Il diario di Elton: “Ogni giorno il rituale dell’attesa della posta” Redattore Sociale, 6 ottobre 2011 “Prima avevo una scatola piena di buste spedite da mia madre. Poi la stanchezza, la tristezza, il tempo, gli anni hanno consumato lentamente la sua voglia di comunicarmi così tanti dettagli della sua esistenza”. È mezzogiorno. In questa fase della giornata passa sempre un agente con la classica borsa da postino e consegna la corrispondenza. Spinto da un riflesso condizionato chi spera che qualcuno l’abbia pensato con una lettera a quest’ora si appoggia al cancello della propria cella. In genere, se qualcuno si ferma d’avanti alla cella è per portare il pasto oppure la posta, entrambi di vitale importanza: il primo serve per nutrirsi e rimanere in vita, la seconda invece è una finestra che, quando c’è, ti trasporta in una dimensione diversa, lontana. Soggetto anch’io a questo riflesso condizionato, appoggio la testa sulle sbarre del cancello. I miei amici e parenti sanno che uscirò tra poco e non mi scrivono più. I miei genitori è da qualche anno che non lo fanno. Prima avevo una scatola di cartone piena di buste spedite da mia madre: centinaia di lettere contenenti emozioni, pensieri, sogni, preoccupazioni, raccomandazioni, lacrime, sorrisi e tutto quello che mia madre trasformava in inchiostro per sentirsi un po’ vicino a me. Poi la stanchezza, la tristezza, il tempo, gli anni hanno consumato lentamente la sua voglia di comunicarmi così tanti dettagli della sua esistenza. E ora ci limitiamo alla telefonata settimanale. Dieci minuti durante i quali si contende la cornetta con mio padre, che spesso resiste, ma a volte la cede, per non litigare in mia presenza. Non aspetto posta, ma ormai sono condizionato dai rituali della galera. Guardo i cancelli delle altre celle, la mia irrequietezza è comune a tutti. Anche gli altri si sono affacciati, si parlano, ascoltano, attendono ansiosi il tintinnio di chiavi. Si sentono i passi, il segnale inconfondibile dell’arrivo dell’agente. Trattengo il respiro. Nessuno respira più. L’agente cammina piano. Supera una, due, tre celle. Sento i passi delusi di chi è stato superato che sbuffa e ritorna in branda. L’agente mi passa davanti, senza guardarmi. Poi si ferma due celle più avanti. Usa una penna Bic come tagliacarte per aprire la busta e ispezionarne il contenuto. Estrae una lettera, constata l’assenza di materiale illecito e consegna la corrispondenza al legittimo destinatario. Poi ritorna sui suoi passi e se ne va. Anche oggi la posta è passata. Tra quattro ore e mezzo passerà la cena. Elton Kalica (in collaborazione con Ristretti Orizzonti) Elton è un 35 enne albanese, detenuto nel carcere Due Palazzi di Padova con una condanna a 14 anni e 8 mesi per sequestro di persona a scopo di estorsione (senza armi e durato due giorni). Il prossimo 25 ottobre finirà di scontare la sua pena e tornerà libero. Firma storica della rivista Ristretti Orizzonti, attende di sapere se sarà rimpatriato in Albania o se potrà restare in Italia e lavorare da esterno per Ristretti. Ha deciso di raccontare su “Redattore sociale” i suoi ultimi giorni dentro. Giustizia: il Guardasigilli ascolti Pannella… per le carceri servono risposte incisive di Pietro Mancini L’Avanti, 6 ottobre 2011 Detenuto in una cella del superaffollato carcere di Poggioreale dallo scorso mese di luglio, per effetto dei voti “manettari” della Lega - garantista, invece, con il ministro Romano e con il tremontiano Milanese, il deputato del Pdl, Alfonso Papa, dovrà scegliersi, adesso, un nuovo avvocato. I suoi legali, infatti, hanno deciso di rinunciare alla difesa del magistrato in aspettativa - dopo che il gip ha rigettato la loro ennesima istanza di scarcerazione - ritenendo impossibile trasportare nella vecchia e fatiscente prigione di Napoli 20mila pagine di atti, per esaminarli con il loro assistito. E il gip si è persino rifiutato di acquisire, dall’infermeria del carcere, la cartella clinica del detenuto: per gli ex avvocati di Papa, si tratta di un’omissione inaccettabile, che dimostra disinteresse per la salute del recluso”. Pertanto, il parlamentare, accusato di far parte della loggia “P4” il cui presunto capo, Gigi Bisignani, è agli arresti domiciliari, nel suo villone romano - resta in cella: dimagrito, depresso, sofferente di insonnia, deve essere sistematicamente sedato. Non ha ancora commesso gesti disperati, ma i due penalisti partenopei, D’Alise e Di Casola, ex magistrato, non si sentono di escluderli per le prossime settimane. Ormai, anche non pochi garantisti del centrosinistra - seppur silenziosi come, peraltro, molti colleghi di don Alfonso - dovrebbero aver ben compreso l’uso, che si intende fare del disco verde, dato dalla maggioranza della Camera all’arresto di Papa. L’indagato è stato interrogato e poi rinviato a giudizio, il rito immediato è stato fissato per il 26 ottobre. Non ci sarebbe alcuna ragione per non disporre l’apertura della sua angusta cella. In realtà, gli ex colleghi non “amano” Papa per vecchi contrasti, risalenti al periodo in cui don Alfonso sostenne la discussa gestione dell’allora capo della Procura di Napoli, Agostino Cordova, coraggioso e con un carattere spigoloso, più noto come “lo sceriffo di Palmi”. Sono tante le storture di questo caso del detenuto Papa Alfonso, per il quale la qualifica di parlamentare sta diventando, paradossalmente, un’aggravante. Dal legittimo contrasto della magistratura e dalla fondata avversione dei cittadini nei confronti dei privilegi, le ruberie, gli sprechi della pletorica e famelica, soprattutto nel Sud, “Casta”, non si può passare a forme, che possano adombrare l’esistenza di persecuzioni giudiziarie. Esse vanno bocciate, in quanto incompatibili con lo Stato di diritto e con le garanzie, da assicurare a tutti, di processi giusti, che non siano preceduti da lunghi periodi di detenzione, somiglianti a forme coercitive di odiosa tortura psicologica. Sui complessi problemi della giustizia e delle carceri, sollevati, quasi esclusivamente, dai radicali di Marco Pannella, è auspicabile che il nuovo Guardasigilli, il magistrato in aspettativa Francesco Nitto Palma (Pdl), presenti, presto, delle proposte incisive e convincenti, da anni vanamente attese. Giustizia: Uil; il Dap ha 150 milioni € di debiti, usare soldi per piano - carceri per ripianarli Ansa, 6 ottobre 2011 Sono “praticamente