Il diario di Elton: “Il carcere ci ruba la vita” Redattore Sociale, 17 ottobre 2011 “Questo mondo di cemento sembra dover esistere sempre, perché nessuno ha il coraggio di pensare a una pena che sia diversa dalla galera”. Tra poco me ne andrò e oggi una persona mi ha chiesto se so già chi occuperà la mia branda. È una certezza che i posti non rimangono mai vuoti, quindi il mio compagno di cella sa che non rimarrà solo. Proprio pochi giorni fa sono usciti due detenuti che conoscevo e poi, il giorno dopo, mi è capitato di vedere due ragazzi percorrere il corridoio trascinando i sacchi neri di plastica, che solitamente ha chi arriva dalla vicina casa circondariale. Non so chi sono e cosa hanno fatto per finire qui. Ma sembrava che fossero lì con una missione: riempire i posti vuoti. Si dice che questo sia un “carcere vivo”. Una metafora che esalta la presenza di attività, ma che stride con la visione che ho sempre avuto io, e ciò di un posto di non - vita. Un luogo in cui entrano i nostri corpi, che crescono, invecchiano, dimagriscono, ingrassano, si ammalano, si tagliano, soffrono, si feriscono, muoiono, ma le nostre vite si fermano alla porta, come un cappotto appeso che aspetta di essere indossato per dare un senso alla propria esistenza. L’altro giorno i giornali riportavano la decisione dei Tribunali di applicare meno la custodia cautelare in carcere, per via del sovraffollamento. Forse qui dentro è difficile accorgersi del calo di arresti, ma non ho motivo per non crederci. E dico: meno male. Non solo per quel principio antico di essere considerati innocenti fino alla condanna, ma soprattutto perché il carcere di Padova stava davvero scoppiando fino a poco tempo fa. Avevano messo la terza branda in tutte le celle. In breve tempo tutti i posti creati si sono riempiti e allora avevano mandato i nuovi arrivati in infermeria, ad attendere in mezzo ai malati finché si fosse liberata qualche branda. Quando anche l’infermeria si era riempita, l’amministrazione aveva messo in atto un altro stratagemma: mettere a dormire i nuovi giunti nelle celle dei “permessanti”. Il che significa che, quando una persona riceveva l’autorizzazione del magistrato ad andare per qualche giorno a casa, nel frattempo la sua branda sarebbe stata data al nuovo arrivato. Il ricordo è ancora vivo in molti di noi. Ecco perché spero tanto che non ritorni il sovraffollamento di allora. Non che adesso si stia larghi: le terze brande nelle celle singole ormai sono state saldate e riempite, ma almeno non c’è più gente che aspetta in corridoio. Oggi ho rivisto dalla finestra della mia cella i due ragazzi arrivati l’altro giorno, all’ora d’aria. Camminavano spaesati, guardando i cinque piani di cemento armato che sovrastano la fila di cubicoli dei passeggi. Dato che la loro passeggiata animava il grigiore circostante mi è venuto il sospetto che forse ci sia davvero uno scopo ben preciso nella presenza di ognuno di noi qui dentro, quello di dare vita alle gabbie. Le nostre vite non ci aspettano fuori, questo mondo di cemento è vivo perché “ruba la vita” delle persone rinchiuse per la propria autoconservazione, in eterno, con la complicità dei corridoi che accompagnano i detenuti dentro e fuori con la loro roba chiusa in un sacco nero, nel silenzio del muro che vigila su questo mondo di sofferenze. Che sembra dover esistere sempre, perché nessuno ha il coraggio di pensare a una pena che sia diversa dalla galera. Elton Kalica (in collaborazione con Ristretti Orizzonti) Elton è un 35 enne albanese, detenuto nel carcere Due Palazzi di Padova con una condanna a 14 anni e 8 mesi per sequestro di persona a scopo di estorsione (senza armi e durato due giorni). Il prossimo 25 ottobre finirà di scontare la sua pena e tornerà libero. Firma storica della rivista Ristretti Orizzonti, attende di sapere se sarà rimpatriato in Albania o se potrà restare in Italia e lavorare da esterno per Ristretti. Ha deciso di raccontare su “Redattore sociale” i suoi ultimi giorni dentro. Giustizia: Cicchitto (Pdl); amnistia impossibile, ma pensiamo a derubricare alcuni reati Agi, 17 ottobre 2011 “La visita al carcere di Poggioreale è un intervento che rientra tra le cose sulle quali intendiamo ragionare con il ministro Nitto Palma per alleviare la situazione degli istituti di pena”. Il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, oggi a Napoli con i colleghi parlamentari Gaetano Quagliariello e Amedeo Laboccetta per far visita al deputato detenuto Alfonso Papa, risponde anche alle sollecitazioni dei Radicali sulle condizioni dei penitenziari italiani, ma esclude che le richieste di Pannella possano essere accolte. “Pensiamo a derubricare i reati – spiega. L’amnistia la reputo impossibile”. “Rispondo al procuratore di Napoli Lepore, che ha detto che il Parlamento ha deciso di incarcerare Papa, che l’aula ha votato la richiesta della Procura di Napoli. Lepore non può liberarsi delle sue responsabilità”. Così il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, che questa mattina ha visitato il deputato Pdl Alfonso Papa, attualmente detenuto nel carcere napoletano di Poggioreale. “Non abbiamo nessuna libertà di rovesciare la decisione, ma abbiamo la libertà di denunciare un fatto”, conclude Cicchitto. Giustizia: violazione del diritto di difesa e mancate riforme, penalisti verso lo sciopero Il Sole 24 Ore, 17 ottobre 2011 Violazione del diritto di difesa, su cui si fa appello al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e mancate riforme: sono questi i temi che portano i penalisti verso lo sciopero. La platea di avvocati riuniti a Rimini nel giorno di chiusura del congresso straordinario mette nero su bianco, nelle mozioni finali, gli obiettivi da raggiungere, anche a costo di fare una lunga astensione dalle udienze. L’appello a Napolitano - Proteste giustificate in nome del rispetto del diritto di difesa, violato sistematicamente con le intercettazioni tra assistito e difensore o le testimonianze imposte coattivamente all’avvocato, come avvenuto nel caso del legale di Giampaolo Tarantini, a cui fa riferimento nella sua mozione la camera penale di Napoli. Sull’onda della vicenda nasce la sollecitazione alla Giunta, contenuta nel documento, a chiedere l’intervento del presidente della Repubblica per sollecitare la massima vigilanza, dei vertici degli uffici del Gip e delle procure nazionali, sul rispetto delle prerogative