Giustizia: carceri incivili, oltre 3.000 detenuti in sciopero della fame con Pannella di Maurizio Bolognetti Notizie Radicali, 29 maggio 2011 Da 38 giorni Marco Pannella è in sciopero della fame. Ancora una volta, il leader radicale imbraccia le "armi" della nonviolenza per dialogare con le istituzioni, con il "Palazzo", con quel regime che da sessant'anni ha fatto strane del dettato costituzionale, dello stato di diritto, in un paese che è sempre più una democrazia reale, così come un tempo si parlava di socialismo reale. Pannella non sciopera per avere uno strapuntino in un ente, ma per la democrazia, la legalità, la giustizia. Sciopera per denunciare le incivili condizioni di detenzione nelle carceri. Ed è quel Marco Pannella che riferendosi alle carceri di questo paese ha affermato: non siamo disposti a tollerare quello che appare oggi come un consistente e allarmante nucleo di nuova Shoah. E del resto, nella mozione generale dell'ultimo congresso di Radicali Italiani si afferma "che occorre interrompere le vere e proprie torture che subiscono quotidianamente detenuti e agenti penitenziari, già costretti in condizioni disumane a causa dell'ulteriore aumento della popolazione carceraria (68.527 detenuti su una capienza di 44.612 posti)". Democrazia, Legalità, Giustizia, è questa la lotta nonviolente di Marco e dei Radicali. Quel Marco Pannella che l'11 maggio dichiarava: "Siamo ad un punto terminale di una crisi che può essere quasi suicida per la non - democrazia italiana, per responsabilità unanime di tutta la partitocrazia, della sua maggioranza e delle sue opposizioni interne". Ed è ancora Marco Pannella, in un paese che sembra non voler ragionare e che vive di salotti dove trionfa il vuoto di una politica incapace di offrire soluzioni e completamente scollata dai problemi del Paese, che ha la forza di tornare a porre la questione dell'amnistia, affermando: "Da più di trent'anni combattiamo per un'amnistia generalizzata che possa immediatamente salvare la giustizia e consentire ai magistrati italiani di rientrare nella legalità". L'amnistia radicale anche come antidoto a quella amnistia clandestina e di classe che ogni anno prende corpo con circa 200.000 prescrizioni. E siatene certi i reati che finiscono amnistiati non sono quelli dei vu cumprà o dei tanti poveracci che affollano le patrie galere, ma magari quelli dei baroni della finanza. Nel paese che da mesi si interroga con patologica morbosità sul giallo di Avetrana e sulla morte della povera Sara, gli obiettivi annunciati dello sciopero della fame di Marco Pannella sono sconosciuti e clandestini. Ma eccoli i temi dell'azione nonviolenta di Marco: l'istituzione di una commissione di inchiesta sullo stato della democrazia, composta da accademici (almeno 13 sulla falsariga dei 13 che non giurarono fedeltà al fascismo); la situazione della giustizia e delle carceri in Italia, e la possibilità di un'amnistia; una Mozione per le armi di "attrazione" di massa da usare in Libia e in Siria; l'invito rivolto al Pd sulla questione, dal Pd abbandonata, del sistema elettorale uninominale. In queste ore, la comunità penitenziaria è tornata a stringersi attorno al leader radicale e sono oltre 3.000 i detenuti che hanno scioperato con Marco, tra questi 126 ospiti del carcere di Melfi, o meglio del "carcere d'oro" di Melfi. In questa "Povera Patria", per dirla con Battiato, c'è chi oppone le armi della nonviolenza alla violenza a volte automatica e inconsapevole di quello che Pier Paolo Pasolini chiama "Palazzo". Parafrasando Leonardo Sciascia, si potrebbe dire che Marco Pannella è "Il Cavaliere" che si batte contro "la morte" del diritto, della legalità, della democrazia. Giustizia: Uil-Pa; si allarga protesta dei detenuti, in Campania carceri prossime al collasso Ansa, 29 maggio 2011 Eugenio Sarno, Segretario Generale della Uil-Pa Penitenziari, fornisce il quadro aggiornato delle proteste in atto poste in essere dai detenuti per denunciare le condizioni di detenzione. "Se in molti istituti è in corso la battitura, in moltissimi altri i detenuti hanno cominciato a praticare l'astensione dal consumare il vitto dell'Amministrazione e/o lo sciopero della fame. L'elenco è davvero lungo : Brindisi, Lecce, Ariano Irpino, Avellino, Imperia, Pisa, Firenze, Prato, Vicenza, Cagliari, Velletri, Agrigento, Rebibbia, Regina Coeli, Milano Opera, Venezia, Locri, Melfi, Belluno, Bolzano. Ci giunge notizia che a Vicenza i detenuti da domani potrebbero cominciare anche lo sciopero della sete. Considerato che molti detenuti hanno dato vita alle proteste anche per solidarietà all'iniziativa di Marco Pannella confidiamo - sottolinea Sarno - che esse si connotino per il carattere pacifico e che non si abbiano a registrare i disordini accaduti qualche giorno fa. È un momento difficile, delicato e di particolare tensione. Ognuno deve agire con responsabilità, senza alimentare ulteriori pulsioni che potrebbero sfuggire al controllo. Se da un lato i detenuti, legittimamente, protestano contro la deriva di inefficienza e di inciviltà del sistema penitenziario dall'altro anche il personale ha i suoi buoni motivi per dar sfogo alla propria rabbia e frustrazione. E se il livello delle proteste e del confronto si alza, lo si deve esclusivamente all'insensibilità del Ministro Alfano che resta silente ed immobile e del Governo che continua a far di niente per deflazionare le criticità, nonostante abbia per due anni proclamato la stato di emergenze per le carceri". Il Segretario generale della Uil-Pa Penitenziari è stato impegnato a presiedere la riunione del Direttivo Regionale della Campania, convocato nell'aula magna della Casa Circondariale di Benevento. "La Campania, unitamente alla Lombardia e alla Sicilia, rappresenta una delle aree detentive di maggiore consistenza. Alle 24.00 di ieri in Campania i detenuti ristretti assommavano a 7823 (7480 uomini e 343 donne) a fronte di una capacità massima ricettiva pari a 5593 ( 5376 uomini e 217 donne) Un surplus di ben 2230 detenuti, senza dimenticare che la settimana scorsa si è provveduto ad uno sfollamento di circa 350 detenuti. Gli istituti con il maggior tasso di affollamento: Napoli Poggioreale (2.655 presenti su 1.714 previsti); Ariano Irpino (188 su 125), Benevento (429 su 277), Secondigliano (1.517 su 988), Pozzuoli (218 su 98), Sant'Angelo dei Lombardi (189 su 117), Santa Maria Capua Vetere (890 su 547), Salerno (407 su 216), Avellino (483 su 385). Ovviamente - conclude Sarno - non è solo il sovraffollamento a preoccuparci. Domani con il provveditore regionale cercheremo di fare il punto sulla situazione degli organici, sulle dotazioni di automezzi e tecnologie, sulle organizzazioni del lavoro ma soprattutto occorre trovare una soluzione ai mancati pagamenti delle spettanze economiche relative alle missioni ed agli straordinari. Su questo siamo pronti a mettere in campo le più dure forme di protesta e trascinare, come abbiamo già fatto, l'Amministrazione Penitenziaria in Tribunale". Giustizia: Uil-Pa; carceri in emergenza, da settembre mancheranno anche soldi per il vitto Adnkronos, 29 maggio 2011 Pianeta carceri, l'allarme non si placa. Dal nord al sud del Paese è emergenza. Lo denuncia Eugenio Sarno, segretario generale della Uil-Pa Penitenziari, che fa un elenco delle emergenze carcerarie: a Verona, ad esempio, si sono registrati tre casi di Tbc in venti giorni. A Vicenza, poi, un detenuto ha tentato di evadere gettandosi nel fiume; maxi rissa a Venezia tra detenuti. Ci sono stati feriti. La situazione è grave anche al sud. In Calabria, ad esempio, segnala sempre Sarno, manca la benzina nei cellulari e ieri non è stato possibile trasportare i detenuti. "A dimostrazione che il dramma penitenziario non presenta solo aspetti sociali, umanitari e di ordine pubblico, ma è anche una questione di emergenza sanitaria concorrono le notizie che ci giungono dal carcere di Pavia, dove due detenuti sono in isolamento sanitario perché infestati da piattole, e dal carcere di Verona Montorio dove in poco meno di venti giorni si conta il terzo caso di tbc", segnala Sarno. Le cronache penitenziarie fanno registrare anche una maxi rissa tra detenuti , con feriti, scoppiata all'istituto penitenziario di Santa Maria Maggiore a Venezia e una tentata evasione con tanto di tuffo nel fiume a Vicenza. "Ieri pomeriggio nei cortili passeggi di Santa Maria Maggiore è scoppiata una maxi rissa che ha visto coinvolti una trentina di detenuti. Uno di essi - ragguaglia Sarno - ha dovuto far ricorso alle cure del pronto soccorso, dove è stato trasportato d'urgenza per le ferite riportate. Diversi i detenuti contusi. Il personale di