Giustizia: in 3 anni detenuti raddoppiati e fondi diominuiti; 350 ricorsi alla Corte Europea Ansa, 23 giugno 2011 Milano San Vittore, sesto raggio: in celle di 7 metri quadri si sta in 6, spesso per 20 ore al giorno, sdraiati sui letti a castello a tre piani; a Poggioreale (Napoli) in una cella si arriva a stare in 12 - 14, con i letti a castello impilati per tre, il bagno e lo spazio in cui cucinare sono attaccati; anche nel piccolo carcere di Padova (96 posti per 196 detenuti) nelle celle singole sono presenti 3 detenuti, in quelle da 4 se ne trovano 6, in quelle da 6 si sta in 9. Sono alcune situazioni censite dall’associazione Antigone nelle visite periodiche nei penitenziari a ridosso dell’estate. Condizioni che la Corte Europea dei Diritti Umani (Cedu) ha già definito “tortura”: gli standard europei prevedrebbero per ogni detenuto almeno 7 metri quadri in cella singola e 4 in cella multipla. Dopo la sentenza della Cedu che nel 2009 condannò l’Italia a risarcire un bosniaco detenuto nel nostro Paese, l’associazione Antigone ha avviato una campagna per sostenere quei detenuti che intendono denunciare le condizioni inumane di detenzione causate dal sovraffollamento: le richieste sono state 1.580; i ricorsi presentati dal difensore civico dell’associazione 150, altri 200 li hanno presentati i detenuti. Ma la situazione si presta potenzialmente a un numero molti più elevato di ricorsi: i detenuti al 31 maggio sono 67.174; e la corsa non si arresta se si considera che nell’ottobre scorso il Dap ne contava 68.536 e nel frattempo 2.402 sono usciti e scontano l’ultimo anno ai domiciliare, beneficiando dello svuota - carceri. Tra la popolazione carceraria, 37.257 scontano una condanna definitiva (l’8,7% è in carcere per condanne fino ad un anno, il 32% fino a tre anni); quindi in 30 sono in cella in attesa che si concluda l’iter e 14.251 sono in attesa del primo grado di giudizio. Gli stranieri sono 24.404, il 20% viene dal Marocco, il 14% dalla Romania, il 12% dalla Tunisia. Le donne sono 2.878, quasi la metà, 1.249, sono straniere, rumene (22%) e nigeriane (16%). In 3 anni detenuti raddoppiati, ma - 10% fondi. In tre anni (2007 - 2010) la popolazione carceraria è aumentata del 50% (da 44.600 a 67.000 mila) mentre lo stanziamento per le carceri ha è calato da 3,09 a 2,77 miliardi, meno 10%, calcola l’associazione Antigone che denuncia: “mancano i soldi” ed è a rischio il sostentamento dei detenuti. In questo contesto, il 29 giugno 2010 è stato approvato il piano carceri presentato dal Commissario straordinario Franco Ionta, che prevede la realizzazione di 9.150 posti e una spesa di 661.000.000. Il tutto da realizzarsi entro la fine del 2012. Ma, spiega Antigone, nella legge finanziaria 2010 sono stati previsti stanziamenti per la realizzazione del piano carceri per 500.000.000 di euro, mentre la parte restante verrà “scippata” alla Cassa delle Ammende (un fondo destinato al reinserimento dei detenuti): “Resta la questione dei costi relativi alla gestione di queste strutture. Come si farà a tenerle aperte se già oggi manca tutto e ci sono istituti in tutto o in parte chiusi per mancanza di personale?”. Antigone avanza critiche anche sul protrarsi dei tempi: “ammesso che il piano parta adesso, che i soldi bastino, e si rispettino i tempi indicati, al ritmo di crescita dei detenuti nel 2012 mancheranno ancora 14 mila posti”. E sulla collocazione delle strutture: dei 9.150 nuovi posti previsti, 2.400 saranno in Sicilia, 850 in Campania, 1.050 in Puglia. “Circa la metà si concentrerà dunque al sud, mentre oggi i tassi di sovraffollamento più elevati si registrano nel centro nord”. Giustizia: Antigone; carceri disumane e illegali… anche fare la doccia diventa un problema Redattore Sociale, 23 giugno 2011 Le carceri italiane sono disumane e illegali, i detenuti sono reclusi in un regime di tortura se paragonato agli standard europei. È la denuncia lanciata dall’associazione Antigone che ha presentato il rapporto “Carceri nell’illegalità, la torrida estate 2011” sul sovraffollamento nei penitenziari. I dati aggiornati al 31 maggio scorso contano 67.174 detenuti a fronte di 45.551 posti letto. In molte carceri visitate da Antigone si trascorrono 20 - 22 ore al giorno nelle celle, piccole anche meno di 3 metri quadrati, malsane e assolate. Le docce sono possibili solo alcune volte a settimana o per 3 minuti al giorno, i detenuti devono scegliere se lavarsi o avere l’ora d’aria, i colloqui sono faticosi con i parenti che devono fare ore di fila sotto il sole e se lavorano non possono visitare i reclusi il sabato o la domenica. “Questa è istigazione alla violenza, il recupero sociale è un mito, la realtà è la bestializzazione dei detenuti - commenta Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - c’è una paradossale illegalità di un luogo che dovrebbe essere il posto della legalità per eccellenza”. Mentre la popolazione carceraria è aumentata del 50% dal 2007 al 2010 passando da 44mila a 67mila persone, le risorse sono calate di oltre il 10 %, da 3 miliardi e 95 milioni di euro a 2 miliardi 770 milioni. In questo momento, secondo le denunce dei sindacati di polizia penitenziaria e le testimonianze dei reclusi, non ci sono più i soldi nemmeno per sfamare tutti i detenuti. “Il piano di edilizia penitenziaria del governo non ha prodotto nulla, gli istituti rimangono gli stessi. È stato propagandato da due anni e mezzo e non è stato fatto nulla nonostante l’approvazione del piano Ionta sia avvenuta il 29 giugno 2010” sottolinea ancora Gonnella. L’emergenza per il sovraffollamento decretata per due volte dal governo e la nomina del commissario straordinario Franco Ionta che attribuisce al capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria poteri paragonabili al capo della protezione civile, non è servita a migliorare la situazione. “Il carcere di Rieti è stato aperto l’anno scorso e funziona una sola sezione perché manca il personale, del piano carceri è partito solo il primo cantiere a Piacenza, ci vorranno anni e comunque non si possono aprire nuove carceri senza fare nuove assunzioni”. Con queste parole il presidente di Antigone boccia il piano Ionta che prevede 9mila posti letto in più, ma anche se fossero realizzati nel 2012 mancheranno comunque altri 14mila posti. Le cifre che raccontano i penitenziari italiani parlano chiaro. Legge sulle droghe, sull’immigrazione e custodia cautelare sono le falle del sistema legislativo che riempiono le galere. Ci sono 148, 2 detenuti ogni 100 posti letto contro i 96,6 della media europea, considerando i 47 paesi membri del Consiglio d’Europa compresa la Russia. Il 37% dei detenuti in Italia sono stranieri contro l’11% degli altri paesi, il 42% di persone detenute che sono in custodia cautelare contro una media europea del 25% dice che nel nostro paese la custodia cautelare diventa una pena anticipata di condanna prima del processo. Un altro 37% è in carcere per violazione della legge sulle droghe. Un dato che si discosta molto da quello estero è il rapporto tra detenuti e poliziotti o personale socio - pedagogico. Se in Europa ci sono 2,6 detenuti ad agente di polizia, in Italia il valore è di 1,4. Negli altri stati la media è di 13 detenuti per ogni operatore amministrativo o non di polizia, da noi è di 21. Quindi a parità di numero di detenuti, il numero dei poliziotti in Italia è più alto e il numero di personale educativo o sanitario è più basso. Una cifra che serve a capire, nella carenza di risorse, come vengono spese quelle a disposizione. Giustizia: le carceri della vergogna; 15 persone in una cella, con materassi lerci e niente acqua Redattore Sociale, 23 giugno 2011 Le carceri della vergogna dove si supera il limite della tortura. Un lungo elenco da nord a sud. I penitenziari più sovraffollati in Lombardia e in Veneto. 