Giustizia: carcere, le basi della riforma di Alessio Scandurra Il Manifesto, 23 novembre 2011 La condizione di indecenza e di perdurante emergenza delle patrie galere è ampiamente documentata ed è stata ormai denunciata in ogni contesto. Inchieste parlamentari, rapporti delle Ong, corti nazionali e internazionali ed anche il Presidente della Repubblica fotografano, per usare appunto le parole di Giorgio Napolitano, “una realtà che ci umilia in Europa”. Anche il governo Berlusconi ne aveva preso atto, dichiarando il 13 gennaio del 2010 lo “stato di emergenza nazionale” delle carceri, prorogato fino al 31 dicembre 2011 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. L’emergenza è dunque ufficiale. Ma come se ne esce? Alcuni interessanti spunti vengono dal libro, curato da Stefano Anastasia, Franco Corleone e Luca Zevi, “Il corpo e lo spazio della pena. Architettura, urbanistica e politiche penitenziarie”. Pubblicata da Ediesse, questa raccolta di saggi prova a riprendere il filo del dibattito, interrotto da tempo, sull’architettura penitenziaria, e sulla sua relazione con il senso e la quotidianità della pena detentiva. Il tema dell’architettura penitenziaria è oggi impellente poiché la principale risposta del governo all’emergenza sovraffollamento è il piano straordinario di edilizia penitenziaria. Per questo piano sono stati recuperati oltre 600 milioni di euro, nonostante la grave crisi finanziaria del paese. Il mattone prima di tutto, dunque. Ma per costruire cosa? Nessuno lo sa. Previsioni di costi e tempi del tutto irrealistici (i 9.150 nuovi posti andrebbero costruiti entro la fine del 2012, e le strutture dovrebbero avere tutte lo stesso costo, come i prodotti al supermercato) lasciano di fatto tutto nell’ombra. Ma soprattutto non è chiaro quale sia l’idea di carcere, e prima ancora di pena, che sta dietro a questo imponente ampliamento del nostro sistema penitenziario, come se questo non avesse importanza. E invece importa, come si comprende dalla lettura del libro. Pensare la pena è precondizione necessaria per pensare il carcere, eppure molti dei contributi raccolti dimostrano come da molti anni il nostro sistema penitenziario non incarni più alcuna idea della pena. Tanto sul piano architettonico quanto su quello normativo le nostre carceri, chiamate a rispondere alle più diverse emergenze, sono diventate meri contenitori di corpi, incapaci di progettualità. In un simile contesto, costruire nuove carceri per rispondere al sovraffollamento può aver senso, ma è questo contesto che va messo in discussione. Anzitutto perché in queste condizioni è inutile costruire nuove prigioni. Un contenitore che viene riempito troppo velocemente, o vuotato troppo lentamente, è destinato a saturarsi, qualunque siano le sue dimensioni. E poi perché un’idea della pena e del carcere è possibile e necessaria, e a dire il vero è anche imposta dalla Costituzione. Sembra difficile immaginare un “cosiddetto senso della pena”, leggendo il bel saggio di Adriano Sofri, che descrive un carcere iniquo e ottuso, indifferente alle sue stesse regole. Eppure su questo il libro è ricco di spunti. Dall’idea di un carcere “responsabilizzante” anziché paternalista, descritta da Mauro Palma, al “carcere della riforma”, come emerge da diversi saggi, ancora atteso a ormai 35 anni dalla riforma stessa; all’idea infine di un “carcere della dignità”, come ci è richiesto dalle norme internazionali. Anche su questi temi il governo Berlusconi ha fallito, ma queste indicazioni, e l’urgenza dei problemi che richiamano, restano centrali per la nuova ministra. Giustizia: in Senato la questione della chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari La Gazzetta di Mantova, 23 novembre 2011 Potrebbero tornare subito in libertà 400 detenuti negli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) che si trovano in una “situazione intollerabile”: la denuncia-appello arriva dal presidente della commissione di inchiesta parlamentare sul Servizio sanitario nazionale, senatore Ignazio Marino (Pd), che paragona gli Opg “a gironi dell’inferno” e annuncia che porterà la condizione dei 1.500 detenuti che vi sono ancora ristretti all’attenzione dei nuovi ministri della Sanità e della Giustizia. “Questi detenuti - ha detto il senatore Roberto di Giovan Paolo, presidente del Forum nazionale della salute nel carcere che si è riunito ieri a Torino, presente lo stesso Marino - non vengono liberati per ragioni burocratiche o per l’eccesso di zelo di alcuni magistrati di sorveglianza. Gli Opg - ha aggiunto - sono stati cancellati dall’ultima riforma della sanità penitenziaria, ma finora nessuno lo ha fatto nella realtà. Bisogna che si cominci a farlo, a partire da questi detenuti che avrebbero tutte le carte in regola per uscire ed essere reinseriti nella società”. La Commissione guidata da Marino ha raccolto episodi di costrizione e degrado in tutti i sei Opg italiani: Castiglione delle Stiviere, Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino (Firenze), Aversa (Caserta), Secondigliano (Napoli) e Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). Proprio in quest’ultimo, rimasto nelle condizioni del giorno in cui, nel 1925, fu inaugurato dal ministro Rocco, la Commissione ha scoperto i casi più drammatici di ‘ergastoli bianchì (così? sono chiamati i detenuti in quelli che un tempo erano definiti manicomi criminali). Tra gli episodi, quello di un uomo legato a un vecchio letto per giorni, con un foro per le funzioni vitali, restando in condizioni di costrizione. “Vi sono persone - ha detto Marino - che per avere commesso una semplice bagatella si trovano rinchiuse in luoghi in cui se ognuno di noi chiudesse un cane o un cavallo verrebbe immediatamente arrestato”. In Senato è stato quindi votato un ordine del giorno per l’immediata chiusura degli Opg, “in modo che - ha concluso Marino - siano sostituiti da luoghi di cura per coloro che rappresentano un pericolo sociale e dalle cure sul territorio per tutti gli altri”. Giustizia: Ospedali psichiatrici giudiziari, benvenuti all’inferno Quotidiano di Sicilia, 23 novembre 2011 La Sicilia ancora non recepisce la normativa nazionale di riforma della gestione. Nella fatiscente struttura di Barcellona Pozzo di Gotto i casi più drammatici. Potrebbero tornare subito in libertà 400 detenuti negli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) che si trovano in una situazione intollerabile: la denuncia-appello arriva dal Presidente della commissione di inchiesta parlamentare sul Servizio sanitario nazionale, sen. Ignazio Marino (Pd), che paragona gli Opg a gironi dell’inferno e annuncia che porterà la condizione dei 1.500 detenuti, che vi sono ancora ristretti, all’attenzione dei nuovi ministri della sanità e della giustizia. Questi detenuti - ha detto il senatore Roberto di Giovan Paolo, presidente del Forum nazionale