Giustizia: è di nuovo allarme nelle carceri, tre morti negli ultimi due giorni Rai News, 16 maggio 2011 Negli ultimi due giorni ci sono stati due suicidi e una morte per cause “da accertare”. E da inizio 2011 si sono tolti la vita 24 detenuti e tre poliziotti. Dal 2000 ad oggi nelle carceri italiane ci sono stati 650 suicidi e, in totale 1.800 morti. Il 2010 l’anno più nero. Ieri sera nell’istituto penitenziario di Viterbo si è consumata l’ennesima tragedia: un poliziotto di 42 anni si è suicidato con un colpo di arma da fuoco mentre prestava servizio. Un dramma che purtroppo non è più un’eccezione. Tre morti negli ultimi due giorni Solo negli ultimi due giorni ci sono stati due suicidi e una morte per cause “da accertare”. E da inizio 2011 si sono tolti la vita 24 detenuti e tre poliziotti. Gli ultimi dati sulle morti negli istituti penitenziari arrivano dall’Osservatorio permanente sulle morti in carcere, che ricorda anche come “40 detenuti sono morti per cause naturali, ma per 17 di loro sono state aperte inchieste volte all’accertamento dei fatti. Nel complesso le vittime del sistema penitenziario sono state 67”. Uil-Pa: il Governo ricerchi soluzioni idonee Dopo questi ultimi tragici eventi Eugenio Sarno, segretario generale Uil Pa penitenziari, rivolge al capo dello Stato “un accorato appello perché sensibilizzi il Governo ed il Parlamento a ricercare quelle soluzioni idonee atte a frenare la deriva di morte e violenza che connota, nella sua inefficienza, il sistema penitenziario italiano”. “Crediamo - prosegue Sarno - siano numeri molto più che eloquenti, rispetto ai quali il Governo, il Ministro della Giustizia e i vertici del Dap avrebbero l’obbligo civile e morale di intervenire”. Proteste a Verona e Roma Ancora, nelle ultime ore a Verona e al Regina Coeli di Roma i detenuti hanno protestato contro il sovrappopolamento e le condizioni di reclusione. “Proteste - aggiunge Sarno - che hanno rischiato di degenerare in violenze e che sono state ben gestite dalle poche unità di polizia penitenziaria in servizio. A Verona sono stati appiccati tanti mini roghi, a Roma i detenuti hanno minacciato di non rientrare dall’ora d’aria. Tutto questo infiamma il clima nelle frontiere penitenziarie. Gli operatori in servizio nelle prime linee sono stanchi, demotivati, arrabbiati e sfiduciati”. Cgil: non deve diventare ordinaria amministrazione “Da troppo tempo denunciamo lo stato di abbandono in cui versano le carceri, le carenze di organico e strutturali, il sovraffollamento e la penuria di risorse”, afferma in un comunicato Francesco Quinti, responsabile del comparto sicurezza della Fp Cgil. “Un atto così forte come il suicidio, che dovrebbe risvegliare le nostre coscienze, inizia drammaticamente a essere archiviato come ordinaria amministrazione. Noi non vogliamo e non possiamo permettercelo”, conclude Quinti. 1.800 morti dal 2000 ad oggi Dal 2000 ad oggi nelle carceri italiane ci sono stati 650 suicidi e in totale 1800 morti. Nello stesso periodo di tempo si sono uccisi anche 87 poliziotti penitenziari, un direttore di istituto e un dirigente regionale. Il 2010 è stato l’anno più “nero” per le carceri italiane, con il “record” storico di 191 decessi e oltre mille tentativi di suicidio. E il 2011 si profila in linea con l’anno precedente: i tentati suicidi tra i detenuti sono stati 337, migliaia gli atti di autolesionismo, quasi duemila gli scioperi della fame e della sete individuali, quasi centottanta aggressioni nei confronti di agenti. Giustizia: Sarno (Uil); appello al Capo dello Stato, fermare deriva di morte nelle carceri Ansa, 16 aprile 2011 Di seguito una nota di Sarno (Uil): “Dopo aver ascoltato, condiviso ed apprezzato il senso del messaggio inviato dal Presidente Napolitano alla Polizia Penitenziaria in occasione del 194° del Corpo, non possiamo non rivolgere al Capo dello Stato un accorato appello perché sensibilizzi il Governo ed il Parlamento a ricercare quelle soluzioni idonee atte a frenare la deriva di morte e violenza che connota, nella sua inefficienza, il sistema penitenziario italiano” Questo l’appello che il Segretario Generale della Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno, inoltra al Presidente della Repubblica dopo i suicidi di ieri a Torino e Viterbo. A Viterbo, sempre ieri, a suicidarsi è stato un Assistente Capo della polizia penitenziaria che si è tolto la vita con un colpo di pistola di ordinanza. È - ricorda Sarno - il terzo poliziotto penitenziario suicida quest’anno, il 19° nell’ultimo quinquennio. Crediamo siano numeri molto più che eloquenti, rispetto ai quali il Governo, il Ministro della Giustizia e i vertici del Dap avrebbero l’obbligo civile e morale di intervenire. Purtroppo al di là degli impegni non mantenuti e delle inutili dichiarazioni di stati d’emergenza nulla cambia e nulla si fa per cambiare . Per questo facciamo appello alla sensibilità del Presidente Napolitano perché solleciti maggiora attenzione sul dramma penitenziario”. Più volte la Uil Pa Penitenziari ha puntato il dito sulle condizioni di lavoro e detenzione, che alimentano questa spirale di morte e violenze. Giustizia: Moretti (Ugl); è urgente fare centri di ascolto per agenti e detenuti Dire, 16 maggio 2011 “Nell’incontro in calendario per oggi pomeriggio, faremo presente al capo del Dap, Franco Ionta, la necessità di istituire centri di ascolto psicologici a sostegno del personale penitenziario e di tutta la realtà carceraria”. Lo dichiara il segretario nazionale Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, commentando il suicidio di un detenuto a Torino e la morte di un agente di polizia penitenziaria che si è tolto la vita presso la casa circondariale di Mammagialla, a Viterbo. Per il sindacalista “il gesto del nostro collega, così come quello del detenuto, sono i segni tangibili di una ferita, quella dell’emergenza, sempre più sanguinante e condivisa tra agenti e reclusi. Una grave carenza che in assenza di adeguati sostegni potrebbe indurre i soggetti più fragili a fare altre scelte estreme. Con il passaggio alla sanità penitenziaria - conclude - si è completamente sfaldato il servizio prestato dagli esperti psicologi ai detenuti. È urgente porre al più presto un rimedio a questa carenza, così come è necessario adottare misure adeguate anche per quanto riguarda il vissuto degli agenti. Gli addetti all’amministrazione penitenziaria sono ridotti all’osso, pur essendo la popolazione dei detenuti aumentata di oltre il 40 per cento rispetto alla capacità ricettiva delle strutture carcerarie”. Giustizia: Radicali per tutta la notte davanti a Regina Coeli; “amnistia! amnistia!” Agenzia Radicale, 16 maggio 2011 In tutta Italia centinaia tra detenuti e familiari in sciopero della fame insieme a Marco Pannella. È andata avanti per tutta la notte scorsa, sotto la pioggia battente, la veglia Radicale di fronte al carcere di Regina Coeli a Roma dove ieri numerosi detenuti hanno intrapreso un digiuno a oltranza a sostegno dell’iniziativa nonviolenta di Marco Pannella, giunto oggi al 27esimo giorno di sciopero della fame perché l’Italia “torni a poter essere considerata, in qualche misura, una democrazia”, e affinché venga finalmente varato un provvedimento di amnistia - che nel nostro Paese manca da 21 anni - indispensabile per il funzionamento del sistema giudiziario e per il ripristino della legalità nelle carceri italiane. In queste ore l’iniziativa si sta diffondendo anche in altri di istituti, tra cui quello di Velletri, dove i reclusi di tutte le sezioni hanno iniziato a digiunare, mentre in tutta Italia continua a crescere la mobilitazione tra i familiari dei detenuti, che a centinaia hanno aderito allo sciopero della fame. “Con la lotta nonviolenta nostra, di Marco Pannella e di tutti coloro che la appoggiano vogliamo non solo mandare un messaggio di speranza, ma essere noi stessi speranza per tutti i detenuti d’Italia, così come per gli psicologi, gli educatori, gli agenti di polizia penitenziaria, gli infermieri, i medici, i direttori e il personale amministrativo, perché sappiamo che l’intera comunità penitenziaria vive una situazione di grande sofferenza a causa del grave sovraffollamento”, ha dichiarato durante la veglia notturna la deputata radicale Rita Bernardini che ieri, insieme al Segretario di Radicali Italiani Mario Staderini e al consigliere Regionale Rocco Berardo, ha fatto visita al carcere di Regina Coeli, denunciandone ancora una volta lo stato di degrado. Al presidio hanno preso parte, tra gli altri, Irene Testa segretaria dell’associazione radicale Il Detenuto Ignoto e animatrice del “Gruppo carceri” di Radicali Italiani che ha promosso l’iniziativa, e altri dirigenti e militanti radicali, che in venti hanno trascorso l’intera notte sotto un gazebo di appena 7,5 metri quadri: una situazione di disagio simile a quella che i detenuti italiani sono costretti