Una festa di quartiere “accogliente” con chi esce dal carcere Il Mattino di Padova, 13 settembre 2011 Quando si parla di reinserimento dei detenuti forse non si immagina neppure quanto in questi percorsi per rientrare nella società siano importanti delle cose normali, semplici come può esserlo una festa di quartiere, una sagra in parrocchia. Le cooperative e le associazioni che lavorano nelle due carceri padovane sono spesso impegnate in iniziative di questo genere, dove accompagnano persone detenute in permesso e cercano così di ricucire un rapporto tra chi ha commesso un reato e sta scontando una pena e quella società che, alla fine, dovrà riaccoglierlo. Nel racconto di una operatrice della cooperativa AltraCittà e di due detenuti, coinvolti nella sagra di Montà, si può così ritrovare tutto il senso di una piccola esperienza di vero reinserimento. È importante far partecipare i detenuti alla vita gradualmente, dopo tanto isolamento La sagra di Montà raccontata dal mio punto di vista, sì perché ho un punto di vista ben preciso: lavoro per AltraCittà Cooperativa Sociale, che si occupa di reinserimento sociale di detenuti ed ex - detenuti attraverso il mondo del lavoro, e siamo stati di recente invitati a partecipare alla sagra di Montà potendo esporre, in uno spazio della parrocchia, i nostri manufatti: libri, scatole quaderni fatti a mano dai detenuti artigiani della Casa di reclusione, una autentica esperienza “dal carcere al territorio”. Montà è il quartiere in cui si trovano le due carceri di Padova e dove da due anni abbiamo il nostro negozio di “cose di carta”. Don Massimo ci ha aperto le porte di un evento che non potevamo immaginare ci potesse dare così tanto. Il nostro “tanto” cos’è? Abbiamo fatto affari? Niente di tutto questo: abbiamo avuto il permesso, dalle istituzioni che gestiscono il carcere, di portare con noi alla festa alcuni detenuti in un’ottica appunto di reinserimento sociale. Io che lavoro in questa cooperativa mi sono sempre trovata a muovermi in un ambiente “fuori” fatto di frenesia, di superfluo, di varietà e assortimento di ogni cosa; e in un ambiente “dentro” fatto di limiti e privazioni come è la detenzione. Luoghi comuni dipingono il carcere come un albergo, dove si sta anche troppo bene perché c’è perfino la televisione! Pochi considerano che per esempio la Tv in una cella di pochi metri quadrati, da condividere con altri due o tre compagni, è solo una piccola distrazione dalla mancanza di affetti, interessi, spazi… I soliti discorsi dicono anche che è giusto così; ma, andando oltre, sarebbe utile osservare che creare degli interessi, dei percorsi, come fare partecipare alla sagra questi ragazzi, farli uscire per brevi permessi, impegnarli nel lavoro, farli partecipare alla vita gradualmente dopo tanto isolamento, crea in queste persone una speranza e la voglia di impegnarsi, di riprovare, di ricominciare (e non ripetere l’errore che li ha portati al carcere). I nostri ‘ragazzì hanno visto persone gentili, giovani, meno giovani, tutti impegnati affinché la sagra riuscisse al meglio (e così è stato); e poi musica, balli, la pesca e i premi e profumo di cucina casalinga. Queste cose sono il “tanto” che abbiamo trovato in questa festa. Come dice don Massimo, è anche di cose semplici che abbiamo bisogno. Non solo di discorsi e riflessioni complesse. Un’altra cosa che ho osservato è che nella sagra si sono incontrati due mondi. Il mondo “dentro” è, se si può dire, fatto di “guardie e ladri”, persone che convivono insieme con ruoli, compiti e aspettative molto diversi, accomunati però dalla sofferenza e dai disagi del sovraffollamento. Nella sagra di Montà erano presenti molti agenti di polizia penitenziaria e queste due parti del “dentro” si sono trovate faccia a faccia fuori. È stato come se quel mondo di “guardie e ladri” si fosse fermato per qualche istante per condividere un piatto di pasta ad un tavolo, il tavolo della festa, della vita insieme, delle piccole cose che ci fanno sentire accettati e parte di qualcosa. Gli agenti a volte erano sorpresi, i detenuti imbarazzati e timidi, un rapportarsi diverso, forse difficile ma che portava a piccoli gesti spontanei. Sono piccoli passi per tutti, perché ho capito che il reinserimento è fatto di persone (detenuti) che ritornano nella società, e la società è fatta di tutte le altre persone con le quali devono imparare a convivere e a confrontarsi. Sabrina Galiazzo, cooperativa AltraCittà Mi sentivo un ragazzo normale Scrivo queste poche righe per tenere impresso il ricordo dei cinque giorni che ho trascorso in permesso premio alla festa di S. Bartolomeo. È stata un’esperienza unica, quelli che per molti sono fatti banali e di poco conto, hanno avuto per me un significato che non mi aspettavo. Ero lì con la cooperativa che da quattro anni mi ha dato la possibilità di imparare un lavoro e mi ha insegnato a stare con la gente. Avevamo un piccolo stand, nel quale mettevamo in mostra e vendita prodotti costruiti da noi detenuti. È stato veramente bello vedere le facce della gente comune, i sorrisi e la loro curiosità. Mi sentivo un ragazzo normale e ho capito che la vita mi può riservare qualcosa di nuovo. Sto imparando a farmi accettare. Grazie per questa opportunità, la sfrutterò al meglio. Anatolie Macarie Un permesso premio è una vera boccata di ossigeno Io sono Aldo, mi è stato chiesto di scrivere ciò che ho provato in seguito alla mia partecipazione alla Sagra Patronale di San Bartolomeo. Premetto: sono un detenuto “permessante” assunto all’interno dell’istituto sito in via Due palazzi dalla cooperativa AltraCittà. Attraverso il mio impegno giornaliero mi sono conquistato un minimo di fiducia e seguito dagli operatori ho iniziato un percorso che da circa un anno mi porta a uscire dall’istituto ogni due mesi per qualche giorno. Ogni permesso, per un sessantenne quale io sono, è una vera boccata di ossigeno, non tanto per i miei polmoni, quanto per ricaricare lo spirito di una persona che conosce solo il sopravvivere quotidiano all’interno di quattro mura. La coincidenza ha voluto che la sede della nostra piccola cooperativa si trovi in via Montà, che io mi trovassi in permesso presso l’Oasi (comunità di accoglienza dei Padri Mercedari) e il dottor Pavarin, Magistrato di Sorveglianza, mi abbia concesso per tre serate di potermi recare nei locali, posti sotto la chiesa, dove come cooperativa era allestito un banco con esposti gli oggetti che si fanno nel laboratorio dell’istituto e presso il negozio di via Montà. Una volta i militari la chiamavano “libera uscita”: ore 20,30, con rientro ore 24 all’Oasi. Uno spasso, dopo tanta galera, anche solo la preparazione della bicicletta che da Chiesanuova doveva condurmi in via Montà, attraverso via della Biscia, fanali e fanalino più freni; tutto in ordine. Ore 20,25, avviso i Padri dell’Oasi e parto. Tutto normale? Non credo proprio: è la prima volta, dopo circa 10 anni, che mi faccio una corsetta in bici e quasi al buio. Come arrivo mi reco a salutare la nostra presidentessa, che sta chiacchierando con un ispettore del nostro istituto. Da quel momento in poi, sino alle 23,30, ora di rientro all’Oasi, credo di essermi sentito come se veleggiassi in un mare calmo con una lieve brezza composta dal vocio di ragazzi, dal correre di bambini sorridenti, da persone che ti passavano accanto in un andirivieni continuo. Sono un nonno, purtroppo costretto a reprimere le proprie emozioni vivendo in un contesto quotidiano come quello del carcere, in cui, per autodifesa, porti avanti una facciata che spesso non ti permette di essere te stesso. Così invece ho potuto passare tre serate sull’allegro senza bere, o quasi, trasportato da ciò che mi circondava, con un minimo di entusiasmo personale gradevole. Un grazie di cuore a coloro che hanno permesso tutto ciò, compreso l’Ispettore con quel “Mi raccomando” sussurrato sottovoce. Aldo Selan Giustizia: altri due detenuti suicidi, sono 47 da inizio anno Redattore Sociale, 13 settembre 2011 Non c’è pace per gli istituti di pena italiani: il numero di decessi in cella sale a 142. Gli ultimi due casi sono avvenuti in Sicilia: all’Ucciardone e a Barcellona Pozzo di Gotto. Non c’è pace per gli istituti di pena italiani: giorno dopo giorno cresce il numero di decessi e suicidi dietro le sbarre. Nelle ultime ore sono stati registrati altri due casi di detenuti che si sono tolti la vita, entrambi in Sicilia. L’Osservatorio permanente sulle morti in carcere riferisce che da inizio anno i suicidi salgono così a 47, mentre il numero complessivo dei decessi in carcere arriva a 142. All’Ucciardone, casa circondariale di Palermo, il 38enne Alex Pantano, di origine torinese, si è tolto la vita ieri mattina impiccandosi alla finestra con i pantaloni del suo pigiama. Avrebbe finito di