Giustizia: Pannella; ragioni e obiettivi dell’amnistia… ma il Senato non farà nulla Notizie Radicali, 19 settembre 2011 “Ho personalmente motivo di temere - ha detto domenica 18 settembre a Radio Radicale Marco Pannella - che mercoledì il Senato (riunito non sappiamo bene nemmeno se come “autoconvocato” secondo Costituzione, o per ascoltare, secondo ordinario Regolamento, “comunicazioni del Governo”), il Senato - dicevo - continui a permettere il proseguirsi della flagranza criminale in cui lo Stato partitocratico opera impunemente ormai da decenni, contro diritto internazionale, europeo, costituzionale italiano. Non si vuole comprendere ma soprattutto consentire di informarne l’opinione pubblica - perché la regola di questa Repubblica è perfino peggio che fascista - sul perché, gli obiettivi e il valore dell’amnistia. Torno qui a tentare di farci, di farmi intendere: L’AMNISTIA 1. non solamente interromperebbe la flagranza di un comportamento assolutamente criminale dello Stato partitocratico in concreto, contro lo Stato di Diritto e la Repubblica democratica, contro centinaia e centinaia di migliaia - anzi di milioni - di persone. In sintesi contro i Diritti Umani, con responsabilità che dovrebbero essere giudicate e condannate dalla Corte Penale Internazionale (e a questo fine dobbiamo preparare urgentemente la relativa, documentatissima, urgentissima denuncia, individuando gli strumenti e le modalità tecniche atte a farli ricevere); 2. non solamente costituirebbe il solo provvedimento atto ad avviare in modo irreversibile da subito il processo di riforma della Giustizia, del Regime partitocratico, sovraffollata e disastrata almeno quanto le sue immonde carceri, contro legalità internazionale, legalità e la giurisdizione europee, la stessa Costituzione, come il Presidente della Repubblica ha perentoriamente pubblicamente dichiarato, le leggi e i codici italiani; 3. libererebbe il Paese, lo Stato e la società italiani dalla repellente, totalizzante atmosfera e realtà da cloaca ammorbante, letteralmente pestifera, carogna della Repubblica, dopo esser stata ridotta a metamorfosi vincente, erede del precedente ventennio partitocratico e non della sua liberazione dal nazifascismo - ma non da ogni altra illusoria, mortale utopia che ha reso tragico il secolo precedente, e già ipoteca del secolo che viviamo”. Di Pietro pronto al no… amnistia per Berlusconi “Se il Parlamento decidesse per l’amnistia, avremmo Tonino Di Pietro pronto a gridare: ‘L’amnistia è per Berlusconi, per questo porco!”. Lo sostiene Marco Pannella da Radio Radicale. “Perché a Di Pietro - si sfoga Pannella - che gliene frega di milioni di persone che possono essere vittime di violenze di Stato? No, a lui quello che interessa è se riguarda Berlusconi. È questo il livello dell’intelligenza delle cose. Perciò io mi auguro che in Parlamento l’amnistia sia votata, e funzioni come traino della riforma della giustizia, non come atto di clemenza. Semmai è un atto di liberazione dei detenuti italiani da un sequestro tipo quello che fanno i pirati in Somalia”. Giustizia: Bonino; amnistia anche per Berlusconi? è il prezzo da pagare Adnkronos, 19 settembre 2011 “Se si fa l’amnistia come dato di inizio del governo della giustizia, e non solo come atto di clemenza, e se in quest’atto entrano anche le vicende pendenti di Berlusconi, è chiaro che varrà anche per lui. Non è che si fa l’amnistia per tutti tranne che per Berlusconi, non esiste che si faccia una eccezione”. Lo ha detto Emma Bonino, nel corso della intervista del lunedì a Radio Radicale. “Quel che ci interessa - ha aggiunto - è l’avvio di un sistema di riforma di questo Paese, perché non è tabù solo l’amnistia. È tabù anche l’obbligatorietà dell’azione penale, che produce decine e decine di migliaia di prescrizioni all’anno, che sono amnistie non decise da nessuno, per così dire”. “Berlusconi è politicamente giudicato, ed ha una età per cui difficilmente in carcere ci andrà. Ma se questo è - ha concluso Bonino - se l’amnistia riguarderà anche lui, è un prezzo che siamo disposti a pagare”. Giustizia: mercoledì prossimo in Piazza Navona sit-in dei Radicali per l’amnistia Adnkronos, 19 settembre 2011 In occasione della sessione straordinaria del Senato sul tema della giustizia e delle carceri, il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, Radicali Italiani e l’associazione Radicale Il Detenuto Ignoto, organizzano a Roma un sit-in per l’amnistia “Per aiutare il Parlamento a essere degno di questo nome”. La manifestazione si terrà a piazza Navona, dalle ore 16 di mercoledì e proseguirà con una veglia durante tutta la notte. Nel corso del pomeriggio si alterneranno interventi, proiezioni e spazi musicali tra cui il concerto dei Presi per caso e dei Tetes de Bois. Alle ore 21 è previsto un intervento di Marco Pannella, che dal 14 settembre ha ripreso l’iniziativa nonviolenta di sciopero della fame insieme alla deputata Radicale Rita Bernardini e a Irene Testa, segretaria del Detenuto Ignoto. All’iniziativa, spiegano i Radicali, “parteciperanno numerosi rappresentanti della comunità penitenziaria, tra cui educatori, psicologi, agenti di polizia, cappellani, oltre a personalità del mondo del diritto, della politica, della cultura, del volontariato e dell’associazionismo, ex detenuti e familiari di chi è tuttora recluso”. Saranno presenti i parlamentari Radicali e il segretario di Radicali Italiani Mario Staderini. Tra gli interventi annunciati quello di Ilaria Cucchi, che aprirà la manifestazione, di Don Antonio Mazzi - Exodus, Don Andrea Gallo, Antonio Baldassarre, Presidente emerito della Corte Costituzionale, Patrizio Gonnella, Presidente nazionale dell’Associazione Antigone, Elisabetta Laganà, Presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, Luigi Manconi, presidente di “A Buon Diritto”, Ornella Favero, direttrice della rivista “Ristretti Orizzonti”, Ada Palmonella, psicologia penitenziaria, il Prof. Francesco Ceraudo, direttore del centro clinico del carcere Don Bosco di Pisa, Eugenio Sarno, Segretario Generale Uil-Pa Penitenziari, Giulia Labbate, sociologa esperta in questioni carcerarie, Antonio Turco, educatore carcere di Rebibbia, Don Sandro Spriano cappellano del carcere di Rebibbia. Saranno presenti anche Leo Beneduci, Segretario Generale dell’Osapp, Gisella Trincas, Presidente del Comitato Sardo Stop Opg, del drammaturgo Pier Paolo Palladino, che collabora con i detenuti di Rebibbia, Dame Diouf, della comunità senegalese in Italia, interprete dei periti del Tribunale penale di Roma, Serena Grandi, Tiberio Timperi, Vincenzo Cantatore, campione di pugilato autore di un progetto nelle scuole contro il bullismo e la devianza in carcere. Sarà inoltre proiettato il video Se tu vivessi in una cella dell’Associazione Progrè, realizzato dagli studenti di Giurisprudenza dell’Università Alma Mater di Bologna; un estratto del documentario sulle carceri brasiliane di Davide Scalenghe (Current) e una breve anteprima esclusiva dell’inchiesta di Radio Radicale nelle carceri italiane realizzata da Valentina Ascione, Simone Sapienza e Paco Anselmi. Anche Serena Grandi in piazza con i Radicali Marco Pannella e Mario Staderini, certo, ma anche nomi extrapolitici come Serena Grandi, Tiberio Timperi e Vincenzo Cantatore, in piazza per la kermesse che i Radicali animeranno, in occasione della sessione straordinaria del Senato sul tema della giustizia e delle carceri, a piazza Navona dalle 16 di mercoledì 21, con una veglia che durerà tutta la notte. L’iniziativa è del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, Radicali Italiani e associazione Radicale “Il Detenuto Ignoto”. Titolo del sit-in sarà “Per aiutare il Parlamento a essere degno di questo nome”. Nel corso del pomeriggio si alterneranno interventi, proiezioni e spazi musicali, tra cui il concerto dei “Presi per caso” e dei “Tetes de Bois”. Alle ore 21 è previsto invece un intervento di Marco Pannella, che dal 14 settembre ha ripreso l’iniziativa nonviolenta di sciopero della fame insieme alla deputata Radicale Rita Bernardini e a Irene Testa, segretaria del Detenuto Ignoto. All’iniziativa parteciperanno operatori della comunità penitenziaria, personalità del mondo del diritto, della politica, della cultura, del volontariato e dell’associazionismo, ex detenuti e familiari di chi è tuttora recluso. Saranno presenti i parlamentari Radicali e il segretario di Radicali Italiani, Mario Staderini. Denso il parterre di interventi annunciati: Ilaria Cucchi, che aprirà la manifestazione, don Antonio Mazzi, don Andrea Gallo, Antonio Baldassarre, Patrizio Gonnella, Elisabetta Laganà, Luigi Manconi, Ornella Favero, Ada Palmonella, Francesco Ceraudo, Eugenio Sarno, Giulia Labbate, Antonio Turco, don Sandro Spriano, Leo Beneduci, Gisella Trincas, Pier Paolo Palladino, Dame Diouf e poi Serena Grandi, Tiberio Timperi e Vincenzo Cantatore. Giustizia: sovraffollamento della carceri, l’unica ricetta è l’amnistia di Ambrogio Crespi www.clandestinoweb.it, 19 settembre 2011 Io sto con Marco Pannella nella sua battaglia. Condivido quindi il suo sciopero della fame, ripreso per gridare al mondo della politica italiana la necessità di un provvedimento di clemenza nei confronti dei detenuti, mai prima d’ora tanto necessario. L’ultima volta che il Parlamento votò un’amnistia era il 1990 ed erano appena stati riformati i codici penale e di proceduta penale. Oggi non ci sono riforme da