Giustizia: 7 mozioni alla Camera, ma a chi interessa effettivamente la sorte dei detenuti? di Rita Dietrich Rinascita, 2 maggio 2011 Approdano domani alla Camera ben 7 nuove mozioni sulla situazione delle carceri. Una realtà sempre più drammatica, per la quale già da un anno è stato dichiarato dal ministro della Giustizia Angelino Alfano lo stato di emergenza, senza però che alle parole siano susseguiti fatti risolutivi. Così la proposta dell’esecutivo del piano carcere che prevedeva interventi sostanziali relativi sia all’incremento del personale che alla costruzione di nuovi istituti penitenziari sta raccogliendo sempre più mozioni che però non riescono ad uscire dalle aule del Parlamento. La Camera, per l’ennesima volta, dovrà discutere un pacchetto di mozioni presentate da tutti gli schieramenti politici. Giustizia: il carcere è patogeno… causa malattie, le aggrava e le cronicizza www.paginemediche.it, 2 maggio 2011 Malattie in carcere, carcere delle malattie croniche: quando l’isolamento è forzato, il disagio di vivere una progressiva alienazione provoca e accentua gravi disturbi psichici e fisici. È il caso della detenzione per pena: soprattutto nel primo periodo, quando il carcerato non è ancora abituato alla condizione di recluso, si manifestano sintomi di deterioramento psichico, come insonnia, nevrastenia, ipersensibilità, autolesionismo, anticamera di forme depressive più gravi. Il detenuto vive una quotidiana deprivazione della libertà, che si concretizza come una vera e propria menomazione fisica: non essendo più libero di svolgere semplici azioni giornaliere senza dover chiedere un permesso (anche per scrivere una lettera, lavare un capo di abbigliamento, tagliarsi i capelli...), il carcerato avverte la stessa frustrazione di un disabile motorio privato dell’uso degli arti. La mancanza di autonomia conduce ad una perdita della propria identità, anche sessuale, in cui il detenuto avverte se stesso come oggetto. La compensazione avviene con un’amplificato atteggiamento di remissività, o con un’ingiustificata attitudine al comando e alla sopraffazione: opposti comportamenti che disegnano la gerarchia del sottobosco carcerario, caratterizzata da leader e gregari. Non esistono malattie tipiche della condizione del detenuto, ma è pur vero che in carcere qualsiasi disturbo, anche un semplice raffreddore, assume la valenza di un espediente comunicativo. In un contesto di limitazione e isolamento, attraverso la malattia il carcerato parla di sé, si esprime. Di fatto, le difficili condizioni in cui versano le carceri di tutto il mondo favoriscono l’insorgenza di malattie. I problemi di igiene, alimentazione, spazio, possono provocare disturbi gastroenterici, insonnia (con elevata richiesta di sonniferi), malattie dermatologiche e meccaniche (mal di schiena, difficoltà di deambulazione, mal di piedi), malattie respiratorie, infezioni. L’impossibilità di muoversi agevolmente e di praticare esercizio fisico può causare problemi di atrofia muscolare, ulteriormente complicati dall’insorgere di una esasperata sedentarietà: camminare, correre, alzarsi da una sedia o dal letto, diventano azioni prive di significato. Il tempo del carcere è lento e monotono, lo spazio è angusto e sbarrato. Il tutto in assenza di stimoli affettivi, sensoriali ed intellettivi. Si rivoluziona il tempo fisiologico e si perde la ciclicità, con la comparsa di disturbi diversi come, nelle donne, le oligo-amenorree e polimenorree che sconvolgono il ciclo mestruale. E in questo scenario desolante il detenuto spesso tende a non sottoporsi alle terapie prescritte dal medico penitenziario. “Si tratta di un rifiuto inconsapevole, generato da ansia e disperazione - spiega il dott. Giulio Starnini, specialista in Malattie Infettive, Direttore Unità Operativa Medicina Protetta - Malattie Infettive Ospedale Belcolle Viterbo e Past president e fondatore Società Italiana Sanità e Medicina Penitenziaria - e a volte consapevole, quando il detenuto si persuade che l’aggravamento della sua malattia, o addirittura la simulazione di una patologia, possano garantire il trasferimento o la libertà vigilata. La depressione può indurre ad esempio un malato di Aids ad astenersi dalla terapia farmacologica, abbassando seriamente le difese immunitarie. Sta al medico penitenziario saper interpretare un rifiuto della terapia, attraverso un approccio olistico: non si studia il mero sintomo della malattia, ma la persona nella sua totalità”. Giustizia: risarcimento dell'ingiusta detenzione e reato di clandestinità.... aumentano gli aventi diritto Comunicato stampa, 2 maggio 2011 La sentenza della Corte di Giustizia europea che giovedì ha bocciato la sanzione penale, (reclusione da uno a quattro anni) prevista in caso di inottemperanza del clandestino all’ordine di abbandonare lo stato, sta producendo le prime scarcerazioni. I primi quattro immigrati “irregolari” sono stati scarcerati il 30 aprile a Genova, a Firenze non si incarcerava più dal 18 gennaio scorso ed ora la sentenza permette “regolarmente” di denunciare “solo”. Dei 24mila detenuti non italiani presenti nelle carceri italiane (su 67.000 persone) almeno 1.000 potrebbero lasciarle in virtù della sentenza di pochi giorni fa. Secondo Luca Masera, uno degli avvocati che ha presentato alla Corte Europea il ricorso contro l’arresto dell’algerino Hassen El Dridi anche per le sentenze passate in giudicato è doveroso risalire alla sentenza di giovedì