scontare la condanna nel febbraio 2012. Pur essendo stato seguito in passato da uno psichiatra, il medico recentemente aveva affermato che il paziente stava bene. A Barcellona Pozzo di Gotto, Opg in provincia di Messina, nella notte di domenica un 46enne si è ucciso infilando la testa in un sacchetto di plastica e inalando il gas del fornellino. Anche in questo caso l’internato, che era in semilibertà, sarebbe uscito a breve, nel 2012, dopo aver trascorso il resto della detenzione senza particolari problemi. Giustizia: in Italia 1.300 internati negli Opg, parte da Cagliari una campagna per chiuderli Ansa, 13 settembre 2011 Sono 1.330 le persone rinchiuse nei cinque ospedali psichiatrici giudiziari in Italia. Trenta le donne, internate nell’unica sezione femminile della Penisola, Castiglione delle Stiviere. La maggior parte arrivano dalla Lombardia (227), seguono Campania (165) e Sicilia (146) contro i tre internati della Val D’Aosta, i cinque della Basilicata, i sei del Molise. In mezzo ci sono Piemonte (58), Liguria (47), Sardegna (31). Cifre annunciate in una conferenza stampa e che saranno illustrate nel corso del congresso nazionale “Senza catene. L’orrore degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari”, in programma a Cagliari, al Ghetto, dal 16 al 17 settembre e organizzato dal comitato sardo Stopopg. “Gli ospedali psichiatrici giudiziari sono carceri, luoghi di dolore e non di cura e vanno chiusi - ha detto nell’elencare i dati Gisella Trincas, presidente nazionale di Unasam, l’Unione delle associazioni per la salute mentale - Dentro quelle strutture tra letti di contenzione, cure amministrate in modo coercitivo e degrado, si consumano veri e propri drammi. Quel che serve sono i servizi sul territorio, per prevenire questa barbarie e liberare e far tornare a casa tante persone da quell’inferno”. Se è vero che ci sono realtà che decidono di evitare questo trauma ai loro cittadini e attuano politiche diverse, per Trincas non ci sono Regioni virtuose e meno virtuose, ma buone e cattive esperienze locali sparse in tutta la Penisola. “Dal Nord al Sud, Isole comprese, tutte hanno le criticità - sottolinea Trincas - a parte il Friuli Venezia Giulia e Trieste. Realtà che rispondono a tutte le indicazioni di una buona pratica di salute mentale: servizio sanità mentale aperto 24 ore, posti letto negli ospedali quasi mai occupati perché utilizzati solo per le crisi, persone coinvolte nel percorso di cura, risorse e personale qualificato. Trieste non manda un solo cittadino negli Opg, il Friuli un numero risicatissimo”. Tre le tavole rotonde che ospiteranno i senatori della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, Donatella Poretti e Michele Saccomanno, Mauro Palma, del Comitato contro la tortura del Consiglio d’Europa, rappresentanti delle più importanti organizzazioni nazionali e regionali coinvolte nella campagna Stop Opg, amministratori regionali e locali. Giustizia: Sarno (Uil); sentenza Lecce rischia accelerare fallimento economico del Dap Ansa, 13 settembre 2011 “La condanna al risarcimento per danni esistenziali pronunciata dal Tribunale di Sorveglianza di Lecce nei confronti dell’Amministrazione Penitenziaria, in accoglimento di un ricorso presentato da un detenuto, segna, senza alcun dubbio, una evidente accelerazione del fallimento economico dell’Amministrazione Penitenziaria. Una Amministrazione già fortemente indebitata per circa 140 milioni di euro (che tra qualche settimana non potrà nemmeno più garantire il vitto ai detenuti ed è insolvente finanche nei confronti del proprio personale) non potrà, in tutta evidenza, far fronte agli effetti che potrebbero scatenarsi all’accoglimento della marea di ricorsi che è prevedibile saranno presentati dai circa 67mila detenuti che affollano le degradate e degradanti carceri italiane”. Lo afferma il segretario generale della Uil-Pa Penitenziari Eugenio Sarno: “Purtroppo, e per l’ennesima volta, i riflettori dell’informazione si accendono sul dramma del sistema penitenziario solo in occasione di notizie eclatanti. Fu così, per breve tempo, anche dopo la pronuncia della Corte di Giustizia Europea. Sarà così anche dopo la sentenza di Lecce. È chiaro, almeno a noi, che le attuali condizioni della detenzione in Italia sono ai limiti della disumanità e dell’inciviltà, al netto delle sentenze. Ed è su queste condizioni, come ci ha ricordato con autorevolezza e competenza il Presidente Napolitano, che occorre intervenire. Ed è questo un compito che spetta primariamente alla politica che invece sembra essere, salvo rare eccezioni, distratta da ben altre, meno importanti, questioni”, “50 suicidi in cella verificatisi in poco più di otto mesi sono un campanello di allarme che non può essere ignorato”. Giustizia: Pelegatti (Sappe); la tortura del carcere costa cara ai cittadini italiani Comunicato stampa, 13 settembre 2011 Lo avevano denunciato e scritto in tutte le salse all’indomani della sentenza della corte di Giustizia europea che condannava lo stato italiano ad indennizzare un detenuto poiché costretto a vivere, tutte le ore della giornata, in una spazio grande quando una bara. Avevamo espresso viva preoccupazione poiché a quella sentenza sarebbero potute seguire centinaia, se non migliaia di richieste di risarcimento da parte dei detenuti ristretti nelle carceri nazionali e soprattutto in quelle pugliesi, più affollate d’Italia. Avevamo anche documentato tale situazione con immagini e foto sperando in uno scatto di dignità da parte di chi ha in mano le leve del potere in questa nostra nazione. Purtroppo ci accorgiamo sempre di più che di fronte allo scempio delle carceri nemmeno il presidente della Repubblica viene preso sul serio, per cui si può fare affidamento solo sulla magistratura, unico potere in Italia che riesce con i suoi provvedimenti a sollevare oppure a risolvere le questioni. Il Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria, deve denunciare anche il grande dilettantismo posto in essere degli alti dirigenti dell’Amministrazione Penitenziaria che, all’indomani della sentenza della corte di giustizia europea, hanno armato tutti i direttori delle carceri della nazione di un centimetro con cui sono andati a misurare le celle in cui erano ristretti i detenuti, stabilendo che tre metri per detenuto fossero più che sufficienti, anche se nella stragrande maggioranza non si poteva concedere nemmeno tale spazio. Quegli stessi Dirigenti che hanno a disposizione auto da oltre 100.000 euro autisti, scorte, staffette, uffici ovattati ecc. ecc. Nessuno si è mai preoccupato che a Taranto 4 detenuti in 9 mq, stesso discorso a Foggia, come pure a Lecce, mentre a Bari in una stanza di 15 mq anche 30 detenuti. Anche nelle altre carceri pugliesi da Turi ad Altamura, da Brindisi, a San Severo, a Lucera, la situazione non è migliore. Invece con la sentenza del tribunale di sorveglianza di Lecce si apre una voragine dai contorni indefiniti poiché qualsiasi detenuto ristretto nelle carceri pugliesi e nazionali potrà chiedere il risarcimento. Solo in Puglia sono circa 4.000 le persone che potranno chiedere l’indennizzo con i risultati che tutti possono immaginare. Non era mai accaduto in nessun paese cosiddetto civile , che i cittadini pagassero anche per la tortura che i propri governanti hanno inflitto a chi è ristretto nelle carceri. Un idea per trovare la cifra necessaria ci sarebbe, poiché non sarebbe male che fossero proprio i politici ed i dirigenti dell’Amministrazione Penitenziaria, considerata la loro inerzia, a pagare un conto che si preannuncia salato, molto salato. Federico Pilagatti Segretario Nazionale Sappe Giustizia: Moretti (Ugl); sentenza emblematica che rischia di fomentare nuove proteste Agenparl, 13 settembre 2011 “È una sentenza senza dubbio emblematica che rischia però di portare ad un innalzamento delle proteste da parte dei detenuti e rendere ancora più difficoltoso il lavoro, già duro, degli agenti”. Così Giuseppe Moretti, segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, commenta la condanna al risarcimento per danni esistenziali pronunciata dal Tribunale di sorveglianza di Lecce nei confronti dell’Amministrazione penitenziaria, in accoglimento del ricorso di un detenuto che ha denunciato “l’insufficiente spazio minimo fruibile nella cella di detenzione”. Per il sindacalista “se ai reclusi dovesse realmente spettare un risarcimento per le degradanti condizioni di vita dovute al sovraffollamento degli istituti di pena del nostro Paese, allora spetterebbe un eguale indennizzo anche alla Polizia Penitenziaria che, per fronteggiare la grave carenza d’organico, assorbe più posti di servizio durante il proprio turno di lavoro”. “L’Ugl Polizia Penitenziaria - conclude il sindacalista - si fa portavoce di queste ed altre