a vivere quotidianamente, per oltre 20 ore al giorno e per anni, ma circondati da sbarre e da muri per lo più sporchi e umidi. Giustizia: se la Consulta frena sul carcere preventivo di Piero Alberto Capotosti Il Messaggero, 16 maggio 2011 Non sembrano certamente fondate, ma si possono anche comprendere reazioni e critiche che forze politiche ed anche cittadini hanno espresso riguardo ad una recentissima decisione della Corte costituzionale, secondo cui gli indagati o imputati, con gravi indizi di colpevolezza, di omicidio volontario non possono più essere, in attesa di giudizio, sottoposti in modo obbligatorio ed automatico alla misura cautelare della custodia in carcere, ma caso per caso. Questa pronuncia, che incide su una misura del ed. “pacchetto sicurezza”, potrebbe essere facilmente interpretata, in un momento in cui la convivenza e la coscienza sociale appaiono scosse e turbate da delitti particolarmente gravi ed efferati, come una sorta di cedimento ad astratte e velleitarie ragioni garantistiche, da parte del nostro Giudice delle leggi, indebolendo ancora di più le indubbie, attuali, imprescindibili esigenze di sicurezza sociale. È vero che in tutto il mondo, ad iniziare dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, le Corti costituzionali vengono comunemente definite come le “Corti delle libertà”, proprio a sottolineare la loro essenziale funzione di garanzia dei fondamentali valori di dignità della persona umana e del principio del “minore sacrificio possibile” della libertà personale, ma questo loro ruolo non pregiudica mai l’altrettanto diritto fondamentale alla sicurezza sociale. Può apparire complesso trovare un punto di equilibrio soddisfacente tra libertà individuali e valori sociali ma nella patria di Cesare Beccarla, conoscendo compiutamente il quadro legislativo vigente in materia, molti cittadini finiranno con il convincersi della fondatezza della decisione della Corte costituzionale. Il nostro codice di procedura penale stabilisce, in via generale, che per i delitti più gravi, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari - pericolo di fuga, inquinamento delle prove o rischi di ripetizione del reato - la custodia cautelare in carcere può essere imposta solo quando risultino inadeguate altre misure cautelari meno gravose, come, ad esempio, gli arresti domiciliari. Nel 1991 e nel 1995, però, il legislatore derogò a tale regime, stabilendo per tutti gli indiziati di reati di associazione mafiosa la obbligatorietà della misura cautelare della custodia in carcere. E tale scelta legislativa fu giustificata sia dalla Corte costituzionale, sia dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo, in quanto consentiva di recidere “i legami esistenti tra le persone ed il loro ambito criminale”. Questa stessa giustificazione, però, non era evidentemente più valida quando l’applicazione obbligatoria ed automatica della custodia cautelare carceraria fu ulteriormente estesa agli indagati, oltre che di terrorismo, di violenza sessuale e di sfruttamento sessuale dei minori. Infatti la Corte costituzionale nel 2010 stabilì che per questi ultimi reati, non di tipo associativo, il giudice ben poteva applicare anche misure cautelari meno gravose, valutando caso per caso, contesti, motivi e modalità del reato addebitato. Ed anche in questa recentissima decisione, la Corte costituzionale ha adottato lo stesso tipo di ragionamento di fronte all’applicazione obbligatoria per legge della custodia carceraria per l’indagato, in attesa di giudizio per omicidio volontario. Il legislatore non può, per placare le reazioni della pubblica opinione di fronte a delitti particolarmente efferati, sostanzialmente equiparare la custodia cautelare in carcere ad un’autentica pena che consegue ad un giusto processo, introducendo invece forme di detenzione preventiva assolute ed incondizionate a carico degli indiziati. Deve invece prefigurare ragionevoli meccanismi “individualizzanti” di trattamento cautelare, così da consentire al giudice l’applicazione più adeguata, caso per caso, delle misure da adottare, in conformità al principio costituzionale del “minore sacrificio necessario”, ed alle esigenze cautelari, che si vogliono raggiungere. Appare così ragionevole la scelta legislativa della custodia cautelare in carcere, senza alternative, per gli indagati e gli imputati per reati di associazione mafiosa o terroristica, proprio perché oggettivamente