Giustizia: se il Parlamento parla di carceri di Adriano Sofri La Repubblica, 21 settembre 2011 Oggi il Senato si è convocato, attraverso una raccolta di firme, per una sessione straordinaria riservata alle carceri. Poi toccherà anche alla Camera. Può essere una buona occasione, o una seccatura da sbrigare. I giochi del calendario fanno sì che la discussione si svolga alla vigilia del voto segreto alla Camera sull’autorizzazione all’arresto di Milanese. Con tutto il rispetto, il Parlamento si divide etologicamente in tre gruppi. Uno è composto da quelli cui in sostanza non importa. Poi c’è il gruppo di quelli che temono di andare a finire in galera, e il gruppo di quelli che ce li vogliono mandare. (Alcuni appartengono contemporaneamente ad ambedue le categorie). In questa situazione, ci si aspetterebbe che pochi problemi stessero loro a cuore quanto lo stato delle galere. Ovviamente, in chi teme di finirci da un momento all’altro - compreso il capo del governo, che a questo alludeva quando parlava del “trappolone” - si immaginerebbe una premurosa attenzione, almeno superiore a quella che si mette nella scelta di un albergo in cui trascorrere la vacanza. Ma anche quelli che sognano di mandare in galera gli altri - l’agenzia di viaggi, diciamo - dovrebbero almeno sentirli impegnati a migliorare la destinazione. Non sembra che sia così. Un senatore recentemente messo dentro (ed era anche un magistrato, nella vita di prima) ha imparato presto, ha aderito allo sciopero della fame per l’amnistia, ha dichiarato che d’ora in poi non smetterà più di prodigarsi per i detenuti. Mi guardo bene dal maramaldeggiare con uno che sta in cella, qualunque causa ce l’abbia portato, ma il suo caso è esemplare. Perché sarebbe naturale immaginare che un magistrato, fin dalla sua prima vocazione, dopo esser passato sopra all’ammonimento: “Tu non giudicherai!”, senta però la tremenda responsabilità che gli cadrà sulle spalle, quando deciderà di privare il suo prossimo della libertà e di spedirlo dentro prigioni scandalose come e più che gabbie di zoo. Meglio tardi che mai, direte. E però l’esperienza mostra che i rari personaggi di spicco che vanno in carcere, furbetti di quartiere, imprenditori, magistrati, generali di Finanza, assessori e così via, passano attraverso due rapide fasi successive. Quando escono, rivoltano indietro irresistibilmente come Orfeo con Euridice e dichiarano commossi alle telecamere che non avrebbero mai immaginato di trovare un’umanità così calda, che il caffè come lo faceva il compagno di cella tunisino non lo fa nessuno, e che si ricorderanno di loro; di lì a poco se ne saranno dimenticati, perché il caffè è buonissimo anche al bar di Sant’Eustachio, accanto al Senato, e d’ora in poi eviteranno di passare dal lungotevere davanti a Regina Coeli, se non sarà proprio indispensabile. La seduta di oggi fa seguito al convegno dello scorso 28 luglio, promosso, come la giornata di oggi, dai radicali, e che ascoltò le più alte autorità dello Stato denunciare, con Napolitano, una realtà carcerari a “che ci allarma e ci umilia davanti all’Europa”. I radicali avrebbero voluto che la discussione di oggi mettesse al centro l’amnistia. Non succederà. Il Presidente della Repubblica ha bensì detto che per questa “prepotente urgenza” la politica non può: “escludere pregiudizialmente nessuna ipotesi che possa rivelarsi necessaria”. Ma non è pensabile che il parlamento (con una maggioranza dei due terzi) voti oggi o nel futuro prossimo una misura certo ragionevole, sia per attenuare l’obbrobrio della sopravvivenza quotidiana dei 67 mila detenuti, sia per affrontare il carico arretrato di milioni di procedimenti - il più scandaloso dei debiti pubblici, senza agenzie di rating a sanzionarlo - che sostituisce la prescrizione degli abbienti all’amnistia per tutti e rende derisoria l’obbligatorietà dell’azione penale. Marco Pannella (che ieri è malauguratamente passato allo sciopero totale di fame e sete) ha voluto sventare in anticipo l’obiezione che dell’amnistia potrebbe giovarsi anche Berlusconi. È difficile che un dettaglio del genere (altrimenti normale, perché le esclusioni ad personam sarebbero gravi quanto i privilegi ad personam) faccia fare passi avanti all’amnistia nel contesto attuale; in cui oltretutto Berlusconi si è sempre più cacciato in una resistenza da aut Caesar aut nullus - avvicinando favolosamente Palazzo Chigi a una qualche Rebibbia. Del resto il governo del Pdl, che proclama di fare dell’avversione al giustizialismo la propria ragion d’essere, ha ridotto le carceri nello stato più barbaro. Così stando le cose, oggi si ripeteranno frasi indignate sull’inciviltà carceraria, e parole a salve sull’edilizia, la depenalizzazione, le pene alternative e così via. Poi si voterà una mozione. Sbrigata la seccatura, si tornerà a Milanese. A meno che si affronti sul serio la questione della custodia cautelare, l’abolizione della ex - Cirielli e delle micidiali leggi contro i tossicodipendenti e gli stranieri. A meno che a qualcuno venga voglia di ricordare che il costo dei tre pasti quotidiani nelle galere è di 3,8 euro. Un’indicazione formidabile per il ripianamento del debito pubblico e il risparmio delle famiglie. Giustizia: carceri, il dibattito in Parlamento… ma su cosa? di Elisabetta Grande Il Manifesto, 21 settembre 2011 Oggi al Senato e poi alla Camera si aprirà finalmente un dibattito sulla questione carceraria in Italia. Le cifre del sovraffollamento sono note: circa 43.000 posti regolamentari per un totale di circa 67.000 detenuti. Altrettanto note sono le ragioni di un simile sovraffollamento. Non ne sono responsabili né un aumento del numero di reati commessi, che infatti diminuiscono, e neanche una maggior efferatezza degli stessi, giacché la stragrande maggioranza dei detenuti deve scontare pene per reati di droga o contro il patrimonio. È la trasformazione della funzione della pena, da strumento retributivo e idealmente rieducativo in strumento di pura esclusione sociale di chi è presunto pericoloso, ad aver determinato l’aumento esagerato del numero dei nostri carcerati. Si tratta di una pena che colpisce, in quanto pericolosi, i migranti, i tossicodipendenti, i recidivi. Ossia coloro che appartengono alle categorie più disagiate. Si tratta di un diritto penale cosiddetto del tipo di autore, che punisce non per quel che si fa, ma per quel che si k in questo caso dei poveri. Un diritto penale dell’inferiorità sociale, dunque, che esclude per il tempo più lungo possibile e senza alcuna finalità di recupero alla società i soggetti più deboli e vulnerabili. Si discuterà di questo al Senato e alla Camera? Si cercherà un cambiamento di rotta rispetto alla pena con finalità di pura neutralizzazione, chiedendo la cancellazione di quelle norme che ne sono espressione e che sono responsabili dell’aumento del numero di carcerati, come la fraudolenta alterazione al fine di evitare l’identificazione o la falsa denuncia della propria identità o la ex-Cirielli o la Fini-Giovanardi contro le droghe? O al contrario si proporrà di costruire nuove carceri per riempirle di altre persone in difficoltà in una corsa senza fine, che - come è accaduto negli Stati Uniti - moltiplicherà a dismisura il numero dei carcerati, facendo regolarmente scoppiare le carceri di nuova costruzione? Negli Stati Uniti, dopo che - proprio grazie all’avvento di quella nuova filosofia della pena che oggi stiamo importando - nel giro di circa quarant’anni il numero dei carcerati è cresciuto di ben otto volte (dai 326.000 del 1972 ai quasi 2 milioni e mezzo del 2008), la parabola pare finalmente in fase discendente. Nel 2009, per la prima volta dagli anni 70, il numero dei detenuti - almeno quelli del sistema penitenziario statale - è diminuito. È l’effetto della crisi. I più di 70 miliardi l’anno di dollari pubblici che si spendono in Usa per il sistema carcerario sono davvero troppi in tempi di ristrettezze. E da noi in Italia quali effetti avrà la crisi sulla pena e sulle carceri? Avrà l’effetto di arrestare l’esplosione carceraria ai suoi esordi oppure di accelerarne i tempi? La crisi, si sa, ci può fare accettare, secondo il fenomeno che Naomi Klein chiama