Giustizia: passano Mozioni sul carcere di Pd, Udc e Fli; il Governo battuto alla Camera, Aprile Online, 18 maggio 2011 Il governo va sotto quattro volte in aula sul tema delle carceri e a condannarlo è una fronda composita, ma con un tratto in comune: non aver preso parte al recente rimpastino dell’esecutivo. Tradotto nella lingua della capitale: è la fronda dei “rosiconi” che punta a farsi sentire e bussa all’incasso. Il malcontento, come da prassi, si somma alle manovre dentro al Pdl, di chi da tempo pensa a sostituire il presidente del gruppo Fabrizio Cicchitto. Il primo voto di oggi, quello sulla mozione Della Vedova, vede presenti in aula 522 deputati. Votano 518 e solo 4 si astengono (Brugger e Zeller, Marcello De Angelis e Luigi Vitali). Il governo, che aveva espresso parere contrario alla mozione di Fli, è stato battuto da 264 voti favorevoli a cui la maggioranza ha opposto solo 254 voti contrari. Determinanti sono state le assenze, tra le quali risaltano le 12 del gruppo di Iniziativa Responsabile, le 2 della Lega Nord, le 16 del Pdl. Tra i Responsabili mancano all’appello dell’aula gli esponenti penalizzati dalla distribuzione di incarichi governativi. Non hanno votato, ad esempio, Arturo Iannaccone e Francesco Pionati, insieme a Maria Grazia Siliquini. Non ha votato anche il duo liberaldemocratico composto da Italo Tanoni e da Daniela Melchiorre (quest’ultima in missione). Assente anche Luca Barbareschi. Gli impegni di governo hanno tenuto lontano invece il ministro Saverio Romano e il neo-consigliere per lo sviluppo Massimo Calearo. Notevole anche la pattuglia di assenti del Pdl, ben 16. Mancava in aula tra gli altri Claudio Scajola, impegnato con Berlusconi a palazzo Grazioli. E oltre a lui altri nomi di spicco del partito del premier, a cominciare dal plenipotenziario campano Nicola Cosentino. Niente voto anche per il coordinatore nazionale Denis Verdini e il vice-presidente del gruppo alla Camera Massimo Corsaro. Le malelingue in Transatlantico ipotizzano una congiura ai danni del presidente di gruppo Fabrizio Cicchitto. Per Antonio Di Pietro, presidente dell’Italia dei Valori, quella di oggi è “la prova provata che questa maggioranza non c’è più, è sfaldata. Dopo la clamorosa sconfitta delle amministrative, in aula il governo è andato sotto più volte. È la dimostrazione che questo esecutivo non ha né i numeri in Parlamento, né il consenso nel Paese. È il momento di voltare pagina e dare la parola ai cittadini”. In tutte le votazioni l’opposizione è stata compatta al voto, riuscendo a bocciare una parte della mozione della maggioranza, oltre a far passare i loro testi nelle parti su cui il governo aveva reso parere contrario. Così, dopo la mozione Della Vedova, l’assemblea ha approvato la parte dalla mozione Pd su cui c’era il parere contrario del governo; subito dopo è stata bocciata una parte della mozione del Pdl su cui c’era invece il parere favorevole dell’esecutivo. Infine è stata approvata una parte della mozione dell’Idv su cui il governo aveva dato parere contrario. Un vero e proprio ko. I testi approvati a Montecitorio impegnano il governo, tra l’altro: “ad assumere iniziative volte ad adeguare, in vista dei prossimi provvedimenti finanziari, la spesa pro capite per detenuto, prevedendo, rispetto alla base del 2007, una riduzione non superiore a quella media relativa al comparto Ministeri; a predisporre sul piano normativo un complesso di riforme - dalla depenalizzazione dei reati minori, ad una più ampia e più certa accessibilità delle misure alternative alla detenzione, dalla definizione di parametri più accessibili per la conversione delle pene detentive in pene pecuniarie, ad una più severa limitazione del ricorso alla custodia cautelare in carcere, che avrebbero, nel complesso, un effetto strutturalmente deflattivo, concorrendo a migliorare le condizioni di detenzione e a rendere servibili quegli strumenti di trattamento che perseguono le finalità rieducative costituzionalmente connesse alla pena”. Il governo risulta inoltre impegnato “a implementare il piano carceri attraverso il ricorso a forme di partecipazione privata ai programmi di edilizia penitenziaria, utilizzando quegli strumenti di mercato che, anche sul piano urbanistico, possono incentivare gli investitori privati a collaborare con lo Stato ad un progetto di riconversione del sistema e dei modelli di detenzione e di riqualificazione delle case circondariali e di reclusione non più utilizzabili per l’ospitalità dei detenuti”. Giustizia: Favi (Pd); Governo battuto, Alfano ammetta fallimento sua politica su carceri Comunicato stampa, 18 maggio 2011 Dichiarazione di Sandro Favi, responsabile nazionale carceri del Pd: “Il fallimento della politica del ministro Alfano sulle carceri è sotto gli occhi di tutti e la battuta di arresto del governo oggi alla Camera ne è un’ulteriore testimonianza. Quasi tre anni per mettere in campo un Piano Carceri, norme in successione e poteri commissariali sempre più estesi, reiterate ordinanza per uno stato di emergenza che dura da ormai 18 mesi e forse entro l’anno, saranno “cantierabili” i primi ampliamenti di alcune strutture penitenziarie. Nulla di più di quello che l’ordinaria amministrazione non avesse già da anni avviato, in qualche caso anche in tempi più celeri. Solo che molti padiglioni detentivi costruiti sono rimasti vuoti; i nuovi istituti penitenziari vengono aperti a porzioni o peggio ne vengono ritardati i