del difensore e porre fine alle gravissime violazioni. La “questione magistratura” e il problema carceri. La “questione magistratura” è affrontata con un documento che raccoglie l’adesione delle camere penali di 11 città. La delibera attribuisce la compressione del ruolo del difesa allo strapotere debordante delle toghe da arginare con tutte le iniziative possibili. Al centro degli atti messi a punto dalle camere penali della Spezia e di Firenze il problema carceri, creato soprattutto dall’uso eccessivo della misura della custodia cautelare, che riguarda il 42,1% dei detenuti, percentuale tre volte superiore rispetto ai numeri di Francia e Regno unito. La strada da percorre è quella della Corte costituzionale che, con le sue sentenze, ha già assottigliato il catalogo delle ipotesi di carcerazione obbligatoria “arricchito in tempi recenti”. Ancora una soluzione è individuata nell’istituzione di strutture vigilate ma distinte dal carcere: le cosiddette case di permanenza provvisoria”. La riforma dell’ordinamento forense. Ma i penalisti non dimenticano neppure il 41 - bis e i centri di accoglienza temporanea. Quando pensano a loro stessi lo fanno in riferimento alla mancata riforma dell’ordinamento forense, anche questo oggetto di una delibera sottoscritta da 10 città. “È indispensabile che si licenzi un ordinamento forense moderno - afferma il presidente dell’Ucpi Valerio Spigarelli a margine del Congresso - che garantisca avvocati specializzati e la loro indipendenza anche dal cliente. La protesta politica. È una riforma per cui è sufficiente la buona volontà della maggioranza, in caso contrario, faremo tutto quello che è in nostro potere per dare un segnale forte”. Nuovo Statuto dunque ma non solo. “Vogliamo mettere in mora la classe politica - conclude il numero uno dell’Unione camere penali - sull’assetto del processo giudiziario e sulla cronica e intollerabile mancanza di terzietà nella giurisdizione. Questo è stato un congresso politico, dopo tre giorni siamo arrivati alla conclusione che si deve sentire la voce delle camere penali e questa sarà anche di protesta politica molto forte”. Giustizia: il lavoro dei detenuti varrebbe 700 milioni, perché nessuno lo valorizza? di Giuseppe Sabella www.ilsussidiario.net, 17 ottobre 2011 La crisi non ha rallentato lo sforzo sociale. Tra le imprese lombarde che promuovono responsabilità sociale, una su sei (16,2%) è impegnata nei confronti dello svantaggio sociale, per un investimento pari a circa 650 milioni di euro. Prima per investimenti risulta la provincia di Milano, con circa 230 milioni, seguita da Brescia (88 milioni) e Bergamo (69 milioni). La metà lo fa per una motivazione etica e ideale, il 9,4% per promuovere l’immagine aziendale e il 6,3% per lo sviluppo dell’impresa e per migliorare i rapporti con i clienti. Per quasi un imprenditore su due (44%), la responsabilità sociale prende forma nei fatti, con l’attività di tutti i giorni, per uno su dieci viene esplicitata attraverso un codice etico, ma anche con l’ottenimento di certificazioni. E la crisi non riduce l’azione di responsabilità sociale: infatti un imprenditore su due dichiara che è rimasta uguale (53,1%), mentre per circa uno su cinque è aumentata (21,9%). Solo per uno su dieci è diminuita e il 3% dichiara di non averla praticata anche prima della crisi (elaborazione delle Camere di commercio lombarde su dati del registro imprese e dell’indagine “La responsabilità sociale delle piccole e medie imprese” del 2010). La Lombardia è la prima regione in Italia per numero di detenuti “censiti” nelle carceri (circa 9.500), ma il dato relativo alla densità in rapporto alla popolazione è più basso della media italiana: circa 90 persone ogni 100 mila abitanti, rispetto a 1.076 in tutta Italia. Quasi la metà sono stranieri (4.083, 43%), dato più elevato della media italiana (36%). Sono quasi 67.400 i detenuti nelle carceri italiane, più di 24.300 sono di cittadinanza straniera (36% del totale) e quasi due su tre hanno tra i 25 e i 44 anni. L’Italia, con un indice di densità di detenuti pari a 97,2, è tra le nazioni europee con un coefficiente più basso (elaborazione delle Camere di commercio lombarde su dati Istat e dati del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria aggiornati a giugno 2011). Il lavoro dei detenuti in Italia potrebbe valere più di 700 milioni di euro, se lavorassero tutti nelle condizioni e nelle possibilità di farlo. Attualmente, il lavoro dei detenuti che già lavorano vale quasi 300 milioni di euro, tenendo conto dell’attività prestata da oltre 14mila di loro. Tra i detenuti lavoratori il 36,6% è straniero. Sono più di 2mila i lavoratori detenuti che non sono alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria, tra chi lavora in istituto (866), i semiliberi (785) e chi lavora all’esterno (413). Giustizia: sindacati di polizia in piazza, domani colletta per la benzina Ansa, 17 ottobre 2011 Gli appartenenti alle forze di polizia e ai vigili del fuoco scenderanno domani in piazza davanti alla Camera, al Senato e nelle principali piazze delle città italiane per chiedere ai cittadini un contributo per acquistare carburante da destinare alle volanti e agli automezzi. La clamorosa iniziativa è stata annunciata dai maggiori sindacati della polizia di stato (Siulp, Sap, Ugl e Consap), della polizia penitenziaria (Sappe, Uilpe, Fns Cisl e Ugl), del corpo forestale dello Stato (Sapaf, Ugl, Fesifo, Fns Cisl e Uil) e dei vigili del fuoco (Fns Cis, Uil VVFF, Conapo e Ugl VVFF) e prevede presidi e sit-in in ogni città italiana. A Roma l’iniziativa si svolgerà dalle 10 alle 18 e i poliziotti porteranno in piazza davanti alla Camera e al Senato dei fusti di benzina vuota per sensibilizzare i cittadini sulle carenze relative agli automezzi delle forze dell’ordine. Non solo. Ai cittadini verrà chiesto di dare un contributo, anche piccolo, per comprare carburante necessario alle volanti e agli automezzi. Non verranno materialmente raccolti soldi, ma a tutti coloro che vorranno contribuire sarà consegnata una sorta di obbligazione con gli estremi del fondo assistenza del dipartimento di pubblica sicurezza dove versare la somma che si ritiene opportuna. Ai cittadini sarà una consegnato un facsimile di cedola con scritto: “Obbligazione per avere maggiore sicurezza, legalità e sviluppo”. “La nostra mobilitazione si rende necessaria - spiegano