento lavorativo dei detenuti. Ancora, fra le richieste contenute nelle risoluzioni di minoranza che il Governo si è dichiarato disponibile ad accogliere, gli impegni a promuovere una riforma coerente di sistema intervenendo sul diritto penale sostanziale; a rivedere le norme sulla custodia precautelare e sulla custodia cautelare in carcere; ad incoraggiare un significativo miglioramento della preparazione del personale penitenziario; a promuovere programmi di lavoro in tutte le carceri; a reperire le risorse necessarie a fronteggiare le carenze di organico; ad individuare misure innovative per la costruzione di nuove carceri; a promuovere l'istituzione di un Garante nazionale per i diritti delle persone detenute; ad approntare adeguate soluzioni alle difficili questioni riguardanti le condizioni di vita e di cura all'interno degli ospedali psichiatrici giudiziari. Respinte le risoluzioni di Radicali e Idv L'assemblea Senato ha respinto le risoluzioni presentate al termine della discussione del ministro della Giustizia sul sistema carcerario e sui problemi della giustizia dall'Idv e dai Radicali. Ha invece approvato la mozione del Pdl-Lega sia nelle premesse che nel dispositivo. Sì anche alla mozione del Pd ma solo per alcune parti del dispositivo, alcune delle quali corrette (interventi non accettati dai proponenti), mentre per la premesse il voto è stato contrario. Premesse bocciate anche per la mozione Fli-Udc-Api mentre sì al dispositivo riformulato (e accettato dai proponenti). Ugualmente approvato dopo le riformulazioni accettate dai proponenti anche la mozione Pdl-Pd-Idv (Saccomanno, Bosone, Ignazio Marino e Mascitelli i firmatari) sugli ospedali psichiatrici. Sei le proposte di risoluzione presentate Sono 6 le proposte di risoluzione depositate al Senato al termine della discussione sulle comunicazioni del ministro della Giustizia, Nitto Palma su l sistema carcerario e sui problemi della giustizia. I 6 documenti sono state presentate rispettivamente dal Pdl-Lega (Centrao, Mugnai, Mezzatorta), che ripercorrono i punti elencati dal ministro in sede di replica a chiusura del dibattito, impegnando il governo ad attuare una riforma della custodia cautelare (sia extrema ratio), del rito per direttissima (senza transito in carcere), più videoconferenze, a completare l'organico ella polizia penitenziaria; a proseguire la strada degli accordi bilaterali per limitare i flussi migratori; per un sistema di controllo sui servizi di assistenza sanitaria ai detenuti; interventi sulle misure alternative alla detenzione. Ci sono poi le risoluzioni del Pd (Finocchiaro prima firmataria); dell'IdV (Li Gotti), del Fli-Udc-Api, dei Radicali, ed infine una risoluzione bipartisan (Pdl-Pd-Idv) sugli ospedali psichiatrici. Giustizia: Finocchiaro (Pd); siamo contrari ad amnistia e indulto Adnkronos, 27 settembre 2011 "Il mio gruppo è totalmente contrario all'amnistia. Parlare di indulto o amnistia nel monento in cui non ci sono le condizioni nemmeno per pensare norme del genere sarebbe crudele nei confronti di chi, in carcere, ci costruisce sopra sogni di libertà". Lo ha detto il capogruppo del Pd in Senato, Anna Finiocchiaro, intervenendo in Aula al dibattito sulle carceri. "Il sovraffollamento delle carceri - ha spiegato Finocchiaro - è un problema drammatico e reale, ma è determinato da scelte ideologiche portate avanti dal governo Berlusconi. Come altro possiamo intendere infatti l'introduzione del reato di clandestinità? è chiaro che per incidere positivamente sul sistema carcerario bisogna partire dalla riforma del codice penale e di procedura penale". "Chiederemo a lei ministro - ha concluso la presidente dei senatori Pd - di venire a riferire in aula su alcuni temi cui ha accennato nel corso di questo dibattito. Abbiamo infatti saputo che sono stati ultimati e che sarebbero pronti diversi nuovi stabilimenti carcerari. Perchè non vengono usati? Vogliamo sapere se dietro a questi lavori pubblici agisce una concentrazione di imprese che lavorano solo su questo settore. Esperienze recenti di lavori pubblici svolti sull'onda dell'emergenza non hanno infatti avuto esiti positivi". Giustizia: le dieci proposte del Pd per affrontare i problemi delle carceri di Sandro Favi (Responsabile nazionale carceri Direzione Pd) Europa, 27 settembre 2011 Pure apprezzando le parole di verità che il ministro Nitto Palma ha pronunciato al senato sulla disastrosa situazione di sovraffollamento delle carceri, sulla desolata situazione della sanità penitenziaria e in particolare delle incivili condizioni degli ospedali psichiatrici giudiziari, registriamo che la sua analisi dei problemi strutturali che hanno prodotto questa realtà non trova quel sostegno politico in seno al governo e alla sua maggioranza che gli avrebbe consentito di proporre responsabilmente gli interventi urgenti ritenuti necessari. Il ministro Nitto Palma ha esordito con un auspicio al confronto che si può spiegare così: ammettere che esiste un problema di eccesso di custodia cautelare e che nelle carceri c’è una percentuale alta di stranieri eppure negando che a questo abbiano potuto concorrere i diversi pacchetti sicurezza, le norme criminogene sull’immigrazione, la legislazione inutilmente repressiva sulle tossicodipendenze o le restrizioni all’accesso alle misure alternative per i pluricondannati. Un ministro della giustizia deve essere in grado di formulare e formalizzare le soluzioni del proprio governo e della propria maggioranza alle drammatiche condizioni delle carceri e, come auspichiamo, confrontarle apertamente con quelle