polizia penitenziaria, prontamente intervenuto, ha dovuto faticare non poco per ristabilire l'ordine". Questa notte, poi, intorno alle due, un detenuto di origine maghrebina ha tentato di evadere dall'ospedale di Vicenza, dove era stato trasportato per effettuare la dialisi. "Il detenuto, - spiega ancora Sarno - indagato per reati di droga, mentre stava per essere riportato in carcere è saltato giù dalla lettiga dell'ambulanza e si è tuffato nel fiume Astichello che scorre vicino il plesso ospedaliero. Il tentativo di fuga è stato immediatamente bloccato dagli agenti di scorta che non ci hanno pensato su due volte per riacciuffare il detenuto, tuffandosi a loro volta nel fiume". I problemi sono anche legati all'assenza dei mezzi. Proprio ieri in Calabria (Rossano e Paola), come racconta Sarno, non si è potuto procedere alle traduzioni di detenuti perché i mezzi erano sprovvisti di carburante e non c'erano soldi per fare il pieno. "Ci chiediamo - conclude il segretario della Uil-Pa Penitenziari - cosa succederà quando a settembre mancheranno persino i fondi per garantire il vitto ai detenuti". Giustizia: il Sindacato dei direttori penitenziari denuncia in Senato i problemi delle carceri Asca, 29 maggio 2011 La Commissione straordinaria per la tutela dei diritti umani, dopo aver approfondito la scorsa settimana con un'audizione di Katia Anedda Presidente dell'Associazione Prigionieri del Silenzio, i gravi problemi dei detenuti italiani all'estero, si è occupata ancora una volta della situazione del sovraffollamento carcerario. È stato, infatti, ascoltato Enrico Sbriglia, segretario nazionale del Sindacato Direttori e dirigenti penitenziari e della casa circondariale di Trieste che è stato esplicito nel rilevare l'assenza di un approccio sistematico alla soluzione dei problemi più urgenti continuando a procedere con misure d'emergenza. A titolo esemplificativo Sbriglia ha citato le norme recentemente introdotte che hanno provocato un ulteriore appesantimento della situazione già gravissima. "Sarebbe bene - ha osservato - per ogni nuovo reato introdotto fare una proiezione delle conseguenze sul sistema penitenziario e verificare la copertura finanziaria. Si ha l'impressione - ha aggiunto - che si affrontino i problemi delle carceri in base agli umori della collettività". Con la introduzione del reato di immigrazione clandestina la percentuale di stranieri presenti nelle carceri è enormemente cresciuta raggiungendo il 65% nel Nord e il 35% nel resto del Paese. Il segretario del Si.Di.Pe. ha anche rilevato che la presenza di detenuti di diverse etnie e lingue nei penitenziari richiederebbe adeguata preparazione del personale carcerario, ma ci si scontra con la forte carenza di mezzi. Per Sbriglia occorre puntare di più sulla semilibertà e sulle attività di formazione dei detenuti. Giustizia: caso Antonveneta; condanna a 4 anni per l'ex governatore di Bankitalia Fazio Ansa, 29 maggio 2011 Arrivano le condanne per Fazio, Fiorani e Consorte per la vicenda della tentata scalata ad Antonveneta da parte di Bpi. I giudici della seconda sezione penale del tribunale di Milano hanno punito l'ex governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio a 4 anni di reclusione e un milione e mezzo di euro di multa per aggiotaggio, mentre l'ex ad della banca lodigiana Gianpiero Fiorani è invece stato condannato a un anno e 8 mesi di reclusione. L'ex presidente di Unipol Giovanni Consorte ha ricevuto una condanna a 3 anni di reclusione (più un milione di multa) e il senatore Luigi Grillo a 2 anni e 8 mesi (sempre per aggiotaggio). Condannato anche il vice di Consorte, Ivano Sacchetti. A Unipol invece, per responsabilità oggettiva, saranno confiscati 39 milioni di euro, e in più è arrivata una multa di 900mila euro. Particolarmente salata la sanzione ad Antonio Fazio. L'ex numero uno di palazzo Koch è stato condannato anche a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, mentre per due anni non potrà contrattare con la pubblica amministrazione. È la prima volta che un governatore di Bankitalia viene condannato in un processo penale. Assolto invece l'ex capo della Vigilanza di Bankitalia Francesco Frasca. Condannato (2 anni e 8 mesi) anche l'immobiliarista Luigi Zunino. "Purtroppo è una sentenza che fa giustizia a metà perché da un lato riteniamo ingiusta la condanna del dottor Fazio mentre siamo soddisfatti per l'assoluzione del dottor Frasca", ha commentato a caldo l'avvocato Roberto Borgogna, legale dell'ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio e dell'ex capo della vigilanza Frasca. Si chiude così il primo capitolo del processo cominciato a Milano nell'autunno del 2008, a sei anni di distanza dal tentativo della Bpi di scalare Antonveneta cercando di "scipparla" agli olandesi di Abn-Amro. Oggi l'atto finale con la sentenza della seconda sezione penale, presieduta da Gabriella Manfrin, nei confronti dei 17 imputati, accusati a vario titolo di aggiotaggio, ostacolo all'attività degli organi di vigilanza e appropriazione indebita, e di due società. Il processo è cominciato il 23 ottobre 2008 e vedeva alla sbarra, oltre a Fiorani e Fazio, anche l'allora capo della vigilanza di via Nazionale, Francesco Frasca, il senatore del Pdl Luigi Grillo, gli ex vertici di Unipol Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, il consulente finanziario Bruno Bertagnoli, l'immobiliarista Luigi Zunino, e anche l'ex calciatore Gianpiero Marini. I giudici sono entrati in camera di consiglio intorno alle ore 10 dopo aver constatato che la Procura non avrebbe replicato. Tre anni di reclusione e 100mila euro di multa la condanna chiesta dal pm Eugenio Fusco per l'ex governatore della Banca d'Italia. Un anno e tre mesi per Giampiero Fiorani, l'ex numero uno della Banca Popolare di Lodi che tentò la scalata ad Antonveneta: pena chiesta in continuazione con i tre anni e tre mesi che Fiorani ha già patteggiato in relazione ad altre imputazioni. Tre anni era la richiesta per gli ex vertici di Unipol, Gianni Consorte e Ivano Sacchetti. Giustizia: due anni in cella senza motivo; l'ex ministro Mannino fa causa allo Stato di Salvo Palazzolo La Repubblica, 29 maggio 2011 L'inchiesta sull'ex ministro democristiano Calogero Marinino ha segnato la storia dei processi di mafia e politica: dopo una condanna a 5 anni e 4 mesi, emessa nel 2004 dalla corte d'appello di Palermo, la Cassazione a sezioni unite decise che da quel momento in poi sarebbero state necessarie più prove per condannare un politico accusato di collusioni con i boss. Così, la condanna di Mannino fu annullata e nel nuovo processo arrivò l'assoluzione. Ora, l'ex ministro chiede allo Stato di essere risarcito per "l'ingiusta detenzione". Nell'istanza presentata alla corte d'appello di Palermo non è indicata una somma: "Mannino ha subito un errore giudiziario - dice il suo legale, Salvo Riela - un errore che ha avuto conseguenze sul piano umano e professionale". Scende in campo anche il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, per sostenere le ragioni di Mannino: "La sua iniziativa - dice - mette in evidenza a quali perversioni può arrivare un uso strumentale della giustizia finalizzato a distruggere una personalità politica". Mannino era rimasto in custodia cautelare per 23 mesi: dal 13 febbraio 1995 al 3 gennaio 1997. Un anno in carcere, poco meno agli arresti domiciliari, concessi per motivi di salute. In primo grado, i giudici avevano deciso per l'assoluzione, in appello era arrivata una condanna. Dopo l'annullamento della Cassazione, la nuova assoluzione è divenuta definitiva nel gennaio 2010. Eppure, quella assoluzione non ha spazzato via tutti i problemi giudiziari di Mannino: qualche giorno fa, il Consiglio di giustizia amministrativa ha confermato un'informativa antimafia che l'ex ministro chiedeva di annullare. In realtà, neanche le sezioni unite della Cassazione avevano fugato tutte le ombre, a proposito soprattutto del sostegno elettorale che alcuni esponenti mafiosi avrebbero offerto a Mannino nel 1983. I giudici della suprema corte ribadirono soltanto che non c'era la prova del "contributo" di Mannino, per ringraziare e agevolare Cosa nostra. Anzi, in alcuni casi, sarebbe avvenuto chiaramente il contrario: due anni dopo le elezioni, Mannino aveva infatti emarginato dal partito il gruppo di Vito Ciancimino. Dal 2006, l'ex ministro è ormai tornato in politica. Prima con la rielezione al Senato, nelle fila dell'Udc. Dopo l'uscita dall'Unione di centro, ha fondato un nuovo movimento, "Iniziativa popolare". All'indomani dell'ultima assoluzione aveva detto: "Sono un uomo dello Stato, non chiederò allo Stato di