in una nota congiunta i sindacati - perché il Governo negli ultimi tre anni non ha tenuto fede ai vari impegni presi, riducendo i comparti sicurezza e soccorso pubblico sul lastrico. Appena tre giorni fa l’Esecutivo ha tagliato altri 60 milioni di euro, nell’ambito del ddl stabilità, alle voci di bilancio destinate all’ordine pubblico e alle missioni”. “Siamo davvero arrivati al game over. Entro poche settimane termineranno gli ultimi buoni benzina necessari per le nostre volanti, dopodiché non potremo più presidiare i quartieri della città. La responsabilità di tutto questo - concludono i sindacati - è del Governo che ci costringe a questa clamorosa manifestazione, che potrebbe essere solo la prima di una lunga serie”. Giustizia: delegazione Pdl in carcere da Papa; la sua è una condizione kafkiana Agi, 17 ottobre 2011 Una condizione “leggermente kafkiana” che “può alterare gli equilibri politici del Parlamento”. Il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, dopo una visita al carcere di Poggioreale a Napoli per incontrare il deputato Alfonso Papa, disfinisce così la condizione dell’arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla P4 mai sospeso dalle funzioni di parlamentare. “Il codice prevede tre casi perché un cittadino venga ristretto in carcere - dice - e nessuno di questi riguarda Papa, che ha il processo fissato al 26 ottobre prossimo. È evidente che la continuazione del regime carcerario vuole portarlo con i ceppi al processo”. Per Cicchitto, l’attuale condizione dell’ex magistrato merita attenzione da parte dell’ufficio di presidenza della Camera. “Senza nessuna forma di interdizione - spiega il vice capogruppo al Senato Gaetano Quagliariello - gli viene impedito di esercitare le sue funzioni di parlamentare. Non riceve i resoconti delle sedute, viene conteggiato ai fini del raggiungimento del numero legale e in un’occasione come quella di venerdì scorso, quando un’iniziativa delle opposizioni tendeva a far mancare il numero legale, il quorum è stato raggiunto per 2 voti. Quale situazione si sarebbe determinata se il numero legale fosse mancato per un voto?”. Cicchitto e Quagliariello riferiscono che Papa ha più volte chiesto chiarimenti al presidente della Camera Gianfranco Fini senza ricevere risposte. “Questo silenzio - sottolinea Cicchitto - aggrava la contraddizione”. Il capogruppo Pdl ne ha anche per il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore. “Non può liberarsi delle sue responsabilità - dice - non è stata una decisione autonoma del Parlamento far incarcerare Papa. Una maggioranza che abbiamo fortemente contestato ha accolto una richiesta del procuratore e non abbiamo alcuna facoltà di rovesciare questa decisione”. Cicchitto, Quaglieriello e Amedeo Laboccetta hanno visitato i padiglioni ‘Firenzè e ‘Napolì e l’ufficio matricole. “Nonostante Poggioreale sia una struttura antica - spiega Cicchitto - è stata ben ristrutturata e funziona bene grazie anche alla dedizione del personale che opera”. I numeri descrivono una situazione però difficile: 2.609 detenuti a fronte della capienza massima 1.400 persone, con soli 600 definitivi e tutti in attesa di giudizio o con condanne in primo grado. Papa vive la condizione carceraria con estremo disagio, e viene descritto in uno stato di profonda depressione, sotto osservazione farmacologica per l’uso di psicofarmaci, con barba lunga, 18 chilogrammi in meno, consumatore di 50 sigarette al giorno e spesso con difficoltà nei movimenti e nell’espressione. Firenze: il Garante dei detenuti; nel carcere di Sollicciano sovraffollamento e poca dignità Nove da Firenze, 17 ottobre 2011 Nuovo drammatico appello del Garante dei diritti dei detenuti circa la situazione di insostenibilità nel carcere di Sollicciano dovuta al sovraffollamento, alle carenze dei beni primari e alla possibilità di garantire cure e assistenze ai detenuti. “Assordante il silenzio dell’Amministrazione penitenziaria - è la critica dei consiglieri provinciali di Rifondazione comunista Andrea Calò e Lorenzo Verdi. Quale protesta per le situazioni disumane nel Carcere il Garante decide di trasferirsi in mezzo ai detenuti finché la questione della dignità di queste persone non sarà affrontata”. Rifondazione Comunista nell’esprimere pieno sostegno alle iniziative promosse dal Garante dei diritti dei detenuti Franco Corleone invita l’Amministrazione Provinciale “ad assumere iniziative più incisive e rilevanti sul tema del sovraffollamento e dei diritti delle persone”. Esaustivi i numeri sono “infatti 1011 i detenuti (oltre a 6 bambini) rispetto al limite massimo previsto per legge che sarebbe di 447 persone”. Una situazione al limite che rischia di mettere definitivamente al collasso l’intero sistema carcerario. Oltre al sovraffollamento “si aggiungono poi la mancanza del personale, lo scarso igiene e l’indifferenza sui diritti dei carcerati”. Sul tema dell’indifferenza il Garante è più che esplicito e punta il dito sul “silenzio assordante dell’amministrazione penitenziaria alla quale ho personalmente richiesto la costituzione di una ‘unità di crisì per far fronte a piccole riforme che sorreggano la dignità dei reclusi”. Sul tema delle riforme interne e necessarie all’istituto penitenziario il Garante porta alcuni esempi quali “l’introduzione di una tessera telefonica per chiamare i familiari e la costituzione di un supermercato interno per consentire la spesa ai detenuti” argomenti tra l’altro sostenuti nel corso di alcune audizioni tenute con la Commissione Provinciale Politiche Sociali. Oltre alla scarsità dei beni primari c’è il problema irrisolto delle cure ospedaliere e dell’assistenza sanitaria in generale. Siamo di fronte ad una carenza strutturale che configge apertamente con le norme di tutela sanitaria previste dalla Costituzione e dalle leggi. le carceri italiane sono diventate delle discariche sociali: la soluzione - proposta da Corleone - è capire chi merita davvero di stare in prigione e chi in comunità di recupero. I veri problemi - sottolinea Corleone - sono i beni primari come acqua, cibo e cure ospedaliere. Le carceri italiane sono diventate delle discariche sociali:” La soluzione è capire chi merita davvero di stare in prigione e chi in comunità di recupero; le carceri italiane sono diventate delle discariche sociali” La proposta, dunque, è quella di coinvolgere i Comuni e le associazioni di volontariato