gravi condizioni di vivibilità e di sicurezza, a danno sia dei detenuti sia del personale delle carceri italiane e, a tale scopo, non esclude di scendere di nuovo in piazza, nonostante l’apprezzamento per la convocazione del prossimo 26 settembre presso il Ministero della Giustizia”. Lettere: nelle carceri del sud si paga una pena doppia Roma, 13 settembre 2011 Egregio direttore, vi faccio sapere che dal carcere di Secondigliano a salire centro Nord Italia (Roma, Civitavecchia, Frosinone, Spoleto, Viterbo, ecc...) si sta in cella a due persone, 4 ore di passeggio al giorno, palestra, campo tennis, campo bocce, campo di pallavolo, grande e piccolo, cd, playstation, ecc..., il mangiare è ottimo, c’è più assortimento nella spesa, invece noi attualmente ci troviamo rinchiusi in una cella per 10 detenuti, muri pieni di muffa, bagni piccolissimi, massimo per due persone. Noi che stiamo rinchiusi qua dentro chiediamo il rispetto dei diritti umani, una nuova riforma contro il degrado dietro le sbarre, stiamo da un mese senza acqua calda, per fare una doccia alla settimana, che in tutti i carceri italiani si fa una al giorno, noi chiediamo un’iniziativa di riforma strutturale della giustizia sul problema delle carceri. Ringraziamo il Presidente della Repubblica Italiana (nostro e grande Presidente), il senatore Marco Pannella, il vicepresidente del Senato Emma Bonino e tutto il Partito Radicale per il loro continuo sostegno. Noi detenuti abbiamo sbagliato nella società e stiamo pagando con onore i nostri errori, chiediamo solo di pagare, di finire, di scontare tutta la nostra pena fino all’ultimo, ma con dignità. Un gruppo di detenuti di Poggioreale Toscana: seduta speciale del Consiglio regionale dedicata alla situazione carceraria Ristretti Orizzonti, 13 settembre 2011 Nei penitenziari toscani sono più di 1.200 i detenuti in eccedenza. Il loro garante regionale, Alessandro Margara, in una relazione al Consiglio regionale sullo stato delle carceri ha dichiarato: “Il problema più significativo è quello del sovraffollamento, comune a tutte le carceri italiane. Nel nostro paese, secondo uno studio inglese, in 100 posti branda sono ammassate 152 persone, soltanto in Bulgaria il tasso di affollamento delle carceri è maggiore arrivando a 155, mentre la media europea è 107”. “Lo stato della criminalità generale è stabile da tempo - ha aggiunto - l’aumento dei detenuti risale ad un processo di criminalizzazione sempre più esteso, vale a dire con una legislazione che prevede nuove ipotesi di reato e l’aggravamento penale di quelle precedenti”. Margara ha spiegato che l’Italia detiene anche il record delle custodie cautelari. Quanto alla situazione toscana il garante ha illustrato i casi degli istituti con forte sovraffollamento come quello fiorentino di Sollicciano. Il presidente del Consiglio toscano Alberto Monaci ha sottolineato che “in Toscana c’è un’eccedenza di 1241 detenuti, vale a dire circa il 40% in più di quelli che le nostre carceri potrebbero ospitare. Il processo di riabilitazione è difficile, se non impossibile, quando le minime condizioni di vivibilità degli spazi non sono garantite”. Monaci ha poi ricordato un recente intervento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sul tema delle carceri e ha spiegato che il problema anche toscano delle carceri non può trovare autonoma risposta nelle decisioni regionali, ricadendo la responsabilità a livello governativo e parlamentare. La preoccupazioni per le carceri toscane rimane forte e la risoluzione approvata oggi a maggioranza dal Consiglio regionale prevede un impegno ad implementare le azioni per il potenziamento della sanità penitenziaria, pur apprezzando l’impegno già compiuto in questa direzione. La risoluzione esprime inoltre la “volontà di far seguire alla discussione odierna un percorso di approfondimento consiliare sui temi delle condizioni dei penitenziari toscani ed iniziare consultazioni e visite alle strutture. Il Presidente dell’assemblea Monaci: tema esplosivo che chiama alla responsabilità “Siamo qui riuniti per avviare, con l’audizione del recentemente nominato Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, meglio conosciuto come Garante dei detenuti, una nostra riflessione sul tema, esplosivo, della situazione delle carceri anche nella nostra regione”. Con queste parole il presidente dell’assemblea toscana Alberto Monaci ha aperto la seduta speciale del Consiglio dedicata alla situazione carceraria. “Una riflessione richiesta anche dallo stesso Presidente Rossi, che fra i primi atti del suo mandato onorò proprio un impegno preso con i detenuti - ha continuato il Presidente - con un piccolo ma significativo intervento teso a migliorare le condizioni di vita nelle celle toscane”, per rispondere al variegato mondo che vive non solo all’interno, ma anche al di qua e al di là delle sbarre. Quindi, in primis gli stessi detenuti ma anche l’associazionismo di assistenza e tutela, gli operatori della polizia penitenziaria, gli addetti sanitari, gli educatori, i cappellani, “chi insomma è strumento di quel processo di rieducazione del condannato cui costituzionalmente deve tendere la pena”. “Processo difficile, se non impossibile, quando le minime condizioni di vivibilità degli spazi e dei luoghi della pena non sono garantite”, ha sottolineato Monaci con dati alla mano. Al 31 agosto 2011 la Toscana registra un’eccedenza di 1.241 detenuti rispetto ai posti letto regolari degli istituti di pena, ovvero il 39,5% in più di quelli che si potrebbero ospitare. Da qui il riferimento all’autorevole intervento svolto nel luglio scorso dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha definito “allarmante” il sovraffollamento delle carceri, per non parlare poi dell’”estremo orrore degli ospedali psichiatrici giudiziari”, “situazione che ci umilia in Europa”. Sulla scia delle parole di Napolitano, Monaci, consapevole che il problema anche toscano delle carceri non può trovare autonoma risposta nelle decisioni regionali, ricadendo la responsabilità sul livello governativo e parlamentare, ha evidenziato che “trova comunque in noi un soggetto istituzionale capace di indirizzare una forte ed autorevole iniziativa di pressione sul livello statale, nonché un’autonomia decisionale in materia di sanità penitenziaria e di assistenza sociale, dentro e fuori il carcere, durante e dopo la detenzione”. Il Presidente ha quindi chiuso il proprio intervento spiegando che “l’incontro odierno è solo il primo passo di una riflessione sulla realtà toscana, che ci darà l’opportunità di rifare il punto sulle carceri. “Una relazione sullo stato delle carceri in Toscana non può prescindere dalla situazione particolarmente critica dell’Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Montelupo Fiorentino”. Parola del garante dei detenuti Alessandro Margara, che in aula consiliare ha richiamato l’attenzione sul superamento del sistema attuale degli Opg, nati come istituti carcerari nell’800, con le stesse strutture e il medesimo personale delle carceri. Un superamento “inevitabile e necessario per far sorgere un sistema di cura e riabilitazione regionalizzato - ha sottolineato Margara - previsto da un Decreto del Presidente del Consiglio del Ministri del 2008” e reso ancora più urgente dall’intervento della Commissione parlamentare di inchiesta, per l’Opg di Montelupo, che ha rilevato lo stato inaccettabile della struttura, disponendo il sequestro di numerose parti. “Imperativo categorico è chiudere gli Opg, verificando la possibilità di un percorso guidato e progressivo - ha spiegato - che accolga in una parte separabile gli internati toscani e dia tempi certi per l’individuazione di luoghi per gli internati delle altre regioni”. Questi ultimi, nel caso di Montelupo, riguardano Umbria, Liguria e Sardegna. Gli altri istituti, divisi in case circondariali e di reclusione, sono quasi tutti caratterizzati dal sovraffollamento. Solo alcuni dati: in Toscana, al 31 agosto 2011, i detenuti presenti sono 4.380 su 3.139 posti letto regolari, per una eccedenza di 1241. Tra questi: 4.177 sono uomini e 203 donne. I tossicodipendenti sono 1394: 249 in trattamento e 63 sieropositivi per Hiv. Gli stranieri raggiungono la cifra di 1986. Gli istituti che rappresentano l’indice di sovraffollamento più preoccupante sono Sollicciano a Firenze, con circa un migliaio, quindi Prato, con oltre 700, seguiti rispettivamente da Pistoia, Livorno, Pisa, Lucca, Massa, San Gimignano e Montelupo Fiorentino. I suicidi al 31 agosto sono stati 4 nel 2011, accanto ai numerosi casi di autolesionismo e sciopero della fame, a testimonianza del grande disagio psichico e ambientale che caratterizza gli istituti. “Una popolazione, quella delle carceri, i cui gruppi pongono alla Regione e agli altri enti occasioni