scorso. Entra in scena la battaglia per l’ingiusta detenzione, e la sua estensione in virtù dell’affermazione della Corte che essa è retroattiva. Le indicazioni che ne scaturiscono sono almeno due: siperare i limiti posti dalla Costituzione Italiana e dalle normative europee è fuorviante nei confronti delle istituzioni, perché le indeboliscono, e diminuiscono anche la fiducia dei cittadini invece far loro avere un rapportodi appartenenza nei confronti della Giustizia frutto di processi democratici. Numerose associazioni di volontariato che lavorano nelle carceri, giuristi, responsabili della giustizia dei partiti del centrosinistra e tanti cittadini stanno combattendo da tempo per informare la cittadinanza, il Parlamento, l’opinione pubblica dell’esistenza in Italia della riparazione per ingiusta detenzione, derivata dall’applicazione del nuovo codice di procedura penale del 1989 (art. 314) in ottemperanza degli articoli 2 e 24 della Costituzione, e della necessità di iscrivere nei due rami del Parlamento la proposta, a firma Rita Bernardini, per l’estensione della legge stessa a prima del 1989. Giovedì 12 maggio 2011, nella giornata in cui ricorre l’assassinio di Giorgiana Masi e la storica vittoria contro il tentativo di abrogare la legge sul divorzio in Italia, si terrà un’assemblea presso la Camera dei deputati per chiedere l’iscrizione della proposta di legge, per ora iscritta solo al Senato e per riprendere a parlare di giustizia fuori dal malcostume governativo e dalla stretta securitaria. Marcello Pesarini, Osservatorio permanente sulle carceri Marche Giustizia: Testa (Detenuto Ignoto) Wojtyla era anche Papa carcerati, nessuno lo ricorda? Ansa, 2 maggio 2011 Tra i tanti spazi di approfondimento che in queste ore trasmettono notizie e messaggi su Giovanni Paolo II in occasione della sua beatificazione, nessuno, né la carta stampata, né le tv, hanno finora ricordato che Karol Wojtyla fu anche il Papa dei detenuti: lo sottolinea Irene Testa, segretaria dell’associazione “Il Detenuto Ignoto” e responsabile gruppo carceri di Radicali Italiani. Giovanni Paolo II, ricorda Testa, “era colui che, invitato a varcare il Tevere per parlare al Parlamento italiano, chiese alla nostra classe dirigente di non avere paura e di varare un provvedimento di clemenza per i detenuti. Un provvedimento di amnistia ancora attende di essere varato e solo Marco Pannella, con un lungo sciopero della sete in occasione del suo commiato, ebbe a chiedere al Parlamento di mettere in pratica quanto per acclamazione fu promesso a Wojtyla, concedendo questo provvedimento per un atto insieme umano e umanitario”. “Dopo altri sei anni dalla morte (9 anni dal suo discorso al Senato) - continua - si sente oggi più che mai l’urgenza di intervenire in materia di giustizia penale, civile e carceraria, e non con processi brevi a favore di ricchi che così potranno continuare a garantirsi prescrizioni e impunità, ma a favore di tutti, a partire dagli ultimi”. Toscana: otto carceri senza direttore; urge “piano di recupero” dei dirigenti penitenziari Redattore Sociale, 2 maggio 2011 Trenta giorni di agitazione per “denunciare l’assenza di un contratto collettivo e la gravissima carenza di dirigenti in Toscana”. Corleone: “Il Dap risponda alle giuste richieste”. I direttori delle carceri toscane cominciano oggi uno sciopero di trenta giorni per “denunciare l’assenza di un contratto collettivo e la gravissima carenza di dirigenti in Toscana”. A darne notizia è stato Franco Corleone, coordinatore dei garanti territoriali e garante dei diritti dei detenuti del comune di Firenze. “In Toscana - afferma Corleone entrando nel merito dei motivi dello sciopero - sono scoperte otto direzioni di importanti istituti (Livorno, Gorgona, Massa Marittima, Pistoia, San Gimignano, Opg di Montelupo, Massa, Gozzini) oltre a diversi uffici Uepe e dodici posti di dirigente al Provveditorato regionale. Lo sciopero - aggiunge - interesserà tutte le prestazioni che ricadono fuori dal normale orario di lavoro (astensione dallo straordinario, rifiuto di missioni, incarichi aggiuntivi, attività di formazione, astensione da ispezioni e relazioni sindacali). “Come garante - dice Corleone - non posso che manifestare solidarietà per chi difende il proprio lavoro e i propri diritti e chiedo che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria risponda immediatamente alle giuste richieste e trovi una soluzione per la copertura dei posti vacanti e la nomina dei direttori che rappresentano un elemento imprescindibile per la vita degli istituti penitenziari”. Lisiapp: sono diversi gli Istituti Penitenziari senza direttore Ci associamo a quanto lamentato da un’altra sigla sindacale dei dirigenti penitenziari, la quale nei giorni scorsi ha proclamato uno sciopero nella regione Toscana, elencando un cospicuo numero di Istituti privi di direttore titolare. Tutto ciò accade nonostante l’amministrazione penitenziaria disponga di circa 500 dirigenti; le carceri scoppiano a causa dell’eccessivo numero dei detenuti, sicché oggi è quanto mai urgente e necessario predisporre un piano di recupero del personale dirigenziale, che occupano uffici sia a livello centrale che provveditoriale a carattere amministrativo e di quel personale direttivo non inquadrato nei ruoli dirigenziali: visto e considerato che non si possono continuare a tenere decine di istituti senza direttore titolare; posti che vengono quotidianamente coperti