locali, perché si rendano disponibili luoghi di accoglienza e lavori socialmente utili, creando poi a livello nazionale una unità di crisi. Per protestare sulle condizioni disumane del carcere di Sollicciano e contro la cortina di silenzio dell’amministrazione penitenziaria il Garante ha deciso “di trasferirsi in mezzo ai detenuti finché la questione delta dignità di queste persone non sarà affrontata”. Mentre si rinnova l’invito del Garante ad adeguare il sistema di protezione sanitario nel Carcere apprendiamo che è stato sottoscritto un protocollo tra Regione Toscana, Asl e Amministrazione penitenziaria per assistere i detenuti. Si tratta di linee di indirizzo per la prevenzione del suicidio in carcere, applicative di in una delibera regionale che vuole rafforzare la qualità della salute dei detenuti per il biennio 2011 - 2012. Le linee di indirizzo varate dalla Regione prevedono che in ogni presidio carcerario si realizzi un piano di accoglienza qualificato, con un’équipe multi professionale e la creazione di un percorso personalizzato per tutti i nuovi arrivati, in particolare per quei soggetti che risultano a rischio di suicidio. Che l’amministrazione penitenziaria e l’area sanitaria individuino congiuntamente percorsi di uscita dal carcere per i detenuti che risiedono nel territorio dove si trova l’istituto. L’accoglienza dei detenuti prevede un triage medico - infermieristico all’arrivo (anche con personale con esperienza di salute mentale), per individuare i bisogni sociali, psicologici e psichiatrici; nel caso emergano situazioni di rischio o particolare disagio, sarà necessaria anche una valutazione specialistica. Gli scriventi Consiglieri Provinciali di Rifondazione Comunista nell’esprimere il proprio sostegno all’iniziativa intrapresa dal Garante dei diritti dei detenuti Franco Corleone a fronte del nuovo drammatico sovraffollamento nel Carcere di Sollicciano e soprattutto a fronte della latitanza dell’Amministrazione penitenziaria nel sollecitare la giunta provinciale ad onorare la realizzazione degli impegni dichiarati e assunti nelle sedi istituzionali e pubbliche sui temi che riguardano la condizione degli istituti penitenziari della Provincia di Firenze a partire dal carcere di Sollicciano chiedono al Presidente della Provincia di Firenze e all’Assessore competente di riferire sulla situazione di grave sovraffollamento presente nel carcere suddetto, sulla mancanza dei beni primari, sulle carenze igienico sanitarie e sulle carenze di personale. Altresì chiediamo di sapere, a fronte di questa ennesima denuncia da parte del Garante, cosa l’Amministrazione Provinciale è intenzionata a fare nei confronti di una Amministrazione penitenziaria che, con la sua inerzia rischia di aggravare le condizioni dei detenuti proprio sul versante della detenzione e dei diritti sulla persona e cosa sta facendo l’Osservatorio del settore carcerario. In questo contesto, di palese violazione dei diritti sulla persona, e a fronte di un protocollo stilato tra Regione Toscane, Asl e Amministrazioni Penitenziarie per assistere i detenuti e contrastare il fenomeno dei suicidi chiediamo di sapere il ruolo che l’Amministrazione Provinciale assumerà per rendere applicativo detto protocollo. Infine chiediamo che la Giunta provinciale si esprima sulla proposta del Garante di creare una sorta di coordinamento tra comuni e associazioni perché si rendano disponibili luoghi di accoglienza e lavori socialmente utili”. Alghero (Ss): pochi agenti, troppi detenuti, ferie arretrate da anni… sicurezza a rischio La Nuova Sardegna, 17 ottobre 2011 Il carcere di San Giovanni scoppia e il Sinappe, uno dei sindacati della polizia penitenziaria, proclama l’immediato stato di agitazione da attuarsi con lo “sciopero bianco”. Secondo i dati ufficiali, nel carcere di Alghero al momento sono recluse circa 190 persone a fronte di una capienza che ne prevede non più di 150. Un sovraffollamento intollerabile, denunciano da tempo le organizzazioni sindacali, e non soltanto perché limita una normale funzione rieducativa, mettendo in discussione la dignità di chi sta pagando per le proprie colpe. Ma anche perché a questa situazione va a sommarsi la carenza del personale di sorveglianza, attualmente composto soltanto da sessanta unità, ossia trentatré in meno rispetto a quelle indicate (calcolando per difetto) dal ministero della Giustizia nel 2001. Non sorprende, dunque, che gli agenti in servizio, oltre a fare straordinari con paradossale regolarità, abbiamo accumulato una media di cento giorni di ferie arretrate a testa. Così, dopo gli svariati appelli dei sindacalisti riuniti sotto la sigla Sappe, da questo mese anche i colleghi del Sinappe sono scesi sul sentiero di guerra inviando note al Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria. E, poiché le risposte fornite dal dirigente Gianfranco De Gesu non sono state ritenute soddisfacenti, a partire da domani mattina il personale di polizia del carcere di San Giovanni sarà in stato di agitazione attuando svariate forme di protesta. “In primis - spiega Luigi Arras, coordinatore nazionale del Sinappe - ci asterremo dalla mensa obbligatoria, ma soprattutto metteremo in atto il cosiddetto sciopero bianco, nel senso che osserveremo alla lettera tutti gli ordini di servizio e le disposizioni interne. Il che, verosimilmente, creerà serissimi disagi, anche per quanto riguarda la vigilanza e l’assistenza dei detenuti. Una prospettiva che ovviamente preoccupa il neodirettore del carcere Elisa Milanesi, in servizio dal 3 ottobre scorso e già alle prese con una brutta gatta da pelare. “Pur non avendo ancora a disposizione un quadro articolato che mi consenta di proporre soluzioni - commenta lei stessa - è innegabile che ci siano problemi per quanto riguarda le ferie arretrate e che il personale sia in numero inferiore rispetto all’organico previsto. Tuttavia - aggiunge - ciò che ora posso dire è che, pur non avendo la bacchetta magica, affronterò la situazione con assoluta priorità, cercando di organizzare al meglio il lavoro e chiedendo al provveditore i supporti necessari”. Nel frattempo, però, i poliziotti del carcere di San Giovanni insceneranno un sit-in di protesta davanti all’ingresso del penitenziario. Terni: progetto di una sezione interamente destinata ai detenuti transessuali Il Centro, 17 ottobre 2011 Una sezione interamente destinata ai trans. È