celebrare, ma solo un senso comune di giustizia e civiltà da assecondare con forza e convinzione. Come i Radicali, con Pannella e Rita Bernardini in testa, stanno facendo. Secondo i dati diffusi lo scorso 30 giugno dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia, a fronte di una capienza di 45.732 unità, la popolazione carceraria si attestava, al 30 giugno di quest’anno, a 67.394 detenuti (21.662 in eccedenza), di cui solo 37.376 condannati in via definitiva. E gli altri? Ben 28.257 erano in attesa di sentenza definitiva, 14.148 aspettavano addirittura la decisione di primo grado (e quanti saranno mandati assolti?). Numeri ai confini della realtà, di fronte ai quali non si possono non condividere le parole di Pannella: “Non solamente costituirebbe il solo provvedimento atto ad avviare in modo irreversibile da subito il processo di riforma della Giustizia, del Regime partitocratico, sovraffollata e disastrata almeno quanto le sue immonde carceri, contro legalità internazionale, legalità e la giurisdizione europee, la stessa Costituzione, come il Presidente della Repubblica ha perentoriamente pubblicamente dichiarato, le leggi e i codici italiani”. Parole di buon senso e obiettivamente incontrovertibili. Ma come sostiene ancora Pannella “se il Parlamento decidesse per l’amnistia avremmo Tonino Di Pietro pronto a gridare che è per Berlusconi”. Forse, ma anche per altre decine di migliaia di persone costrette a subire una tacita “tortura” di Stato nel silenzio dell’ingiustizia e nella sorda rincorsa alla propaganda. È giusto che le vicende del singolo gravino sulle pene di molti? Trasformiamo Berlusconi da ostacolo in occasione. Amnistia o non amnistia la sua parabola politica volge al termine. Chiudiamola con un atto di civiltà. Giustizia: i ministeri affogano nei debiti… e se privatizzassimo le prigioni? di Alessandro De Nicola Sole 24 Ore, 19 settembre 2011 “Dal complesso al semplice, dal centro alla periferia, dalle persone alle cose”, così ci spiegava il ministro Tremonti quando descriveva, meno di un anno fa, i capisaldi della riforma fiscale. Capisaldi ineccepibili, non c’è dubbio, come la manovra testé varata ha appena dimostrato, non tassando le persone e i consumi e ispirandosi appieno ai principi del federalismo fiscale (nota bene: è una battuta). Il principio della semplificazione, poi, piace così tanto che si cerca di estenderlo anche ad altri campi della manovra economica, come le sin qui neglette privatizzazioni. Una delle ipotesi allo studio, infatti, è il cosiddetto scambio immobili - grandi opere, ipotesi già in parte prevista dalla nostra legislazione sui contratti pubblici e che - in breve - potrebbe essere riassunta così: il privato costruisce un’infrastruttura e in cambio riceve un bel palazzo. In realtà l’ipotesi è un tantino più complessa, poiché si tratterebbe di conferire degli immobili nelle partnership pubblico - privato e in sede di assegnazione di concessioni come contributo dell’ente pubblico al posto dell’esborso in denaro. Lo Stato è pieno di edifici inutilizzati o che vuole vendere; finora non è stato un granché bravo a farlo; così facendo si creerebbero infrastrutture e opportunità di lavoro a costo zero per le casse pubbliche. Troppo semplice. O meglio, troppo complesso. Tanto per cominciare, visto che la normativa sui contratti pubblici già prevede la possibilità dello scambio immobile - lavori, ci sarà bene un motivo per il quale la formula non ha avuto successo. E se ci si pensa è lo stesso per il quale l’economia monetaria (di metallo, cartacea o elettronica) ha sostituito il baratto. Questa forma di scambio ha infatti vari inconvenienti. Tralasciando la portabilità (trascinarsi appresso le pecore per scambiarle con frutta o legna era scomodo), il problema è che mentre il denaro consente di appagare appieno le proprie preferenze, un bene no. Facciamo un esempio: devo costruire una piscina per il comune di Pizzighettone, valore dell’appalto 1 milione. Il Comune mi propone in cambio una graziosa villetta municipale di egual valore, ma, come appaltatore sono riluttante ad accettare. Prima di tutto la villetta né mi piace, né mi serve. Posso rivenderla, è vero, ma chi mi dice che troverò qualcuno cui affibbiarla nei tempi che mi aggradano e per un milione? E chi mi pagherà i costi per notaio, agente immobiliare, interessi bancari passivi per il tempo in cui l’edifico rimane invenduto? Alla fine accetto, ma voglio un conguaglio di 100mila euro che mi serviranno come polizza assicurativa per i possibili mancati introiti e gli altri inconvenienti. In poche parole, si è avuta un’allocazione inefficiente di risorse: se l’immobile fosse stato messo sul mercato per tempo dal Comune e questo avesse intascato il milione da riversare all’appaltatore, la piscina sarebbe costata di meno. Dove non è il mercato a stabilire il prezzo (come avverrebbe in un bella asta competitiva aperta a tutti) si rischia di sbagliare e il pericolo di imbrogli è maggiore. Poniamo che l’ente pubblico non anticipi subito i 100mila euro all’appaltatore, ma prometta di rifonderlo solo se - a vendita avvenuta - gli resti in mano meno di un milione. Forte sarà la tentazione di vendere a un amico a 800mila, prendersi i 200mila dal Comune e poi fare a mezzo della plusvalenza che l’amico riesca a spuntare vendendo la villetta a un terzo per... un milione. La permuta è quindi da buttare? Forse la si potrebbe recuperare parzialmente se gli svantaggi venissero coperti da altri benefici che non appaiono immediatamente. Poniamo che l’edifico sia l’oggetto stesso dell’opera pubblica, ad esempio la trasformazione di una caserma in un penitenziario per detenuti non pericolosi o cui manca meno di 1 o 2 anni prima della fine della pena. Questi soggetti non hanno molti incentivi a scappare perché rischierebbero pesanti aggravi quando ormai l’alba è vicina e perciò la trasformazione della caserma in prigione richiederebbe pochi e veloci accorgimenti. In cambio dei lavori la caserma passerebbe in proprietà dell’appaltatore che potrebbe concederla gratuitamente per un certo numero di anni all’amministrazione penitenziaria. Anche qui avremmo problemi di valutazione ma almeno avremmo trasformato il bene stesso aggiungendogli valore (il che non accade con la nostra villetta) e in più risolveremmo il problema dell’inumano sovraffollamento delle carceri con un provvedimento diverso dalla solita amnistia mascherata il cui effetto è di diminuire ulteriormente la funzione preventiva della pena e di far aumentare i crimini (come è statisticamente successo nel passato). Insomma, non è proibito cercare di essere creativi nel risolvere i problemi di finanza pubblica, basta non dimenticarsi le basi elementari dell’economia. Giustizia: Circolo Europei per l’Italia; i cittadini comunitari scontino la pena in paese origine Agenparl, 19 settembre 2011 “Nel quadro dei provvedimenti per ridurre la pressione nelle carceri italiani sarebbe auspicabile che quanto prima, seguendo l’esempio del Governo Italiano, si dia immediata attuazione alla ricezione nell’ordinamento giuridico di tutti i Paesi dell’Unione Europea alla decisione quadro Gai 2008/909 in materia di reciproco riconoscimento delle sentenze penali. In particolare, la decisione quadro consente a ciascuno Stato membro della Unione Europea di far scontare nello Stato di cittadinanza del condannato la pena inflitta dalla propria autorità giudiziaria, prescindendo, nei casi più gravi, dal consenso del condannato. Si provveda, inoltre , sul modello di collaborazione tra le forze di polizia italiane e rumena a incrementare gli strumenti di collaborazione tra le forze dell’ordine della Ue. Sarebbe altresì auspicabile che i Ministeri degli Interni dei Paesi Comunitario studino la fattibilità di scambi di personale tra Questure italiane e quelle degli altri Nazioni in modo da permettere agli operatori della pubblica sicurezza di conoscere direttamente le diverse realtà sociali e culturali in modo da fronteggiare con sempre maggiore professionalità la micro e la macro criminalità che danneggia, in primo luogo i tanti cittadini comunitari residenti in Italia”. Lo si legge in una nota del Circolo Europei per l’Italia. Giustizia: io, ladro di biciclette a 74 anni… sono povero e lo faccio per campare di Federica Angeli La Repubblica, 19 settembre 2011 “Che vuole che le dica? Con poche centinaia di euro di pensione a Roma non si campa” . Qui non si tratta di non sapere come arrivare alla fine del mese, di come sbarcare il lunario. Qui si tratta di mangiare i primi quindici giorni e poi di rimanere a pancia vuota. “Per questo, quando ho chiuso la mia attività di barbiere, ho iniziato a rubare biciclette”. La cosa più facile che c’è, anche se oggi i tempi sono cambiati”. Spalanca le braccia prima di essere ammanettato C. F. 74 anni, più vecchio e malandato rispetto al protagonista dell’indimenticabile film di De Sica, ma come lui ugualmente disperato. Sabato pomeriggio è stato arrestato mori da un oratorio, nel quartiere romano di Prati, dagli agenti diretti da Bruno Failla, mentre rubava la seconda mountain bike della giornata. La prima l’aveva già nascosta in un giardinetto lì vicino. Un’azione fulminea che però è stata notata da un gruppo di quattordicenni - i proprietari delle bici - che ha avvertito la polizia. Così il professionista del grimaldello è finito per l’ottava volta in due anni a Regina Coeli per furto aggravato. La sua prima denuncia per ricettazione risale al maggio del 1986. “Ho sbagliato, è vero. Ma con 280 euro al mese chi riuscirebbe a vivere? Fino a 17 anni fa facevo il barbiere, ho lavorato trent’anni”. Poi le spese erano più delle entrate, così ha chiuso bottega. Sì, i soldi della pensione sono arrivati. “Ma non ci facevo niente, come non ci faccio niente oggi. Quindi mi sono detto: ma a sessant’anni che posso fare? Come campo?”