diverse di intervento - ha affermato il garante. Gli stranieri, per la loro forza lavoro, potrebbero essere ammessi a misure alternative; i tossicodipendenti a programmi terapeutici più massicci; le persone in condizioni sociali critiche a maggiori prese in carico e prospettive di inserimento”. “Rispetto alla realtà delle carceri, ho detto molto poco - ha concluso Margara - ma quando il sovraffollamento arriva a tali dimensioni, gli istituti non funzionano, in tutti i loro aspetti, con complicazioni spesso gravissime”. Il Garante dei detenuti Margara: situazione critica nell’Opg e sovraffollamento Il garante dei detenuti, con dati alla mano, ha parlato in Consiglio regionale: “Oltre mille e duecento detenuti in eccesso. Sollicciano e Prato i casi più preoccupanti”. “Una relazione sullo stato delle carceri in Toscana non può prescindere dalla situazione particolarmente critica dell’Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Montelupo Fiorentino”. Parola del garante dei detenuti Alessandro Margara, che in aula consiliare ha richiamato l’attenzione sul superamento del sistema attuale degli Opg, nati come istituti carcerari nell’800, con le stesse strutture e il medesimo personale delle carceri. Un superamento “inevitabile e necessario per far sorgere un sistema di cura e riabilitazione regionalizzato - ha sottolineato Margara - previsto da un Decreto del Presidente del Consiglio del Ministri del 2008” e reso ancora più urgente dall’intervento della Commissione parlamentare di inchiesta, per l’Opg di Montelupo, che ha rilevato lo stato inaccettabile della struttura, disponendo il sequestro di numerose parti. “Imperativo categorico è chiudere gli Opg, verificando la possibilità di un percorso guidato e progressivo - ha spiegato - che accolga in una parte separabile gli internati toscani e dia tempi certi per l’individuazione di luoghi per gli internati delle altre regioni”. Questi ultimi, nel caso di Montelupo, riguardano Umbria, Liguria e Sardegna. Gli altri istituti, divisi in case circondariali e di reclusione, sono quasi tutti caratterizzati dal sovraffollamento. Solo alcuni dati: in Toscana, al 31 agosto 2011, i detenuti presenti sono 4380 su 3139 posti letto regolari, per una eccedenza di 1241. Tra questi: 4177 sono uomini e 203 donne. I tossicodipendenti sono 1394: 249 in trattamento e 63 sieropositivi per Hiv. Gli stranieri raggiungono la cifra di 1986. Gli istituti che rappresentano l’indice di sovraffollamento più preoccupante sono Sollicciano a Firenze, con circa un migliaio, quindi Prato, con oltre 700, seguiti rispettivamente da Pistoia, Livorno, Pisa, Lucca, Massa, San Gimignano e Montelupo Fiorentino. I suicidi al 31 agosto sono stati 4 nel 2011, accanto ai numerosi casi di autolesionismo e sciopero della fame, a testimonianza del grande disagio psichico e ambientale che caratterizza gli istituti. “Una popolazione, quella delle carceri, i cui gruppi pongono alla Regione e agli altri enti occasioni diverse di intervento - ha affermato il garante. Gli stranieri, per la loro forza lavoro, potrebbero essere ammessi a misure alternative; i tossicodipendenti a programmi terapeutici più massicci; le persone in condizioni sociali critiche a maggiori prese in carico e prospettive di inserimento”. “Rispetto alla realtà delle carceri, ho detto molto poco - ha concluso Margara - ma quando il sovraffollamento arriva a tali dimensioni, gli istituti non funzionano, in tutti i loro aspetti, con complicazioni spesso gravissime”. Il dibattito in Consiglio Regionale Gli interventi di Vittorio Bugli (Pd), Monica Sgherri (Fed. Sin. - Verdi), Paolo Ammirati (PdL), Marta Gazzarri (IdV), Marco Taradash (PdL), Antonio Gambetta Vianna (Lega Nord Toscana), Giuseppe Del Carlo (Udc), Enzo Brogi (Pd). “Su questi problemi è necessaria un’attenzione forte. L’assemblea regionale sarà a completa disposizione, perché il lavoro del Garante sia svolto nel modo migliore”. Lo ha assicurato il capogruppo Pd, Vittorio Bugli, che ha voluto ricordare due casi di vita. Il primo, un uomo, che ha deciso di distruggersi con l’alcol, ma che era stato in qualche modo “adottato” dalla sua comunità. Un legame che è stato interrotto da alcune misure cautelari, che lo hanno costretto fuori regione. Adesso è ricoverato nell’ospedale di Montelupo. Altro caso, una giovane donna, che la droga ha condotto sulla strada dei furti, della prostituzione, della criminalità organizzata. In regime di custodia attenuata trova però l’aiuto del volontariato ed è coinvolta in progetti di reinserimento. Adesso lavora in un ufficio comunicazione di una pubblica amministrazione. “Che sarebbe successo di lei se fosse rimasta in carcere” si è chiesto Bugli, sottolineando la necessità di avviare un percorso di approfondimento, coinvolgendo direttori e visitando le strutture non in modo “personale ed occasionale”. “È una battaglia di civiltà - ha concluso Bugli - che non porta un voto, ma fa crescere il livello di vita civile nella nostra regione”. “Finalmente, con la nomina di Alessandro Margara, siamo riusciti a portare a termine una scelta fatta nella scorsa legislatura, quando decidemmo di istituire il Garante” ha sottolineato Monica Sgherri (Fed Sin - Verdi). A suo parere siamo di fronte ad una situazione “complessa, delicata, al limite della legalità, perché lesiva di diritti fondamentali del cittadino”. In particolare, a suo parere, va superata la situazione dell’Ospedale giudiziario di Montelupo fiorentino, dove persone sono ricoverate per una vita intera a fronte di reati non particolarmente gravi. “Anche la politica è chiamata a svolgere un ruolo nuovo ed importante per il superamento di un problema che non è solo italiano - ha sottolineato Paolo Ammirati (PdL) - La capacità di dialogo con chi ha sbagliato per il suo reinserimento nella società non deve però far venire meno la certezza della pena, cardine fondamentale della Costituzione e del diritto”. A suo parere la politica deve dare il giusto riconoscimento anche all’attività della polizia penitenziaria, troppe volte dimenticata se non malvista, mentre al problema delle numerose custodie cautelari in attesa di giudizio si può dare risposta solo con una riforma della giustizia che ponga fine all’eccessiva lunghezza dei processi. “La Regione Toscana dovrà monitorare attentamente quanto avviene nel territorio, in particolare dopo la chiusura del carcere di Arezzo e l’apertura di nuove strutture” ha dichiarato Marta Gazzarri (IdV), sottolineando il prezioso lavoro degli agenti penitenziari, un lavoro fatto in condizioni difficili, senza risorse finanziarie. “Per la manutenzione annuale del carcere di Porto Azzurro - ha osservato - sono previsti 2500 euro, che spesso non arrivano neppure. Una cifra analoga a quella che spendiamo per la nostra casa”. A suo parere l’indulto non ha affatto risolto il problema del sovraffollamento, perché legato alla lentezza della giustizia ed alla mancanza di percorsi alternativi per persone che non dovrebbero stare in carcere. “La situazione delle carceri è fuori dalla legalità. Bisogna trovare strumenti per intervenire. C’è chi ha proposto l’amnistia ed alcuni direttori di carcere hanno anche digiunato. Chi ha soluzioni migliori si faccia avanti” ha dichiarato Marco Taradash (PdL), ricordando che ci sono anche detenuti che hanno ottenuto risarcimenti per la cattive condizioni di vita nel carcere. “Se altri detenuti ricorrono ai giudici - ha osservato - il ministero della Giustizia può dichiarare fallimento”. Taradash ha quindi ricordato che negli organici degli agenti penitenziari, che da quattordici mesi non ricevono lì indennità di funzione, mancano dalle 6.000 alle 8.000 unità di personale. “È necessario agire sul codice penale - ha concluso - la custodia cautelare deve essere una pena residuale, l’ultima e non la prima, cui ricorrere solo quando strettamente necessario”. Il capogruppo di Lega Nord Toscana Antonio Gambetta Vianna, ha sottolineato l’alto numero di detenuti extracomunitari presenti nelle nostre carceri, spesso con un decreto di espulsione che li attende alla fine della pena. “Bisogna concludere accordi con gli altri stati - ha osservato - per far scontare la pena nei paesi di origine”. Secondo Giuseppe Del Carlo (Udc) la Regione può svolgere un ruolo importante, perché occorrono investimenti non solo nelle strutture e nel personale di polizia penitenziaria, ma anche in altre figure socio - assistenziali, visto l’alto numero di suicidi che si registra all’interno delle strutture. “Le condizioni di vita nel carcere sono un attacco alla sicurezza - ha affermato Enzo Brogi (Pd) - Pensate a persone in ozio forzato per 22 ore al giorno, senza possibilità di lavorare, studiare e anche di curarsi, perché mancano soldi e personale per il trasporto in ospedale per una visita”. A