350 ricorsi alla corte europea di Strasburgo. La Corte europea dei diritti umani ha stabilito che quando un detenuto dispone di meno di 3 metri quadrati sta subendo una tortura. Secondo questi parametri, i reclusi sono torturati in molti penitenziari italiani. Nel carcere di Santa Maria Capua Vetere 6 - 8 persone dividono una cella di 2,70 metri per 4 metri e manca l’acqua per 10 ore al giorno, a Larino le celle sono lunghe 15 metri ma larghe appena 2 metri, praticamente un corridoio in cui vivono 3 persone per 18 ore al giorno. Nel carcere di Siano (Cz) dalle 4 alle 5 persone dividono una cella di 4 metri per 4 per 20 ore al giorno. A Taranto, l’acqua entra dalle finestre in inverno e non ci sono riscaldamenti. Ma non solo al sud ci sono condizioni degradanti e lesive dei diritti umani. Nel penitenziario di San Gimignano (Si) le celle sono così piccole che quando un detenuto è in piedi l’altro deve stare seduto sul letto. L’elenco della vergogna stilato da Antigone nel rapporto denuncia “Carceri nell’illegalità, la torrida estate 2011” è lungo. Nel corso di un mese sono stati visitati 20 istituti di pena, quasi tutti con il doppio dei reclusi rispetto alla reale capienza. A Bari dove dovrebbero essere ospitati 6 detenuti ce ne sono addirittura 20 e alcuni dormono a un palmo dal soffitto. Al “Canton Mombello” di Brescia in 30 metri quadri sono stipati 15 detenuti di tutte le nazionalità (rumeni, senegalesi, marocchini, spagnoli). Materassi rotti, consumati e sporchi, lenzuola cambiate una volta al mese, scabbia e tubercolosi in continuo aumento a Livorno. Detenuti in sciopero della fame ogni giorno a staffetta, uno per cella, a Marino del Tronto per protestare contro la mancanza di saponi e di carta igienica. A San Vittore 6 persone sono recluse in celle di 7 metri quadri, in estate la doccia non si può fare tutti i giorni. A Poggioreale il sole è così forte e la temperatura elevata che i detenuti coprono le finestre con un asciugamano bagnato. A Viterbo, i reclusi hanno raccontato che il carrello dei pasti arriva vuoto alla fine del corridoio, perché non ci sono soldi sufficienti a sfamare tutti. E per questo il carrello ogni giorno comincia da un lato diverso del corridoio per evitare di lasciare senza cibo sempre le stesse persone. A Regina Coeli c’è l’unico centro clinico del sistema carcerario laziale e uno dei pochi in Italia, ma dentro al momento ci sono 7 persone non malate ma trattenute nella struttura perché non c’è un altro posto dove collocarli. Nelle carceri in questo momento ci sono proteste non violente e un’adesione pacifica allo sciopero della fame di Marco Pannella. E intanto sulla base di queste condizioni di reclusione sono stati presentati 350 ricorsi per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea sul divieto di tortura, tra quelli presentati dai detenuti e dal difensore civico dell’associazione. Su due dei ricorsi, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha già chiesto spiegazioni al governo italiano. Nella classifica dei penitenziari più sovraffollati d’Italia, la maglia nera va al nord con Busto Arsizio al primo posto, seguito da Vicenza e Brescia. Giustizia: il Presidente Napolitano scrive a Pannella, in lotta per l’amnistia e carceri più umane www.quirinale.it, 23 giugno 2011 Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato a Marco Pannella la seguente lettera: “Caro Marco, desidero rispondere alle molte questioni e sollecitazioni che hai sottoposto alla mia attenzione nel nostro recente incontro al Quirinale e nelle lettere e documentazioni che mi hai inviato nei giorni scorsi. Credo che l’Italia ti debba il giusto riconoscimento per la determinazione con la quale hai intrapreso tante battaglie per sollecitare una piena affermazione e tutela delle libertà civili e dei diritti dei cittadini. Alcuni temi che nei decenni passati hanno via via sensibilizzato e coinvolto la pubblica opinione del nostro Paese, come quelli del divorzio, della regolamentazione dell’aborto, del riconoscimento dell’obiezione di coscienza, del pluralismo dell’informazione, della tutela dell’ambiente, della necessità, invocata con indiscutibile lungimiranza, di combattere e debellare la fame nel mondo, e di eliminare in tutti i paesi la pena di morte, sono diventati patrimonio culturale comune di larga parte della società italiana. La stessa valorizzazione dello strumento referendario come elemento di democrazia diretta e la grande attenzione da te sempre prestata alle regole che presiedono alla partecipazione elettorale dei cittadini sono il segno di una costante preoccupazione per la necessità di un consapevole e attivo coinvolgimento dell’opinione pubblica e dei cittadini nella vita politica del paese e della volontà di contrastare e combattere fenomeni di distacco e disinteresse verso la vita pubblica. Questi risultati, e insieme il superamento di paralizzanti barriere ideologiche, si sono ottenuti col rilevante contributo di movimenti, come quelli che hai personalmente animato, volti a fare del confronto libero da pregiudiziali di schieramento un canale essenziale di arricchimento della vita democratica. Le tue più recenti battaglie perché siano affrontate con forza le questioni del sovraffollamento delle carceri, della condizione dei detenuti e di una giustizia amministrata con scrupolosa attenzione per tutti i valori in giuoco, con serenità e sobrietà di comportamenti, mi trovano particolarmente sensibile. Posso assicurarti che continuerò - come ho più volte fatto nel corso del mio mandato - a richiamare, e ne sento più che mai oggi l’urgenza, su tali questioni l’attenzione di tutti i soggetti istituzionali responsabili sollecitandoli ad adottare le indispensabili misure amministrative, organizzative e legislative. Non sono ammissibili sottovalutazioni e fatalismi di fronte a situazioni drammaticamente incompatibili con il rispetto della dignità delle persone e con la necessità di fornire un “servizio giustizia” efficiente, a garanzia dei diritti fondamentali dei cittadini: un servizio che deve essere esercitato da magistrati indipendenti e imparziali, con il rigore e l’equilibrio che ho costantemente invocato. In una società per tanti versi profondamente trasformata rispetto agli anni nei quali hai iniziato l’attività politica, c’è più che mai bisogno di testimonianze di passione civile e di amore per le sorti comuni, affinché alla politica possa essere pienamente riconosciuto non solo il ruolo di confronto e di mediazione tra interessi ma anche quello di comprensione e composizione di tensioni ideali. Credo che la tua azione continuerà ad essere un prezioso stimolo, suscitando come già in passato discussioni e prese di coscienza che rivelano poi col tempo la loro fecondità e lungimiranza. Inviandoti i miei migliori auguri, ti saluto con affetto e ti prego - in nome non solo dell’antica amicizia ma dell’interesse generale - di desistere da forme estreme di protesta di cui colgo il senso di urgenza, ma che possono oggi mettere gravemente a repentaglio la tua salute e integrità fisica”. Giustizia: Pannella in sciopero di fame e sete; messaggi di solidarietà da molti esponenti politici Ansa, 23 giugno 2011 Bindi (Pd): Pannella ha ragione, bisogna voltare pagina Il Pd s’impegna affinché la politica si assuma le sue responsabilità per mettere fine a una situazione carceraria insostenibile, alimentata anche dal paradosso di un meccanismo della giustizia che da un lato nega l’amnistia e dall’altro la produce in modo mascherato con un numero crescente di prescrizioni. Lo assicura la presidente dell’Assemblea nazionale del Pd, Rosy Bindi, che è andata a trovare Marco Pannella, in sciopero della sete e della fame contro il sovraffollamento negli istituti penitenziari e a sostegno di una amnistia primo passo per uscire dall’emergenza. Bindi ha testimoniato la solidarietà e vicinanza personali e del partito al leader radicale e alla sua battaglia contro le condizioni disumane delle carceri italiane. Bindi ha espresso condivisione per le ragioni della protesta ma ha anche invitato Pannella a non mettere a repentaglio la sua salute. “È tempo di voltare pagina - sostiene Bindi - Dopo anni di leggi ad personam, varate per tutelare i potenti di turno disinteressandosi dei veri problemi e dei mali strutturali del sistema che nel frattempo si sono aggravati, e dopo politiche per la sicurezza declinate in chiave propagandistica sugli aspetti punitivi e repressivi che hanno prodotto un aumento dei detenuti, senza un corrispettivo aumento dei reati, la questione va affrontata con umanità e giustizia”. Prima di recarsi da Pannella, la presidente Bindi aveva firmato un appello per promuovere al più presto nelle sedi istituzionali un confronto politico sulla situazione penitenziaria. Franceschini (Pd): la lotta di Pannella merita risposte in tempi rapidi “La lotta di Pannella merita una risposta efficace e in tempi rapidi”. Ne è convinto il capogruppo alla Camera del Pd Dario Franceschini riferendosi allo sciopero della sete e della fame del leader dei Radicali che chiede un’amnistia come primo intervento per affrontare l’emergenza del sovraffollamento delle caceri. “Già questa mattina in Aula, l’on. Andrea Orlando, a nome dell’intero gruppo del Pd - afferma Franceschini - ha ricordato il digiuno di Marco Pannella che sta richiamando l’attenzione sulla condizione disastrosa delle carceri italiane. Il Pd, anche nel corso di questa legislatura, ha promosso sul tema delle condizioni di vita dei detenuti e sul rispetto dei più elementari diritti della persona, iniziative parlamentari che ancora non hanno trovato da parte del governo una risposta adeguata alla gravità della situazione”. Fiano (Pd): pronto a digiunare al posto di Pannella “La situazione delle carceri denunciata da tempo dai Radicali e dal Pd è ormai diventata cronica e del tutto insopportabile. Già nella sua prima relazione da ministro della Giustizia, Angelino Alfano, evidenziava questa criticità”. Lo dichiara Emanuele Fiano, presidente forum Sicurezza e Difesa del Partito democratico. “Noi, al di là delle dichiarazioni e dei comunicati buoni per i giornali, ci chiediamo: cosa è stato veramente fatto per la condizione in cui vivono oltre 60mila carcerati? Dove sono i promessi ammodernamenti agli istituti? Che fine hanno fatto i fondi, semmai ci sono stati, che il capo del Dap Ionta avrebbe dovuto utilizzare per ripianare il sotto - organico degli agenti di polizia penitenziaria e degli operatori della giustizia? La risposta è che il piano - carceri, più volte presentato dal ministro, si è rivelato un pacco vuoto e che Alfano, di epocale, lascia solo l’emergenza del settore giustizia. Nel quadro di una riorganizzazione generale del sistema penale e di detenzione, bisogna agire: in primis, con la costruzione di nuove, moderne, funzionali e dignitose strutture, compatibile con il dettato costituzionale secondo il quale la pena deve rispettare la dignità della persona e garantire una piena rieducazione del reo; allo stesso tempo, però, è necessario delimitare il novero dei reati per i quali viene prevista la detenzione, affidandoci alle pene alternative e alle nuove tecnologie. Rimango contrario alla proposta radicale di una nuova amnistia che non risolverebbe il problema ma non farebbe altro che spostarlo nel tempo riversando nelle nostre città il pericolo della commissione di alcuni reati. Infine, mi sento di rivolgere un appello a Marco Pannella, dopo quello autorevolissimo espresso oggi dal presidente Napolitano: in qualsiasi momento Marco Pannella dovesse accettare di interrompere il suo sciopero, sono sicuro che diversi esponenti politici di ogni partito, accetterebbero una staffetta di un giorno di digiuno. Mi metto io per primo a disposizione per interrompere l’alimentazione solida e liquida per 24 ore al posto di Marco Pannella”. Romanzi (Psi): condizione detenuti è inumana, ma Pannella smetta sciopero “L’inumana condizione in cui si trovano le carceri italiane, sono il segno evidente dello scarso senso civile e democratico dello stato, e nulla hanno nulla a che fare che l’esigenza di giustizia e legalità degli italiani”, ha dichiarato il capogruppo del Psi, Luciano Romanzi. “Solidarietà alla protesta di pannella e condanna ai media per la censura che hanno riservato oltre che al leader radicale anche alle ragioni della sua protesta - ha concluso l’esponente socialista. Chiedo però a Pannella ora di interrompere il suo sciopero della fame e della sete accogliendo l’invito del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano”. Petrilli (Pd): solidarietà a Pannella, nelle carceri situazione da inferno dantesco Piena, totale, incondizionata solidarietà a Marco Pannella in sciopero della fame da tanto tempo e da pochi giorni anche in sciopero della sete per sollecitare un’amnistia che possa rendere minimamente vivibili le carceri italiane. Una battaglia contro il sovraffollamento nelle carceri che è il più alto dal dopoguerra ad oggi, contro i tagli nel sistema sanitario penitenziario e le condizioni di vita sempre più dure con i lavori interni dimezzati. Una situazione da inferno dantesco che il leader radicale ha il coraggio e la forza di rendere visibile, con un’iniziativa nella quale sta sottoponendo il suo corpo a un rischio altissimo. La sconfitta del governo Berlusconi nasce anche dall’incapacità di saper risolvere il problema dei diritti e della democrazia dentro le carceri. Tante parole e frasi garantiste, per poi attuare una politica penitenziaria non solo forcaiola ma totalmente illegale. Diritti e umanità anche per le persone recluse. Questa è la battaglia che tutte le persone democratiche devono fare propria. Borg (Pd): sciopero fame per solidarietà alla lotta di Pannella Da mezzanotte di oggi il consigliere provinciale di Milano del Pd Enrico Borg inizierà lo sciopero della fame per solidarietà alla battaglia non violenta di Pannella e di altri sulla drammatica condizioni delle carceri. “Si è alzato il velo del silenzio - ha spiegato oggi nel suo intervento in consiglio provinciale Enrico Borg - che da troppo tempo ha avvolto l’agghiacciante situazione delle carceri, grazie al digiuno di Pannella (60 giorni di sciopero della fame e 4 della sete), di migliaia di detenuti, guardie carcerarie, camere penale e parenti di detenuti che attuano questa lotta nonviolenta”. “Oggi il presidente della repubblica Giorgio Napolitano - ha ricordato Borg - ha scritto a Pannella per assicurargli il suo interessamento e la sua volontà di continuare a richiamare tutti i soggetti istituzionali su tali questioni. Auspico che questo suo significativo intervento possa dare una scossa e spingere il governo a fare un passo avanti affinché si cancelli la vergognosa condizione delle carceri, che sono il primo indicatore dello stato di democrazia effettiva e di civiltà di un Paese”. “Per questi motivi ho deciso di associarmi alla protesta di Pannella - ha concluso Borg - e dei molti altri che lo sostengono. Da questa sera inizierò lo sciopero della fame e mi concederò soltanto tre cappuccini al giorno”. Finocchiaro (Pd): solidarietà a Pannella, ci impegneremo per trovare soluzioni “La battaglia per la tutela delle libertà civili e dei diritti dei cittadini che in queste ore sta conducendo Marco Pannella, nelle forme estreme di protesta che gli sono proprie, è anche la nostra battaglia. Le condizioni disastrose in cui versano le carceri italiane sono ormai inaccettabili per un Paese che può e deve considerarsi civile”. Lo afferma in una nota Anna Finocchiaro, Presidente del gruppo Pd a Palazzo Madama. “Sono anni che denunciamo questa incredibile realtà che coinvolge migliaia di cittadini italiani - continua Finocchiaro - e non, tra detenuti e personale di sorveglianza. La risposta non può essere solo il fumoso Piano Carceri del dimissionario Ministro Alfano. Non basta! E la lotta di Marco Pannella lo testimonia in tutta la sua gravità. A lui va la nostra solidarietà umana e la riconferma del nostro impegno nelle aule parlamentari e nel Paese per superare i gravi problemi del sovraffollamento delle carceri e per una giustizia amministrata con la più scrupolosa attenzione per la tutela dei diritti umani. Ai nostri governanti va il monito di un Paese stanco di invocare una giustizia giusta per tutti i cittadini”. Favi (Pd): la battaglia di Pannella è anche quella del Pd “La battaglia di Marco Pannella per richiamare l’attenzione di tutti di fronte alla drammatica situazione delle nostre carceri, è anche la battaglia del Pd che denuncia quotidianamente il fallimento della politica penitenziaria del ministro Alfano e del direttore del Dap, Ionta”. Lo dice Sandro Favi, responsabile Pd settore Carceri. “Da quando il governo ha dichiarato lo stato di emergenza (gennaio 2010) - aggiunge Favi - ci sono 2.000 detenuti in più, 1.600 agenti di polizia penitenziaria in meno e per il Piano Carceri sono stati resi disponibili solamente 175 milioni di euro. Nel frattempo le risorse a disposizione del comparto penitenziario sono state diminuite e ormai quasi il 90 per cento del bilancio