delle opposizioni. I dati sulle presenze forniti dal ministro dicono che siamo a circa 2000 detenuti sotto la soglia di tollerabilità? Ma di cosa stiamo parlando? Dobbiamo stare sereni sapendo che la vita quotidiana di persone che sono sotto la tutela dello stato si svolge in pochi metri quadrati? Non è la prima volta che il parlamento affronta il tema del carcere e le precedenti discussioni si sono tutte chiuse con impegni solenni da parte dell’allora ministro Alfano perché venissero poste in essere procedure e interventi che non sono però mai arrivati. Si dice che il carcere è la parte terminale del mal funzionamento della giustizia. Vero, ma allora perché invece di parlare per mesi di processo breve, processo lungo, riforma epocale il governo e la maggioranza non hanno mai accettato le nostre richieste di discutere, per esempio, di quegli aspetti del processo penale che si presentano come non funzionali e farraginosi? Senza modifiche costituzionali e in tempi brevi si potrebbero fare riforme a costo zero come semplificare il regime delle notifiche e il sistema delle nullità processuali e della rilevabilità delle questioni di competenza; modificare il regime della contumacia; stabilire tempi certi per la chiusura delle indagini preliminari; rivedere il sistema delle impugnazioni e la riduzione del carico di lavoro che grava sugli uffici inquirenti mediante la diminuzione del cosiddetto “flusso in entrata”. Il ministro Nitto Palma dia discontinuità a una politica penitenziaria fallimentare e a progetti velleitari che si sono mostrati distanti dai problemi concreti. Il piano carceri continua a mascherare gli effetti deteriori sul sistema penitenziario delle politiche degli scorsi anni in materia di sicurezza, giustizia, tossicodipendenze ed immigrazione e dopo tre anni di annunci è ancora lontano dal produrre alcun effetto sulle condizioni reali delle nostre carceri e delle persone che vi sono ristrette o che ci lavorano. Il Pd ha messo in campo le sue ipotesi in 10 punti, rese note anche al ministro: 1. La revisione dei meccanismi della custodia cautelare che determinano l’elevata presenza di detenuti per periodi brevi; 2. Un’efficace depenalizzazione dei reati minori e la contestuale revisione del codice penale; 3. L’abrogazione delle norme della legge ex-Cirielli che comportano aggravi di pena e la restrizione all’accesso alle misure alternative per i detenuti recidivi; 4. Il rilancio delle pene alternative, specialmente di quelle supportate da progetti professionalmente strutturati come nella proposta del Pd di previsione di patti per il reinserimento e la sicurezza sociale per chi ha una pena residua inferiore ai tre anni; 5. La modifica della legge Fini-Giovanardi in materia di stupefacenti e l’aumento delle risorse per l’affidamento ai Sert ed alle comunità terapeutiche dei tossicodipendenti autori di reato, per i quali il carcere è la condizione peggiore in prospettiva di una riabilitazione e del recupero sociale; 6. L’assunzione di 1.000 operatori professionali (educatori, assistenti sociali e psicologi) e l’adeguamento degli organici della Polizia penitenziaria; 7. L’estensione dell’istituto della messa alla prova, già previsto per i minori, agli adulti, soprattutto ai giovani alle prime manifestazioni di devianza; 8. La predisposizione delle condizioni per l’accesso a misure alternative per gli immigrati condannati, da eseguirsi anche nei paesi di provenienza, come previsto dalle sentenze della Cassazione; 9. Il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari le cui condizioni offendono la coscienza civile del paese, attraverso programmi di dimissioni assistite e progetti autenticamente terapeutici per le malattie psichiatriche; 10. La revisione delle altre misure di sicurezza divenute pressoché indistinguibili dalla pena carceraria. Il senato oggi continuerà a discutere e votare le diverse risoluzioni presentate. Ma se Nitto Palma è solo un uomo chiamato a certificare il disastro, senza poter indicare soluzioni e percorsi di ripristino della legalità costituzionale nel nostro sistema penitenziario, chiami alla responsabilità solidale il proprio presidente del consiglio e gli altri ministri (da quello dell’interno a quello della salute, da Tremonti a Fitto) oppure lasci che il parlamento assuma liberamente, in sessione straordinaria, gli interventi che la dignità del paese esige. Giustizia: carceri fuorilegge, sovraffollamento record con 21.457 detenuti di troppo di Sergio Segio Vita, 27 settembre 2011 Se l’amministrazione penitenziaria fosse un’azienda, avrebbe da tempo dovuto portare i libri in tribunale. Ma a essere condannati, più che gli amministratori, sarebbero, per così dire, i proprietari. Vale a dire i responsabili politici. E qui il fallimento è manifestamente per dolo, giacché i problemi sono noti, analizzati e denunciati da tempo immemore (e significativamente spesso in modo congiunto e omogeneo da parte di tutti i diretti interessati: detenuti, associazioni, volontariato, operatori, direttori, agenti), senza che misure minimamente adeguate siano mai state messe in campo. Sui numeri delle carceri, tuttavia, andrebbe sempre ricordata l’avvertenza di uno che se ne intendeva: Francesco di Maggio, già magistrato di punta. Nei primi anni Novanta, da poco insediato al vertice delle carceri, provocò scalpore affermando che le statistiche penitenziarie erano inattendibili e inverificabili. Del resto, proprio la sua franchezza e ancora di più i suoi contrasti con i sindacati del personale (“Pretendono di gestire ancora in maniera consociativa