in modo sporadico con l’invio di dirigenti in missione e quindi con un aggravio di spese. Urgono misure urgenti e ovviamente una riforma dell’intero personale penitenziario attraverso l’istituzione di Ruoli Tecnici del Corpo di Polizia Penitenziaria. Brogi (Pd):”Serve una risposta all’emergenza-carcere” Il consigliere Pd: “La mancanza di dirigenti aggrava una situazione già difficilissima e al limite della tolleranza con strutture sovraffollate e che già lamentano carenza di personale. Diventa sempre più urgente la nomina del Garante regionale dei detenuti”. “La mancanza di otto direzioni di carcere in Toscana (Livorno, Gorgona, Massa Marittima, Pistoia, San Gimignano, O.p.g di Montelupo, Massa, Gozzini) aggrava la situazione già difficilissima degli istituti penitenziari della nostra regione, che già si trovano ad affrontare sovraffollamento e carenza di personale di polizia penitenziaria. Ormai la situazione è che l’aumento dei detenuti è inversamente proporzionale al numero del personale di custodia. Sono quindi solidale con la protesta e in particolare con la necessità di dare una risposta all’emergenza-carceri. La mancanza di personale si porta con sé tante difficoltà: molti tossicodipendenti che non dovrebbero stare in carcere ma avere più trasferimenti in comunità o nei centri di recupero con maggiori spazi e minori occasioni di degrado e violenze fisiche e psicologiche per gli altri; addio a frequenze scolastiche, laboratori artigianali, attività di reinserimento perché è più semplice e sicuro tenere tutti in cella giorno e notte; addio anche a qualche soldo guadagnato e ad un possibile mestiere da imparare, utile magari quando si esce per non farsi riacciuffare dal mercato dell’illegalità. Credo, inoltre, che stia diventando ancora più urgente la nomina del Garante regionale dei detenuti”. Così Enzo Brogi, consigliere regionale Pd, si dice solidale con la protesta dei direttori di carcere toscani. Milano: i Radicali; diffida a Ministro Alfano e Sindaco Moratti per condizioni San Vittore Notizie Radicali, 2 maggio 2011 “A due anni dalla mia precedente visita, le condizioni sono drammaticamente peggiorate. Ed è tempo che chi gioca con la pelle dei detenuti si assuma le sue responsabilità. Anche perché l’ordine pubblico e la giustizia non sono solo argomenti da sfoggiare per la campagna elettorale, per fare paura ai cittadini”. Così Rita Bernardini, parlamentare radicale all’uscita dalla visita ispettiva tenuta oggi al carcere di San Vittore. “Nei prossimi giorni faremo una diffida al ministro della giustizia Alfano, ai responsabili dell’Asl e al Sindaco Moratti che, in quanto responsabile sanitario della città di Milano, ha la sua dose di colpe per aver ignorato il forte deterioramento della situazione in questi anni”. Il senatore Marco Perduca ha sottolineato come le condizioni drammaticamente disagiate riguardino anche i rappresentanti della polizia penitenziaria “alloggiati in stanze tanto, troppo, simili alle celle. E questo comporta anche per loro un indiscutibile aumento del tasso di stress, in un mestiere di per se tutt’altro che semplice”. Il senatore Perduca ha anche compiuto nei giorni scorsi una visita al Cie di via Corelli dove ha potuto constatare la difficile condizione degli “ospiti” della struttura. In particolare di una ventina di tunisini arrivati dopo il 10 aprile, “i quali sono abbandonati a se stessi e a cui è stato impedito persino di approfittare dell’opportunità del rientro in Tunisia, che si sarebbero pagati da soli”. Alla visita hanno partecipato alcuni militanti radicali milanesi, tra cui Lucilla Bertolli, Giulia Crivellini, Lorenzo Lipparini e Marco Loiodice. Alcuni dati sulle condizioni carcerarie a San Vittore 1.537 uomini e 104 donne = 1.641 detenuti… su una capienza regolamentare di 700; 990 il numero di componenti della pianta organica del personale, ma solo circa 600 guardie. Forte il problema della carenza di personale penitenziario, aggravata da condizioni pessime di alloggio (comparabile pienamente alle celle dei detenuti); 65% stranieri; più di 300 tossicodipendenti, con reparto (di circa 60) in cura trattamentale particolare soprannominata “nave” (celle aperte, attività dalla mattina fino alle 16 30). Quasi in cura metadonica a scalare sino ad assegnazione in altre sezioni; situazione giuridica: solo il 20% di definitivi (= stato emotivo di stress per il non comprendere che ne sarà del proprio destino, in particolare se si pensa ai tempi che richiedono i processi in Italia); l’attività lavorativa ed educativa è un’eccezione che riguarda i “privilegiati” di due sole sezioni (250 detenuti che lavorano-e solo all’interno del carcere-più 180 seguono corsi di istruzione); condizioni: mediocri, con picco di intollerabilità nel sesto raggio (celle da 6 in 7 metri, un bagno senza doccia che funziona anche da angolo cucina, 20 ore chiusi nelle celle); reparto protetti per omossessuali, transessuali, reati a sfondo sessuale come pedofilia ed ex guardie. problema per le transessuali inerente alle cure ormonali che con l’ingresso in carcere vengono interrotte perché non hanno più soldi per permettersele; centro clinico molto carente, garantita la cura essenziale di emergenza e piantonamento in ospedali all’esterno (San Paolo), ma praticamente assente la cura quotidiana di infermieri e personale per mancanza fondi. Savona: Sappe; carcere vergognoso, detenuti in celle senza finestre e grave carenza agenti