è costituito da stipendi e altre spese per il personale. Cosicché l’amministrazione penitenziaria ha oltre 150 milioni di debiti presso i propri fornitori”. Da settimane “migliaia di detenuti, i loro familiari, le associazioni che lavorano in carcere promuovono scioperi della fame e azioni dimostrative per denunciare le condizioni di invivibilità dovute al sovraffollamento. Gli agenti di Polizia penitenziaria di mezza Italia sono in stato di agitazione perché non vengono rispettati i diritti sul lavoro e le loro condizioni operative sono a rischio. I direttori e tutto il personale dirigente protestano contro un governo che non li ascolta. Basta con la politica degli annunci e delle mere dichiarazioni di intenti. Chiediamo al ministro Alfano di ripensare il suo Piano Carceri palesemente inadeguato e drammaticamente in ritardo e di affrontare e risolvere i veri problemi che giorno dopo giorno opprimono la vita dei detenuti e ostacolano il lavoro degli operatori penitenziari”. Russo Spena (Rc): solidale con Pannella per lotta di civiltà “Sono solidale con Marco Pannella e con le migliaia di detenuti che stanno conducendo, in questi giorni, una importante lotta di civiltà e di democrazia. Condivido completamente i contenuti: le carceri, in Italia sono fuorilegge, vivono in uno stato di illegittimità assoluta. Le campagne per l’amnistia e il miglioramento delle condizioni detentive, il ritorno alla concezione del carcere come strumento di ultima istanza e l’intensificazione di pene non detentive sono un terreno reale di alternativa”. Lo afferma Giovanni Russo Spena, responsabile nazionale giustizia di Rifondazione Comunista - Sinistra Europea. “Così come è fondamentale , sul piano normativo, abolire la Bossi-Fini, la Fini-Giovanardi, i vari Pacchetti Maroni - aggiunge. Il governo ha saputo solo mostrare il suo volto giustizialista, feroce con i deboli e i migranti, dolce e connivente con i potenti che delinquono”. Belisario (Idv): solidali con Pannella, ma l’amnistia non serve “Esprimo la solidarietà mia personale e dell’Italia dei Valori a Marco Pannella per la battaglia che sta combattendo contro la drammatica situazione in cui si trovano le carceri italiane, un problema reale di cui tanti fanno finta di interessarsi ma per risolvere il quale poi non si fa niente. Ritengo però che l’amnistia non possa essere una soluzione”. Lo afferma il capogruppo Idv al Senato, Felice Belisario, che aggiunge: “Come Italia dei Valori denunciamo da tempo che le carceri italiane sono una bomba a orologeria: io e altri senatori dell’IdV le abbiamo visitate e abbiamo visto in che condizioni sono costretti a vivere i detenuti e a lavorare gli agenti penitenziari. Una vergogna insopportabile in un Paese civile. L’amnistia, però, significherebbe lasciare a piede libero diversi delinquenti senza risolvere il problema”. “Servono piuttosto - osserva Belisario - interventi strutturali e non le chiacchiere propagandistiche del ministro - segretario Alfano. Ci vuole una immediata sessione straordinaria del Parlamento per adottare misure urgenti degne di una democrazia occidentale”. Bonelli (Verdi): sosteniamo Pannella nella sua azione di protesta “Marco Pannella ha il nostro sostegno politico per la sua azione di protesta estrema sulla situazione delle carceri italiane e sulle condizioni di vita dei detenuti. Non solo i Verdi condividono le ragioni che hanno spinto il leader radicale ad una scelta così estrema, ma invitiamo il Parlamento e il mondo politico ad affrontare senza indugi la questione dell’universo delle carceri”. È quanto afferma Angelo Bonelli, presidente nazionale dei Verdi, che ha appena visitato Marco Pannella nella clinica in cui il leader radicale è stato ricoverato. “La censura a cui vengono sottoposte le questioni che riguardano i diritti, la condizione dei detenuti e delle carceri - continua Bonelli - sono una pericolosa costante che accompagna l’informazione del nostro Paese. Sentiamo, però, il dovere di chiedere a Marco di accogliere l’invito del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e di interrompere il suo sciopero della fame e della sete”, conclude. Rotondi: da Pannella battaglia di civiltà “Voglio esprimere la mia vicinanza e la mia gratitudine a Marco Pannella. La sua è una battaglia di civiltà e di democrazia. Dico anche di carità cristiana perché è in difesa degli ultimi, di chi ha bisogno, della loro dignità. È un percorso che condivido appieno avendo io stesso, nei mesi scorsi, visitato alcuni penitenziari. A Marco mi sento di dire che è ora però di mettere fine allo sciopero della sete che sta compromettendo la sua salute, perché in questa battaglia di civiltà lui non è solo”. Lo dichiara il ministro per l’Attuazione del Programma, Gianfranco Rotondi. Stefania Craxi: problema carceri non si risolve così, limitare reclusione in attesa di giudizio “Le carceri italiane sono insufficienti rispetto alla criminalità media dei paesi sviluppati e il problema del sovraffollamento non lo risolverà l’ennesimo sciopero della fame di Marco Pannella e nemmeno, purtroppo, la nobile lettera del presidente Napolitano. C’è un piano carceri, ma temo che al momento le nuove carceri non siano state nemmeno disegnate. Che fare? Scartata l’amnistia, che è la sconfitta dello Stato e dei suoi istituti per un beneficio di pochi mesi, non resta che guardare alle leggi, alle pratiche amministrative, alla prassi in uso fra tutti coloro che hanno a che fare con le carceri”. Lo ha detto il sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi. “È noto che la permanenza media nelle carceri italiane è inferiore ad una settimana - ha aggiunto - . Non c’è condannato a quattro, sei anni o all’ergastolo che non sconti la sua pena in una cella di cinque o sei metri quadrati, assieme ad altri detenuti. Il sovraffollamento riguarda soprattutto i reclusi in attesa di giudizio, che finiscono in celle ristrette assieme a quella popolazione di criminalità abituale che entra e esce di continuo dalle nostre carceri”. “Limitare la reclusione in attesa di giudizio, accelerare i processi, allargare i ruoli le competenze del giudice monocratico, una maggiore sintonia tra polizia e magistratura, potrebbero migliorare la situazione carceraria - ha concluso”. In attesa che per il piano carceri entrino in scena le betoniere”. Giustizia: Uil-Pa Penitenziari; grati a Napolitano e a Pannella per iniziative su carceri Agi, 23 giugno 2011 “Come sempre il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha usato toni, parole ed espressioni, per sollecitare l’attenzione generale sulla questione penitenziaria, che non possono non essere condivise. Anche l’appello che il Presidente Napolitano ha rivolto a Marco Pannella, perché desista dalla protesta in atto, trova il nostro più alto rispetto e la nostra totale, incondizionata, condivisione”. Lo dice Eugenio Sarno, segretario generale della Uil-Pa Penitenziari, che aggiunge: “La singolarità del nostro Paese risiede anche nel fatto che per far emergere nell’informazione, quindi nelle coscienze e nella conoscenza, il dramma che quotidianamente attanaglia il sistema penitenziario ci sia voluta l’ennesima iniziativa, estrema benché pacifica, di Marco Pannella a cui va tutta la nostra gratitudine e riconoscenza per aver imposto all’attenzione generale le incivili condizioni di detenzione e le infamanti condizioni di lavoro. Tutta la comunità penitenziaria è oberata dalle inefficienze del sistema, sempre più incapace di assolvere ai dettati costituzionali. Lo stato di insalubrità e decadenza che connotano la quasi totalità delle strutture penitenziarie afferma un percorso detentivo privo di dignità ed umanità, il sovrappopolamento coniugato alle gravi deficienze organiche impediscono quei percorsi di rieducazione e di risocializzazione espressamente previsti all’art. 27 della nostra Costituzione”. La Uil Penitenziari sottolinea “le contraddizioni del Governo e del Parlamento rispetto alle criticità che rischiano di paralizzare ogni attività amministrative e penitenziaria. Sebbene per due anni il Governo Berlusconi abbia deliberato lo stato di emergenza del sistema penitenziario non si è sottratto, incoerentemente, al taglio delle risorse economiche ad esso destinate. Tagli importanti che rischiano di determinare a breve la completa