. In quel momento la disperazione ha deciso per lui e ha portato via la prima bicicletta, la cosa più facile al mondo da rubare. L’ultima volta che per C.F. si sono spalancate le porte di Regina Coeli è stato quattro mesi fa: il 15 maggio fu sorpreso dai carabinieri a tranciare la catena di una bici, sempre a Prati, dove metteva a segno la maggior parte dei suoi furti. Tentato furto di una Wurt da donna. Il mazzo di chiavi alterate, di tutte le misure, usate per forzare lucchetti e blocchetti di accensione di motorini furono, allora come sabato pomeriggio, la prova schiacciante che lui non era accovacciato lì, come sosteneva, per allacciarsi una scarpa. “Comunque i tempi sono cambiati”. Quando ha iniziato, le bici si trovavano aperte, lasciate senza lucchetti fuori dai negozi o nei parchi. Oggi hanno lucchetti, catenelle, catenacci, doppio triplo spessore, antifurti che scattano, una cosa da non crederci, manco fossero Porsche. Ci vuole il triplo del tempo per portarle via, se non sei uno bravo. “E poi anche i soldi, non sono mica più quelli di una volta. Dieci anni fa sì che si guadagnava bene a rivenderle. Oggi invece rischi la galera per quanto? Settanta euro”. I guadagni sono ridotti all’osso e occorre avere occhio, mestiere, intuito nella scelta del “pezzo” da rubare e da “piazzare”. “Se va bene una buona bicicletta la vendi per 50 euro; per una commerciale non prendi più di 30, ma proprio se la persona che te l’accetta ti vuole bene. Con un casco ci fai 10 euro. Poi ci sono le bici al titanio e quelle elettriche che le puoi rivendere a 400 euro”. Alla fine arriva anche il momento del pentimento, del rammarico. “Mio figlio non è come me. Lui è una persona perbene, ha studiato tanto e io sono orgoglioso di lui. Fa un lavoro importante, lo so che si vergogna di me e fa anche bene. Ma un padre - almeno per l’educazione che ho ricevuto io - non deve mai chiedere soldi al proprio figlio. È il padre che deve mantenere moglie e figli... che crede che non mi vergogni per quello che faccio quando penso a lui? Mi sono ridotto a fare l’accattone, il ladro e lui invece è il mio orgoglio, così bravo nel suo lavoro. E poi anche dentro casa le cose non vanno più, una mortificazione continua. Ogni volta che esco a fare un giro e poi torno a casa mia moglie mi guarda con la faccia di disgusto, è tutto un litigio. “Guarda che sono uscito a fare un giro”, ma lei non mi crede più. Ormai lo sa che quando torno vuol dire che m’è andata bene e quando non torno sto al carcere. Che debbo dire a questo punto? Ho 74 anni, in cella alla mia età non mi ci tengono, devo dire che non lo farò più? E certo che non lo faccio più, questa è l’ultima, giuro. Proverò a vivere con i miei soldi e quando finiscono... pazienza. Ecco, butto il mazzo di chiavi. Basta: con le biciclette ho chiuso”. Lettere: perdono, giustizia e dialogo culturale sono tre dimensioni diverse da tenere ben distinte di Sandro Padula Ristretti Orizzonti, 19 settembre 2011 Nel convegno “Sto imparando a non odiare” organizzato da Ristretti Orizzonti e svoltosi il 23 maggio 2008 nel carcere di Padova, il giornalista Giovanni Fasanella ricordò un pensiero di Adriano Sabbadin, figlio di Lino, una delle vittime dei Proletari armati per il comunismo (Pac): “Che Battisti oggi sia in galera o meno non me ne importa niente, mi basta soltanto che, se proprio deve andare in televisione, dica semplicemente: ho sbagliato, chiedo scusa alla famiglia di Adriano Sabbadin”. Adesso, a distanza di 3 anni e pochi mesi, tramite uno scritto pubblicato su Panorama del 16 settembre e nell’ambito di una discussione giornalistica suscitata da “Basta con la parodia del perdono”, un articolo del Corriere della sera del 9 settembre che porta la firma di Claudio Magris, Giovanni Fasanella sembra meravigliato delle scuse rivolte da Cesare Battisti a tutti i parenti delle vittime dei Pac e le critica in quanto sono state diffuse tramite i mass media e non sarebbero animate da uno spirito di “pentimento”. Qui però, allo scopo di sgombrare il campo da eventuali equivoci, e senza voler entrare di nuovo nello specifico della lunghissima vicenda di Battisti su cui si è già parlato e si parla in sovrabbondanza, è necessario intendersi sul significato delle parole. Rispetto ai reati, il “pentimento” è connesso in maniera inscindibile alla “collaborazione di giustizia” prevista dalle leggi sui “pentiti”. In Italia, da circa tre decenni, “pentimento” è sinonimo di delazione premiata a suon di grandi sconti di pena detentiva per gli imputati che, nei processi, assurgono al ruolo di testimoni fondamentali dell’accusa. In un fumetto uscito in edicola tra la fine del 1981 e l’inizio del 1982 perfino la Banda Bassotti della Disney dichiarò di “pentirsi”. E la parola era evidenziata per lasciarla meglio impressa nella mente dei giovani lettori. All’epoca, come disse in modo chiaro l’onorevole democristiano Flaminio Piccoli, bisognava distruggere il vecchio proverbio secondo cui “chi fa la spia non è figlio di Maria e non è figlio di Gesù”. L’educazione statuale e massmediatica della gioventù doveva attribuire un valore positivo a chi fa la spia e poi usufruisce dei benefici di legge sui “pentiti”. Da quel tempo la Ragione statuale ha partorito il “pentitismo”, un fenomeno che, come dimostra la dinamica che colpì il presentatore televisivo Enzo Tortora, è forse il prodotto più miserabile del trattamento differenziato e interdipendente del sistema carcerario italiano. Il “pentitismo” presupponeva l’esistenza di torture psicofisiche. Senza queste ultime non avrebbe potuto svilupparsi nelle dimensioni mastodontiche da tutti conosciute. Ha costituito infatti una delle principali vie di fuga per gli imputati che, per semplice opportunismo, volevano sottrarsi a torture psico - fisiche come le eventuali violenze negli interrogatori delle forze di polizia, l’ergastolo, le lunghe pene detentive, il carcere duro (il 41 bis in questo periodo e l’articolo 90 nella prima metà degli anni ‘80) e il sovraffollamento carcerario. Per questo motivo l’Italia è diventato il paese dei “pentiti”, delle “lettere alle vittime” (scritte dagli avvocati) e delle statuali messe in scena del “perdono” e delle “scuse” proprio mentre continuano ad esistere delle torture psicofisiche per chi, fra i detenuti, non compie atti di miserabilità umana. “I miserabili” di Victor Hugo appartengono a un’altra epoca. Oggi, purtroppo, la miseria umana di una parte delle persone detenute è premiata lautamente dallo Stato. Il vero problema è quindi che da circa tre decenni lo Stato ha il monopolio delle ipocrisie attraverso determinate leggi come quelle sui “pentiti” e - al di là della stessa legge scritta - ogni tanto rispolvera alcuni dispositivi premiali come quelli che spingono i responsabili dei delitti a chiedere “perdono” alle vittime. Il perdono e la giustizia sono invece due dimensioni diverse e ben distinte. Il perdono riguarda la sfera privata, in questo caso la specifica sfera dei sentimenti delle singole persone che hanno ricevuto delle offese. La giustizia riguarda invece la sfera pubblica, in questo caso una specifica sfera monopolizzata dallo Stato. Altra dimensione ancora è quella, propria della sfera comune di ognuno e di tutti, del dialogo culturale che attraversa la società e a cui partecipano anche autori e vittime dei reati, ad esempio nei convegni che la redazione di Ristretti Orizzonti organizza annualmente nel carcere di Padova. Stante la contemporaneità di queste tre sfere, tutti dovremmo evitare confusioni e capire che solo a partire dalla terza, cioè da una discussione sociale, è possibile trasformare in meglio la vita quotidiana e collettiva. E anche fare dei piccoli passi affinché l’Italia la smetta di confondere la dimensione privata del perdono e quella statuale della giustizia e non riesca a valorizzare pienamente la sfera comune del dibattito culturale. Solo quest’ultima dimensione potrà forse contribuire a ridare un senso di autenticità alla dimensione privata del perdono e a diffondere delle nuove idee - forza affinché la dimensione pubblica della giustizia sia contagiata e trasformata sulla base degli elementi più libertari prodotti dalla conoscenza e dalla coscienza. Una volta chiarita la diversità fra perdono, giustizia e dialogo cultuale, risulta insufficiente e ripetitivo limitarsi a dire, come ha fatto Claudio Magris negli ultimi nove anni con tre articoli di fatto identici, “basta con la parodia del perdono”. Sotto il profilo dell’onestà intellettuale è indispensabile urlare qualcosa di scientificamente acclarato in paesi come la Norvegia: basta con ogni forma statuale di vendetta, di tortura psicofisica, d’ipocrisia e di privatizzazione neomedievale della giustizia! È impossibile eliminare la “parodia del perdono” se non si critica lo Stato che ne favorisce la riproduzione istituzionale su scala allargata. Ergo, invece di partire dagli effetti di un problema cerchiamo di conoscerne e metterne in discussione la causa! Lettere: scusate se