Giustizia: galere piene... così non va bene di Michele Ainis (Docente di Istituzioni di diritto pubblico presso l’Università di Roma Tre) L’Espresso, 27 maggio 2011 Sull’emergenza carceraria sono finite le parole, le abbiamo spese tutte. d’altronde quando un’emergenza dura tutto l’anno, quando peggiora di anno in anno, perché parlarne, sarebbe come lamentarsi della pioggia. restano le parole della costituzione: “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”. Con questa formula icastica la carta del 1947 scolpisce un principio di civiltà giuridica. O forse di civiltà senza aggettivi, giacché per misurarla - disse una volta Gladstone - basta visitare le galere di ogni stato. peccato che in Italia la costituzione non sia una cosa seria... e allora meglio far parlare i numeri, meglio l’eloquenza fredda delle cifre. Il tasso di sovraffollamento ha toccato il 149 percento, un picco mai raggiunto prima. Peggio di noi, in Europa, soltanto Cipro e Bulgaria. Significa 22 mila detenuti in più dei posti letto. Significa che nessuno ha uno spazio di 7 metri quadrati, come promettono - di nuovo - le parole della legge. Significa che il 41 bis, il carcere duro, non castiga 690 supercriminali (un altro record), ma in realtà l’intera popolazione carceraria. Da qui la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ci ha condannato per il reato di tortura. Da qui le proteste che divampano dentro i penitenziari (6.626 detenuti in sciopero della fame nel 2010). Ma da qui inoltre i suicidi (66 l’anno scorso, già 23 quest’anno), i tentati suicidi (1.137), gli atti di autolesionismo (5.703). Per forza, quando devi metterti in fila per dormire, quando a Poggioreale - per fare un solo esempio - le celle restano chiuse a chiave 22 ore al giorno. Questa sciagurata condizione tradisce un’altra garanzia costituzionale: la funzione rieducativa delle pene. Difficile applicarla, quando sull’assistenza psicologica lo Stato spende 8 centesimi al giorno per ogni detenuto, e sulle attività culturali 11 centesimi. Quando la spesa giornaliera pro capite cala dal 2007 e nel frattempo la polizia penitenziaria è sotto organico (a Caltagirone, per carenza di personale, hanno dovuto chiudere l’infermeria). E infatti il 67% dei detenuti italiani torna a delinquere di nuovo. Chi sono? Immigrati e tossicodipendenti: insieme sommano i due terzi della popolazione carceraria. Svuotando così un’altra promessa dei costituenti: quella d’eguaglianza. Ma non c’è eguaglianza se la giustizia s’accanisce sui più deboli, mentre 170 mila processi l’anno vanno in prescrizione, per chi ha quattrini da offrire agli avvocati. Eppure il ministro Maroni si compiace dell’efficienza del sistema repressivo, dimostrata per l’appunto dall’onda umana che trabocca nelle celle (10 mila nuovi detenuti dall’inizio della legislatura). E allora metteteci in galera tutti, così sarete ancora più efficienti. Eppure il ministro Alfano mena vanto perché il suo governo, a differenza del governo Prodi, non ha concesso amnistie. Dimenticando che nel 2006 quel provvedimento fu votato anche da Forza Italia, e quindi da lui stesso. Ma l’amnistia è diventata ormai un tabù, fa perdere voti. Non osano parlarne neppure i politici cattolici, quelli che nel 2002 applaudirono papa Wojtyla in Parlamento, mentre chiedeva un gesto di clemenza per decongestionare carceri meno affollate di quanto siano adesso. I nostri parlamentari si limitano a votare mozioni generiche e impotenti, come il 18 maggio scorso. Giusto per lavarsi la coscienza. Ma dopotutto non c’è bisogno di rimedi estremi. E non basteranno i miracoli edilizi, come il “piano carceri” (ha aggiunto fin qui 1.265 posti, mentre i detenuti aumentavano del doppio). Semmai basterebbe smetterla di tendere i bicipiti, correggendo una legislazione feroce e improvvisata, che incrudelisce per inseguire l’ultima emozione collettiva. Basterebbe temperare le leggi sugli immigrati e sulla droga, che alimentano il sovraffollamento per due terzi. Rafforzare le misure alternative al carcere (sono calate del 75 per cento rispetto al 2005). E in conclusione depenalizzare, dato che a quanto pare abbiamo in circolo 35 mila fattispecie di reato. Cifra ufficiosa, però mai smentita ufficialmente. Magari potremmo cominciare da lì: chiedendo al governo di contare i reati, anziché i detenuti. Giustizia: diritti ancora sbarrati di Dina Galano Left Avvenimenti, 27 maggio 2011 “Sta circolando uno strano virus”, aveva detto scherzando il “responsabile” Domenico Scilipoti commentando dal Transatlantico l’assenza di massa dei parlamentari della maggioranza dello scorso 17 maggio. Un’influenza stagionale che ha causato come effetto collaterale l’approvazione di cinque mozioni presentate dall’opposizione, quattro delle quali inerenti alla questione carceraria. Così distratto, il governo ora si trova impegnato a prendere una serie di provvedimenti su almeno tre direttrici fondamentali: il piano per l’edilizia penitenziaria che, è scritto nei documenti, dovrebbe realizzarsi tramite gare di appalto aperte ai privati e in libera concorrenza; la spesa pro capite per detenuto che non può essere ridotta più della media applicata al comparto ministeriale; e una lista di riforme legislative per decongestionare il sovraffollamento degli istituti ormai improcrastinabili. Detto, fatto? Che la situazione disperata dei luoghi di detenzione sia arrivata a costituire una pena aggiuntiva a quella stabilita dal giudice è un’evidenza riconosciuta dagli stessi alti rappresentanti della Repubblica. Ma nessuno nutre speranza nell’adeguamento del governo ai vincoli approvati nelle mozioni parlamentari. Al punto che il testo presentato dal Pd e approvato dalla Camera dei deputati contiene, come spiega la deputata radicale Rita Bernardini, “i punti già approvati a gennaio dello scorso anno e che sono di estrema attualità, dal momento che lo stato di sovraffollamento e di illegalità delle carceri italiane non solo non è stato risolto, ma si è addirittura aggravato”. Anzi, durante un convegno organizzato a Roma dall’associazione Antigone, il capo dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta chiarisce che “l’emergenza non è finita” e che “il problema doveva invece essere affrontato per tempo, quando subito dopo l’indulto è iniziata la forte carcerizzazione”. Ionta, che riveste anche la carica di commissario straordinario dell’emergenza carceraria, garantisce che “nell’arco di questa legislatura porteremo a compimento tutte le nuove strutture previste dal Piano edilizio, a cominciare dai venti padiglioni aggiuntivi che cresceranno all’interno di carceri già esistenti”. In totale, si tratterebbe di quasi 10 mila posti letto su cui spalmare i 67mila detenuti ristretti in Italia, contro una capienza regolamentare attuale di 42mila unità. Totale di spesa, 670 milioni di euro. A parità di numeri, però, la costruzione di nuove ali dei penitenziari necessiterà di assunzioni di personale - già in sottorganico - cui finora non si è provveduto. Il segretario del sindacato di polizia Osapp, Leo Beneduci, ricorda che “a nostra stima, per 5.000 posti aggiunti servirebbero almeno 2.000 unità di polizia penitenziaria in più”. Nei vent’anni di attività appena festeggiati dall’associazione Antigone, che si occupa sin dalle sue origini di garanzie e diritti all’interno del sistema penale, è tracciata la curva della crescita della popolazione detenuta: all’inizio degli anni 90 i detenuti erano 35mila di cui non oltre il 15% erano stranieri e quelli