paralisi di ogni attività. Se l’Amministrazione Penitenziaria è già insolvente per alcuni milioni di euro verso la polizia penitenziaria, non avendo corrisposto da circa quattordici mesi alcuna indennità di missione, è doveroso anche sottolineare come tra qualche settimana sull’intero territorio nazionale saranno esauriti i fondi per l’acquisto di carburante”. Per Sarno: “Questo impedirà il corretto svolgimento di moltissimi processi perché non sarà possibile assicurare la presenza dei detenuti in aula (come già capitato) con tutte le conseguenze del caso. L’esaurimento dei fondi per il materiale di cancelleria potrebbe mettere a rischio l’attività di molti uffici tra i quali le matricole e, pertanto, sono a rischio anche le scarcerazioni. Analogamente tra qualche settimana sarà impossibile far fronte alle spese per pagare le utenze, telefoniche, idriche e del gas. A settembre saranno esauriti i fondi per garantire il vitto quotidiano ai detenuti (3,40 euro pro capite per colazione pranzo e cena). In questo desolante, pericoloso e devastante quadro d’insieme il personale di polizia penitenziaria si arrabatta come può, con impegno e professionalità, per mantenere in piedi il sistema ed impedirne la definitiva implosione, nella consapevolezza di essere l’ultimo argine alla deriva violenta e di rappresentare l’estremo baluardo a difesa della civiltà e della dignità”. Giustizia: appello a sostegno dell’iniziativa di Pannella, 100 parlamentari firmano in un giorno Ansa, 23 giugno 2011 “Sono già moltissime le adesioni all’appello lanciato questa mattina a sostegno dell’iniziativa nonviolenta di Marco Pannella, in sciopero dalla fame dal 20 aprile scorso giunto oggi al 4 giorno di sciopero della sete. L’appello richiama l’attenzione sulla necessità e l’urgenza di affrontare la crisi della giustizia e l’emergenza carceraria nonché sulla necessità di porre fine al silenzio dell’informazione che impedisce un dibattito democratico su questi, come su altri, grandi temi”. È quanto si legge in una nota dei Radicali che parlano di quasi 100 firme di parlamentari a sostegno dell’appello. “Tra le decine e decine di adesioni pervenute in poche ore: Giuliano Amato, Adriano Sofri, Don Antonio Mazzi, Riccardo Pacifici; di deputati e senatori di tutti i gruppi tra cui Rosy Bindi, Giuliano Cazzola, Benedetto Della Vedova, Lamberto Dini, Ignazio Marino, Antonio Martino, Arturo Parisi, Gaetano Pecorella, Savino Pezzotta, Adriana Poli Bortone; di giuristi come Giuseppe Di Federico, Luigi Ferrajoli, Fulco Lanchester, Mario Patrono, Valerio Spigarelli, Presidente dell’Unione Camere Penali; e rappresentati del mondo penitenziario, tra cui Enrico Sbriglia, del sindacato direttori e dirigenti penitenziari e Francesco Ceraudo, direttore del centro regionale per la salute in carcere della Toscana”, conclude la nota. Il testo dell’appello Marco Pannella è dovuto arrivare, dopo due mesi di sciopero della fame, al digiuno totale della fame e della sete, per richiamare l’attenzione delle istituzioni su due questioni: la necessità e l’urgenza di una amnistia quale primo passo per affrontare la crisi della giustizia e l’emergenza del sovraffollamento delle carceri; il silenzio dell’informazione e l’assenza di ogni confronto democratico su questa come su ogni altra questione che interroghi la coscienza dei cittadini e richieda importanti decisioni politiche e gravi scelte legislative. Le proposte di Marco Pannella si possono condividere e non condividere, si può ritenere sproporzionato mettere a rischio la propria vita su tali questioni ma non si può negare che esse corrispondano ad urgenze obiettive della Repubblica e dell’intera società. La crisi della giustizia e la situazione inumana delle carceri pongono in grave pericolo l’esistenza stessa dello Stato di diritto, come ci ammonisce da tempo il Consiglio d’Europa e con le sue sentenze la Corte europea dei diritti dell’uomo. La disinformazione e l’assenza di confronto e dibattito paritario non riguardano soltanto le prerogative negate di questa o quella forza politica, e in questo caso del Partito Radicale, ma colpiscono alla radice uno dei fondamenti stessi del corretto funzionamento di ogni democrazia. È urgente dunque interrompere questa inerzia e questa censura, questa cortina di indifferenza e di silenzio. È urgente che le massime istituzioni della Repubblica facciano sentire la propria voce, che il Governo e il Parlamento aprano un dibattito, per accogliere o respingere le proposte di Pannella o per trovare altre soluzioni che siano tuttavia in grado di risolvere i problemi e non di rinviarli e aggravarli. È urgente che la stampa e in particolare il servizio pubblico radio televisivo interrompano un comportamento fortemente lesivo dei diritti dei cittadini e consentano finalmente di conoscere e giudicare questa proposta, così come il confronto sulle altre grandi questioni centrali del nostro tempo. Giustizia: la lotta di Marco, amnistia per l’Italia di Eleonora Martini Il Manifesto, 23 giugno 2011 La mia prima mossa se fossi ministro di Giustizia? “Imporrei alle tv di aprire una grande discussione pubblica su amnistia, indulto, carceri e giustizia”. Perché nemmeno Angelino Alfano che ieri mattina è andato a trovarlo nella clinica romana dove è ricoverato da lunedì sembrava, a suo dire, “maneggiare con scioltezza lo strumento dell’amnistia”. “Per forza! Sono trent’anni che in Italia non c’è un dibattito vero sulla questione, malgrado da altrettanti anni noi Radicali ci battiamo per una riforma necessaria a tutto il Paese per uscire dall’illegalità”. È il Marco Pannella di sempre, sia pur con trenta chili ma nemmeno un grammo di energia di meno, quello che, seduto al bar della clinica romana, spiega le ragioni della sua lotta, polemizza, provoca, si appassiona, ricorda. Il presente non lo stupisce, perché è sempre la partitocrazia il grande flagello italiano. E Berlusconi non si è inventato nulla con tutti quegli escamotage per sabotare i referendum: “Dal ‘76 a oggi lo hanno fatto tutte le legislature repubblicane”. Per capirlo, basta ripercorrere le tappe della lunga e gloriosa storia Radicale che - dirà un’ora e mezza dopo, salutando - “continuerà a rompere i coglioni a chi di dovere anche quando sarò morto”. Non assume alimenti solidi da 64 giorni e da quattro nemmeno liquidi, eppure le sue condizioni di salute hanno stupito i medici che lo tengono sotto stretta osservazione perché temono che qualcosa si blocchi all’improvviso. C’è troppa creatina nel sangue e i reni ne risentono, ma lo spirito è forte almeno tanto quanto quella volta, nel lontano 1975, “quando sono arrivato a novanta giorni di sciopero della fame”. Smettere di bere, però, a 81 anni compiuti un mese fa, è tutt’altra storia. Ma gli viene in aiuto la scorza dura d’abruzzese: “Quando avevo 16 anni, a Teramo, leggevo sui quotidiani gli avvisi di morte presunta degli emigrati italiani a “broccolino” e in giro per il mondo perché le famiglie che perdevano le tracce dei loro cari avevano bisogno di districarsi nella burocrazia che bloccava le loro vite, e fu così che nacque l’amore per le lotte di classe, sociali e di diritto, che per noi liberali e radicali sono la stessa cosa. Perché stare dalla parte delle classi oppresse significa risolvere i problemi di tutti e di ciascuno, anche delle classi dominanti”. Alfano si è intrattenuto un’ora questa mattina, cosa le ha proposto? “Non era una trattativa, abbiamo parlato a lungo e ci siamo confrontati sulla questione che più sta a cuore ad entrambi, la condizione scandalosa delle carceri italiane e di tutto il sistema giustizia che ha portato l’Italia in uno stato di illegalità costituzionale, nazionale, internazionale ed europea. Lo ringrazio di questa sua visita ma mi rendo conto che perfino lui sembra non aver approfondito lo strumento dell’amnistia. Non c’è da stupirsi, però, visto che in Italia c’è grande disinformazione su questi temi. Non è un caso, infatti, se dal grande “gladiatore” Santoro - giornalista di grande professionalità, comunque - fino ai vari Vespa e Floris nessuno ha mai dato spazio alle nostre battaglie e alle nostre idee”. E sull’amnistia, che dice Alfano? “Non possono, dicono che non possono. D’altra parte lo diceva anche il governo Prodi, quando aveva Di Pietro come ministro. Ancora