della salute nel carcere, che si è riunito a Torino, presente lo stesso Marino - non vengono liberati per ragioni burocratiche o per l’eccesso di zelo di alcuni magistrati di sorveglianza. Gli Opg - ha aggiunto - sono stati cancellati dall’ultima riforma della sanità penitenziaria, ma finora nessuno lo ha fatto nella realtà. Bisogna che si cominci a farlo, a partire da questi detenuti che avrebbero tutte le carte in regola per uscire ed essere reinseriti nella società. La Commissione guidata da Marino ha raccolto episodi di costrizione e degrado in tutti i sei Opg italiani: Castiglione delle Stiviere (Mantova), Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino (Firenze), Aversa (Caserta), Secondigliano (Napoli) e Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). Proprio in quest’ultimo, rimasto nelle condizioni del giorno in cui, nel 1925, fu inaugurato dal ministro Rocco, la Commissione ha scoperto i casi più drammatici di ‘ergastoli bianchì (così sono chiamati i detenuti in quelli che un tempo erano definiti manicomi criminali). Tra gli episodi, quello di un uomo legato a un vecchio letto per giorni, con un foro per le funzioni vitali restando in condizioni di costrizione. “Vi sono persone - ha detto Marino - che per avere commesso una semplice bagatella si trovano rinchiuse in luoghi in cui se ognuno di noi chiudesse un cane o un cavallo verrebbe immediatamente arrestato. La commissione parlamentare ha accertato che nella gran parte degli Opg non vi sono le più elementari condizioni igienico-sanitarie - ha spiegato Marino - mentre non si contano i casi di costrizione fisica in letti ottocenteschi a cui i pazienti vengono legati come se fossero in un girone infernale. Inoltre, è contro la Costituzione imporre misure cautelari a persone che non abbiano ricevuto disposizioni di questo tipo da parte della magistratura. In Senato è stato votato un ordine del giorno per l’immediata chiusura degli Opg, in modo che - ha concluso Marino - siano sostituiti da luoghi di cura per coloro che rappresentano un pericolo sociale e dalle cure sul territorio per tutti gli altri”. Giustizia: i detenuti regalano la propria spesa al Banco Alimentare Vita, 23 novembre 2011 Anche la XV edizione di Giornata Nazionale della Colletta Alimentare vede protagonisti i penitenziari. La XV edizione della Giornata Nazionale della Colletta Alimentare anche quest'anno vedrà la partecipazione dei detenuti, che sabato 26 novembre raccoglieranno i generi alimentari acquistati con la loro spesa settimanale per destinarli alla Fondazione Banco Alimentare Onlus, contribuendo così ad aiutare oltre 8000 enti caritativi che assistono 1,4 milioni di poveri. All’iniziativa promossa dall’Associazione Incontro e Presenza, alla quale già l’anno scorso hanno aderito i detenuti delle carceri milanesi di S. Vittore, Opera e Monza, quest’anno si sono aggiunti quelli del carcere di Bollate e le carceri delle città di Enna e - grazie al Consorzio Rebus - anche quello di Padova. Inoltre nelle città di Torino e a Parma con l’associazione il Pellegrino diversi detenuti ed ex detenuti si recheranno presso i supermercati per vivere la Colletta Alimentare. Dal carcere di Opera usciranno con particolari permessi alcuni detenuti che potranno vivere da volontari aiutando nell’immagazzinaggio del cibo raccolto dai loro compagni presso il magazzino di raccolta del Banco Alimentare nei padiglioni della Fiera di Rho. La Colletta Alimentare all’interno del carcere vuole rendere evidente che i detenuti sono in grado di riscoprire e mostrare un’umanità viva e presente nonostante l’errore commesso e che il carcere è un luogo dove la privazione della libertà non impedisce di essere Uomini, perché il cuore dell’uomo nella sua domanda di bene è uguale per tutti. Giustizia: la nuova cricca pensava di lucrare anche sulle carceri di Claudia Fusani L’Unità, 23 novembre 2011 Nell’agenda di Pugliesi decine di incontri con il tesoriere dell’Udc Naro e Gori, uomo di Brancher. Nelle intercettazioni gli appetiti sul piano carcerario Di Lernia ha movimentato due milioni di euro sul conto di San Marino. Borgogni, uomo delle relazioni esterne di Finmeccanica, era persona che si occupava anche del coté illecito delle relazioni istituzionali del Gruppo tra cui anche le contribuzioni ai partiti” scrive il pm Paolo Ielo nella richiesta di arresto per l’uomo ombra del presidente Guarguaglini alla guida del colosso dell’alta tecnologia nel settore della difesa, della sicurezza e dell’aerospazio. Guido Pugliesi, l’indiscusso da dieci anni amministratore delegato di Enav (ente nazionale aviazione civile, controllata al 100% dal Tesoro) “eletto e confermato da governi di centrodestra e di centrosinistra”, scrive il gip Fattori nell’ordinanza che lo ha mandato agli arresti domiciliari per finanziamento illecito, è l’uomo al centro del presunto sistema di tangenti e mazzette originate dalle fatture false o gonfiate degli appalti che Enav commissionava a Selex che a sua volta le subappaltava a otto aziende amiche. 0 meglio, nate apposta per generare fondi neri da usare poi per partiti e uomini politici. Gli sviluppi dell’inchiesta ruotano tutti intorno a questi due personaggi. Ora che l’indagine Enav-Finmeccanica è entrata tra le priorità nell’agenda del premier Monti, occorre mettere qualche punto fermo tra le centinaia di pagine di atti depositati in vista degli interrogatori dei tre arrestati. E vedere cosa resta dopo aver fatto la tara alle dichiarazioni - “lunari” le ha definite Casini - delle varie gole profonde di questa storia, da Tommaso Di Lernia detto il cow boy a Lorenzo Cola, il consulente globale di Finmeccanica. Resta la memoria dell’agendina elettronica di Guido Pugliesi (sequestrata dal Ros a novembre 2010) che smentisce gli incontri definiti “sporadici” da Pugliesi con i politici. A gennaio 2010 il potente ad di Enav si è visto una volta con Di Lernia e due volte con Proietti, il titolare delle Edil Ars coinvolto nella vicenda S ogei-Tremonti-Milanese. Tra febbraio e marzo incontra cinque volte Proietti e una volta Naro (il tesoriere Udc che ha incassato 200 mila euro da Di Lernia). In aprile, sempre Pugliesi, si vede una volta con Naro, una con Proietti e quattro volti con Fabrizio Gori, l’uomo di Aldo Brancher (pdl). Incontri che si ripetono a maggio (due volte con Naro, una con Gori), a giugno con intensità quasi vertiginosa (quattro volte con Naro, due con Proietti, e due con Gori). Pausa estiva e poi ottobre, cinque volte con Naro e una con Gori, il giorno 6, direttamente a palazzo Chigi. Sempre in orari, è giusto precisare, d’ufficio, tra le nove del mattino e le sei del pomeriggio. Si capisce perché Cola e Iannilli, al telefono, definiscono Pugliesi “il loro più grande sponsor”. L’ad di Enav avrà molto da spiegare ai pm. Restano, al di là delle ricostruzioni definite “lunari”, i riscontri bancari