shock economy, ciò che non accetteremmo mai se non fossimo spinti a farlo dall’emergenza e dalla (falsa) necessità. E se sul piano delle relazioni industriali l’emergenza crisi ci fa abbandonare le conquiste di civiltà di anni di lotta di classe e sul piano sociale ci costringe a pensare che il welfare non può che essere ridotto, così sul piano del sistema sanzionatorio penale ci potrebbe facilmente convincere ad accettare la privatizzazione delle carceri nella falsa convinzione di risparmiare denaro. La trasformazione della pena da strumento idealmente funzionale agli interessi della collettività a strumento utile ai soli interessi del profitto di pochi sarebbe allora inevitabile e la carcerazione di massa non più arrestabile. La gestione delle carceri come degli alberghi, in cui quanti più clienti ci sono o vi fanno ritorno tanto meglio è, significherebbe un aumento sicuro dei nostri carcerati in luoghi inevitabilmente sempre più affollati per quante nuove carceri si vogliano costruire. La sola vera soluzione al sovraffollamento carcerario è la riduzione delle pene detentive e del carcere. Altre sanzioni, alternative al carcere, sono possibili ed efficaci: assicurano la certezza della pena, ma anche la sua umanità. È ora il tempo di pensarci, prima che sia troppo tardi. Buon lavoro! Giustizia: ministro Palma; in cella oltre 67mila detenuti ma amnistia e indulto non servono Redattore Sociale, 21 settembre 2011 “Taluno immagina che la strada da percorrere sia quella squisitamente parlamentare dell’amnistia o dell’indulto. Una strada già intrapresa 22 volte dal 1948 al 1992 e una volta limitatamente all’indulto nel 2006. Nel passato è stata utilizzata come strumento emergenziale per risolvere un problema che non si voleva risolvere alla radice sia per quanto riguarda il mondo del carcere che quello della giustizia”. Lo dice il ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, intervenendo nell’aula del Senato sul sistema carcerario e sui problemi della giustizia. Il ministro sottolinea che questa è una “strada che ha sempre consentito nel passato al malato di respirare, ma che ha sempre ricondotto rapidamente il malato nel coma di partenza”. Nel 2006, prosegue, “la presenza carceraria è scesa, in virtù dell’indulto, da 61 mila a 39 mila unita. Nulla è stato fatto per operare sul sistema e non è un caso che di lì a due anni la popolazione è andata 55 mila presenze per poi schizzare a 68 mila presenze nel 2010”. Certo, spiega, “siamo in presenza di una emergenza e siamo costretti a interventi tampone. La legge del 2010 sulla detenzione domiciliare nell’ultimo anno di pena ha avuto effetti positivi. Circa 3000 persone sono uscite dal carcere e nessuno è poi evaso dalla propria abitazione”. Palma osserva che si tratta di una “legge temporanea” la cui “vita è limitata al dicembre 2013”. Ma in considerazione della “positiva sperimentazione potrebbe essere oggetto di un ulteriore approfondimento finalizzato alla sua eventuale estensione”. Così come “ulteriori approfondimenti meritano l’attuale sistema della custodia cautelare la disciplina dell’arresto facoltativo in flagranza. Approfondimenti che tengano presenti il concetto della restrizione in carcere come estrema ratio”. Sia chiaro, aggiunge il Guardasigilli, che sono “interventi tampone, non risolutivi e definitivi”. Ecco perché “si deve aprire una stagione di sereno confronto tra le varie forze politiche” per “definire un progetto globale di giustizia, che porti l’attenzione al sistema delle garanzie dei cittadini e immagini il carcere come luogo di recupero e non come luogo da esorcizzare mettendo la testa sotto la sabbia come è d’uso per lo struzzo”. Insomma, conclude, “un progetto che abbia ben chiari i valori della costituzione e che abbia la dovuta considerazione per i detenuti non dimenticando mai che essi sono uomini e devono essere trattati come uomini”. Nei 206 penitenziari italiani “sono presenti oggi 67.377 detenuti, contro una capienza regolamentare di 45.732 posti, e un limite di tollerabilità di 69.194. Siamo appena di 2.000 unità sotto la soglia finale di tollerabilità massima”, spiega il ministro. “Il totale complessivo dei detenuti stranieri è del 36,10%, formata da marocchini per il 20% , da rumeni per il 15%, da tunisini per il 13%, da albanesi per l’11%, da nigeriani per il 5% e da algerini per il 3%”. Poi sottolinea che al tetto complessivo del 36,10% di detenuti stranieri si giunge nello spazio di 3 anni perché 4 anni fa il tetto era del 32% e di questo 36,10%, 12.035 sono in attesa di giudizio, 12.147 in espiazione di pena”. Palma elenca poi la tipologia dei reati che sono all’origine della detenzione e cioè “si registra il primato dei reati contro il patrimonio, dei reati di stupefacenti e dei reati contro la persona. Seguono i reati previsti dalla legge sulle armi e i reati contro la pubblica amministrazione”. Questi dati, prosegue Palma, “consente di affermare che il tasso di crescita della popolazione detenuta è calcolabile in varie migliaia all’anno. Più precisamente, l’aumento è stato di circa 5.000 unità nell’anno 2009 - 2010 e di circa 2.500 unità nell’anno 2010 - settembre 2011”. Inoltre, aggiunge il Guardasigilli “ogni anno si registra il transito in carcere di circa 90.000 detenuti provenienti dalla libertà (arresti in flagranza, fermo, custodia cautelare) e che di questi restano in carcere 21.093 fino a 3 giorni, 1.915 fino a 7 giorni, 5.816 fino ad un mese, 5.009 fino a 3 mesi e 9.829 fino a 6 mesi, per un totale di oltre 40.000 persone”. Di rilievo “è sottolineare che di questa aliquota di detenuti - come sopra detto - la percentuale degli stranieri è superiore a quella degli italiani. I detenuti in custodia cautelare fino ad un mese ammontano nell’anno a 28.824, il che - con tutta l’approssimazione del caso - equivale a dire che tale categoria di detenuti incide per circa 2.333 posti sul dato della presenza carceraria annuale”. Il ricorso alla custodia cautelare sia estrema ratio “I dati sui detenuti ristretti in carcere per brevi periodi (fino a 1 mese o 3 mesi) denunciano inequivocabilmente come non sia puntualmente rispettato il criterio in base al quale la reclusione in carcere è una extrema ratio. Dubito che ciascuno di noi possa trovare un senso nella restrizione in carcere per tre giorni, per sette giorni, per dieci giorni, per quindici giorni o anche per 30 giorni”. Lo dice il ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, intervenendo nell’aula del Senato. E, sia chiaro, prosegue Palma, “anche per evitare inutili polemiche, quanto testè da me detto è ampiamente condiviso dal primo Presidente della Corte di cassazione il quale ha invitato i magistrati ‘ad un uso sempre più prudente e misurato della misura cautelare restrittivà. A tacere di quanto affermato dal Presidente della Repubblica nel citato convegno; e cioè che si assiste ad un crescente ricorso alla custodia cautelare, abnorme estensione in concreto della carcerazione preventiva”. Palma: manicomi criminali offendono la civiltà del diritto “Un’emergenza nell’emergenza penitenziaria è costituita dagli ospedali psichiatrici giudiziari, e chiamo in causa altri soggetti istituzionali che dovrebbero a pieno titolo farsi carico di un sistema che oggi offende la civiltà del diritto. L’insanabile contraddizione di una misura che si regge sul binomio carcere - manicomio gestita in luoghi che producono sofferenza, degrado, violazione della dignità e dei diritti fondamentali delle persone non può più essere tollerato in un Paese civile”. Lo dice Il ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, intervenendo al Senato. “Ancora oggi - spiega - assistiamo alla odiosa sopravvivenza di questi luoghi che non curano ma si limitano a contenere persone di cui nessuno vuole farsi carico, neanche quando è accertato il venir meno della pericolosità sociale che ne ha determinato l’internamento”. Dunque, prosegue il ministro, “una prima, concreta risposta” a questa emergenza e all’appello lanciato qualche tempo fa dal Capo dello Stato “dovrà riguardare l’incredibile situazione dei 215 soggetti internati che permangono negli ospedali psichiatrici giudiziari, nonostante sia stata