tempi di consegna, perché non si è in grado di ridistribuire il personale necessario a farli funzionare o a decidere quale livello di sicurezza dovranno assicurare. E una volta aperti i cantieri, il ministro Alfano immagina di poter passare sotto silenzio, fino alla fine del suo mandato, i drammi e le condizioni disumane del sovraffollamento dei penitenziari, il degrado delle strutture, lo sfascio amministrativo ed economico-finanziario, le difficoltà operative e la frustrazione professionale degli operatori? Alfano vanta, dal fronte delle carceri, l’efficacia di una politica della sicurezza e della giustizia che avrebbe migliorato le nostre città e contrastato la diffusione dei poteri delle organizzazioni criminali. Le carceri sovraffollate del Governo Berlusconi, della Lega Nord e di Alfano, si sono piuttosto riempite delle povertà dei migranti e delle marginalità umane che popolano il degrado urbano, dell’abbandono dei tossicodipendenti e dei sofferenti psichiatrici, coi meccanismi di una giustizia implacabile con i deboli, quanto indulgente con i garantiti. Se negli ultimi mesi l’aumento dei detenuti si è fermato, forse lo si deve di più alla ritrovata consapevolezza, sia della magistratura sia delle forse dell’ordine, che non si possono produrre carcerazioni sempre crescenti ed avere penitenziari indegni di un paese civile, piuttosto che alle risibili misure deflattive del Ministro della Giustizia”. Giustizia: Bernardini (Ri); approvare Mozioni non basta, se poi non vengono attuate Redattore Sociale, 18 maggio 2011 “A cosa serve discutere e votare le Mozioni, se quelle approvate oltre un anno fa, nel gennaio del 2010 e che impegnavano l’esecutivo ad affrontare con misure tempestive e strutturali l’emergenza carcere, non sono state in alcun modo attuate dal Governo, né dal Parlamento? Che senso ha, dunque, la formula ‘impegna il Governò?”. È quanto dichiara la deputata radicale Rita Bernardini, membro della Commissione Giustizia, a margine dell’approvazione alla Camera della mozione radicale sul carcere. Dibattiti come quello di oggi “non servono a nulla, se non si attribuisce alle mozioni un valore effettivo. È per questa ragione che la delegazione radicale ha ripresentato nella mozione approvata oggi alla Camera i punti già approvati a gennaio dello scorso anno e che sono di estrema attualità, dal momento che lo stato di sovraffollamento e di illegalità delle carceri italiane non solo non è stato risolto, ma si è addirittura aggravato”. Come riporta la rivista Ristretti Orizzonti, dice ancora Bernardini, “dall’inizio dell’anno in Italia si sono tolti la vita ventiquattro detenuti e tre poliziotti, mentre altri quaranta detenuti sono morti per cause cosiddette naturali, infatti in diciassette casi sono state aperte inchieste volte all’accertamento dei fatti”. Continua la nota: “Dal 2000 ad oggi nelle carceri italiane sono morti 1.800 detenuti di cui ben 650 per suicidio. Nello stesso periodo di tempo si sono uccisi anche 87 agenti di polizia penitenziaria. Appare quindi chiaro che non sbaglia Marco Pannella, giunto oggi al ventinovesimo giorno di sciopero della fame, quando di fronte a cifre come queste parla di nuclei consistenti di Shoah”. L’esponente radicale ricorda che “c’è un articolo della nostra Costituzione che non viene mai richiamato: è il comma 4 dell’articolo 13 secondo il quale è punita la violenza commessa sulle persone che sono private della libertà. Ebbene, quando ricordiamo i detenuti ammassati, in meno di un metro e mezzo a testa - mentre la Corte europea dei diritti dell’uomo ne prevede 3 e l’ordinamento penitenziario 7 - chiusi in cella a far nulla per 20 o 22 ore al giorno, non parliamo forse di atti violenza? E cosa fa il ministro della Giustizia davanti a questi problemi? Come si pone il Presidente della Repubblica? Per non parlare di quello del Consiglio, che finora non ha mostrato il benché minimo interesse verso questa situazione vergognosa. E cosa fa questo Parlamento?”. La risposta, “l’unica seria e possibile, ce l’abbiamo noi ed è varare un’amnistia vera, legale, contro quella di classe che ogni anno vede prescritti circa 200 mila procedimenti”. Giustizia: Rao (Udc); senza interesse ad personam la maggioranza svanisce Asca, 18 maggio 2011 “Quando non sono in ballo gli interessi del premier, la maggioranza svanisce e viene sconfitta in aula dalle opposizioni anche sulla giustizia”. Lo afferma Roberto Rao capogruppo Udc in Commissione Giustizia di Montecitorio secondo il quale “l’approvazione delle mozioni delle opposizioni sulle carceri è un segnale chiarissimo per il governo che non ha voluto ascoltare i nostri suggerimenti, soprattutto sulla necessità di trovare maggiori risorse umane e finanziarie per risolvere il dramma del sovraffollamento carcerario”. “Servono nuove carceri, altrimenti - sottolinea Rao - il piano resta sulla carta. Ma non basta costruire carceri se poi non si pensa ad assumere più personale medico, educativo e psichiatrico e soprattutto più agenti di polizia penitenziaria. I voti di oggi rappresentano comunque un fatto positivo per i detenuti, ad iniziare dai troppi che sono ancora in attesa di giudizio, e per i tanti operatori del settore che ogni giorno si trovano a lavorare in condizioni di estrema difficolta”‘. Giustizia: Antigone; penitenziari al collasso, bene la sconfitta del Governo alla Camera Redattore Sociale, 18 maggio 2011 Oggi la maggioranza è andata sotto 4 volte alla