esauriti” i fondi per il vitto quotidiano dei detenuti. E non solo: “tra qualche giorno non sarà più possibile garantire il pieno agli automezzi di servizio e ciò impedirà la presenza dei detenuti nelle aule dibattimentali”; ne “sarà più possibile” acquistare materiali di pulizia per le celle e “questo inciderà sulla già precaria situazione igienico sanitaria delle strutture detentive”. La denuncia è della Uil penitenziari, che spiega che tutto questo dipende dai “150 milioni di debiti del Dap”, il Dipartimento che si occupa dell’amministrazione penitenziaria, e avverte che a rischio sono anche le somme che l’Amministrazione deve al personale di polizia penitenziaria da circa diciotto mesi per il saldo di servizi straordinari e di missioni espletate. “Il Governo deve quanto prima trovare le risorse economiche utili al sostentamento, altrimenti il rischio è di una implosione violenta ed incontrollabile”, avverte il sindacato, che rilancia una proposta già presentata al ministro della Giustizia Nitto Palma: “stornare fondi dal piano carceri per destinarli ad un piano di manutenzione straordinaria e di automazione” dei penitenziari già esistenti. Insomma “qualche carcere nuovo in meno per garantire la funzionalità di quelli in uso”. Giustizia: Pecorella (Pdl); giudicare è dubitare… il garantismo eccessivo non esiste di Franco Insardà Liberal, 6 ottobre 2011 Secondo l’esponente del Pdl “abbiamo perso questi tre anni di governo, senza toccare nessuno del punti nevralgici del nostro sistema giudiziario”. La nostra giustizia è malata di eccessivo garantismo? “Se è così e se questo serve ad assolvere degli innocenti, è un bene: negli Usa, Amanda e Raffaele sarebbero stati già condannati in via definitiva”, dice Gaetano Pecorella C’è una madre che aspetta ancora di conoscere chi le ha ammazzato la figlia. Ci sono due ragazzi che forse hanno passato da innocenti quattro anni in galera. La sentenza di appello che ha assolto Amanda Knox e Raffaele Sollecito ha scaricato sul sistema giudiziario italiano una miriade di dubbi, da fugare soltanto con una riforma della giustizia che vada oltre i personalismi e le convenienze. Invece, come guelfi e ghibellini o come al bar dello sport il lunedì mattina, tutti a dividersi sulla decisione dei giudici di Perugia. Secondo l’avvocato Gaetano Pecorella, uno dei maggiori penalisti italiani, bisognerebbe sottolineare come “il nostro sistema giudico dà delle garanzie e in questo caso ha dimostrato che c’è possibilità di accertare l’innocenza o meno degli imputati. Sarebbe, quindi, opportuno smetterla di farci censurare dal resto del mondo come se il nostro sistema giuridico fosse pessimo”. Quindi funziona tutto bene? No. Questa vicenda ha messo in evidenza la totale ingiustizia del sistema della custodia cautelare. E questi quattro anni scontati dai due ragazzi non si giustificano. Che cosa si sarebbe dovuto fare? Adottare delle misure diverse per controllarli e per evitare alla cittadina straniera di andarsene dall’Italia. Ma il carcere è un’anticipazione di sofferenza che non ha motivo di essere. Proprio alla luce di questi fatti bisogna tornare a meditare sulle soluzioni alternative al carcere preventivo. Intanto in Italia il 40 per cento dei detenuti sono in attesa di giudizio. Appunto. Con soluzioni alternative per i detenuti in attesa di giudizio avremmo risolto sia l’affollamento delle carceri, sia l’ingiusta detenzione. È un punto nodale della nostra giustizia sul quale concorda lo stesso presidente dell’Anni, Luca Palamara. Purtroppo abbiamo perso questi tre anni di governo, senza toccare nessuno dei punti nevralgici del nostro sistema giudiziario. Secondo uno dei pm di Perugia il nostro sistema è troppo garantista. È d’accordo? Se fosse meno garantista sarebbero stati condannati due innocenti, sulla base di prove che si sono dimostrate fragili o, addirittura, viziate. Se il garantismo consiste nel disporre una perizia per accertare la verità allora dico: viva il garantismo. L’altro sostituto ha criticato i cori da stadio dopo la sentenza. Questo è il segno dei tempi oscuri che stiamo vivendo e della distorsione totale della cultura della gente comune sul significato della giustizia che non è né esaltazione di eroi dei processi, siano essi magistrati o imputati, ma nemmeno un linciaggio cieco e ignorante, da parte di persone che, sicuramente, non conoscono tutti i percorsi processuali e di prova. Lo stesso magistrato ha aggiunto che questa decisione non fa giustizia. Essendo il pm è quasi scontato questo giudizio. Ma proprio questo caso dimostra che la sacralità della decisione del giudice è un mito che va cancellato: perché o sono stati condannati due innocenti in primo grado, o assolti due innocenti in appello. Voglio dire che i giudici possono sbagliare, e la cosa accade abbastanza spesso, vista l’alta percentuale di sentenze riformate in secondo grado. La madre di Meredith Kercher ha dichiarato di continuare ad avere fiducia nella giustizia italiana. Un esempio da seguire? Certamente, anche perché credo che abbia assistito, giorno dopo giorno, a un processo che si è svolto con grande attenzione e serenità da parte dei giudici. Naturalmente alla fine c’è chi vince e chi perde, ma sarebbe il colmo che ogni volta che c’è una sentenza sfavorevole per una delle due parti questa dichiarasse che non c’è giustizia. In tutti i processi c’è giustizia? Ci sono dei casi, ma si tratta proprio di quei processi dove non si va a scavare in profondità per individuare le prove, per stabilire con certezza e al di là di ogni ragionevole dubbio, come dice la legge di cui mi vanto di essere l’autore, se una persona è innocente o meno. Quella non è giustizia. La mancanza di giustizia, cioè, non è nel risultato, ma nel modo di svolgere il processo. I media e la pressione internazionale hanno influito sulla sentenza di Perugia? Credo che sia un fenomeno assai singolare che un grande Paese come gli Stati Uniti si schieri, senza dubbi e incertezze, a favore di qualcuno soltanto perché si tratta di un cittadino statunitense. Non penso che i giornali americani e l’opinione pubblica sia al corrente degli elementi di questi processo. È il solito atteggiamento nei confronti dell’Italia che viene considerato un Paese incivile, secondo il quale chi finisce nelle maglie della nostra giustizia è poco garantito. Questo processo è la