l’amministrazione penitenziaria. Un’ingerenza intollerabile”, dichiarò a “la Repubblica” del 30 gennaio 1994), causarono il suo licenziamento da parte dell’allora Guardasigilli Alfredo Biondi. In quell’occasione, i giornali titolarono sui brindisi di festeggiamento degli agenti di custodia. La stessa cosa successe parecchi anni dopo, quando un ministro della Giustizia di opposta parte politica, Oliviero Diliberto, da un giorno all’altro defenestrò da Capo del Dap Alessandro Margara. Per far posto a Gian Carlo Caselli, dopo la deludente esperienza alla procura di Palermo, si disse; ma soprattutto per accattivarsi i tanti e potenti sindacati corporativi della polizia penitenziaria, indispettiti dal tentativo di Margara di mettere mano a un problema annoso e tuttora irrisolto: quello che vede istituti del Nord costantemente sotto organico e altri del Sud con personale esorbitante. Insomma, nelle carceri nulla è certo e stabile: né le cifre, né gli incarichi. Quel che pare invece del tutto prevedibile è il collasso del sistema. Del resto, lo aveva pronosticato con esattezza lo stesso Di Maggio in un’altra intervista: “Arriveremo presto a quota sessanta-settantamila, contro una capienza di trentasettemila” (“la Repubblica”, 27 maggio 1994). La sequenza storica dei detenuti presenti conferma la facile profezia: al 31 dicembre 1991 i reclusi erano 35.469 (di cui il 15,13% stranieri). Dieci anni dopo erano 55.275 (di cui il 29,48% stranieri), mentre al 30 giugno 2011 erano 67.394 (il 35,96% stranieri). Ora, a fine agosto, sono 67.104, di cui 24.155 stranieri Nel giro di vent’anni siamo dunque arrivati al raddoppio. Con qualche stranezza: i detenuti crescono ma le carceri diminuiscono, mentre la capienza rimane sostanzialmente uguale. Almeno stando ai dati degli ultimi tre mesi: al 30 giugno 2011 gli istituti erano 208 (con capienza regolamentare di 45.732 posti), il mese seguente 207 (capienza 45.681), mentre a fine agosto sono divenuti 206 (capienza 45.647). Calano anche i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione, a conferma del lento declino della “legge Gozzini” e dell’agonia di una stagione di riforme. Nel complesso, al 31 agosto 2011, gli affidati in prova erano 9.778, i semiliberi solo 921. Quasi inutilizzati gli istituti del lavoro all’esterno (477), del lavoro di pubblica utilità (239) e della sospensione condizionale della pena (17!). Se i reclusi sono raddoppiati in soli quattro lustri, in compenso è rimasto quasi stabile il numero di coloro che riescono a lavorare: al 31 dicembre 1991 erano 10.902 (il 30,74% dei presenti), 13.823 nel dicembre 2001 (25,01%), 14.174 (20,86% dei presenti) nel dicembre 2010. I numeri raccontano insomma che dall’escalation del sovraffollamento, destinato a portare al tracollo le strutture, non se ne sta uscendo e che non vi sono segnali di controtendenza. La valvola di sfogo delle misure alternative è stata - dissennatamente - ostruita. I programmi di edificazione di nuove carceri sono risultati estremamente costosi, di lunga e difficile esecuzione e totalmente inefficaci. I provvedimenti di indulto - specie se pasticciati e limitati, come l’ultimo del 2006 - si sono rivelati un pannicello caldo. Riforme strutturali non sono nei progetti e nelle intenzioni di nessuno degli schieramenti politici. L’attenzione sociale alle problematiche di chi vive e di chi lavora nei penitenziari è intermittente e comunque insufficiente. Forse, l’unica ricetta paradossalmente di buon senso rimane quella a suo tempo enunciata dal buon Di Maggio a chi lo intervistava: “La soluzione a tutti i problemi delle carceri? Gliela do subito: chiuderle”. Giustizia: dalle carceri, chi vuole “purificare l’aria” cominci da qui… di Valter Vecellio Notizie Radicali, 27 settembre 2011 Cos’altro mai si può aggiungere, al già detto, già scritto, già pensato, su quello che hanno fatto e fanno Silvio Berlusconi e il suo clan? I quotidiani con enfasi e in qualche caso soddisfazione, riferiscono delle critiche del presidente della Conferenza Episcopale Italiana Angelo Bagnasco ha rivolto formalmente alla classe politica italiana, sostanzialmente e concretamente al sempre più traballante inquilino di palazzo Chigi. “Purificare l’aria”, sta per aprire la finestra, spalancare le porte, adottare stili di vita che si può convenire, di penalmente nulla hanno di rilevante; e tuttavia da quanto tempo si osserva e sottolinea che il signor Berlusconi è libero di ricevere nelle sue abitazioni tutte le signorine che desidera e con loro fare tutto quello che vogliono; ma il presidente del Consiglio Berlusconi questa libertà non ce l’ha, e che deve avere uno stile di vita compatibile al ruolo istituzionale che ricopre, e quello che un tempo si chiamava decoro è per lui un dovere, un obbligo, un imperativo? Da quanto tempo si osserva e sottolinea che le conversazioni telefoniche del signor Berlusconi sono irrilevanti dal punto di vista penale, e tuttavia hanno una grandissima rilevanza dal punto di vista politico, e che se un presidente del Consiglio si comporta con così sconcertante leggerezza per fatti privati, si è autorizzati a credere e pensare che con analoga leggerezza si comporti per vicende di Stato? Come si vede non è solo (o tanto) un problema morale, di “comportamenti vacui e tristi che ammorbano l’aria”. Detto questo, si avrà tempo e modo per cercare di decrittare cosa davvero contiene il messaggio che il presidente della CEI ha inteso dire, e perché: parole e intervento duro che tuttavia non sono una novità: seguono a ruota i non meno polemici e trasparenti “messaggi” di Benedetto XVI nel corso del suo tour in Germania. A saper ascoltare le parole di papa Ratzinger si poteva già immaginare quale sarebbe stato il messaggio che poi sarebbe venuto (come è accaduto) dal vertice della Cei. E non sarà inutile, a questo punto, vedere che tipo di segnali verranno dalla Segreteria di Stato Vaticana. Non si ha certo la pretesa di saper leggere le cose che si agitano in Vaticano, ma par di capire che, puntualmente, quello che dice o fa il presidente della Cei Bagnasco, viene puntualmente contestato e contrastato dal segretario di Stato Tarcisio Bertone; e che quest’ultimo, dopo l’era di Camillo Ruini, abbia inteso mandare un preciso segnale: la politica italiana, e i rapporti con i politici italiani non sono più “cosa” della CEI, ma della segreteria di Stato. Bertone da tempo, pur senza rinnegare l’opzione di centro-destra, auspica che al vertice del PdL ci sia un ricambio, e ha mostrato di gradire l’ascesa di Angelino Alfano, vagheggiando un’intesa con l’UdC di Pierferdinando Casini e quei cattolici come Beppe Fioroni che oggi alloggiano nel Partito Democratico. Per ora una nebulosa, un sogno. E non mancano gli imponderabili. Per dire: Comunione e Liberazione, che certo, è più interessata agli affari con la Compagnia delle Opere che alle alchimie politiche, finora è rimasta saldamente ancorata al PdL, che così le conveniva. Fino a quando? E che partita si accinge a giocare il cardinale Angelo Scola che ha sostituito a Milano Dionigi Tettamanzi? Ed è ben vero che Ratzinger guarda con occhio benevolo quel movimento, nel quale un Roberto Formigoni a cui nessuno ricorda imbrogli e firme false (e tuttavia chissà che non ne debba comunque rispondere in tribunale), cerca di farsi largo nella lotta di successione, e nella gestione del potere concreto deve fare i conti comunque con un Maurizio Lupi, non solo generazionalmente legato ad Alfano. Come si vede, la scacchiera è molto più grande delle 64 tradizionali caselle, e siamo appena agli inizi. Una partita si giocherà senz’altro nelle aule di giustizia, con i lavori in corso nelle procure baresi e napoletane, romane e milanesi. Forse esprime più un desiderio che un dato di fatto il presidente della Camera Gianfranco Fini quando sostiene che “tra non troppo si tornerà alle urne”, e che l’asse Berlusconi-Bossi non rappresenta il centro-destra. A dirla tutta, non sapremmo dire chi e cosa rappresenti oggi il centro-destra, ma neppure il centro-sinistra; e in definitiva chi rappresenti il Paese. Anzi, lo si ha la presunzione di saperlo: nessuno di lor signori. In un peraltro rapido passaggio della sua prolusione, non a caso da tutti ignorato, il presidente della CEI ha detto: “Conosciamo di persona, e tramite i nostri cappellani le condizioni in cui si trovano molti dei carcerati e di coloro che li custodiscono. Disagi che troppo spesso arrivano a livelli intollerabili, e a scelte tristemente estreme, a motivo del sovraffollamento registrabile in diversi penitenziari del nostro Paese...tutto ciò che non viene fatto per la giusta pena e l’intelligente recupero dei carcerati, la comunità nazionale lo nega a se stessa e alle prospettive del proprio benessere”. Incidentalmente si potrebbe osservare che se “tramite i nostri cappellani” il cardinale Bagnasco sapeva, e sapeva per di più per esperienza e conoscenza personale, perché mai abbia atteso tanto a denunciare la situazione intollerabile nelle carceri. Ma, si ripete, è un dato incidentale. Il fatto vero, concreto è che se si vuole davvero “purificare l’aria”, se si vogliono avere stili di vita compatibili ai ruoli istituzionali che si ricoprono, bene: il banco di prova è costituito dalla situazione delle carceri e della giustizia. Hic Rhodus hic salta. Giustizia: Bagnasco (Cei); il sovraffollamento è intollerabile, serve una pena giusta Asca, 27 settembre 2011 “Conosciamo di persona, e tramite i nostri cappellani, le condizioni in cui si trovano molti dei carcerati e di coloro che li custodiscono. Disagi che troppo spesso arrivano a livelli intollerabili - e a scelte tristemente estreme - a motivo del sovraffollamento registrabile in diversi penitenziari del nostro Paese”. Lo ha detto il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella prolusione con cui ha aperto oggi pomeriggio l’incontro del Consiglio permanente dei vescovi. “Si sappia - ha aggiunto - che tutto ciò che non viene fatto per la giusta pena e l’intelligente recupero dei carcerati, la comunità nazionale lo nega a se stessa e alle prospettive del proprio benessere”. Giustizia: ddl sul “processo lungo”; Commissione internazionale chiede di non approvarlo La Discussione 27 settembre 2011 A fine luglio sul “processo lungo” in Parlamento si scatenò l’ennesima polemica legata ai provvedimenti sulla giustizia proposti dalla maggioranza. Il ddl ottenne la 48esima fiducia (questa volta al Senato con 160 sì e 139 no) e fu messo in stand-by in vista del passaggio alla Camera per l’approvazione definitiva. Tutto ciò mentre il Csm lo bocciava definendolo di una “portata dirompente”. Per il mese di settembre, prima della pausa estiva, non era stato inserito nel calendario d’Aula di Montecitorio. “Quando il provvedimento arriverà alla Camera vedremo, si vedrà” commentò il Guardasigilli, Francesco Nitto Palma, riferendosi al giudizio del Consiglio Superiore della Magistratura. La scorsa settimana il Pdl ne aveva chiesto la “priorità” per l’inserimento all’ordine del giorno della commissione Giustizia. E in attesa delle decisioni di Montecitorio venerdì scorso è intervenuta nel dibattito la