suo parere il nodo centrale è rappresentato dai giovani tossicodipendenti, che rappresentano il 30% della popolazione carceraria, spesso in attesa di giudizio. “È un problema anche culturale - ha concluso - Una società civile che vuole dare risposte civili deve affrontarlo”. Carceri in Toscana: l’impegno del Consiglio regionale Approvata una risoluzione della maggioranza, con astensione dei gruppi Pdl e Lega Nord Toscana. L’assemblea nelle prossime settimane approfondirà l’analisi della situazione con consultazioni e visite alle strutture. Il Consiglio regionale, nelle prossime settimane, approfondirà l’analisi sulla condizione dei penitenziari toscani, dei detenuti e di chi ci lavora, consultando i soggetti interessati e con visite alle strutture. L’assemblea, apprezzando quanto già fatto, impegna inoltre la Giunta regionale a potenziare la sanità penitenziaria. È quanto prevede una risoluzione dei gruppi di maggioranza, primo firmatario Vittorio Bugli (Pd), approvata dal Consiglio regionale al termine della seduta speciale dedicata alla situazione delle carceri in Toscana. I gruppi Pdl e Lega Nord Toscana si sono astenuti. Nella risoluzione si sottolinea che, per affrontare con efficacia il problema del sovraffollamento, occorrono interventi sull’edilizia carceraria e, soprattutto, sul diritto penale per ridurre i detenuti in attesa di giudizio, specie per reati a basso allarme sociale. Occorrono, inoltre, misure alternative alla pena detentiva, strutture specifiche per le detenute madri, l’aumento degli organici di polizia penitenziaria e, soprattutto, azioni tese alla rieducazione del condannato. Si è concluso così il dibatto seguito alla relazione del Garante dei detenuti, Alessandro Margara, aperto con l’intervenuto dell’assessore al welfare Salvatore Allocca, che ha ricordato l’impegno della Regione toscana per migliorare, per quanto possibile, le condizioni di vita dei detenuti. Nel 2005 è stata infatti promulgata la prima legge regionale in Italia per la tutela del diritto alla salute dei detenuti che, con il successivo Protocollo di intesa del 2007, ha rappresentato un punto di riferimento per completare il passaggio delle competenze in materia dal ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale. “Abbiamo concentrato i nostri sforzi non solo sul terreno del benessere fisico - ha sottolineato l’assessore - ma sul recupero di un equilibrio relazionale, elemento fondamentale per riaprire prospettive di vita e di lavoro”. Un’ambizione che si scontra però con una dura realtà. Secondo un’indagine dell’Osservatorio della salute in carcere, coordinato dall’Agenzia regionale di sanità, il 73% dei detenuti nelle strutture toscane, nonostante un’età media non superiore a 40 anni, risulta affetto da almeno una patologia, più del 23% ha problemi di salute mentale legate al consumo di droga, mentre riappare la tubercolosi in misura 80 volte superiore alla generalità della popolazione, come di 80 volte più elevata è la percentuale di suicidi, nonostante la stretta sorveglianza. Una realtà sulla quale la Regione è intervenuta per migliorare la strumentazione a disposizione, per l’utilizzo di locali idonei, un aumento del personale infermieristico che, negli ultimi tre anni è passato da 149 a 117 unità. Per il biennio 2011 - 2012 la Giunta ha inoltre approvato uno stanziamento di 800mila euro per la gestione del rischio clinico, per individuare con tempestività segnali indicatori del rischio di suicidio, la telemedicina, interventi di igiene ambientale e sanificazione dei letti. “Tanta strada fatta, ma ancora più strada da fare - ha affermato Allocca - per le evidenti questioni logistiche e strutturali, che al sovraffollamento aggiungono degrado, fatiscenza degli edifici, livelli igienico - sanitari non tollerabili, la continua riduzione delle risorse ministeriali già scarse, la carenza endemica di personale”. Dopo il trasferimento delle competenze nel 2008 la Regione e l’Amministrazione penitenziaria regionale hanno messo a punto cinque protocolli di collaborazione, firmati nel gennaio 2010, nei settori più sensibili (salute, sociale, lavoro, formazione, istruzione, edilizia penitenziaria). Per coordinare e monitorare l’attività previste nei protocolli è stato poi creato un Osservatorio inter istituzionale permanente. L’assessore si è quindi soffermato sulla situazione dell’Ospedale giudiziario di Montelupo Fiorentino. La Regione sta individuando le modalità più adeguate per la presa in carico dei pazienti toscani nei dipartimenti di salute mentale e aziendali, in strutture residenziali e in una struttura penitenziaria protetta a custodia attenuata. “Nel corso del 2011 si è registrato un incremento sensibile delle dimissioni dei pazienti le cui condizioni giuridiche lo consentivano - ha dichiarato Allocca - Ma un superamento definitivo non potrà realizzarsi finché non sarà cancellato l’obbrobrio giuridico che deriva dal combinato disposto della non punibilità del reato, ma di fatto dalla punibilità del malato di mente in quanto tale, legata alla pericolosità sociale. Due residuati del codice Rocco, estraneo ai principi della Costituzione repubblicana” Marche: Favia e Giorgi (Idv); le carceri esplodono e il personale è troppo poco Ansa, 13 settembre 2011 Le carceri marchigiane esplodono e il personale è troppo poco. Con amarezza dobbiamo constatare che quando già da tempo denunciato dall’Italia dei Valori è ora sotto gli occhi di tutti con l’intervento del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe) che ha denunciato l’intollerabile e vergognosa situazione in cui versa il carcere di Montacuto ad Ancona: “detenuti in sovrannumero che dormono in locali sprovvisti di bagni e quindi costretti a fare pipì in non meglio precisati contenitori”. Già a giugno ero intervenuto alla Camera dei Deputati (on. David Favìa) per segnalare questa urgenza e far rilevare la necessità di immediati investimenti infrastrutturali e di personale da parte del Governo. È ormai noto che le due principali case di reclusione, quella di Montacuto e quella di Pesaro, delle quali l’Italia dei Valori si è occupata più volte in passato, sono senz’altro sovraffollate. L’ha verificato anche la commissione regionale che le ha visitate, presente la vicepresidente Giorgi. Non è ammissibile che il numero di addetti di polizia penitenziaria sia al di sotto degli standard previsti: soprattutto a causa dei distaccamenti operati dal carcere principale, che è quello di Montacuto, al servizio degli altri carceri della regione e soprattutto al servizio del piccolo carcere satellitare di Barcaglione di Ancona. Sono troppi i detenuti stipati in poco posto senza alcun riguardo per la dignità umana che noi dell’Italia dei Valori intendiamo salvaguardare con fermezza. Crediamo che il Governo, tra le tante urgenze, debba cessare di sprecare danari su operazioni inutili e investire nel sociale. Ovviamente anche all’interno del sociale vi sono delle priorità, ma sicuramente quello carcerario è un settore importante, in quanto non dobbiamo dimenticare che la nostra Costituzione dice che la detenzione carceraria post - pena passata in giudicato protende alla rieducazione del detenuto e alla restituzione di una persona diversa alla società. Non dimentichiamo, nel dire questo, i tanti detenuti in attesa di giudizio, che non sono potenzialmente, appunto ai sensi dell’articolo 27 della Costituzione, ancora da rieducare, ma che pure vivono la sofferenza di infrastrutture e di personale insufficiente. Ci associamo alle proteste che i sindacati degli agenti di custodia fanno quasi quotidianamente sulla vita rischiosa che questi ultimi si trovano ad affrontare quotidianamente, esponendosi al pericolo di risse con detenuti violenti e al contagio di malattie infettive come sieropositività AIDS o epatite C di cui il tasso in carcere è notoriamente alto. Gela (Ct): l’acqua c’è, la strada anche… servono 60 agenti e il nuovo carcere può essere fruibile La Sicilia, 13 settembre 2011 Al carcere di Gela? Si sta meglio che in città. Nel penitenziario c’è acqua ogni giorno. Dieci litri al secondo con una tubatura ad hoc. Ironia della sorte: a Roma fino a sabato come testimonia l’on. Marilena Samperi componente della Commissione Giustizia della Camera, si sapeva che il carcere di Gela non si può aprire per carenza d’acqua. “Bugie, cercano scuse per non aprirlo - ha detto il sindaco Fasulo - l’acqua c’è e la strada è stata ripulita tre volte”. Ieri mattina al carcere si è svolta l’ispezione (inizialmente negata dal Dap e poi concessa) del vice presidente nazionale dell’Osapp, Mimmo Nicotra del Garante per i diritti dei detenuti in Sicilia sen. Salvo Fleres e dell’on. Marilena Samperi. C’era pure il sindaco Fasulo. Nicotra e Fleres hanno visitato il carcere. Il grande scatolone