parliamo di carceri… di Massimo Bordin Il Riformista, 19 settembre 2011 Tanto per dare un seguito a quello che questa rubrìca raccontava ieri ai lettori, va segnalato l’articolo pubblicato ieri a pagina 9, nel taglio basso, da Repubblica. Gli omissis nelle tremilacinquecento pagine di intercettazione sono stati messi in ossequio alla legge vigente e sono comunque a disposizione dei difensori i file integrali. Se vogliono utilizzarli possono farlo. Dunque nessuna censura da parte della Procura di Bari, ma solo il rispetto della legge. A firmare l’articolo due sigle, nessuna delle quali rimanda alla giornalista che venerdì, partendo dalla prima pagina, aveva denunciato un oscuro patto fra i berlusconiani, se non Berlusconi, e il procuratore barese, con addirittura il tacito avallo del Quirinale. Un patto per anticipare nell’inchiesta Tarantini la “legge bavaglio “prima ancora che venga riproposta. Si sono accorti da soli di aver esagerato - a fin di bene, che diamine - e tutto è bene quel che finisce bene. Per altro nessuno pare imbavagliato, visto che anche ieri i due principali quotidiani dedicavano le loro prime preziose dieci pagine al “cavalier pompetta” - come assai irrispettosamente lo chiama Dagospia - a Manuela Arcuri e alla “patonza”, che non è “una danza inventata all’isola di Ponza”. Seguivano, nella gerarchia delle notizie, Bossi che evoca la secessione, Bersani che vuol rifare l’Ulivo, e solo dopo, la crisi europea e la manovra. Almeno il Corriere della Sera, con un corsivo a pagina due, premetteva una sorta di scuse ai lettori, ma tant’è. Si dirà che il tema del rapporto fra politica e giustizia è comunque importante. Giusto. Infatti mercoledì il Senato si riunisce per discutere della inammissibile e improrogabile situazione nelle carceri. E dell’amnistia. Dibattito importante per molte famiglie, anche se non abitano all’Olgettina. Se qualcuno ne parlerà non avrà bisogno di scusarsi. Lettere: ma quali risarcimenti ai detenuti? il ministero non rispetta le sentenze e non paga! di Ada Palmonella* Ristretti Orizzonti, 19 settembre 2011 Il carcere è sovraffollato e il Tribunale di Sorveglianza condanna l’amministrazione penitenziaria a risarcire il danno esistenziale provocato a un detenuto straniero? Vorrei rassicurare tutti coloro che sono preoccupati per la possibile pioggia di richieste da parte delle persone detenute che potrebbero fare causa al ministero di Giustizia. Anche se dovessero fare causa tutte le persone in carcere e vincere, incluso l’appello, per il ministero di Giustizia non sarà un problema! Non ci sarà alcuna preoccupazione per la probabile stagione di salassi. Non costerà nulla! Perché il ministero, andando anche contro le sentenze esecutive emesse dai suoi stessi giudici, non paga. Infatti, il 2.10.2007, ho vinto la causa durata 4 anni come psicologa penitenziaria, in cui il giudice condannava il ministero a varie clausole da rispettare. Sentenza esecutiva! Come ha anche citato il Presidente Napolitano affermando che “In uno stato di diritto non dovrebbe essere consentito di voler disattendere un provvedimento impartito dall’autorità giudiziaria con ciò mostrando disprezzo per la Costituzione e per le leggi del nostro ordinamento giuridico. “Credo che le sentenze vanno rispettate anche quando non ci fanno piacere”. E certo non ha fatto piacere al Ministero di Giustizia vedendosi arrivare, dopo la mia sentenza, la famosa pioggia di richieste da parte di molti psicologi penitenziari che hanno fatto e vinto la causa. E anche l’appello. Anzi, mi è stato inoltrato un foglietto senza nemmeno l’intestazione, in cui mi si richiedeva un risarcimento di 20 mila euro. Quindi non credo che alla Ragioneria siano preoccupati, perché, come nel caso di noi psicologi penitenziari, lo stesso Ministero di Giustizia, disattendendo il provvedimento impartito dall’autorità giudiziaria appartenente al suo stesso ministero, mostra disprezzo per la Costituzione, e per la stessa legge. Quindi signori, niente paura. Il Ministero di Giustizia non sempre applica la Giustizia! Noi siamo solo umili cittadini, al di sotto della legge! * Psicologo penitenziario e vincitrice della prima delle tante cause contro il Ministero della Giustizia Lettera: eran 44, eran giovani e forti, e sono morti... morti di stanchezza, si intende di Dario Scognamiglio Ristretti Orizzonti, 19 settembre 2011 Egregio Signor Ministro, chi le scrive è uno dei 44 idonei-vincitori del concorso per educatori penitenziari (bandito nel 2004, concluso nel 2008), che nel maggio 2010, a seguito di rinunce, sono stati invitati a scegliere la sede di destinazione per svolgere la professione, appunto, di educatore penitenziario. Sono uno di quei 44 che da maggio del 2010 ancora attende di prendere servizio, o perlomeno di sapere se e quando potrà farlo. Le ragioni di questa incresciosa vicenda sono già state poste alla sua attenzione, è inutile rimarcarle. Né voglio angustiarla facendo leva su sentimentalismi, insistendo sulla miseria delle nostre esistenze o sull’angoscia cui ci costringe a questa interminabile attesa. Meglio chiarire subito un punto: per l’Amministrazione Penitenziaria, assumere queste 44 persone è un privilegio. Per le professionalità che sono in grado di offrire: parliamo di laureati, professionisti, giovani di talento cui fa torto soltanto la difficile congiuntura storica che ne mortifica ambizioni e capacità. Persone che hanno voglia di lavorare, disposte a trasferirsi anche molto lontano da casa, anche in sedi disagiate. Non siamo 4 gatti. E neanche 44 gatti, in fila per tre col resto di due, come nella vecchia canzone che le nostre mamme ci costringevano a sopportare per ninna nanna. Siamo forse 44 matti, che non riescono a rassegnarsi all’idea di aver studiato per anni, superato una preselezione, due prove scritte, un esame orale, aver scelto una sede lontana ed aver organizzato di conseguenza la propria vita, e ora a rinunciare...magari attendendo in silenzio che la graduatoria scada. Perché tutto ha una scadenza. Persino le nostre energie, la nostra motivazione. E allora, in Italia ci sono 44 persone in più , ogni giorno che passa, perdono fiducia nelle Istituzioni, in chi li governa, in chi dovrebbe garantire e sostenerne i diritti. In termini elettorali, siamo nulla. Ma in realtà, è l’ennesima piccola crisi che si consuma e rischia di risolversi nel silenzio. Egregio Ministro, davvero si può permettere tutto questo? Abbiamo diritto a portare il nostro contributo. Ce lo permetta. Intervenga a risolvere questa assurda situazione. Forse in un delirio di onnipotenza, mi piace addirittura immaginare che il giorno della firma del contratto, noi 44 potremmo essere ricevuti e da Lei ricevere il primo saluto come nuove leve dell’Amministrazione Penitenziaria. Tutti e 44. In fila per tre, col resto di due. Livorno: proposte Cisl per la situazione delle carceri Il Tirreno, 19 settembre 2011 Il segretario provinciale della Federazione della sicurezza della Cisl, Marco Galigani, interviene sulla questione delle carceri. Galigani ricorda che non sono i detenuti ad essere troppi, ma che sono i posti letto nelle carceri ad essere troppo pochi. “La vera questione è che manca la volontà di assicurare una soluzione” - accusa il sindacalista. “Come Fns Cisl pensiamo che si possano trovare soluzioni definitive compatibilmente anche al momento di crisi”. Si potrebbero così aprire le carceri già realizzate ma inattive per questioni burocratiche, sistemare quelle esistenti e costruirne nuove vendendo i complessi inutilizzati, come ad esempio Porto Azzurro. “Per il sovraffollamento si dovrebbero eliminare i detenuti condannati al carcere breve, e ridurre del 50% i detenuti stranieri, quasi tutti extracomunitari, per reati legati alla clandestinità tramite l’espulsione immediata, dato che anche la legge Bossi - Fini consente di “perdonare” al detenuto extracomunitario gli ultimi due anni di pena, sostituendoli con l’espulsione: su 30mila detenuti extracomunitari, 6 - 7 mila sarebbero in condizione di poter lasciare le carceri. Sulla carenza del personale basterebbe intanto garantire i vuoti di organico rispetto a quello previsto dai decreti ministeriali, correggendo quelle previsioni sbagliate che si prefiguravano quando in carcere non si andava mai sopra le 50.000 presenze e la polizia penitenziaria non svolgeva tutti i servizi che svolge oggi. Monza: Sappe; altro che piano carceri…. la Casa Circondariale fa acqua da tutte le parti Il Giorno, 19 settembre 2011 “In Italia si fa un gran parlare di piano carceri e di interventi strutturali sugli edifici penitenziari, ma la realtà è che a Monza, per il forte acquazzone notturno, la sezione detentiva Alta Sicurezza è parzialmente allagata. Questa mattina i nostri delegati sindacali del Sappe hanno infatti constatato l’ennesima sorpresa nell’istituto dovuta proprio alle infiltrazioni piovane della notte: il personale di Polizia Penitenziaria di turno si è visto costretto ad intervenire all’interno dei reparti di Alta Sicurezza per trovare soluzioni onde evitare che i detenuti presenti trascorrano la propria detenzione in camere inagibili a causa delle forti piogge notturne”. Lo scrive in una nota Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione dei Baschi Azzurri. “Da ieri sera a Monza si stanno ripetendo acquazzoni e ad averne risentito particolarmente è la struttura penitenziaria: le sezioni detentive di Alta Sicurezza, in