Commissione Internazionale di Giuristi che ha inviato una lettera ai deputati raccomandando di non approvare la proposta di legge relativa alle prove nei procedimenti penali “che, se approvata e messa in esecuzione, risulterebbe quasi certamente nell’ulteriore aggravamento dei già drammatici ritardi dei procedimenti giudiziari in Italia”. La proposta di legge - spiega la Commissione - eliminerebbe la possibilità per un giudice di rigettare l’ammissione di prove “superflue” e persino di quelle “manifestamente superflue”, permettendo così alle parti in un processo di chiamare un numero pressoché infinito di testimoni, e, potenzialmente, di ritardare indefinitamente il processo. La proposta renderebbe, inoltre, aggiunge la Commissione - eccessivamente complesso l’utilizzo di precedenti sentenze definitive sullo stesso caso come prove prima fase in relazione ai fatti considerati nel procedimento. “Se approvate, queste “riforme”, mascherate come garanzie per l’imputato, avranno l’effetto di incrementare esponenzialmente la già vergognosa durata dei procedimenti giudiziari”, ha detto Massimo Frigo, legal advisor del Programma Europa della Commissione. La Commissione internazionale dei giuristi ricorda che l’Italia ha uno dei record peggiori tra gli Stati del Consiglio d’Europa riguardo all’eccessiva durata dei procedimenti giudiziari. “Con la promozione di questa legge si tocca sempre più il fondo nella dedizione dell’Italia allo stato di diritto - ha detto Massimo Frigo - e questa proposta di legge va esattamente nella direzione contraria a ciò che si richiede al Parlamento italiano, cioè di fare della ragionevole durata dei processi una realtà nel Paese”. La Commissione aggiunge di considerare essenziale “assicurare garanzie di processo equo per gli imputati in procedimenti penali, ma non esistono garanzie efficaci se i processi continuano ad essere eccessivamente lunghi. Permettere tali strategie dilatorie avrà un impatto negativo sul diritto ad un processo equo delle persone che hanno risorse limitate, e frustrerà e ritarderà i risarcimenti per le vittime di delitti”. Giustizia: non credono al ladro reo confesso, innocente resta per undici mesi in carcere di Giulio De Santis Il Messaggero 27 settembre 2011 Il rapinator cortese non è lui, se ne facciano tutti una ragione e gli chiedano scusa. Non fu lui, Manolo Zioni, 2 3 anni, a svaligiare per tre volte in un mese lo stesso supermercato di via Anacleto Papa, dalle parti del Policlinico Gemelli, salutando ogni volta gentilmente il cassiere. Ma questo sarebbe il meno. In un’Italia come la nostra, dove di errore giudiziario si può anche morire, gli undici mesi di galera che Manolo si è dovuto sciroppare fanno scandalo fino a un certo punto. La storia ha dell’incredibile perché mai come in questo caso la sua innocenza è stata evidente fin dall’inizio, diciamo fin dal dicembre scorso, e lui è rimasto in carcere contro ogni logica, contro ogni senso di giustizia. Gli è successo di tutto al povero Manolo. Gli è successo che solo due mesi dopo il suo arresto, prendessero un altro, lo prendessero con la stessa maglietta Billabong immortalata dalla telecamera del supermercato e che questo bel tomo confessasse di essere proprio lui l’autore di quelle tre rapine, senza che per questo il nostro Zioni tornasse in libertà. 11 vero rapinatore invano si è sgolato: “Avete preso un innocente al mio posto”. Anzi, i pubblici ministeri insinuarono il dubbio che ci fosse un accordo tra i due - chissà che accordi fra poveri diavoli - del tipo: “Io mi prendo tutta la responsabilità e poi tu un giorno mi restituirai il favore”. Logica stringente, non c’è che dire. Gli è successo poi, sempre a Manolo e sempre durante questi tragicomici undici mesi, che tre testimoni oculari su tre di quelle rapine non lo riconoscessero. Ma neanche questo è bastato ai solerti e scrupolosissimi giudici della nona sezione collegiale del Tribunale di Roma per deciderne la scarcerazione. Niente da fare: neanche quei tre venuti a scagionarlo in aula sono bastati. A ridargli la libertà, povero ragazzo, è stato alla fine un tatuaggio che non era un tatuaggio. Perché nella famosa telecamera ben si notava una specie di diamante sul collo del rapinatore e i giudici erano convinti che fosse proprio quel segno sul collo di Zioni. A giugno Manolo è già al suo sesto mese di carcere quando viene accettata la richiesta di una perizia sul quel tatuaggio avanzata dai suoi avvocati, Fabio Menichetti e Augusto De Luca. È l’ultima speranza per lui e fortunatamente si rivela ben riposta. La polizia scientifica accerta che Manolo Zioni sul collo ha solo un’ombra, una specie di macchia, e che quindi il rapinatore del supermercato proprio non è lui. Solo a questo punto i giudici si arrendono, alla terza evidenza. Dopo aver snobbato il vero colpevole che si autoaccusava delle rapine e i tre testimoni che non avevano riconosciuto Zioni, non possono far altro. Ma se la prendono con comodo, come si conviene a una giustizia ponderata, pronunciano solo un mese dopo la perizia - ieri mattina - la sentenza di assoluzione tanto attesa. Che idea si sia fatto questo ragazzo di questa società, ancora non è dato sapere. E neppure che pensieri vaghino in queste ore nella mente del vero colpevole in attesa di un vero processo, lui e la sua maglietta Billabong, lui e il suo tatuaggio, lui che non è stato creduto neppure quando ha detto la meno conveniente delle verità: “Eccomi, il colpevole sono io”. Lettere: una detenuta di Taranto; non è vero che siamo privilegiate… Quotidiano di Puglia 27 settembre 