vuoto ha celle doppie comode con la doccia ed il citofono per le chiamate interne, una moderna cucina, la cappella: può ospitare circa 100 detenuti. Le carceri scoppiano in Italia (è di ieri la notizia che il Tribunale di Sorveglianza a Lecce ha riconosciuto ad un detenuto straniero il diritto al risarcimento del danno esistenziale perché costretto alla detenzione in un carcere che ha il doppio di detenuti) ma a Gela si continua a mantenere con spese di luce e sorveglianza lo “scatolone vuoto”. “Il carcere è completo, tutto è a posto - ha detto al termine dell’ispezione Mimmo Nicotra - può essere aperto subito e l’unico motivo per cui non apre è che non assegnano il personale. Servono come minimo da 60 a 80 agenti. a breve completeranno il corso di formazione 765 agenti. In Sicilia ne vogliono mandare solo 28. Qui su 4.300 agenti presenti e 7.700 detenuti in Sicilia siamo sotto di 1000 unità. Ci sono 100 posti per detenuti in questo carcere. Lo si apra assegnando il personale”. “In Sicilia - ha aggiunto Salvo Fleres - la capienza delle carceri è di 4.400 detenuti ne abbiamo quasi il doppio. È una situazione grave. Ma lo Stato non risparmia tenendo i detenuti in queste condizioni. L’85% di carcerati non va a delinquere più se è inserito in un contesto ed in processi rieducativi adeguato. Ogni detenuto costa da 130 a 200 mila euro l’anno allo Stato. Soldi mal spesi se le carceri sono sovraffollate. Ho visto qui un carcere efficiente ma la struttura vuota si deperisce. Ho notato già qualche crepa e le erbacce”. “Ho incontrato il sottosegretario Caliendo - ha riferito l’on. Marilena Samperi - ho parlato del carcere di Gela, ha chiamato il Dap e gli hanno detto del fermo per carenza d’acqua. Ho verificato che non è vero. Domani parlo con il Ministro e presento anche un’interrogazione. Non molleremo. Questo carcere deve aprire”. Anche Mimmo Nicotra ha un appuntamento con il Ministro Guardasigilli Nitto Palma. L’obiettivo è quello di ottenere che entro il mese il carcere apra i battenti nel più breve tempo possibile e, considerato che i problemi lamentati sembra che non esistano, la data di apertura non dovrebbe essere distante. Sono due anni che è in consegna al Dap, due anni in cui si sono sostenute spese per far vigilare il carcere da sei, sette agenti che sono a guardia di mura, porte e arredi. “Solo a maggio il dipartimento ha avanzato richiesta per l’acqua ed in una settimana l’hanno avuta - ha detto il sindaco Angelo Fasulo - hanno chiesto l’acqua quando non c’erano neanche gli arredi e dopo due anni che la struttura era completa. Ora se non fissano la data di apertura del carcere la strada d’accesso alla struttura, non la farò più ripulire”. Uno spreco inaccettabile. Sul tema è intervenuto a distanza anche l’on. Alessandro Pagano che si è dichiarato fiducioso sulla possibilità che gli intoppi burocratici siano superati presto. Gli agenti penitenziari sperano di poter tornare a lavorare a casa Un interpello speciale per il carcere di Gela: è quello che l’Osapp intende chiedere al Ministro Guardasigilli nell’incontro romano che avrà luogo entro il mese. Finora ogni richiesta di reperire il personale tramite mobilità ed interpello è caduta a vuoto né si hanno notizie sicure sull’organico che spetta alla struttura carceraria gelese. In via informale qualche anno fa si è parlato di un centinaio di unità. Il carcere è chiuso mentre ci sono circa 1000 agenti siciliani che vorrebbero ritornare nell’isola. Molti sono di Gela, Niscemi e Caltagirone e da anni aspettano come la panacea l’apertura del carcere gelese. Alcuni di loro erano ieri mattina presenti al carcere in attesa che finisse l’ ispezione. Qualcuno ha portato moglie e figli. “Sono sposata da 21 anni e mio marito lavora al carcere di Augusta da 24 - racconta la signora C.F. di Caltagirone - quando è nato mio figlio mi sono detta che almeno quando avrebbe avuto 18 anni mio marito avrebbe lavorato più vicino a casa. Mio figlio ha 20 anni e nulla è cambiato. Ho tanta rabbia dentro soprattutto nel vedere questo carcere vuoto”. “Da 25 anni lavoro a Catania - dice il niscemese Z.P. - ogni giorni su strada sacrificando tempo per la famiglia Io ed i miri colleghi siamo stanchi di questa vita”. Ogni giorno in viaggio con l’auto e la vita messa a rischio sulla strada. L’agente niscemese C.S., da 18 anni in servizio ad Augusta, ne sa qualcosa. “Eravamo in 4 colleghi in auto quel maledetto 7 novembre del 2008 . - racconta - stavamo recandoci al lavoro da Niscemi ad Augusta. Sulla Gela - Catania , nei pressi di Scordia, un’auto ha invaso la nostra corsia. Io sono stato operato due volte anche al fegato, ho riportato fratture multiple, il polmone perforato. I miei colleghi hanno avuto pure loro brutte conseguenze. Siamo vivi ma stanchi di viaggi così lunghi ogni giorno. Non ne possiamo più”. I presenti erano tutti agenti del circondario gelese. Per loro lavorare al carcere di Gela significa dopo decenni avere una vita normale, tornare a casa in tempo per una passeggiata con il figlio, per poter stare un pò di più con la moglie. Tornare a casa meno stanchi perché il viaggio è meno lungo è un sogno che li accomuna tutti. Ma ci sono anche colleghi da 20 anni al Nord che sognano di tornare in Sicilia. Nel 2011 gli unici penitenziari che possono essere aperti sono a Gela e Favignana e Gela è la metà più gettonata. Apertura carcere di Gela, soddisfatto Donegani (Pd) Soddisfazione in merito alla vicenda del carcere di Gela, che sembra avviarsi verso una definitiva conclusione, è stata manifestata dal deputato regionale del Pd, Miguel Donegani, dopo l’ispezione effettuata ieri dai rappresentanti sindacali e da esponenti della politica locale e nazionale. “Il gran lavoro dell’Amministrazione Comunale, in particolare del sindaco Fasulo, e l’interessamento concreto del Partito Democratico, nella persona dell’On. Marilena Samperi, - scrive Donegani - stanno finalmente per mettere la parola fine ad una assurda vicenda che si trascinava ormai da troppo tempo. Ancora non si riesce a capire come mai ci si sia dimenticati di una struttura costata oltre sei milioni di euro in un periodo in cui il sovraffollamento delle carceri ha raggiunto da tempo il livello di guardia”. “L’apertura del penitenziario sarebbe utile non solo per i tanti agenti che potrebbero tornare a lavorare poca distanza da casa ma anche per il tessuto economico della città - ha proseguito l’On Donegani. Viterbo: Talete Spa; sono nella norma i livelli di arsenico dell’acqua destinata al carcere Dire, 13 settembre 2011 “Dai prelievi effettuati dalla Asl nell’area dove è insediata la casa circondariale di Viterbo, risulta che la quantità di arsenico presente è compresa fra 11 e 20 microgrammi/litro. Pertanto, in base alla deroga della Regione Lazio, sono consentiti tutti gli usi potabili con eccezione dei bambini sotto i tre anni di età e donne in stato di gravidanza. Il carcere in questione ospita detenuti si sesso maschile e non minorenni”. In una nota ufficiale la Talete Spa, la società pubblica che si occupa del servizio idrico locale, smentisce l’allarme lanciato qualche giorno fa dal garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni. Marroni, infatti, aveva parlato di un’emergenza legata all’altissimo contenuto di arsenico nell’acqua di Viterbo, con i “detenuti del carcere di Mammagialla costretti o a bere l’acqua che esce dai rubinetti o a pagare di tasca propria bottiglie di acqua minerale per bere e cucinare. Un sacrificio troppo grande per detenuti che, troppo spesso, non hanno i soldi neanche per i francobolli”. Talete, invece, rimanda al mittente le accuse, sostenendo che “la concentrazione di arsenico è nella norma”. Gorizia: il sindacato di Polizia Sap contro la chiusura del penitenziario Ansa, 13 settembre 2011 Solidarietà ai colleghi che lavorano nel carcere di Gorizia ma anche preoccupazione è stata espressa dalla sezione provinciale del Sap, il sindacato di Polizia, per le continue voci su una possibile chiusura del penitenziario. “Il Sap esprime solidarietà ai colleghi della Polizia Penitenziaria per il clima d’incertezza che stanno vivendo, ma manifesta anche forte preoccupazione per i risvolti negativi connessi alla probabile chiusura del carcere goriziano che sebbene di modeste dimensioni è di valido supporto all’attività delle Forze di Polizia di Gorizia e anche per il Cie - si legge nel comunicato. La sua chiusura sarebbe quanto mai negativa per l’operatività. Infatti in occasione di eventuali arresti gli operatori sarebbero costretti, con i rischi del caso, a viaggi a Trieste o Udine sottraendo quindi unità al territorio”. “In Italia ci sono carceri in numero più del doppio rispetto alle province - conclude il Sap - e c’è semmai un problema di sovraffollamento per cui chiuderne uno anche