reclusi per reati di droga circa 12mila, riferisce l’associazione. Oggi sul totale di quasi 68mila, gli stranieri costituiscono il 35% e i reati legati al consumo di stupefacenti il 38% (il doppio della media europea del 15,9). Quello che invece “è rimasto tragicamente stabile”, spiega il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, “è la percentuale dei suicidi e delle morti in carcere che sono sempre rimasti su livelli alti in questo Paese. Ciò che è cambiato negli ultimi 20 anni è che ora si è iniziato a parlarne e, a furia di ripetere, è diventato un tema di cui non si può dire che non si sappia”. Ai 26 casi rendicontati nel 2011 dall’osservatorio di Ristretti Orizzonti, poi, si devono aggiungere altri 5 suicidi nel personale di polizia. Provvedimenti amnistiali, ripresa della concessione delle misure alternative, riduzione delle custodie cautelari in carcere, depenalizzazione di reati di lieve gravità sono tra le soluzioni su cui da tempo insistono gli esperti. L’unica di immediata praticabilità contro il sovraffollamento del sistema, valuta Gonnella “è agire sui flussi in entrata. Lo Stato su alcune grandi questioni non può che scegliere di rinunciare all’impatto penale”. Giustizia: proteste in 30 carceri, con battitura delle stoviglie e scioperi della fame Liberazione, 27 maggio 2011 In 11 carceri di tutta Italia i detenuti stanno protestando con la battitura delle stoviglie e in 20 rifiutando il cibo. A Vicenza a partire da oggi i reclusi potrebbero cominciare anche lo sciopero della sete. A renderlo noto è la Uil Penitenziari, che accusa: “se il livello delle proteste e del confronto si alza, lo si deve esclusivamente all’insensibilità del ministro Alfano che resta silente ed immobile e del governo che continua a non far di niente per deflazionare le criticità, nonostante abbia per due anni proclamato la stato di emergenza per le carceri”. Secondo il sindacato è in corso “una rumorosissima protesta con la battitura delle stoviglie” al san Vittore. E altre battiture si sono verificate in tutta la giornata di ieri a Bolzano, Verona, Belluno, Venezia, Prato, Firenze Sollicciano, San Remo, Imperia, Vicenza. “Davvero lungo” poi l’elenco degli istituti dove i detenuti stanno rifiutando il vitto dell’amministrazione o praticando lo sciopero della fame, “anche per solidarietà all’iniziativa di Marco Pannella”, in sciopero della fame per la situazione disumana delle carceri italiane da oltre un mese. Della lista fanno parte Brindisi, Lecce, Ariano Irpino, Avellino, Imperia, Pisa, Firenze, Prato, Vicenza, Cagliari, Velletri, Agrigento, Rebibbia, Regina Coeli, Milano Opera, Venezia, Locri, Melfi, Belluno, Bolzano. E se i detenuti legittimamente protestano contro la deriva di inefficienza e di inciviltà del sistema penitenziario “dall’altro anche il personale - nota il segretario Eugenio Sarno - ha i suoi buoni motivi per dar sfogo alla propria rabbia e frustrazione”. Giustizia: la storia del carcere e l’antico dramma dei figli dei detenuti di Giulia Cerino La Repubblica, 27 maggio 2011 Il primo libro bianco mai elaborato in Italia sui bambini alle prese con gli spazi chiusi dietro le sbarre e sul loro rapporto con i genitori internati che, nel nostro Paese, si stima siano 149 mila l’anno. A realizzare la ricerca, che riguarda oltre all’Italia anche altri quattro paesi (Danimarca, Francia, Irlanda del Nord e Polonia) è stata l’Associazione “Bambinisenzasbarre” Johnny ha 4 anni e con i colori disegna sempre delle mani con gli artigli o dei guanti da lavoro. L’importante, gli hanno detto, è avere mani grandi e farle cresce in fretta, così quando saranno forti abbastanza potrà raggiungere il padre che è fuori per lavoro e aiutarlo nell’autolavaggio di famiglia. Johnny però è ancora piccolo e non sa la verità. Non sa, anche se avrebbero dovuto dirglielo - spiegano i sociologi - che in realtà il papà non è mai partito. Ma è sempre rimasto lì fermo: in prigione. In Italia se ne contano circa 100mila, quasi 1 milione in Europa. Bambini che vivono separati dai genitori, dalla madre o dal padre, detenuti in uno dei 213 penitenziari nazionali. Sono questi, in sintesi, alcuni dei dati contenuti nella “Storia del carcere, dall’Unità d’Italia ad oggi”, il primo libro bianco mai elaborato in Italia sui bambini alle prese con la detenzione e sul loro rapporto con i genitori internati che, nel Belpaese, si stima siano 149 mila l’anno. La parte italiana della ricerca. Che invece è stata condotta su altri 4 paesi (Danimarca, Francia, Irlanda del Nord e Polonia) e finanziata dalla Commissione europea. A realizzarla, tra il 2009 e il 2011, è stata l’associazione Bambinisenzasbarre 1 ed ha ottenuto la risposta di 112 prigioni su 213 presenti in Italia. Il questionario era rivolto agli operatori, agenti di polizia penitenziaria ed educatori, a tutte quelle persone che - in sostanza - intervengono nel rapporto fra bambini, genitori e carcere. Nel Libro vengono esaminate le diverse fasi del processo di giustizia penale, dall’arresto al rilascio. Il quadro dipinge - anche attraverso i disegni - la storia dei piccoli, ma delinea soprattutto le debolezze e le carenze dei grandi. Gli Operatori. Nel 76% dei casi il carcere non dispone di personale specializzato per partecipare alle visite dei bambini. Intervengono quindi il personale o gli agenti di turno. Il 18% degli intervistati dichiara di non aver chiesto, all’ingresso in carcere, se i detenuti avessero figli, cosa che invece è procedura obbligatoria. Circa la circolare diffusa nel 2009 dal ministero della Giustizia sul comportamento da tenere per la corretta accoglienza dei bambini e della famiglia, solo il 34% degli interpellati ammette di conoscerne il contenuto. Delle mancanze, queste, che il Rapporto attribuisce alla scarsa formazione del personale penitenziario che forse meriterebbe più attenzione. Tra i vincoli individuati che concorrono a rendere difficile il rapporto tra i piccoli e i detenuti, c’è il momento della perquisizione che avviene “sempre” nel 40% dei casi, “solo se necessario” nel 20%, con il metal detector il 29% delle volte mentre l’11% delle risposte degli operatoti rivelano che il controllo si effettua anche durante il cambio del pannolino. Per 46% degli educatori ed il 52% degli agenti, la perquisizione comporta un disagio per i bimbi soprattutto la prima volta. Poi si abituano. L’incontro. L’indagine rivela che l’81% dei colloqui tra genitori e figli avviene la mattina, l’11% il pomeriggio, l’8% la sera. Il che fa pensare, dato che nelle prime ore della giornata i piccoli sopra i 4 anni dovrebbero essere a scuola. Le visite sono consentite con una frequenza media di 6 volte al mese (32%) e durano generalmente un’ora e mezza ma l’incontro si prolunga nell’86% dei casi. La possibilità di consumare un pasto con il figlio è ammessa invece solo il 7% delle volte salvo eccezioni (34%). I genitori detenuti possono parlare con i figli al telefono ma soltanto una volta alla settimana per dieci minuti (93%). Benché sia anche possibile usare il cellulare, il 49% degli operatori non sa che esiste questa possibilità per i detenuti. I genitori non possono ricevere telefonate dai figli nell’84% dei casi. Bullismo. La Convenzione firmata dall’Onu sui Diritti dell’Infanzia (Uncrc) stabilisce che nessun bambino sia soggetto a discriminazione motivata dalla condizione sociale o dallo stato dei suoi familiari (articolo 2). Spesso però succede l’esatto contrario. I figli dei genitori detenuti - rileva l’indagine - si