interrompe i contatti con le rispettive associazioni criminose, ma non in riferimento ad altri delitti, parimenti gravi e riprovevoli, ma che tuttavia consentono al giudice l’individuazione delle misure cautelari più adeguate al caso concreto. In altri termini, l’allarme sociale e la crescente riprovazione di certi delitti non possono essere eliminati o ridotti con leggi penali che precludano la doverosa interpretazione applicativa del giudice, stabilendo che certe situazioni - come la clandestinità - costituiscono, di per sé stesse, reato, o anche prevedendo l’irrogazione automatica ed indiscriminata della detenzione preventiva per gli indiziati, in attesa di giudizio. La logica dello “sbatti il mostro in prima pagina”, oltre a non essere compatibile con le garanzie fissate dalla Costituzione e dalle Carte europee, non appare neppure di per sé idonea per le finalità che si vorrebbero conseguire. Agendo in questo modo, per così dire episodico, si rischia di fare solo vuota propaganda. Le esigenze di assicurare un’ordinata convivenza ed un’effettiva sicurezza sociale sono assolutamente e talora drammaticamente prioritarie, ma proprio per questo debbono essere affrontate secondo ampi ed adeguati criteri sistematici e strutturali, che coinvolgano il fecondo concorso di tutti coloro che hanno responsabilità in questo campo. Viterbo: Sappe; suicida ispettore di Polizia penitenziaria, servono centri ascolto promessi Dire, 16 maggio 2011 Quello di Giuseppe Ledda, 42 anni, ispettore di polizia in servizio a Viterbo è il terzo suicidio che si registra tra i Baschi azzurri in poco più di un mese. Dal 2000 a oggi si sono tolti la vita 87 poliziotti penitenziari, un direttore di istituto (Armida Miserere, nel 2003 a Sulmona) e un dirigente regionale (Paolino Quattrone, nel 2010 a Cosenza). “Tre suicidi in queste ultime poche settimane sono sconvolgenti - commenta Donato Capece, segretario del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria)- Da tempo sosteniamo che bisogna comprendere e accertare quanto hanno eventualmente inciso le difficili condizioni lavorative nel tragico gesto estremo posto in essere”. Il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria dopo la tragica escalation di suicidi degli scorsi anni (nell’ordine di 10 casi in pochi mesi), aveva assicurato i sindacati sul fatto che avrebbe prestato particolare attenzione a questo problema, anche perché le cause che possono portare un agente di polizia a compiere questo gesto “sono in taluni casi le manifestazioni più drammatiche e dolorose di un disagio derivante da un lavoro difficile e carico di tensioni”, spiega Capece. Un impegno che però non è stato rispettato: “A tutt’oggi non abbiamo ancora avuto assicurazioni su quanti sono e dove sono stati attivati i centri di ascolto che erano stati promessi - spiega il segretario del Sappe. L’istituzione di appositi centri in grado di fornire un buon supporto psicologico agli operatori di Polizia può essere un’occasione per aumentare l’autostima e fornire un sostegno”. Giuseppe Ledda, per tutti Peppe, 43 anni, ispettore in servizio a Viterbo e segretario del direttivo provinciale del Sappe, ieri pomeriggio, durante il turno di servizio, è salito in caserma, si è seduto sul letto ed si è tolto la vita con un colpo di pistola. “Siamo impietriti per questa nuova immane tragedia immane - si legge nel comunicato diffuso dal Sappe. Ci stringiamo con tutto l’affetto e la solidarietà possibili al dolore indescrivibile dei familiari, della moglie e del figlio quattordicenne, degli amici, dei colleghi”. Cgil: un altro dramma, colpa stato abbandono delle carceri “Ieri sera nell’Istituto penitenziario di Viterbo si è consumata l’ennesima tragedia: un collega di 42 anni si è suicidato con un colpo di arma da fuoco. Un dramma che, purtroppo, tra i poliziotti penitenziari non è più un’eccezione. Negli ultimi 10 anni abbiamo registrato oltre 75 suicidi, di cui 3 nei primi mesi 2011”. È quanto dichiara, in una nota, Francesco Quinti, responsabile nazionale comparto sicurezza Fp-Cgil. “In queste occasioni è sempre più difficile trovare le parole per essere vicini alle famiglie e ai colleghi - prosegue - senza abbandonarsi a dichiarazioni piene di rabbia e frustrazione. Perché sono questi i sentimenti che rappresentano lo stato d’animo di chi oggi, superata la soglia dei 68.000 detenuti, lavora in carcere in condizioni disumane, costretto a una pressione psicologica