che dimostrano i numerosi prelievi di danaro dal conto corrente Ciclamino intestato a Di Lernia nella repubblica di San Marino, circa due milioni di euro tra cui i 200 mila consegnati il 2 febbraio 2010 al tesoriere dell’Udc Giuseppe Naro. Ci sono le fatture false, e riscontrate come tali dalle perizie del Ros dei carabinieri, di Marco Iannilli per circa un milione e mezzo, una goccia rispetto al giro milionario di sovrafatturazioni. Restano le intercettazioni che raccontano di quanto ramificati i rapporti politici del gruppo Enav-Selex e società subappaltatrici. La nuova cricca intravede anche nell’emergenza carceri e nel piano di edilizia carceraria un modo per fare business. Ilario Floresta chiama Marco Iannilli, imprenditore dell’orbita Finmeccanica. Il 3 febbraio 2010 Ilario Floresta, ex deputato del pdl e ora membro del cda Enav, parla con Marco Iannilli: “Scusa Marco, risulta che c’è grosso interesse di una sigla di Finmeccanica per il programma delle carceri light, quelle dove andremo io e te, non sto scherzando, sai che c’è un programma di ampliamento delle carceri di ventimila posti letto. Se puoi capire la sigla poi quando ti vedo ti spiego il perché”. Iannilli conferma e aggiunge: “Grazie di tutto Ilario, grazie anche per oggi”. E Floresta commenta: “Oggi mi pare che si stato un bell’incontretto”. Giusto per ricordare, il 9 febbraio, Iannilli e Fabrizio Testa (Tec-no Sky, controllata Enav, quello che acquista la barca di Milanese facendogli un favore di 500 mila euro), definiscono Floresta “una brava persona che si è allineata completamente e si è messa a disposizione”. Il 21 settembre 2010, Borgogni parla con tale Marco che usa un’utenza Finmeccanica. Marco: “Senti mi ha chiamato Filippo... su quel discorso che facciamo ogni anno della loro offerta di partito a Milano eccetera, sì del ministero, del Pd, credo sia una cosa del Pdl, no? dice che ne ha parlato anche a te, lui mi ha anche detto che gli hai indicato che non volevi comparire come Finmeccanica ma con una società esterna”. Borgogni replica a monosillabi. Si scopre poi, da alcuni sms che era molto seccato che quel Marco affrontasse l’argomento per telefono. Scrive il pm Ielo nella richiesta di arresto per Borgogni rigettata dal gip: “L’equivoco Pd/Pdl è spiegabile solo con il fatto che i flussi di finanziamento fossero in tutte le direzioni politiche. Circostanza che rivela il carattere sistemico dei fatti. E che di necessità dovevano essere commessi con il concorso di altri interni alla struttura di Finmeccanica”. Il 28 maggio 2010 sempre Borgogni si sfoga al telefono e minaccia vendette contro i giornali: “Da lunedì comincia un po’ di controffensiva, documenti, cose, barche a ventimila euro al mese, pagate”. Lettere: l’assistenza sanitaria agli internati dipende dalla salute mentale… di Adriano Sofri Il Foglio, 23 novembre 2011 Nel libro “Matti in libertà”, dedicato da Maria Antonietta Farina Coscioni allo scandalo degli ospedali psichiatrici giudiziari (Editori internazionali riuniti) è riferita la risposta del ministro della Salute allora in carica in un question time dello scorso 23 marzo. Il ministro illustra dei suoi “primi provvedimenti” e ne dice che “prevedono un primo sfoltimento del carico di riferimento”. Il carico di riferimento sono le persone. Poi ricorda che “mentre la gestione sanitaria è in carico alle regioni, la gestione, diciamo così, alberghiera, ovverosia di quello che è il decoro e la pulizia degli ambienti, è in carico all’amministrazione penitenziaria”. Infine spiega che la presa in carico delle regioni “deve essere fatalmente graduale, così peraltro come previsto dalla norma, sulla base, naturalmente, della salute mentale”. Di chi? Lettere: dove sono i 5 milioni di euro per il reinserimento dei detenuti? di Domenico Ciardulli (Educatore Professionale) www.osservatoriosullalegalita.org, 23 novembre 2011 L'attuale Coordinatore del PdL, Angelino Alfano, quando era Ministro della Giustizia aveva annunciato ai quattro venti la "grande sfida del governo contro la recidiva, per una maggiore sicurezza sociale". Era il 6 luglio 2010 quando l'allora Ministro della Giustizia e il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, hanno istituito Anrel, agenzia nazionale reinserimento e lavoro, stanziando 4,8 milioni di euro attraverso la Cassa ammende, organo del DAP che raccoglie gli introiti giudiziari dello Stato. L'obiettivo dichiarato era di ridurre la recidività dopo l'uscita dal carcere attivando una vera e propria agenzia di collocamento a beneficio dei detenuti. L'istituzione dell'Agenzia ha suscitato proteste per le modalità di assegnazione del progetto e dei fondi: il Ministero ha affidato il tutto ad una Fondazione legata al Movimento "Rns", che sta per "Rinnovamento nello Spirito Santo". A tale Fondazione sono affiancati in una Associazione Temporanea di Scopo, Acli, Coldiretti, Caritas e Federsolidarietà. Ricordiamo alcune prese di posizione all'indomani dell'annuncio di Alfano: Secondo Patrizio Gonnella, dell'associazione Antigone, una tale modalità di assegnazione è sospetta e denuncia un uso spregiudicato del denaro pubblico". Secondo Ornella Favero, direttrice di "Ristretti Orizzonti", una delle realtà di volontariato più significative in Italia, In un mondo complesso come quello penitenziario questi automatismi non funzionano, è noto da tempo che vanno pensati percorsi differenziati. Certe proiezioni sono irrealistiche. Il richiamo allo Spirito santo e alle sue ali ci suggerisce immagini non rassicuranti di quattrini che prendono il volo. Ma queste sono solo libere associazioni. Nulla a che vedere con la realtà. Almeno così ci auguriamo. Così commentava anche Livio Ferrari, Presidente del Centro Francescano d'ascolto e Garante dei diritti dei detenuti di Rovigo Ferrari: "Quello che risulta incomprensibile è tramite quali criteri Dap-Cassa Ammende abbia dato così tanti soldi a gente che del mondo penitenziario non è esperta, sacrificando le competenze e la professionalità di chi lavora da anni in questo settore". Un dato di fatto attuale è che, a distanza di quasi un anno e mezzo i soldi promessi e stanziati sono rimasti fermi nelle Casse del DAP. A questo punto è lecito chiedersi: Cosa intende fare il neoMinistro Paola Severino dei circa 5 milioni di euro? Non sarebbe opportuno che il Ministero della Giustizia e il DAP, internalizzassero l'Agenzia Nazionale per il Reinserimento e il Lavoro di detenuti ed ex detenuti creando un ponte tra Dipartimento ed Enti locali? Non si potrebbero impiegare i 5 milioni di euro per incentivare e rifinanziare tutti i progetti virtuosi interni alle istituzioni penitenziarie che in questi anni hanno fatto da battistrada e da esperienze pilota ad un autentico recupero e reinserimento dei detenuti? Non sarebbe anche opportuno che siano predisposti progetti di portata nazionale per impedire che