2011 “Quando sentite dire le carceri sono alberghi a cinque stelle, non credeteci”. Ha gli occhi lucidi e la voce che non riesce a nascondere l’emozione Vincenza Allocca quando comincia a leggere una lettera scritta per la cerimonia di consegna a 12 detenute, tra le quali c’è anche lei, che hanno partecipato ad un corso per parrucchiera nel carcere di Taranto. Vincenza, occhi e capelli scuri, accento campano, non si aspettava probabilmente quella ressa di giornalisti, fotografi e cameramen alla cerimonia. Ma ha preso coraggio e ha letto quelle frasi che vogliono solo far riflettere chi è libero. Una pagina e mezza di foglio protocollo, scritta per bene, senza neanche una correzione, forse letta e riletta chissà quante volte prima di renderla pubblica con l’ok della direzione carceraria. Vincenza ha citato i presunti privilegi di un detenuto che tali non sono, ha detto che l’allarme-criminalità per i reati gravi non è vero, che “l’informazione che viene data sul carcere è insufficiente”. Ha citato “il difficile lavoro dei giudici” e ha ricordato che “una corretta e completa informazione è fondamentale per aiutare a superare i pregiudizi e, quando serve, a trasformare la realtà”. Ed ha concluso con un ringraziamento da parte di tutte le detenute “per costruire una vita migliore “fuori”. Un applauso ha sancito il lungo abbraccio tra Vincenza e una volontaria dell’associazione “Il ponte” che ha tenuto il corso per parrucchiera in carcere. Vincenza è tornata al suo posto tra le lacrime, si è stretta al collo di un’altra detenuta che le sedeva alle spalle, e poi ha atteso il suo turno per ritirare l’attestato di frequenza al corso. Pensando, probabilmente, al giorno in cui si lascerà alle spalle quella stanza con le sbarre. Ancona: Cardogna (Verdi); la morte in carcere di Eugenio Riccio pesa su tutti noi Il Resto del Carlino, 27 settembre 2011 “L’avevamo scritto, inascoltati, proprio pochi giorni fa e ci ritroviamo ancora una volta a chiedere soluzioni concrete per il sistema carcerario: la situazione è al collasso”. Il capogruppo dei Verdi all’Assemblea legislativa Adriano Cardogna interviene sulla morte di Eugenio Riccio nel carcere di Ancona, che “ha portato alla ribalta una situazione insostenibile per un Paese che si definisce civile”. “La seduta straordinaria della settimana scorsa in Senato si è chiusa con un nulla di fatto. Tante promesse da parte del ministro Nitto Palma, che nel frattempo ha dichiarato che l’amnistia è una soluzione non praticabile per affrontare il sovraffollamento. Domani è prevista una nuova riunione di Palazzo Madama dalla quale, auspico, si passi dalla disamina del problema alla proposta di soluzione immediata affinché‚ si trovi il miglior cammino e la migliore preparazione per la necessaria riforma della giustizia”. “Non voglio entrare nel merito del decesso del detenuto - afferma Cardogna -, è stata aperta un’inchiesta dalla quale avremo presto una risposta, ma non si può tacere che la situazione è sempre più incontrollata e incontrollabile. Se una qualsiasi persona dimessa da un ospedale morisse, si scatenerebbero azioni e proteste ben superiori a quelle avute per il tragico fatto di Montacuto. Una morte che pesa sulla coscienza di tutti, anche del consiglio regionale, che da un anno e mezzo si adopera per sollecitare interventi immediati all’unico interlocutore che può agire: il Governo nazionale”. Viterbo: il Garante dei detenuti insiste; nell’acqua c’è arsenico due volte oltre i limiti Redattore Sociale, 27 settembre 2011 “In base ai risultati di un’analisi commissionata da questo ufficio presso un laboratorio privato, i valori di arsenico nell’acqua del carcere Mammagialla di Viterbo sarebbero di oltre due volte superiori al limite massimo consentito dalla legge”. È questo il passo saliente della lettera inviata dal garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, al sindaco di Viterbo, Giulio Marini, e al direttore della struttura carceraria viterbese, Silvana Sergi. La presenza di elevati valori di arsenico nell’acqua utilizzata dai circa 750 detenuti del Mammagialla era stata denunciata dallo stesso garante all’inizio del mese. Alla denuncia il gestore idrico della provincia di Viterbo aveva replicato spiegando che i valori di arsenico nell’acqua del carcere erano compresi tra gli 11 e i 20 milligrammi/litro, all’interno del limite di 20 previsto dalla deroga accordata nel 2011 alla Regione Lazio dall’Unione Europea. “A seguito di questa discrepanza tra quanto segnalatoci e i dati forniti del gestore idrico - scrive ancora il garante nella sua lettera - abbiamo deciso di far effettuare un’analisi indipendente presso un laboratorio di Viterbo, accreditato presso la Regione Lazio, utilizzando un campione di acqua prelevato da un punto di adduzione che si trova nei pressi del carcere e che risulterebbe alimentato dallo stesso acquedotto che rifornisce il Mammagialla”. Il prelievo è stato effettuato il 14 settembre scorso. Dalle analisi compiute risulta che il contenuto di arsenico riscontrato è pari a 43,09 milligrammi/litro (il limite internazionalmente riconosciuto è di 10 mentre, come già detto, quello concesso in deroga alla Regione Lazio è di 20). “Ovviamente - ha scritto ancora nella sua lettera il garante - non abbiamo elementi per dire se i dati presenti all’interno del carcere siano analoghi a quelli da noi rilevati e, con questa segnalazione, non intendiamo alimentare polemiche, né suscitare allarmismi. Per questo vi invito a valutare tale dato con l’estrema prudenza con cui lo abbiamo accolto noi. È, però, altrettanto