questo il progetto in via di realizzazione nel carcere Sabbione di Terni dove sono già stati stanziati 15mila euro per la ristrutturazione delle celle che ospiteranno 19 transessuali. Il motivo? Ragioni di sicurezza impongono di isolare questi detenuti dagli altri. Il ministero della Difesa, attraverso una circolare, ha assegnato al capoluogo umbro l’esclusiva regionale per la realizzazione di un reparto di questo genere. Secondo quanto riportato dal Corriere dell’Umbria, ai quattro transessuali già presenti a Sabbione se ne aggiungeranno altri 15. E la ristrutturazione delle celle per i transessuali non è l’unico cantiere. Al Sabbione entro la fine dell’anno aprirà un nuovo padiglione che ospiterà 200 detenuti. Quello di Terni non è l’unico caso di istituto penitenziario in cui per i detenuti transessuali sono predisposte sezioni ad hoc. Secondo le ultime rilevazione del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), nelle carceri italiane ci sono 104 fra transessuali e omosessuali dichiarati, e che pertanto vengono collocati nelle sezioni “protette” degli istituti penitenziari, e la presenza più cospicua (24) si registra nel carcere di Poggioreale a Napoli. I dati sono stati forniti, lo scorso settembre, da Lillo Di Mauro, presidente della Consulta permanente cittadina del Comune di Roma per i problemi penitenziari, nel corso di un’audizione in Commissione diritti umani del Senato sulla condizione di omosessuali e transessuali negli istituti penitenziari italiani. “Non tutti hanno dei reparti dedicati come invece lo ha il nuovo carcere di Rebibbia - ha sottolineato - e anzi alcuni penitenziari non riconoscono neppure lo status di transessuale”. La maggior parte dei detenuti trans è in carcere per motivi legati alla tossicodipendenza e alla prostituzione, spesso per poter sostenere le spese del cambio di sesso. La condizione degli omosessuali è ancora più dura, ha aggiunto, perché “o si dichiarano tali e vengono messi in isolamento o nel reparto dedicato ai transessuali, o sono costretti a negare la propria identità con conseguenze spesso non facili”. Foggia: rubavano il vitto dei detenuti, arrestati due agenti di polizia penitenziaria Ansa, 17 ottobre 2011 Due agenti di polizia penitenziaria, due detenuti e un panettiere sono stati arrestati dagli agenti della squadra mobile della questura di Foggia in collaborazione con personale della polizia penitenziaria perché ritenuti responsabili di furti di derrate alimentari avvenuti nel carcere di Foggia. Gli arresti sono stati fatti sulla base di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Foggia, Elena Carusillo e richiesta dal pm Alessandra Fini. Gli arrestati sono ritenuti responsabili del reato di associazione per delinquere finalizzata al furto ed al peculato, ai danni della Casa circondariale di Foggia. Si tratta di due assistenti capo della polizia penitenziaria, Michele Castelluccio, di 51 anni e Michele Gaeta, di 46 anni, di un panettiere, Michele Lauriola, di 57 anni (ai tre sono stati concessi gli arresti domiciliari) e di due detenuti, Aldo Matteo Russo, di 40 anni, e Francesco D’Ambrosio, di 38 anni di Bari, per i quali è stato disposto il carcere. L’indagine ha coperto un periodo di circa 1 mese (dal 25 maggio al 25 giugno) di quest’anno ed è partita su input fornito dalla stessa polizia penitenziaria. Gli accertamenti sono stati tesi a verificare, anche grazie all’ausilio di intercettazioni audio-video, eventuali comportamenti illeciti messi in atto all’interno della Casa circondariale. Le riprese video effettuate nei locali cucina della Casa circondariale hanno evidenziato come gli indagati, con cadenza quasi quotidiana, sottraevano prodotti alimentari di vario genere (scatolette di tonno, pomodori ed altro), destinati ai detenuti. Veniva inoltre accertato che il modus operandi veniva posto in essere sempre dalle stesse persone, cioè i due appartenenti alla polizia penitenziaria, con la collaborazione dei due detenuti, Russo e D’Ambrosio. Grazie alla collaborazione di Lauriola, addetto alla consegna del pane, riuscivano, nascondendo il materiale rubato all’interno delle ceste del pane, ormai svuotate, a far uscire dalla Casa circondariale le derrate alimentari che finivano, presumibilmente, in alcune pizzerie della città. Le indagini hanno consentito, inoltre, di appurare che Lauriola riusciva a sottrarre in ogni trasporto, generi alimentari per un valore di mercato di circa 500/1.000 euro. Dieci gli episodi accertati in meno di un mese. Nel corso delle indagini sono stati trovati anche 70 grammi di hashish. Per questo episodio sono in corso altre indagini. Cagliari: sit-in contro la chiusura della scuola di Polizia penitenziaria a Monastir Agi, 17 ottobre 2011 La scuola di polizia penitenziaria di Monastir, vicino a Cagliari, l’unica in Sardegna, rischia di chiudere dopo 28 anni. Per protestare contro la decisione del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, motivata da criteri di economicità e ora all’attenzione del ministro della Giustizia, i 40 dipendenti, il sindaco di Monastir, Ignazio Puddu, e i rappresentanti sindacali della Fp-Cgil hanno manifestato stamane davanti alla scuola, che dal 1983 ha formato circa 4.000 agenti e oltre 700 ispettori, secondo dati diffusi dal sindacato di categoria. Sulla vicenda la deputata del Pd Amalia Schirru nelle scorse settimane aveva presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia, per chiedere di riconsiderare la decisione di chiudere Monastir, una delle otto scuole in Italia per la formazione di agenti penitenziari dove si trova anche un poligono di tiro, punto di riferimento per parte delle forze dell’ordine del territorio. Avellino: una delle 40 carceri mai aperte in Italia è diventata fabbrica, tipografia e palestra di Mikaela Taurasi www.ottopagine.net, 17 ottobre 2011 Dagli anni 90 nella casa di reclusione mandamentale prima una fabbrica, poi una tipografia e una palestra. Tra le strutture costruite e mai utilizzate per quella che doveva essere la primaria funzione, troneggia imponente nel comune di Frigento, a due passi dal bivio di Gesualdo, un carcere. Si tratta di una struttura di svariate migliaia di metri quadri costruita dopo il terremoto dell’ottanta e completata intorno agli anni novanta. Una delle strutture della Valle Ufita che non è mai entrata in funzione e non ha mai funzionato per quella che era la sua