inedita anche per un Corpo che, come il nostro, è abituato a operare in condizioni di grande difficoltà. Da troppo tempo denunciamo lo stato di abbandono in cui versano le carceri, le carenze di organico e strutturali, il sovraffollamento e la penuria di risorse”. “Oggi - aggiunge Quinti - vogliamo solo ricordare come da anni chiediamo, inascoltati, che ai poliziotti penitenziari che prestano servizio negli istituti di pena venga fornita un’adeguata assistenza psicologica di supporto, dato il numero allarmante di suicidi registrato tra gli agenti. Purtroppo, ci ritroviamo puntualmente a dover rinnovare questa richiesta nel silenzio generale- conclude il sindacalista- mentre un atto così forte come il suicidio, che dovrebbe risvegliare le nostre coscienze, inizia drammaticamente a essere archiviato come ordinaria amministrazione. Noi non vogliamo e non possiamo permettercelo”. Firenze: Sappe; aggrediti due poliziotti penitenziari nell’istituto penale minorile Adnkronos, 16 maggio 2011 “Due agenti di polizia penitenziaria sono stati aggrediti ieri, nell’Istituto Penale per minori Meucci di Firenze, da diversi detenuti magrebini e sono finiti al pronto soccorso. Ad entrambi sono stati riscontrati diversi traumi con prognosi di 12 giorni”. È quanto afferma Pasquale Salemme, segretario nazionale del Sappe (sindacato autonomo di polizia penitenziaria), che rivendica “l’assenza di sicurezza negli Istituti penitenziari della Toscana. Ancora una volta - spiega Salemme - denunciamo la grave difficoltà penitenziaria della Regione, con la presenza di circa 4.500 detenuti”. “Quella di ieri - sottolinea Salemme - è stata un’aggressione violenta e ingiustificata, avvenuta di sorpresa e senza alcun motivo, e purtroppo è l’ennesima che si verifica in Toscana. In questo periodo, a fronte di un organico di Polizia Penitenziaria previsto in 3.021 unità, abbiamo in servizio, nei 21 penitenziari della Regione (compresi i Minorili), circa 2.200 tra uomini e donne; e da questo numero vanno detratti i poliziotti impiegati presso i Nuclei Traduzioni e Piantonamenti per assicurare i precipui compiti istituzionali, numero questo per altro anch’esso insoddisfacente rispetto alle reali necessità”. Bolzano: terzo giorno di protesta dei detenuti contro il sovraffollamento Ansa, 16 maggio 2011 Terzo giorno di protesta dei detenuti del carcere di Bolzano contro il sovraffollamento. Come già avvenuto durante il fine settimana, i detenuti hanno manifestato il loro malcontento, sbattendo per circa un’ora delle scodelle contro le sbarre. È da anni che la struttura di via Dante versa in condizioni al limite della vivibilità, per la vetustà del palazzo e per l’assoluta inadeguatezza degli spazi. Ai detenuti arriva anche la solidarietà del consigliere provinciale dei Verdi Riccardo Dello Sbarba: “Una giusta protesta contro le loro indegne condizioni di vita: 140 detenuti rinchiusi nella prigione di via Dante, che al massimo ne potrebbe contenere 90. L’avvicinarsi della stagione più calda rende la situazione invivibile. La privazione della libertà non può trasformarsi in privazione dei diritti civili, della dignità personale e di un minimo di intimità”. Bari: nuovo carcere, nel prossimo Consiglio Comunale il dibattito sulla localizzazione Bari Sera, 16 maggio 2011 È stato fissato come primo punto all’Ordine del Giorno del prossimo Consiglio Comunale, il dibattito sulla localizzazione del nuovo istituto penitenziario di Bari. In realtà nella seduta di mercoledì il Consiglio comunale dovrà esprimere il proprio parere sulla questione che dovrà poi essere portato all’attenzione del Commissario delegato per l’emergenza, Lisa Bozzetti. Il progetto di un nuovo istituto penitenziario nella città di Bari, infatti, rientra nel Piano Carceri messo a punto dal Governo nazionale per contrastare il fenomeno sempre più frequente del sovrappopolamento delle carceri. Per Bari sono stati stanziati 40,5 milioni di Euro per realizzare una struttura moderna e da 450 posti, che andrà ad aggiungersi all’attuale casa circondariale di C.so A. De Gasperi. Sulla carta i lavori dovrebbero concludersi nel dicembre 2012, e secondo le previsioni la struttura dovrebbe sorgere nella zona dell’Asse Nord-Sud, lato ovest, tra Carbonara, Santa Rita e Loseto. Una zona sempre più spesso dimenticata dall’Amministrazione comunale quando si tratta di migliorie e di sviluppo economico da apportare, ma che invece non passa inosservata