risarcirmi". Ma, adesso, ci ha ripensato. Veneto: carceri nel caos; maxirissa a Venezia, casi di Tbc a Verona e due tentate evasioni Il Gazzettino, 29 maggio 2011 Venezia: maxirissa nel carcere di Santa Maria Maggiore. Lo scontro ha coinvolto circa una trentina di detenuti e ha visto contrapporsi un gruppo composto da romeni e albanesi e un altro composto da tunisini e marocchini. Un ferito è stato anche trasportato al pronto soccorso. L'episodio, che è stato portato alla luce dalla Uil penitenziari di Venezia, non è che l'ennesimo fatto grave che torna a segnalare la delicata situazione di crisi che si vive pressoché quotidianamente a Santa Maria Maggiore dove il problema del sovraffollamento si aggrava di giorno in giorno. Secondo quanto riferito dal sindacato degli agenti penitenziari, la rissa sarebbe scoppiata venerdì mattina nella "zona passeggi" della Casa circondariale. Tutto si sarebbe innescato in seguito ad una partitella di calcio tra gli stessi detenuti, ma poi allo scontro fisico sarebbero intervenuti anche altri carcerati che si trovavano a qualche metro di distanza. Due i gruppi che si sono scontrati violentemente. Da una parte alcuni detenuti di nazionalità albanese e romena, dall'altra dei ragazzi originari della Tunisia e del Marocco. In breve, come spesso accade in queste circostanze, dalle parole e dagli insulti si è passati alle vie di fatto. I pochi agenti della Polizia penitenziaria che si trovavano in quel momento nella zona hanno cercato di fare il possibile, ma la situazione è presto degenerata. Una volta placati gli animi, non senza difficoltà, gli agenti sono riusciti a riportare la situazione alla normalità. Più di qualcuno è rimasto contuso, mentre un detenuto, vistosamente sanguinante al volto, è stato rapidamente trasportato al Pronto soccorso per le cure del caso. La situazione nel carcere, anche nell'ora d'aria, pur con l'alternanza tra i vari piani, è abbastanza difficile perché il sovraffollamento non consente di poter adeguatamente controllare tutti i detenuti. Va detto che per molte persone che frequentano la struttura carceraria il grave episodio non è certo una novità. Nei giorni scorsi, infatti, i detenuti di Santa Maria Maggiore per cercare di manifestare tutto il loro disagio avevano dato vita all'ennesima protesta. Aderendo ad una sorta di mobilitazione avviata a livello nazionale, molti di loro avevano iniziato a battere le stoviglie contro le strutture metalliche per cercare di far sentire tutto il disagio che si vive quotidianamente nelle celle. Senza contare che a Venezia, in passato, ci sono stati anche diversi suicidi e che, generalmente, la situazione tende a peggiorare ancora di più durante i mesi estivi. I dati sul sovraffollamento Gli ultimi dati sul sovraffollamento sono stati forniti dal senatore del partito Radicale Marco Perduca, durante la sua ispezione a Santa Maria Maggiore. La struttura dovrebbe ospitare 161 detenuti e in realtà ce ne sono 345. "Il 70 per cento di loro - aveva detto Perduca - è rappresentato da stranieri, ci sono la bellezza di 30 etnie, la convivenza non è semplice. In stanze che dovrebbero ospitare 4 detenuti ce ne sono 8, con letti a castello di tre piani". Da tempo viene anche ricordato che sono finiti i 5mila euro per le spese ordinarie, mentre nel carcere si è sotto la media europea che fissa almeno 7 metri quadrati per detenuto. Problemi anche per gli agenti Secondo Umberto Carrano, segretario provinciale della Uil pubblica amministrazione, una giornata così tesa era prevedibile con un sovraffollamento con oltre il 116 per cento. "Ormai il carcere non è in grado di sopportare questi numeri - dice Carrano - con luoghi di svago detentivo non idonei, luoghi adibiti a lavorazioni per detenuti pressoché scarsi". Ma anche gli agenti non se la passano affatto bene. "Il personale di Polizia penitenziaria è stremato dalle precarie condizioni di lavoro, dai turni massacranti, resi ancora più duri dalla posizione logistica del carcere veneziano - aggiunge Carrano. Ci sono poi precarie condizioni strutturali e igienico - sanitarie (muro di cinta, sala regia, scarsi fondi per la pulizia e mezzi di servizio vecchi e fatiscenti). Il poco personale di Polizia penitenziaria dà il massimo di sé ma nello stesso momento è allo stremo delle forze, con turni variati in continuazione, poco riposo psico-fisico e spettanze non retribuite" Il sindacato accusa la politica di non fornire soluzioni. "L'esempio lampante è la costruzione di un nuovo carcere - conclude Carrano - sé ne parla da mesi ma i politici di maggioranza e opposizione prendono tempo per decidere su quale sito alternativo a quello di Campalto, individuato e ritenuto idoneo alla costruzione di un nuovo carcere, debba essere destinato alla realizzazione della struttura. Mentre i nostri politici decidono, il personale di Polizia penitenziaria continua ad essere strizzato fino all'ultima goccia. Non possiamo più tacere". Verona: tre casi di Tbc in 20 giorni Tre nuovi casi di Tbc, da giovedì sarà attiva la sala radiologica. Sarà installata giovedì la nuova sala radiologica nel carcere di Montorio. Servirà a tenere monitorata tutta la popolazione detenuta sull'esistenza di eventuali epidemie presenti in carcere. La notizia è trapelata ieri dopo che sono stati segnalati tre nuovi casi di tubercolosi nella casa circondariale dal sindacato dell'Uilpma. "Tre casi tubercolotici (ma per il direttore del carcere sono due ndr) in poco meno di 20 giorni, nella stessa struttura, sono motivo di forte preoccupazione, ancor più perché non ci risulta che sia stato posto in esser alcun intervento di profilassi. Vogliamo auspicare", aggiunge il segretario dell'Unione italiana lavoratori pubblica amministrazione, Eugenio Sarno "che dopo questa pubblica denuncia l'amministrazione penitenziaria, il sindaco e la autorità sanitarie intervengano a predisporre i protocolli previsti". L'inaugurazione del nuovo impianto potrà avvenire grazie ad un accordo tra le autorità carcerarie e l'Ulss 20, firmato l'11 aprile scorso e rappresenta una scelta all'avanguardia per i carceri del nostro paese. La causa della diffusione, spiega il direttore del carcere, Antonio Fullone, "è riconducibile ad alcuni detenuti provenienti dai paesi dalla fascia sub sahariana nei quali la tbc non viene curata". La nuova sala radiologica rappresenterà un toccasana per i detenuti perchè si potranno diagnosticare eventuali epidemie in carcere con la massimo celerità e si potrà subito correre ai ripari. "Dei due casi di tbc", precisa il direttore, "uno è ricoverato in ospedale mentre l'altro è stato riportato in carcere pochi giorni fa dopo che ha superato la fase più acuta e non era più infettivo". Vicenza e Verona: due detenuti tentano di evadere Due tentate evasioni in Veneto. "Questa mattina - si legge in una nota di Uil-Pa Penitenziari - un detenuto ha cercato di fuggire dall'infermeria della Casa Circondariale di Verona, scavalcando il muro dei passeggi e portandosi verso l'intercinta dove è stato prontamente bloccato dalla polizia penitenziaria. Nella notte, invece, un detenuto marocchino aveva tentato di scappare dalla lettiga dell'autoambulanza che doveva riportarlo in cella a Vicenza, gettandosi nel fiume che costeggia l'ospedale vicentino. Gli agenti penitenziari di scorta si sono tuffati a loro volta nel fiume e hanno riacciuffato il malvivente". "Purtroppo - continua la nota - questi episodi di cronaca sono destinati a moltiplicarsi, perché i detenuti hanno ben compreso le gravi deficienze operative che oberano il personale impedendo le giuste contromisure in materia di sicurezza e prevenzione. Speriamo che il ministro dell'Interno Roberto Maroni abbia coscienza di quale turbativa per l'ordine pubblico rappresenti oggi lo smembrato sistema penitenziario italiano". Piemonte: Lisiapp; carceri sovraffollate del 144%, servono interventi e non propaganda www.piemontenotizie.com, 29 maggio 2011 L'emergenza carceri è ormai cronica in Italia: sovraffollamento dei detenuti, condizioni di vita non idonee, attività lavorative di formazione e di recupero educativo che non possono essere svolte per mancanza di personale e di spazi. Ogni detenuto costa giornalmente allo Stato 112 euro, sono quasi quota 70 mila i detenuti con un esborso di 8,5 milioni di euro al giorno. Esordisce così Mirko Manna segretario generale del Lisiapp libero sindacato appartenenti alla polizia penitenziaria - le strutture piemontesi si trovano in una drammatica situazione amministrativa ed operativa che affligge il personale di polizia penitenziaria, a questo si aggiungono - sottolinea Manna - gli eventi critici che si verificano all'interno