Ansa, 2 maggio 2011 “Uno Stato civile toglie la libertà a chi commette un reato e viene giudicato colpevole da un tribunale, ma non può togliere la dignità e attentare alla salute dei detenuti e di chi nelle carceri lavora, come le donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria. Il carcere Sant’Agostino di Savona è tra i peggiori d’Italia, con decine di detenuti ospitati in celle senza finestre e poliziotti in servizio con la luce accesa dei neon 24 ore al giorno, e chi si appresta a guidare la città per i prossimi anni non può prescindere dall’impegnarsi concretamente per avere una nuova struttura detentiva a Savona, decente per chi ci lavora e per chi vi è ristretto”. È il primo commento dopo la visita odierna nel carcere di Savona di Roberto Martinelli, Segretario generale aggiunto e commissario straordinario per la Liguria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, il primo e più rappresentativo di Categoria. Martinelli, accompagnato dai segretari Sappe della provincia di Savona Aniello Peluso e Vincenzo Cionti, ha tenuto nel carcere di piazza Monticello una assemblea con i Baschi Azzurri in servizio nel penitenziario di Savona. “La nostra presenza a Savona” spiega Martinelli “ha voluto per prima cosa testimoniare la vicinanza e la gratitudine del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria alle colleghe ed ai colleghi del carcere savonese, quotidianamente impegnati in una situazione di costante sovraffollamento con significative carenze di organico. Il carcere di Savona, che è opportuno ricordare essere da anni senza un Direttore titolare (anche se in Italia abbiamo quasi 600 Dirigenti penitenziari e circa 200 istituti di pena…), vede oggi presenti 80 detenuti a fronte dei 36 posti letto regolamentari. Le criticità del carcere sono molte: i poliziotti penitenziari di Savona, che lavorano con una pesante carenza di organico perché dovrebbero essere in 59 ed invece sono amministrati 42 baschi azzurri, nel decorso 2010 sono intervenuti tempestivamente in carcere salvando la vita a 2 detenuti che hanno tentato di suicidarsi ed impedendo che in altri 7 episodi di autolesionismo e ferimento posti in essere da altrettanti ristretti potessero degenerare ed ulteriori avere gravi conseguenze. Anche la rissa dell’altro giorno tra detenuti stranieri, che sono quasi la metà dei presenti in piazza Monticello, è sintomatico della tensione crescente in carcere, come anche l’alta presenza di tossicodipendenti, nell’ordine del 40% dei detenuti. Queste problematiche sono aggravate dall’edilizia, dalla struttura fatiscente del penitenziario che non aiuta di certo. Basti pensare che spesso i detenuti trasferiti a Savona devono scendere dai mezzi nella centrale via Paleocapa perché la strada di accesso al carcere savonese è talmente stretta da impedite il passaggio degli automezzi della Polizia Penitenziaria. E allora assume particolare importanza quella di valorizzare concretamente il lavoro quotidiano svolto dai poliziotti penitenziari, a Savona come nelle altre città italiane, un duro, difficile e delicato lavoro svolto ogni giorno con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità”. Martinelli torna a chiedere “un impegno concreto per un nuovo carcere a Savona da parte dei candidati Sindaco della città” e, preso atto che il numero dei detenuti che lavorano a Savona è davvero minimale (nell’ordine di pochissime unità) ribadisce un concetto già espresso da tempo: “Bisognerebbe impiegare anche a Savona, come in tutte le Regioni e provincie d’Italia, i detenuti in progetti per il recupero del nostro patrimonio ambientale, la pulizia dei greti dei fiumi e dei torrenti e delle molte spiagge della territorio della provincia savonese. L’attivazione sul territorio nazionale di iniziative inerenti la promozione del lavoro è diventato obiettivo primario che l’Amministrazione Penitenziaria persegue al fine del coinvolgimento consapevole e responsabile dei soggetti in espiazione di pena in attività lavorative volte all’integrazione e al reinserimento nella comunità sociale. Tutto questo nella convinzione che il lavoro è uno degli elementi determinanti su cui fondare percorsi di inclusione sociale non aleatori. Impiegare in detenuti in progetti di recupero del patrimonio ambientale e in lavori di pubblica utilità a Savona e in provincia è una delle richieste storiche del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, motivata dalla necessità concreta di dare davvero un senso alla pena detentiva. I detenuti hanno prodotto danni alla società con i loro crimini e reati? Bene, la ripaghino concretamente, imparando anche un mestiere che potrebbe essere loro utile una volta tornati in libertà”. Firenze: denuncia dell’Ugl Medici; sicurezza a rischio nell’Opg di Montelupo Il Tirreno, 2 maggio 2011 Dopo la notizia che nell’Opg di Montelupo è entrata droga, arriva la reazione del sindacato Ugl medici. “Innanzi tutto con quali criteri sono accordati i permessi e le licenze - si chiede a nome del sindacato il neuropsichiatra Ugo Catola - e a chi sono affidati i detenuti internati? A queste due domande possiamo rispondere che i criteri sono vaghi e indeterminati e la scelta delle persone non segue criteri prestabiliti in positivo, in quanto così prevede il nuovo ordinamento penitenziario vecchio di trentacinque anni!”