clinicamente accertata l’assenza di pericolosità sociale: una valutazione clinica cui non è seguita una analoga valutazione giuridica da parte del magistrato di sorveglianza il quale, al contrario, ha ritenuto la sussistenza della pericolosità”. Occorreranno, aggiunge Nitto Palma, “interventi legislativi finalizzati alla modifica dell’attuale sistema che consente, di fatto, la possibilità di applicare le misure di sicurezza sine die, indipendentemente dalla natura e dalla gravità del reato commesso”. Mentre “l’individuazione di un piano di trattamento sanitario con periodica rivalutazione potrebbe, ad esempio, consentire al giudice l’adozione di una misura analoga a quella prevista dall’articolo 286 del codice di procedura penale coinvolgendo in primis i dipartimenti di salute mentale, così come potrebbero essere approfondite le soluzioni adottate in alcuni ordinamenti stranieri, quale quello spagnolo che prevede un parallelismo tra la durata delle pene e la durata delle misure di sicurezza”. Infine, per Palma “è necessaria la creazione di strutture pubbliche di ricovero intermedio che, favorendo un più stretto raccordo tra magistratura e servizi psichiatrici territoriali, possano costituire un’adeguata alternativa alla scelta tra ospedale psichiatrico giudiziario e ricorso a modalità di libertà vigilata, oggi stimate non sufficientemente sicure”. Undici nuovi penitenziari “a bassa sicurezza” entro il 2013, costo di 349milioni di euro Il piano straordinario per l’edilizia penitenziaria sarà portato a termine entro il 2013, ma - annuncia il ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma nel corso della seduta del Senato sull’emergenza carceraria - anziché gli 11 nuovi istituti classici ipotizzati in origine “si provvederà a varare, senza alcun danno per la sicurezza dei cittadini, il progetto di costruzione di carceri a bassa sicurezza in numero di circa 5.000 posti”. I lavori di adeguamento saranno ultimati entro dicembre 2013 con un impegno di spesa di 349 milioni di euro. Nel tracciare un bilancio di quanto realizzato sino ad ora, Palma cita la realizzazione, negli ultimi tre anni, di “440 nuovi posti in carcere” e “la previsione di costruzione di 3.410 posti nuovi” entro i prossimi due anni. Il Guardasigilli ha annunciato “l’avvenuta ristrutturazione di 1.138 posti - detenuto” e “la previsione di ristrutturazione di altri 710 posti sempre entro il 2013”. Sono state aperte le strutture carcerarie di Rieti, Trento e Favignana ed “è di prossima apertura quella di Gela, essendosi risolto il problema della condotta d’acqua”. Franco Ionta, commissario delegato al piano straordinari carceri, è infine “impegnato nella rapida realizzazione della obsoleta struttura di Arghillà, monumento all’inefficienza del passato. A ciò - conclude Palma - deve aggiungersi che, in attuazione del piano carceri, sono state avviate le procedure di gara per l’assegnazione dei lavori di 20 padiglioni aggiuntivi, per un totale di 4000 posti, con un impegno di spesa - per 239 milioni di euro, lavori che saranno ultimati nel dicembre 2012”. Giustizia: Radicali; sull’amnistia noi non trattiamo, resta l’unica soluzione percorribile Il Riformista, 21 settembre 2011 L’appuntamento è oggi in Senato in seduta straordinaria. “È straordinaria perché non convocata dal presidente o dai capigruppo ma dalle firme di 141 senatori. Un fatto che è capitato due volte in sessant’anni”, tiene a sottolineare Emma Bonino durante la conferenza stampa “urgente” organizzata ieri alla Camera. La straordinarietà dell’evento sul sovraffollamento delle carceri rischia di passare però in secondo piano, sminuendolo a “dibattito parlamentare qualunque, senza carattere di straordinarietà” a causa della decisione di far aprire la seduta con le comunicazioni del governo fatto che declassa di fatto la seduta straordinaria a convocazione ordinaria. Sul “declassamento”, però, spiega l’esponente radicale, “nonostante l’impegno del presidente del Senato Schifani a correggere la convocazione c’è stato il niet di quattro gruppi parlamentari, che hanno preteso che la seduta si svolgesse in questo modo”. Secondo Marco Pannella - da ieri sera di nuovo in sciopero della fame e della sete - il Senato, verrà dunque riunito “non sappiamo bene nemmeno se come autoconvocato secondo Costituzione o per ascoltare, secondo ordinario Regolamento, le comunicazioni del governo”. In ogni caso una cosa è certa, la richiesta dei Radicali è una ed una sola: amnistia. Una battaglia che il partito porta avanti da anni, perché essa “non solamente interromperebbe la flagranza di un comportamento assolutamente criminale dello Stato partitocratico, contro lo Stato di diritto e la Repubblica democratica, contro centinaia e centinaia di migliaia, anzi di milioni, di persone” ma “costituirebbe il solo provvedimento atto ad avviare in modo irreversibile da subito il processo di riforma della giustizia, sovraffollata e disastrata almeno quanto le sue immonde carceri, contro la legalità internazionale, la legalità e giurisdizione europee e la stessa Costituzione”. E domani la seduta sarà accompagnata da un sit-in a piazza Navona (dalle 16) e una veglia che andrà avanti tutta la notte ( tra i nomi Dario Fo, Moni Ovadia e Serena Grandi). Intanto nei giorni scorsi il Guardasigilli, in vista della seduta di oggi, ha incontrato il presidente del Forum della sanità penitenziaria Roberto Di Giovan Paolo, per discutere dell’accesso limitato alle cure che, insieme al sovraffollamento, trasforma la detenzione nelle celle italiane in “trattamento inumano e degradante” sanzionato nel 2009 dalla Corte europea dei diritti umani. La parola d’ordine per Pannella è mala giustizia “una matassa da dipanare per interrompere l’illegalità” (e Bonino cita il numero di condanne europee per la durata eccessiva dei processi: più di 1000 in Italia, 54 in Germania, per capirci). Dalla sua anche il monito del presidente Napolitano - che nel 2005 partecipo’ alla marcia di Natale dei Radicali su questo tema - affinché prendano in considerazione ogni possibile soluzione a “una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”. L’amnistia “è per tutti senza eccezioni”, dunque “riguarda anche Berlusconi, per questo alcuni pensano che mi sia venduto”. Un tema caldo senza dubbio e, per il leader radicale, “non negoziabile”. Giustizia: Marco sfida Tonino sull’amnistia… a costo di “liberare” il Cav di Dimitri Buffa L’Opinione, 21 settembre 2011 “Se il Parlamento decidesse per l’amnistia avremmo Tonino Di Pietro pronto a gridare che l’amnistia è per Berlusconi. Non gliene frega niente di milioni di persone che possono essere vittime di violenze di Stato. No, a lui quello che interessa è se riguarda Berlusconi. È questo il livello dell’intelligenza delle cose. Perciò io mi auguro che in Parlamento l’amnistia sia votata, e funzioni come traino della riforma della giustizia, non come atto di clemenza”. Le parole testuali usate da Marco Pannella domenica durante la solita conversazione di due ore con Massimo Bordin sono state queste e rappresentano un vero e proprio atto di sfida in vista del dibattito che si aprirà oggi al Senato e in seguito anche alla Camera dei deputati. Pannella ha deciso di ricominciare anche lo sciopero della sete, in aggiunta a quello della fame già in corso, e questo per sottolineare le parole pronunciate dal Capo dello Stato il 28 luglio scorso. Napolitano definì il problema carceri come una “situazione di emergenza ineludibile che ci umilia davanti all’Europa”. Le forze partitocratiche adesso sono in tutt’altre faccende affaccendate: le opposizioni hanno aperto “la guerra santa” contro il Cav insieme ai sindacati e alla Confindustria. Figurarsi quindi quanto possa importare a un Bersani, a un Vendola, a un Casini o a un Fini della situazione dei detenuti in Italia. Inoltre c’è la certezza forcaiola della Lega Nord da una parte e dell’Italia dei Valori dall’altra. Il ministro Nitto Palma ha già fatto capire che non oserà pronunciare l’innominabile parola “amnistia” e punterà tutto su eufemismi come “decarcerizzazione” o “depenalizzazione” e magari prometterà che entro il 2013 saranno pronti 11 mila nuovi posti in nuovi penitenziari che però, come gli altri 40 rimasti a fare da cattedrali nel deserto, nessuno sarà in grado di mettere in funzione per mancanza cronica di fondi e di personale. Contro questo stato di cose e contro le eventuali “tricoteux” che attaccheranno i radicali con slogan tipo “con l’amnistia salvate il Cav dei festini con le escort”, Pannella, che non è un uomo che si nasconde dietro le schifezze e i compromessi della politica, ha già fornito una risposta da “guerra preventiva”: “tanto meglio se ne gioverà pure il Cav, sempre meglio delle ipotesi di salvacondotto che potevano andare bene per gli ex regimi sudamericani, o per quelli dittatoriali del mondo arabo, ma non per l’Europa”. Giustizia: amnistia in cambio delle dimissioni, il Cavaliere respinge l’offerta dei Radicali di Marco Conti Il Mattino, 21 settembre 2011 “Quelli mi vogliono vedere con le manette ai polsi, non lo avete ancora capito?”