di esse. Dall'inizio dell'anno nelle carceri piemontesi tre i detenuti che hanno tentato il suicidio e sono stati salvati in extremis dai poliziotti penitenziari; nove sono le unità di polizia penitenziaria ferite a seguito di aggressioni da parte di detenuti. Senza dimenticare i gravi disordini accaduti nella struttura detentiva di Fossano e le tensioni che si registrano in molti penitenziari piemontesi come Asti, Novara, ecc. Purtroppo continua il Segr. Gen. Lisiapp le problematiche sono simili alle altre strutture della penisola come, la mancanza e carenza di organici e sovraffollamento. La situazione carceraria italiana affermano dalla Segreteria Generale Lisiapp è causata da una legislazione che produce "carcere" anche solo per pochi giorni. Si parla da tempo del Piano carceri, ma non si sa ancora esattamente in cosa consiste. Il personale complessivo della polizia penitenziaria che opera nelle strutture regionali dovrebbe assommare, secondo un decreto ministeriale del 2001, a 3516 unità. Ne sono presenti, invece, 2.591 per una carenza organica pari al 27%. Gli istituti di penai del Piemonte potrebbero ospitare al massimo 3.444 detenuti e invece se ne contano 5036, per un sovraffollamento medio pari al 144 %. Insomma -conclude Manna - gli elementi per essere molto più che preoccupati ci sono tutti e, auspichiamo un intervento che va oltre le solite propagande politiche. Abruzzo: il Provveditore si appella al Governo; servono più posti detentivi e più agenti Il Centro, 29 maggio 2011 "Costruire nuovi istituti penitenziari per risolvere il problema del sovraffollamento nelle carceri e carenza di personale". Il grido d'allarme è stato lanciato dal provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria di Abruzzo e Molise, Salvatore Acerra, nel corso della cerimonia per la festa interregionale del Corpo della polizia penitenziaria per le Regioni Abruzzo e Molise, al suo 194º anniversario dalla fondazione, che si è svolta ieri in piazza Duomo. Alla manifestazione ha partecipato il capo dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, il quale ha ricordato che "la polizia penitenziaria è una risorsa importante in un territorio devastato come questo, che merita l'attenzione di tutte le forze di polizia". Durante la cerimonia è stato letto un comunicato del ministro della Giustizia, Angelino Alfano: "In questi tre anni da ministro ho avuto modo di capire quanto prezioso sia il loro lavoro soprattutto a fronte di un numero elevatissimo di detenuti, più di 67 mila con una quota importante di stranieri". A piazza Duomo hanno sfilato due compagnie di formazione e una compagnia automezzi e servizi delle Regioni Abruzzo e Molise. Alla manifestazione hanno presenziato le rappresentanze delle associazioni combattentistiche e d'Arma. Torino: detenuto si soffoca infilando la testa in un sacchetto, è terzo suicido in venti giorni La Stampa, 29 maggio 2011 Ha infilato la testa in un sacchetto di plastica. È morto così, soffocato, un altro detenuto alle Vallette. Era Agostino Castagnola, accusato di aver ucciso la moglie. Domani si sarebbe iniziato il processo a suo carico. Ieri pomeriggio ha atteso che il compagno di cella uscisse per l'ora d'aria. Ha lasciato un biglietto, forse per spiegare il perché del suo gesto. È il terzo detenuto della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno a uccidersi nel giro di pochi giorni; a metà maggio si era impiccato con la cintura nel bagno della cella Vincenzo Lemmo, 48 anni, di Forcella, in carcere con una pesante condanna definitiva per traffico di stupefacenti e per i suoi legami con la camorra. La sua pena sarebbe terminata solo nel 2025. Aveva raccontato ai compagni di soffrire per la lontananza dalla sua famiglia, privo di qualsiasi contatto anche con il suo clan, forse isolato anche tra i compagni della sezione A. Una settimana prima si era impiccato un altro detenuto, sempre nel bagno, questa volta con un lembo di lenzuolo. Era nato a Udine e arrestato per violenza sessuale. Leo Beneduci, segretario del sindacato della polizia penitenziaria Osapp, commenta: "Dall'inizio dell'anno è il venticinquesimo suicidio, il terzo a Torino in venti giorni. È una strage continua. E la polizia penitenziaria è sempre più abbandonata al destino di prendere atto del disastro delle carceri italiane". Aggiunge con amarezza: "È evidente che l'unica soluzione è incrementare l'organico con un provvedimento straordinario: quello che il ministro Alfano promette e non mantiene dall'inizio della legislatura". Agostino Castagnola aveva ucciso la moglie, Paola Carlevaro, nell'ottobre dello scorso anno, a Silvano d'Orba nell'Ovadese. All'alba, l'aveva strangolata con una corda. Poi si era costituito ai carabinieri. La donna era la farmacista all'Iper di Serravalle. I due, lui 44 e lei 40 anni, erano stati una "coppia perfetta, innamoratissima, sempre insieme in ogni i momento libero" come raccontavano i vicini e gli amici. Poi qualcosa si era spezzato nell'equilibrio di quelle due vite. L'operaio era in cura da tempo per una profonda depressione e anche la donna negli ultimi mesi aveva sofferto del male oscuro. Tre giorni prima del delitto una lite banale aveva fatto saltare l'apparente normalità dell'uomo. Poi il delitto e ieri la morte forse per sfuggire alla morsa del rimorso e della solitudine. Sindacato Polizia Sap: a Torino sicurezza e giustizia al collasso "A causa di scelte politiche scellerate e demagogiche, anche Torino vive il paradosso di un comparto carcerario al collasso e di un sistema sicurezza che non riesce a tutelare al meglio i cittadini. Basti pensare che nelle ultime tre settimane ci sono stati in città tre suicidi in carcere. Voglio ricordare che le condizioni di vita dei detenuti non sono, in molti casi, dignitose e soprattutto gli organici della penitenziaria, così come quelli della polizia di stato, appaiono sottodimensionati di almeno il 20%". È quanto afferma Massimo Montebove, consigliere nazionale per il Piemonte del sindacato di polizia Sap. "Sempre a Torino - riferisce ancora in una nota - a tutt'oggi sono stati scarcerati circa 50 immigrati extracomunitari che erano stati arrestati dalle forze dell'ordine e condannati per essersi introdotti illegalmente in Italia. Una decisione che nasce dalla recente pronuncia della Corte di Giustizia Europea che ha bocciato la normativa italiana introdotta dall'attuale Governo nel 2009. Le colpe di chi ha responsabilità politiche sono enormi - spiega Montebove - perché da un lato, per assecondare la richiesta dei cittadini di una maggiore severità nei confronti di chi delinque, si introducono norme apparentemente rigorose che, in realtà, spesso violano principi costituzionali o non sono concretamente applicabili. Dall'altra, ci si dimentica sistematicamente dei problemi carcerari, salvo poi proporre di tanto in tanto una soluzione peggiore del male, cioè il ricorso a provvedimenti di amnistia o indulto". "Il dato vero - conclude il sindacalista della polizia - è che il sistema italiano dell'esecuzione penale, così come si presenta oggi ai nostri occhi, somiglia molto di più ad una ammucchiata di novelle legislative sovrapposte e discordanti, piuttosto che ad una normativa specialistica, compiutamente perfetta, quale dovrebbe auspicarsi. Il risultato è che il sistema giustizia e quello sicurezza, complici anche i tagli economici introdotti dalle manovre finanziarie che da tre anni stanno falcidiando questi comparti, sono ormai al collasso. A Torino come in tutta Italia". Livorno: il Garante dei detenuti; due docce per 65 persone, in carcere rischio di malattie Il Tirreno, 29 maggio 2011 "È una cosa vergognosa". Lo dice il garante dei detenuti Marco Solimano che ieri mattina ha visitato il penitenziario insieme all'assessore comunale al sociale Gabriele Cantù e ai consiglieri regionali Marco Ruggeri e Enzo Brogi (Partito Democratico). Il garante dei detenuti, una settimana fa, aveva reso nota la protesta dei detenuti del carcere delle Sughere che, contro queste condizioni, rifiutavano il cibo dell'amministrazione penitenziaria. "Le condizioni oggi erano tutt'altro che migliorate" racconta Solimano. Solimano, Cantù, Ruggeri e Brogi hanno incontrato il nuovo direttore dell'istituto Ottavio Casarano, il comandante della polizia penitenziaria e una delegazione delle quattro sezioni reati comuni. "Una relazione dell'Asl ha stabilito che all'interno del carcere a causa delle condizioni fatiscenti c'è rischio di contrarre tubercolosi e scabbia e quindi diventa anche un pericolo per la salute pubblica. Per questo si potrebbero anche percorrere vie istituzionali per mettere in mora il ministero". Ci