vergognano, si sentono soli e “diversi”. Capita che siano soggetti a bullismo o che ricevano insulti dai coetanei. Quindi, corrono il rischio di sviluppare difficoltà emotive che influiranno sul loro sviluppo e sul loro futuro. Prima cosa da fare - suggeriscono i sociologi e gli esperti - non mentire. Dire ai propri figli la verità: papà o mamma sono in carcere. Poi bisognerebbe anche tentare di spiegare i perché. Solo così si eviterà che crescano mitizzando una figura che vedono di rado. I dati confermano: i bambini consapevoli sono quelli che nella vita hanno più chance di non ripetere gli errori dei genitori. “Siamo impreparati”. “Questa ricerca - spiega Lia Sacerdote, presidente di Bambinisenzasbarre - rappresenta una grande occasione di conoscenza e di comunicazione ed è diventato uno strumento di sensibilizzazione per tutto il sistema penitenziario: l’accostamento bambini-carcere appare inverosimile agli stessi operatori, mentre oltre alla fotografia di un sistema che deve attrezzarsi per essere in grado di accogliere i bambini emerge con forza dagli operatori penitenziari un’esigenza di riqualificazione della propria identità professionale che implica il miglioramento dell’ambiente penitenziario, non solo strutturale, bensì come spazio-tempo di relazione”. Tant’è vero che il 90% del personale penitenziario ammette che la sua formazione non è sufficiente a occuparsi dei figli di genitori detenuti. Si sentono impreparati ad affrontare l’accoglienza dei bambini in carcere. Icam. La pubblicazione del libro bianco apre la Settimana di Sensibilizzazione, che si svolge dal 6 al 12 giugno. Per non dimenticare che oltre ai bambini che entrano ma poi escono dal carcere, in Italia, ci sono anche tra i 60 e i 75 piccoli fino a 3 anni reclusi insieme alle mamme. Il che - rilancia Luigi Manconi, presidente dell’associazione A Buon diritto 2 - segnala quanto il nostro sistema delle pene sia illegale perché oltre alla sanzione prevista c’è un carico non previsto di afflizione e sofferenza. Tra l’altro, il 65% dei penitenziari non ha locali destinati alle visite dei bambini. “Con un investimento modestissimo - conclude Manconi - si potrebbero invece realizzare in altre cinque città italiane altrettante strutture sul modello di quella milanese (Icam ndr) per attenuare il trauma di reclusione per i bambini, ma il solo celebrato e annunciato piano carceri di questo non parla”. Giustizia: omicidio Scazzi; Sabrina accusata di omicidio premeditato, arrestata la madre Adnkronos, 27 maggio 2011 Si è aggravata la posizione di Sabrina Misseri, la cugina di Sarah Scazzi, che nella nuova ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip Martino Rosati su richiesta della Procura della Repubblica, notificata ieri nel carcere di Taranto, dove è già detenuta da metà ottobre, è accusata di omicidio premeditato della cugina. Finora doveva rispondere di concorso in omicidio. La madre, Cosima Serrano, accusata di concorso in omicidio e in soppressione di cadavere, è stata portata nello stesso carcere dove sono rinchiusi sia la figlia che il marito Michele. Nei confronti della zia di Sarah si sono rivelati determinanti i lunghi e accurati esami del Ros dei carabinieri sui tabulati telefonici secondo i quali il suo cellulare è stato localizzato nel garage della casa Misseri in via Deledda un’ora e mezza circa dopo l’omicidio, intorno alle 15,25, e il giorno dopo nei pressi del pozzo di contrada Mosca dove Sarah sarebbe venne seppellita, non come si è pensato finora il giorno stesso del delitto, il 26 agosto, ma il giorno successivo. Sono indizi che non costituiscono una prova decisiva ma che dimostrerebbero, secondo gli investigatori, che la donna quantomeno ha mentito su alcune circostanze durante le sue deposizioni all’Autorità Giudiziaria. Per esempio aveva detto di non essere mai scesa in garage quel giorno. Applausi, qualche manata sull’auto dei carabinieri e il grido “assassina” da parte della folla hanno accolto la sua uscita dalla caserma dell’Arma di Avetrana. Dopo un breve passaggio dal Comando provinciale di Taranto per la fotosegnalazione, è stata rinchiusa nel penitenziario jonico. Lettere: Giornata dell’Onu contro la tortura… il carcere in Italia è un luogo di tortura Ristretti Orizzonti, 27 maggio 2011 Il 26 giugno sarà la Giornata internazionale dell’Onu contro la tortura. Il 24-25-26 giugno nelle carceri italiane i detenuti daranno vita a una mobilitazione contro la tortura del carcere e nel carcere. All’esterno degli istituti di pena si mobiliteranno associazioni, partiti, sindacati, movimenti e organizzazioni della società civile. Perché la situazione delle carceri italiane si configura ormai da tempo, in quasi tutte le sue realtà, come una situazione di tortura. In particolare, vogliamo segnalare quattro ambiti specifici all’attenzione dell’opinione pubblica e degli organi politici e amministrativi competenti: La tortura quotidiana del sovraffollamento, vissuta dai quasi settantamila detenuti presenti nelle carceri italiane e che si concretizza nella convivenza forzata di quattro persone nelle celle “singole” e di nove-dieci nei “celloni” di alcuni istituti, nelle condizioni igieniche intollerabili, nei suicidi, tentati suicidi e negli atti di autolesionismo, nell’ulteriore ridursi delle possibilità di accedere al lavoro, nella negazione del diritto alla salute e al reinserimento sociale. Una situazione riconosciuta anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che nel luglio 2009 ha imposto all’Italia il pagamento di un risarcimento di un detenuto recluso per due mesi e mezzo nel carcere di Roma-Rebibbia in un cellone di 16,20 metri quadrati insieme ad altre cinque persone. Una esperienza che riguarda migliaia di altri detenuti. La tortura dell’ergastolo, che contraddice il principio costituzione della finalità rieducativa della pena (art. 27, comma 3), e in particolare la tortura dell’ergastolo cosiddetto “ostativo”, in base al quale oltre 1.000 detenuti condannati all’ergastolo sono formalmente esclusi anche da quelle limitate possibilità giuridiche che permettono l’uscita dal carcere dopo un tempo determinato. Si configura così in Italia, diversamente dagli altri Paesi dell’Unione Europea, un “fine pena mai” effettivo che elimina perfino la speranza di tornare nella società, come per quegli uomini e donne attualmente detenuti nelle carceri italiane da oltre trenta e perfino da oltre quaranta anni consecutivi. La tortura del regime di “41bis”, cioè la violenza dell’isolamento continuo, con la possibilità di interagire solo con gli agenti di polizia penitenziaria e per due ore al giorno con tre altri detenuti, i colloqui con i familiari al di là di un vetro anti proiettili e attraverso un citofono. Un meccanismo che non produce “sicurezza” né all’interno né all’esterno delle carceri, mentre produce danni irreparabili di natura fisica e psichica nei detenuti con l’obiettivo (non dichiarato e illegale) di farne dei collaboratori di giustizia. La tortura dell’ospedale psichiatrico giudiziario (Opg), ossia “dell’ergastolo bianco”, di una misura di sicurezza legata all’idea lombrosiana della “pericolosità sociale” e priva di un fine pena definito. Gli internati sono così privati a tempo potenzialmente indeterminato della propria libertà, costretti per giunta a vivere in quella situazione insostenibile che alcune recenti pubblicazioni e servizi giornalistici hanno ben descritto. Aderiamo a questo appello che ci vedrà impegnati con sciopero della fame e con