prova che il nostro sistema è in grado di autocorreggersi. II New York Times, però, ha elogiato il nostro sistema giuridico. C’è da esserne contenti? Certamente. Bisognerebbe far presente a molti altri organi di stampa statunitensi che se i due ragazzi fossero stati giudicati in America sarebbero già stati condannati a morte, senza possibilità di una revisione. Negli Stati Uniti, infatti, non c’è un secondo grado di giudizio nel merito, ma è previsto un ricorso relativo soltanto a vizi procedurali. Secondo il segretario del suo partito Angelino Alfano i giudici non pagano mai i loro errori. È vero, si tratta di una categoria autoreferenziale. Tanto è vero che la riforma costituzionale, purtroppo di nuovo arenata, prevedeva un organo autonomo, composto non solo da magistrati, per giudicare i giudici. Nel caso di Perugia, però, le maggiori responsabilità sono da attribuire a chi ha raccolto le prove. Una cosa che accade spesso. L’abbiamo visto a Perugia, nel caso di Garlasco e, tutto sommato, anche nella vicenda di Cogne. Bisogna creare una scuola specialistica per tutti coloro che fanno il primo intervento sul luogo del delitto. Solo così si può evitare di inquinare le prove. Intanto Amanda Knox è volata negli Stati Uniti e molti hanno sollevato dubbi su un eventuale seguito del processo. Processarla sì, perché non è richiesta la sua presenza. Se fosse condannata escluderei che possa tornare in carcere, perché un cittadino americano non è estradabile e, comunque, non lo farebbero mai, visto l’atteggiamento dell’opinione pubblica. Sarebbe stato, invece, un bel gesto dichiarare di essere a disposizione della giustizia italiana. Giustizia: storia di Stefano vittima del carcere, il caso Cucchi in un documentario di Arianna Finos La Repubblica, 6 ottobre 2011 Sorride impacciato alla videocamera, bacia amici e parenti, solleva in braccio il nipotino, spegne la candela su una torta nel piccolo soggiorno di casa, a Tor Pignattara, periferia romana. Stefano Cucchi avrebbe compiuto 33 anni sabato scorso. Invece è morto due anni fa, morto di carcere. “Siamo stati sempre una famiglia unita, piena di zii e parenti. Mai avremmo pensato che mio fratello sarebbe morto abbandonato a se stesso, nell’inerzia di quei rappresentanti delle istituzioni che dovevano custodirlo”, dice la sorella Ilaria. Quelle immagini di festa, era il 2008, ora fanno parte del documentario “148 Stefano, i mostri dell’inerzia”, che sarà presentato come evento speciale al Festival di Roma. “Ha una qualità cinematografica superiore alla media dei documentari italiani per luci, grafica e animazione”, spiega Mario Sesti, uno dei curatori della rassegna. “E l’aver capito che Ilaria era una delle protagoniste fondamentali di questa storia, gli dà un carattere di racconto toccante e non solo di inchiesta”. “Giancarlo Castelli, l’autore del soggetto, ed io, non puntavamo a un’opera di denuncia - dice il regista Maurizio Cartolano - volevamo ricordare, raccontare la storia di Stefano e della sua famiglia. Una storia simbolo: il titolo si riferisce al numero degli uomini e delle donne morti in carcere nel 2009. Cucchi è la 148ma vittima”. Ilaria ha affidato la sua denuncia e il suo dolore al libro “Vorrei dirti che non eri solo”, in cui scandisce e precisa gli eventi. Quando viene arrestato, la notte del 15 ottobre 2009, Stefano ha addosso una piccola quantità di droga. Il 22 ottobre la madre scopre che il figlio è morto attraverso l’atto che autorizza l’autopsia. Una foto restituirà l’immagine scioccante del suo corpo scarnito, cosparso di lividi e lesioni, di cui nessuno spiegherà le cause. Nei sei giorni precedenti lei, il padre e la sorella Ilaria tentano di vedere o avere notizie di Stefano. Invano. Sarà l’inizio di una battaglia contro un muro di gomma, in piedi ancora oggi, a processo in corso. Nel documentario di 65 minuti, Stefano emerge come un giovane fragile, circondato dall’affetto della famiglia. Non è lo “zombie” che si è “spento in carcere perché drogato, anoressico e sieropositivo”, come lo definiva pochi giorni dopo la morte il sottosegretario Carlo Giovanardi. Nel film si sente la voce di Cucchi, che durante il processo tiene a dire “io lavoro con mio padre”. Una sequenza animata in grigio e rosso ricostruisce i suoi ultimi giorni attraverso caserme, carceri, ospedale. Nel film parlano Ilaria Cucchi, Lucia Uva (sorella di Giuseppe) e Patrizia Moretti (madre di Federico Aldrovandi). All’anteprima di Roma saranno insieme sul tappeto rosso. Giustizia: “Amanda Knox molestata in carcere”, da Londra accuse all’Italia di Enrico Franceschini La Repubblica, 6 ottobre 2011 Il “Sun” contro un agente penitenziario di Perugia. Coro di smentite. Era ossessionato dal sesso, voleva sapere con chi l’ho fatto, come lo facevo, ero sorpresa e scandalizzata. Dal delitto di Perugia continuano a sprigionarsi misteri, sospetti e veleni. Neanche 24 ore dopo il rientro in patria, Amanda Knox viene tramutata da accusata in accusatrice da uno scoop, vero o presunto si vedrà, di un tabloid inglese: il Sun, che sbatte in prima pagina la rivelazione secondo cui la guardia carceraria Raffaele Argirò tormentava la giovane imputata durante “chiacchieratine” serali in un ufficio della prigione, “era ossessionato dal sesso, voleva sapere con chi l’ho fatto, come lo facevo, ero scandalizzata e sorpresa dalle sue provocazioni”, avrebbe scritto la ragazza in un memoriale dietro le sbarre. Ma l’ispettore penitenziario Argirò smentisce tutto e gli avvocati italiani di Amanda negano che la loro cliente si sia lamentata di lui o abbia anche solo fatto il suo nome. Forse anche per questo, nel corso della giornata, il Sun fa un’apparente retromarcia: mentre al mattino, nell’edizione cartacea, riportava il nome dell’agente carcerario e ne pubblicava la foto, più tardi nell’edizione online fa scomparire nome e immagine, riferendo le accuse a un’anonima guardia. Una bufala giornalistica? Un malinteso? O c’è qualcosa di nuovo? In ogni caso sembra la dimostrazione che il processo di Perugia era, e probabilmente rimarrà almeno ancora per un po’, qualcosa di più di un procedimento giudiziario: un circo, dove media e giustizia si mescolano in un tutt’uno in cui è spesso difficile separare verità da fantasia. Ecco cosa il Sun, nella corrispondenza da Perugia di Bob Graham, un giornalista free-lance, riporta dal memoriale attribuito