particolare, nelle quali vi è una capienza regolamentare di 100 detenuti per 50 celle, vi sono presenti circa 120 detenuti e dalle 2 celle inagibili di ieri sera si è passati alle 7 di questa mattina. Chissà domani visto che non cessa di piovere”. Capece sottolinea che “la situazione, questa mattina, è apparsa subito grave in quanto il problema non è nuovo e già in precedenza è stata portata a conoscenza a chi preposto alla risoluzione del problema strutturale dell’istituto. La struttura è ormai al collasso e il personale di Polizia Penitenziaria è ormai stanco di sopperire quotidianamente alle problematiche di un sistema penitenziario che fa acqua nel vero senso della parola da tutte le parti: basta pensare alla presenza effettiva di quasi 900 detenuti presenti rispetto ai circa 400 posti letto regolamentari. I circa 350 Poliziotti in forza, a fronte della carenza cronica di personale e alle varie criticità di un sistema penitenziario ormai sull’orlo del declino, sono costretti anche a saltare il giorno di riposo settimanale a causa dei carichi di lavoro che mutano quotidianamente e sicuramente il tutto va a discapito anche del recupero psicofisico che è previsto per poter espletare al meglio il proprio compito”. Per queste ragioni il Sappe chiede all’Amministrazione Penitenziaria “urgenti interventi per Monza, anche dal punto di vista edile e strutturale considerato che il Capo Dap Franco Ionta è pure Commissario delegato all’edilizia penitenziaria”. Genova: detenuto ha la tubercolosi, si teme il contagio tra i poliziotti La Repubblica, 19 settembre 2011 Un altro caso di Tbc fa crescere l’allarme. Si teme il contagio da parte di un algerino di 37 anni, arrestato martedì scorso per un furto sull’autobus. Con una tubercolosi infettiva in corso, è venuto a contatto con parecchi agenti, infine rinchiuso a Marassi dove gli è stata riscontrata la malattia. “Appena il medico lo ha visitato e ce ne siamo accorti, è stato messo in isolamento - assicura Salvatore Mazzeo, il direttore del carcere - è stato dotato di opportuna mascherina di protezione e trasferito d’urgenza all’ospedale San Martino”. Qui è piantonato nel reparto Malattie Infettive. La preoccupazione tra i poliziotti che hanno arrestato il nordafricano e gli sono stati vicini per diverse ore spinge i sindacati di polizia (Silp, Siap e Ugl) a chiedere l’intervento del questore. Tanto che per la giornata di domani l’assessore regionale alla Sanità, Claudio Montaldo, ha messo in calendario un incontro con gli stessi sindacalisti. Saranno presenti anche i responsabili della Prevenzione della Asl Tre. Tutto ciò segue l’episodio dello scorso luglio, che ha portato alla chiusura temporanea dell’Ufficio Stranieri: due agenti addetti al ricevimento delle pratiche di regolarizzazione, sono stati a contatto con un profugo affetto da tubercolosi e sono risultati positivi alla prova di Mantoux, al test anti tubercolinico. Anche se ieri la questura ha diramato un comunicato con il quale assicura che “dagli esami eseguiti nessuno degli addetti a quell’ufficio era stato contagiato”. Precisa: “In ordine alla riferita positività di due dipendenti la stessa è ascrivibile in un caso ad una recente vaccinazione anti tubercolotica e nel secondo ad uno stato patologico pregresso”. Le preoccupazioni della polizia si aggiungono a quelle degli operatori del pronto soccorso del “San Martino”. Sempre martedì scorso, un artigiano genovese di 21 anni è giunto in ospedale con le sue gambe ma con un foglio di accompagnamento del medico di famiglia ed una diagnosi di febbre alta, tosse persistente e tracce ematiche nell’espettorato. Gli è stato attribuito un codice bianco (il meno grave, per cui senza diritto di precedenza) e in reparto è rimasto per più di due ore, a contatto con medici, infermieri, pazienti e parenti. I responsabili del pronto soccorso lamentano di non essere stati allertati dal medico curante sui sospetti di tubercolosi. Solo dopo gli esami radiologici si è scoperto che in uno dei polmoni era presente un focolaio di infezione che diffondeva il bacillo di Koch. Ciò nonostante, il paziente non è stato munito di mascherina immediatamente (come prescrivono le recenti linee guida del Ministero della Salute), ma soltanto quando ha raggiunto nuovamente il pronto soccorso. Comunque, negli scorsi giorni il primario del pronto soccorso, Paolo Moscatelli, ha stilato un elenco di operatori sanitari che hanno avuto contatti con l’ammalato e la “Medicina del Lavoro e Preventiva” li ha sottoposti al test anti tubercolinico. La medesima cosa ha disposto Walter Turello, responsabile della Prevenzione per la Asl Tre, nei confronti dei genitori e del fratello dell’artigiano genovese (originario del Sud Est asiatico, ma da almeno 15 anni a Genova). Ci vorranno dalle 48 alle 72 ore per avere i primi riscontri. In ogni caso, impazza la psicosi di un nuovo caso “Gemelli” di Roma: l’infermiera del reparto di Neonatologia che prima sarebbe stata infettata da un paziente e poi ha trasmesso il batterio a 122 bambini. Anche se Giancarlo Icardi, direttore del Dipartimento di Igiene, assicura che i dati sulla tubercolosi in Liguria nel 2011 sono nettamente inferiori a quelli degli scorsi anni; e il primario di Malattie Infettive, Claudio Viscoli, sostiene che i casi rientrano nella normalità ed esclude che possano esserci pericoli di contagi. Cgil: su detenuto con tubercolosi carenza di informazione “Sul detenuto affetto da tubercolosi infettiva abbiamo chiesto immediatamente chiarimenti alla nostra amministrazione. Come comparto sicurezza, infatti, ci troviamo all’interno di aree riservate nelle quali l’Asl non opera, quindi la vigilanza sanitaria viene svolta dalla Polizia di Stato. Nessuno, però, ci aveva dato alcuna rassicurazione in merito ai protocolli attivati per prevenire i contagi”. Lo dichiara il Segretario generale provinciale del Sindacato italiano lavoratori polizia della Cgil di Genova, Roberto Traverso. Lo scorso martedì nel capoluogo ligure un immigrato algerino è stato arrestato per un piccolo furto e successivamente trovato positivo alla tubercolosi, causando preoccupazioni per la salute degli agenti con cui era entrato in contatto. “Stamattina, insieme ad altre due sigle sindacali - continua Traverso - abbiamo avuto un incontro con l’assessore regionale alla Sanità, Claudio Montaldo, per avere un parere tecnico. La risposta della Regione è stata tranquillizzante, sia per il caso specifico sia per la situazione generale”. “Quello che preoccupa, invece - spiega il segretario Silp - è la mancanza di informazione. Noi abbiamo una grave carenza, che riguarda tutta la Polizia di Stato, legata al fatto che operiamo in un’area riservata. Possiamo quindi fare riferimento ai soli Uffici Sanitari provinciali, i quali hanno evidenziato carenze, almeno nella zona di Genova. Quando, lo scorso luglio, l’Ufficio Stranieri è stato chiuso per un caso simile, l’Ufficio di competenza si è attivato solo dopo che noi avevamo chiesto chiarimenti. Abbiamo ricevuto una lettera dal questore, il quale ci assicura che non c’è rischio per i colleghi dell’Ufficio Immigrazione. La riteniamo una risposta parziale, che non tiene conto del totale della popolazione dei lavoratori operanti sul territorio (volanti, Polizia di frontiera, Polizia stradale e altre unità in prima linea) e che molto spesso è a contatto con immigrati non regolarmente veicolati secondo il protocollo. Parliamo di persone, ad esempio, stipate nei container, che hanno affrontato viaggi della disperazione. In questi casi l’operatore si trova di fronte alla possibilità di un’esposizione da un momento all’altro. Ci hanno assicurato che l’esposizione sporadica non comporta rischio di infezione, ma nostri colleghi che lavorano sul territorio 24 ore su 24 hanno contatti frequenti con soggetti potenzialmente pericolosi”. “Dalla nostra amministrazione - conclude infine Traverso - vogliamo una risposta più esaustiva. Chiederemo l’applicazione dell’articolo 35 del d.lgs. 81/08, che prevede l’attivazione di procedure di valutazione del rischio. Chiediamo inoltre di intraprendere ogni procedura idonea a tutelare e preservare la salute dei lavoratori”. Viterbo: 750 detenuti a fronte di 444 posti, il carcere Mammagialla al collasso Il Tempo, 19 settembre 2011 Anche il presidente della Commissione regionale Agricoltura Francesco Battistoni ha definito “critica” la situazione in cui versano le carceri, dopo aver fatto visita al penitenziario di Viterbo Mammagialla. Dall’incontro tra il Presidente Battistoni, il responsabile sanitario ed il Comandante della Polizia penitenziaria sono emerse tutte le problematiche sofferte dalla struttura. “Il sovraffollamento resta il problema principale - ha affermato il consigliere regionale - Se ciò determina, da una parte, una pessima condizione abitativa del carcere, dall’altra pone seri problemi di sicurezza. A ciò - ha proseguito Battistoni - si aggiunge la grave carenza di organico addetto alla vigilanza ed alla cura sanitaria dei detenuti. Occorrerebbero oltre 500 agenti di polizia penitenziaria, mentre oggi sono circa 300”. Tutto ciò significa per Battistoni che non solo non si riesce a garantire un adeguato livello di sicurezza, ma si genera anche un costante stress degli addetti a questo delicato compito. Analoga situazione quella che si profila per il personale sanitario necessario in un carcere di queste dimensioni. “Il sovraffollamento