vero che la salute dei cittadini è un diritto inviolabile e che la sua tutela ci impone ci assumere ogni tipo di cautela, come del resto ha scelto di fare il Comune di Viterbo, installando distributori di acqua depurata in città”. “Un principio, questo- conclude Angiolo Marroni- che vale a maggior ragione quando si parla di quanti lavorano nel carcere e, soprattutto, di persone private della libertà personale che molto spesso non possono, anche per motivazioni di carattere economico, scegliere l’alternativa più sicura”. Viterbo: il Presidente della Provincia Meroi incontra i Sindacati di Polizia penitenziaria Tuscia Web, 27 settembre 2011 Il presidente Marcello Meroi ha ricevuto questa mattina a Palazzo Gentili una delegazione della Polizia Penitenziaria rappresentativa delle seguenti sigle: Sappe, Osapp, Sinappe, Cgil, Cisl, Uil, Ugl. Al centro dell’incontro la grave crisi che sta attraversando il sistema penitenziario nel carcere di Mammagialla provocata principalmente da un eccessivo sovraffollamento di detenuti, cui corrisponde una carenza di spazi adeguati e soprattutto di agenti preposti alla sorveglianza. Da qualche tempo, a questi problemi ormai cronici, si è aggiunta anche l’assenza del direttore e quindi di un interlocutore con cui affrontare queste difficili situazioni. “Ho contattato il presidente della Regione Lazio Renata Polverini - ha dichiarato Meroi - e ho avuto da lei l’assicurazione di un intervento presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per sollecitare soluzioni in grado di uscire da questa situazione di estrema precarietà. È assurdo che, da quando oltre due mesi fa il direttore Giampaolo D’Andria è stato trasferito ad altro incarico, il Dap non abbia ancora provveduto alla nomina di un sostituto. Non lo dico per sfiducia verso chi attualmente sta svolgendo ad interim le sue funzioni, ma ritengo che il penitenziario viterbese debba avere un direttore a tempo pieno e presente quotidianamente sul posto. Ho ribadito ai rappresentanti della Polizia Penitenziaria la mia piena solidarietà e il mio completo appoggio per ogni iniziativa di carattere politico-istituzionale utile a risolvere uno stato di cose che sta diventando sempre più insostenibile”. Il presidente ha invitato tutte le istituzioni locali ad un’azione congiunta: “Credo che tutti insieme, dal sottoscritto al sindaco di Viterbo, per concludere con i parlamentari e i consiglieri regionali dovremmo muoverci presso tutte le sedi per far comprendere quanto questa situazione penalizzi il territorio, le condizioni della popolazione carceraria e soprattutto la sicurezza degli agenti che fra mille difficoltà fanno il massimo per garantire il corretto funzionamento dell’amministrazione penitenziaria. A tutti loro deve andare la nostra profonda gratitudine e la massima stima”. I rappresentanti sindacali nel ringraziare il presidente Meroi per l’incontro e la sensibilità dimostrata non hanno escluso il ricorso a manifestazioni eclatanti nel caso in cui dovesse prolungarsi oltre misura lo stato di disagio denunciato a tutti i livelli. Reggio Calabria: l’Ugl si appella al ministro Palma per carenza personale penitenziario Gazzetta del Sud, 27 settembre 2011 L’Ugl Polizia penitenziaria ha consegnato ierii, al ministro della Giusizia Nitto Francesco Palma, in visita al carcere di Reggio Calabria, un documento dal quale emerge “l’assoluta insufficienza numerica del personale di polizia penitenziaria che deve quotidianamente far fronte alle ordinarie esigenze di servizio”. Secondo i dati forniti dall’Ugl “il personale amministrato é di n 193 unità di polizia penitenziaria (quindi, già di per se sottostimato poiché calcolato in base alla capienza regolamentare dei detenuti, senza tener conto, di realtà come quella reggina, in cui l’attività giudiziaria è sempre in piena attività), tra questi mancano 38 unità distaccate in altra sede; 6 unità assenti per motivi di salute; 2 sospesi; uno in congedo parentale permanente; 4 in missione presso il Gruppo Operativo Mobile; cosicché si arriva a 142 unità presenti, di cui 15 distaccate in ingresso. Pertanto il personale effettivamente assegnato risulta pari a 127 unità”. “Purtroppo - prosegue la nota - la storia non finisce qui, in quanto gli impegni istituzionali della polizia penitenziaria, non cessano con la mera gestione degli istituti penitenziari, ma continuano con il servizio traduzioni, che serve in primis a garantire il diritto di presenza presso le aule di giustizia, degli imputati che sono sottoposti ad una limitazione della libertà personale. Per garantire i doveri sopra citati, sono stati previsti a suo tempo i Nuclei traduzioni e piantonamenti, cosicché ritornando nella nostra realtà, dobbiamo scomporre il numero di unità disponibili presso questa Casa Circondariale in 111 che compongono il cosiddetto quadro permanente, ed hanno il compito di gestire la sicurezza dell’Istituto e tutte le attività ordinarie e straordinarie; 31 che compongono il Nucleo traduzioni e piantonamenti che devono garantire i compiti sopra specificati, nonché molti altri servizi di loro competenza. Nell’arco delle 24 ore sarebbero necessari 141 uomini, divisi in turni da 6 ore. Purtroppo per i numeri sopra elencati, tutto ciò non avviene”. Gela (Ct): cominciato il conto alla rovescia per l’apertura della nuova casa di reclusione La Sicilia, 27 settembre 2011 Prende sempre più corpo la notizia dell’apertura del carcere nei primi giorni di novembre. L’ha diffusa nei giorni scorsi il sindacato Osapp dopo aver incontrato a Roma i vertici dell’amministrazione