quando c’è da costruire un nuovo carcere. In realtà, però, al Ministero erano state fatte presenti quattro aree possibili in cui poter costruire la nuova casa di detenzione: area militare di via Napoli, suoli su via Caldarola, suoli dell’ex raffineria Stanic e area tra Carbonara e Loseto, quest’ultima già identificata, tra l’altro, per la realizzazione della tanto agognata e discussa Cittadella della Giustizia. “La cosa che sorprende - spiega Peppino Loiacono, capogruppo della Lista Simeone al Comune di Bari - è che si fa di tutto per bloccare la crescita economica in quella zona di Bari, anche bloccando le autorizzazioni ad edificarvi. Quale contributo economico potrà portare la costruzione di un nuovo carcere? Non si può trattare la zona di Carbonara come la discarica degli interventi urbanistici!”. Inoltre, lo stesso Loiacono sottolinea come la IV Commissione consiliare del Comune di Bari, quella cioè a cui sono stati affidati compiti in tema di urbanistica e pianificazione territoriale, si sia già espressa a riguardo in maniera sfavorevole, votando all’unanimità (ad esclusione del suo Presidente) contro un provvedimento del genere. E contrari si pronunceranno gli stessi consiglieri della Lista Simeone nel Consiglio di mercoledì, perché, tra l’altro, non approvano affatto il modo in cui la questiona sia stata trattata dall’Amministrazione comunale, la quale pare intenda prendere una decisione del genere senza sentire il parere della Circoscrizione coinvolta, senza coinvolgere la popolazione interessata, e senza avviare un dibattito condiviso tra tutte le parti coinvolte. Probabilmente tutto ciò richiede però troppo tempo e al Sindaco Emiliano e ai suoi Assessori non serve giungere ad una decisione comune, servono solo i 40,5 milioni di euro di fondi ministeriali, che si rischia di perdere se nella seduta del Consiglio di mercoledì non si giunge ad una conclusione. Firenze: l’Associazione “Recuperiamoci!” festeggia 1 anno di vita a Terra Futura Redattore Sociale, 16 maggio 2011 L’associazione, nata per costruire una rete solidale delle realtà produttive carcerarie, parteciperà alla kermesse ambientalista con tavole rotonde, incontri e momenti enogastronomici. L’associazione “Recuperiamoci!”, nata per costruire una rete solidale delle realtà produttive carcerarie italiane, compie un anno di vita e celebra il suo compleanno nell’ambito di Terra futura, la kermesse ambientalista in programma dal 20 al 22 maggio alla fortezza da Basso, con la tavola rotonda dal titolo “Lavoro in carcere: una risorsa per tutti”, in programma sabato 21 maggio dalle 10,30 alle 13. Interverranno Paolo Massenzi, presidente “Recuperiamoci!”, Carmine Torchia, progettista, Daniele Steccanella, coop. IT2 Bologna, Claudio Bonfanti, presidente associazione Amici di Aretè di Bergamo, Emore Rubini, responsabile attività formative Bologna esecuzione penale Cefal, Luciano Giusti, educatore al dipartimento di salute mentale Asl 4 di Prato. Coordina Pietro Raitano, direttore Altreconomia e curatore del libro “Il mestiere della Libertà”. Tra gli altri incontri organizzati dall’associazione, sabato 21 alle 17, sarà presentato “Lettere al carcere” il libro di Luciano Ghersi della facoltà di Tessere di Porchiano (Tr) che ha realizzato un corso di tessitura in carcere a Terni nel 2010. Per tutta la durata della mostra sarà esposto anche il tappeto volante “Papillon Italiano”, tessuto a mano nel Carcere di Terni. Inoltre, nei tre giorni di Terra futura l’associazione organizza una serie di laboratori temporanei di buone prassi. Infine, durante gli orari del pranzo, per tutti i tre giorni della kermesse, saranno prepararti i cosiddetti “Pranzi galeotti - bontà non più recluse”, pasti a prezzi popolari con materie prime biologiche prodotte e cucinate da realtà che occupano detenuti e ex detenuti a cura dell’associazione Nuove idee e della cooperativa “Via del Campo”, entrambe di Prato. “Veri avanzi di galera”, in mostra i prodotti realizzati dai detenuti Saranno presentati a Terra Futura i “Veri avanzi di galera”, i prodotti ideati dai progettisti dell’associazione ‘Recuperiamoci!’ e realizzati dai detenuti italiani. I prodotti sono stati realizzati a partire da oggetti inutilizzati degli istituti penitenziari. Ne sono nate borse da coperte strappate, lampadari dai fari dei muri di cinta, comodini, librerie, plafoniere e opere d’arte dalle lavatrici e dai computer smaltiti. Per vendere alcuni di questi prodotti, durante la mostra-convegno ambientalista in programma a Firenze dal 20 al 22 maggio, sarà allestito un grande spazio espositivo di oltre 100 metri quadrati dove saranno presenti gli stand di molte cooperative che lavorano in carcere. Le cooperative presenti sono: Dolci libertà (Busto Arsizio), Vale la pena (Alba), Made in Jail (Roma), Lazzerelle (Pozzuoli), Pantagruel (Firenze), Via del Campo (Prato), Oikos (Vigevano), Altra città (Padova), Nuove idee (Prato), Partinverse (Mantova), Campo dei miracoli (Trani), Facoltà di Tessere (Porchiano). Per promuovere le varie realtà produttive carcerarie, il direttore dell’associazione “Recuperiamoci!”, Paolo Massenzi, ha girato l’Italia in lungo e largo per un anno con la “Jail Mobile”, un camper personalizzato che da Prato ha fatto tappa nelle carceri italiane per censire e promuovere le tante attività. “È stato un lungo viaggio - ha detto Massenzi - che ci ha aiutato a comprendere che il lavoro in carcere è fondamentale per il recupero delle persone che hanno sbagliato, favorisce la sicurezza sociale e la creazione di eccellenze produttive a basso costo. La prima ambizione del nostro progetto è potenziare le produzioni che esistono già, usando quello che abbiamo, a partire da quello che buttiamo, in barba a tutti quelli che dicono che non si può fare niente per mancanza di fondi”. Ascoli: iniziativa dell’Associazione Fare, i detenuti ripuliscono l’area del santuario Corriere Adriatico, 16 maggio 2011 Il rettore del santuario dell’Ambro il frate cappuccino fra Gianfranco Priori, Giovanni Cardos e la direttrice del carcere Di Feliceantonio hanno organizzato una giornata per i “fratelli del carcere di Marino” all’insegna dell’ecologia e della gioia. Chi è passato ieri presso il fiume Ambro infatti ha visto all’opera un insolito gruppo di forestali e operatori ecologici, intenti a ripulire il terreno, a tagliare arbusti, raccogliere la carta, tosare l’erba, mettere pietre sull’argine del fiume sotto la guida di alcune persone in divisa e di qualche fraticello. La bella e soleggiata giornata ha favorito il gusto dello stare insieme e lavorare sia per dare un contributo alla società sia per un recupero ambientale. Tanta gente con generosità ha offerto doni che poi si sono concretizzati nel pranzo preparato dalla Pro loco. “È importante affermare che questa proposta - ha auspicato l’avvocato Francesco Ciabattoni a nome dell’associazione Fare - soprattutto ora che le carceri sono sovraffollate. I momenti sociali dei detenuti sono problematici e critici e quelli aggregativi sono all’insegna della conflittualità, con gravi complicazioni di tipo psicologico. C’è la necessità di un recupero di energie e di risorse per i lavori socialmente utili negli ambiti sociali di ausilio a coloro che già vi operano. Vogliamo che questo progetto si attui in campo nazionale e che tale iniziativa all’Ambro, superata positivamente la fase di sperimentazione, coinvolga il prossimo anno tutte le autorità politiche e amministrative, ministro della Giustizia compreso”. Padova: ergastolano evade da permesso premio, nel 1985 uccise professoressa Ansa, 16 maggio 2011 Un uomo che sta scontando la pena all’ergastolo per un omicidio compiuto nel 1985 è in fuga da martedì scorso, quando è uscito in licenza premio per buona condotta dal carcere Due Palazzi di Padova. Si tratta di Fulvio Penco, 55 anni, originario di Trieste, condannato all’ergastolo nel giugno del 1986 per l’omicidio di Albertina Brogliati, un’insegnate 60enne di storia dell’arte uccisa a Belluno il 17 aprile 1985. La donna venne trovata morta nella sua abitazione. I sospetti ricaddero presto su Penco, all’epoca 30enne, che aveva conosciuto la professoressa mentre quest’ultima svolgeva servizio di docente volontaria in carcere. Ad arrestarlo un mese dopo l’omicidio furono gli uomini della Polfer di Livorno che lo sorpresero sul treno regionale Grosseto - Firenze. Al momento dell’arresto Penco era armato di una pistola calibro 7.65 con il colpo in canna. L’uomo si era distinto in gioventù per simpatie negli ambienti dell’estrema destra triestina. Proprio nella città giuliana si sarebbero ora focalizzate le ricerche di polizia e carabinieri che hanno diramato una nota di rintraccio dell’ergastolano in tutta Italia. Il detenuto avrebbe dovuto fare rientro in carcere la sera di sabato scorso, entro le 19. La polizia penitenziaria, non avendolo visto, ha informato