ad Amanda sui suoi rapporti con Argirò: “Mi accompagnava a tutte le visite mediche, due volte al giorno, e la notte mi chiamava al terzo piano in un ufficio vuoto per una chiacchieratina. Quando gli ripetei che non sapevo nulla dell’omicidio di Meredith, provò a farmi parlare di lei e io gli dicevo sempre che era mia amica. Oppure cercava di provocarmi facendomi parlare di sesso. Quando me ne resi conto provai a cambiare argomento. Ero sorpresa e scandalizzata. Sembrava che volesse mettermi alla prova, per capire la mia personalità, per capire se ero un’assassina, come lui supponeva. Voleva sapere con chi ero andata a letto, forse per dare alla polizia i nomi di altri sospetti”. Il Sun riporta una parziale smentita del secondino, che dice: “Davo solo una mano nelle indagini, era lei a parlare per prima di sesso”. Ma interpellato ieri da Repubblica, Argirò, ispettore di polizia penitenziaria, ex-vicecomandante del carcere in cui era rinchiusa Amanda e attualmente vicecoordinatore del nucleo traduzioni della medesima prigione, smentisce categoricamente, sostenendo di avere solo dato “carta e penna” alla ragazza dopo l’arresto, invitandola a scrivere come erano andate le cose e lei gli avrebbe a quel punto raccontato di avere passato la sera del delitto “a casa di Raffaele, guardando un film e facendo sesso”. Tutto qui. Negano pure Carlo Dalla Vedova e Luciano Ghirga, difensori dell’americana: “Amanda non si è mai lamentata del comportamento dell’ispettore Argirò e nel memoriale che ha scritto in carcere non fa mai il suo nome”. Giustizia: Frattini; scorretto associare Amanda Knox a Chico Forti, ogni caso fa a sé Agi, 6 ottobre 2011 “Ogni sentenza ha la sua storia, un suo percorso, ed una portata di motivazioni rigorosamente circoscritte a quel caso specifico. E trovo quindi che il voler associare ad ogni costo casi molto diversi tra loro - come ad esempio la recente sentenza di Perugia su Amanda Knox ed il caso Chico Forti - possa essere scorretto e considerato un pericoloso gioco mediatico”. Lo scrive il ministro degli Esteri, Franco Frattini, sul suo blog Diario italiano, riferendosi ai “tanti appelli e le numerose richieste per un’azione presso le autorità di giustizia americane tesa a chiedere la liberazione di Chico Forti”, l’imprenditore trentino da 12 anni in carcere in Florida con l’accusa di omicidio. “Sono appelli e richieste che seguo con attenzione e di cui io in prima persona insieme agli uffici competenti del Ministero degli Esteri ci occupiamo da molti anni, come per tutti i casi di italiani detenuti all’estero”, assicura Frattini, sottolineando che “l’America è una grande democrazia e l’unico passo che non possiamo compiere è quello di un’interferenza politica e diplomatica nel sistema giudiziario di un Paese democratico”. “Il sistema giudiziario degli Stati Uniti non è quello raccontato nei film, al contrario si basa sulla presunzione di innocenza e prevede un ampio dibattimento. L’unica possibilità che abbiamo, quindi - e che suggerisco anche a voi amici e supporter di Chico Forti - è quella di verificare se sussistano nuovi elementi a discarico non emersi e non considerati nella fase del giudizio, elementi che potranno riaprire il caso, valutare nuove prove ed accertare la sua responsabilità o menò, conclude il titolare della Farnesina. Sicilia: Osapp; il presidente Lombardo disinteressato a sovraffollamento delle carceri Adnkronos, 6 ottobre 2011 “Il Consiglio regionale del Lazio ieri ha approvato a maggioranza una mozione sul sovraffollamento delle carceri. Un plauso alla Polverini nel Lazio. In Sicilia, invece, nonostante lo Statuto speciale, il presidente della Regione non si occupa di carceri. Sono stati numerosi gli appelli che abbiamo rivolto in questi anni al governatore siciliano, ma lui non si è degnato di rispondere”. Lo afferma in una nota il vicesegretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Mimmo Nicotra. “Le condizioni delle carceri e della popolazione detenuta della sua regione - prosegue - probabilmente non gli interessano fino al punto da sentire le argomentazioni dei rappresentanti del personale che ogni giorno vive l’inferno delle case circondariali isolane. La sospensione dei rimborsi dei mezzi pubblici per le forze dell’ordine in Sicilia dimostra il disinteresse, oltre che per le carceri, anche per il personale delle forze dell’ordine. Al riguardo - conclude, nei prossimi giorni annunceremo forme di protesta”. Messina: detenuto romeno muore… durante l’arresto ha “sbattuto il viso sul pavimento” Agi, 6 ottobre 2011 Un’inchiesta dovrà chiarire le cause della morte di un detenuto romeno, Marcel Vitiziu, 30 anni, della casa circondariale di Gazzi, a Messina, morto lunedì, per arresto cardiaco, mentre in ambulanza veniva trasferito al Policlinico. Il procuratore aggiunto Vincenzo Barbaro e il sostituto Federica Rende hanno dato incarico a due medici legali palermitani di effettuare l’autopsia. Il 30enne era stato arrestato venerdì sera dai carabinieri in una rivendita di tabacchi di Camaro Inferiore. Era ubriaco e all’arrivo dei militari si è scagliato contro di loro con calci e pugni. A fatica sono riusciti a mettergli le manette ma lui riesce a divincolarsi, perde l’equilibrio e cade sbattendo il viso sul pavimento. Non si calma e per metterlo sull’ambulanza viene legato alla lettiga e ammanettato. Al pronto soccorso dell’ospedale “Piemonte” viene sedato e giudicato guaribile in 30 giorni: ha lesioni al naso ed all’arcata sopraccigliare. Quindici minuti dopo la mezzanotte viene trasferito in carcere. L’indomani, alle 11, viene portato in ambulanza al Policlinico per sottoporlo alla Tac da cui si rileva un trauma cranico-facciale, la rottura del setto nasale e un edema. Viene riportato in carcere, ma le condizioni peggiorano e domenica, alle 8.18, viene sottoposto al Policlinico ad un’altra Tac che conferma la diagnosi precedente. Torna così di nuovo in carcere. Lunedì, alle 9.30, il Gip Masimiliano Micali non riesce a convalidare l’arresto per le sue condizioni psicofisiche. Alle 11.15 ha un arresto cardiaco mentre un’ambulanza corre verso il Policlinico. Inutili i tentativi di rianimarlo e a mezzogiorno viene dichiarato il decesso. Il legale d’ufficio, Giuseppe Serafino, nutre dubbi sulle cause del decesso che potrebbe essere stato provocato da lesioni interne “non correttamente diagnosticate tra venerdì sera e lunedì mattina”. Chiede alla procura di accertare da dove eventualmente derivino, se da traumi o da percosse, ma anche perché è stato portato in carcere in stato d’arresto per resistenza a pubblico ufficiale e non invece sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio. Bologna: agenti continuano sciopero del pasto, sabato manifestazione davanti alla Dozza Dire, 6 ottobre 2011 Continua la protesta degli agenti della Polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Bologna. Anche ieri, riferisce una nota del Sappe, “tutti gli agenti, tranne due, non hanno consumato il pasto nella mensa”. Al tempo stesso, però, qualcosa pare muoversi. Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe, in una nota, spiega infatti: “Abbiamo saputo che ieri, finalmente, i vertici dell’amministrazione, locale e regionale, si sono riuniti per discutere del problema, ma non sappiamo quali siano state le loro determinazioni”. In attesa di scoprirlo, il sindacato degli agenti di Polizia penitenziaria continuerà a sostenere la protesta “che culminerà in una manifestazione regionale, davanti al carcere della Dozza” dopodomani dalle 10.30 alle 12.30. Foggia: Bordo (Pd); emergenza carceri, il ministro Palma si vergogni Gazzetta del Sud, 6 ottobre 2011 “L’emergenza carceri avremmo potuto superarla se Governo e maggioranza avessero mantenuto gli impegni e si fossero dedicati ad essa con la stessa determinazione profusa nell’approvazione di leggi ad personam in favore di Berlusconi”. È Michele Bordo, deputato del Partito Democratico e componente della Commissione bicamerale Antimafia, a rilevare “l’abisso ormai esistente tra le questioni discusse nel Palazzo e i problemi che impediscono allo Stato di operare con efficienza ed efficacia, innanzitutto a tutela della sicurezza e della dignità dei cittadini”. “Questo Governo aveva promesso di realizzare nuove carceri per migliorare le condizioni dei detenuti e più risorse per le forze dell’ordine e la polizia penitenziaria. In realtà, erano tutte bugie tanto che, ad esempio, gli agenti della Polizia penitenziaria in servizio in Puglia hanno affermato di essere pronti ad incatenarsi alle sbarre degli istituti di pena in cui lavorano nel tentativo di attirare l’attenzione delle istituzioni sulle disumane condizioni in cui loro sono costretti ad operare ed i detenuti a vivere. È sconcertante apprendere che siano costretti ad anticipare di tasca propria le spese per il trasferimento dei detenuti”. Il ministro della Giustizia dovrebbe semplicemente vergognarsi ed intervenire personalmente per garantire il rispetto dei diritti di lavoratori impiegati in mansioni e funzioni tanto utili quanto usuranti”. Agli agenti della polizia penitenziaria e, più in generale, alle Forze dell’Ordine “esprimo la mia più totale solidarietà e vicinanza; ma sono, purtroppo, convinto che il governo opererà ulteriori tagli alle risorse finanziarie ed umane destinate a garantire la sicurezza dei cittadini. Salvo poi far finta di accogliere e condividere gli autorevoli messaggi del Presidente della Repubblica o del Papa sulla drammaticità della situazione delle carceri italiane mentre cresce il numero dei suicidi tra i detenuti e si è aggravata l’emergenza carceraria. A fronte di queste tragedie - conclude Michele Bordo - l’indifferenza del Governo è ancor più grave e offensiva”. Bologna: un nuovo padiglione da 200 posti alla Dozza, ma non è conforme Redattore Sociale, 6 ottobre 2011 Il volume penitenziario passerà da 7 mila a 20 mila metri quadri: oltre al padiglione da 200 posti sono previsti 4 cortili, una nuova centrale tecnologica e l’ampliamento delle sale colloqui. È quanto stabilito nel decreto di localizzazione firmato ieri. Il carcere Dozza di Bologna si allarga. L’ufficialità è arrivata ieri, con la pubblicazione del decreto di localizzazione da parte dell’Amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia. Un nuovo padiglione da 200 posti, con annessi quattro cortili, corridoi di collegamento, una nuova centrale tecnologica e l’ampliamento delle sale colloqui, sarà realizzato all’interno della Casa circondariale. A firmare il decreto è Franco Ionta, capo dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e nominato commissario delegato per l’emergenza carceri. L’ampliamento della Dozza, infatti, rientra nel piano realizzato dal Governo per risolvere il sovraffollamento degli istituti penitenziari (problema che ha spinto il presidente del Consiglio a dichiarare lo stato di emergenza sia nel 2010 che nel 2011). Il nuovo padiglione della Dozza, si legge nel decreto, non è però conforme alle norme urbanistiche comunali in vigore. Lo stesso provvedimento, però, entra in vigore “in deroga alla normativa vigente, nonché in deroga e in variante alle vigenti previsioni urbanistiche”. Questo significa che, automaticamente, viene modificata la previsione contenuta nel Rue: il volume totale massimo di edificazione all’interno della Dozza passa da settemila a 20 mila metri quadrati. Il decreto, infatti, “comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere, costituisce decreto di occupazione d’urgenza delle aree individuate, costituisce variante agli strumenti urbanistici vigenti e produce l’effetto dell’imposizione del vincolo preordinato alla espropriazione”. La realizzazione del nuovo padiglione alla Dozza ha visto il parere favorevole (con prescrizioni) da parte del commissario Anna Maria Cancellieri, datato 23 dicembre 2010, mentre il 6 maggio scorso Ionta e il presidente della Regione, Vasco Errani, hanno firmato un’intesa per la localizzazione delle aree destinate alle nuove costruzioni previste dal Piano carceri. L’efficacia del decreto “decorre dalla data di pubblicazione all’albo comunale”, quindi da ieri. Si tratta ora di aspettare i lavori, che dovrebbero essere banditi dalla stessa Amministrazione penitenziaria. Contro il provvedimento “è ammesso esclusivamente ricorso giurisdizionale o ricorso straordinario al Capo dello Stato - si legge all’ultima riga del decreto - non sono ammesse le opposizioni amministrative previste dalla normative vigente”. Bologna: i ragazzi del Pratello al Terra di Tutti Film Festival Redattore Sociale, 6 ottobre 2011 “Prove costituenti 2”: 5 minuti per raccontare il loro punto di vista sul diritto al lavoro, attraverso rap, performance di mimo e hip hop. Mattanò: “Lavoro? Un tema difficile ma che i ragazzi hanno imparato a conoscere”. Il 7 ottobre al Lumière Prosegue il Terra di tutti film festival, la rassegna di cinema e documentario sociale dal Sud del mondo promossa dalle Ong Gvc e Cospe. Per venerdì 7 ottobre una sessione dedicata ai video dei giovani video makers bolognesi fra cui “Prove Costituenti 2”, il secondo atto sulla Costituzione interamente prodotto dai ragazzi dell’Istituto penale minorile del Pratello. Si tratta di una quindicina di giovani, tutti fra i 15 e i 18 anni, per la maggior parte tunisini, italiani e rumeni per un team completamente nuovo rispetto all’anno scorso. A dirigerli Agnese Mattanò, già esperta nel lavoro con le scuole e nel contatto con i ragazzi. “Dopo il successo dell’anno passato era inevitabile ripetere l’esperienza - dice - I ragazzi poi sono stati bravissimi, anche perché in poco tempo sono riusciti a svolgere un lavoro intenso su un tema come quello del lavoro, un tema difficile ma che hanno imparato a conoscere”. Per il secondo anno di fila i ragazzi del Pratello offrono 5 minuti di riflessione sul rapporto fra diritto al lavoro e Costituzione. Si incroceranno performance di mimo e hip hop, inframezzate da interviste e da una canzone rap originale realizzata in lingua italiana e francese. “Il rap è per loro un buon modo di tirar fuori le cose - spiega Mattanò - ed è stato evidente anche nella preparazione delle parti in italiano come nel freestyle in francese di uno dei ragazzi, Yannik”. Notevole anche il successo del mimo, dovuto alla proposta di lavorare su alcuni stralci de “L’usine”, pièce teatrale di Etienne Decroux. “Quando lavoro con i ragazzi, mi occupo anche della preparazione al movimento - spiega Mattanò - in questo caso è stato soprattutto Yassine, il ragazzo che compare nel video, a mostrare la capacità di sapermi seguire anche in un lasso di tempo veramente breve”. Quest’anno hanno collaborato coi ragazzi anche Dj Farrapo, produttore della base del rap, e il giovane poeta Alessandro Fabi, che si è invece occupato dei laboratori. La sessione “Giovani e partecipazione” del Terra di tutti film festival si svolgerà domani pomeriggio (7 ottobre) dalle 16 alle 17 in Sala Mastroianni (Cinema Lumière). Nella medesima sessione anche un’anteprima del film “Par Tòt documentary project” che, realizzato da Smk Videofactory e dall’associazione Oltre, racconta la parata Par Tòt nei suoi 10 anni di attività. A seguire “Calcio a Sadiki”, di Azeb Lucà Trombetta e Silvia Storelli, ovvero la storia di un immigrato di seconda generazione, e “Giardini Parlanti”, il corto sulla natura realizzato dagli allievi della classe 2 D della Scuola Testoni - Fioravanti. Milano: ragazzi usciti dall’Ipm assunti per pulire i cimiteri Redattore Sociale, 6 ottobre 2011 Succede a Milano: l’azienda è l’Amsa, municipalizzata della raccolta dei rifiuti nell’ambito del progetto “Giovani e Lavoro”. Annunciata per i primi di novembre “l’apertura del primo acceleratore di imprese carcerarie”. A Milano alcuni ragazzi, usciti dall’istituto penitenziario per minori Cesare Beccaria, lavorano alla pulizia dei cimiteri di Baggio, Bruzzano, Chiaravalle, Greco e Lambrate e alla raccolta delle foglie nelle scuole. Sono stati assunti per un anno dall’Amsa, azienda municipalizzata della raccolta dei rifiuti, nell’ambito del progetto “Giovani e Lavoro”, promosso dal Comune di Milano e da Kayros, onlus che si occupa del reinserimento sociale dei minori detenuti. Il progetto è iniziato nel giugno 2011 e ogni ragazzo riceverà uno stipendio. Ma quel che più conta, spiega don Claudio Burgio, cappellano del Beccaria, è che i ragazzi “imparano il rispetto degli orari e delle regole, a lavorare in gruppo, ad assumersi responsabilità”. Il progetto è stato presentato questa mattina a Palazzo Marino e Cristina Tajani, assessore comunale al Lavoro, ha annunciato per i primi di novembre “l’apertura del primo acceleratore di imprese carcerarie, il cui scopo è quello di costruire un ponte tra le aziende che esistono nelle carceri milanesi e il mercato esterno. L’acceleratore aiuterà le imprese nella ricerca di clienti e fornitori”. Milano: per i detenuti di Bollate giornata recupero patrimonio ambientale Adnkronos, 6 ottobre 2011 Il mondo carcerario si apre all’esterno per avvicinare la comunità alla sua realtà e per aiutare i detenuti a riconciliarsi con il territorio. A fornire l’occasione per questo incontro sarà la “Giornata di recupero del patrimonio ambientale” organizzata dalla direzione della Seconda casa di reclusione di Bollate per il 9 ottobre. La giornata si aprirà a Villa Rusconi a Castano Primo con i saluti delle autorità e proseguirà nelle zono selezionate per le attività di recupero e pulizia. “Lo scopo - spiega all’Adnkronos il sovrintendente del corpo di Polizia Penitenziaria Aurelio Forte - è quello di far partecipare i detenuti ad attività utili a far conoscere all’esterno il mondo carcerario, stimolandone la partecipazione attiva. Alla Giornata parteciperanno circa quaranta detenuti, tra cui quelli che beneficiano di permessi o sono già inseriti in un contesto di recupero, insieme con cooperative e associazioni che partecipano al mondo carcerario e i famigliari dei detenuti. L’iniziativa - conclude - si svolgerà sotto il controllo della Polizia Penitenziaria e della Protezione Civile del comune di Castano Primo, con la partecipazione dei volontari dell’Arma dei Carabinieri e la partecipazione attiva del sindaco, dei suoi assessori e del Comando della Polizia locale”. Dopo le quattro edizioni estive di Ferragosto, la Giornata di recupero del patrimonio ambientale si sposta per la prima volta nel mese di ottobre in collaborazione con la Asl Milano 1. L’attività di recupero dell’area verde urbana sarà interrotta dal pranzo che sarà anche l’occasione per i detenuti di passare del tempo con i familiari. Palermo: protesta ex detenuti soci coop, chiedono varo progetto per manutenzione boschi Ansa, 6 ottobre 2011 Protesta di centinaia di soci della cooperativa “Palermo migliore” davanti all’assessorato al Territorio in via La Malfa. I manifestanti, la maggior parte dei quali ex detenuti, chiedono l’approvazione di un progetto da loro presentato alla Regione che prevede lo stanziamento di 50 milioni di euro per la manutenzione di boschi e riserve e l’organizzazione di corsi per la tutela