altre iniziative di informazione. Associazione Liberarsi Christian De Vito, Beppe Battaglia, Giuliano Capecchi, Carmelo Musumeci, Alfredo Sole, Giovanni Antonio Ruffo, ed altri… Sicilia: Garante dei detenuti verso ridimensionamento, l’On. Fleres rinuncia all’indennità La Repubblica, 27 maggio 2011 Il senatore del Pdl Salvo Fleres ha rinunciato alla maxi indennità da 100 mila euro l’anno percepita, in aggiunta a quella di parlamentare, come garante dell’ufficio per i diritti dei detenuti. Il presidente Lombardo era comunque già orientato da quest’anno a sopprimere il doppio compenso del senatore catanese. In totale, dal 2007 la somma ammonta a 340 mila euro. E adesso si prevede il ridimensionamento della struttura, con la chiusura della doppia sede di Catania con i suoi 4 dipendenti (tra cui il sindaco di Enna Paolo Garofalo, del Pd). Roma: i detenuti di Rebibbia in sciopero della fame Comunicato stampa, 27 maggio 2011 Circa 1.000 detenuti del Nuovo Complesso di Rebibbia hanno iniziato da lunedì 23 maggio lo sciopero della fame (di questi 300 hanno firmato la dichiarazione di sciopero), rimandando indietro i pasti forniti dall’amministrazione penitenziaria e non acquistando generi alimentari dalle imprese interne (ad eccezione di the, caffè, zucchero, camomilla e tabacchi). Si ricorda che proprio da Rebibbia, che ospita circa 1.700 persone e dove, al momento, sono impegnate nello sciopero tre sezioni, sono state spedite da tempo lettere al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio, per esporre i gravi problemi legati al sovraffollamento (e non solo), senza che ad oggi sia stata data ancora alcuna risposta. Tale protesta non violenta vuole sottolineare le invivibili condizioni nelle quali si trovano i detenuti di Rebibbia e della maggior parte degli istituti penitenziari italiani, soprattutto a causa del sovraffollamento e delle precarie condizioni igienico-sanitarie. Lo sciopero della fame è iniziato a Latina (dove i detenuti sono costretti a dormire con i materassi per terra per mancanza di brande e spazio dove metterle), si è diffusa ben presto in numerose carceri italiane e a Roma sta coinvolgendo anche le detenute del Femminile. Si calcola che almeno 3.000 siano i detenuti interessati alla lotta e 600 i familiari che si sono associati allo sciopero della fame; inoltre, in alcuni istituti penitenziari della Toscana e della Sardegna persino i Direttori hanno adottato proprie forme di protesta per le ormai strutturali carenze di organico sia degli agenti penitenziari che del personale dell’area educativa. Ciò sottolinea in maniera ancora più marcata il problema dell’insostenibilità delle condizioni di vita dei detenuti, che non si ha difficoltà a definire “indegne” per qualunque paese civile. Quanto accade oggi nel sistema carcerario italiano rivela la totale la mancanza di rispetto per l’individuo ed è un vero e proprio insulto alla dignità della persona. La forma di protesta, fanno sapere i detenuti, durerà a tempo indeterminato e si propone di ottenere migliori condizioni di vita all’interno delle strutture penitenziarie (con l’applicazione della normativa europea che prevede 7mq a persona come spazio minimo previsto per la vivibilità interna alle celle), di diffondere la cultura del rispetto della dignità dei detenuti; di raggiungere la realizzazione di politiche sociali a sostegno degli individui e delle famiglie. I detenuti di Rebibbia in sciopero della fame Genova: a Marassi scoppia la rivolta dei detenuti e il quartiere non riesce più a dormire Il Giornale, 27 maggio 2011 Il quartiere di Marassi non ha pace neanche a notte fonda. Ora che è finito il campionato di calcio per gli abitanti della zona il sonno non è tranquillo neanche in queste sere. Già perché oltre al caldo soffocante che fa rigirare tutti insonni tra le lenzuola ci si sono messi anche gli schiamazzi notturni dei carcerati. È indubbio che il caldo lo sentano anche quelli che sono dietro le sbarre e questo sembra averli fatti uscire completamente di testa. Il motivo di tutto ciò il sovrappopolamento infatti dopo l’indulto dell’agosto del 2006 che aveva alleggerito le carceri non si era mai verificato un numero così alto all’interno di Marassi. Ad oggi sono ben 803 gli ospiti delle “case rosse”. Un record confermato dal direttore Salvatore Mazzeo. E così dalla notte di lunedì 23 il quartiere genovese, già penalizzato da traffico esasperato ed esasperante per le partite nonché dai tafferugli di tifosi rissosi e ubriachi ormai all’ordine del giorno, non riesce a chiudere occhio. E la cosa che dà loro più sconforto è che l’amministrazione comunale che nelle settimane scorse aveva fatto fuoco e fiamme per il problema del calcio, sembra non accorgersi di nulla, o meglio, fa finta che nulla accada. Eppure quello che succede a Genova non è fatto isolato. La protesta si sta allargando in tutt’Italia, e l’inaugurazione di questo caos notturno è stata al carcere romano di Regina Coeli, seguito da quello di Lecce e qui in Liguria si sta verificando anche a Sanremo e Imperia. Insomma in queste notti torride Marassi sta vivendo “un vero e proprio inferno”. A dirlo sono proprio gli agenti della polizia penitenziaria che dalla notte del 23 sono alle prese con la protesta decisa dai detenuti. “I detenuti di Marassi hanno comunicato l’intenzione di procedere per tre giorni di protesta - ha affermato lunedì scorso Eugenio Sarno, della Uil Penitenziari - così per un’ora, dalle 22 alle 23 viene effettuata la battitura sulle sbarre delle stoviglie, sono incendiati giornali e effetti personali, allagate celle e fatte scoppiare le bombolette di gas usate per l’alimentazione dei fornellini. Il personale di polizia penitenziaria in servizio la sera a Marassi ha parlato di un enorme disagio e sofferenza da parte delle poche unità in servizio che hanno potuto a malapena gestire gli eventi critici”. Queste le parole di Sarno che non vanno d’accordo con quelle dei cittadini per quanto riguarda l’orario della protesta. “Cominciano a battere sulle inferriate verso le nove di sera, iniziano piano, e poi vanno avanti in crescendo fino alle 3 del mattino in una sorta di terribile e inquietante concerto” dicono alcuni di loro “e noi la mattina non abbiamo più la forza di andare a lavorare, distrutti dalle notti insonni che sono arrivate già a quota tre”. C’è da augurarsi che da stasera la cosa sia finita se stiamo alla “parola dei detenuti”, ma se così non fosse comincerebbe a diventare un problema non certo da sottovalutare. Sarno ha anche detto: “Abbiamo ragione di ritenere che la protesta in atto a Genova e le proteste che nei giorni scorsi hanno interessato alcuni istituti italiani siano solo la prova generale di manifestazioni che a breve potrebbero interessare tutti gli istituti di pena. D’altro canto la situazione di invivibilità e degrado delle nostre carceri dovrebbe essere ben nota a tutti. Non possiamo che auspicare che il Governo abbia la voglia di garantire idonee soluzioni”. Dal canto suo il segretario del sindacato sottolinea come il sovraffollamento del carcere sia ormai arrivato ad una situazione insostenibile. Quindi esasperazione dei detenuti, sì, ma anche della polizia penitenziaria e dei dirigenti penitenziari che sono sul piede di guerra e pronti a scendere in piazza. Notti di fuoco che altro non sono che il segnale della delusione di coloro che dichiarano che in un anno non c’è stato nessun provvedimento effettivo per migliorare le cose. Tutto legittimo allora, ma che colpa ne ha la