. L’accelerazione impressa dai giudici di Milano sul processo Mills ha mandato su tutte le furie il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ha trascorso la giornata ad Arcore, passando da una telefonata all’altra. Difficilmente il Cavaliere rientrerà a Roma prima di giovedì, giorno del fatidico voto su Marco Milanese, deputato Pdl ed ex consigliere politico del ministro dell’Economia. Ed è proprio su come disinnescare gli effetti del voto sull’ex collaboratore di Giulio Tremonti che Berlusconi sta lavorando nel tentativo di spezzare almeno uno dei fronti dell’assedio. Al partito ha assegnato il compito di serrare le fila del centrodestra, mentre i rapporti con il Carroccio sono ancora tesi malgrado i tentativi del ministro Roberto Calderoli di evitare un voto negativo, o per lo meno che l’eventuale arresto di Milanese si porti come conseguenza le dimissioni di Tremonti. In queste ore Berlusconi va dicendo ai suoi che “non c’è nessun nesso” e che “su Giulio metto la mano sul fuoco”. Un avvio di presa di distanza che potrebbe servire a mettere al riparo il ministro, che in queste settimane rappresenta una garanzia per investitori e autorità europee. Berlusconi spera ancora di poter incontrare l’alleato Umberto Bossi a Milano prima di giovedì, ma oggi l’assemblea della Lega, convocata a Montecitorio, dovrebbe confermare la libertà di coscienza è di fatto sostenere la linea condivisa dal finiano Benedetto Della Vedova: “Il voto su Alfonso Papa rappresenta politicamente un precedente”. Più o meno quello che, dall’altra sponda sostiene il repubblicano Francesco Nucara che conferma per Milanese la linea del voto contro l’arresto già espressa su Papa, mentre si prepara a votare a favore della mozione di sfiducia per il ministro Saverio Romano. Proprio l’appuntamento sulla mozione - Romano, preoccupa ancora di più il Cavaliere che ieri ha rassicurato il ministro, ma ai suoi ripete di voler attendere il voto su Milanese prima di chiedere a Romano un passo indietro. Ovviamente né l’ipotesi di riforma elettorale, né l’eventuale allargamento all’Udc di Pier Ferdinando Casini nel 2013 - come sollecitato dal segretario politico Angelino Alfano - , interessano ora il Cavaliere che medita sull’opportunità di un messaggio video agli italiani nel quale chiedere scusa per i suoi “fatti privati”, escludendo però ogni tipo di reato, e denunciando “l’uso perverso delle intercettazioni”. La parola “scusa” non sembra però rientrare nei piani del premier che al massimo potrebbe andare in tv e sostenere, come da giorni sottolinea il cattolico Maurizio Lupi, che “una cosa è il peccato e una cosa sono i reati”. Ad ogni soluzione “politica” che gli spiani la strada per un’uscita senza più grane giudiziarie, il Cavaliere non crede e rifiuta anche l’idea avanzata da Marco Pannella di un’amnistia che svuoti le carceri e azzeri gli imputati. Un’idea che invece non viene scartata tra le fila delle opposizioni anche se il finiano Benedetto Della Vedova mette le mani avanti: “Come diceva quella signora, prima vedere cammello!”. Passi indietro il Cavaliere non intende farne, anche se sulla possibilità di arrivare al 2013 comincia ad avere forti dubbi. Giustizia: piano carceri; un anno e mezzo di chiacchiere e 900mila euro spesi in consulenze di Silvia D’Onghia Il Fatto Quotidiano, 21 settembre 2011 Dopo un anno e mezzo di chiacchiere, almeno un punto fermo c’è. È il sito www.pianocarceri.it, l’indirizzo creato appositamente dal commissario straordinario per l’emergenza carceri, nonché capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta. Un luogo virtuale in cui i cittadini (compresi, immaginiamo, i parenti dei detenuti) dovrebbero essere messi al corrente degli avanzamenti del Piano tanto voluto dall’ormai ex ministro della Giustizia, Angelino Alfano, nel gennaio 2010: 47 nuovi padiglioni e 11 nuovi istituti penitenziari. Soldi stanziati, 600 milioni di euro. Consegna lavori (più o meno), dicembre 2012. Peccato che il sito è la dimostrazione evidente di come il Piano carceri sia stato l’ennesimo spot elettorale di un governo ben poco attento alla popolazione carceraria e alla polizia penitenziaria. Altro che costruzioni: le uniche cose fatte in quasi due anni sono alcune intese con le Regioni per l’individuazione delle aree su cui costruire le nuove strutture o per l’allargamento di quelle già esistenti. L’ultima in ordine di tempo è quella siglata con la Regione Abruzzo, per la realizzazione di un nuovo padiglione (200 posti) nel carcere di Sulmona. Oltre tutto il neo Guardasigilli, Francesco Nitto Palma (che oggi presenta in Senato una relazione sul sovraffollamento degli istituti) qualche giorno fa ha annunciato di voler virare su 11 penitenziari “a bassa sicurezza e costi minori” sul modello di quelli americani. “Entro settembre - ha aggiunto - saranno bandite le gare dei primi venti padiglioni da 4.500 posti - detenuti, che saranno conclusi a fine 2012”. Sarà da vedere. Nel frattempo, però, il Piano inesistente continua a spremere le casse dello Stato. Sullo stesso sito c’è, infatti, quella che viene definita “operazione trasparenza”, cioè la pubblicazione dei compensi dei consulenti (esterni) chiamati da Ionta. Apprendiamo dunque che, nel secondo semestre 2010, sono stati versati 40 mila euro ciascuno a quattro “soggetti attuatori” e 15mila euro, sempre pro capite, a nove “contrattisti”. Nella prima sezione si va dalla commercialista fiorentina Fiordalisa Bozzetti al “Prof. Avv. Andrea Gemma” dello studio legale e tributario Gemma & Partners (un giovane avvocato che insegna presso la scuola forense dell’Università Roma Tre). A 40 mila euro troviamo anche Mauro Patti, un ingegnere siciliano amico di Alfano, e l’avvocato Massimo Ricchi, classe 1965, pratica forense nello studio del finiano Giuseppe Consolo. Strano, ma vero, il Piano carceri ha anche un ufficio stampa, gestito - per 15 mila euro tra il primo settembre e il 31 dicembre 2010 - da Luigi Rossi. Non esiste un numero di telefono da poter contattare per avere maggiori spiegazioni e il signor Rossi non risponde alle mail. Stessa cifra anche perla consulenza di Daniela Saitta (tra l’altro, commissario straordinario di Eutelia), Carla Cappiello (consigliera dell’ordine degli ingegneri di Roma), i giovani avvocati Paolo Clarizia (classe 1982) e Francesco Sementilli (1978), l’ingegnere napoletano Andrea Prota (specializzato nelle emergenze post terremoti), gli architetti Salvatore Di Michele e Daniele Santucci, e la commercialista Nicoletta Mazzitelli. Totale: 295 mila euro in sei mesi. Il sito si ferma qui e non dà i resoconti del 2011, che pure sta volgendo al termine. Rispondendo a un’interrogazione della deputata radicale Rita Bernardini, l’amministrazione ha fatto sapere che “l’obbligo di pubblicazione sul sito web deve avvenire entro il 30 giugno di ciascun anno con riferimento a quelli assegnati al semestre dell’anno precedente”. Però, ci tengono a precisare dal Dap, i compensi non sono stati modificati. Quindi altri 295 mila euro per il primo semestre 2011 e, salvo modifiche in corso d’opera, altrettanti per questa fine anno. Quasi 900 mila euro per siglare intese e pubblicare sul sito le relazioni di Ionta ai congressi. Oggi, dicevamo, il ministro Nitto Palma riferirà al Senato: “Spiegherò