sono due docce per 65 persone Nelle docce sono cresciute muffe e muschio. Sono terminati i disinfettanti, le lenzuola non vengono ricambiate con regolarità. Le celle sono poco più di 8 metri e ci stanno in tre dove sono chiusi per 20 ore: devono fare i turni perché uno di loro faccia tre passi in un metro e mezzo. Porto Azzurro (Li): chiuse maggior parte delle lavorazioni, in carcere aumenta la povertà Il Tirreno, 29 maggio 2011 In passato una realtà florida, grazie alle sue strutture e alla possibilità di riabilitarsi con il lavoro. Ma negli anni la situazione è mutata a causa della mancanza di fondi e di manutenzioni adeguate ai macchinari. E la maggioranza delle lavorazioni non esiste più. Il carcere di Porto Azzurro, il primo ad avere un proprio giornale in Italia, La Grande Promessa (realizzato dal 1951 al 2000), oggi appare più come una promessa non mantenuta. Con la chiusura delle lavorazioni la situazione a Porto Azzurro, al pari di ciò che accade in altre carceri italiane, è diventata drammatica. È quanto emerso nel corso del convegno organizzato a Portoferraio dall'associazione "Dialogo" in collaborazione con il Comune di Portoferraio e la partecipazione di Licia Baldi presidente dell'associazione Dialogo, Claudio Messina, responsabile della San Vincenzo De Paoli, Marco Solimano, garante dei diritti della persona privata della libertà per il Comune di Livorno e Giuseppina Canu, dirigente dell'area rieducativa - trattamentale di Porto Azzurro. Gli esperti presenti hanno confermato che la percentuale di detenuti che hanno la possibilità di svolgere un lavoro è pari al 10-15% dei reclusi. E senza lavoro per molti non c'è alcuna possibilità di guadagno. Così alla mancanza di libertà si aggiunge una generale condizione di povertà. "Tenendo conto di una percentuale del 40% di detenuti stranieri - spiega Giuseppina Canu - che non possono farsi mandare dall'esterno nemmeno il minimo indispensabile, si capisce bene come la situazione sia diventata gravissima". Ci sono ad esempio detenuti che non hanno la disponibilità nemmeno per fare una telefonata a casa o di acquistare prodotti per l'igiene "cose che dovrebbe fornire l'amministrazione penitenziaria - è stato rimarcato durante il convegno - e questo non è un aspetto irrilevante, perché mette in grossa difficoltà gli operatori penitenziari". La dimostrazione sono, del resto, le proteste ma anche le aggressioni o i tentativi di aggressione agli agenti in servizio a Porto Azzurro. L'associazione "Dialogo" cerca di venire incontro anche alle diverse esigenze ma non sempre è possibile farlo. Nelle file dei detenuti c'è fortunatamente anche chi riesce a lavorare come Giacomo. "Da quattro anni lavoro all'esterno - racconta - dopo aver preso la maturità scientifica. Dopo mi è stata data la possibilità di uscire fuori a lavorare in articolo 21 e ora in semilibertà. La scuola in carcere è tutto. Aiuta a confrontarsi tutti i giorni con persone che vengono dall'esterno e non sempre con agenti che fanno il proprio lavoro. Dentro, nonostante ci sia tanta gente che ha sbagliato, c'è molta sofferenza. Credo che sia indispensabile offrire una possibilità di lavoro, l'occasione di ricevere un sorriso o di fare una chiacchierata, c'è bisogno di confrontarsi con l'esterno e la scuola è la cosa primaria". Rieti: Lisiapp; mancano gli agenti, carcere utilizzato solo per un terzo della capienza www.romaregione.net, 29 maggio 2011 "Non solo carceri sovraffollate nel Lazio ma anche carceri semivuote perché mancano gli agenti. È l'esempio lampante della nuova struttura di Rieti aperta a meno di due anni e ancora non a pieno regime". La denuncia è stata lanciata ieri dal Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Franco Ionta, ma da molto tempo la Segreteria generale del libero sindacato appartenenti polizia penitenziaria sottolinea che "il carcere di Rieti ha un accoglienza di circa 450 posti ma solo 150 detenuti possono essere accolti per mancanza di agenti di polizia penitenziaria. E una situazione analoga si registra anche a Velletri". "Inoltre - spiega Mirko Manna, segretario generale del Lisiapp - si deve focalizzare l'attenzione sull'importanza del ruolo degli agenti. Il carcere è una primaria esigenza di ciascuna società e bisogna rivolgere particolare attenzione al ruolo della polizia all'interno degli istituti di pena , una risorsa primaria e strategica per il reintegro del detenuto e del suo diritto alla tutela della salute". "Attualmente - conclude Manna - la situazione di Rieti è davvero paradossale. Auspico che ci sia un coinvolgimento per la risoluzione del caso Rieti, anche per svuotare le strutture della regione piene e al limite del collasso". Brescia: il nuovo carcere verrà costruito vicino a Verziano www.quibrescia.it, 29 maggio 2011 Nel Piano di governo del territorio (Pgt) di Brescia verrà segnalata l'area vicino al Verziano per la costruzione del nuovo carcere. Un primo passo verso la nuova struttura anche se, il sindaco Adriano Paroli l'ha ribadito più volte, la casa circondariale che sostituirà Canton Mombello non vedrà la luce in questo mandato. Ma l'individuazione dell'area nel Pgt servirà per attirare fondi e sovvenzioni, e iniziare a ragionare su qualcosa di concreto. "Del nuovo carcere se ne parla forse da trent'anni, ora vediamo di fare qualcosa per realizzarlo. È una grande opera, difficile e costosa, ma se non si comincia non si potrà mai finire. Non si possono avviare lavori solo di opere che si possono finire in un mandato per poterle inaugurare", ha detto il sindaco. Il primo cittadino, accompagnato dall'assessore alla Sussidiarietà, Claudia Taurisano, ha incontrato a Canton Mombello la direttrice della casa circondariale, Francesca Gioieni, la direttrice del carcere di Verziano, Francesca Paola Lucrezi, e il nuovo garante dei detenuti, Emilio Quaranta, per fare il punto della situazione dopo la visita dello scorso agosto. In questi mesi il comune ha avviato dei piccoli progetti per migliorare le condizioni di vita dei detenuti, come la fornitura di cinque cucine al Verziano e l'organizzazione di corsi di cucina, di frigoriferi per Canton Mombello, svariati incontri culturali e teatrali all'interno dell'istituto di pena, avviamento di un corso di spinning, con attrezzatura e abbigliamento, in collaborazione con la palestra Millenium Sport e fitness, corsi di yoga, attrezzature sportive per lo svago, kit di accoglienza per l'igiene orale, avvio della raccolta differenziata e pittura per tinteggiare alcune zone. Ancora da realizzare è il progetto di abbellimento del cortile della casa circondariale con graffiti a cura di writer ingaggiati dal comune. Sono piccoli segni che "tuttavia possono dare grande sollievo in una situazione del genere". Il problema del grave sovraffollamento di Canton Mombello, infatti, non è ancora stato superato. A fronte dei 298 posti disponibili, oggi sono ospitati 510 detenuti (il 70% dei quali di origine straniera), pigiati in 96 celle in cui non riescono ad avere nemmeno un metro quadrato a testa di superficie calpestabile. La cucina fa anche da bagno e molti dormono per terra. Anche perché i materassi spesso sono a brandelli. "Anche voi siete cittadini bresciani fino a che vi troverete qui", ha detto il sindaco parlando con una delegazione di detenuti, "capiamo le vostre richieste, non ci tiriamo indietro, anche se non tutte le competenze sono nostre". "Espiare la propria pena non vuol dire dover subire afflizioni aggiuntive", ha detto il garante per i detenuti Emilio Quaranta, "l'autonomia e l'indipendenza del mio ruolo mi porterà a scontrarmi con l'amministrazione e le realtà di volontariato, ma per costruire il nuovo carcere dovremo fare rete tutti quanti". Le direttrici dei due istituti di pena hanno ringraziato la cittadinanza e le istituzioni bresciane per la vicinanza che fanno sentire alle due strutture. Avellino: detenuti in sciopero della fame, la solidarietà di Rifondazione comunista Ansa, 29 maggio 2011 "Esprimiamo solidarietà ai detenuti del carcere di Ariano Irpino che, come apprendiamo dalle agenzie di stampa nazionali, hanno messo in atto insieme ai detenuti di molti altri istituti penitenziari in Italia uno sciopero della fame per denunciare le condizioni disumane di detenzione e il sovraffollamento. La particolarità di questa iniziativa, partita dai reclusi del carcere romano di Regina Coeli, deriva principalmente dalle richieste: nessun interesse rivolto a specifici miglioramenti nel carcere in cui sono rinchiusi i promotori (Regina Coeli), bensì un vero e proprio "piano carceri" alternativo a quello del Governo". La solidarietà espressa dai rappresentanti