dell’ambiente. “Sono persone - dice il presidente della coop Fabrizio Sanfilippo - che hanno bisogno di lavorare” Lanciano (Ch): sindacati polizia penitenziaria; in carcere trovati droga, telefoni e coltelli Il Centro, 6 ottobre 2011 Droga sequestrata, aggressioni, tentativi di evasione e continue situazioni di pericolo, sia per i detenuti che per gli agenti della polizia penitenziaria: è ad alto rischio il carcere di Villa Stanazzo, diretto da Massimo Di Rienzo. La fotografia sul difficile lavoro delle guardie, nell’ultimo semestre, è stata oggetto di un esposto da parte delle organizzazioni sindacali al provveditore generale Bruna Brunetti e al capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta. A sottoscrivere il documento di richiesta urgente di incontro sono i rappresentanti sindacali Piero Di Campli (Sappe), Ruggero Di Giovanni (Uil), Rocco Verì (Fsa-Cnpp), Vincenzo Del Boccio (Cgil), Michele Ciampolillo (Sinappe), Paolo Mastrorilli (Osapp) e Marco Iezzi (Ugl). Quello che raccontano ha dell’incredibile. Come il sequestro di un notevole quantitativo di stupefacenti, portato dall’esterno dai familiari dei detenuti, oppure il ritrovamento di due telefoni cellulari e alcune sim card nelle celle. Ancora, occultato in una presa d’aria, è stato rinvenuto dagli agenti perfino un coltello tascabile. E sul finire dell’estate, in maniera del tutto fortuita, è stata rinvenuta in una cella addirittura una pistola, del tutto simile all’originale per peso e forma, abilmente costruita con il sapone e verniciata con lucido da scarpe. “Inimmaginabili le conseguenze”, scrivono i rappresentanti sindacali, “se la pistola fosse arrivata in mano a un detenuto”. Ma non basta. Negli ultimi sei mesi nel supercarcere di Villa Stanazzo è stato perfino sventato un tentativo di evasione. Una guardia carceraria ha bloccato un detenuto addirittura sulla porta d’ingresso del carcere. Turni di lavoro massacranti, personale esasperato da continui cambi e sottodimensionato (gli agenti sono 160, circa 50 - 60 in meno rispetto al numero necessario), sovraffollamento delle celle: sono tante le urgenze della struttura lancianese. Il carcere per dimensioni e struttura potrebbe accogliere al massimo 180 persone e invece ne ospita 340. Le celle per i detenuti per associazione di stampo mafioso dovrebbero essere singole e invece ne ospitano due-tre. Sono innumerevoli, secondo i rappresentanti sindacali, le situazioni di pericolo. Ad aggravare il quadro generale ci sarebbe, non ultima di una serie di eventi di aggressioni e di tentativi di suicidio, anche una storia d’amore tra due detenuti e due assistenti sanitarie. Una condizione - limite che mette chi opera all’interno della struttura nella condizione di non potersi fidare di nessuno, così come denunciato al provveditorato dagli stessi agenti. Agrigento: la provincia regala libri a detenuti del carcere “Petrusa” Il Velino, 6 ottobre 2011 La provincia regionale di Agrigento ha donato alcune opere letterarie alla casa circondariale di Agrigento. Sono 77 volumi che fanno parte del patrimonio documentale dell’Ente, libri, dvd e pubblicazioni varie, che andranno ad arricchire la biblioteca della struttura carceraria. L’iniziativa, ideata dal presidente della provincia Eugenio D’Orsi, si è concretizzata grazie alla disponibilità del direttore del carcere di Agrigento Giuseppe Russo. Un progetto che D’Orsi ha sintetizzato così: “In Italia stiamo vivendo un momento di emergenza carceri. I detenuti vivono un forte disagio dovuto al sovraffollamento delle strutture. Con questo gesto speriamo di poter contribuire a regalare un momento di relax ai detenuti, favorendo la crescita culturale degli stessi e la loro formazione per un futuro reinserimento sociale”. Ferrara: gli studenti visitano la cella in piazza, istallazione fino a domenica 9 ottobre La Nuova Ferrara, 6 ottobre 2011 Prosegue fino a domenica 9 ottobre la presenza di una cella in piazza Trento Trieste. Centinaia i visitatori che hanno fatto capolino nei tre giorni del Festival di Internazionale e numerose le iniziative in programma questa settimana. Già lo scorso lunedì due classi dell’Iti Copernico - Carpeggiani sono venute in visita, accolte da Daniele Lugli, difensore civico della Regione Emilia - Romagna e principale promotore dell’iniziativa insieme al Csv di Ferrara e al Garante dei detenuti. Altre due classi sono attese oggi dal Liceo Carducci ed altrettanto sabato mattina, quando troveranno ad accoglierle Marcello Marighelli, Garante dei detenuti di Ferrara, e Francesco Colaiacovo, presidente del consiglio comunale. Difficile descrivere l’atteggiamento dei molti visitatori: c’è chi dopo pochi minuti in cella sente salire l’angoscia e chi la reputa una camera d’albergo ancora troppo spaziosa, e i loro diversi pensieri sono registrati, bianco su nero, sul cartellone di lato. Ma se scopo della cella era far parlare del carcere avvicinandolo alla quotidianità delle persone normali, l’esperimento è certamente riuscito. Incuriosisce la routine del detenuto, dai pasti alla possibilità di privacy, e le piccole privazioni colpiscono ancor più dei suicidi in carcere o dell’insufficiente intervento di rieducazione. L’iniziativa è resa possibile dai volontari che, insieme ai promotori, si alternano nella cella. Coinvolte l’associazione evangelica Renata di Francia, Amnesty International, la cooperativa sociale Il Germoglio, la Scuola Forense e l’associazione Viale K. Nella cella sono inoltre previste lezioni in piazza con docenti della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Ferrara, oggi alle 18 con Francesco Trapella (Uso e abuso della custodia cautelare) e Cristiana Valentini (Carcere: la sfida della sopravvivenza), alle 19 letture teatrali con Marcello Brondi e domani alle 18 con il gruppo Tasso; sabato alle 18 con Andrea Pugiotto (La Costituzione dietro le sbarre). Presso la cella è infine possibile un contatto diretto con il Difensore civico regionale. Un’apposita buchetta postale e la presenza pressoché costante del difensore o dei suoi collaboratori garantiscono a tutti i cittadini la possibilità di esporre le proprie difficoltà con pubbliche amministrazioni o servizi pubblici e di richiedere un intervento. Firenze: domani un convegno sulle alternative all’Opg Regione Toscana, 6 ottobre 2011 I lavori, che saranno coordinati da Alessandro Martini, direttore