gente di Marassi, quelli che sono fuori le sbarre e vorrebbero un quartiere vivibile? Nessuna, certamente, eppure sono anni che nessuno ascolta le loro proteste e sono anni che si parla di spostamento dello stadio e delle carceri, ma sembra tutto una chimera. E diciamolo pure, se lo strombettare delle vuvuzuelas da stadio dà fastidio, beh, in fondo celebra un evento sportivo che per lo più ha sapore di festa, mentre il concerto delle gavette sulle sbarre ha un suono ben più lugubre che mette dentro solo angoscia. Perugia: detenute Capanne da ieri a sostegno dello sciopero della fame di Marco Pannella Notizie Radicali, 27 maggio 2011 Dal 20 aprile Marco Pannella è in sciopero della fame perché l’Italia “torni a potere in qualche misura essere considerata una democrazia”. Ad oggi - si legge in una nota di Liliana Chiaramello e di Andrea Maori -, stanno partecipando 3.600 persone, tra di loro, da ieri, anche 51 detenute del carcere di Capanne che i Radicali conoscono bene perché organizzano periodicamente visite ispettive con i parlamentari e i consiglieri regionali, l’ultima delle quali con la deputata radicale Rita Bernardini di poche settimane fa. L’iniziativa di Pannella punta il dito sulla terribile situazione delle carceri, con l’obiettivo di ottenere un’amnistia, provvedimento ormai ritenuto indispensabile per far funzionare la giustizia e l‘istituzione di una commissione di inchiesta sullo stato della democrazia composta da accademici. “Nel ringraziare le detenute per l’appoggio dato alla iniziativa nonviolenta di Pannella - scrivono i Radicali di Perugia, vogliamo ricordare che quella delle carceri italiane è, ormai, una realtà fuori da ogni standard di civiltà prevista dal diritto internazionale e dalla legalità internazionale”. Salerno: i detenuti scrivono ai Radicali; in carcere trattamenti disumani e degradanti La Città di Salerno, 27 maggio 2011 “In prigione subiamo trattamenti disumani e degradanti. Vorremmo espiare la pena mantenendo intatta la nostra dignità”. Questo è uno stralcio della lettera che un detenuto del carcere di Fuorni ha inviato al radicale Donato Salzano, impegnato al fianco di Marco Pannella - in digiuno da 35 giorni - nella lotta a sostegno del “Satyagraha”. “le prigioni italiani sono diventate discariche sociali - ha detto Salzano ieri in una conferenza stampa a cui hanno partecipato anche gli avvocati Giulia Formosa e Valentina Restaino e il diacono della chiesa metodista di Salerno Andrea Petrone - noi chiediamo in ginocchio al Parlamento l’amnistia”. Un appello anche al sindaco Vincenzo De Luca affinché si unisca alla protesta non violenta. “Abbiamo avuto le prime vittorie - ha proseguito Salzano - infatti Pannella è stato convocato dai vertici del Governo. Il digiuno è sospeso ma non ci fermeremo perché vogliamo restituire a queste persone la dignità che uno stato di diritto deve assolutamente garantire”. L’Aquila: Ionta (Dap); il carcere di Preturo interamente destinato ai detenuti in 41-bis Ansa, 27 maggio 2011 “L’istituto penitenziario dell’Aquila ha una gestione sicuramente difficile ma non particolarmente impegnativo, io credo che attualmente L’Aquila sia ben utilizzata perché la struttura regge l’urto di oltre 120 detenuti ristretti al regime duro del 41-bis, ed è questa la destinazione a cui abbiamo pensato per l’istituto specifico del capoluogo di regione”. Lo ha detto stamane il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta a margine della cerimonia della Festa del Corpo della polizia penitenziaria, che si è svolta in Piazza Duomo all’Aquila. “Il carcere di Preturo - ha aggiunto Ionta - ha una situazione dal punto di vista degli organici sotto controllo, sicuramente difficile ma che consente di essere gestita con dignità per la detenzione e dignità di lavoro per la polizia penitenziaria”. In riferimento poi alle iniziative culturali che ogni anno si svolgono all’interno dell’istituto penitenziario dell’Aquila, tra i detenuti “comuni” (una trentina circa), Ionta ha detto: “Il funzionamento di un carcere contrariamente a quello che si pensa non è solo apertura e chiusura di una porta ma anche quella del portone principale alla società ed alla cittadinanza”. Gli istituti di pena dell’Abruzzo e del Molise (12 in tutto) ospitano attualmente circa 6 mila detenuti. Venezia: sul sito del nuovo carcere si va verso un Consiglio comunale straordinario Il Gazzettino, 27 maggio 2011 Si terrà con tutta probabilità attorno al 10 giugno a Mestre il Consiglio comunale straordinario sul carcere di Campalto, convocato dopo l’ultimatum del commissario al piano carceri Franco Ionta, il quale ha fatto sapere, tramite il presidente del Consiglio comunale Roberto Turetta, che è disposto a dare tempo al Comune di decidere la localizzazione fino al 15 giugno. Ieri si è tenuta la riunione dei capigruppo, che ha visto un passaggio anche sul carcere, per decidere quando convocare il Consiglio, ma specialmente cercare di capire la linea da tenere. Il 31 maggio i capigruppo si riuniranno nuovamente e sarà fissata con certezza la data, nel frattempo il sindaco si sta muovendo in prima persona con lo stesso Ionta. In questi giorni è riemersa anche la possibilità di individuare un sito alternativo, sempre nel territorio della Municipalità, anche se la maggior parte sono convinti che la destinazione - se mai ci saranno i fondi - rimarrà sempre Campalto. “Come opposizione - spiega il capogruppo della Lega Alessandro Vianello - abbiamo firmato per chiedere un Consiglio straordinario durante il quale si discuta della materia, anche perché risulta evidente che la maggioranza non vuole decidere nulla: se stiamo con le mani in mano il carcere verrà realizzato a Mestre, io sono convinto che non c’è l’urgenza di una nuova struttura detentiva, la maggior parte dei detenuti sono stranieri, la soluzione va ricercata negli accordi internazionali. Del resto il carcere veneziano a mio avviso non è in condizioni così disastrose”. Di tutt’altro avviso il presidente di Favaro, Ezio Ordigoni: “Una casa circondariale è essenziale, nessuno finora ha lavorato come doveva, facendo informazione e spiegando ai cittadini in che cosa consiste una struttura moderna all’avanguardia. In questo modo la visione è stata stravolta. Lasciarsi sfuggire questa occasione è una perdita grave per dare sicurezza al territorio. Se è stata individuata un’area alternativa ben venga, così pure ben venga l’appropriazione da parte del Comune delle ex caserme di Campalto, una zona preziosa in gronda lagunare, ma se il carcere non si farà più qualcuno dovrà prendersi le proprie responsabilità”. Nei giorni scorsi anche il circolo del Pd di Campalto si è riunito per affrontare la questione del carcere, contestato dai residenti della frazione. Venezia: un nuovo carcere non risolve i problemi ma non significa degrado per la città di Franco Fois (Associazione Veneto Radicale) Notizie Radicali, 27 maggio 2011 Certamente la costruzione di un nuovo carcere a Venezia non risolve ne il problema del sovraffollamento dei detenuti, ne quello della carenza d’organico tra gli agenti di custodia ne tantomeno quello della mancanza di strumenti per la realizzazione di percorsi, costituzionalmente sanciti, di rieducazione e reinserimento. Detto questo, appare però infondata e rivelatrice della scarsa conoscenza della realtà carceraria, la tesi secondo cui la costruzione del carcere nella frazione di Campalto costituirebbe un ulteriore degrado della zona. Perché se è certamente vero che Campalto ha molti