destinazione d’uso originaria, ma che poi, con un po’ di intraprendenza da parte degli amministratori locali, ha preso un’altra forma del tutto lontana da quella di casa circondariale. La struttura negli anni è stata già oggetto di inchieste giornalistiche e di una interrogazione parlamentare fatta il 20 maggio 2009, periodo in cui le carceri italiane erano in sovraffollamento. L’interrogazione dei senatori Donatella Poretti e Marco Perduca fu fatta al ministro della Giustizia Angelino Alfano, e nell’elenco comparivano più di 40 carceri, edificate con la legge del 1980 come case mandamentali, che venivano utilizzate esclusivamente come deposito o in completo stato di abbandono. Nell’elenco compariva anche il carcere di Frigento costruito, inaugurato e poi chiuso. Anche Il Giornale con una inchiesta del 12 ottobre del 2007 con il titolo “Le carceri ci sono ma ospitano abusivi e mucche”, oppure la Gazzetta del Mezzogiorno, hanno riportato una mappa dettagliata degli sprechi e disservizi nella gestione del patrimonio carcerario, evidenziando anche il carcere figentino. Ma la storia del carcere di Frigento è nata molto prima degli anni 80 perché in paese esisteva da decenni un carcere, e precisamente sotto il vecchio municipio, che con il terremoto del 23 novembre 1980 crollò. L’attuale sede comunale era la pretura che venne poi eliminata con la riforma post terremoto. In quei giorni di fine novembre all’interno del carcere frigentino c’erano vari detenuti che dopo qualche giorno dalla tragedia furono portati via dopo essere stati a Frigento subito dopo il crollo del carcere. A seguito del sisma, il sindaco di allora, Michele Iannarone, oltre a sistemare e a ricostruire tutto quanto distrutto dal terremoto, chiese la ricostruzione di questo carcere e il ministero di grazia e giustizia lo commissionò come carcere mandamentale, ovvero per i carcerati, o meglio le carcerate perché doveva essere un carcere femminile, che dovevano scontare gli ultimi sei mesi di pena. Così nei primi anni ottanta, subito dopo il terremoto, dunque anni 84 circa, incominciò la costruzione del nuovo carcere nel territorio frigentino confinante con quello di Gesualdo, con soldi del ministero di grazia e giustizia. Una volta terminati i lavori di costruzione, quando era arrivato il momento di aprire il nuovo carcere, intorno agli anni 90, cambiò la legge di riforma carceraria e non si potette più utilizzare per quello che era stato costruito, ovvero carcere mandamentale. Così rimase vuoto per qualche anno e il comune di Frigento si ritrovò con un colosso del genere e un terreno fertile purtroppo occupato da tanto cemento in utilmente. Poi l’amministrazione comunale di allora, metà anni 90, avendo uno stabile del genere chiuso, ben pensò di affittarlo ad attività imprenditoriali e così venne aperta una prima fabbrica di calze da donna. Attualmente all’interno del carcere sono due attività. La fabbrica di calze ha chiuso negli anni scorsi e oggi al suo posto c’è una tipografia, che paga mensilmente l’affitto al comune, e una palestra che paga il fitto. All’esterno del carcere, nel piazzale antistante, c’è invece un autolavaggio. Genova: ancora un tentativo di suicidio a Marassi, continua l’emergenza carceri Ansa, 17 ottobre 2011 Genova. Ancora un tentato suicidio nell’affollato carcere di Marassi, a Genova. La casa circondariale genovese il 30 giugno 2011 ospitava un totale di 826 persone stipate come sardine a fronte di una capienza regolamentare di 456 posti. Ieri sera l’ennesimo tentativo di suicidio. “Nel solo 2010 - spiega in una nota il Sappe, sindacato autonomo di polizia penitenziaria - gli agenti in servizio nelle carceri italiane hanno sventato ben 1.137 tentativi di suicidio di detenuti, impedendo che i 5.703 atti di autolesionismo potessero avere gravi conseguenze”. “Il sindacato e i suoi iscritti, lunedì 24 ottobre saranno in piazza davanti al Ministero della Giustizia a Roma, per protestare contro quella parte di dirigenza dell’ Amministrazione penitenziaria - spiega il Sappe - che da vent’ anni ostacola ogni evoluzione ed accrescimento professionale della Polizia penitenziaria e quella classe politica che continua ad ignorare l’ emergenza penitenziaria”. A Genova intanto la redazione di Area di Servizio, il giornale redatto dei detenuti del carcere di Marassi, organizza uno spettacolo a favore dell’iniziativa (Teatro Archivolto, ore 21.00, venerdì 21 ottobre), che a fronte del taglio al finanziamento che veniva erogato dalla Provincia di Genova rischia ora di scomparire. Intanto il sindacato di polizia chiederà all’amministrazione penitenziaria “una adeguata ricompensa (lode o encomio) al Personale di Polizia che è intervenuto per salvare la vita al detenuto. Un gesto eroico e da valorizzare che nelle carceri italiane accade con drammatica periodicità” afferma il Sappe. Viterbo: sindacati e politici in piazza per chiedere risposte ai problemi del carcere www.tuscia.it, 17 ottobre 2011 Due i problemi da risolvere subito: il sovraffollamento dei detenuti e gli agenti perennemente sotto organico. Problematiche apparentemente interne alla struttura, ma che, in realtà, potrebbero avere ripercussioni anche all’esterno. Il corteo di questa mattina, che è partito da piazza Verdi e si è concluso a piazza del Comune, voleva porre l’attenzione proprio su questo. “La situazione a Mammagialla è peggiorata - afferma Gino Federici (Cgil Funzione pubblica penitenziari). Il carcere è sovraffollato e questo ha conseguenze negative, non solo per gli agenti, ma anche per i detenuti che si trovano all’interno. Può succedere, infatti, che i carcerati entrino in contatto, per mancanza di spazi idonei, con criminali comuni, in fase d’ingresso. Com’è già successo. Ed è un rischio per la sicurezza di tutti”. Pare che la manifestazione abbia prodotto già dei risultati, anche se i sindacati restano cauti. “A breve il dipartimento dovrebbe inviare venti nuovi agenti. Inoltre sembra sia stato nominato il direttore effettivo della casa circondariale: la dottoressa Mascolo del carcere di Sassari. Prendiamo per buone queste notizie, anche se il dubbio resta. Spesso le tante promesse che ci sono state fatte, sono state disattese”. I sindacati sono scesi in piazza per ribadire quello che avevano già denunciato al sit - in del 19 settembre fuori il carcere. “La manifestazione di oggi - continua Federici - è un’intensificazione