nella sua interezza la questione del sovraffollamento carcerario - ha annunciato - indicherò le cause e spiegherò che queste cause devono essere risolte sempre e comunque nel rispetto della sicurezza dei cittadini”. Palma si è detto poi disponibile a portare, in un Consiglio dei ministri a metà ottobre, alcune proposte di depenalizzazione dei reati. Il problema è che, se non cambia nulla nell’immediato, continueranno ad essere chiacchiere. Anche per questo, proprio in occasione della sessione straordinaria di Palazzo Madama, i Radicali hanno organizzato una veglia per l’amnistia: oggi pomeriggio, in piazza Navona, arriveranno il presidente emerito della Corte costituzionale Antonio Baldassarre, Ilaria Cucchi, don Andrea Gallo, i Tetes de Bois e Dario Fo in collegamento telefonico. Domani sarà invece la volta delle organizzazioni sindacali Osapp, Sinappe, Ugl, Cgil, Fp e Cnpp. Alfano aveva annunciato l’assunzione di 2.000 nuovi agenti (che non sarebbero stati comunque sufficienti), ne sono stati assunti - secondo Nitto Palma - appena 150. Giustizia: il Pd presenta interrogazione su spese delle consulenze per il piano carceri Agenparl, 21 settembre 2011 “Abbiamo presentato oggi ai ministri della Giustizia e dell’Economia e delle Finanze un’interrogazione per avere chiarimenti in merito alle consistenti spese sostenute (nel solo 2010 ben 295mila euro) per i consulenti che operano nello staff del Commissario delegato per il Piano Carceri, Dott. Franco Ionta e per avere altresì notizie certe sui programmi di spesa per gli anni a venire”. Dichiarazione congiunta di Sandro Favi, responsabile Carceri e Emanuele Fiano, responsabile sicurezza del Pd. Giustizia: Camere Penali; bene seduta ad hoc, ma Parlamento passi dalle parole ai fatti Agi, 21 settembre 2011 È “importante” che finalmente la politica “prenda atto che il problema delle carceri non si risolve con l’edilizia penitenziaria, che servono provvedimenti immediati e che questi devono coinvolgere il sistema della custodia cautelare, che è un problema nel problema perché i numeri dimostrano che quasi la metà dei detenuti sono in attesa di giudizio”. Il presidente dell’Unione camere penali italiane, Valerio Spigarelli, commenta così l’intervento in Senato del ministro della Giustizia Nitto Francesco Palma. “Se - premette Spigarelli - come riconosce lo stesso guardasigilli la custodia cautelare deve essere applicata solo come extrema ratio, e se come hanno riconosciuto anche i vertici della magistratura al contrario essa viene applicata in maniera esagerata ed impropria come uno strumento di difesa sociale, allora è venuto finalmente il momento di accogliere la richiesta dell’Ucpi di modificare le norme, affinché il principio venga finalmente applicato anche nei tribunali”. Per il presidente dell’Ucpi è però “necessario che alle parole seguano i fatti, e si cominci quindi a discutere tempestivamente in Parlamento, sia dei provvedimenti che possono avere un effetto deflattivo temporaneo, come l’ampliamento della legge sulla detenzione domiciliare, sia di quelli più strutturali, come appunto la riforma delle norme sulla custodia cautelare, o la modifica dell’arresto facoltativo in flagranza, o ancora l’introduzione della messa alla prova anche per gli adulti e la depenalizzazione, in particolare di alcune fattispecie contemplate nella legge sugli stupefacenti”. Nella ricetta dei penalisti per ridurre il sovraffollamento, anche la modifica della legge ex Cirielli, la chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici giudiziari e l’abolizione dell’ergastolo. Di fronte ai riconoscimenti del ministro, conclude il leader dei penalisti, “nessuna forza politica, né di governo, né di opposizione, può continuare, così come fino ad ora è avvenuto, a ignorare il problema, o peggio a strumentalizzarlo a seconda degli interessi politici contingenti. Troppo spesso si ascoltano analisi condivisibili, ovvero annunci di riforme in astratto condivisibili, cui la politica fa seguire il vuoto pneumatico invece che iniziative concrete”. Giustizia: Marino (Pd); detenzione psichiatrica è disumana, chiudere subito gli Opg Ansa, 21 settembre 2011 “La gravità della situazione delle strutture che accolgono i detenuti malati psichici è di una disumanità tale che è ormai inderogabile un intervento riformatore e risolutivo delle enormi carenze e storture di questo sistema”. Così il presidente della Commissione d’Inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale e senatore del Partito Democratico Ignazio Marino replicando all’intervento del ministro della Giustizia Nitto Palma sul sistema carcerario e sui problemi della giustizia con particolare riferimento alla situazione in cui versano gli Ospedali psichiatrici giudiziari. La Commissione, presieduta dal senatore Marino, ha svolto al riguardo delle indagini che hanno portato a “provvedimenti coercitivi privi di precedenti nella storia repubblicana” come ha sottolineato l’esponente Pd intervenendo in aula. “La Commissione è consapevole di avere adottato dei provvedimenti eccezionali - ha sottolineato Marino - esplorando l’articolo 82 della Costituzione fino ai suoi limiti estremi: ma si è assunta tale responsabilità a fronte di una situazione, accertata in sede di indagine, di vera e propria sospensione de facto della Costituzione repubblicana. Una situazione che ha turbato lo stesso Capo dello Stato, il quale, dopo avere preso visione del documentario realizzato attraverso sopralluoghi a sorpresa presso le strutture, ha parlato di estremo orrore e di situazione incompatibile con i principi costituzionali”. “È necessaria una riforma radicale e di sistema, che importi una abolizione dell’istituto della non imputabilità per vizio di mente. Modifiche mirate, volte a eliminare chirurgicamente alcune delle criticità più manifeste della legislazione vigente - ha concluso Marino - tra cui l’abolizione delle misure di sicurezza provvisorie, la necessità di valutazione collegiale della infermità mentale e della pericolosità sociale, l’introduzione del principio di parallelismo fra durata della pena e durata della misura di sicurezza”. Giustizia: Germontani (Fli); amnistia è colpo di spugna, soluzione sono misure alternative Ansa, 21 settembre 2011 “L’amnistia è il colpo di grazia per il sistema carcerario”. Lo afferma la senatrice del Terzo Polo Maria Ida Germontani a commento dell’intervento in Aula del Ministro della Giustizia Nitto Palma. Secondo la senatrice finiana “è necessario intervenire in maniera drastica e lungimirante per far fronte al drammatico problema degli esuberi nelle carceri (67.377 detenuti a fronte di una capienza di 45.022 unità) per non parlare delle 30.000 persone in carcere in attesa di giudizio. Un dato allarmante che dimostra come la lentezza della giustizia diventa una spada di Damocle sul sistema carcere. Un triste primato”. “A 4 anni dall’indulto la situazione sovraffollamento - sottolinea Germontani - non solo non è migliorata ma i detenuti sono aumentati di più di un terzo”. “Le soluzioni ci sono come una maggiore attenzione al complesso delle misure alternative alla detenzione, uniche in grado di rispondere al dovere del nostro Stato: la rieducazione. I dati in nostro possesso - osserva Germontani - confermano che un detenuto a cui viene concessa una misura alternativa ha una recidività minore rispetto a chi sconta tutta la pena in carcere”. “Sarebbe assolutamente folle - conclude la senatrice del gruppo Per il Terzo Polo - pensare di poter cancellare gli enormi problemi che affliggono detenuti, agenti penitenziari e operatori socio - sanitari con un colpo di spugna: l’amnistia”. Giustizia: Osapp; bene ministro Palma al Senato, ma non sulla Polizia penitenziaria Asca, 21 settembre 2011 “Lucida e puntuale, come ci ha abituato in questi giorni, l’analisi del Ministro della Giustizia Nitto Francesco Palma sulla situazione delle carceri nell’intervento introduttivo della seduta straordinaria del Senato di quest’oggi, ma non adeguatamente accurati, purtroppo e come, invece, auspicavamo, i riferimenti che hanno riguardato il personale di polizia penitenziaria e la situazione del Corpo nel suo complesso.” ad affermarlo è l’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) per voce del segretario generale Leo Beneduci. “Tralasciando in questa sede, stante il dibattito e le ulteriori iniziative ancora in corso, qualsiasi commento sulle proposte formulate, ci aspettavamo che il Guardasigilli rammentasse all’Assemblea che, unico Corpo di polizia dello Stato ad avere subito un trattamento così disastroso dalla politica e dalle istituzioni, l’organico attuale della polizia penitenziaria, da cui comunque mancano 6.000 unità, è fermo al 1992 quando i detenuti erano 35mila - prosegue il sindacato - mentre i posti - detenuto in più (4.000 già realizzati nel decorso triennio e 10.000 da realizzare entro il 2013), a parità di popolazione detenuta presente, corrispondono a più posti di servizio da ricoprire nella misura di almeno il 30%.”