piccolo - l’unico nella provincia - non risolve i problemi né di spesa né tanto meno di ospitalità ma mantenerlo e magari potenziarlo, invece è un segno di rispetto alle esigenze concrete del territorio”. Ancona: Sappe; letti a castello a tre piani e pipì dove capita, il carcere di Montacuto è incivile Il Resto del Carlino, 13 settembre 2011 Ancora una denuncia sullo stato in cui versa il carcere di Montacuto. Questa volta l’sos arriva dal sindacato degli agenti di polizia penitenziaria, il Sappe. Detenuti in sovrannumero che dormono locali sprovvisti di bagni e quindi costretti a fare pipì in non meglio precisati “contenitori”. Alcuni di loro sono costretti a dormire nelle salette per le attività ricreative, sprovviste di gabinetti. Questo perché le celle sono già tutte piene, con letti a castello a tre piani. “Una cosa vergognosa - tuona il segretario regionale del Sappe Marche Aldo Di Giacomo - per i reclusi, ma anche per gli operatori carcerari, una cosa che va oltre i limiti dell’accettabile. Altro che funzione rieducativa della pena - insiste - ormai il carcere è diventato una pattumiera dove si butta dentro di tutto”. Secondo il Sappe, “l’amministrazione dell’istituto di pena anconetano non ha responsabilità, serve un intervento della politica, del Governo. Se il carcere è lo specchio del nostro grado di civiltà, allora noi siamo incivili”. Per Di Giacomo la situazione carceraria è difficile in tutte le Marche, “ma particolarmente a Pesaro, dove le detenute debbono essere sorvegliate da agenti di sesso maschile per carenza di personale, e ad Ancona. In questi due istituti si sono raggiunti livelli che non hanno riscontro altrove”. Cagliari: Sdr, alto rischio di aborto per detenuta 28enne incinta di 2 gemelli Agenparl, 13 settembre 2011 “È ad alto rischio la gravidanza di V. D. 28 anni, di nazionalità serba, madre di quattro bambini di 8, 6, 5 e 3 anni, incinta di due gemelli. Ricoverata al “San Giovanni” di Dio per minaccia d’aborto cinque giorni fa dopo essersi sentita male nella cella di Buoncammino dov’era detenuta”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” con riferimento al certificato medico del Presidio. “Secondo la ginecologa infatti la donna, alla sedicesima settimana di gravidanza, presenta un quadro piuttosto delicato. L’attuale gravidanza - ha scritto la dottoressa nell’attestato - è da considerarsi ad alto rischio per l’attuale minaccia di aborto, di gemellarità, per la storia ostetrica della paziente e il conseguente rischio di rottura dell’utero e di inserzione placentare anomala con i pregressi tagli cesarei”. “Parole inequivocabili che - sottolinea la presidente di Sdr - non lasciano dubbi sulla incompatibilità con la permanenza in una struttura penitenziaria. La giovane slava era stata da subito sottoposta a terapia ormonale dai Medici di Buoncammino, avendo anche subito tre pregressi tagli cesarei, ma non è stato sufficiente. La donna, costantemente monitorata in carcere per gravidanza a rischio, è stata trasferita all’Ospedale durante la notte di mercoledì scorso quando si era sentita male”. “È evidente quindi che è necessario un provvedimento del Magistrato di Latina - conclude Caligaris - improntato al senso di umanità. La giovane mamma non ha ucciso, non ha trafficato droga, non ha picchiato o violentato qualcuno, né è associata a qualche cosca mafiosa. Deve poter pagare il debito con la giustizia in un ambiente meno opprimente di quello di un Istituto di Pena. Andare ai domiciliari oppure in una struttura alternativa dove possa anche riabbracciare i suoi bambini”. Firenze: progetto di Asl e Regione; all’Opg musica, arte, sport per reinserire i detenuti La Nazione, 13 settembre 2011 L’iniziativa costerà 130mila euro, di cui 76 finanziati dalla Regione, e prevede la realizzazione di interventi terapeutico - riabilitativi sia all’ interno dell’Opg che all’esterno. Musica, laboratori di pittura, mosaico e decoupage, attività sportive. Sono solo alcune delle attività, spiega una nota, previste per i pazienti dell’ospedale psichiatrico - giudiziario di Montelupo da un progetto realizzato dalle Asl 11 di Empoli, che la Regione finanzia per 76.000 euro. Il progetto prevede la realizzazione di una serie di interventi terapeutico - riabilitativi, da attuarsi sia all’interno dell’Opg che all’esterno, in una struttura denominata “La Casa del Drago”, nel comune di Montelupo Fiorentino. La delibera è stata approvata dalla giunta regionale, su proposta dell’assessore Daniela Scaramuccia. Si tratta “di un progetto molto articolato, che noi siamo ben contenti di finanziare - spiega l’assessore - perché senza dubbio consentirà ai pazienti detenuti di recuperare capacità disperse, sviluppare le loro potenzialità, accelerare il loro reinserimento sociale e abbreviare il periodo di detenzione. E magari diminuire anche il numero di rientri per recidiva di reato o di malattia”. Attualmente gli ospiti dell’ Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo sono 126. Negli ultimi anni, sono stati numerosi quelli che sono stati inviati in “Licenza Finale Esperimento” (cioè le dimissioni con attivazione di programmi di inserimento con i servizi competenti): 43 pazienti nel 2007, 57 nel 2008, 74 nel 2009, 84 nel 2010. Il progetto della Asl 11 di Empoli ha un costo complessivo di oltre 130.000 euro. Verrà finanziato per più di metà (76.000 euro) dalla Regione; 6.600 euro arriveranno dal Comune di Montelupo; 10.000 euro dalla Provincia di Firenze; 28.000 euro saranno a carico della Asl 11; 9.500 euro a carico del soggetto che verrà individuato come gestore del progetto a seguito della procedura di gara. Gorizia: la Comunità Arcobaleno apre una Casa di accoglienza per gli ex detenuti Il Piccolo, 13 settembre 2011 “Non scrivete che è un’inaugurazione. L’incontro di oggi serve a fare il punto con operatori, volontari e benefattori sul progetto Casa Joana di Farra”, è la preoccupazione principale di don Alberto De Nadai, fondatore della Comunità Arcobaleno di Gorizia, della quale la casa di Farra è un frutto in maturazione. Gli obiettivi di questo nuovo impegno del prete operario sono di creare una struttura per ospitare persone detenute o con un passato di carcere. “Al momento stiamo in attesa della dichiarazione di idoneità che viene rilasciata dall’Uepe (Ufficio penale esterno) del ministero di Giustizia ad accogliere detenuti o ex carcerati. Un passo senza il quale la struttura non è abilitata a ospitare né persone in attesa di giudizio né in fase di sconto di pena. Attualmente qui vive un giovane di Staranzano che ha scontato una condanna e intende fare un cammino di reinserimento sociale. Il sindaco di Farra ha promesso di farci avere una borsa di lavoro”. Nella casa, ottenuta grazie al lascito di una benefattrice, sono stati fatti dei lavori di adeguamento ad ospitare fino a un massimo di 4 persone per un periodo di non oltre 6 mesi e un operatore. In agosto 40 ragazzi di Vicenza vi hanno soggiornato per un campo di lavoro, realizzando lavori di manutenzione e un orto nuovo, ma mancano ancora degli interventi importanti, come la creazione di una cucina. “In attesa a breve delle certificazioni delle autorità giudiziarie - aggiunge don Alberto - come Comunità Arcobaleno lavoriamo alla costruzione di una rete di rapporti con enti pubblici e privati per reperire i fondi necessari. Una volta che il magistrato di sorveglianza ci avrà destinato i detenuti sulla base di progetti, sarà necessario il sostegno dei Comuni di provenienza per la creazione di opportunità di reinserimento sociale e lavorativo”. Sul piano del rapporto con il territorio, grazie alla vicinanza e al sostengo del parroco di Farra don Stefano Goina, le relazioni con i vicini e la comunità, inizialmente non facili, hanno avuto una svolta molto positiva. Un momento di apertura e riflessione è stato rappresentato ieri pomeriggio dall’incontro di presentazione del libro di don Pierluigi Di Piazza del centro Balducci di Zuliano “Fuori dal tempio”, al quale ha partecipato un numeroso pubblico oltre al sindaco Alessandro Fabbro e don Mario Vatta della Comunità San Martino di Trieste. Bolzano: musica in carcere, primo concerto per iniziativa dell’assessorato alla Cultura Alto Adige, 13 settembre 2011 Portare la musica in carcere, dare a chi è rinchiuso la possibilità di prendere parte alla vita culturale della città. Questo l’obiettivo dell’iniziativa voluta dall’assessorato alla Cultura che ha organizzato due concerti per i detenuti nel carcere di Bolzano. Come ha precisato l’assessore Patrizia Trincanato, “in questo modo vogliamo comunicare ai detenuti che anche loro fanno parte della nostra città”. Dopo l’esperienza positiva dello scorso anno, “Musica oltre le sbarre”, come è stata battezzata l’iniziativa, è tornata ieri e si ripresenterà