Camera. Patrizio Gonnella (Antigone): “Politica del governo fallimentare: carceri sovraffollate, 24 suicidi dall’inizio dell’anno. Occorrono provvedimenti di depenalizzazione”. “Il governo è stato battuto sulle carceri, giustamente. Esse versano in una condizione tragica inaccettabile per un paese civile e democratico”. È questo il commento di Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, dopo che la maggioranza è stata battuta 4 volte oggi alla Camera sulle mozioni riguardanti la situazione delle carceri. Dall’inizio dell’anno, infatti, vi sono stati 63 morti negli istituti penitenziari italiani, di cui 24 morti suicidi. Si sono tolti la vita anche tre poliziotti penitenziari, l’ultimo del quale a Viterbo pochi giorni fa. “Il sovraffollamento (circa 68 mila detenuti per 44 mila posti letto) rende la vita quotidiana intollerabile - continua Gonnella. Tre carceri su quattro sono in condizioni di illegalità, non rispettando i dettami regolamentari nazionali e internazionali. In 10 metri quadri spesso troviamo sino a 4 persone”. Da qui il giudizio del presidente di Antigone: “La politica del governo è stata fallimentare: ha fatto la faccia truce con i poveracci, ha negato i diritti umani, ha abbandonato il personale a se stesso. Ora speriamo che il governo - aggiunge Gonnella -, come indicato in alcune delle mozioni approvate, adotti un piano di uscita dall’emergenza con provvedimenti di depenalizzazione e decarcerizzazione, nonché di modifica di quelli leggi che hanno portato nell’indegnità e nel caos il nostro sistema penitenziario”. Quest’ultimo riferimento è alle leggi sulle droghe, sulla immigrazione e alla ex Cirielli sulla recidiva. L’associazione auspica, infine, che si approvi l’istituzione di una figura indipendente di garanzia per le persone private della libertà, come imposto dalle Nazioni Unite. Giustizia: il vero garantista è Pisapia, non lo sconfitto Berlusconi di Patrizio Gonnella (Presidente Associazione Antigone) Micromega Online, 18 maggio 2011 Manifesti di Pisapia dopo il primo turnoNella storia e nella teoria del diritto il garantismo è definito come l’insieme delle garanzie costituzionali di cui l’individuo dispone. Il costituzionalismo democratico è un modello di Stato nel quale spetta a un organismo giurisdizionale super partes il ruolo di custode delle garanzie democratiche. Ruolo che deve essere esercitato anche contro la volontà della parte politica maggioritaria. Il garantismo penale è stato a sua volta il terreno di pensiero, di lavoro e di impegno di coloro i quali, partendo da Cesare Beccaria, sono arrivati a sostenere che bisognasse rinunciare all’ipertrofia penale e viceversa fondare il sistema sanzionatorio su un diritto penale minimo. Il carcere veniva residualizzato a extrema ratio. Questa è la bandiera a cui si sono ispirati molti garantisti autentici, tra i quali va annoverato Giuliano Pisapia. Nell’ultimo governo Prodi Pisapia fu nominato presidente della commissione di riforma del codice penale. La bozza predisposta dal gruppo di lavoro da lui presieduto superava finalmente le asprezze fasciste del codice Rocco, rivedeva il sistema delle pene, toglieva di mezzo (o quasi) quell’obbrobrio che sono i manicomi criminali, introduceva pillole di saggezza giuridica dentro un modello impazzito. Il garantismo di Giuliano Pisapia è il nostro garantismo. Quello per cui bisogna occuparsi dei poveri, assicurare loro il gratuito patrocinio, favorire percorsi alternativi alla detenzione per chi ha storie di tossicodipendenza, prevedere meccanismi di tutela dei diritti delle persone incarcerate, ridurre la durezza delle pene nel nome della ragionevolezza e dell’utilità sociale. Di contro c’è la parodia garantista di Berlusconi. Il suo è un esempio studiato in dottrina di classismo giudiziario, laddove le garanzie si comprano e non sono a disposizione per tutti. In questi ultimi 20 anni il garantismo è stato stuprato da Silvio Berlusconi e soci. Con Pisapia sindaco a Milano esso può riappropriarsi del suo nobile e antico significato di derivazione illuministica. Stare con il garantismo di Pisapia significa stare contro il garantismo personale, ridicolo e ingiusto del premier. Pisapia ha già battuto Berlusconi quando era avvocato di De Benedetti. Speriamo lo batta una seconda volta. Questa volta nell’agorà milanese e non nelle aule di giustizia. Giustizia: il detenuto romeno suicida ad Aversa era mio padre di Marilena Ioan www.linkontro.info, 18 maggio 2011 Un ragazzo di 30 anni è morto lo scorso 9 maggio nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa. È il quarto internato in cinque mesi che perde la vita. Il 12 aprile scorso era toccato a un signore di 58 anni di origine rumena, che si è impiccato nel bagno della sua cella. Era internato ad Aversa da circa otto anni e gli avevano appena comunicato la proroga della sua permanenza in Opg. Marilena è sua figlia. Insieme alle sue condoglianze per la famiglia del ragazzo morto, manda questa lettera aperta. “Caro lettore, viviamo tempi sempre più difficili e facciamo sempre più fatica a tenere il passo con tutto, che ci lasciano pochissimo spazio per la riflessione e per la meditazione. Corriamo sempre per il fabbisogno quotidiano e non ci permettiamo il lusso nemmeno di guardarci intorno, di ascoltare chi ha bisogno di essere ascoltato e confortato, e informarci di tutto quello che succede nel mondo, nella nostra città o intorno a noi. A malapena abbiamo il tempo di dare