. “In sostanza, per rendere funzionale un piano carceri da 10.000 posti - detenuto in 20 nuovi padiglioni e 11 nuovi istituti, con vigilanza e custodia più o meno attenuate, sarebbero occorsi almeno 3.000 poliziotti penitenziari in più, mentre il Governo ne ha assegnati solo 1.611, sempre con riferimento ad un organico vecchio di vent’anni e non in aumento dello stesso e, oggi, per promesse che dopo tre anni il già Ministro Alfano non è riuscito a mantenere, non sarà possibile ottenere neanche quelle poche unità.” Aggiunge il leader dell’Osapp: “alcun riferimento, inoltre, abbiamo ascoltato dal Ministro della Giustizia riguardo al fatto che la polizia penitenziaria attende, dalla incompleta Riforma del 1990. una integrale riorganizzazione di ruolo e di funzioni, oltre che nel sistema carcere anche nel sistema della sicurezza nazionale, nonché il riassetto dei propri organi centrali e periferici, mentre con oltre 2.000 impiegati servizi amministrativi e contabili in meno rispetto agli organici (pari ad oltre il 23%) in mancanza di ruoli tecnici interni, gli appartenenti al Corpo sono obbligati a sostituirli anche in tali servizi senza alcun riconoscimento economico o di carriera”. “In realtà, ci aspettavamo forse ‘troppo’ nell’attuale assetto politico, ovvero che i poliziotti, penitenziari non fossero considerati ancora la manodopera a bassi ‘costò e ‘profilò di un sistema penitenziario il cui rappresentano oltre l’80% del personale e che si regge pressoché integralmente sul loro lavoro - conclude Beneduci - per cui ci auguriamo che il Ministro Palma smentisca presto e nei fatti questa nostra odierna impressione.”. Giustizia: Moretti (Ugl); basta con provvedimenti tampone, sanare carenze di personale Italpress, 21 settembre 2011 “Prendiamo atto delle iniziative del Guardasigilli, ma le richieste fondamentali restano quelle di sanare al più presto la situazione degli organici della Polizia Penitenziaria, anche con la valorizzazione e il riconoscimento della professionalità della categoria, e di attuare provvedimenti risolutivi per l’emergenza carceri”. Così il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, commenta l’intervento del ministro della Giustizia al Senato, aggiungendo che “è auspicabile la prospettiva di un progetto globale di giustizia che consideri l’edilizia penitenziaria uno strumento logistico e non la soluzione del problema. Prima ancora di ipotizzare l’apertura di nuove strutture, procedendo ad una programmazione della loro messa in funzione - spiega il sindacalista, bisognerebbe procedere all’arruolamento del personale necessario a farle funzionare”. “La carenza organica di ben 5.877 agenti, rispetto ad un sovraffollamento asfissiante - continua Moretti, determina anche un aggravio di funzioni che ricadono sulla Polizia Penitenziaria, come l’uso di ben 769.000 unità per l’effettuazione di traduzioni nel solo anno 2011. Sintomo, questo, di quanto l’ingolfamento della macchina della giustizia incida sull’efficienza dell’amministrazione penitenziaria”. “Rispetto alle cause del sovraffollamento - conclude il sindacalista - riteniamo che l’unica strada percorribile sia un programma di riforma del processo penale, con una riconsiderazione delle leggi attualmente vigenti che determinano solo un impasse sia per il sistema penitenziario sia per quello giudiziario”. Giustizia: Alfonso Papa come “Don Raffaè”… a Poggioreale riceve detenuti e dà consigli di Francesco Bonazzi Secolo XIX, 21 settembre 2011 C’è chi gli chiede se la carcerazione preventiva poi si sconta davvero dalla condanna. C’è chi vuole una mano a calcolare il “fine pena”. C’è l’extracomunitario che vuol capire la differenza tra gip e pm e sapere, soprattutto, se i primi siano davvero più buoni dei secondi. Ci sono quelli che gli domandano se abbia notizie riservate su indulti o amnistie in arrivo. In questi due mesi trascorsi al carcere di Poggioreale, l’onorevole Alfonso Papa è diventato, suo malgrado, una sorta di nuovo “Don Raffaè”. Ogni giorno gli arrivano decine di lettere e richieste d’aiuto dagli altri detenuti, alle quali il deputato del Pdl risponde spiegando, consigliando, esortando. In una parola, “illuminando”, come avrebbe detto Fabrizio De André. Non era scontato che andasse così, anzi. In cima alla scala dei cosiddetti infami, in carcere, ci sono i pedofili, i poliziotti e i magistrati. E Alfonso Papa, 41 anni, napoletano del Vomero, ha fatto per anni il magistrato. Il Csm lo ha sospeso dalla funzione e dallo stipendio solo recentemente, dopo che la Camera ha autorizzato il suo arresto per le accuse di concussione, favoreggiamento e rivelazione di segreto nell’ambito dell’inchiesta sulla Loggia P4. Dopo il voto del 20 luglio, avrebbe voluto costituirsi a Orvieto, una delle poche strutture quasi umane del centro - sud, mai pm Henry John Woodcock e Francesco Curdo hanno preferito tenerlo a Napoli. Così Papa è finito nel padiglione “Firenze”, insieme ad altre 300 persone in attesa di giudizio e in un carcere fuorilegge, perché accoglie 2.700 detenuti anziché i 1.570 previsti dalla pianta organica del Dap. Il fatto che abbia partecipato allo sciopero della fame contro il sovraffollamento, ha subito reso Papa un uomo da rispettare. E la disponibilità personale, dimostrata nelle due ore d’aria quotidiane, ha fatto il resto. Ora il traffico di corrispondenza diretta a Papa ha un po’ preoccupato l’amministrazione penitenziaria, anche se nessuno lo ammetterà mai ufficialmente. Pare che in alcuni giorni sia stata superata quota cento lettere. Il suo avvocato, Giuseppe D’Alise si limita adire che “in tanti gli chiedono consiglio”. Consigli legali. A volte anche molto terra terra, come il vocabolario da usare per le richieste scritte al magistrato di sorveglianza. Oppure calcoli complessi, come quelli sulla recidiva. E capita sempre più spesso che si rivolgano a lui anche da altri penitenziari, per chiedergli di perorare la causa dell’indulto, dell’amnistia o di qualunque provvedimento svuota-carceri. Del resto la cella di Papa è meta di un pellegrinaggio instancabile di deputati e consiglieri regionali. E molti compagni di detenzione sperano che l’onorevole abbia notizie fresche. Inoltre la riservatezza della sua corrispondenza è doppiamente protetta perché le lettere dirette ai deputati sfuggono alla censura. E Papa è orgoglioso di non essersi dimesso. Anzi, ha chiesto al Tribunale di poter partecipare ai voti più importanti. Sull’indulto, però, si asterrebbe. Lazio: il Garante; carceri sempre più affollate, 2.000 detenuti oltre la capienza Redattore Sociale, 21 settembre 2011 “Sono sempre più oppresse dal sovraffollamento le 14 carceri della regione Lazio. Secondo le stime diffuse dal Dap, relative al 19 settembre scorso, i detenuti presenti erano 6.565, quasi duemila in più rispetto alla capienza regolamentare prevista”. A diffondere i dati è il garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, “alla vigilia della seduta straordinaria che, proprio domani, il Consiglio regionale del Lazio dedicherà all’emergenza carceri della regione”. In una nota Marroni spiega che “più che le parole sono i numeri che certificano la situazione critica che si vive nelle carceri della nostra regione: in un anno, infatti, i reclusi sono aumentati di 250 unità. A gennaio 2011 i detenuti erano 6.017. Ciò vuol dire che sono cresciuti a un ritmo di 70 