mercoledì 21 settembre. Due concerti all’interno del carcere: uno di rock e blues con la band bolzanina Ago & Friends, tenutosi ieri, e uno classico nel quale si esibirà il giovane gruppo di ottoni dell’Accademia Gustav Mahler (due trombe, tre corni e una tuba). Il sindaco Luigi Spagnolli ha sottolineato l’alto valore sociale, oltre che artistico, dell’iniziativa e ha ringraziato i musicisti presenti per la loro disponibilità ad esibirsi gratuitamente a favore dei detenuti. La direttrice della casa circondariale di Bolzano, Annarita Nuzzacci, ha ringraziato il Comune di Bolzano per l’iniziativa che viene accolta dai detenuti con molto interesse ed entusiasmo: del resto musica e arte donano un senso di libertà anche a chi ne fruisce. Entusiasmo anche tra i musicisti: Agostino Accarino degli Ago & Friends considera l’impegno sociale importante anche per i musicisti, mentre per il direttore artistico dell’Accademia Gustav Mahler Jürgen Kussmaul è tempo che la musica, anche quella classica, scenda dal palco e vada incontro alla gente. Così l’Accademia Gustav Mahler tiene concerti nelle scuole, in ospedale, e ora anche in carcere dove i sei giovani musicisti intendono portare nutrimento per l’anima e per lo spirito, come ha concluso Ole Frederiksen, assistente del direttore artistico. Cagliari: Sdr; niente soldi per gli agenti, fondi usati per le vacanze di dirigenti vip L’Unione Sarda, 13 settembre 2011 Gli agenti penitenziari di Buoncammino da tempo combattono contro organici ridotti all’osso e condizioni lavorative precarie. Oggi il personale del carcere lamenta da un anno anche il mancato pagamento delle missioni. I soldi sono stati dirottati per pagare le scorte delle autorità del Dipartimento venute in vacanza in Sardegna. Da un anno agli agenti penitenziari del carceri Buocammino di Cagliari non vengono pagate le missioni. Lo denuncia Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme, sottolineando di ritenere giuste le proteste del personale. Secondo quanto riferito dall’esponente socialista, “le somme destinate alle missioni degli ultimi mesi per Buoncammino sono state quasi interamente utilizzate per il pagamento degli anticipi al personale del Provveditorato in servizio di scorta e tutela alle autorità del Dipartimento venute in vacanza in Sardegna”. “Nel condividere il richiamo al rispetto del contratto che stabilisce il pagamento delle missioni entro i 30 giorni successivi non si può fare a meno di osservare - sottolinea Caligaris - che in un momento di così grave crisi economica è indispensabile garantire il dovuto a chi lavora. Il mancato riconoscimento delle missioni è un aspetto che agisce negativamente sul personale peraltro molto provato dal sovraffollamento e dalla pesantezza dei turni di servizio in un istituto dove mancano non meno di 70 agenti”. Sul problema ha preso posizione la segreteria provinciale della Uil-pa penitenziari annunciando ricorsi all’autorità giudiziaria. Francia: 30mila nuovi posti nelle carceri… Sarkozy torna a cavalcare il tema della sicurezza Ansa, 13 settembre 2011 Torna in campagna elettorale Nicolas Sarkozy e riprende a parlare di sicurezza: i giovani delinquenti francesi, annuncia, potranno scontare le proprie condanne svolgendo un servizio civile nelle caserme, inquadrati direttamente da militari. Si tratta di una delle principali misure messe oggi sul tavolo dal presidente francese che ha presentato il progetto di legge per “l’attuazione delle condanne” al voto in autunno. Lo stesso progetto prevede anche un’altra misura chiave: la creazione di 30.000 nuovi posti nelle prigioni francesi entro sei anni, portando così il totale a 80.000 circa. Le carceri transalpine da tempo fanno fronte ad un numero di detenuti in eccesso (per la precisione 64.052 persone registrate al primo agosto scorso) rispetto ai posti disponibili (56.506). Sarkozy ha anche promesso nuove misure contro la recidiva ed in particolare per il trattamento dei delinquenti sessuali. Ma ad attirare l’attenzione dei media oggi è soprattutto la prima misura sul cosiddetto “inquadramento militare” dei giovani condannati. E questo perché l’idea in realtà non suona affatto nuova. Anzi, Sarkozy l’ha presa in prestito dalla socialista Segolene Royal, che fu candidata all’Eliseo contro di lui nel 2007. All’epoca, come ricorda il sito del Nouvel Observateur, Sarkozy, che era responsabile degli Interni, criticò apertamente la proposta della rivale, al punto da ridicolizzarla. Ed il 1/o giugno 2006, in visita a Perpignano, nel sud della Francia, esclamò: “a volte le sue proposte mi sorprendono. Non penso che il futuro dei giovani sia di essere presi in mano dai militari, è una sua scelta fare affermazioni così incompetenti”. A pochi mesi dalle elezioni presidenziali, il tema della sicurezza diventa il leitmotiv della politica di fine mandato di Sarkozy, in visita oggi al nuovo centro penitenziario di Reau, nella regione di Parigi, che accoglierà a ottobre i suoi primi detenuti. Appena ieri il ministro dell’Interno, Claude Gueant, aveva sferrato il suo attacco contro i clandestini romeni. Dati alla mano, Gueant ha mostrato che la delinquenza romena è in netto aumento a Parigi (un delinquente su 10 è romeno, ha detto), annunciando tra le altre cose il divieto di chiedere l’elemosina sugli Champs - Elysees ed il rinvio in Romania dei giovani clandestini al primo errore con la giustizia. Libia: Amnesty; milizie del Cnt responsabili di crimini di guerra e abusi sui prigionieri Aki, 13 settembre 2011 “Le milizie degli insorti in Libia hanno commesso serie violazioni dei diritti umani e probabilmente anche crimini di guerra, ma il Consiglio nazionale transitorio ha mostrato riluttanza a ritenerle responsabili”. È la denuncia che Amnesty International fa nel suo rapporto sulla situazione in Libia, nel quale chiede al Cnt di intraprendere azioni affinché venga messa fine all’abuso dei diritti umani contro gli uomini dell’ex leader Muammar Gheddafi. Nel suo ultimo rapporto, Amnesty sottolinea come la maggior parte degli abusi durante il conflitto sia stata compiuta dalle forze lealiste, ma anche come le milizie ribelli siano coinvolte nel commettere torture e omicidi. I miliziani dell’opposizione e i loro sostenitori hanno rapito, arrestato in modo arbitrario e ucciso ex membri delle forze di sicurezza (di Gheddafi, ndr), sospetti lealisti di Gheddafi, catturato soldati e cittadini stranieri erroneamente sospettati di essere mercenari che combattevano al soldo delle forze di Gheddafi, si legge nel rapporto intitolato “La battaglia per la Libia - Uccisioni, sparizioni e torture”. Nel documento si fa riferimento al linciaggio di africani sospettati di essere mercenari che combattevano dalla parte di Gheddafi, così come agli omicidi per vendetta e alle torture compiute nei confronti di alcuni soldati di Tripoli catturati. Un quadro completo della situazione deve ancora emergere, precisa Amnesty, che però ha chiesto alla leadership dell’opposizione di indagare sugli abusi commessi, combattere la xenofobia e il razzismo. Il Cnt sta affrontando un difficile compito nel dominare i combattenti dell’opposizione e dei gruppi di vigilantes responsabili di seri abusi dei diritti umani, compresi possibili crimini di guerra, ma ha mostrato riluttanza nel ritenerli responsabili, prosegue il documento. Russia: la Suprema Corte dichiara illegale la detenzione preventiva inflitta a Khodorkovsky Il Velino, 13 settembre 2011 Nuova pronuncia della Suprema Corte della Russia a favore di Mikhail Khodorkovsky e di Platon Lebedev. Il massimo tribunale della Federazione ha definito “illegale” la detenzione preventiva comminata ai due ex magnati del petrolio mentre erano in attesa del secondo processo a loro carico. Nel riferirlo la Ria Novosti ricorda che un’analoga pronuncia era stata emessa dalla stessa corte relativamente alla custodia dei due uomini nel periodo maggio - agosto 2010. In quell’occasione il tribunale citava le modifiche al codice penale che hanno abolito la detenzione in attesa di giudizio per i reati a sfondo economico. Lo scorso dicembre i due ex oligarchi sono stati raggiunti in carcere da una sentenza a 14 anni per appropriazione indebita di petrolio. Le condizioni della detenzione di Khodorkovsky e Lebedev sono state oggetto di ripetute critiche dell’Occidente nei confronti dell’amministrazione di Vladimir Putin prima, e di quella di Dmitrij Medvedev poi. A maggio 2011, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che Khodorkovsky non è riuscito a dimostrare la motivazione politica, come da lui affermato, delle condanne ricevute. Tuttavia il tribunale di Strasburgo ha accusato la Russia di aver commesso numerose violazioni dei diritti dell’ex leader di Yukos durante il suo arresto e durante il periodo di custodia cautelare.