. Per quanto riguarda i permessi-licenze tutto “si basa sulla discrezionalità - va avanti - del magistrato di sorveglianza, che si avvale di una relazione firmata dal direttore sanitario dell’istituto, che si avvale a sua volta del parere di un gruppo di esperti il gruppo di osservazione e trattamento che emette pareri spesso ineffabili e inafferrabili per i comuni mortali, avvolto com’è da un alone di mistico distacco e irraggiungibile superiorità”. I dubbi emergono dunque sull’affidamento. “Gli accompagnatori dovrebbero essere affidabili in base a criteri obiettivi come l’appartenenza ad una categoria professionale e non semplicemente attinti dal mondo del volontariato che per quanto animati da buone intenzioni, non possiedono una professionalità specifica e spesso sono vittime di internati ad alta valenza delinquenziale oltre che affetti da gravi psicopatologie - spiega ancora Catola - abbiamo assistito a casi clamorosi di allontanamenti dove gli accompagnatori si limitavano a dare degli appuntamenti di rientro ai detenuti, che spesso li disertavano, avendo in pratica carta bianca per la commissione di nuovi reati”. E conclude: “Data la maggiore sensibilità sociale ai problemi della sicurezza la permissiva legislazione del 1975 non può non essere riformata, per non incidere negativamente sulle già disastrate condizioni del nostro tessuto sociale. Questo non toglie che nelle more della riforma non si vada a ricercare la responsabilità della direzione sanitaria dell’Opg, che firma le relazioni che vanno sul tavolo del magistrato”. Messina: Uil-Pa; detenuto 22enne malati di Tbc, è emergenza sanitaria Agi, 2 maggio 2011 Allarme sanitario nel carcere di Messina dopo che a un detenuto 22enne della Costa d’Avorio, ricoverato al policlinico della città dello stretto è stata diagnosticata una forma di Tbc conclamata. A denunciarlo è il segretario generale della Uil-pa Penitenziari, Eugenio Sarno, che accusa: “Se le autorità penitenziarie, sanitarie e politiche avessero avuto accortezza ed attenzione alle nostre pubbliche denunce sulla incompatibilità igienico-sanitaria del carcere di Messina, formulate dopo la nostra visita del 18 febbraio, oggi, forse, non dovremmo essere costretti a parlare di una preoccupante emergenza sanitaria”. Il giovane è stato assegnato a Messina nell’ottobre del 2010, proveniente dall’ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, per avvalersi delle cure al centro clinico dell’istituto penitenziario messinese, causa un tumore epatico. L’8 aprile era stato sottoposto al test della Tbc. “Ciò che ci preoccupa - aggiunge il sindacalista - è che nonostante la patologia sia stata diagnosticata da almeno tre giorni nessun intervento di profilassi è stato eseguito nella struttura detentiva e nei confronti del personale e dei detenuti che sono stati, inconsapevolmente, a contatto con il detenuto malato. Responsabilmente, invece, occorre intervenire con urgenza per scongiurare i rischi di contagio”. Modena: Dori (Pd): carcere senza soldi, facciamo una raccolta di fondi tra i cittadini La Gazzetta di Modena, 2 maggio 2011 Con 54 agenti in meno rispetto all’organico previsto e 423 detenuti rispetto a una capienza di 220 detenuti, prevista dal ministero, il carcere di S. Anna vive sempre sull’orlo della crisi. A richiamare ancora una volta l’attenzione dell’opinione pubblica sul reclusorio modenese sono Maurizio Dori e Francesco Rocco del Pd) che danno le cifre e i numeri del tracollo all’interno della struttura di reclusione; al tempo stesso chiedono, con un’interrogazione al sindaco, cosa può fare la giunta per risolvere la situazione: “Il governo ha dimezzato gli stanziamenti e per Modena non è previsto nulla - concludono provocatoriamente. Se il ministero resta inerte perché non pensare a una raccolta fondi tra i cittadini, che già pagano le tasse, per sanare la situazione. Oggi per 423 detenuti ci sono 168 agenti compresi quelli impiegati principalmente in compiti di piantonamento e trasferimento di detenuti. Il ricorso a straordinari obbligatori è regolare e finisce per sopprimere le poche giornate di riposo. Non basta? I sistemi di videosorveglianza sono inutilizzabili: niente fondi per la manutenzione”. Brescia: Pd; mancata riconferma del Garante Fappani, delusi gli operatori delle carceri www.quibrescia.it, 2 maggio 2011 Il Partito Democratico di Brescia è tornato sulla mancata riconferma del garante dei detenuti uscente, Mario Fappani. Emilio Quaranta è persona rispettata e stimata dai Democratici a cui, hanno assicurato nel corso di una conferenza stampa, garantiranno pieno sostegno. “Vogliamo però fare luce su alcune situazioni”, ha detto il capogruppo Emilio Del Bono, “anche in base alle dichiarazioni che ha rilasciato la presidente del consiglio comunale Simona Bordonali”. “È stato totalmente ignorata la voce degli operatori che lavoravano nel carcere”, ha esordito l’ex-deputato della Margherita, “tutti sapevano che Fappani aveva la massima stima e il massimo apprezzamento per il lavoro svolto nei cinque anni del suo mandato, e perfino i detenuti avevano scritto ai capigruppo per chiedere la sua riconferma”. Il plauso, secondo Del Bono, era arrivato soprattutto dalle due associazioni che operano all’interno di Canton Mombello: “Carcere e territorio e Volca sostenevano Fappani, e questo Simona Bordonali lo sapeva benissimo dato che aveva avuto modo di incontrare i due presidenti delle associazioni, che sono rispettivamente Carlo Alberto Romano e Angelo Canori”. Anche sulle rinuncia dell’ex-garante il Pd è voluto chiarire una