unità al mese. Tutti segnali, questi, che sono stati inutili tutte quelle pezze legislative che l’esecutivo ha tentato in questi mesi per porre un freno alla situazione”. Rispetto a un anno fa, prosegue il garante, “settembre 2010, (quando i detenuti erano complessivamente 6.317, di cui 5.868 uomini e 449 donne), c’è stato un incremento di 248 unità. Attualmente, infatti, nelle celle della regione sono reclusi 6.139 uomini e 426 donne”. Nieri (Sel): numerose adesioni a mozione contro sovraffollamento “Il Gruppo di Sinistra Ecologia Libertà depositerà domani una mozione consiliare, promossa insieme al gruppo dei Radicali, che impegna la Presidente Polverini e la Giunta regionale a farsi promotori di una serie di iniziative concrete contro il grave sovraffollamento nelle carceri italiane, con particolare attenzione agli istituti penitenziari del Lazio. Si tratta di un documento che in queste ore sta raccogliendo l’adesione di buona parte dei Gruppi consiliari di maggioranza e opposizione. Un segnale positivo in vista del Consiglio straordinario di domani sul sovraffollamento nelle carceri. Di fronte a questa vera e propria emergenza umanitaria serve un gesto concreto da parte delle istituzioni”. È quanto dichiara Luigi Nieri, Capogruppo di Sinistra Ecologia Libertà nel Consiglio regionale del Lazio. “È bene ricordare che il sovraffollamento riguarda in modo significativo anche gli istituti penitenziari del Lazio. Al 31 agosto, ultimo dato disponibile, erano 6.622 i detenuti presenti all’interno delle carceri laziali. Un dato che supera di circa un terzo (27%) la capienza regolamentare, che è di 4856 posti - aggiunge Nieri. Nel nostro territorio, inoltre, si sono verificati numerosi episodi che testimoniano le difficili condizioni di vita di chi è recluso all’interno di un carcere”. “Nella mozione si affrontano temi importanti, fra cui la sanità nelle carceri che, ricordiamo, è materia di competenza regionale; i diritti dei bambini reclusi; il reinserimento lavorativo dei detenuti ed ex detenuti; il sovraffollamento e le difficili condizioni di vita. Ci auguriamo che la giornata di domani possa rappresentare un passo in avanti in questa fondamentale battaglia in difesa dei diritti umani e che il dibattito in aula sia stimolante e propositivo - conclude Nieri”. Emilia-Romagna: nascono i Garanti regionali per i detenuti e per l’infanzia Redattore Sociale, 21 settembre 2011 La proposta è dell’ufficio di presidenza. Pdl e Lega si smarcano. Richetti: “Da oggi i soggetti più deboli della nostra società hanno uno strumento di difesa in più” Mandato di 5 anni, non rieleggibilità, incompatibilità e indennità di funzione ridotte rispetto al passato. È quanto prevede la legge approvata, oggi dall’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna che istituisce due nuove figure a livello regionale: il Garante per l’infanzia e l’adolescenza e quello per i detenuti. Vanno ad aggiungersi al difensore civico, istituto a sua volta riformato. La proposta di legge è stata presentata dall’Ufficio di presidenza dell’assemblea ed è passata con i voti favorevoli di Pd, Idv, Sel-Verdi, Fds, Pdl, Udc, gruppo misto (cinque gli astenuti di Lega e M5S). La legge istituisce un’apposita struttura a supporto dell’attività dei Garanti e del difensore civico. A quest’ultimo spetterebbe un’indennità mensile di funzione pari al 60% (4.108 euro lordi) di quella (lorda) dei consiglieri regionali, mentre per i 2 nuovi Garanti viene fissata al 45% (3.081 euro). Rimane, invece, invariata la previsione relativa al trattamento di missione che resta per ciascun istituto di garanzia, lo stesso previsto per i consiglieri regionali. Alle tre figure viene richiesto, tra le altre cose, un’esperienza “almeno quinquennale nei diversi ambiti di competenza” e di non attività “da cui possa derivare un conflitto di interessi con l’incarico assunto”. Da oggi “i soggetti più deboli della nostra società hanno una difesa in più - commenta Matteo Richetti, primo firmatario della legge e presidente dell’assemblea legislativa - Con questa legge la Regione completa il quadro degli istituti di garanzia. I Garanti dell’infanzia e dei detenuti sono una presenza fondamentale per l’Emilia - Romagna, regione che vuole continuare a essere motore di sviluppo e allo stesso tempo attenta ai più deboli”. Campania: Cardinal Sepe; non c’è recupero senza detenzione dignitosa Agi, 21 settembre 2011 Sempre più stranieri, sempre più giovani tra i 7.900 detenuti che affollano le carceri della Campania. Il provveditore regionale all’amministrazione penitenziaria Tommaso Contestabile riporta il dato nel corso di una manifestazione alla casa circondariale di Lauro, in provincia di Avellino, nell’ambito di un progetto di recupero per detenuti. Un dato preoccupante che si scontra con i progetti di recupero e riabilitazione di detenuti, soprattutto negli istituti a custodia attenuata, come quello irpino. “Un carcere altro è possibile - dice Contestabile - meno coercitivo, più aperto e per questo più impegnativo”. Proprio a Lauro sarà avviato un progetto triennale con le associazioni di volontariato per l’istituzione di un dipartimento sociale, attraverso il quale i 50 detenuti della piccola struttura carceraria potranno intraprendere percorsi riabilitativi e di reinserimento sociale. “Non è possibile il recupero quando non si vive da uomini” spiega l’arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe, intervenendo alla manifestazione e riferendosi alle condizioni spesso disumane nelle quali i detenuti sono costretti a vivere. “Sono uomini e donne che hanno sbagliato - prosegue il cardinale - bisogna aiutarli ma bisogna creare anche condizioni umane dignitose. E bisogna che da parte nostra si superi un muro di pregiudizi che abbiamo nei confronti di questi ragazzi. Spesso loro sanno essere buoni cittadini, hanno più volontà di noi”. Nel piccolo penitenziario della provincia di Avellino sono trattenuti 50 detenuti che accettano di seguire un percorso di recupero attraverso lo studio, il teatro e la musica. La detenzione attenuata consente loro di esibirsi in spettacoli teatrali e musicali anche fuori dal carcere. Como: Sappe; detenuto serbo di 35 anni si impicca, direttore carcere dovrebbe dimettersi Ansa, 21 settembre 2011 Un detenuto serbo, trentacinquenne, in attesa di giudizio per furto e spaccio di stupefacenti, si è tolto la vita nel carcere di Como. A dare notizia dell’ennesimo suicidio in cella, il 43/esimo dall’inizio del 2011, è il sindacato di polizia penitenziaria Sappe. “L’uomo ha rifiutato l’ora d’aria e, approfittando dell’assenza dei suoi compagni di cella, si è impiccato”, riferisce il segretario generale del Sappe, Donato Capece, che denuncia una “situazione vergognosa e scandalosa” di sovraffollamento nel carcere di Como. “Il direttore dovrebbe dimettersi - aggiunge - ma più in generale i vertici dell’amministrazione penitenziaria dovrebbero andarsene, vista la situazione fallimentare del sistema”. Modena: cosa farà il Comune per evitare il collasso del carcere di S. Anna? Gazzetta di Modena, 21 settembre 2011 A porre la domanda al sindaco con un’interrogazione urgente sono due consiglieri di maggioranza che chiedono un impegno diretto della giunta di fronte alla paventata apertura del nuovo padiglione del reclusorio modenese. Maurizio Dori, specializzato nelle questioni dell’ordine pubblico, ha scritto un documento circostanziato in cui mette in fila i numeri che stanno portando il S. Anna al limite dell’ingovernabilità. Per gli agenti di custodia lo scenario da incubo che si sta prospettando è quello di un raddoppio di fatto del carcere, che passerebbe dai 411 detenuti di oggi ad averne 150 in più, con un aumento di organico di soli 9 agenti in più. In totale, dopo che sono diventate di pubblico dominio le assegnazioni delle nuove unità di agenti neoassunti con l’ultimo concorso, i 165 colleghi già in servizio dovrebbero caricarsi sulle spalle oltre ai 411 reclusi di oggi anche i prossimi 150. Le cifre però, in questo caso, non dicono tutto perché i 150 posti del nuovo padiglione potrebbero tranquillamente raddoppiare. È già accaduto in questi anni, con l’ala esistente, costruita