di Rifondazione Comunista e dal Collettivo Studentesco Virus di Ariano Irpino. "Secondo l'Ansa in 11 carceri di tutta Italia i detenuti stanno protestando con la battitura delle stoviglie e in 20 rifiutando il cibo: Ariano Irpino, Avellino, Lecce, Brindisi, Imperia, Pisa, Firenze, Prato, Vicenza, Cagliari, Velletri, Agrigento, Rebibbia, Regina Coeli, Milano Opera, Venezia, Locri, Melfi, Belluno, Bolzano. Inoltre, considerato che la realtà delle carceri rimane inaccessibile a osservatori esterni, invitiamo i mezzi di informazione, le autorità locali e le autorità carcerarie a mettere al corrente la collettività di ciò che sta accadendo all'interno delle mura del carcere di Ariano Irpino". Como: detenuti annunciano 3 giorni di sciopero della fame contro il sovraffollamento Il Giorno, 29 maggio 2011 I detenuti del Bassone contro il sovraffollamento. Per tre giorni rifiuteranno il cibo, batteranno sulle sbarre per non farsi dimenticare, trasformeranno la loro protesta in un atto di solidarietà, destinano i pasti non consumati al Banco di Solidarietà. L'indignazione dei detenuti del carcere Bassone di Como, per le condizioni di sovraffollamento e di invivibilità che rendono ancora più gravosa la privazione della libertà, si è trasformata in un'azione forte e collettiva, che da due giorni e fino a oggi, chiede di essere ascoltata. "Aderendo all'iniziativa dei Radicali per la tutela dei diritti dei detenuti - dicono in una lettera - e delle conseguente umanizzazione della pena, diamo il nostro sostegno indicendo uno sciopero della fame fino a sabato. Ben volentieri devolviamo i generi alimentari non consumati in questi giorni, a una associazione benefica, il Banco Alimentare, trasformando, di fatto, una lecita protesta, in un atto di solidarietà". Sono poco meno di 600 i detenuti nella casa circondariale comasca, suddivisi tra cinque sezioni maschili (una è in manutenzione), di cui una destinata all'Alta Sicurezza, poche celle all'infermeria per i soggetti problematici, un'altra ospita i nuovi giunti e i soggetti con imputazioni che li rendono non compatibili con il resto del carcere. Infine una cinquantina di donne, che occupano l'area meno congestionata della struttura. "In carcere in Italia - spiegano nelle lettera giunta dal Bassone, due pagine scritte a mano con grande chiarezza - ci sono circa 70mila detenuti. Questa sovrabbondanza è dovuta a una scelta politica consapevole, che ha comportato il sovraffollamento inumano delle strutture penitenziarie. Il rispetto della Costituzione, delle leggi e la conseguente umanizzazione della pena, sono diritti esigibili da parte del detenuto, perché la legalità in carcere è un valore da affermare con intransigenza: diversamente il carcere diventa il luogo dell'illegalità diffusa". Difficoltà che, anche a Como, portano costantemente a gesti di insofferenza verso se stessi o le persone con cui i detenuti si trovano a dover forzatamente convivere, autolesionismi e aggressioni che sfociano in risse, in attacchi alla polizia penitenziaria, cronaca quasi quotidiana all'interno di sezioni e spazi comuni. "Questo tipo di carcerazione - prosegue la lettera - pone invece la questione dei diritti, perché il rapporto con la società si esprime, si realizza o si nega, se ogni persona reclusa incontra dignità, e la possibilità di aver restituita la conferma che il tempo della pena non è la cancellazione della sua dignità". Belluno: la protesta dei reclusi a Baldenich, "battitura" e sciopero della fame Il Gazzettino, 29 maggio 2011 Nel carcere di Baldenich si battono le stoviglie e si fa lo sciopero della fame rifiutando il cibo: la protesta dei detenuti, ingaggiata a livello nazionale per lo stato di inciviltà in cui sono costretti a vivere nelle celle, tocca anche la Casa circondariale provinciale, oltre altre undici del Belpaese. "Alfano insensibile": accuse al ministro da parte della Uil penitenziari. All'orizzonte anche lo sciopero della sete. Il sindacato prende posizione a livello nazionale per la delicata situazione che si sta creando: se a Belluno, infatti, si battono stoviglie e si fa rumore con pentolini e ciotole, e si rifiuta pure il cibo, a Vicenza, per esempio, da oggi i detenuti potrebbero iniziare lo sciopero della sete. I carcerati si lamentano delle condizioni in cui sono costretti a vivere e non è la prima volta che anche quelli di Belluno si uniscono a una protesta nazionale. Questa ormai si è estesa in 11 carceri italiane, in 20 rifiutano il cibo. A rendere nota questa situazione è la Uil Penitenziari, che accusa: "Se il livello delle proteste e del confronto si alza, lo si deve esclusivamente all'insensibilità del ministro Alfano, che resta silente e immobile. Allo stesso piano tutto il Governo, che continua a non fare niente per deflazionare le criticità, nonostante abbia per due anni proclamato la stato di emergenze per le carceri". Secondo il sindacato è in corso "una rumorosissima protesta con la battitura delle stoviglie" al san Vittore. E altre battiture in giornata si sono verificate a Belluno, Bolzano, Verona, Venezia, Prato, Firenze Sollicciano, San Remo, Imperia, Vicenza, mentre era stata preannunciata per ieri sera l'ennesima manifestazione a suon di decibel anche a Genova Marassi. Davvero lungo, poi, l'elenco degli istituti dove i detenuti stanno rifiutando il vitto dell'amministrazione o praticando lo sciopero della fame, "anche per solidarietà all'iniziativa di Marco Pannella": Belluno è fra questi, oltre Regina Coeli, Agrigento e Melfi, Rebibbia e moltissimi altri. E se "i detenuti legittimamente, protestano contro la deriva di inefficienza e di inciviltà del sistema penitenziario, dall'altro anche il personale", sottolinea il segretario Eugenio Sarno, "ha i suoi buoni motivi per dar sfogo alla propria rabbia e frustrazione". Ancona: 40 detenuti in sciopero della fame per solidarietà a Pannella Corriere Adriatico, 29 maggio 2011 Sono 40 i detenuti della casa circondariale di Ancona che aderiscono allo sciopero della fame lanciato da Marco Pannella per ottenere un'amnistia e l'approvazione delle riforme sulla giustizia. Lo annuncia Matteo Mainardi, presidente dei Radicali Marche. "Quaranta detenuti in sciopero - osserva - dovrebbero far riflettere i responsabili politici sulle condizioni del nostro sistema". La casa di Montacuto da tempo è grave sofferenza per il rapporto posti detenuti. Sassari: in attesa del nuovo carcere, progetto per la "memoria storica" del San Sebastiano La Nuova Sardegna, 29 maggio 2011 Catturare la memoria di una città che non possono vedere, costrette in un'esistenza sospesa, all'interno del carcere. Sarà anche l'immaginazione a guidare le detenute della casa circondariale, chiamate a scegliere e archiviare le foto che i sassaresi invieranno per celebrare l'addio di San Sebastiano. Sarà l'immagine collettiva dello spazio metropolitano che il penitenziario porterà idealmente con sé a Bancali, luogo del nuovo centro di detenzione. Ma sarà anche l'immagine che i cittadini tratteggeranno di sé, attraverso gli scatti contemporanei della Sassari 2011. Sono le due sezioni di un progetto - "San Sebastiano saluta Sassari" - che coinvolge le donne dietro le sbarre, 15 su un totale di 17: sceglieranno le fotografie più belle che arriveranno dall'esterno, da quanti vogliano mantenere vivo un contatto spesso negato. Fino al 30 giugno, chiunque potrà inviare all'indirizzo via Roma 51, un'immagine, una cartolina, un documento o una locandina databili tra il 1871 e il 1971. Un secolo che va dalla nascita di San Sebastiano e alla data limite perché un documento venga definito storico ed entrare negli archivi di Stato, cioè che abbia almeno 40 anni d'età, come ha spiegato il direttore dell'Archivio storico comunale, Paolo Cau. "Tutto questo materiale sarà catalogato, raccolto in un libro dalle detenute e poi messo in mostra", ha spiegato ieri mattina Cecilia Sechi, dell'associazione Festina Lente, ideatrice dell'iniziativa. Che non sarebbe stata possibile senza la collaborazione di altre due donne del penitenziario, la direttrice Teresa Mascolo e la responsabile dell'area trattamentale, Maria Paola Soru. "Se le loro condizioni giuridiche lo consentono, le detenute potranno andare all'Archivio storico e perché no, anche nell'archivio della Nuova Sardegna", hanno spiegato. Partner dell'iniziativa è anche il giornale, testimone della cronaca che diventa storia da 119 anni, che metterà a disposizione il suo archivio alle detenute. "Perché loro sono una parte della nostra città, anche se in stand by", ha detto il direttore della Nuova, Paolo Catella. Scontato l'appoggio del sindaco Gianfranco Ganau, e dell'assessore