dopo la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, si creino reparti manicomiali all'interno degli istituti di pena? Voglia il neoMinistro tutelare il sistema penitenziario e tutto il personale preposto dall'ulteriore degrado dovuto ad un'eventuale manicomializzazione degli istituti. I circa 5 milioni di euro andrebbero impiegati utilizzando tutte le risorse umane interne, con un controllo e un monitoraggio centralizzato, le convenzioni con organismi religiosi e no profit vanno contenute e limitate ad operazioni sinergiche solo dove sia necessario per carenze di organico. Non si può abdicare alle proprie funzioni per foraggiare sempre organismi di privato sociale in base alla classica lottizzazione e/o tornaconto elettoralistico. Che il Volontariato faccia volontariato e lo Stato assolva in proprio al suo compito rieducativo e di recupero. Ci auguriamo che un Ministro non politico come Paola Severino si renda subito conto di quanto occorra fare presto per uscire dall'emergenza suicidi e sovraffollamento delle carceri. Toscana: programma per migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria nelle carceri http://met.provincia.fi.it, 23 novembre 2011 Avviato il percorso per l’inserimento del governo del rischio clinico all’interno delle carceri. Vale a dire realizzare iniziative e promuovere azioni tese a ridurre il rischio e migliorare gli standard di qualità dell’assistenza sanitaria nei confronti dei detenuti. Si tratta di un altro passaggio importante nell’ambito del programma di interventi per il 2011-2012 in materia di sanità penitenziaria. Con una delibera, proposta dall’assessore al diritto alla salute Daniela Scaramuccia, sono stati approvati il percorso di gestione e le linee di indirizzo. “Non facciamo altro - ha spiegato l’assessore - che estendere alle persone recluse una serie di interventi per la loro sicurezza che normalmente, attraverso il Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza dei Pazienti (in sigla Centro Grc, ndr), trovano applicazione in ambiti sanitari diversi dal carcere. Vogliamo portare dentro il carcere gli stessi principi adottati a livello ospedaliero ed ambulatoriale per aumentare il livello di garanzia e sicurezza nei confronti dei detenuti”. La Toscana è stata una delle prime regioni a regolamentare con una legge il passaggio delle competenze in materia e la gestione della sanità in carcere. “E anche per quanto riguarda il governo del rischio clinico - ha aggiunto Daniela Scaramuccia - partiamo con un po’ di anticipo rispetto al resto d’Italia. Non sarà ovviamente una cosa immediata, per sviluppare questo strumento all’interno delle carceri occorrono varie fasi”. Le linee di indirizzo sono state sviluppate e condivise con il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria. Sono quattro le attività principali: l’organizzazione per la gestione del rischio clinico, il sistema di gestione del rischio clinico (che comprende gli strumenti operativi ed i flussi informativi per la sistematica identificazione, analisi e prevenzione del rischio clinico), le buone pratiche per la sicurezza dei pazienti (le mani pulite, prevenzione del rischio nutrizionale, scheda terapeutica unica, misura e gestione del dolore, Mews, Modified Early Warning Score), la formazione degli operatori alla gestione del rischio clinico, considerato il primo passo del processo Emilia Romagna: Desi Bruno nominata nuovo Garante regionale dei diritti dei detenuti Redattore Sociale, 23 novembre 2011 L’ex garante comunale dei detenuti e avvocato penalista era l’unico candidato per la carica. È stata nominata questa mattina con il minimo dei voti necessari (26). Al voto assenti M5S e Udc. Pdl e Lega hanno lasciato la scheda in bianco. Con il minimo dei voti necessari (26), Desi Bruno diventa oggi garante regionale dei detenuti. Dopo la fumata nera di ieri, l’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna si è riunita anche questa mattina con un unico punto all’ordine del giorno: la nomina del garante. Le prime due votazioni non sono andate a segno, perché come ieri serviva la maggioranza qualificata di due terzi dell’aula. Al terzo tentativo, invece, è bastata la maggioranza semplice, appunto 26 voti a favore. E così nonostante alcuni assenti tra le file della maggioranza, la nomina di Desi Bruno è passata. Assenti i due consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, che hanno minacciato il ricorso al Tar conto il nuovo garante. Assente Silvia Noè dell’Udc. Pdl e Lega Nord non hanno partecipato alle prime due votazioni, mentre alla terza si sono espressi con 9 schede bianche e 4 nulle. La seduta, iniziata alle 9.30, è terminata alle 10.15. Mantova: incendio nella ragioneria del carcere e soldi che mancano… l’inchiesta si sdoppia La Gazzetta di Mantova, 23 novembre 2011 Un fascicolo d’inchiesta è stato aperto subito dopo l’incendio divampato il 15 ottobre nell’ufficio ragioneria. Per un giallo di cui ancora sfuggono i contorni e che non sarà né facile né rapido chiarire. Chi ha appiccato le fiamme ai documenti contabili del carcere? E perché lo ha fatto? Tutto sembra rimandare a una seconda indagine che vede impegnata la procura di via Poma. L’oggetto è ancora una volta la casa circondariale e in particolare l’ipotesi di presunte irregolarità contabili. Un’inchiesta del tutto indipendente, che sarebbe stata aperta ancora prima dell’attentato incendiario, in base ai sospetti sollevati nel corso di un’ispezione ministeriale. Ci sono già dei primi nomi iscritti nel registro degli indagati? Quasi certamente sì. Ma nessuna conferma o notizia è trapelata al momento dagli uffici giudiziari di via Poma che hanno deciso di adottare criteri di massima riservatezza sul lavoro d’indagine relativo a entrambe le inchieste. Quali sono i rilievi fatti dagli ispettori ministeriali che a più riprese hanno preso in mano i libri contabili della casa circondariale per verificare ogni singolo acquisto e capitolo di spesa registrato negli ultimi anni? Una relazione, al momento soggetta a segreto istruttorio, sarebbe stata depositata prima dell’estate alla procura di via Poma. Con il fondato sospetto che le irregolarità rilevate fossero di natura penale. Qualcuno, insomma, avrebbe fatto sparire soldi destinati alle spese del carcere, oppure fatto la cresta sui costi di cancelleria e benzina o sulla mensa dei detenuti? Al momento queste sono soltanto di ipotesi al vaglio dei magistrati, quindi tutte da verificare. Il secondo (in ordine di tempo) fascicolo d’inchiesta è quello con cui la procura sta cercando di dare un nome a chi ha appiccato le fiamme in una stanza del primo piano del carcere. Proprio nel luogo dove erano custoditi registri e documenti relativi alla contabilità dell’istituto di pena. Altro scenario, altre domande. Quale può essere il movente del rogo? Si tratta del gesto di una persona che