problemi e avrebbe bisogno di interventi per migliorare le condizioni di vita dei residenti, è altrettanto vero che un carcere non rappresenta alcuna forma aggiuntiva di degrado. Un carcere non porta disordine o insicurezza, semmai può portare l’esatto contrario con il suo costante presidio e controllo delle forze dell’ordine. Un carcere è un luogo, soprattutto nella realtà veneziana, con una operosa presenza di cooperative sociali e di volontari. Davanti alla foglia di fico, rappresentata dal nuovo carcere, con cui si tenta di coprire il collasso della sistema penitenziario, non ci si faccia guidare dalla sindrome Nimby ma si discuta, ad esempio, dell’aspetto architettonico affinché l’istituto non risulti impattante per l’ambiente circostante. Fondamentale però sarebbe decidere finalmente di fare quel salto di qualità necessario a superare il pregiudizio che vuole il carcere come un lazzaretto per appestati, una discarica sociale da relegare il più lontano possibile, decidere finalmente di conoscere e comprendere la realtà carceraria, una realtà fatta, sarebbe bene non dimenticarlo, innanzitutto di persone. Non continuiamo a girare la testa fingendo che quella realtà non esista, il mondo carcerario riguarda ciascuno di noi essendo uno dei tasselli che compongono il puzzle della nostra società e solo conoscendolo lo si può mettere nel posto giusto. Pavia: piattole nel carcere Torre del Gallo, soppia l’allarme igiene Il Giorno, 27 maggio 2011 Due giovani arrestati per spaccio il 10 maggio finiscono in isolamento. Famiglie e sindacati sul piede di guerra. Poche parole. “Non possiamo farle vedere i suoi figli, perché si trovano in isolamento. Sono infestati dalle piattole”. La madre di Adamo e William El Sayed, arrestati il 10 maggio scorso con l’accusa di spaccio ieri mattina, si è trovata di fronte a una sconcertante verità. Sperava di poter far visita ai suoi ragazzi di 30 e 27 anni, invece, ha dovuto cambiare programma. I suoi figli sono tenuti lontani dal resto dei detenuti per comprensibili ragioni sanitarie e non può neppure prendersi cura dei loro abiti che vengono distrutti e non lavati. “I miei nipoti si trovavano in una cella insieme - ha raccontato Maria Leograndi, la nonna dei ragazzi - evidentemente era una cella infestata. Di certo non si sono portati le piattole da casa, che è pulitissima”. E le preoccupazioni per le condizioni di vita dei due giovani non mancano. “Adamo è stato dimesso da poco dal San Matteo - ha proseguito l’anziana - e William ha problemi di tossicodipendenza. Uno dovrebbe avere gli arresti domiciliari e l’altro essere affidato a una comunità di recupero in cui disintossicarsi. Invece sono in carcere. Non discuto sulle motivazioni che non conosco, ma credo che nessuno debba vivere in queste condizioni”. La famiglia sta meditando di presentare un esposto, intanto però si muove il sindacato. “Proprio alcuni giorni fa la Uil, durante una visita a Torre del Gallo, aveva rilevato le precarie condizioni igienico-sanitarie di molti settori della struttura - ha commentato Angelo Urso segretario nazionale della Uil-Pa Penitenziari. Non era affatto esagerato il giudizio espresso durante la visita all’istituto. I due casi di infestazione da piattole registrati non fanno altro che confermare la nostra analisi. Ci siamo riservati di interessare gli organi preposti, anche esterni all’amministrazione”. E ha aggiunto: “Non possiamo tacere su questa gravissima notizia. Oltre all’aspetto umano nei confronti dei due reclusi, non dobbiamo dimenticare che le sezioni detentive sono luoghi di lavoro per il personale di Polizia Penitenziaria che corre il rischio di essere contagiato. È giunto il momento che il direttore dell’istituto presti un po’ di attenzione alla struttura. Auspichiamo, inoltre, che il sindaco e l’Asl si adoperino per ripristinare le condizioni di salubrità e vivibilità del carcere pavese”. Tempio Pausania: una donna al comando della polizia penitenziaria La Nuova Sardegna, 27 maggio 2011 Una donna al comando della polizia penitenziaria. Nell’ambito di un normale avvicendamento d’incarichi il ministro della giustizia Alfano ha nominato Maria Elena Mariotti comandante del reparto del corpo di polizia penitenziaria nel carcere “La Rotonda” di Tempio. Sostituisce il comandante Alessio Lupino, destinato ad un altro incarico. Originaria di Luras, ha assunto ufficialmente il nuovo incarico ieri, salutata dal direttore della casa circondariale tempiese, da tutto il personale civile e dagli uomini della polizia penitenziaria che si appresta a dirigere. Laureatasi nella facoltà di giurisprudenza dell’Università di Sassari nel 2005, dopo due anni di tirocinio per l’esercizio delle professioni legali, Mariotti ha superato l’esame di Stato diventando avvocato nella sessione 2007. Vinto il concorso per vicecommissario del ruolo direttivo del corpo di polizia penitenziaria, si è trasferita a Roma nell’istituto superiore di studi penitenziari dove, nell’aprile scorso, con il massimo dei voti, ha ricevuto alla presenza del ministro della giustizia Angelino Alfano e del capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, la nomina a commissario. Durante il corso di formazione, Mariotti ha svolto corsi pratici di addestramento nella casa circondariale Pagliarelli di Palermo (istituto di alta sicurezza che conta ad oggi 1500 detenuti), nella casa di reclusione e colonia agricola di Isili e infine, nella casa circondariale Buoncammino di Cagliari. Quindi la nomina alla direzione delle guardie penitenziarie tempiesi. Al comandante Mariotti l’augurio di un buon lavoro da parte della “Nuova”. Camerino (Mc): Polizia penitenziaria in festa, il Corpo celebra i 194 anni dalla fondazione Corriere Adriatico, 27 maggio 2011 Piazza Cavour sarà invasa oggi da centinaia di agenti provenienti da tutte le Marche, per la festa regionale del corpo di polizia penitenziaria, che celebra i 194 anni dalla fondazione. Il programma annunciato dal generale Ernesto Cimino, comandante regionale del corpo, dopo la deposizione alle 10 di una corona a ricordo dei caduti presso il monumento della Rocca Borgesca, prevede alle 10.45 l’arrivo delle autorità e degli ospiti, alle 11 lo schieramento dei reparti, a seguire l’ingresso dei labari ed i vessilli delle associazioni militari e dell’arma, precedute dal medagliere dell’istituto del Nastro Azzurro. Per tutta la giornata in piazza Cavour saranno allestiti due stand con materiale informativo. Il nostro primo scopo è quello di realizzare il dettato costituzionale, secondo cui la pena deve tendere alla rieducazione del condannato, ha detto il provveditore regionale Dipartimento amministrazione penitenziaria, Raffaele Iannace. Nei sette istituti penitenziari marchigiani su un organico previsto di 764 agenti, solo 568 erano in servizio effettivo alla data del 22 maggio, secondo i dati del Dap, per una carenza di 196 agenti, pari a -25,6%. Nelle carceri marchigiane, al 30 aprile, risultano detenute 1177 persone (705 i posti regolamentari previsti), di cui 499 stranieri, pari al 42,40% del totale. Isola felice la casa mandamentale di Macerata Feltria, definita un’eccellenza da Iannace. Alla festa oggi non parteciperà il Sappe. Questa dolorosa forma di protesta - spiega il segretario regionale Aldo Di Giacomo - è un atto dovuto davanti alle drammatiche criticità di cui sono sofferenti i penitenziari marchigiani. Lucia Di Feliciantonio, direttrice della casa circondariale di Camerino, dal canto suo, ha ricordato la positiva