alle Culture, Dolores Lai, laddove "la cultura - per dirla con le sue parole - spesso è anche veicolo per fare sociale". La prova dell'obiettivo fotografico potrà rivelare anche altro. Svelare i mutamenti urbanistici che si sono susseguiti nel tempo attorno ad un carcere che restava immobile nella sua imponenza, quasi invadenza, nel centro cittadino. "È sempre stato visto, anche da Enrico Costa, come un carcere con la città intorno". Ma il fatto che entro un anno potrebbe essere trasferito a Bancali, quartiere urbanizzato ma certo periferico, non può portare - assicura Ganau - ad un allontanamento morale: "Come con progetti del genere, dobbiamo assicurare un contatto col carcere anche quando sarà lontano dal centro. Dobbiamo sforzarci affinché quella struttura continui ad essere collegata alla città". E che anzi, è l'auspicio della direttrice, Teresa Moscolo, diventi quasi una piazza, "proprio com'è avvenuto di recente, quando la casa circondariale ha ospitato lo spettacolo di "Pino e gli Anticorpi"". Ma cosa resterà a San Sebastiano dopo San Sebastiano? Ganau ha due cose in mente. "Potrebbe ospitare gli uffici giudiziari. Ma una parte deve restare così com'è, cioè ospitare un museo che testimoni quello che è stato". Di memoria, sembra il caso di dire, non ce n'è mai abbastanza. Ma forse il commiato non è dietro l'angolo. I lavori per il nuovo penitenziario di Bancali sembrano proseguire senza intoppi, però la struttura non sarà consegnata prima della fine del 2011. "Poi prepararlo per accogliere i detenuti non sarà così immediato", ha spiegato la direttrice. Circa 250 i posti letto della nuova casa circondariale più 100 per i detenuti ad alta sicurezza (come al 41 bis) e 50 che non possono convivere con altri reclusi perché accusati di pedofilia o altri reati sessuali. Nuoro: Cisl denuncia; amministrazione penitenziaria insolvente nei confronti degli agenti La Nuova Sardegna, 29 maggio 2011 Da tredici mesi portano a casa uno stipendio ridotto di un bel po'. E in tempi di crisi economica non è proprio il massimo. Gli agenti del Nucleo traduzione e piantonamenti (Ntp) della polizia penitenziaria di Nuoro sono sul piede di guerra. Le segreterie regionale e territoriale della Cisl Fns (Federazione nazionale della sicurezza) minacciano di dare mandato ai legali, affinché si proceda alla deposizione di decreti ingiuntivi presso gli uffici competenti se gli agenti non vedranno nella busta paga quanto gli spetta. Da più di un anno i 24 poliziotti che lavorano in città non percepiscono quanto spetterebbe loro per le indennità delle missioni e, nonostante i solleciti, l'amministrazione non ha ancora pagato. In pratica, quando gli agenti vengono inviati fuori per il trasporto dei detenuti, prendono in anticipo una parte delle spese di missioni, per soddisfare esigenze di pernottamento e di nutrimento. Spesso però i soldi non sono sufficienti e quindi devono compensare di tasca loro. "Nonostante tutto - spiegano dalla Cisl Fns - i poliziotti del Ntp di Nuoro continuano, con gran sacrificio economico familiare, negandosi a volte una cena fuori, a garantire il servizio per cui sono comandati dimostrando spirito di corpo e abnegazione al servizio". Di questo problema il sindacato ha anche informato il provveditore dell'amministrazione penitenziaria di Cagliari, Luigi Pagano, oltre che la direttrice di Badu ‘e Carros, Patrizia Incollu. "La situazione di insolvenza - continua la Cisl Fns - si protrae ormai da più di un anno, e ha già superato tutti i termini previsti dalle normative in materia". Le missioni vanno messe in pagamento non oltre 30 giorni a decorrere dall'espletamento del servizio di missione, e l'ammontare delle somme aumenta di mese in mese. A Nuoro si è già arrivati alla tredicesima mensilità non pagata, con gravi disagi economici per i nuclei familiari coinvolti. Una situazione paradossale per il Nucleo traduzioni, che oggi riesce a garantire il servizio con sforzi enormi. Molte volte è chiamato a dare supporto ai Nuclei di altre realtà, senza contare che quasi sempre le traduzioni vengono svolte con un numero di poliziotti sotto organico rispetto alla corretta e legittima operatività. Se capita il piantonamento in strutture sanitarie esterne o più traduzioni giornaliere, il Nucleo deve per forza di cose attingere personale che opera all'interno delle sezioni detentive, o chiedere supporto da altri istituti. Pare che per poter gestire al meglio il servizio del Ntp bisognerebbe incrementare il personale di altre 25 unità, considerato che il Nucleo è provinciale e, nell'arco dell'anno, arriva anche a svolgere più di mille traduzioni. La Cisl Fns si appella alle amministrazioni locali, regionale e nazionale Dap perché venga risolta, una volta per tutte, l'emergenza. Palermo: Ugl al carcere Pagliarelli; sistema penitenziario ha bisogno di riforma radicale Dire, 29 maggio 2011 "Il segretario Generale dell'Ugl, Giovanni Centrella, da sempre sensibile ai disagi registrati nelle carceri italiane, visitando la casa circondariale di Pagliarelli ha ribadito, ancora una volta, la necessità di una riforma radicale del sistema penitenziario". Lo dichiara il segretario nazionale dell'Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, aggiungendo che "continueremo a segnalare i problemi inerenti al sistema penitenziario ogni qualvolta ce ne sarà bisogno e, ad attendere delle risposte, incisive e concrete, da parte del ministro Alfano e delle Istituzioni trinceratesi ormai dietro un assordante silenzio". Inoltre il sindacalista evidenzia che "il carcere di Pagliarelli ospite ben 1.300 detenuti, il doppio di quelli previsti, circa 800, e che gli agenti che vi prestano servizio, almeno su carta, dovrebbero essere 750. Una carenza d'organico assurda e che riflette maggiori disagi soprattutto nella sezione femminile della struttura". Continua Moretti: "Oltre ad un riassetto organizzativo il direttivo regionale guidato da Francesco D'Antoni ha deliberato importanti iniziative rivendicative per mettere la Sicilia al centro di un'agenda che preveda sin dai prossimi arruolamenti l'assegnazione di un congruo numero di agenti per limitare il carico di lavoro che ricade sugli uomini e le donne che lavorano nei carceri siciliani". Roma: la Giunta regionale stanza 300mila € per la riqualificazione edilizia di Rebibbia Ansa, 29 maggio 2011 La Regione Lazio per la popolazione carceraria. La giunta regionale presieduta da Renata Polverini ha approvato nella riunione di venerdì una delibera, proposta dell'assessore alla Sicurezza, Giuseppe Cangemi. Due gli interventi strutturali nella Casa Circondariale di Rebibbia da realizzare con circa 300mila euro: la riqualificazione della sala colloqui del reparto femminile, che potrà accogliere al meglio familiari e in particolare i bambini delle detenute. Il secondo intervento è invece destinato alla ristrutturazione e la messa a norma del montacarichi che garantirà le movimentazioni per i soccorsi ospedalieri urgenti nei piani detentivi e le movimentazioni dei materiali e delle derrate alimentari nel nuovo complesso. "Un gesto concreto - ha detto il presidente della regione Lazio Renata Polverini - che va nella direzione di migliorare le condizioni di vita della popolazione carceraria del Lazio. Era un impegno che avevo preso in occasione della mia ultima visita e che oggi manteniamo. Ora monitoriamo tutti gli istituti del Lazio mentre i prossimi interventi che metteremo in campo saranno a favore della popolazione carceraria degli istituti di Civitavecchia e Latina". Anche l'assessore Cangemi ha commentato: "Questo intervento è un ulteriore segnale di attenzione che arriva da questa Giunta per alleviare le già difficili condizioni di vita della popolazione carceraria". Livorno: detenuto ferisce agente con un paio di forbici, sotto accusa per tentato omicidio Il Tirreno, 29 maggio 2011 Il giovane detenuto nordafricano era depresso, chiedeva di poter telefonare a casa perché aveva saputo che il padre era morto. L'agente carcerario gli ha spiegato che non si poteva fare. A quel punto è scattata l'aggressione. Tutto è avvenuto in una manciata di secondi nel tardo pomeriggio, nella sezione di "transito" del carcere delle Sughere. Protagonisti un detenuto magrebino di circa trent'anni e un agente di custodia. Quando il detenuto ha capito che, senza l'autorizzazione del giudice, non poteva fare telefonate, ha afferrato un paio di forbici e una lametta che teneva vicino alla branda e si è scagliato contro la guardia. La lama è affondata ripetutamente nel collo, nel torace all'altezza del cuore e nel ventre. Il poliziotto ha urlato chiedendo aiuto e accasciandosi a