intendeva distruggere, almeno in parte, i documenti contabili conservati nell’ufficio, e quindi cancellare le prove di eventuali reati? O, al contrario, di chi voleva portare sotto i riflettori dell’opinione pubblica, oltre che della procura, le presunte irregolarità contabili? Una risposta ancora non c’è. Se non quella che la procura si è mossa subito aprendo un’inchiesta. Il sostituto procuratore Silvia Bertuzzi, titolare dell’indagine sul rogo, ha sentito in qualità di persone informate sui fatti agenti di polizia penitenziaria, personale amministrativo e volontari del carcere. Sono emersi sospetti su chi sia lo sconosciuto che ha appiccato le fiamme all’ufficio contabilità (a fuoco sono andati carte, computer, divano e armadio) o sul mandante? Non siamo al momento in grado di riferirlo. Cagliari: Sdr; giovane detenuta straniera attende da 87 giorni l’espulsione già decretata Comunicato stampa, 23 novembre 2011 Una giovane domenicana, Ana Lucia Batista, 29 anni, con un decreto di espulsione emesso 87 giorni fa dal Magistrato di Sorveglianza di Roma, si trova ancora nel carcere Buoncammino di Cagliari. La donna, madre di una bimba di 16 mesi e di un maschietto di 3 anni, affidati temporaneamente alla nonna residente in Spagna, chiede insistentemente di potersi ricongiungere alla famiglia. Lo rende noto Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, che ha incontrato più volte la donna esasperata dalla lunga attesa. “Non comprendo - ha affermato Batista - perché non possa diventare esecutiva un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma su decreto di espulsione dallo Stato italiano della Procura della Repubblica del Tribunale di Civitavecchia. Non comprendo neppure perché sia stata trasferita il 27 luglio scorso a Cagliari dopo 8 mesi di detenzione. Sto vivendo malissimo perché non ho più neppure notizie certe dei miei bambini. Incontro molte difficoltà a parlare con mia madre, a cui li ho affidati quando sono stata arrestata per non portarli in carcere con me. Ditemi che cosa devo fare per ottenere l’espulsione”. “È evidente - sottolinea Caligaris - che ancora una volta si utilizza la struttura penitenziaria cagliaritana, peraltro in gravi difficoltà per il sovraffollamento, come refugium peccatorum. L’espulsione ordinata dal Magistrato di Sorveglianza, se non impugnata entro dieci giorni dal cittadino straniero privato della libertà, dovrebbe essere eseguita con accompagnamento immediato alla frontiera, trattandosi di una detenuta a cui manca poco più di un anno alla scarcerazione. La permanenza in carcere, dopo un simile provvedimento, è legata esclusivamente all’accertamento definitivo dell’identità e al possesso dei documenti per il rimpatrio. Nel caso della detenuta domenicana non vi era alcun motivo sostanziale per ritardare l’esecuzione del decreto. La soluzione è stata infine trovata dall’Ufficio stranieri della Questura che si è adoperato per accelerare i contatti con la scorta internazionale e per individuare i voli per l’espatrio fissato per i primi giorni di dicembre”. “C’è da domandarsi perché, se mezzi e personale messi a disposizione delle Questure dal Ministero degli Interni sono così ridotti da rendere vani i provvedimenti della Magistratura di Sorveglianza, si continui a illudere i cittadini stranieri che esiste, in particolari condizioni, l’espulsione alternativa alla detenzione. Si tratta ormai - conclude Caligaris - di un percorso che rischia di esasperare gli animi e indurre alla disperazione”. Ferrara: manca il furgone, per il trasporto dei detenuti, salta l’udienza La Nuova Ferrara, 23 novembre 2011 Processo rinviato per motivi tecnici, perché nè l’imputato detenuto, né i due testimoni già in carcere dopo la condanna hanno potuto raggiungere il tribunale. Motivo? La Casa circondariale ieri non disponeva dei mezzi sufficienti a trasportare separatamente i tre detenuti, considerato che altri carcerati ieri dovevano essere condotti a palazzo di giustizia per convalide e altri procedimenti. A farlo sapere al collegio giudicante, con una nota finita negli atti del processo, è stato lo stesso direttore del carcere dell’Arginone Francesco Cacciola. Una dichiarazione che, dopo il caso dei fax senza carta e le numerose segnalazioni sullo stato di sovraffollamento delle celle, suona come un ulteriore grido di allarme sui problemi dell’istituto penitenziario. “La struttura è sovraffollata, attualmente ci sono circa 500 persone detenute - spiega Cacciola - Oggi (ieri) una decina di detenuti doveva essere portata in tribunale. In alcuni casi non è stato possibile per la tipologia e la quantità dei mezzi a disposizione”. Ieri insomma non c’erano abbastanza furgoni cellulari, né sufficiente personale per garantire in sicurezza il trasporto da via Arginone a via Borgoleoni dei detenuti che dovevano comparire in aula. Non era mai successo. Il processo slittato ieri al 6 dicembre era quello a carico di Sereno Quirino, imputato per la brutale aggressione a Vigarano Pieve del febbraio 2010 ai danni di un ingegnere, nonché della rapina al bar tabaccheria Chiakra di Montalbano. Per gli stessi reati hanno già fatto i conti con la giustizia Rosario Salernoe Francesco Di Raimondo, entrambi detenuti all’Arginone. Tutti e due doveva testimoniare al processo di ieri, ed era ovviamente necessario accompagnarli separatamente. Niente da fare: troppi detenuti da portare in tribunale, troppo pochi furgoni di sicurezza a disposizione. Un fatto senza precedenti, ennesima spia dello stato di sofferenza degli istituti penitenziari. “È un disagio che denunciamo da tempo - interviene Giovanni Durante, segretario nazionale Sappe, il sindacato degli agenti di polizia penitenziaria - Da un recente monitoraggio in Emilia Romagna è emerso che in tutta la regione c’è un problema di mezzi non idonei, o per i chilometri fatti o perché bisognosi di riparazioni. Rischiamo quotidianamente di non riuscire a svolgere il nostro lavoro. Avevamo chiesto uno stanziamento straordinario al ministro Palma prima che cadesse il governo, ora non sappiamo cosa accadrà. Processi saltati per impossibilità portare i detenuti in tribunale? È successo tempo fa a Vibo Valentia, in Emilia Romagna credo che sia la prima volta”. Caltanissetta: agente aggredito da un detenuto, la solidarietà del Garante Salvo Fleres Comunicato stampa, 23 novembre 2011 “Esprimo la mia solidarietà all’agente di Polizia penitenziaria aggredito da un detenuto ieri mattina presso il carcere di Caltanissetta”. Questo è quanto ha dichiarato il Sen. Salvo Fleres, Garante dei diritti dei detenuti nell’apprendere la notizia appena citata. “Condanno questi gesti anche se, alle volte, sono il frutto di un malessere generalizzato e comunque di una scarsa attenzione verso le purtroppo numerose problematiche dei reclusi, costretti a vivere in condizioni di estremo disagio per via del sovraffollamento