ai nostri figli una parte di quello di cui hanno bisogno. Viviamo in una società egoista, dove i valori e l’umanità sono in pericolo di estinzione; veniamo bombardati con fatti di cronaca e informazioni di tutti i tipi. Fra poco ci saranno anche le elezioni e le luci si accenderanno su questo tema, ma io, mio malgrado, vorrei parlare purtroppo sempre di un fatto di cronaca. Vorrei condividerlo con te, caro lettore, al fine di averti accanto a me in questa lotta. Il 12 di aprile del 2011 un altro detenuto dell’Opg di Aversa si è tolto la vita. Lo ha fatto per disperazione! Lo ha fatto perché viveva in condizioni inumane e perché nell’Opg di Aversa, fra i più terribili dei sei Opg rimasti ancora aperti (pur essendo nel 2011), non esiste diritto alla dignità, non esiste Dio che ascolti, e ti viene tolta anche la più frivola speranza. La speranza che un giorno potresti tornare ad essere una persona come tante, una persona con diritti. Il diritto alla vita è di tutti noi e nessuno può decidere di privarcene. I casi di suicidio nell’Opg di Aversa e negli altri Ospedali psichiatrici sono tanti, troppi, perché non esistono strutture adeguate di reinserimento sociale delle persone che sono state riconosciute “non pericolose socialmente” ma prorogati anni di fila fino al loro suicidio. Quel detenuto era mio padre e si chiamava Ilina Ioan. Certo che la sofferenza, la disperazione e la fine della speranza ti portano al suicidio, perché ormai, morta la speranza di essere libero un giorno, porta alla morte dell’anima e poi a quella fisica. queste persone hanno scelto di auto liberarsi perché là dentro nessuno li ascolta. Combatti con noi caro lettore, combatti insieme all’associazione “Antigone”, e a tutti coloro che lottano affinché gli Opg vengano chiusi e le povere anime scordate quasi anche da Dio siano affidate a strutture valide e adatte a loro”. Emilia Romagna: con il “piano carceri” cinque nuovi padiglioni detentivi per mille posti www.giustizia.it, 18 maggio 2011 Firmata l’Intesa con la Regione Emilia-Romagna: nuovi padiglioni detentivi saranno realizzati a Bologna, Ferrara, Parma e Reggio Emilia. Già partiti i lavori a Piacenza. Ionta: in Emilia Romagna 1.000 nuovi posti detentivi per risolvere l’emergenza dovuta al sovraffollamento carcerario. Roma, 18 maggio 2011: Franco Ionta, Commissario delegato per il Piano carceri, e Vasco Errani, Presidente della Regione Emilia-Romagna, hanno siglato l’Intesa istituzionale per la localizzazione delle aree destinate alla realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie previste dal Piano Carceri. Per risolvere l’emergenza dovuta al sovraffollamento delle carceri, in Emilia Romagna saranno realizzati cinque nuovi padiglioni detentivi a Bologna, Ferrara, Parma, Reggio Emilia e Piacenza, dove i lavori sono stati già iniziati a marzo. Ogni struttura, che amplierà gli istituti penitenziari esistenti e sarà dotata di quattro cortili di passeggio, avrà una capienza di 200 detenuti. I nuovi padiglioni, il cui costo previsto è di circa 11 milioni di euro ciascuno, saranno edificati in tempi rapidi secondo le disposizioni urgenti per la realizzazione di istituti penitenziari (legge 26 febbraio 2010, n. 26) stabilite per il Piano carceri. In Emilia Romagna sono presenti 4146 detenuti (dati del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria aggiornati al 30 aprile). “L’Intesa raggiunta - ha commentato il Commissario delegato, Franco Ionta - è determinante per stabilizzare al più presto il sistema penitenziario. Le carceri emiliane, ed in particolare quelle di Bologna, Ferrara e Piacenza, sono tra le più sovraffollate e l’emergenza necessita di una risposta urgente: grazie al Piano carceri e ai poteri di intervento del Commissario delegato, che hanno permesso di sbloccare tra l’altro la complessa situazione di Piacenza, realizzeremo 1000 nuovi posti detentivi per garantire la dignità della detenzione dei reclusi e migliorare le condizioni di lavoro degli agenti”. Il Commissario delegato, inoltre, si impegna a favorire la collaborazione tra l’Amministrazione penitenziaria e la Regione Emilia-Romagna per l’elaborazione di uno studio di fattibilità per la realizzazione di una struttura sanitaria che sostituisca l’attuale Opg di Reggio Emilia, che ospita 321 persone (dati del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria aggiornati al 30 aprile). La struttura, che potrebbe essere localizzata in un’area esterna alla Casa circondariale di Reggio Emilia, dovrà accogliere i malati di mente attualmente internati in un padiglione dell’istituto penitenziario. “Siamo soddisfatti del rapporto di collaborazione instaurato con la Regione Emilia-Romagna. Il Piano procede nei tempi stabiliti. A Piacenza il cantiere è stato consegnato alla ditta appaltatrice lo scorso 28 febbraio. Entro poche settimane - ha concluso Franco Ionta - sarà pronto il bando di gara concorrenziale per la realizzazione dei padiglioni di Bologna, Ferrara, Parma e Reggio Emilia e a partire dall’aggiudicazione occorreranno 18-24 mesi per la costruzione delle opere”. “Questa intesa, frutto di un lavoro intenso - ha dichiarato Vasco Errani, presidente della Regione Emilia-Romagna -, rappresenta una prima risposta a fronte di una esigenza molto seria legata al sovraffollamento delle carceri anche sul territorio di questa regione. In questo campo, a cominciare dall’urgenza rappresentata dall’Opg, occorre fare sempre di più per garantire