della Caritas Diocesana di Firenze, e da Gemma Brandi, responsabile della Salute mentale adulti Firenze 4 e Istituti di pena Firenze si svolgeranno domani, venerdì 7 ottobre. Si tiene domani, venerdì 7 ottobre, nella Sala Blu dell’Educatorio del Fuligno, via Faenza 48, il convegno “We can, ovvero la costruzione perseverante di un’alternativa all’ospedale psichiatrico giudiziario”, organizzato da Regione Toscana e Caritas Diocesana di Firenze per celebrare i 10 anni di attività della struttura residenziale psichiatrica Le Querce, che dal 10 settembre 2001 (data della sua apertura) ad oggi ha accolto 63 persone con gravi problemi psichici e autori di reati, provenienti dall’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo e anche dalle carceri ordinarie. I lavori, che saranno coordinati da Alessandro Martini, direttore della Caritas Diocesana di Firenze, e da Gemma Brandi, responsabile della Salute mentale adulti Firenze 4 e Istituti di pena Firenze, si apriranno alle 9, con i saluti delle autorità: l’arcivescovo di Firenze Monsignor Giuseppe Betori, l’assessore al diritto alla salute della Regione Toscana Daniela Scaramuccia, l’assessore alle politiche sociosanitarie del Comune di Firenze Stefania Saccardi. A seguire, alle 10, una relazione di Mario Iannucci, responsabile della struttura residenziale psichiatrica Le Querce, su “Le Querce, prima alternativa toscana per detenuti e internati portatori di sofferenza psichica”, e alle 11 una tavola rotonda su “Salute e giustizia: percorsi condivisi per la persona con disturbi psichici autrice di reato”. Nel pomeriggio, si passeranno in rassegna le varie esperienze alternative alla detenzione per i malati psichici autori di reati, attuate nelle diverse regioni. Farà le conclusioni, alle ore 18, Alessandro Margara, garante dei detenuti della Regione Toscana. Como: oggi si è aperto il congresso nazionale dei criminologi 9Colonne, 6 ottobre 2011 Da oggi a sabato il Grand Hotel di Como ospita la 25.ma edizione del congresso nazionale della Società Italiana di Criminologia, associazione che dal 1957 promuove e coordina gli studi sulle cause e sulla prevenzione del crimine, sul trattamento del delinquente, sul sostegno alle vittime e sulla reazione sociale alla devianza. Il tema del congresso è estremamente attuale: il “Trattamento ed intervento criminologico nel territorio”. Uno dei principali obiettivi dell’evento è proprio quello di stimolare la collaborazione ed il confronto tra diversi gruppi di ricerca a livello nazionale e di diffondere gli studi criminologici e i risultati conseguiti. Ciò attraverso interventi e workshop curati da esperti del settore che indagheranno i distinti aspetti dell’intervento criminologico nel territorio, dal trattamento penitenziario all’intervento sui minori autori di reato, fino al trattamento dell’infermo di mente - reo nelle comunità terapeutiche. Presiedono il congresso il presidente della S.I.C. Roberto Catanesi, ordinario di Psicopatologia Forense, coordinatore della Sezione di Criminologia e Psichiatria Forense presso l’Università di Bari e Adolfo Francia, ordinario di Criminologia e Medicina Legale presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi dell’Insubria di Como e Varese. Milano: oggi le produzioni carcerarie partecipano al Christmas Day Ristretti Orizzonti, 6 ottobre 2011 L’evento si chiama “Christmas day” e è organizzato da Young & Rubicam e Burson Mastreller. Dalle 10 non stop a Milano, in via Tortona 37 le produzioni carcerarie che partecipano al Christmas Day del 6 ottobre sono: Vale la Pena (Alba) - Vino; Quelli di via Sforzesca (Novara) Rilegatoria - Cancelleria; OiKos (Vigevano) Sartoria; Estia (Bollate) - Falegnameria; Dolci Libertà (Busto Arsizio) Cioccolateria - Pasticceria; Stile libero (Busto Arsizio) Cioccolateria - Pasticceria; AltraCittà (Padova) Agende Calendari Cancelleria oggettistica carta rinata; Pantagruel (Firenze) Bambole; In Cammino (Pistoia) Lavorazione del ferro; Artwo (Roma) Ecodesign; Rebibbia Fashion (Roma) Moda e Accessori; Bacia il Rospo (Roma) Pelletteria; Dolci evasioni (Siracusa) Dolci - Pasta di mandorle. Recuperiamoci! oltre a promuovere le produzioni elencate presenta “Veri Avanzi di Galera” - oggetti di Arredamento & Abbigliamento prodotti con materiali recuperati - riciclati, provenienti dagli scarti del carcere e della società. Roma: sabato la manifestazione “Il carcere distrugge vite, diritti e dignità…” Ristretti Orizzonti, 6 ottobre 2011 Testimonianze e musica contro la vergognosa situazione della giustizia e la drammatica realtà delle nostre galere. Sabato 8 ottobre, a piazza dell’Immacolata (Roma, quartiere San Lorenzo), la Papillon-Rebibbia inizia una lunga campagna di iniziative dal titolo: “Il carcere distrugge vite, diritti e dignità”. Indulto/Amnistia/Riforme: se non ora, quando?! A partire dalle ore 20 ci saranno alcune testimonianze sulla situazione della Giustizia e del carcere (sarà presente anche Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ucciso nel 2009 dalla stupidità e dalla violenza del carcere), e dalle ore 21 inizierà il concerto dei Presi per Caso, un gruppo che ormai da anni si caratterizza per il loro mix di genialità musicale, ironia e amore con il quale esprimono la loro critica all’istituzione carceraria. Sarà una serata di impegno, ma anche di divertimento e socializzazione. Se proprio non avete qualcosa di molto importante da fare, provate a farci un salto. Bahrain: proteste nella notte, chiesto rilascio prigionieri politici Aki, 6 ottobre 2011 Nuove manifestazioni anti-governative si sono tenute nella notte in diverse città del Bahrain, in particolare a Sitra, Hamala e Barbar. Lo ha riferito il sito web dell’emittente ‘Press tv’, precisando che i dimostranti hanno contestato le condanne comminate di recente da un tribunale speciale ad alcuni medici e attivisti arrestati nei mesi scorsi per aver preso parte alle manifestazioni. La gente scesa in piazza ha anche chiesto il rilascio dei detenuti politici ancora in carcere. Ieri un tribunale militare ha condannato altri 19 oppositori a pene carcerarie per attività anti-governativa. Alcuni attivisti sono stati condannati a cinque anni di prigione per avere provato ad incendiare una stazione di polizia durante le manifestazioni contro la famiglia reale sunnita al - Khalifa scoppiate a inizio anno nella capitale Manama.