e di tutti i problemi ad esso connessi. In ogni caso, ho già inoltrato una nota presso la direzione del carcere di Caltanissetta onde acquisire ulteriori elementi. Auguro, dunque, all’agente di Polizia Penitenziaria una pronta guarigione e, approfitto dell’occasione per formulare identici auguri ai tre agenti di Polizia Penitenziaria rimasti feriti in un incidente stradale a Trapani mentre rientravano da una traduzione”. Roma: il 18 dicembre il Papa incontrerà i detenuti del carcere di Rebibbia Ansa, 23 novembre 2011 Visiterà la chiesa centrale della casa circondariale dedicata al “Padre nostro” Papa Ratzinger, e qui incontrerà anche i detenuti, mettendosi a disposizione per rispondere a domande e istanze. Poi benedirà un albero piantato in ricordo della visita. La situazione carceraria arriva nell’agenda pontificia. Ci sarà anche un dialogo con i detenuti durante la visita pastorale che Benedetto XVI farà domenica 18 dicembre alla casa circondariale nuovo complesso di Rebibbia. Alle ore 10, nella chiesa centrale del carcere dedicata al “Padre Nostro”, il Papa incontrerà i detenuti e risponderà alle loro domande, spiega la nota della Prefettura della Casa Pontificia. Prima di lasciare il carcere, alle 11,30, e far ritorno in Vaticano per l'Angelus, il Papa benedirà un albero che sarà piantato a ricordo della visita. Arriva in agenda pontificia la situazione delle carceri italiane, una situazione più volte denunciata dalle associazioni di solidarietà e dai politici del partito Radicale. Proprio in questi giorni infatti il leader Marco Pannella è tornato a chiedere a gran voce che in Parlamento si voti in favore di un’amnistia nelle carceri italiane, che versano in condizioni sempre più drammatiche. Tra suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare e overdose, infatti, in appena undici anni nelle carceri italiane sono morti oltre 1.800 detenuti, di cui un terzo per suicidio. Dall'analisi complessiva del "pianeta carcere", inoltre, emerge la fotografia di una situazione di vero e proprio sfascio di legalità. Mentre la popolazione detenuta in Italia è cresciuta negli ultimi dieci anni dell’80 per cento, a fronte di spazi e strutture rimasti sostanzialmente invariati. Il personale anche è insufficiente. Gli assistenti sociali in organico dovrebbero essere 1.630; gli effettivi sono 1.235 (- 395). Gli educatori previsti in organico dovrebbero essere 1.376; gli effettivi sono 588 (- 788). Gli psicologi praticamente non esistono: dei 95 previsti, risultano presenti 4 (- 91). I medici, dei 42 previsti sono presenti 20 (- 22). L’assistenza sanitaria risulta dalle analisi di pessima qualità e il diritto alla salute dei detenuti è rimasto sulla carta, dopo l’assegnazione dell’assistenza sanitaria in carcere alle ASL, che non hanno né i mezzi, né il know how necessario ad operare nei luoghi di restrizione della libertà. Ancona: “Fuori riga”, nasce giornale di Montacuto e per i detenuti anche corso di chitarra Il Resto del Carlino, 23 novembre 2011 Un ponte tra Senigallia ed il carcere di Montacuto. Un collegamento grazie a tre senigalliesi che in qualche maniera si vogliono spendere per quanti si trovano a vivere una situazione non facile. È così che le giornaliste senigalliesi Laura Mandolini e Giulia Torbidoni hanno realizzato assieme ad un gruppo di carcerati il primo numero di “Fuori Riga” inserito come fascicolo nei settimanali diocesani di Senigallia, Jesi ed Ancona. Un progetto e che ha il supporto della Fondazione Gabbiano di Senigallia e la Provincia. “Volevamo coinvolgere reclusi del carcere di Montacuto in un corso di scrittura giornalistica”, spiega Laura Mandolini. “Non è stato semplice, perché non sapevamo a che cosa andavamo incontro non conoscendo questa realtà”. Come siete arrivate al giornalino “Fuori Riga”? “Prima attraverso un corso teorico di giornalismo di quattro lezioni. All’inizio c’era un pò di diffidenza, forse paura. Ma poi pian piano il gruppo che ha deciso di mettersi in gioco in questa esperienza ha compreso il senso della pubblicazione. Anzi sono stati proprio gli stessi reclusi a dibattere su quale taglio dare al giornalino, evitando che fosse soltanto uno strumento per parlare dei loro problemi. Così i carcerati hanno iniziato a scrivere su vari temi”. “Per me - rimarca Giulia Torbidoni - il giornalismo sociale è stato sempre un argomento di grande interesse”. “E vogliamo far capire che esistono un mondo e persone anche in un luogo come il carcere”. Un altro progetto “targato Senigallia” potrebbe già il prossimo gennaio essere realizzato al carcere di Montacuto. Promotore è Andrea Celidoni della scuola di musica “Musikè”. Celidoni, di quale iniziativa si tratta? “Di un corso di chitarra rivolto ai carcerati. Si tratta di una esperienza alla quale pensavo da tempo”, racconta il musicista. “Ho così avanzato la proposta alla direzione del carcere e sono in attesa di una risposta riguardo alla fattibilità operativa”. Con quale spirito si prepara a questo progetto? “Per me è una nuova sfida. Ho insegnato musica e chitarra in tanti posti, dalla nostra sede alle parrocchie. Questa possibilità non si era ancora materializzata ma ora speriamo che i tempi siano maturi. Sarebbe necessario trovare uno sponsor, ma se alla fine i soldi non si troveranno, vorrà dire che delle spese si farà carico la scuola Musikè. Come intende attuare il progetto? “Con lezioni di quattro mesi, per iniziare. Metterei a disposizione una quindicina di chitarre che rimarrebbero a disposizione del carcere anche dopo il corso. Per aprire e presentare le lezioni abbiamo previsto a Montacuto un concerto del gruppo Musikè. Invece al termine del corso di chitarra vorrei far esibire in un breve saggio quanti hanno partecipato. Certo in quattro mesi non si può pretendere molto, ma è già un buon inizio. Comunque tengo molto a questa iniziativa e spero davvero a breve di avere una risposta in maniera tale che il progetto possa concretizzarsi”. Como: giovedì presentazione del libro “Il mestiere della libertà” Corriere di Como, 23 novembre 2011 Giovedì alle 18.30 la libreria Feltrinelli di via Cesare Cantù si terrà la presentazione del libro “Il mestiere della libertà” dedicato alle attività di lavoro in carcere presso, con Pietro Raitano, direttore del mensile Altreconomia. Durante la presentazione ci sarà la possibilità di ascoltare delle testimonianze che dimostreranno come il lavoro sia lo strumento più efficace di reinserimento nella società per i detenuti. Motivo per cui è stato scritto questo libro: sostenere le molte iniziative di lavoro nei penitenziari italiani attraverso il racconto di oltre 100 progetti di economia carceraria. I prodotti di questo lavoro “Solidale italiano” sono realizzati da cooperative sociali consorzi e organizzazioni di carattere nazionale o attive in aree problematiche del paese, coerenti con valori, obiettivi