collaborazione tra la struttura e le istituzioni locali, con due detenuti impiegati presso il canile e la casa di riposo e il progetto per utilizzarne un altro nel servizio manutenzione del Comune. A Camerino ci sono 17 agenti nel settore maschile del carcere su 18 posti previsti, solo 7 agenti sui 12 previsti nella sezione femminile. Sono detenute 59 persone sui 35 posti previsti, di cui il 54 per cento stranieri. Ha la movimentazione di detenuti tra le più alte della regione, con 591 persone entrate ed uscite nel 2009, di cui 192 ingressi in stato di libertà. L’Aquila: la Polizia penitenziaria è in festa ma denuncia; troppi detenuti nelle carceri La Repubblica, 27 maggio 2011 Il grido d’allarme è stato lanciato dal provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria di Abruzzo e Molise, Salvatore Acerra, nel corso della cerimonia per la festa interregionale del Corpo della Polizia Penitenziaria per le Regioni Abruzzo e Molise, al suo 194° anniversario dalla fondazione, che si è svolta oggi in piazza Duomo, nel centro storico dell’Aquila. Queste difficoltà secondo Acerra potranno essere risolte solo con la “costruzione di nuovi istituti penitenziari”. “La polizia penitenziaria è una risorsa importante in un territorio devastato come questo, che merita l’attenzione di tutte le forze di polizia”, ha affermato il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, che ha presenziato alla cerimonia e consegnato le onorificenze al personale del Corpo di Polizia Penitenziaria distintosi per particolari attività operative. Il comandante della polizia penitenziaria di Vasto, Ettore Tomassi, riguardo il fenomeno sempre più preoccupante dei suicidi dei detenuti all’interno delle carceri, ha affermato che “non si può generalizzare, va analizzato caso per caso”. Durante la cerimonia è stato letto un comunicato del ministro della Giustizia Angelino Alfano, che ha ricordato come la polizia penitenziaria sia “una parte indissolubile dell’unità della nazione”. “In questi tre anni da ministro - ha aggiunto - ho avuto modo di capire quanto prezioso sia il loro lavoro”, soprattutto a fronte di un “numero elevatissimo di detenuti, più di 67 mila con una quota importante di stranieri”. Presente in piazza Duomo lo schieramento di due compagnie di formazione e una compagnia automezzi e servizi delle Regioni Abruzzo e Molise. Alla manifestazione hanno presenziato le rappresentanze delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma con i rispettivi labari e vessilli. Milano: domani nel carcere di Opera il convegno “Il virus delle gioie corte e il bullo”. Ansa, 27 maggio 2011 A partire dalle 9,30 di sabato (28 maggio), il presidente della Provincia di Milano, On. Guido Podestà, interverrà, presso il Teatro della Casa di reclusione di Opera (via Camporgnago 40), al convegno “Il virus delle gioie corte e il bullo”. L’iniziativa è stata promossa dall’Ente in collaborazione con il provveditore regionale per le carceri in Lombardia, Luigi Pagano, il direttore della Casa di reclusione di Opera, Giacinto Siciliano, e “Trasgressione.net”. Quest’associazione è presieduta dal dottor Angelo Aparo, psicoterapeuta, docente universitario di Psicologia della devianza, consulente del ministero della Giustizia e psicologo della Sezione penale di San Vittore. Proprio nell’istituto penitenziario di via Filangieri, Aparo, nel settembre del 1997, avviò l’attività del “Gruppo della Trasgressione”, costituito in origine solo da una quindicina di detenuti. Nell’aprile 2002, al “Gruppo” si è aggiunto anche un nucleo composto da studenti universitari, professionisti ed esponenti della società civile interessati a favorire il percorso di recupero dei detenuti. La metodologia degli incontri organizzati dall’associazione sarà applicata anche nell’ambito del convegno “Il virus delle gioie corte e il bullo”. Difatti, si siederanno attorno a un tavolo una ventina di persone, tra le quali una dozzina di detenuti, addetti ai lavori e liberi cittadini. I partecipanti, che si alterneranno durante questa seduta per molti versi simile a una performance teatrale su copioni non scritti ma vissuti, saranno, a turno, stimolati da Aparo, attraverso la lettura di testi e poesie, a prendere parte alla discussione in maniera paritetica. Nell’occasione verranno affrontati i temi del bullismo, fenomeno che la Provincia di Milano, in sinergia con altri soggetti pubblici e privati, intende circoscrivere con l’istituzione della Fondazione antibullismo, la trasgressione e la dipendenza dalla droga, dall’alcol e dal gioco. All’interno del Teatro del Carcere di Opera andrà, quindi, in scena una rappresentazione dell’esistenza difficile, a partire dall’adolescenza, di tanti detenuti. Uno di loro ha disegnato la locandina del convegno. Un gesto che racchiude in sé l’interscambio di esperienze tra le persone recluse e quelle libere che sta alla base dell’attività del “Gruppo”. Quanti aderiscono all’associazione “Trasgressione.net”, che lavora nelle carceri di Opera, San Vittore e Bollate, si incontrano settimanalmente dentro e fuori dagli istituti di pena per confrontarsi su temi che riguardano la devianza. I documenti elaborati vengono raccolti sul sito web trasgressione.net (che è anche il nome della stessa associazione). Tra le attività svolte dal “Gruppo”, figurano anche una serie di convegni e incontri aperti pure ai liberi cittadini. Vengono garantite anche collaborazioni con le scuole finalizzate alla prevenzione del bullismo e della dipendenza. Nisida (Na): nell’Istituto penale minorile nasce un “Parco letterario” Avvenire, 27 maggio 2011 I ragazzi hanno anche realizzato un libro per “L’unità d’Italia” sui grandi personaggi che “hanno conosciuto questa prigione, ma poi dato un contributo allo Stato”. “Nisida è un’isola e nessuno lo sa!”, cantava Edoardo Bennato. Ma è anche un sogno della natura dove possono nascere, a loro volta, i sogni dei ragazzi che vi sono detenuti nel carcere minorile. E che adesso stanno realizzando un Parco letterario, che “sarà un’ottima opportunità di sviluppo culturale ed avrà un alto valore educativo, ambientale e sociale”, spiega il direttore dell’istituto penale minorile, Gianluca Guida. Negli ultimi due anni scolastici è andato avanti il lavoro letterario. Perché, nell’impegno di rilanciare Nisida quale “musa”, “abbiamo chiesto ad alcuni autori napoletani, in un momento di particolare fioritura della letteratura partenopea, di scrivere un racconto per Nisida”. Così gli scrittori hanno più volte incontrato i ragazzi e scritto ciascuno un racconto, “di cui i nostri giovani ospiti sono stati primi lettori e critici”. E allora questi incontri, insieme alla lettura dei testi che nei secoli sono stati dedicati alla piccolissima isola di fronte a Bagnoli (in particolare quello di Alexandre Dumas), sono diventati la trama di un fotoromanzo, parte del quale è realizzato a fumetti. “Il titolo “Se cambia il finale” racchiude il senso di tutto il percorso, ovvero che diventi possibile per i ragazzi, già a partire dalla loro permanenza a Nisida, “cambiare il finale” delle storie scritte su Nisida, ma, soprattutto, aprire a nuove prospettive la propria storia personale”. Non solo. Nell’ultimo anno i ragazzi e gli autori hanno lavorato anche alla realizzazione del libro “Racconti per Nisida e l’Unità d’Italia”. Cioè una selezione di otto racconti che hanno per protagonisti alcuni grandi personaggi (Poerio, Nisco, Castromediano, Pironti) che “hanno conosciuto i ceppi della torre borbonica di Nisida