penitenziaria ed ora la conferma è arrivata in municipio con una nota inviata al sindaco dal ministero di Grazia e Giustizia in risposta anche all’interrogazione presentata dall’on. Marilena Samperi in Commissione Giustizia della Camera. I quaranta giorni di tempo previsti di qui all’apertura del carcere si desumono dal cronoprogramma di interventi stilato dal ministero. Il conto alla rovescia per vedere aperta la casa circondariale può iniziare. Nell’attesa di stabilire la data ufficiale, il Provveditore regionale ha disposto l’accensione e la verifica del funzionamento di tutti gli apparati tecnologici esistenti nella struttura, al fine di verificarne la corretta e completa efficienza. Il Ministero ha comunicato inoltre che, proprio per realizzare una sollecita apertura del Penitenziario, si sta altresì provvedendo a definire la pianta organica occorrente per il regolare funzionamento della struttura. Si parla di 85 unità da reperire tramite interpello. “Questa è sicuramente una buona notizia - ha commentato il primo cittadino - adesso però attendiamo che ci comunichino la data definitiva per l’apertura, con la speranza che non ci siano altri intoppi”. Dopo due false inaugurazioni c’è da tenere le dita incrociate perché non si realizzi il famoso detto “ non c’è due senza tre”. Mantova: nuovi fondi per il laboratorio di legatoria del carcere La Gazzetta di Mantova, 27 settembre 2011 In partenza un progetto di formazione e reinserimento lavorativo per i detenuti. Grazie al contributo di Fondazione Comunità Mantovana che ha cofinanziato il progetto Liberi di legare, dieci detenuti potranno beneficiare di corsi di formazione in informatica di base, legatoria/cartotecnica e grafica pubblicitaria. Il progetto è stato presentato dall’associazione mantovana Libra in collaborazione con la Casa circondariale e Istituto Fde, con il patrocinio dell’assessorato alle Politiche sociali del Comune e la partecipazione dell’Archivio storico comunale di Mantova e l’Azienda speciale Forma. Obiettivo del progetto è dare nuova vitalità al laboratorio di legatoria presente all’interno del carcere, formando i detenuti nel confezionamento artigianale di faldoni per documenti, scatole e altra oggettistica. Parallelamente sarà organizzato un corso di informatica e uno più specifico di grafica, che avrà lo scopo di formare alcuni beneficiari alla promozione dei loro prodotti, imparando ad impaginare un catalogo, ideando un logo e un nome per il laboratorio nonché le tecniche base di marketing per la ricerca di commesse. Libra e Fde offrono anche la possibilità per uno dei detenuti di effettuare uno stage per sperimentare la promozione via internet del laboratorio e la ricerca di clienti. Le attività partiranno ad ottobre per concludersi nella primavera del 2012 con una mostra o un evento aperti alla cittadinanza a scopo di sensibilizzazione ed evidenziando il carattere formativo, rieducativo e di reinserimento lavorativo dell’iniziativa. Roma: protocollo d’intesa tra il Garante dei Detenuti e l’Unar www.romatoday.it, 27 settembre 2011 Si è tenuta ieri mattina nella Sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini di Roma Capitale, la firma del protocollo d’intesa tra il Garante dei Diritti delle persone private della libertà personale, Filippo Pegorari, e l’Ufficio Nazionale per la promozione della parità di trattamento (Unar) della Presidenza del Consiglio, diretto da Massimiliano Monnanni. Proprio Monnanni ha tenuto a precisare come “con questo importante accordo l’Unar raccoglie una nuova e impegnativa sfida, quella della verifica del principio di non discriminazione e della tutela della parità di trattamento delle persone private della propria libertà personale, in un contesto in cui anche per condizioni logistiche e strutturali spesso difficili i fenomeni discriminatori risultano sommersi e non percepibili”. Si tratta del primo atto ufficiale della struttura nata all’interno di Roma Capitale a sei mesi dalla nomina di Filippo Pegorari per il quale “si porta a compimento quanto già avviato dal 2009 tra il Ministro delle Pari Opportunità e Roma Capitale per promuovere iniziative di sensibilizzazione, formazione, aggiornamento e prevenzione sui temi dell’anti-discriminazione nell’attesa che si costituisca l’Osservatorio cittadino contro le discriminazioni”. “Osservatorio - continua Pegorari - che avrà il compito di segnalazione, raccolta dati, monitoraggio ed analisi delle attività relative ai fenomeni connessi alle discriminazioni anche attraverso una interconnessione con il sistema informatico dell’Unar”. L’Unar, istituito nel 2003, ha la funzione di garantire il rispetto del principio di parità di trattamento tra le persone contribuendo a rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e l’origine etnica. Radio: riparte Jailhouse Rock… suoni, suonatori e suonati dal mondo delle prigioni Ristretti Orizzonti, 27 settembre 2011 Riparte dalle frequenze di Radio Popolare la trasmissione Jailhouse Rock, suoni, suonatori e suonati dal mondo delle prigioni di e con Patrizio Gonnella e Susanna Marietti. Nella trasmissione si raccontano storie di bluesman, rockers e musicisti vari incrociandole con quelle dalle nostre carceri. Ospiti fissi sono il direttore del carcere romano di Rebibbia Carmelo Cantone e l’avvocato Mirko Mazzali, presidente della commissione sicurezza e coesione sociale del comune di Milano. La trasmissione va in onda a Roma tutti i lunedì settembre dalle 21 alle 22 e 30 (fm 103.3) e a Milano tutte le domeniche sempre dalle 21 alle 22 e 30. http://www.jailhouserock.it.