per ospitare 200 reclusi, che ne raccoglie il doppio per la mancanza di posti alternativi. Conclusione: solo 9 agenti in più per 300 persone. “E invece ce ne vorrebbero 120 in più, almeno per mantenere la proporzione - spiega Dori accorato. Già oggi, solo per mantenere l’organico tra detenuti e agenti, servirebbero 56 uomini in più alla Polizia Penitenziaria di Modena. Vista l’inaffidabilità dei vertici del dicastero della Giustizia, sarà molto difficile credere alla promessa di una graduale assegnazione di detenuti considerata la situazione di sovraffollamento”. Catania: Osapp; pronta e non ancora aperta la caserma del carcere di Piazza Lanza Il Velino, 21 settembre 2011 Una formale protesta contro lo stato di totale abbandono nel quale versa il personale di polizia penitenziaria in servizio alla casa circondariale di Catania Piazza Lanza. È stata avanzata al ministro della Giustizia Nitto Palma e al capo del Dap Franco Ionta dal Mimmo Nicotra, vicesegretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp. “Per essere chiari - spiega in una nota Nicotra - ci riferiamo alla ‘caserma agentì, pronta da maggio, che però non verrebbe consegnata all’utilizzo del personale di polizia penitenziaria perché il ministero delle Infrastrutture non avrebbe ancora liquidato, per i lavori realizzati, la ditta esecutrice dei lavori. A fronte dei ripetuti proclami reclamizzanti la costruzione di nuovi padiglioni e quant’altro, - prosegue Nicotra - riteniamo che non sia accettabile che, in piccolo, il suddetto personale, a fronte di una caserma i cui lavori sono stati da ultimati tempo, continui ad essere accampato presso la Scuola di Formazione di San Pietro Clarenza. Dalle notizie in nostro possesso - aggiunge il sindacalista dell’Osapp - sembrerebbe che tale biasimabile stato di cose scaturirebbe dalla mancata consegna dei lavori, la quale sarebbe esclusivamente subordinata al pagamento delle fatture per i lavori effettuati che, la ditta appaltatrice, avrebbe più volte sollecitato. In fatto che ci lascia perplessi. Prima del conferimento dell’appalto, infatti, era stata senza dubbio certificata la necessaria copertura economica. Uniche vittime di tale situazione di stallo sono i poliziotti penitenziari, la gran parte pendolari, che allo stress ordinario aggiungono quello straordinario di dover fare circa 30 km per andare a fruire di un posto letto da utilizzare nel tempo compreso tra i turni serali e quelli mattutini”. Immigrazione: a Lampedusa scoppia la guerriglia, scontri tra tunisini e abitanti dell’isola Corriere della Sera, 21 settembre 2011 È degenerata la protesta di alcune centinaia di tunisini che si stava svolgendo nei pressi del porto vecchio di Lampedusa, a due passi da una pompa di benzina. Un gruppo di tunisini ha rubato dal centro di accoglienza alcune bombole di gas e le ha portate nei pressi di una pompa di benzina al porto vecchio, minacciando di farle saltare in aria e tenendo un accendino in mano. Immediatamente una cinquantina di lampedusani si sono avventati contro i tunisini ed è nato un parapiglia. A questo punto le forze dell’ordine, in assetto anti sommossa, hanno caricato i manifestanti. Gli scontri hanno coinvolto anche alcuni abitanti dell’isola, che hanno dato vita a una fitta sassaiola nei confronti degli immigrati, che hanno risposto lanciando a loro volta pietre e suppellettili. Fino ad ora sono stati medicati nel Poliambulatorio dell’isola due agenti di polizia e un militare della Guardia di Finanza, oltre a una decina di migranti che presentano diverse escoriazioni e contusioni. Per uno di loro, in uno stato di semi coma, il responsabile sanitario, Pietro Bartolo, ha chiesto il trasferimento urgente a Palermo in eliambulanza. Ma a Lampedusa si registrano disordini anche in altre zone dell’isola, in un clima di “caccia all’uomo” che sta coinvolgendo anche gli abitanti. Altri scontri tra tunisini e forze dell’ordine sono avvenuti anche all’interno del Centro di prima accoglienza dove si trovano ancora un centinaio di immigrati. Gli extracomunitari avrebbero lanciato sassi e altro materiale contro gli agenti che presidiano la struttura. Nel poliambulatorio dell’isola stanno intanto affluendo i primi feriti, appartenenti alle forze dell’ordine. Il responsabile sanitario, Pietro Bartolo, ha chiesto l’invio di altre ambulanze dal centro di accoglienza. Alcuni lampedusani hanno aggredito prima la troupe di Sky Tg24 e dopo anche l’operatore della Rai Marco Sacchi, facendogli cadere per terra la telecamera. L’aggressione è avvenuta davanti al distributore di benzina scenario degli scontri. Altri giornalisti, anche l’Adnkronos, sono stati malamente allontanati. “Andatevene è meglio per voi”, ha urlato con toni minacciosi un gruppo di una trentina di lampedusani. I cronisti sono stati accerchiati e costretti ad andar via. “Non vi vogliamo, sparite”, gridava. “Entro le prossime 48 ore tutti i clandestini presenti a Lampedusa saranno trasferiti per essere poi rimpatriati”. Lo ha annunciato il sottosegretario all’Interno con delega all’immigrazione e asilo, Sonia Viale, che ha espresso la più “ferma condanna” per le violenze in corso sull’isola di Lampedusa e ha confermato la “massima e costante attenzione” del Viminale su quanto sta accadendo. È quanto si legge in una nota del ministero. “Gli atti vandalici e le rivolte poste in essere dai cittadini tunisini nascono dalla loro consapevolezza di essere rimpatriati - prosegue la nota - tali episodi di inaccettabile violenza non modificano il piano dei rimpatri, che prosegue e non subirà rallentamenti”. Durissime le parole del sindaco Bernardino De Rubeis: “Siamo stanchi - ha detto De Rubeis a SkyTg24 - Lampedusa ha già dato con l’accoglienza di 55 mila immigrati e non vuole più dare. Vogliamo essere liberati da 1500 delinquenti”. Il sindaco ha chiesto anche l’intervento del presidente della repubblica Giorgio Napolitano usando un’espressione offensiva: “muova il c...”. Poi si è scusato: “Chiedo scusa al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Adesso che gli animi si sono un po’ placati, mi rendo conto d’aver usato parole inappropriate”. “Sono mortificato - ha aggiunto De Rubeis - per le parole utilizzate, ma qui la situazione è davvero ingestibile e si perde il lume della ragione. Rinnovo però, con le dovute maniere, l’appello al presidente Napolitano che è bipartisan e il padre della nostra Italia. Valuti la possibilità di venire a Lampedusa signor presidente - ha concluso De Rubeis - e venga in difesa di quelli che sono i diritti di questa popolazione, ancora orgogliosa di essere italiana”. De Rubeis si è quindi asserragliato nella sua stanza, scortato da tre agenti di polizia, dopo che mercoledì mattina tre lampedusani hanno tentato di aggredirlo, contestandogli di avere tenuto una linea morbida sull’immigrazione. In un cassetto dell’ufficio, De Rubeis tiene una mazza da baseball. “Mi devo difendere, e sono pronto a usarla, scrivetelo pure”, dice. “Siamo in presenza di uno scenario da guerra, - aggiunge - lo Stato mandi subito elicotteri, navi per trasferire i tunisini che vagano per l’isola”. Infine il dirigente della scuola di Lampedusa, dopo avere consultato il sindaco, ha chiuso il portone e chiesto agli insegnanti di vigilare sugli alunni e al personale di controllare gli accessi. Tra le gente c’è paura e timore che i migranti che vagano per l’isola possano aggredire bambini e ragazzi. Intanto le forze dell’ordine hanno condotto tutti i tunisini all’interno del centro di accoglienza di contrada Imbriacola di Lampedusa, dove solo uno dei tre padiglioni risulta parzialmente agibile dopo l’incendio. I migranti sono sotto stretta sorveglianza. La prefettura e la questura di Agrigento stanno organizzando un piano per evacuare i poco più di mille tunisini nel giro di poche ore con un ponte aereo e - come si apprende da fonti della questura - anche con una nave che dovrebbe giungere a Lampedusa nelle prossime ore. L’intervento dei mezzi marittimi era stato chiesto con forza dal primo cittadino per un più rapido alleggerimento della pressione esercitata dagli stranieri. Nella notte 200 migranti erano stati trasferiti con due C130 dell’Aeronautica militare.