e prassi del commercio equo di solidarietà, cooperazione, sviluppo e inclusione sociale. A Como una delle realtà a distribuire questi prodotti è la cooperativa Garabombo, che ha altre sedi in diversi comuni: “Abbiamo sia prodotti di tipo alimentare che artigianale - spiega la presidente Lucia Villani - ed al termine dell’incontro, organizzato dall’associazione di promozione sociale e culturale Garabombo L’invisibile in collaborazione la cooperativa, seguirà un aperitivo con i prodotti della linea “Solidale Italiano”, provenienti da progetti di economia carceraria”. Fanno parte della Linea Solidale Italiano i prodotti terre liberate dalla mafia e quelli derivanti da economie carcerarie che comprendono prodotti da forno, di artigianato e agricoli realizzati o coltivati all’interno dei luoghi di reclusione per garantire, attraverso una formazione e un lavoro qualificato e retribuito, una possibilità di riscatto a chi li realizza. Torino: venerdì il “Trofeo della Legalità” torna all’Ipm Ferrante Aporti Comunicato stampa, 23 novembre 2011 Il 25 novembre 2011, presso il Ferrante Aporti, l’istituto penale minorile torinese, avrà luogo il 3° Trofeo della Legalità, appuntamento a cadenza annuale che nasce nel luglio del 2009 come un’occasione di condivisione, promozione dell’attività sportiva e del rispetto delle regole nello sport e nella vita di tutti i giorni, con lo scopo di sensibilizzare i giovani detenuti rispetto al valore della legalità. Lo sport, infatti, può essere utilizzato come veicolo per permettere ai ragazzi di comprendere l’importanza del rispetto delle regole nel gioco del calcio, in questo caso, come nella vita. Promuovere un momento di festa e condivisione all’interno dell’Istituto Penale per i Minorenni, inoltre, che coinvolge non solo i ragazzi detenuti e gli operatori che all’interno vi lavorano, ma anche una parte della cittadinanza, attraverso le diverse squadre di calcio invitate a parteciparvi, ha lo scopo di creare e consolidare sempre di più un ponte tra la struttura e la Città di Torino. Ente organizzativo dell’evento è l’associazione sportiva Aics. Hanno partecipato alla realizzazione gli operatori delle attività professionali ed i ragazzi per quanto riguarda la stampa delle divise e la realizzazione del volantino pubblicizzante l’iniziativa. Al momento della premiazione è previsto un breve intervento dell’Associazione Libera che ha lavorato con i ragazzi dell’istituto in un percorso di educazione alla legalità negli scorsi mesi.” Il 3° Trofeo della Legalità ospiterà 8 squadre: due composte dai giovani detenuti, una formata dagli agenti di Polizia penitenziaria e una dagli operatori dell’Istituto, la squadra degli avvocati del Foro di Torino, quella dei Consiglieri comunali di Torino, una dei rappresentanti dell’associazionismo torinese ed infine la squadra femminile “Lampalex”. Centro per la Giustizia Minorile del Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria Libri: “Il corpo e lo spazio della pena”, di Stefano Anastasia, Franco Corleone, Luca Zevi www.fuoriluogo.it, 23 novembre 2011 Esce il 23 novembre in tutte le librerie il volume de La Società della Ragione “Il corpo e lo spazio della pena. Architettura, urbanistica e politiche penitenziarie”, a cura di Stefano Anastasia, Franco Corleone, Luca Zevi. La vertiginosa crescita delle incarcerazioni nell’ultimo ventennio ha fatto esplodere il problema del sovraffollamento penitenziario, e con esso quello della qualità della pena nel rispetto della dignità della persona detenuta. Tra timide riforme e occasionali provvedimenti deflattivi, la costruzione di nuove carceri e la saturazione di quelle esistenti continuano a dominare l’agenda politica. La struttura architettonica, la qualità edilizia e la collocazione urbanistica del penitenziario corrispondono alla sua funzione e al modo di interpretare la pena privativa della libertà. Chi si propone di riformare la pena non può rinunciare, quindi, a ripensare lo spazio penitenziario, almeno fino a quando il carcere resterà dominante nelle nostre culture e nelle nostre pratiche punitive. Testi di Sebastiano Ardita, Vittorio Borraccetti, Cesare Burdese, Alessandro De Federicis, Patrizio Gonnella, Francesco Maisto, Corrado Marcetti, Alessandro Margara, Mauro Palma, Sonia Paone, Eligio Resta, Leonardo Scarcella, Adriano Sofri, Maria Stagnitta, Grazia Zuffa. Stefano Anastasia, ricercatore in Filosofia e Sociologia del diritto nell’Università di Perugia, è stato presidente dell’associazione Antigone e della Conferenza nazionale del volontariato della giustizia. Franco Corleone, sottosegretario alla Giustizia dal 1996 al 2001, è Garante dei detenuti nel Comune di Firenze e presidente della Società della Ragione. Luca Zevi, architetto e urbanista, direttore del “Manuale del Restauro Architettonico” e del “Nuovissimo Manuale dell’Architetto “, ha insegnato nelle Università di Roma e Reggio Calabria. Francia: caso di Daniele Franceschi; il giudice indaga per “omicidio involontario” di Marika Di Cristina www.infooggi.it, 23 novembre 2011 La morte di Daniele Franceschi, italiano detenuto in Francia deceduto in carcere l’agosto scorso, è stata causata da gravi ritardi, imperizia e negligenza. A confermare l’ipotesi è il pm francese. Il pm, dopo una prima istruttoria condotta dal giudice istruttore Sandrine Andrè senza alcun ipotesi di reato, ha deciso di aprire un’inchiesta per “homicide involontaire”, un’accusa che equivale all’omicidio colposo in Italia e per la quale sono previste pene sino a cinque anni di reclusione e ha inviato i primi tre avvisi di garanzia contro un medico e due infermieri del carcere. Le prove che accusano il medico e i due infermieri di turno il 25 agosto del 2010, giorno del decesso di Daniele. È una svolta importante per questo processo perché fino ad ora le autorità francesi avevano negato qualsiasi tipo di responsabilità. E la mamma, Cira Antignano, che non ha mai smesso di lottare in nome della giustizia per Daniele, ha fatto sapere di una lettera (pubblicata da Corriere.it) inviata dal figlio il giorno del decesso in qui scriveva: “Cara mà, oggi ho avuto un dolore alla spalla molto forte ed è una cosa che si ripete da settimane e di frequente mi è appena presa una fitta forte di dolore dalla spalla sinistra fin verso il cuore, ma stamani mi hanno fatto la radiografia e mi hanno detto che cuore e polmone sono a posto. Tra una settimana mi rifaranno le lastre, ma ho l’idea che scoprire che cosa è e che cosa sarà non è un’impresa facile. Non ho mai avuto un infarto, ma se dovessi descrivere il dolore che provo direi che è simile a un infarto. Sento crescere il dolore a poco a poco dalla spalla verso il cuore. Poco fa ho vomitato. Però non ti preoccupare, mamma, sarà una cosa passeggera”. Adesso Cira è più fiduciosa nella giustizia, dopo la svolta del processo, e dichiara: “Finalmente