questione sostanziale: “Fappani aveva fatto un passo indietro poiché aveva capito che c’erano dei problemi sul suo nome. Aveva chiesto, però, che venisse scelta una terza candidatura che fosse espressione degli operatori delle carceri. Si era fatto il nome di Romano, non è certo un segreto. Invece il suo abbandono è stato strumentalizzato e storpiato a vantaggio di un candidato che non aveva l’appoggio degli addetti ai lavori. Oltretutto è sbagliato definire Fappani un nostro candidato. Non è un nostro militante né ha tessere di qualche partito; ero soltanto l’espressione di quella sussidiarietà tanto sbandierata ma totalmente ignorata nei fatti dalla maggioranza di centrodestra che guida questa città”. In conclusione c’è stata poi una considerazione politica dal primo partito d’opposizione: “Smettiamola di tirare in ballo strumentalmente la vicenda carte di credito. L’accordo non è stato trovato perché la maggioranza con fare anche un po’ arrogante e autarchico decide per conto proprio. In questo caso La Lega Nord ha voluto marcare politicamente la questione. E Simona Bordonali ha avuto la sprovvedutezza di dichiarare che noi non volevamo un accordo. Posso solo dire che sulla vicenda è mancata la sintesi del sindaco e la mediazione della presidente del consiglio. A farne le spese sono state le persone in prima fila, mortificate da una giunta che non si comporta da coalizione moderata”. Bolzano: nuovo carcere; la Provincia inizia le procedure per l’edificazione Alto Adige, 2 maggio 2011 È partita la procedura per la costruzione del nuovo carcere a Bolzano sud. La commissione urbanistica comunale affronterà domani la proposta di modifica d’ufficio del Puc avanzata dalla giunta provinciale per la realizzazione della struttura, che sostituirà il vecchio carcere di via Dante: l’attuale area classificata come “zona agricola” dovrà diventare “zona per attrezzature collettive sovracomunali”. Si tratta di un terreno di 42.200 metri quadrati racchiuso tra via Baracca, l’area di espansione di via Einstein, la caserma Altair e l’aeroporto. La relazione inviata dalla Provincia ha già suscitato qualche dubbio in Comune, tanto che probabilmente si arriverà a una approvazione condizionata, con la richiesta di approfondimenti tecnici e la sollecitazione a coinvolgere il Comune sia nella progettazione che nella decisione sull’utilizzo della preziosa area che verrà liberata in via Dante. Tra i punti sollevati dal Comune rispetto alla Provincia, la richiesta di ulteriori prescrizioni di tutela della falda, misure di compensazione per la perdita delle aree agricole, l’inserimento rispettoso nel paesaggio di una struttura così imponente e la garanzia del trasporto pubblico. Tra i problemi sul tappeto che verranno discussi in commissione urbanistica, anche la compatibilità con il piano di rischio aeroportuale: il Comune chiede alla Provincia di esplicitare che il rispetto dei vincoli aeroportuali, entrati in vigore di recente, non comprometta la realizzazione del carcere. La struttura ospiterà 250 detenuti e verrà finanziata con i fondi previsti nell’Accordo di Milano. Per la costruzione e la gestione dell’istituto sono previsti schemi contrattuali di partnership pubblico-privato. Vasto (Ch): detenuto di 75 anni evade dal permesso, fermato a bordo di un’auto rubata Asca, 2 maggio 2011 L’uomo ha approfittato di un permesso premio di una settimana. È stato rintracciato vicino a Pesaro, a bordo di un’auto rubata. Ieri, una pattuglia di polizia, a Case Badioli (Pu), ha intimato l’alt al conducente di una Y10, G. E. di 75 anni, che ha la fuga in direzione Pesaro. Gli agenti si sono dati all’inseguimento dell’auto che, per assicurarsi la fuga, ha accelerato, invadendo ripetutamente la corsia opposta di marcia. L’inseguimento è durato circa sei chilometri. All’altezza di Cattabrighe, l’uomo è finito contro un’altra auto che proveniva in senso opposto. Percorsi ancora 800 metri, l’uomo è stato costretto a fermare l’auto, tentando comunque la fuga a piedi. Dai controlli, è emerso che l’uomo, detenuto di Vasto (Ch), non era rientrato in carcere dopo aver goduto di un permesso premio di una settimana scaduto il 26 aprile; era stato, quindi, denunciato per il reato di evasione e a suo carico pendeva un ordine di esecuzione per la carcerazione. L’auto su cui viaggiava, inoltre, è risultata rubata, per questo il 75enne è stato denunciato circa una settimana fa a Pescara. L’uomo è stato arrestato. Bologna: Sappe; sventata evasione di otto detenuti dal carcere della Dozza Ansa, 2 maggio 2011 La polizia penitenziaria ha sventato la scorsa settimana un tentativo di evasione di otto detenuti dal carcere bolognese della Dozza. Lo ha reso noto il segretario generale aggiunto del sindacato di polizia penitenziaria Sappe, Giovanni Battista Durante. In uno dei consueti controlli - ha spiegato - gli agenti hanno scoperto che gli otto, tutti italiani, ristretti nel primo piano della sezione infermeria, avevano preparato un piano per evadere. Gli agenti si sono accorti che i detenuti avevano scavato il cemento intorno alle inferriate della finestra, per cui le grate potevano essere tolte e rimesse senza che nessuno se ne accorgesse. “Era tutto pronto - ha riferito il Sappe - per tentare l’evasione: i detenuti, al momento opportuno, avrebbero tolto l’inferriata e con un salto sarebbero usciti dalla cella. Il loro piano però è stato scoperto grazie alla professionalità della polizia penitenziaria