stanno tutti lì, a pagare il dazio sull’indulto. Quando basterebbe vedere e spiegare agli italiani le statistiche sui recidivi per capire che solo il 25% di coloro che sono usciti di galera con l’indulto vi sono rientrati, mentre il 65% di quelli che sono arrivati a fine pena nelle carceri italiane delinquono nuovamente e vi ritornano. L’amnistia non è un atto di clemenza ma è un atto necessario per salvare lo Stato e la società. Non dal punto di vista morale, ma sul piano puramente tecnico - giuridico perché l’Italia è in una condizione non di illegalità occasionale ma strutturale e continuativa. È recidiva”. Si tratta di difendere la democrazia... “Sì, ma rendiamoci conto che parliamo di un fatto antropologico aberrante, perché quando diciamo di voler difendere la democrazia in Italia significa in realtà che la devi creare”. Anche nel centrosinistra c’è chi sostiene che se lei fosse ministro dl Giustizia non comincerebbe certo dall’amnistia. Lo farebbe? E visto che il Pdl glielo ha già proposto, perché non accetta il ruolo di Guardasigilli? “Perché non posso fare il ministro con una maggioranza che non condivide il mio punto di vista sulla giustizia. E siccome nemmeno il centrosinistra lo condivide, se ne riparlerà quando sarà morta la partitocrazia. Cosa farei se fossi Guardasigilli? Comincerei a far parlare le televisioni di amnistia, carcere e dei 5 milioni di processi civili e 4 milioni penali arretrati che attendono di essere eseguiti. Noi chiediamo l’amnistia più grande degli ultimi 60 anni quella che elimina una buona parte dei processi da smaltire. In modo che dal giorno dopo si possa ricominciare in piena legalità ad assicurare tre gradi di giudizio agli imputati. Un terzo della popolazione carceraria è in attesa di giudizio e le statistiche ci dicono che circa il 50% di questi, alla fine, saranno giudicati innocenti. Se fossi ministro non avrei dubbi: insieme all’amnistia depenalizzerei i reati introdotti dalle leggi criminogene che riempiono le carceri di tossicodipendenti (la Fini - Giovanardi) e di clandestini (la Bossi - Fini). Ma soprattutto andrei avanti, un millimetro al giorno, verso un sistema di giustizia alla Common Law britannico. Riattiverei le giurie popolari e non escluderei in futuro nemmeno l’elezione diretta dei giudici. Certo, tenendo presente tutte le differenze storiche e sociali, andrei però comunque avanti in quella direzione”. Durante i suoi tanti digiuni intrapresi come forma di lotta nonviolenta spesso è stato confortato dalla vicinanza di intellettuali e di esponenti della società civile. E adesso, invece? “Oggi nessuno si muove perché il giustizialismo è bipartisan. Ma anche nel 1978, quando c’erano due milioni di processi arretrati e io parlavo di amnistia, Mario Pochetti, l’allora segretario del Pci, mi urlava contro con la bava alla bocca e Nilde lotti cercava di placarci. Sull’aborto, il divorzio, il diritto di famiglia, la depenalizzazione del consumo di sostanze, c’è sempre stato qualcuno che se la faceva sotto e ci attaccava. È successo per tutte le nostre richieste folli sulle quali noi abbiamo avuto la forza, il coraggio e il gusto di dare voce a cose di cui altri si scandalizzavano. Altre 15 mila persone la seguono in questo sciopero della fame, ma 10mila e più sono detenuti. Molti hanno però subito delle ritorsioni per questo. Come farete per tutelarli? “È successo ma non accadrà più. Abbiamo parlato con i sindacati degli agenti di custodia e con molti direttori, la cui categoria è assolutamente dalla nostra parte. In Toscana ci sono sette direttori di carceri in sciopero (non della fame) per le incredibili condizioni in cui sono costretti a lavorare nei loro penitenziari”. Dove intende arrivare con questo sciopero della fame e della sete? Smetterà solo con l’amnistia o ha previsto anche un “piano B”? “Non c’è nessun piano B. Vedremo. Se riterremo acquisito un passo importante verso la soluzione di questo problema, allora potrò anche decidere di smettere. Per il momento posso solo registrare che abbiamo strappato un minuto e mezzo in televisione martedì sera, e oggi (ieri per chi legge, ndr) addirittura abbiamo smosso il “Tg2” e, udite udite, il “Tg1”. Da tutti gli altri però, e perfino su internet, zero assoluto”. Confida nel presidente Napolitano? “Da un presidente di storia comunista non posso pretendere la stessa sensibilità di chi ha una storia liberale e radicale. Però, come ho fatto con Ciampi e altri, io porto avanti il mio dovere di cittadino. E spero così di aiutare il Presidente della Repubblica a fare il suo”. Giustizia: Bagnasco e Palamara; sovraffollamento problema serio, serve presto una riforma Il Manifesto, 23 giugno 2011 “Il sovraffollamento, se c’è e nella misura in cui c’è, è chiaro che è un problema serio per coloro che sono nelle carceri e comunque per la società intera quindi bisogna affrontarlo, ma non da oggi certamente. Questo problema ricorre, è ricorrente”. Lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova. Secondo il cardinale Bagnasco, decidere quali misure concrete vadano adottate “è compito di chi ha in mano le cose, conosce le situazioni, le prospettive e le risorse. Bisogna avere i dati precisi per queste cose”. Sullo sciopero che Marco Pannella sta facendo proprio per attirare l’attenzione sulle condizioni delle nostre carceri, è invece intervenuto ieri il presidente dell’Anm Luca Palamara: “L’iniziativa di Marco Pannella solleva un problema serio, un problema che più volte è stato sollevato anche dall’Anm, ovvero il problema delle riforme di cui necessita la Giustizia. Riforme che riguardano la lentezza dei processi, la farraginosità delle procedure e anche il gravissimo problema del carcere”, ha detto Palamara nel corso della rubrica Radiocarcere, in onda su Radio radicale. “Altro merito” che secondo Palamara va riconosciuto al leader dei radicali da due giorni ricoverato in ospedale a seguito del suo sciopero della fame e della sete, sta nel fatto che “Pannella è uno dei pochi politici a sollevare tale grave questione e a farlo in termini concreti. Purtroppo abbiamo perso tre anni a parlare di temi come intercettazioni, lodo Alfano e processo breve, tutti argomenti che sono distanti dai problemi seri della giustizia. Anche da questo punto di vista - conclude il presidente dell’Anm - va riconosciuto a Pannella il merito di accendere l’attenzione su problemi reali e concreti”. Giustizia: la contro-rivoluzione politica che di fatto ha azzerato la legge Gozzini di Patrizio Gonnella Il Manifesto, 23 giugno 2011 Venticinque anni fa grazie a Mario Gozzini fu approvata una legge che rivoluzionò il sistema penitenziario e che porta ancora nobilmente il suo nome. Una legge di grande valore contro cui votarono più o meno solo i missini. In quella legge si prevedeva che chiunque dal primo giorno di esecuzione della pena potesse ottenere un beneficio penitenziario, potesse andare a lavorare all’esterno, potesse usufruire di una misura alternativa alla detenzione. Quella legge determinò il superamento dell’idea che la galera fosse l’unica pena possibile. Si poteva essere puniti ma con una pena utile: studiando, lavorando, stando vicino ai propri cari. Grazie a quella legge l’Italia divenne l’avanguardia riformista penitenziaria. I detenuti nel 1990 erano divenuti circa 30 mila. I tassi di detenzione (numero di detenuti per numero di abitanti) e di sovraffollamento (numero di detenuti per numero di posti letto) erano tra i meno preoccupanti di Europa. Poi quella legge è stata contro - riformata. I benefici sono divenuti opportunità tolte progressivamente a insiemi di detenuti. Prima ai mafiosi, poi ai terroristi, poi ai trafficanti di droga, poi ai rapinatori e per ultimi ai recidivi. Ossia a buona parte dei detenuti italiani. La politica, dopo il 1989, ha subito sempre più il ricatto dei grandi media. Una dopo l’altra sono decollate tutte le campagne sicurezza. L’inganno della certezza della pena ha travolto la legge Gozzini. Come se la certezza della pena significasse pena carceraria obbligatoria. È una pena certa anche quella scontata in modo diverso, facendo cose ben più utili dell’ozio forzato in galera, ad esempio lavorando o studiando. I pacchetti sicurezza voluti da governi di centrosinistra e di centrodestra hanno fatto il resto. I detenuti