diritti, pieno rispetto, qualità di vita e di lavoro negli istituti carcerari del nostro paese”. Il Piano carceri, elaborato dal Governo per risolvere l’emergenza dovuta al sovraffollamento, prevede la realizzazione in tempi rapidi di 11 nuovi istituti penitenziari e di 20 padiglioni che garantiranno 9.150 nuovi posti detentivi, per un costo complessivo stimato di 675 milioni di euro. Il Piano stabilisce altre due linee d’intervento per stabilizzare il sistema penitenziario: misure giuridiche deflattive e l’implementazione dell’organico di Polizia Penitenziaria. Emilia Romagna: Sel; avere più spazi non basta, servono manutenzione, lavoro, agenti Dire, 18 maggio 2011 Costruire più carceri non basta ad affrontare il problema del sovraffollamento: ci vogliono agenti, fondi per la manutenzione, spazi e lavoro esterno. I consiglieri regionali Sel-Verdi Gian Guido Naldi e Gabriella Meo, pur condividendo la soddisfazione per l’intesa tra Stato e Regioni e l’obiettivo di diminuire il sovraffollamento nelle carceri emiliano-romagnole, ricordano al presidente della Regione, Vasco Errani, che la costruzione di nuovi padiglioni “non può essere considerata risposta sufficiente al problema delle carceri”. Già adesso, ricordano i consiglieri, mancano gli agenti e, a causa di difficoltà organizzative o per mancanza di fondi per la manutenzione, in molti penitenziari ci sono delle sezioni chiuse e inutilizzate. Spesso mancano o sono insufficienti gli spazi comuni per la socialità e per la riabilitazione. Ecco perché i consiglieri si augurano che nella costruzione dei nuovi padiglioni “si sia ragionato non solo sul numero di celle, ma anche sul modo di rendere le strutture più adeguate alle finalità rieducative della pena”. Durante le visite nelle carceri della Regione, aggiungono Meo e Naldi, “abbiamo anche constatato che per i detenuti ci sono poche possibilità di lavoro esterno, soprattutto per mancanza di fondi”. Nel Piano carceri si dovrebbe pensare a come finanziare questa voce, perché la prigione sia un luogo da cui le persone escono con gli strumenti adeguati per non rientrarci. Sappe: nuovi padiglioni? sì ma servono più agenti Giovanni Battista Durante, segretario aggiunto del Sappe, commentando l’accordo sui nuovi padiglioni: “Allo stato attuale mancano 650 in Emilia-Romagna. Senza incremento rimarranno chiusi”. La costruzione di nuovi padiglioni detentivi in Emilia-Romagna può essere utile solo se, allo stesso tempo, ci sarà anche un aumento di agenti di Polizia penitenziaria che li facciano funzionare. Altrimenti rimarranno chiusi, come lo sono già alcune strutture della regione proprio a causa della mancanza di personale. Lo manda a dire Giovanni Battista Durante, segretario aggiunto del Sappe, commentando l’accordo firmato oggi tra il presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, e il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, che prevede la realizzazione di cinque nuovi padiglioni detentivi per le carceri di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Ferrara e Bologna. “Può essere utile per deflazionare le carceri dell’Emilia-Romagna - afferma Durante - a patto che all’ampliamento dei posti detentivi corrisponda un adeguato incremento dell’organico della polizia penitenziaria, considerato che allo stato attuale mancano 6.500 agenti in Italia e 650 in Emilia-Romagna”. In regione, sottolinea il sindacalista, ci sono diverse strutture chiuse proprio a causa della mancanza di personale: cinque sezioni detentive chiuse a Parma, un padiglione a Forlì e una sezione a Rimini. In conclusione, afferma il Sappe, “se non ci sarà l’incremento previsto i nuovi padiglioni sono destinati a restare chiusi”. Lazio: sanità penitenziaria; in Commissione regionale le richieste di medici e agenti Redattore Sociale, 18 maggio 2011 Il problema della medicina penitenziaria ha contraddistinto la seduta odierna della Commissione Sanità, riunita in due audizioni con la Federazione dei sindacati della dirigenza della Sanità (Confedir) e con il coordinamento regionale Uil Pa-Penitenziari. Sindacalisti, quindi, ma anche medici, psicologi, volontari, che hanno come comune denominatore l’impegno quotidiano all’interno della case circondariali laziali. Il problema principale emerso durante il primo incontro con Confedir è legato soprattutto al sovraffollamento delle strutture e alla parziale applicazione della riforma che ha di fatto passato le competenze in materia di medicina penitenziaria dal ministero della Giustizia al ministero della Salute, e quindi alle Asl. Ad oggi, i reclusi nelle carceri regionali sono 6.630 rispetto a una capienza massima stimata in 4.856 unità. Il sovraffollamento incide molto sulla salute dei detenuti e degli agenti di polizia, anche in virtù di presidi medico-infermieristici non sempre in funzione ventiquattro ore su ventiquattro. Denunciata anche una inadeguatezza degli apparecchi diagnostici in dotazione agli ambulatori carcerari e l’eccessivo ricorso a strutture esterno di pronto soccorso in mancanza di presidi adeguati dentro le case circondariali. Con il conseguente intasamento di ospedali pubblici e il massiccio dispiego di forze di polizia per rendere sicuro il trasporto di detenuti feriti o colpiti da malore, hanno spiegato gli agenti della Uil Pa-Penitenziari. Tutte le sigle ascoltate dalla Commissione concordano sull’istituzione di un tavolo permanente sulla sanità penitenziaria e sulla necessità di individuare