immediatamente polizia e carabinieri dell’evasione. Enna: detenuto colpito dalla caduta di calcinacci, sfiorata ennesima tragedia La Sicilia, 16 maggio 2011 Ieri intorno alle 15 presso l’istituto penitenziario si è sfiorata l’ennesima tragedia che sta portando sempre più la situazione penitenziaria sotto le luci dei riflettori. Mimmo Nicotra, Vice Segretario Generale Osapp il sindacato della Polizia Penitenziaria fa sapere che un detenuto è stato colpito dai calcinacci caduti dai locali passeggi, a causa della struttura fatiscente. “Solo grazie alla buona sorte per il detenuto si è scongiurato il peggio ricorrendo alle cure dell’infermeria dell’istituto. Solo ieri - continua Nicotra - il Ministro della Giustizia ha raccontato l’ennesima favola sullo stato delle carceri italiane, mentre oggi nelle carceri si continua a fare i conti con la carenze di organico e risorse”. “Fondi che addirittura - conclude Nicotra, non bastano neanche per garantire la manutenzione ordinaria degli istituti. Figuriamoci quella straordinaria”. Brasile: Cesare Battisti resta in carcere fino udienza plenaria Supremo Tribunale Federale Ansa, 16 maggio 2011 Cesare Battisti resterà probabilmente in prigione in Brasile, almeno fino a quando la plenaria del Supremo Tribunale Federale (Stf) si riunirà per esaminare assieme la richiesta di scarcerazione e il no all’estradizione in Italia decisa lo scorso 31 dicembre dall’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva. “Siamo tranquilli che questa settimana Battisti rimarrà in carcere - ha dichiarato oggi all’Ansa un portavoce della difesa dell’Italia. Ma è ormai imminente il giudizio della plenaria, che potrebbe arrivare già il 25 maggio”. “Il giudice relatore del caso Gilmar Mendes sta analizzando in queste ore l’istanza di scarcerazione avanzata venerdì dalla difesa di Battisti, ma è probabile si esprima dicendo che la richiesta può aspettare la riunione plenaria che esaminerà anche il resto del caso”, ha riferito all’Ansa un portavoce del Stf a Brasilia. Questo fine settimana si è assistito ad un batti e ribatti nella Corte Suprema su a chi dovesse essere attribuito il compito di giudicare l’istanza di scarcerazione in assenza di Mendes, in viaggio negli Stati Uniti. Per errore il caso era stato attribuito al giudice Marco Aurelio Mello, propenso a concedere la liberazione. Ma poi in extremis è stato investito della decisione il giudice Joaquim Barbosa, che ha preferito aspettare il rientro, ieri, di Mendes a Brasilia. “L’Italia non ha avuto accesso alla richiesta di scarcerazione, cosa mai accaduta prima d’ora - ha specificato un portavoce dell’avvocato Nabor Bulhoes, che difende gli interessi del governo italiano. Ad una nostra richiesta presso il Stf ci hanno risposto che il giudice Mello aveva portato a casa l’istanza per studiarla e che aveva già pronta la decisione. A questo punto l’avvocato Bulhoes si è messo in contatto telefonico con Mendes a Washington per correggere l’equivoco dell’attribuzione errata”. “La richiesta urgente di scarcerazione è tornata al relatore del caso Battisti - ha detto all’Ansa Renata Saraiva, dello studio di difesa di Battisti -. Mendes la analizzerà nelle prossime ore e probabilmente la porterà in giudizio solo alla plenaria. A questo punto ci auguriamo che sia la settimana prossima”. Adesso Mendes ha a disposizione tutti i tasselli del rebus dell’ex terrorista da quando, la scorsa settimana, il procuratore generale della Repubblica, Roberto Gurgel, ha consegnato al Stf il suo parere con cui criticava il governo italiano per essere intervenuto sulla sovranità della decisione di Lula. Il “presidente operaio” ha deciso il 31 dicembre, ultimo giorno del suo mandato, di negare l’estradizione in Italia dell’ex membro dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo). Battisti è detenuto in Brasile da quattro anni e due mesi. “Noi pensiamo che il giudizio in assemblea plenaria su Battisti potrà arrivare ancora in questo mese o al principio di giugno - ha riferito ancora il portavoce dei legali del governo italiano. Dal momento che si tratta di un giudizio importante, i ministri devono essere preparati per tempo attraverso un avviso formale. In genere non si mette in agenda una cosa del genere con meno di 15 giorni di preavviso. Ma proprio perché è un’istanza urgente, è probabile che si affronti il caso il 25 maggio, considerando che le sessioni plenarie si tengono ogni mercoledì e giovedì”.