che lavora tra mille difficoltà, a causa della notevole carenza di organico. Gli otto detenuti sono stati denunciati per tentata evasione e l’Amministrazione sta procedendo al loro trasferimento in altre strutture”. A Bologna, secondo i dati del Sappe, mancano circa 200 agenti di polizia penitenziaria e il sovraffollamento è elevatissimo: ci sono circa 1.150 detenuti, a fronte di una capienza di 450 posti. Palermo; Ugl; sventata evasione di un detenuto dall’ospedale, grazie agli agenti penitenziari Italpress, 2 maggio 2011 Il personale della Polizia penitenziaria in servizio presso il Nucleo traduzioni e piantonamenti provinciale del carcere Pagliarelli di Palermo ha sventato il tentativo di evasione di un detenuto di origine Bulgara durante una visita specialistica effettuata presso l’ospedale Civico del capoluogo siciliano. È accaduto venerdì scorso. Lo rende noto l’Ugl Polizia Penitenziaria, che ha proposto al Dap di conferire un riconoscimento ufficiale agli agenti che hanno operato. Il segretario regionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria Francesco D’Antoni, in una nota, sottolinea “il coraggio e la professionalità degli agenti impegnati a contrastare il proposito di fuga del detenuto, per porre al riparo il personale sanitario da possibile aggressione”. “Rischiando la vita nell’esercizio delle loro funzioni - spiega D’Antoni - i colleghi hanno affrontato e scongiurato una situazione che poteva diventare drammatica”. “Occorre inoltre sottolineare - aggiunge l’esponente dell’Ugl - che fortunatamente il personale preposto per il predetto servizio fosse organizzato secondo il modello organizzativo, permettendo di superare brillantemente l’evento critico. Non osiamo immaginare se fossero stati sotto scorta, come spesso accade”. “A parte il lieto fine, ciò che preoccupa - prosegue Francesco D’Antoni - è la frequenza con la quale questi episodi si ripetono. Forse è il caso che il Ministro Alfano e il Capo del Dap raccolgano gli allarmi dei sindacati e attivino un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali. “Da tempo - dice D’Antoni - l’Ugl denuncia le problematiche condizioni nelle quali operano gli agenti, sottoposti a stress e tensioni psicologiche continui, dovuti sia al sovraffollamento dei penitenziari, sia alla carenza di organico: occorre prendere atto della necessità di attuare, con urgenza, una riforma complessiva del Corpo, i cui sacrifici e il cui spirito di abnegazione nei confronti dei cittadini e dello Stato non ricevono le dovute attenzioni e il giusto riconoscimento, a partire da un trattamento economico penalizzante, che non tiene conto dell’aumento generale del costo della vita, e che costringe non di rado il personale a indebitarsi”. “In un momento così drammatico - conclude il segretario - non ci resta che invitare l’Amministrazione penitenziaria ad avviare una seria riflessione, cominciando dalla valutazione in chiave meritocratica dell’operato degli agenti e, quindi, nel caso segnalato, di riconoscere il coraggio con il quale hanno affrontato il pericolo e abbiano compiuto l’impossibile per evitare che il detenuto potesse evadere, anche a loro rischio”. Firenze: mostra artigianato; uno stand con prodotti realizzati dai detenuti Adnkronos, 2 maggio 2011 Anche quest’anno la Mostra Mercato Internazionale dell’Artigianato, aperta da sabato scorso fino al prossimo 8 maggio alla Fortezza da Basso a Firenze, ospiterà uno stand dove saranno esposti e messi in vendita prodotti realizzati in alcuni istituti penitenziari della Toscana. Promozione e organizzazione sono a cura del Gruppo Consiliare Federazione della Sinistra - Verdi e dell’assessorato regionale alle politiche sociali in collaborazione con l’associazione “Diritti e Società”. Domani, martedì 3 maggio, alle ore 12, presso il padiglione Spadolini all’interno della Mostra, è stata organizzata una conferenza stampa per illustrare l’iniziativa. Intervengono l’assessore al welfare Salvatore Allocca, il capogruppo della Federazione della Sinistra - Verdi in Consiglio Regionale Monica Sgherri ed alcuni rappresentanti degli istituti di pena della Toscana e di associazioni che hanno collaborato. Terni: musica in carcere… per la più grande evasione di massa (lecita) dalle carceri Comunicato stampa, 2 maggio 2011 Inizia sabato 7 maggio, presso la Casa Circondariale di Terni il progetto “Musica in Carcere” che mira a portare negli Istituti Penitenziari dell’Umbria e del Lazio la musica dei conservatori e delle scuole musicali popolari. In un momento di forte crisi, che colpisce da un lato le Amministrazioni Penitenziarie causando una riduzione delle iniziative organizzate e dall’altro il vasto mondo della cultura, questa iniziativa si propone di tenere accesi i riflettori su due mondi apparentemente lontani che, grazie al supporto del volontariato, possono interagire per mettersi uno a disposizione dell’altro e insieme richiamare l’attenzione di una società colpevolmente distratta. Carcere è sinonimo di sconfitta per chi lo subisce, ma anche per la società che lo impone; va individuato un campo neutro dove fare crescere la fiducia reciproca, evitando di buttare la chiave. Unire il dentro e il fuori può sembrare arduo e, forse, lo è davvero. Ma ne vale la pena (!?) - sempre - e la musica è la materia di cui si servono i sogni. E “Musica in Carcere” vuole dare il suo piccolo contributo affinché questo sogno diventi una realtà di libertà… Il