di quella di settembre. Noi sindacati, escluso l’Ugl, rivendichiamo con forza la protesta. Vogliamo smuovere l’attenzione della politica e della società civile su problemi che non riguardano solo il carcere, ma che potrebbero incidere sulla sicurezza di tutto il territorio. Oggi, grazie, a questa sollecitazione, molte forze politiche sono qui con noi a sfilare”. Gli agenti assicurano di mantenere alta la guardia pur riconoscendo la criticità della situazione. “Noi come agenti di polizia penitenziaria cerchiamo di mantenere alto il livello di sicurezza - conclude Federici, ma se si va avanti così non so come riusciremo a gestire la situazione in futuro”. Anche l’assessore provinciale Paolo Bianchini ha preso parte al corteo, manifestando la vicinanza della Provincia ai problemi di chi opera a Mammagialla. “Siamo in piazza, dopo il sit-in del 19 settembre per ottenere risposte immediate ai problemi del carcere: sovraffollamento dei detenuti, mancanza di personale, detenuti con problemi psichiatrici e mancanza di un direttore effettivo della struttura. Dobbiamo risolverli - dice. Sono necessità da portare avanti, perché comportano una mancanza di sicurezza sia per chi “abita” il carcere, sia per chi ci lavora”. L’assessore si è detto in totale accordo con lo scopo della manifestazione che mira a sollecitare l’attenzione della politica e dei cittadini. “Questo è un modo per far capire ai commercianti e agli abitanti che esiste un problema a Mammagialla e che va tenuto nei primi posti dell’agenda politica”. Una protesta che ha riunito forze politiche e sindacati sotto un unica bandiera. “Sono soddisfatto dell’unione delle forze politiche cha hanno aderito alla manifestazione e anche di quella dei sindacati di polizia penitenziaria, escludendo l’unica sigla che non ha partecipato. Questo vuol dire che si è capito il senso dell’iniziativa che non voleva essere né politica né personale, ma per il territorio. E la trasversalità lo dimostra”. Non sono comunque mancate polemiche. “A chi definisce la manifestazione ipocrita - conclude Bianchini - dico che ipocrita è chi si nasconde dietro a un dito. Io la faccia ce l’ho messa e sono qui. Non avere il coraggio di scendere in piazza è affrontare il problema mettendo la testa sotto la sabbia come fanno gli struzzi. Le critiche non mi interessano. Sono qui insieme a tante persone per manifestare la mia solidarietà ai poliziotti penitenziari. Sono vicino a loro e non a chi sta a casa al caldo”. Tra gli esponenti politici c’erano, tra gli altri, il sindaco di Viterbo, Giulio Matini, il consigliere regionale Francesco Battistoni, il consigliere provinciale Francesco Bigiotti, l’assessore provinciale Gianmaria Santucci e il vicesindaco di Viterbo Enrico Maria Contardo. Colosimo: in piazza per difendere legalità “La manifestazione di questa mattina a Viterbo ha dimostrato l’esistenza di un popolo che ama la vita e la giustizia, e che oggi in piazza ha difeso questi valori sacrosanti per i detenuti del carcere Mammagialla”. Lo dichiara in una nota Chiara Colosimo, consigliere regionale e presidente della Giovane Italia Lazio, che aggiunge: “La partecipazione così numerosa del popolo viterbese e dei sindacati della polizia penitenziaria, dimostra che il problema del sovraffollamento e della carenza di personale, non può più essere trattato come un tema di secondo ordine. Alcune risposte sono già arrivate, non ultima la nomina del nuovo direttore della struttura penitenziaria, posto che risultava vacante da mesi. Ma urgono ancora risposte, ed è per questo che oggi sono stata qui, assieme alle sigle sindacali e al comitato promotore, guidato da Paolo Bianchini, a ribadire che porterò lo stesso spirito che ha animato questa manifestazione all’interno del consiglio regionale del Lazio, affinché vengano subito risolti questi annosi problemi, tra cui quello non sottovalutabile, delle infiltrazioni mafiose dovute alla presenza del 41 bis e del reparto As, e alla loro commistione con i detenuti comuni. Non possiamo più fingere che tutto vada bene, tocca a noi, tocca alla politica e in particolare alla nostra maggioranza, ricordarsi sempre che agenti, operatori e detenuti sono prima di tutto uomini”. Bollate: yoga dietro le sbarre, una speranza per i reclusi Corriere della Sera, 17 ottobre 2011 La situazione delle carceri italiane è allarmante: 150 morti di cui 51 suicidi solo nei primi nove mesi del 2011. Sovraffollamento, strutture fatiscenti, soprusi. In questo contesto la Casa di reclusione di Bollate è una mosca bianca: aperta nel 2000, è un istituto a custodia attenuata. I detenuti firmano un "patto" con la direzione e s’impegnano a seguire un percorso fatto di studio, lavoro, sport. In questo contesto che sembra "privilegiato" - ma dove in realtà si mettono solo in pratica i dettami costituzionali - si può anche praticare yoga. E proprio questa disciplina ha aiutato il detenuto Francesco Tonicello a «diventare una persona migliore», secondo quanto lui stesso racconta. Perché lo yoga, spiega, non è una semplice ginnastica, implica una presenza mentale, acuisce la consapevolezza di sé, pone questioni etiche. La storia di Francesco dimostra come lo yoga possa aiutare a ritrovare il bandolo della matassa della propria esistenza. Una storia di recupero, determinazione, redenzione. Livorno: protesta al carcere delle Sughere, niente mensa per la Polizia penitenziaria Il Tirreno, 17 ottobre 2011 “È da lunedì scorso che il personale di polizia penitenziaria in servizio alle Sughere (così come accade negli istituti penitenziari di Gorgona e di Grosseto) non può usufruire della mensa obbligatoria di servizio. Ad oggi non è stata trovata alcuna soluzione “razionale” dall’amministrazione penitenziaria”. È quanto denuncia il segretario locale del Sinappe (Sindacato nazionale autonomo polizia penitenziaria) di Livorno, Calogero Panevino. “Quanto sta accadendo è molto grave e va ad aggiungersi ai problemi legati al sovraffollamento carcerario che si registra nell’istituto labronico - dice Panevino - che, oltre a ledere i diritti dei detenuti, comprimono i diritti dei poliziotti penitenziari che giornalmente devono affrontare enormi disagi”. Panevino sottolinea i problemi economici dell’amministrazione: “Da giorni, a causa dell’insolvenza dell’amministrazione, siano stati cancellati i trasferimenti aerei, rendendo necessari i viaggi via terra. Tale