dell’istituto è inoltre ostativo - ha aggiunto Battistoni - alla fondamentale funzione di reintegrazione nel tessuto sociale dei detenuti. Il carcere deve, infatti, rappresentare un percorso di recupero e riabilitazione verso un comune senso civico di appartenenza ad una collettività, il cui rispetto è garanzia della libertà propria e altrui”. Sulle gravi criticità di Mammagialla interviene anche il coordinatore regionale della Uil Pa Penitenziari, Daniele Nicastrini. “Abbiamo tenuto ieri una riunione con la Direzione della casa circondariale di Viterbo - spiega Nicastrini - alla presenza della Dr.ssa Sergi, nominata reggente dallo stesso Provveditorato, già direttore del carcere di Civitavecchia, al fine di affrontare le problematiche di organizzazione del lavoro, sulla quale si è convenuti a mettere in atto il decentramento dei servizi, nonostante le evidenti difficoltà. La Uil - ha aggiunto - ha chiesto alla Direzione di farsi carico a chiedere ai superiori uffici in indirizzo la diminuzione del numero di detenuti Alta Sicurezza, la riduzione della presenza degli attuali 100 detenuti con problemi psichiatrici, l’ausilio del Gom già presente in sede per eventuali visite ambulatoriali e traduzioni, l’impiego delle 11 unità di Polizia Penitenziaria presenti all’Uepe di Viterbo, la stabilizzazione di un Direttore titolare e l’integrazione di almeno 20 unità all’organico di Polizia Penitenziaria ridotto ad una presenza di circa 297 unità che devono provvedere alla sorveglianza di oltre 740 detenuti, di cui 175 alta sicurezza. Solo alcuni giorni fa - conclude Nicastrini - il Capo del Dap Franco Ionta aveva rassicurato di intervenire nel merito delle problematiche avanzate anche dal Prefetto e da esponenti politici locali. Adesso ci auspichiamo che questo annuncio sia messo in atto con quanto da noi rappresentato nell’interesse delle difficoltà espresse e che saranno oggetto della manifestazione di lunedì dinanzi al carcere, alla quale parteciperanno tutti i sindacati”. Fli solidale ai manifestanti Questa mattina Antonio Buonfiglio, parlamentare di futuro e Libertà, si è presentato al carcere di Viterbo Mammagialla per portare la solidarietà ai manifestanti di tutte le sigle sindacali della Polizia penitenziaria ivi riunite e per compiere un atto di sindacato ispettivo all’interno dell’istituto ( prerogativa questa attribuita a tutti i parlamentari) al fine di prendere atto delle condizioni degli operatori e dei detenuti e della struttura. Lo stesso accompagnato dal coordinatore Fli Viterbo Marco Ciorba e da una delegazione di Fli Viterbo composta da Francesco Giorgio e da Giacomo Barelli e Dominga Martines dapprima si è intrattenuto con i manifestanti della Polizia Penitenziaria ascoltando le loro doglianze e promettendo che si farà carico di rappresentarle nell’aula di Montecitorio nel dibattito sulle carceri che si terrà il prossimo 21.9.2011 e successivamente è entrato all’interno dell’istituto dove si è intrattenuto per piu’ di un ora . Nel corso della visita Buonfiglio ha potuto constatare di persona le carenze strutturali ed impiantistiche di Mammaggialla , le difficili condizioni in cui vivono i detenuti a causa del sovraffollamento e quelle degli operatori in perenne sottorganico ,proprio a questi ultimi ha voluto fare un plauso perché ha detto “…solo grazie alla loro professionalità e d abnegazione la struttura penitenziaria riesce ad andare avanti. ..” La partecipazione di Futuro e Libertà con la presenza di un parlamentare Buonfiglio appunto, nella nostra città, dimostra ancora una volta l’attenzione che pone ai problemi del capoluogo il nostro movimento ed in particolare il coordinamento di Viterbo città, attraverso quella politica dei fatti concreti e non delle parole che ci porta a far sentire la nostra presenza e vicinanza ai problemi del territorio anche e soprattutto attraverso la presenza fisica dei nostri rappresentanti nelle massime istituzioni al fianco dei cittadini e delle loro istanze. Ugl: interventi immediati al Mammagialla “Il livello di criticità del Mammagialla è inammissibile. Bisogna intervenire al più presto”. Questo in una nota l’appello lanciato alle istituzioni e al Dap da Giuseppe Moretti, segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, nel corso del sit-in di protesta promosso oggi dall’Ugl davanti alla casa circondariale di Viterbo, dalle ore 9 alle 17, contro il sovraffollamento, la carenza di personale e la mancata nomina di un nuovo direttore. “Gli operatori di Polizia Penitenziaria - spiega il sindacalista - sono il ‘motorè che sta facendo funzionare la struttura carceraria, nonostante la mancanza di strumenti adeguati, lo stress derivante dalla copertura di più turni e l’elevata presenza di detenuti problematici”. Per Moretti “il sovraffollamento crea gravissimi problemi gestionali, cui si aggiungono anche l’assenza di un direttore stabile e la gestione di situazioni particolari cui gli agenti si trovano quotidianamente a far fronte, senza possedere le competenze adeguate e per le quali occorrerebbe un’appropriata formazione”. Nel corso della visita effettuata sui luoghi di lavoro del Mammagialla, il sindacalista, accompagnato dal segretario dell’Ugl di Viterbo, Margerita De Cesare, conclude la nota, ha evidenziato le problematiche da affrontare con più urgenza e ha indicato alcune soluzioni praticabili, tra cui un aumento del personale di ben oltre le 10 unità stabilite dal Dap, uno sfollamento dell’istituto affinché i detenuti che presentano gravi patologie possano essere seguiti in strutture più adeguate alle loro necessità, l’assegnazione di un nuovo dirigente che possa finalmente affiancare e sostenere il lavoro degli agenti. Bianchini: ascoltare appello polizia penitenziaria “Bisogna creare un ponte che annulli i tre chilometri di distanza che separano il carcere di Mammagialla dalla città di Viterbo”. L’assessore alle Politiche sociali della Provincia di Viterbo, Paolo Bianchini, come si legge in una nota, è intervenuto questa mattina alla manifestazione di protesta organizzata dai sindacati di Polizia Penitenziaria di fronte all’ingresso della casa circondariale di Viterbo. “Ho ritenuto doveroso portare la solidarietà della Provincia agli agenti di polizia penitenziaria che, arrivati al limite di una situazione ogni giorno più difficile, hanno deciso di organizzare questa protesta pacifica e legittima - spiega Bianchini - È necessario fare sapere con ogni mezzo ai cittadini quello che accade all’interno delle mura di Mammagialla, perché il sovraffollamento del carcere e la carenza del personale penitenziario rappresentano un problema più ampio che riguarda tutto il territorio della Tuscia”. “A Mammagialla ci sono quasi 300 detenuti in più rispetto a quelli che la struttura può ospitare - riprende l’assessore - , a fronte di una carenza di organico di oltre 200 unità. Spesso i detenuti sono pazienti psichiatrici difficili da gestire, che mettono a rischio l’incolumità e a dura prova le capacità professionali degli agenti incaricati di sorvegliarli. Credo che i tanti suicidi e l’atto di cannibalismo dei giorni scorsi fotografino chiaramente la situazione. A questa emergenza si potrebbe far fronte, almeno in parte, con il trasferimento di alcuni detenuti di Mammagialla nelle nuove strutture carcerarie di Velletri, Rieti e Frosinone, ma prima è necessario che il ministero assuma un adeguato numero di guardie carcerarie, visto che il dramma di Viterbo è lo stesso di tutto il Lazio e di tutta Italia”. “Non è più possibile rimanere sordi di fronte all’appello accorato della polizia penitenziaria - incalza Bianchini - La casa circondariale viterbese ospita, oltre ai comuni definitivi e in attesa di giudizio, soprattutto detenuti in regime di 41 bis e di alta sicurezza, ma la carenza di personale fa sì che l’isolamento previsto non possa in sostanza venire garantito, e che quindi si moltiplichino senza troppi ostacoli i contatti dei mafiosi con l’esterno”. “I sindacati hanno lanciato un allarme sociale: Viterbo e la Tuscia, territori considerati a bassa infiltrazione criminale, sono, infatti, ormai esposti a un enorme rischio, quello cioè di divenire la sede stabile di appoggi logistici e di veri e propri centri di malaffare - continua Bianchini - Le criticità di Mammagialla diventano dunque emergenze di tutto il nostro territorio: la politica e le istituzioni devono battersi al fianco della polizia penitenziaria per chiedere la diminuzione del numero dei detenuti e l’aumento delle unità di personale, e devono allo stesso tempo vigilare sulle infiltrazioni criminose sempre più evidenti nella Tuscia, altrimenti fra qualche anno non ci sarà più modo di arginare questi processi”. “Invece di ricorrere di nuovo a soluzioni provvisorie che non servono a nessuno e che fanno diventare Mammagialla il refugium peccatorum di tutto il Centro Italia, a scapito degli agenti penitenziari che sono padri di famiglia, e di tutti i cittadini della Tuscia - conclude Bianchini - è necessario che il Dipartimento amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia nomini un direttore della casa circondariale che sia in grado di occuparsi al meglio delle criticità della struttura, di battersi per i diritti di chi vi lavora e di chi vi sta scontando la propria pena, e di collaborare con istituzioni ed enti locali per salvaguardare il nostro territorio”. Parroncini: giovedì porterò problematiche in consiglio regionale “Mammagialla è al limite del collasso, la situazione è drammatica”. Così in una nota il consigliere regionale del Pd, Giuseppe Parroncini, che “stamattina ha preso parte al presidio dei sindacati di polizia penitenziaria davanti al carcere di Viterbo, raccogliendo dai diretti interessati tutte le problematiche legate all’attuale situazione, che verranno messe all’attenzione del consiglio regionale”. “Giovedì alle 11.30 - dice Parroncini - alla Pisana si svolgerà infatti una seduta straordinaria per discutere sullo stato delle carceri nel Lazio, che versano in condizioni difficilissime. Su Viterbo la situazione è particolarmente drammatica, come dimostrano gli ultimi episodi. Sovraffollamento dei detenuti e carenza di organico della polizia penitenziaria ci forniscono un quadro insostenibile. Giovedì le porterò in consiglio regionale, allo scopo di far fronte alle gravissime criticità che si stanno affrontando nel carcere di Mammagialla”. Marroni: sono vicino alla polizia penitenziaria “Sono vicino al personale di polizia penitenziaria del “Mammagialla” di Viterbo che, stamattina, ha manifestato davanti al carcere per denunciare le difficili condizioni di lavoro con cui gli agenti sono costretti a convivere”. Lo dichiara, in una nota, il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni.  