da parte della Regione Lazio una struttura trasversale ad hoc che faccia da interlocutrice per tale problematica, alla stregua del Garante dei detenuti. Lazio: Colosimo (Pdl); il sovraffollamento delle carceri non venga sottovalutato Il Velino, 18 maggio 2011 “Lo sciopero portato avanti dai detenuti del Regina Coeli evidenzia in maniera significativa come il problema del sovraffollamento stia assumendo proporzioni rilevanti e preoccupanti. La protesta non può che trovare il mio sostegno, sono mesi infatti che denuncio la reale e grave situazione delle carceri, in particolare nella nostra regione Lazio. A febbraio nel carcere in questione si registrava una popolazione carceraria, composta per il 75 per cento da stranieri, di 1125 unità, a fronte di una capienza regolamenta di 950 detenuti. Ritengo personalmente che non si possa permettere che all’interno delle strutture penitenziarie si vivano situazioni devastanti, nelle quali non vengono garantiti neanche i diritti umani basilari per sopravvivere”. Lo dichiara, in una nota, Chiara Colosimo, consigliere regionale e presidente della Giovane Italia Lazio, che aggiunge. “Ritengo spetti alla politica il compito di dare risposte concrete, ed è per questo che mi recherò al carcere Regina Coeli nei prossimi giorni, per parlare e ascoltare i detenuti che oggi stanno scioperando, e per dare loro la mia piena disponibilità a ricevere e portare le loro proposte in consiglio regionale”. Piemonte: intesa tra Prap e Cgm, per aiutare passaggio da carcere minorile a ordinario Adnkronos, 18 maggio 2011 Aiutare il passaggio dei detenuti “giovani adulti”, quelli che superano i 21 anni, dal carcere minorile al settore adulti. È l’obiettivo del protocollo d’Intesa sottoscritto oggi il tra Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria per il Piemonte e la Valle d’Aosta e il Centro giustizia minorile per il Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria. L’accordo è il secondo di questo tipo sottoscritto in Italia dopo quello firmato in Campania e prevede che il passaggio al carcere per adulti per quei detenuti negli istituti minorili sia valutata da due equipe di educatori, psicologi, assistenti sociali e agenti di polizia penitenziaria del Provveditorato regionale e del Centro giustizia minorile. Fino ad oggi infatti l’assegnazione del carcere avveniva in maniera casuale. La scelta sarà basata sulle attitudini del detenuto tenendo conto delle condizioni di affollamento dell’istituto detentivo e le attività collaterali che vi si svolgono. In questo modo si vuole creare un collegamento tra gli istituti minorili e le carceri ordinarie aiutando l’integrazione dei giovani detenuti in una situazione molto diversa da quella degli istituti minorili. La convenzione avrà durata di tre anni e potrà essere rinnovata. Roma: Ddl contro il sovraffollamento dai detenuti di Regina Coeli in sciopero della fame Ansa, 18 maggio 2011 Il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni trasmette il testo ai presidenti di Camera e Senato, al premier Berlusconi e al ministro della giustizia Alfano. Uno sciopero della fame, la tradizionale battitura sulle sbarre delle celle e, soprattutto, un Disegno di Legge contro il sovraffollamento. È questa la singolare forma di protesta scelta dai detenuti del carcere romano di Regina Coeli. Lo sciopero della fame, in corso da domenica 15 maggio, è stato interrotto grazie all’intervento del Garante dei Diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni che ha promesso ai reclusi di trasmettere immediatamente il testo del loro Ddl alle massime istituzioni dello Stato. Il testo scritto dai detenuti è stato inviato dal Garante al premier Silvio Berlusconi, ai presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, al ministro della Giustizia Angelino Alfano e ai presidenti dei gruppi parlamentari dei due rami del Parlamento. “Da domenica - ha detto Marroni - i detenuti hanno iniziato a protestare pacificamente per denunciare le drammatiche condizioni di vita nelle carceri. Mi sono impegnato a sostenere le loro ragioni perché il loro grido di allarme sulla situazione degli istituti italiani è lo stesso che, ormai da mesi, lanciamo invano anche noi. Ho giudicato le loro richieste estremamente ragionevoli, anche in considerazione delle difficoltà della magistratura di sorveglianza degli operatori e degli agenti di polizia penitenziaria per le condizioni date in primo luogo dal sovraffollamento”. La proposta di disegno di legge preparata dai detenuti è composta da quattro articoli ed è volta a “garantire la celerità del processo penale e l’accesso alle misure alternative al condannato che ne risulti meritevole.” “I detenuti - ha concluso Marroni - non vogliono premi né indulgenze ma solo certezza di giustizia. Sono infatti convinti che, con le loro proposte, si arriverà a snellire le procedure, e con un minore afflusso di detenuti potranno migliorare le condizioni di vita nelle carceri”. Roma: i Radicali intervengono a sostegno della protesta degli agenti di Rebibbia Redattore Sociale, 18 maggio 2011 “Vogliamo esprimere il nostro più convinto sostegno alla lotta nonviolenta che da alcuni giorni gli agenti di Polizia penitenziaria del reparto maschile di Rebibbia stanno portando avanti. Il loro sciopero del pasto e del sonno ha lo scopo di ribadire lo stato di profonda prostrazione nei confronti di una realtà quotidiana, quale quella delle carceri, diventata ormai