qualcosa si sta muovendo. Forse la verità è più vicina”. Stati Uniti: Obama salva i tacchini, però si dimentica degli uomini condannati a morte di Alessandro Carlini Libero, 23 novembre 2011 Nell’America di Obama è meglio essere un tacchino che un detenuto. Ci sono, infatti, più possibilità di essere salvati dall’intervento del presidente se si hanno due zampe e una cresta. Barack Obama non brilla per la concessione di grazie e sconti di pena. Anzi, arranca all’ultimo posto nella classifica degli inquilini della Casa Bianca più clementi. Se si tratta di salvare un tacchino, invece, è sempre in prima fila. Oggi, come è tradizione, ne risparmierà addirittura due dai piatti degli americani che domani festeggiano la Festa del Ringraziamento, mettendo milioni di questi grossi pennuti all’interno dei loro forni. Obama sin da quando è diventato presidente ha preso sul serio la cerimonia del “perdono”. L’anno scorso i due “salvati” erano Apple e Cider, che avevano trascorso la notte della vigilia in un hotel della capitale. Fra le polemiche dei contribuenti che si sono chiesti perché buttar via soldi per due tacchini. Ma la Casa Bianca sotto la gestione di Barack e Michelle ci ha abituato a questo e altro, tutto all’insegna del biologico e del glamour. Dopo la presentazione alla stampa, ai due tacchini sarà garantita una lunga e prosperosa vita all’interno di un ampio recinto della tenuta di Mount Vernon, appartenuta a George Washington. Tutte queste attenzioni per due animali, e per gli uomini? Loro possono anche attendere, inutilmente, l’aiuto del presidente. Come è successo all’afro-americano Troy Davis, che ha rivendicato la sua innocenza fino all’esecuzione avvenuta lo scorso settembre, quando il boia di Jackson, in Georgia, lo ha fatto stendere sul lettino dell’iniezione letale. Contro la condanna si erano mobilitati in molti, fra cui papa Benedetto XVI, l’ex presidente Jimmy Carter, l’arcivescovo Desmond Tutu e numerosi esponenti politici e personaggi pubblici americani e internazionali. Davis era finito nel braccio della morte per l’uccisione nel 1989 a Savannah di un agente di polizia ma le prove presentate dall’accusa erano, dicono, inconsistenti. Nelle ultime ore prima dell’incontro col boia, il New York Times aveva ammonito che la sua esecuzione sarebbe stata “un terribile errore”. E Obama che ha fatto? Ha detto di non voler interferire in una questione che riguardava le procedure di uno Stato dell’Unione, ricordando che il presidente può offrire la grazia solo a chi è stato condannato per reati federali. Ma in realtà non è così, come spiegano molti legali. Obama poteva intervenire chiedendo la sospensione della condanna e lanciando una sorta di ispezione federale. Ma non lo ha fatto. Del resto non è rinomato per la difesa dei diritti di chi si trova dietro le sbarre. Fino ad ora ha concesso solo 23 fra grazie e sospensioni di pena, a gente che si trovava in carcere per reati non gravi, come lo spaccio di piccoli quantitativi di droga. Nemmeno da paragonare con l’impegno mostrato dai suoi precessori. A partire dal criticato George W. Bush, che per 189 volte ha preso carta e penna per garantire il trattamento più umano o la scarcerazione di un detenuto. Il record spetta a Harry S. Truman, con 1.913 “pardons”, seguito da Dwight Eisenhower (1.110) e Lyndon Johnson (960). Fra l’altro, Obama aveva promesso di chiudere il carcere dei terroristi islamici di Guantanamo e invece nella base americana di Cuba si sta svolgendo il processo a Abd al-Rahim al-Nashir, accusato di aver organizzato l’attentato alla nave Uss Cole (17 morti), che rischia di finire di fronte al boia. L’unico che potrà salvarlo sarà proprio il presidente ma meglio che al-Nashir si prepari al peggio. India: torture nelle carceri, 4 morti al giorno di media negli ultimi 10 anni Asca, 23 novembre 2011 In India sono morti in media quattro detenuti al giorno negli ultimi dieci anni. Lo sostiene un rapporto di una organizzazione governativa sull'allarmante fenomeno delle torture nelle carceri o nei commissariati di polizia. Lo studio, intitolato ''Tortura in India 2011'', condotto dal Centro asiatico per i diritti umani (Achr), ha calcolato che nell'ultimo decennio 14.231 prigionieri sono morti per abusi e maltrattementi inflitti dai carcerieri. Di questi 12.272 erano in custodia giudiziaria e il resto in stato di fermo di polizia. Secondo il corposo rapporto di oltre 100 pagine, pubblicato sul sito internet dell'organizzazione, il record dei decessi si è verificato nello stato del Maharashtra (quello di Mumbai) e in Uttar Pradesh. ''Il 99 per cento delle morti in custodia della polizia sono avvenute a causa di torture nelle prime 48 ore di detenzionè' ha precisato il responsabile Suhas Chakma durante la presentazione avvenuta a New Delhi. Ucraina: l’ex premier Tymoshenko lascia il carcere per sottoporsi a visita in ospedale Asca, 23 novembre 2011 L’ex premier ucraina Yulia Tymoshenko, detenuta dopo la sentenza che l’ha condannata per abuso d’ufficio, ha lasciato temporaneamente il carcere per sottoporsi ad una visita medica in un ospedale di Kiev. Lo ha comunicato il ministro della Salute ucraino Olexander Anishchenko all’agenzia Interfax. La Tymoshenko soffre da tempo di forti dolori alla schiena e le sue condizioni di salute sono state giudicate preoccupanti dai membri del suo entourage. Già ieri il presidente Viktor Yanukovich, a cui la Tymoshenko imputa una vera e propria persecuzione politica, aveva preannunciato che l’oppositrice avrebbe potuto lasciare il carcere per essere visitata. Libia: la Croce Rossa visita figlio Gheddafi, detenuto nella città di Zintan Asca, 23 novembre 2011 Due rappresentanti della Commissione Internazionale della Croce Rossa hanno incontrato Seif al-Islam, figlio dell’ex dittatore libico Gheddafi, detenuto nella città di Zintan. Lo ha riferito un portavoce della Croce Rossa, Steven Anderson, aggiungendo che l’incontro si è tenuto nel primo pomeriggio di oggi ed è durato alcune ore. Seif è stato catturato lo scorso sabato sulle montagne del Nafusa, a 170 chilometri da Tripoli. Due rappresentanti della Commissione Internazionale della Croce Rossa hanno incontrato Seif al-Islam, figlio dell’ex dittatore libico Gheddafi, detenuto nella città di Zintan. Lo ha riferito un portavoce della Croce Rossa, Steven Anderson, aggiungendo che l’incontro si è tenuto nel primo pomeriggio di oggi ed è durato alcune ore. Seif è stato catturato lo scorso sabato sulle montagne del Nafusa, a 170 chilometri da Tripoli. “È apparso in buona salute”, ha detto Anderson, aggiungendo che la visita “è stata una delle tante condotte dai delegati della Croce Rossa alle persone detenute in Libia per monitorare le condizioni in cui si trovano”. Dall’inizio della rivolta la Croce Rossa ha visitato circa 8.500 persone detenute, la maggior parte delle quali negli ultimi tre mesi.