tossicodipendenti, immigrati, poveri (si pensi alle campagne bipartisan sui lavavetri), con problemi psichiatrici sono cresciuti esponenzialmente. Oggi i detenuti sono 67 mila. Mentre le campagne sicurezza imperversavano condizionando quasi tutto l’arco parlamentare accadeva che veniva riformata la norma della Costituzione sull’amnistia, prevedendo una maggioranza di due terzi per ciascuno degli articoli approvati. L’ultima amnistia fu approvata nel 1990. Da allora c’è stato un indulto, quello del 2006. Chi l’ha votato ne sta ancora oggi pagando le conseguenze pubbliche, essendo stato incapace di difenderlo. Quella occasione fu parzialmente sprecata. Nonostante i solleciti del Capo dello Stato nessuna riforma fu varata per accompagnare l’indulto. Così i detenuti sono continuati a crescere di numero e a vivere in celle stipate oltre la decenza. Ora Marco Pannella sciopera per l’amnistia. L’amnistia è sempre un rimedio tardivo. A noi piacerebbe che fosse riformato il codice penale, che fossero cestinate le leggi sulle droghe e sulla immigrazione, che fosse rivisto il meccanismo classista della recidiva, che fosse rivitalizzata la legge Gozzini. In attesa di tutto ciò, l’amnistia viene trasformata in un gesto politico pubblico di giustizia sostanziale. Giustizia: il ministero punta sulla formazione… la meritocrazia entra nelle carceri italiane di Patrizio Gonnella Italia Oggi, 23 giugno 2011 L’amministrazione penitenziaria ha varato il piano 2011 per la formazione del proprio personale. Tra gli obiettivi perseguiti, pur nella consapevolezza della scarsità delle risorse investite, vi sono: la preparazione professionale dei neo - assunti; la modernizzazione dei servizi resi; l’acquisizione di conoscenze utili volte ad “assicurare elevati standard di legalità, trasparenza e di trattamento delle persone detenute. Compare il termine meritocrazia a proposito della valutazione della performance per i dirigenti. E compare anche un riferimento all’etica dei comportamenti. Centrale, ovviamente per il suo ripercuotersi a cascata, è il ruolo dell’Istituto superiore di studi penitenziari (Issp) attualmente diretto da Massimo de Pascalis, in passato direttore del personale nonché provveditore regionale toscano. L’Issp deve occuparsi della formazione di ben 4.201 tra dirigenti e direttori penitenziari. Sono loro ad avere una funzione strategica nel sistema penitenziario essendo questo fortemente improntato a una organizzazione di tipo verticale. Nel mese di giugno in corso è previsto che i responsabili delle varie aree di lavoro carcerario (area sicurezza e pedagogica in primis) concorrano a nominare, istituto per istituto, il referente locale del benessere, il quale a sua volta dovrà supportare il dirigente nella definizione del progetto locale del benessere. Si tratta di una svolta operativa, di linguaggio e di pratiche lavorative che potrebbe avere ripercussioni positive nella vita interna alle carceri. Non è un caso che nello stesso progetto formativo dell’Ispp si spiega come il sovraffollamento sia fattore di grande stress per i lavoratori. Più il personale sta bene più affronterà le criticità senza cadere nella tentazione dell’uso illegittimo della forza. Da tempo dal Consiglio d’Europa arriva un messaggio così riassumibile: il benessere del personale è la via breve per assicurare i diritti umani dei detenuti. Inoltre il piano prevede, a livello centrale, una formazione residenziale presso l’Istituto Superiore che sarà rivolta entro l’anno 2011 a 500 dirigenti e circa mille funzionari direttivi. La formazione decentrata coinvolgerà invece l’intero organico del personale direttivo e quindi circa 2.700 unità. Un’altra novità di grande rilievo è quella della sperimentazione di una convenzione con almeno un’università per regione per il riconoscimento di crediti formativi utili per il conseguimento di specifiche lauree o di master. Il Piano dell’Istituto superiore di studi penitenziari, da tutti consultabile sul web, descrive contenuti, durata e costi di ogni modulo formativo. Ad esempio il corso per il referente locale per il benessere organizzativo (la vera grande novità formativa) dura otto giorni, viene replicato quattro volte, per complessive 192 ore; costa solo 44.800 euro. Per quanto riguarda invece la formazione rivolta ai poliziotti penitenziari di qualifica più bassa essa è organizzata dall’Ufficio personale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Qui siamo nella ordinarietà dell’offerta formativa, molto più spostata sul terreno tradizionale della sicurezza. Duecento unità sono formate per far parte del Gruppo operativo mobile, una sorta di gruppo speciale di polizia carceraria. 350 agenti verranno formati per la traduzione e il trasporto dei detenuti ex art. 41-bis. Ventuno per addestrare cani antidroga. Settanta agenti per imparare a inserire dati sensibili nella banca dati Dna. La formazione specifica degli agenti è quindi prioritariamente volta a disciplinare gli aspetti legati alla classica attività di polizia. Non sono invece indicati quali siano i contenuti dell’attività formativa generica. Si intravede quindi uno scarto qualitativo tra la più raffinata e aperta formazione dei dirigenti e dei funzionari direttivi e la più scontata e chiusa formazione degli agenti del corpo di polizia penitenziaria. Va ricordato che questi ultimi sono oltre 40 mila. Giustizia: l’Unione europea richiede agli Stati membri trattamenti omogenei per i detenuti di Paolo Bozzacchi Italia Oggi, 23 giugno 2011 Uniformare il trattamento di tutti i detenuti europei. Questo l’ambizioso obiettivo della Commissione europea, che in settimana ha presentato un Libro verde per ottenere suggerimenti in materia di detenzione da tutti i professionisti del settore giustizia operanti in territorio europeo. La consultazione pubblica consta di dieci quesiti, relativi a come rafforzare la fiducia reciproca nel settore della detenzione. E sarà possibile inviare i contributi entro il prossimo 30 novembre. Il gap che Bruxelles sta tentando di sanare è quello tra le condizioni e la durata della detenzione, che variano notevolmente tra i paesi membri dell’Unione europea. A oggi i governi nazionali sono gli unici responsabili per le questioni in materia di detenzione e gestione delle carceri, ma spetta alla Commissione europea garantire il funzionamento della cooperazione giudiziaria nell’Ue e il rispetto dei diritti fondamentali, laddove gli strumenti di riconoscimento reciproco dell’Ue (quali ad esempio il mandato di arresto europeo) vengono attuati. Il Libro verde avvia una consultazione pubblica che permetterà di esplorare più da vicino i legami tra le questioni in materia di detenzione e fiducia reciproca nello spazio unico europeo di giustizia. Le condizioni di detenzione possono avere un impatto diretto sul corretto funzionamento del meccanismo di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie, ovvero la base della cooperazione tra le autorità giudiziarie e all’interno dell’Ue. Per esempio il mandato d’arresto europeo, in vigore dal 2004, rappresenta un efficace strumento per estradare le persone sospettate di reato da uno Stato membro all’altro, in modo tale da non permettere ai criminali di potersi nascondere in Europa. Tuttavia il sistema si blocca se le autorità giudiziarie negano l’estradizione degli imputati perché le condizioni carcerarie nel paese richiedente non rispettano le norme minime. Il sovraffollamento carcerario e le accuse di trattamento inadeguato dei detenuti possono altresì minare la fiducia necessaria alla cooperazione giudiziaria nell’Unione europea. Il tempo che una persona può trascorrere in stato di detenzione prima di essere sottoposta a giudizio e durante il procedimento giudiziario varia considerevolmente da uno Stato membro all’altro. In alcuni paesi una persona può essere trattenuta in custodia cautelare per un periodo fino a quattro anni. Periodi di detenzione preventiva eccessivamente lunghi sono dannosi per le persone, possono pregiudicare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri e non corrispondono ai valori propugnati dall’Unione europea. Le opzioni per migliorare la fiducia reciproca tra le autorità giudiziarie formulate nel Libro verde includono la promozione dello scambio delle migliori prassi in materia di condizioni