insostenibile. Pur garantendo la copertura del servizio nelle 24 ore, gli agenti al termine di ogni turno, protestano ad oltranza dinanzi l’istituto senza mai tornare nelle proprie abitazioni, finché non verrà incrementato il personale”. Lo dichiarano in una nota congiunta i consiglieri regionali Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo della lista Bonino-Pannella, Federalisti europei. “L’azione nonviolenta degli agenti del personale di Polizia penitenziaria di Rebibbia - continuano i consiglieri - denuncia una situazione di gravità inaudita in uno Stato che possa dirsi davvero moderno e democratico. È infatti gravissima la situazione in cui versano anche le 14 carceri del Lazio. Nei prossimi giorni incontreremo gli agenti per ascoltarne le motivazioni e per esprimere di persona il nostro sostegno alla loro mobilitazione nonviolenta”. “Ieri intanto, come lista Bonino-Pannella, abbiamo chiesto al presidente della commissione Sicurezza ed integrazione sociale, lotta alla criminalità, Filiberto Zaratti, che ha già assicurato la sua disponibilità, la convocazione degli agenti per una audizione. Su una questione così delicata come quella denunciata a Rebibbia - concludono - la Regione Lazio deve fare la propria parte, e può farlo attraverso la commissione competente affinché essa dimostri di essere davvero utile”. Milano: riparte il quadrangolare di calcio del carcere di Bollate, sugli spalti 400 studenti Redattore Sociale, 18 maggio 2011 La squadra della Casa di reclusione scenderà in campo il 23 maggio per difendere le vittorie del 2009 e del 2010. Le sfidanti: una rappresentativa delle Fiamme azzurre, l’associazione “No alla droga” e il team di “Rappresentativa della legalità”. Scenderà in campo per difendere le vittorie conquistate nel 2009 e nel 2010 la squadra di calcio della Casa di reclusione di Milano-Bollate che il 23 maggio sfiderà sull’erba dello stadio Meazza di Milano una rappresentativa delle Fiamme azzurre della polizia penitenziaria di Bollate, una squadra dell’associazione “No alla droga” e il team di “Rappresentativa della legalità”. Il quadrangolare “Torneo della legalità” avrà inizio alle 9.30 del mattino. Sugli spalti, per l’occasione, assieme ad amici e familiari dei detenuti, anche 400 ragazzi della scuola media inferiore “Verga-Gramsci-Leonardo da Vinci” di Limbiate. “È importantissimo far capire ai ragazzi come i valori di educazione, correttezza, adesione alle regole possono sembrare semplici e scontati. Ma non è così -spiega Ferdinando Panico, direttore dell’istituto-. Siamo certi che farli partecipare a un grande momento di sport praticato da persone che stanno recuperando un percorso di legalità possa far sentire ancor più forte e chiaro che l’adesione concreta a questi valori”. La prima manifestazione, nel 2009, ha visto la vittoria del team dei detenuti di Bollate contro le “Fiamme azzurre” (vittoria ai rigori dopo il pareggio al termine dei tempi regolamentari). L’anno successivo la manifestazione ha visto la partecipazione di una rappresentativa di magistrati: ad aggiudicarsi il triangolare, ancora i detenuti di Bollate. A San Siro parteciperanno 30 detenuti tutti facenti parte del progetto “Calcio 2011” a cui se ne aggiungeranno altri in “articolo 21” per assistere alla partita dei loro amici. “Al di là del risultato quel che conta è la voglia di esserci dei protagonisti: obiettivo reso possibile dalla disponibilità dell’Inter, una società da sempre sensibile anche nel campo della solidarietà e dell’impegno sociale”, si legge in un comunicato diffuso dalla casa di reclusione di Bollate. Sugli spalti ci saranno anche alcuni magistrati di sorveglianza del Tribunale di Milano, il provveditore dell’amministrazione penitenziaria della Lombardia Luigi Pagano, il comandante del carcere di Bollate Antonino Giacco, la direttrice Lucia Castellano, la vice direttrice Mariagabriella Lusi e naturalmente il presidente della squadra dei detenuti e vice direttore del carcere Cosima Buccoliero. Stati Uniti: per Dominique Strauss-Kahn una cella da 12 metri sull’isola dei dannati di Vittorio Zucconi La Repubblica, 18 maggio 2011 Era il padrone del mondo. Ora il suo mondo si è ristretto a 12 metri quadrati. Apriva e chiudeva il rubinetto dei soldi per salvare o condannare nazioni intere. Ora controlla soltanto il rubinetto del lavandino nella sua cella. È un naufrago tra naufraghi sull’isola dei dannati sull’East River, in attesa del traghetto verso il penitenziario o la libertà, Rikers Island, il più grande carcere di New York. Dice chi c’è stato rinchiuso che il rancio faccia particolarmente schifo anche per un carcere. E quale castigo potrebbe essere più feroce per il detenuto francese, rampollo del sobborgo più chic di Parigi, Neuilly, per Dominique Strauss-Kahn, da lunedì rinchiuso in quella stessa “big house”, nel grande carcere dove furono buttati l’uccisore di John Lennon, Chapman, e il rapper Tupac Shakur, destinato poi a morire assassinato. Così passa la gloria del mondo. Eppure, Strauss-Kahn ha ricevuto, anche se lui non se ne rende conto, un trattamento speciale dalle autorità penitenziarie di New York: una cella individuale con doccia nel Block 12. Non è proprio la suite da migliaia di dollari a notte del Sofitel dalla quale è scappato in fretta verso l’aeroporto lasciandosi dietro anche lenzuola sporche del sangue di Ophelia, la cameriera che lo accusa di violenze brutali, come ora dice la polizia. Ma è migliore