quali prigionieri politici nell’ultima fase del governo borbonico”, ma hanno poi dato “un importante contributo alla prima fase di quello Stato unitario per il quale avevano sacrificato giovinezza, posizione sociale, vita familiare”. Milano: Wwf; il reportage “Uomini in oasi” ha aperto le sbarre di San Vittore Galileo, 27 maggio 2011 Casa Vinicola Caldirola, azienda lombarda con sede a Missaglia (Lc), in collaborazione con Wwf Lombardia e Casa Circondariale di San Vittore, ha promosso una doppia iniziativa a carattere ambientale e sociale. Venerdì 20 maggio alle ore 14.00 a San Vittore è stata inaugurata la galleria fotografica “Uomini in Oasi”, un percorso di 30 scatti in bianco e nero che ha valorizzato la Riserva Regionale Oasi Wwf Calanchi di Atri e i suoi prodotti attraverso i volti degli agricoltori che vi abitano. Realizzato dagli studenti dell’Istituto d’Arte Vincenzo Bellisario di Pescara, questo suggestivo viaggio fotografico è inserito nel progetto biennale “Abruzzo, Terra di Natura”, promosso da Casa Vinicola Caldirola, in partnership con Wwf Italia, per favorire la corretta gestione e tutela delle risorse naturali per uno sviluppo sostenibile del territorio. Casa Vinicola Caldirola, dopo aver aperto un dialogo con le tematiche legate alla sostenibilità ambientale, prosegue così con un’iniziativa a carattere sociale: la mostra – che rimarrà in esposizione fino a fine giugno all’interno del primo reparto - è stata inaugurata nel primo braccio del noto carcere milanese di San Vittore, a ridosso della Giornata delle Oasi Wwf del 22 maggio. Alla cerimonia d’apertura erano presenti la Direttrice del carcere Gloria Manzelli, la Vicedirettrice Carla Santandrea, la Preside dell’Istituto Comprensivo “Cavalieri” Francesca Altomare Lavizzari, il Direttore della Riserva Regionale Oasi Wwf Calanchi di Atri (Te) Adriano De Ascentiis, l’Amministratore Delegato di Casa Vinicola Caldirola Michele Radaelli. L’inaugurazione ha segnato anche l’avvio di un’attività didattico-formativa rivolta ai detenuti. Il ciclo di lezioni, iniziato il 19 maggio, riprenderà in ottobre e, grazie al supporto di Wwf sezione Lombardia, affronterà i temi legati alla biodiversità nell’Anno Internazionale delle Foreste 2011, nell’ambito di un progetto coordinato dal Ctp “Cavalieri” San Vittore, il centro territoriale permanente per l’educazione degli adulti che opera all’interno della casa circondariale. Enna: Darwish, detenuto-scrittore, vince premio speciale del “Signorelli” La Sicilia, 27 maggio 2011 Dalle celle alle stelle. È questa la favola vissuta (almeno per un giorno) dal giovane detenuto Darwish Htem, ospite della Casa circondariale cittadina, che ieri pomeriggio è salito sul palco del teatro Garibaldi per ritirare un premio speciale della giuria del “Signorelli” attribuito a un suo racconto presentato fuori concorso. La favola di Htem, egiziano di 22 anni, dal titolo “Il ragazzo sognatore”, è stata scritta grazie al sostegno e all’incitamento degli operatori del carcere e al contributo del noto scrittore e illustratore per ragazzi, Fuad Aziz, che ha firmato il disegno di copertina, gli altri sono del giovane autore, detenuto da poco più di un anno e che davanti a sé ha una breve pena da scontare. Nel suo racconto parla di un samurai che salva un villaggio grazie a una lancia dalla punta d’oro, un ragazzo considerato “diverso” che lotta per realizzare i suoi sogni girovagando nel tempo e nello spazio. Un po’ come l’autore (africano che parla milanese) con alle spalle una lunga storia di emigrazione: a soli dieci anni ha lasciato il suo paese per trasferirsi in Libia e, clandestino tra i clandestini, è arrivato in Italia su uno dei tanti barconi che affollano il mar Mediterraneo. Il suo testo, illustrato da un gruppo di detenute e impaginato dal disegnatore Corrado Cristaldi, è adesso in attesa di pubblicazione: “Ha attirato l’attenzione di diversi editori- spiega la tutor dei corsi per detenuti al carcere Pierelisa Rizzo - sono stata io stessa a richiedere ad Aziz la sua firma in copertina per impreziosire il racconto”. Per il direttore del carcere Letizia Bellelli, il ragazzo è andato in teatro “grazie a un permesso concesso eccezionalmente dal magistrato di sorveglianza. Il nostro detenuto, d’altra parte, si è mostrato impegnato anche nella cooperativa che lavora il feltro. La sua favola -aggiunge - è il frutto del lavoro di squadra svolto dai tanti operatori all’interno della casa circondariale che spronano i nostri ospiti ad attivarsi nel lavoro e nella creatività. Darwish Htem ha mostrato una voglia di riscatto scevra da ogni opportunismo, ma non è l’unico talento del nostro carcere”. Iran: pena di morte, in un solo giorno impiccate 11 persone Ansa, 27 maggio 2011 Continua la rigida applicazione della pena capitale in Iran, dove in una sola giornata sono state impiccate 11 persone. La notizia è stata data dagli organi di stampa statali. Cinque delle persone giustiziate sono state impiccate sulla pubblica piazza. Un uomo, condannato per aver ucciso cinque donne, è stato impiccato a Qazvin, a ovest di Tehran, mentre altri quattro, accusati di furto e rapimento, sono stati impiccati a Shiraz, nel Sud dell’Iran. Nelle carceri di altre città del Nord e del Sud-Ovest del Paese sono state invece eseguite le condanne a morte di altre sei persone, accusate di traffico di droga. Tra i reati punibili in Iran con la pena di morte ci sono l’omicidio, lo stupro, il furto di armi e il traffico di oltre cinque chilogrammi di droga. Usa: eseguita condanna a morte con iniezione di farmaco per animali Adnkronos, 27 maggio 2011 Eseguita ieri sera con un’iniezione letale nella prigione di Florence, in Arizona la condanna a morte per Donald Beaty. A uccidere Beaty, giudicato colpevole nel 1984 per la morte di Christy Ann Fornoff, una ragazzina di 13 anni, una miscela di tre differenti farmaci, fra cui una sostanza usata dai veterinari in sostituzione del Pentotal di cui non vi è più disponibilità negli Stati Uniti. “Mi dispiace, mi dispiace”, sono state le ultime parole di Beaty, 56 anni. Fino all’ultimo, gli avvocati di Beaty hanno cercato di bloccare l’esecuzione, contestando la decisione presa martedì delle autorità carcerarie dell’Arizona di sostituire il farmaco veterinario al Pentotal. Vi è quindi stato ieri un dibattito durato otto ore in tre diverse città, a Phoenix, Washington e San Francisco, prima che l’appello fosse respinto definitivamente. Prima quindi dalla corte suprema dell’Arizona, poi da un tribunale distrettuale, e poi due volte in tribunali per l’appello, mentre la Corte suprema degli stati Uniti respingeva, a sua volta, altri due contestazioni avanzate per bloccare l’esecuzione. Serbia: Ratko Mladic sta male, l’avvocato chiederà il suo ricovero in ospedale Ansa, 27 maggio 2011 L’avvocato difensore di Ratko Mladic, Milos Saljic, ha detto che chiederà al Tribunale il ricovero in ospedale dell’ex generale, le cui condizioni di salute sono molto precarie. Come riferisce la Tanjug, il legale ha annunciato che chiederà esami medici specialistici, con il parere di una equipe medica adeguata che stabilisca se Mladic sia effettivamente in grado di sostenere un processo e di difendersi dalle accuse. Ieri sera, ha aggiunto l’avvocato, Mladic è stato visitato da cinque medici del carcere centrale di Belgrado. Il viceprocuratore serbo per i crimini di guerra Bruno Vekaric ha detto da parte sua che durante la notte scorsa Ratko Mladic è stato assistito per tutto il tempo dai sanitari.