soluzione comunque potrà andare avanti fino a quando non finiranno gli esigui fondi destinati all’acquisto del carburante. È noto, inoltre, che i fondi destinati alla manutenzione ordinaria dei fabbricati che versano in condizioni igienico, sanitarie e strutturali, al limite dell’indecenza, siano un ricordo del passato”, conclude con amarezza Calogero Panevino. La mensa è chiusa a causa del guasto del piccolo montacarichi che porta il cibo dalla mensa ai vari piani: l’Asl non ha autorizzato infatti la possibilità di portare gli alimenti in modo diverso. Ferrara: terzo appuntamento con “Carcere, pena (e dintorni) nelle pagine di recenti volumi” www.ferrara24ore.it, 17 ottobre 2011 Prosegue il seguitissimo ciclo di incontri “Un libro dietro le sbarre. Carcere, pena (e dintorni) nelle pagine di recenti volumi”, sul carcere, la pena, la sua dimensione costituzionale e la sua effettività. Organizzato dal Dottorato in Diritto costituzionale e dal Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Ferrara, il terzo appuntamento si terrà martedì 18 ottobre, alle ore 17,30 presso la libreria Melbookstore. Martedì verrà presentato il volume La Repubblica del dolore. Le memorie di un’Italia divisa (Feltrinelli 2011) di Giovanni De Luna. A parlarne, con l’autore ci saranno Marco Alessandrini, Avvocato del Foro di Pescara, Andrea Pugiotto, Ordinario Di Diritto Costituzionale dell’Università di Ferrara con il coordinamento di Giuditta Brunelli, Ordinario di Diritto pubblico di Unife e il saluto introduttivo di Marcello Marighelli, Garante dei diritti dei detenuti per Ferrara. Bergamo: i detenuti riabbracciano i figli, una giornata speciale in carcere L’Eco di Bergamo, 17 ottobre 2011 “Questa notte non ho dormito e come me i papà con cui condivido la cella. È la prima volta che rivedo mio figlio”: Marco è detenuto nella casa circondariale di Bergamo da un mese; ieri era felice per la Castagnata che ha coinvolto detenuti, detenute e le loro famiglie. Ahmed ha già partecipato a momenti come questi, anche lui è emozionato: “Mio figlio ha 4 anni, è nato quando sono entrato in carcere. Occasioni come queste sono belle perché posso giocare con il mio bambino. Durante i colloqui mensili non è possibile”. I 70 bambini presenti nella palestra corrono, giocano con i palloncini, disegnano: sono contenti di trascorrere un pomeriggio con i propri genitori. “Quest’atmosfera mi ricorda una festa di paese con castagne, animazione per i bambini, risate” aggiunge Marco. Una festa ben riuscita. “Abbiamo posto al centro dell’attenzione la famiglia - aggiunge don Fauso Resmini - perché i soggetti più deboli, i bambini, hanno bisogno di un contatto con il genitore, in un contesto diverso da quello limitato del colloquio. Il progetto si sta realizzando grazie al coinvolgimento di molte realtà esterne”. Infatti ieri nella palestra (rigorosamente in ordine sparso) c’erano i Doctor Clown della Croce Rossa, la banda musicale di Santa Brigida, gli attori del Teatro Viaggio, le donne della Cisl, il Comitato Territorio e Carcere, l’Università di Bergamo con Ivo Lizzola, gli alpini di Celadina che hanno arrostito le castagne, mentre i papà del corso aiuto cuoco hanno preparato il buffet; non mancavano le suore delle Poverelle e i docenti del Centro Eda che lavorano nel carcere ogni giorno. Reggio Emilia: a cena grazie ai cuochi-detenuti, con la coop Cielo d’Irlanda La Gazzetta di Reggio, 17 ottobre 2011 Una cena giapponese per sostenere la cooperativa Cielo d’Irlanda che si occupa del reinserimento lavorativo dei detenuti. L’iniziativa è in programma stasera con inizio alle ore 20 nella sala Maramotti. È gradita la prenotazione al 348 4795963. La coop Cielo d’Irlanda si è costituita nel febbraio 2010 con persone che avevano avuto esperienze - dall’interno, all’esterno - di accompagnamento all’inserimento sociale e lavorativo di detenuti della casa circondariale di Reggio. La cena di stasera vede al lavoro, oltre alla signora Toshiko Ishikawa, un cuoco già ospite della Pulce. Uno dei filoni tradizionali della formazione in carcere è la ristorazione: ne è derivato naturalmente uno dei campi d’attività della coop. Sono state organizzate e preparate da detenuti varie cene, ospitate presso parrocchie, il centro sociale Buco Magico, per un pranzo di nozze e partecipazione di detenuti in vari ristoranti a Festa Reggio 2010 e 2011. Una dozzina sono i detenuti (cuochi e camerieri) coinvolti nell’organizzazione e nei risultati economici e si punta ad incoraggiare lo spirito imprenditoriale. In questo periodo, l’obiettivo principale della cooperativa è la creazione di un’azienda agricola nel carcere, nella terra su cui si trova e che lo circonda. La cooperativa ha concorso all’elaborazione di un progetto complesso, che la casa circondariale di Reggio ha sottoposto all’esame del ministero per il finanziamento, basato su produzioni principalmente agricole, ma anche di giardinaggio. Israele ricorsi famiglie vittime all’Alta Corte, contro rilascio detenuti Agi, 17 ottobre 2011 Ultimi adempimenti in Israele prima dello storico scambio tra Gilad Shalit e i 477 prigionieri palestinesi. Il giorno prima dell’evento, la Corte di Giustizia a Gerusalemme esamina i ricorsi presentati da alcune famiglie di vittime nelle decine di attentati terroristici compiuti dai palestinesi; e nella stessa sede, Noam Shalit, il padre del soldato israeliano chiederà alla giustizia di astenersi dall’intervenire nell’accordo che dovrebbe riportare a casa il figlio. Finora sono state depositate in tribunale quattro petizioni contro il rilascio dei prigionieri palestinesi. Svizzera: detenuto evade calandosi con le lenzuola dal quinto piano del carcere Swiss Info, 17 ottobre 2011 Un detenuto è evaso la scorsa notte dalla prigione “La Promenade” di La Chaux-de-Fonds (Ne). L’uomo - in detenzione preventiva con l’accusa di furto - è fuggito dalla finestra della sua cella, situata al quinto piano del carcere, assumendosi rischi considerevoli, ha precisato oggi Valérie Gianoli, responsabile del servizio penitenziario del canton Neuchâtel, confermando una notizia di una radio locale. Una volta fuori, il fuggiasco ha camminato lungo un cordolo prima di saltare sul tetto di uno stabile vicino e calarsi al suolo con il lenzuolo che aveva portato con sé. Il personale del carcere ha svolto il proprio lavoro “correttamente”, ha aggiunto Gianoli. L’uomo è tuttora in fuga.