delle condizioni di vita dei 14mila suoi compagni di sventura che vivono ammassati su quest’isola sull’East River, tra il Queens e il Bronx, sotto il cono di rumore del decollo dall’aeroporto LaGuardia. Oppressa, come troppi istituti di pena, da più “ospiti” dei 10mila che dovrebbe alloggiare. “The island”, l’isola, la chiamano a New York coloro che la vedono dalle finestre dei grattacieli di Manhattan esposti a nord-est, ma non la possono raggiungere, se non a bordo degli autobus che fanno la spola dalle rive passando sul ponte chiuso al traffico privato che da quarant’anni ha sostituito la carretta traghetto. Anche se non raggiunse mai la fama sinistra di Alcatraz, di Attica con le sue rivolte represse a sangue o di Sing Sing, quest’isola semi-artificiale, continuamente allargata dallo Stato di New York per costruire altre baracche fino a 170 ettari - un milione e 700mila metri quadrati - ha assunto, per la città, per il suo sottobosco criminale, per i 10mila agenti penitenziari che ne sono prigionieri quanto coloro dovrebbero sorvegliare, uno status tragicamente leggendario. È l’isola di un futuro che nessuno vuole abitare e basta, senza il nome del proprietario terriero olandese, Riker, che la vendette al governo per farne una base militare nel ‘700. È il piccolo regno di tutto l’orrore carcerario che periodicamente affiora nella coscienza pubblica per un delitto, un’inchiesta, una denuncia e poi sprofonda, tra brutalità e ricatti, pestaggi di bande contro bande e lampi di “shiv”, lame affilatissime e improvvisate ricavate persino dalle guaine delle batterie, contrabbando ed esecuzioni sommarie, suicidi e violenze sessuali. Proprio per evitare al “Re Sole” decaduto almeno il contrappasso di quelle stesse violenze che lui è accusato di avere inflitto a Ophelia, gli è stata riservata una cella individuale e un controllo personale 24 ore su 24. Lo seguiranno, con una sorta di guardia del corpo, anche nell’ora d’aria, perché mancherebbe soltanto la coltellata alle spalle con lo “shiv” appuntito, il pestaggio, la violenza carnale per detonare quest’altra crisi fra Usa e Francia, sempre pronte a rinfacciarsi le opposte superiorità culturali e a innescare qualche altra fantasia complottista. Sull’”isola” si uccide per una stecca di sigarette, una dose di “roba”, persino un cheeseburger, se si è uno degli ergastolani condannati senza possibilità di liberazione. E tutti sanno che nelle galere, dove la gerarchia del crimine commesso è precisa, molestatori di bambini, serial killer, stupratori sono considerati la feccia immonda. Non aiuterebbe certamente l’ex “Re Sole” il sospetto di avere violentato e brutalizzato una immigrata africana, una senegalese, in un carcere dove un detenuto su cinque è un immigrato e l’80 per cento ha la stessa pelle della vittima. Fa paura ai suoi custodi che lo avranno almeno fino a venerdì, quando l’implacabile giudice donna dai capelli rossi e dal nasino a prua di incrociatore che gli ha negato la cauzione dovrà riesaminare il carcere preventivo e - nella consueta rapidità delle procedure - soprattutto lui, Dominique. Quello sguardo perduto, quell’espressione stupefatta e molto probabilmente sedata farmacologicamente, quella incredulità che poi improvvisamente si frantuma nella coscienza del luogo e delle circostanze, hanno fatto pensare Martin Horne, responsabile degli istituti di detenzione a New York e ai servizi psichiatrici del carcere, dove il 28% degli ospiti è in cura per gravi disturbi mentali, a un possibile suicidio. Rikers Island è soprattutto un carcere di transito, dove vengono immagazzinati gli arrestati e i rinviati a giudizio in attesa di processo o di cauzione. Ed è nel momento della verità, quando si rendono conto ed escono dallo shock iniziale, che arriva per loro il momento più pericoloso. La tentazione finale. L’”isola delle anime perdute” è un luogo di grida, di rumore, di freddo e di caldo, di clangore di suppellettili battute contro le sbarre, di collera continua, notte e giorno. Una bolgia nella quale è spesso impossibile distinguere chi siano i demoni e chi siano i dannati. Squadre di detenuti quasi sempre giovanissimi furono ingaggiati in segreto come kapò dalle guardie per imporre l’ordine del più violento. Lo chiamavano “the program”, il programma e i tre agenti che lo avevano organizzato, guidati da una donna conosciuta come “Ma”, la mamma, furono arrestati e condannati. Era illegale, era contro ogni diritto costituzionale e umano. Ma i colleghi di “Ma” testimoniarono al processo che la sola forma di disciplina sull’”Isola” è mantenuta dai prigionieri stessi e sono loro, le guardie, a essere sorvegliate e tallonate dai detenuti notte e giorno, per cercare di corromperle. “Basta che un secondino accetti di portare dentro di nascosto un cheeseburger di MacDonald’s perché sia finito. Sarà, da quella violazione disciplinare in poi, per sempre nel pugno dei carcerati, che lo ricatteranno con richieste sempre più gravi”. Al “Grand commis” della Repubblica Francese, a colui che aveva a portata di mano uno dei più bei palazzi del mondo, l’Eliseo, i pasti, per ripugnanti che siano, saranno serviti in cella, per evitare anche il contatto con gli altri nella mensa. Room service, proprio come al Sofitel. Il pane a cassetta, almeno quello, è cotto e sfornato nelle cucine del carcere, anche se non è una baguette fragrante. Ma non sarà una graziosa camerierina indifesa a portarglieli questa volta in camera.