terra mentre il detenuto continuava a picchiarlo prendendolo a calci. Solo l'arrivo degli altri poliziotti della penitenziaria ha bloccato la furia del giovane. Lo hanno bloccato e messo in una cella d'isolamento. Poi hanno chiamato il medico interno e, visto le condizioni della guardia, hanno deciso di non aspettare l'arrivo di un'ambulanza ma di caricare il collega su un'auto di servizio e trasferirlo all'ospedale dove il ferito - che perdeva copiosamente sangue - è arrivato poco prima delle venti di ieri sera. Dopo le cure al pronto soccorso l'agente è stato ricoverato. Ora il magistrato dovrà ricostruire con esattezza come sono andate le cose. Il detenuto è indagato per tentato omicidio. Certo, il clima di forte tensione che si respira in questi giorno nel carcere deve aver favorito l'esplosione di violenza di ieri sera. Da giorni i detenuti hanno attuato forme di protesta e attuano lo sciopero della fame per protestare contro le pessime condizioni di vita e il sovraffollamento delle celle. Milano: sospeso il lavoro esterno al carcere per Vallanzasca colpevole di una trasgressione Adnkronos, 29 maggio 2011 Sospensione del beneficio del lavoro esterno al carcere per l'ex capo della malavita milanese, Renato Vallanzasca. Il "bel Rene", detenuto nel carcere milanese di Bollate, secondo quanto si apprende, sarebbe stato colpevole di una "trasgressione" e per questo sanzionato con la sospensione del beneficio del lavoro esterno. Ora il suo comportamento dovrà essere valutato a livello disciplinare, in vista di una "rimodulazione del programma di trattamento", per tornare al lavoro esterno con altri orari e modalità. Vallanzasca, che negli anni Settanta è stato a capo della mala milanese, è condannato a quattro ergastoli e 260 anni di carcere. Dal marzo del 2010 beneficiava del lavoro, che gli permetteva di lavorare nella pelletteria milanese Ecolab. Piacenza: porta hashish al fratello detenuto e viene arrestato Agi, 29 maggio 2011 Ieri mattina, nel carcere di Piacenza, gli agenti della polizia penitenziaria hanno tratto in arresto un nordafricano che tentava di introdurre all'interno del carcere 10 grammi di hashish. Lo annuncia in una nota Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe, il Sindacato autonomo polizia penitenziaria. L'uomo - continua, recatosi in carcere per effettuare un colloquio con il fratello detenuto, aveva occultato all'interno di un involucro contenente carne un pezzo di hashish. Gli agenti della polizia penitenziaria hanno scoperto la sostanza durante i controlli e, dopo aver effettuato il narcotest, hanno informato il pubblico ministero di turno e tratto in arresto il nordafricano che adesso è ristretto nel carcere delle novate. Nella struttura detentiva di Piacenza ci sono circa 390 detenuti, a fronte di una capienza di 200 posti, mentre gli agenti sono circa 120, per una previsione di 163; mancano, quindi, circa 40 agenti. Quello avvenuto questa mattina a Piacenza - sottolinea Durante - è uno dei tanti tentativi di far entrare la droga in carcere. La polizia penitenziaria fa quel che può, tra mille difficoltà, e senza i mezzi necessari per contrastare questo grave fenomeno. In Emilia Romagna, per carenza di fondi, mancano anche i cani antidroga. Bologna: il Sappe diserta la festa della Polizia penitenziaria, chiede più organico e risorse Ansa, 29 maggio 2011 Martedì alle 11, alla casa circondariale di Bologna, si celebra la festa regionale del Corpo di polizia penitenziaria. Ma il sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe), fa sapere in una nota, non ha nulla da celebrare. E non ci sarà, così come del resto ha disertato la festa nazionale di Roma. Protesta contro un'amministrazione che giudica assente e una politica che, dice, non fa nulla per migliorare le condizioni delle carceri e della polizia penitenziaria. Proprio per martedì il Sappe dell'Emilia - Romagna ha organizzato una protesta davanti al carcere della Dozza dalle 10 alle 13. Il sindacato lamenta la carenza di personale: mancano, dice il segretario generale aggiunto Giovanni Battista Durante, 6.500 agenti a livello nazionale e 650 in Emilia - Romagna. È problematica, rivela Durante, anche la questione del sovraffollamento: in Italia, infatti, ci sono 25.000 detenuti in più rispetto ai posti previsti, e 2.000 in più in Emilia Romagna. Mancano poi mezzi e risorse economiche "tant'è che - scrive il segretario in una nota - in alcuni istituti non è possibile trasferire i detenuti e mancano i fondi non solo per pagare gli straordinari, ma anche per mettere la benzina nei mezzi". È stato annunciata la costruzione di cinque nuovi padiglioni, sottolinea Durante, ma al momento in regione ci sono sette sezioni detentive chiuse per mancanza di agenti. "Quindi - denuncia il segretario - se non ci sarà un immediato incremento di organico i nuovi padiglioni sono destinati a restare chiusi". Lecce: Ugl; martedì manifestazione di protesta; emergenza carcere giunta al collasso Adnkronos, 29 maggio 2011 Manifestazione al carcere di Lecce. Il prossimo 31 maggio gli agenti della Polizia penitenziaria incontreranno i vertici della struttura per trovare - si legge in una nota dell'Ugl - una soluzione, o quantomeno tamponare, una situazione di emergenza giunta ormai al collasso. "Settecento agenti, su quattro turni di lavoro, non possono assolutamente gestire 1.400 detenuti. Il personale della Polizia Penitenziaria vive dei silenti drammi di gestione, che non superano la soglia delle cancellate del carcere, per senso di dovere e appartenenza, ma che stanno aggravandosi prefigurando delle situazioni ingestibili. È necessario, quindi, rispondere ai disagi in modo concreto e tempestivo", ha dichiarato il segretario territoriale dell'Ugl Antonio Verardi. Siria: torture sui detenuti, l'ultima l'arma di Assad per fermare le proteste Adnkronos, 29 maggio 2011 Sono almeno mille i morti in Siria dall'inizio delle proteste e oltre 10mila le persone detenute. Un altro dato però preoccupa le organizzazioni in difesa dei diritti dell'Uomo, vale a dire il crescente numero di denunce di casi di tortura. I manifestanti raccontano di ferite da arma da taglio, bruciature e frustate inflitte durante i giorni di detenzione nei cosiddetti ospedali militari. "Le storie di cui sentiamo raccontare oggi sono inimmaginabili nella loro brutalità", confessa al Wall Street Journal un uomo siriano che aveva lavorato nei servizi di intelligence militare negli anni Ottanta e ora si dice schifato: "Non è solo uno strumento deterrente per bloccare le proteste. Provano piacere a far male alla persone. Solo per il gusto di farlo". Una donna e due uomini, arrestati e poi rilasciati, hanno raccontato al Wsj che le forze di sicurezza di Bashar al-Assad arrestano non solo manifestanti, ma anche professionisti, donne e anziani. I detenuti sono smistati in diverse città, nelle scuole, negli stadi di calcio, nelle strutture e negli ospedali militari. La rivolta siriana è stata ulteriormente alimentata dalla notizia, alcuni giorni fa, di torture inflitte a un gruppo di adolescenti, fermati nella citta di Daraa perché autori di graffiti contro il partito Baath: tutti sarebbero stati torturati: "Strappare via le unghie a dei bambini è stato davvero troppo", racconta un venditore di scarpe, a sua volta arrestato e torturato. L'uomo racconta di essere stato fermato assieme al fratello e a due cugini alla fine di una manifestazione a Daraa, epicentro della rivolta. I quattro sono stati rinchiusi nell'ospedale militare di Homs per sei giorni: i primi tre li hanno trascorsi nudi e con gli occhi bendati da cerotti. "Eravamo circa 15, con tre letti in tutto. Non ci hanno dato da bere, né da mangiare e non potevamo andare in bagno. Ogni dieci minuti entrava qualcuno che ci picchiava", racconta l'uomo. Un dottore di un ospedale militare ha confermato al Wsj di aver assistito a scene simili. Nella sua struttura la gente è stata torturata con lame di coltello e sottoposta ad iniezioni di morfina per diversi giorni consecutivi. Bielorussia: la Francia chiede la liberazione dei detenuti politici Ansa, 29 maggio 2011 La richiesta arriva dal portavoce del ministero degli Esteri - La Francia chiede alla Bielorussia "la liberazione immediata di tutti i prigionieri politici" e deplora le condanne a oltre cinque anni di reclusione di due ex candidati politici legati ai partiti d'opposizione: Nikolai Statkevich e Dmitri Uss. La notizia è stata resa pubblica dal portavoce del ministero degli Esteri francese Romain Nadal. Stati Uniti d'America e Unione Europea considerano il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko l'ultimo dittatore europeo.