Questa mattina le sigle sindacali più rappresentative della Polizia Penitenziaria, hanno protestato per portare all’attenzione dell’opinione pubblica le gravi criticità che affliggono la struttura penitenziaria viterbese: il sovraffollamento che crea pericolose situazioni di promiscuità fra detenuti di alta sicurezza e comuni, la cronica carenza di agenti di polizia penitenziaria, la difficile situazione sanitaria e, non da ultimo, l’assenza di un direttore a tempo pieno.  Secondo gli ultimi dati del Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria, aggiornati al 18 settembre, nel carcere di Viterbo erano presenti 746 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 444 posti.  “I problemi che denunciano i sindacati - ha detto il Garante - sono purtroppo comuni a tutte le carceri d’Italia perché quella che stiamo vivendo è una vera e propria emergenza sociale. Con il passare del tempo sta, infatti, accadendo quello che tutti temevamo e cioè il rischio che il sistema collassi. Se ancora ciò non accade lo dobbiamo anche all’abnegazione ed allo spirito di sacrifico degli agenti e delle altre professionalità impiegate nelle carceri che hanno comunque saputo garantire livelli di lavoro altissimi in condizioni estrema. Ma senza un intervento di sistema urgente da parte del legislatore nazionale che alleggerisca il sovraffollamento temo che anche la buona volontà di questi possa, alla fine, non bastare a tamponare una situazione di estrema gravità”. Trapani: domani delegazione Uil visita nuovo penitenziario a Favignana Adnkronos, 19 settembre 2011 Domani una delegazione della Uil-Penitenziari visiterà il nuovo carcere “Eguseo” nell’isola di Favignana, “per conoscere dal vivo in che condizioni di lavoro dovranno operare gli agenti penitenziari”, spiega il coordinatore regionale per la Sicilia del sindacato Gioacchino Veneziano, sottolineando che “questa ricognizione avrà pure lo scopo di accertare le reali esigenze numeriche rispetto i posti di servizio”. I dati numerici dei reclusi presso il vecchio carcere di Favignana oggi si attestano a 142 presenze, “ragion per cui dovremmo capire se già una nuova struttura soffrirà di sovraffollamento, visto che la capienza del nuovo carcere dovrebbe essere di 100 posti detentivi”. Il sindacato chiede poi di sapere se “dopo il sit-in sotto il Comune di Favignana organizzato dalla Uil, il volantinaggio e la raccolta di firme sottoscritta da circa 500 cittadini, l’intervento del prefetto Marilisa Magno e del presidente del Consiglio comunale di Favignana Ignazio Galuppo, il ministero della Giustizia e il Dap abbiano cambiato idea, rispetto l’invio di appena 25 unità di Polizia penitenziaria per l’apertura della nuova struttura carceraria”. Napoli: manifestazione a Poggioreale in vista della seduta straordinaria del Senato sulle carceri Adnkronos, 19 settembre 2011 Oggi, lunedì 19 settembre, militanti dell’associazione radicale “Per la Grande Napoli” hanno manifestato presso il carcere di Poggioreale per ringraziare i detenuti e loro familiari che hanno sostenuto l’iniziativa di Marco Pannella per la Giustizia e l’amnistia. Alla manifestazione ha partecipato don Franco Esposito, cappellano nel carcere di Poggioreale. Nel corso della mattinata Luigi Mazzotta, del Comitato Nazionale di Radicali Italiani, ha accompagnato il senatore Luigi Compagna in visita ispettiva presso il padiglione “Firenze”, dove dal 20 luglio è detenuto Alfonso Papa, deputato del Pdl. Al termine della visita Mazzotta ha dichiarato: “Da Poggioreale in questi mesi è venuta un importante risposta di speranza e di dialogo alla azione nonviolenta di Marco Pannella per la Giustizia e l’Amnistia. Siamo qui per invitare tutti a partecipare alla grande manifestazione che si terrà a Roma mercoledi 21, in piazza Navona, in occasione della seduta straordinaria del Senato dedicata alle condizioni del nostro sistema giudiziario e penitenziario. Siamo riusciti a vincere il muro di indifferenza intorno alle disumane condizioni di detenzione in carcere nel nostro Paese, ora è giunto il momento che Parlamento della Repubblica dia risposte adeguate alle richieste che vengono da milioni di cittadini, in testa il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano”. Cagliari: Sd; dopo 22 anni di carcere Annino Mele chiede trasferimento a Buoncammino Agenparl, 19 settembre 2011 “Annino Mele, detenuto nell’Istituto di Fossombrone, dopo 24 anni di carcere, 22 trascorsi in diversi Penitenziari della Penisola, vorrebbe tornare in Sardegna per poter effettuare qualche colloquio con i parenti. Lo ha chiesto con una lettera al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Franco Ionta sottolineando che, dopo la scomparsa della madre, nello scorso mese di maggio, sente fortemente la necessità di incontrare i familiari”. Lo rende noto Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con cui l’ergastolano mantiene un costante rapporto epistolare. “Annino Mele - afferma Caligaris - si è rivolto direttamente al Capo del Dipartimento in seguito al rifiuto da parte degli Uffici del Dap di accordargli un trasferimento in Abruzzo per poter effettuare qualche colloquio con una tutrice volontaria de L’Aquila. L’istanza gli è stata rigettata con la motivazione che la distanza tra i due centri non necessita di un trasferimento in quanto l’operatrice può tranquillamente viaggiare. Una giustificazione che non può essere condivisa in quanto l’attività del volontariato deve essere favorita dalle Istituzioni nell’ambito dell’umanizzazione della pena detentiva. Gravare un operatore di sacrifici e di spese equivale a negare il diritto del detenuto alla socializzazione”. “Nel caso specifico si tratta di un cittadino privato della libertà - sottolinea la presidente di Socialismo Diritti Riforme - che finora non ha usufruito di permessi se non un avvicinamento colloqui lo scorso mese di marzo, avvenuto dopo 11 anni, poche settimane prima della scomparsa dell’anziana madre Mariangela Meloni. Annino Mele non chiede Badu ‘e Carros perché il grave episodio verificatosi 22 anni fa è rimasto indelebile nella sua mente. Vorrebbe poter ottenere un trasferimento a Cagliari”. “Mi rendo conto dello stato di sovraffollamento - ha scritto Mele a Ionta - ma un detenuto in più non credo che alteri il livello della capienza. A Cagliari oltre ai colloqui con i miei familiari, potrei lavorare meglio alla stesura di un nuovo libro, nel senso che potrei incontrare la protagonista della storia, una mia zia ottantenne che non vedo da oltre 40 anni”. “Annino Mele, autore di cinque libri, ha in mente - conclude Caligaris - di dedicare una ricerca ai cestini di asfodelo, una particolare arte che una sua anziana zia pratica da sempre. Il trasferimento quindi s’inserisce in un percorso di recupero della cultura più positiva della propria comunità d’origine. Un segnale importante di ulteriore crescita e maturazione intellettuale e civile per un uomo che ha ricevuto anche l’invito a partecipare ai festeggiamenti della leva del 1951. “Caro compare il 18 settembre festeggeremo i 60 anni - si legge nella nota - e, seppur virtualmente, lo faremo con te”. Concedergli il trasferimento a Cagliari sarebbe quindi un importante traguardo nell’ottica della territorializzazione della pena, così come previsto dall’accordo Ministero - Regione del 2006 e sostenuto con diversi ordini del giorno del Consiglio regionale della Sardegna”. Napoli: penitenziario femminile di Pozzuoli diventa ristorante per una sera Adnkronos, 19 settembre 2011 “Notte Galeotta” alla Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli. Il carcere, infatti, si trasformerà domani sera in un ristorante dove a cucinare e a servire saranno le detenute, guidati dagli chef di alcuni ristoranti di Pozzuoli e Bacoli, comuni flegrei in provincia di Napoli. L’intero incasso sarà destinato alle recluse. Le ospiti del carcere saranno accompagnate dai migliori chef dei Campi Flegrei nella preparazione della cena. Verranno cucinati i piatti tipici della cucina locale accompagnati con i doc falanghina e piedirosso. Il ricavato sarà devoluto all’associazione “Carcere