progetto, sviluppato da Arci Umbria, nasce da un’idea di Andrea Di Mario (docente dell’Istituto Superiore di Studi Musicali G. Briccialdi), Federica Porfidi (Presidente Arci Ora d’Aria), Francesco Dell’Aira (ex Direttore della Casa Circondariale di Terni), Francesco Camuffo (Presidente Arci Umbria) e di Pier Giuseppe Arcangeli (ex Direttore dell’Istituto Superiore di Studi Musicali G. Briccialdi). Ha riscontrato il generoso sostegno da parte di numerose realtà musicali nazionali, personaggi della cultura ed artisti: Istituto Superiore di Studi Musicali “G.Briccialdi “ di Terni; Conservatorio “F. Morlacchi” di Perugia; Scuola Comunale di Musica e Danza “A. Onofri” di Spoleto (PG); Scuola di Musica Comunale di Orvieto (TR); Scuola di musica del Trasimeno (PG); Orchestra Roma Sinfonietta; Banda Nazionale “Garibaldina” di Poggio Mirteto (RI); Lucilla Galeazzi (cantautrice); Tubilustrium Ensemble (ottoni); Marco Quaranta e il “Quartetto Pessoa” (archi) - Angelo Colone (chitarra); The David Short Ensemble; Mike Applebaum Jazz Project; Jet Lag (pop-leggera); BBB (Black Brass Band); Alda Caiello (soprano); Anna Rollando e il “Quartetto Controtempo”(archi); Massimo Ceccarelli recitar/suonando (contrabbasso e voce); Francesco Marini (sax). Anche il Maestro Ennio Morricone ha voluto dare il suo graditissimo contributo, inviando una lettera di sostegno al progetto. Gli incontri musicali (oltre a Terni, previsti presso le Case Circondariali di Perugia, Spoleto, Orvieto, Civitavecchia, Rieti e Roma - Carcere Minorile) sono patrocinati dalla Regione Umbria, dal Garante Regionale dei Detenuti del Lazio, dal Provveditore Regionale Amministrazione Penitenziaria e dalla Conferenza Regionale Volontariato Giustizia Umbria, mentre l’organizzazione è a cura di Arci Ora d’Aria Terni, Arci Solidarietà Perugia, Arci Rieti, Arci Terni e Arci Viterbo. Libri: “Finché morti non ci separi”, le lettere dal carcere di Rosa e Olindo 9Colonne, 2 maggio 2011 Olindo Romano e Rosa Bazzi sono i presunti assassini della tristemente famosa strage di Erba. Sono stati condannati all’ergastolo in primo e secondo grado. Ora li aspetta il giudizio finale della Cassazione. Il libro “Finché morti non ci separi. Olindo Romano e Rosa Bazzi visti da vicino” di Cristiana Cimmino, giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, edito da La Riflessione, non vuole essere né innocentista né colpevolista e presenta la corrispondenza, lunga un anno, tra la scrittrice e gli imputati, edita per i tipi di Davide Zedda. “Olindo e Rosa parlano di tutto, del loro legame esclusivo, delle loro vite prima e dopo la strage, della loro esistenza in carcere, dei rapporti con gli altri detenuti e con le guardie carcerarie, parlano anche degli altri protagonisti della strage, esprimono persino qualche cauta speranza per il futuro - spiega l’autrice. So che per tutti sono dei mostri; per me, che li conosco da un anno, sono solo due persone difficili, abbandonate a se stesse, ma con due cuori pieni di sentimento. Ciò potrà stupire o scandalizzare. Ma credo che non lascerà indifferenti. La loro è una testimonianza inedita e preziosa, anche per coloro che, a ragione o a torto, li vorrebbero vedere morti. Ma soprattutto separati per sempre. Perché in queste pagine troverete prima di tutto una storia d’amore, di un grande ed esclusivo amore, tra due persone che forse sono tra gli assassini più efferati della storia criminale italiana o forse solo altre vittime di quella maledetta notte dell’11 dicembre 2006”. Immigrazione: Sel; al Cie di Bologna immigrati malati e permessi negati Dire, 2 maggio 2011 Da un lato “persone con gravi problemi di salute”, mancanza di assistenza legale da parte del Comune di Bologna e due permessi di soggiorno temporaneo negati. Dall’altro, l’alleggerimento della struttura, per la riduzione di immigrati presenti. Sono più le ombre che le luci nel quadro disegnato dal consigliere regionale di Sel, Gian Guido Naldi, sul Cie di via Mattei. Il vendoliano è entrato questa mattina nella struttura, a distanza di un paio di mesi dall’ultima visita fatta a fine febbraio. “La situazione attuale in termini di presenze è sicuramente migliorata- ammette Naldi- ora ci sono 51 reclusi, 27 maschi e 24 femmine, perché molti sono usciti con i permessi di soggiorno temporanei messi a disposizione dal Governo. Inspiegabilmente, però - denuncia l’esponente di Sel - a due uomini tunisini che ne avevano il diritto, questo permesso non è stato concesso e ora loro, piuttosto che rimanere ancora reclusi lì dentro, sono arrivati disperatamente alla decisione di tornare nel loro Paese. Ma pare che anche questo non gli sia concesso”. Non mancano poi problemi sanitari. “Abbiamo incontrato persone con gravi problemi di salute- riferisce Naldi - alcune portate nel Cie subito dopo aver subito delle operazioni chirurgiche e altri che nel Cie, diversamente da quanto avviene nelle carceri, sono impossibilitati a proseguire le cure mediche necessarie”. Non sarebbe migliorata nemmeno l’assistenza legale ai migranti. “Avevo già denunciato due mesi fa il mancato rifinanziamento, da parte del Comune, dello sportello legale che assisteva i migranti - attacca Naldi - eppure il Comune non si è ancora mosso e non si capiscono nemmeno le ragioni di questa scelta. Non si può pensare, in un momento così delicato, di lasciare i migranti senza assistenza legale - manda a dire il vendoliano - spero che il Comune si muova quanto prima”.