Possibile onlus” per l’acquisto di beni destinati al miglioramento della vita nella Casa Circondariale di Pozzuoli. L’iniziativa è alla seconda edizione dopo il successo dello scorso anno. Nel 2010, su indicazione delle detenute, vennero acquistati televisori, lettori dvd e alcuni film che hanno costituito il primo nucleo della cineteca del carcere. Prima della cena sarà presentato il libro “P.Q.M. giustizia è fatta” di Gaetano Eboli, magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Napoli. Ad accompagnare la serata sarà musica eseguita dal gruppo Meridia Blues Band. Ospite della serata la giornalista francese Marcelle Padovani, autrice insieme al giudice ucciso dalla mafia Giovanni Falcone, del libro “Cose di Cosa Nostra”. “Malazè entra il carcere perché anche il carcere fa parte del nostro territorio”, dichiara Rosario Mattera, organizzatore dell’evento. “È il momento più emozionante e più bello di tutta la manifestazione con cui concluderemo la VI edizione della nostra manifestazione”, aggiunge. Insieme alle detenute guidate dallo chef Antonio Del Sole, parteciperanno alla serata di beneficenza i seguenti ristoranti Bobò al Porto di Pozzuoli, Vinaria di Cuma, Abraxas dello Scalandrone a Pozzuoli, la Cucina di Ruggiero del lago Lucrino, Villa Elvira di Pozzuoli, La Bifora di Bacoli, Nautilus di Giugliano in Campania insieme alla ditta Liquorello Puteolano, al Consorzio Tutela Vini dei Campi Flegrei, alle Strade del Vino dei Campi Flegrei e all’Associazione Italiana Sommelier di Napoli. Mantova: voci dal carcere alla radio, da ottobre c’è “Belli dentro” La Gazzetta di Mantova, 19 settembre 2011 Quinta edizione per il progetto “Teatro in carcere”, che scende dal palco e forza le sbarre (metaforicamente) per affidare il suo messaggio all’etere. Un programma radiofonico in otto puntate. Titolo, “Belli dentro”. Le prime edizioni erano state interamente dedicate al teatro e alle sue professioni. Tecniche recitative accanto a corsi di formazione per illuminotecnici e fonici di palco. La quinta, invece, si è aperta con un corso per tecnici audio e speaker radiofonici, riservato a un gruppo largo una ventina di detenuti della casa circondariale di via Poma (a lezione tra maggio e luglio). Proprio dal desiderio di portare a conoscenza del mondo fuori la realtà “dentro”, da detenuti, è nata l’idea dello speakeraggio radiofonico. L’intuizione di una trasmissione dal carcere, in collaborazione con l’emittente locale Radiobase. La prima delle otto puntate in programma andrà in onda giovedì 6 ottobre alle 18.30 (in replica il sabato successivo alle 16.30, in podcast su www.radiobase.eu), annunciata da una vivace campagna pubblicitaria (il primo spot sarà trasmesso domani). Soddisfatto il direttore del carcere, Enrico Baraniello: “Entro l’anno dovrei lasciare l’incarico perché sarà arrivato il mio turno di andare in pensione - confessa - quindi sono particolarmente soddisfatto di aver contribuito a dare vita a un’iniziativa così importante che possa durare anche in futuro”. Si unisce ai complimenti anche Sergio Genovesi, consigliere della Fondazione Cariverona e presidente della Camera penale di Mantova: “È un’iniziativa particolarmente riuscita, perché la radio sollecita un contatto con l’esterno. A quest’idea spero possa presto aggiungersi anche quella di mostrare nelle piazze una fedele riproduzione delle celle in cui sono costretti a vivere i detenuti - propone Genovesi. Le condizioni sono illegali, oltre che immorali. Proprio per questo motivo, da diversi mesi, ogni giorno un avvocato effettua lo sciopero della fame, e tra poco sarà il mio turno”. I radioascoltatori potranno inviare commenti, opinioni, suggerimenti all’indirizzo di posta elettronica del programma bellidentro @ radiobase.eu. Il progetto è sostenuto anche da Provincia, Comune: a tutti va la riconoscenza degli organizzatori dell’Arci. “Così, grazie all’impegno delle persone che lo abitano, un luogo inaccessibile e sconosciuto può diventare veicolo di cultura, formazione, creatività e passione”. Leonardo Piva Roma: “Regina Coeli”, mostra fotografica di Pino Rampolla Ristretti Orizzonti, 19 settembre 2011 Dopo essere stata ospitata per un mese nell’atrio del carcere di Regina Coeli la mostra approda ad Ostia. “Regina Coeli” è il titolo della mostra fotografica di Pino Rampolla, ospitata dal 19 al 25 settembre 2011 nello spazio espositivo di” Approdo alla Lettura” in Piazza dei Ravennati al pontile di Ostia. La mostra racconta la vita di chi vive e lavora all’interno di Regina Coeli. Vuole essere un ponte verso l’esterno per far conoscere a tutti la realtà delle persone - per la maggior parte stranieri - che vivono l’esperienza detentiva nel penitenziario di prima accoglienza della capitale. In esposizione 50 immagini in bianco/nero che ritraggono i piccoli eventi quotidiani, la dimensione umana dell’ambiente. Un sorriso, un gesto cordiale, una stretta di mano, un pentolino che bolle, un carrello che percorre lunghi corridoi parlano di una vita che c’è e permette di pensare al domani. Pino Rampolla. Tel. 3382035465 press @ pinorampolla.it - www . pinorampolla . it Iraq: nove detenuti muoiono in incendio prigione a Baghdad Ansa, 19 settembre 2011 Nove detenuti sono morti e altri 14 sono rimasti feriti oggi in un incendio scoppiato in una prigione di Baghdad a causa di un corto circuito, secondo quanto reso noto dal ministero della Giustizia iracheno. L’incidente è avvenuto nel carcere di Balidiyat, nell’est della capitale. Il direttore generale del sistema carcerario, generale Hamed al Musawi, ha precisato che le fiamme si sono sprigionate alle 5.00 del mattino dopo che un corto circuito si era verificato ad uno dei cavi principali dell’elettricità in un salone dell’edifico. Musawi ha aggiunto che le autorità prevedono di trasferire i 432 prigionieri attualmente detenuti a Balidiyat nel principale centro di detenzione di Baghdad, ad Abu Ghraib, e in altre prigioni poiché l’attuale edificio è vecchio e non è all’altezza degli standard di rispetto dei diritti umani. Iran: nuova ondata di esecuzioni, impiccati 22 trafficanti di droga Aki, 19 settembre 2011 Nuova ondata di esecuzioni nella Repubblica Islamica. Almeno 22 persone sono state impiccate con l’accusa di traffico di droga nel famigerato carcere di Evin, a Teheran, e a Rajai Shahr, non lontano dalla capitale. Lo riferisce il quotidiano ‘Iran’, precisando che le esecuzioni sono state eseguite ieri. “A seguito dei processi, il Tribunale Rivoluzionario Islamico ha riconosciuto colpevoli 22 narcotrafficanti di primo piano sulla base delle prove esistenti e ha autorizzato l’esecuzione delle sentenze”, si legge oggi sul quotidiano. Secondo Amnesty International l’Iran è nel mondo secondo solamente alla Cina per numero totale di condanna a morte eseguite. Ucraina: l’ex primo ministro Yulia Tymoshenko a rischio contrarre tbc in carcere Agi, 19 settembre 2011 Rischia di contrarre la tubercolosi Yulia Tymoshenko, l’ex primo ministro dell’Ucraina sotto processo da giugno per presunto abuso di potere, e in carcere dall’8 agosto scorso: lo ha denunciato un suo ex difensore, Serhiy Vlasenko, secondo cui “venerdì scorso siamo venuti a sapere che la cella di Yulia è separata solo da un muro dall’ambulatorio del penitenziario, dove si trovano pazienti che soffrono di tbc in fase attiva”. Secondo il legale, ciò “costituisce una pesante minaccia alla sua salute e alla sua stessa vita, dal momento che il suo organismo è già debilitato dalla malattia e dalla permanenza in prigione”. Vlasenko ha ricordato che la 51enne ‘Principessa del Gas’ ha la febbre alta, anche se non è stato in grado di precisarne l’origine, e ha aggiunto che, almeno fino a tre giorni fa, “non ho potuto constatare alcun miglioramento nelle sue condizioni di salute”. L’avvocato ha poi sottolineato che l’ex premier da quattro settimane non riceve assistenza medica, giacché non le permettono di farsi curare da specialisti di sua fiducia, e lei d’altra parte rifiuta di lasciarsi visitare dal personale sanitario del carcere. “Come persona detenuta senza alcuna ragione”, ha concluso Vlasenko, “Yulia ha il diritto di essere esaminata da un dottore del quale si fida, e non da quelli che sono nominati dallo Stato”. Norvegia: Breivik in custodia cautelare per altre 8 settimane, 4 d’isolamento totale Tm News, 19 settembre 2011 Il tribunale di Oslo ha prolungato di otto settimane, di cui quattro in isolamento totale, la detenzione di Anders Behring Breivik, l’autore delle stragi del 22 luglio, in Norvegia. Breivik, che ha ammesso la sua colpevolezza per l’attentato di Oslo e la sparatoria di Utoya, in cui sono morte 77 persone, resterà in carcere fino al 14 novembre, e in isolamento fino al 17 ottobre; alla scadenza dei termini, il tribunale si pronuncerà nuovamente sul possibile rinnovo delle misure cautelari. “La corte non trova irragionevole che sia tenuto in isolamento completo, visto il rischio che possa contattare dei complici, o che possano farlo altri detenuti, per distruggere le prove” ha dichiarato il giudice, Anne Margrethe Lund. L’avvocato difensore, Geir Lippestad, ha fatto sapere che Breivik aveva “preparato una dichiarazione scritta” e che ha ripetuto davanti alla corte che le condizioni di detenzione in isolamento totale sono “difficili”. Breivik, detenuto in una prigione di massima sicurezza vicino a Oslo, ha paragonato l’isolamento totale a “un metodo di tortura sadico”.