di detenzione tra le amministrazioni nazionali, le alternative alla reclusione per i minori e un miglior monitoraggio delle condizioni di detenzione da parte dei governi nazionali. Giustizia: Cassazione; l’isolamento notturno non è una sanzione, ma una modalità della pena www.diritto.it, 23 giugno 2011 I giudici di legittimità si sono di recente pronunciati (sent. 22072/2011) sulla natura dell’isolamento notturno, qualificandolo come una modalità di esecuzione della pena dell’ergastolo. Nel caso posto all’attenzione della Corte, un detenuto lamentava la mancata attuazione del disposto di cui all’art. 22 del codice penale, che prevede l’isolamento notturno in caso di ergastolo. Il Magistrato di sorveglianza non aveva disposto la misura, osservando che essa non costituiva un vera e propria sanzione per l’ordinamento penale, a differenza invece dell’isolamento diurno, sanzione espressamente prevista dall’art. 72 del codice penale per i reati che concorrono con un delitto per il quale viene irrogata la pena dell’ergastolo. La Corte di Cassazione, respingendo il ricorso del detenuto, confermava la decisione del magistrato di sorveglianza, precisando che l’isolamento notturno rappresenta un inasprimento sanzionatorio e non una sanzione, e che peraltro gli artt. 22, 23, e 25 del codice penale che lo prevedono come modalità attuativa della pena dell’ergastolo, della detenzione o dell’arresto, sono da ritenere implicitamente modificati in seguito all’entrata in vigore della legge 26 luglio 1975, n. 354, recante Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative limitative della libertà. In particolare, l’art. 6, co. 2, della legge in questione stabilisce che i locali destinati al pernottamento dei detenuti consistono in camere dotate di uno o più posti; inoltre le norme in materia penitenziaria prevedono che i detenuti in linea di massima devono essere alloggiati durante la notte in camere individuali, salvo nel caso in sia considerata vantaggiosa una sistemazione in comune con altri detenuti. Da un punto di vista pratico occorre fare i conti col fenomeno del sovraffollamento delle carceri, e, giacché le prescrizioni appena citate non hanno natura di norma cogente, possono essere previste eccezioni (e anche numerose) anche a causa di difficoltà strutturali e organizzative. Lettere: uomini o bestie? per legge i suini vanno allevati in 6 mq, ai detenuti bastano 2,7 mq! di Giovanni Battista Barillà Tempi, 23 giugno 2011 Nel 2006 il parlamento italiano riceveva solennemente Giovanni Paolo II, il quale ebbe come sempre il coraggio di affrontare temi difficili e scomodi per il “mondo”. Tra le altre cose, il beato si faceva portavoce di quella parte di popolazione che in genere a nessun politico interessa, in quanto non portatrice di consenso, ossia quella carceraria, e chiedeva provvedimenti di clemenza che andassero nella direzione di quanto auspicato dalla Costituzione (e prima ancora dal diritto naturale): senso di umanità e rispetto della dignità dei detenuti. Venne approvato l’indulto (e l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella pagò caro quell’atto di coraggio così impopolare nella nostra società sempre più manettara e giustizialista). Ma non basta. Ora siamo daccapo e le condizioni dei detenuti si aggravano vieppiù. Le carceri italiane si riempiono di extracomunitari e di tossicodipendenti, trasformandoli in delinquenti abituali. Il guru radicale Marco Pannella protesta e chiede l’amnistia. Dobbiamo per forza lasciare sempre e solo a lui queste iniziative? Si potrà obiettare che questo non è proprio il momento adatto per proporre un provvedimento che viene percepito dall’elettorato come odioso. La realtà è che se il governo non ritroverà il coraggio per sconfiggere la piaga giustizialista che si annida anche al suo interno, cadrà esso stesso vittima di questo cortocircuito, e a farne le spese sarà tutto il paese, che si risveglierà sotto la tutela dei De Magistris e accoliti vari, ai quali non basterà più solo Napoli ma punteranno ben più in alto. Gentile Barillà, dietro le sbarre abbiamo fraterni compagni, amici, conoscenti. E ancora, sebbene da avventizi, politici esemplari (come l’onorevole Renato Farina che non si è mai dimenticato di visitare i carcerati), fratelli che compiono opere di misericordia corporale, educatori, formatori, cooperanti come i sublimi Giotto di Padova. Insomma, un popolo. Ci vorrebbe un’amnistia, è chiaro. Sarebbe un provvedimento intelligente e saggio, specie se fosse accompagnato dall’introduzione del “braccialetto elettronico” che garantirebbe ulteriore razionalità all’alleggerimento delle prigioni dal loro carico di pena e, al tempo stesso, risponderebbe alle esigenze di sicurezza dei cittadini. Ma, ahinoi, la politica è sotto schiaffo, i manettari campano alle spalle dell’ignoranza, il Parlamento è assediato da mani pulite e carriere molto prensili. Non si vede alcuna serietà in giro. E poi i media se ne fottono, pensano ai cani, al fitness, alle cremine, ai cereali. Commerciano in ogni genere di protesta. E gonfiano le grida. Ok “In galera!”. Altro che Cesare Beccaria. L’illuminismo laico è morto e sepolto sotto valanghe di retorica falsa e ipocrita. Cosa volete che importino agli orchestranti la danza sul Titanic italiano l’ultraffollamento delle carceri o l’amnistia? Sentite questa che ci arriva dagli ergastolani di Biella: “La direttiva 91/360 Cee recepita dall’Italia con Ddl 534/92 e direttive successive (2001/88 e 2001/93) recanti modifiche sulle norme per la protezione dei suini spiega che per l’alloggiamento verri la superficie minima consentita è di 6 mq, ottimale 9. I detenuti vivono in spazi più ridotti e nessuno si azzarda a chiedere riforme. La Corte europea di Strasburgo ha già condannato l’Italia per violazione dei diritti dell’uomo. Lo Stato italiano dovrà risarcire per danni morali Izet Sulejmanovic, recluso a Rebibbia dal novembre 2002 all’aprile 2003, perché per tutta la durata della pena ha avuto a sua disposizione 2,7mq”. Il Direttore di “Tempi” Lettera: i media, la politica e le carceri… mondi immaginari e mondi reali di Furio Colombo Il Fatto Quotidiano, 23 giugno 2011 Caro Furio Colombo, non dirò che sono meravigliato del silenzio intorno al digiuno di Pannella. È un fatto abituale. Ma la ragione come si fa a ignorarla, persino se non si vuol parlare di Radicali? La ragione è che le prigioni esplodono, mancano le guardie e la finzione di costruire nuove prigioni non viene neppure più ripetuta. Pannella dice “amnistia” e si leva un coro indignato. Capisco, se l’indignazione si accompagnasse con una soluzione diversa. Invece c’è irritazione, poi silenzio e basta. Tu vedi una via d’uscita? Tommaso Purtroppo conosciamo la sequenza. Prima si ignora in modo rigoroso quella strana cosa che è il digiuno per una causa o ragione umana o politica. Poi comincia a crearsi un po’ di attenzione sul personaggio che digiuna, visto e commentato con pazienza, poiché è persona non giovane, che rischia. Se necessario si disputa sul metodo e sulla sua efficacia in politica. Infine, saltando il tema disperato delle prigioni dove il suicidio è diventato un modo regolare per “uscire”, si discute di amnistia. E dal momento che - in effetti - l’amnistia come istituzione giuridica si presta a obiezioni, discussioni, raffronti storici e riflessioni morali, va del tutto perduta la ragione estrema che induce il digiunatore a invocare l’amnistia. Il punto non è se sia o no ragionevole e giusto amnistiare i carcerati adesso. Il punto è dove metterli. O meglio come farne uscire una parte che consenta all’altra di sopravvivere, e consenta di riavvicinare la detenzione a una condizione umana, per quanto punitiva, non a una insopportabile tortura. E a coloro che sono pronti ad aprire un dibattito sugli effetti negativi di una amnistia, Pannella, ad ascoltarlo, spiegherebbe che c’è già una amnistia, vasta e molto conveniente per coloro che possono concedersi buoni avvocati. Un po’ di pazienza e arriva, in un modo o nell’altro, la prescrizione. L’amnistia, come la vede Pannella, è una misura necessaria e calcolata per far fronte a una emergenza. L’emergenza affollamento disumano non è minore della emergenza di un incendio o di una alluvione. Invece di aprire un dibattito, se qualcuno brucia o affoga, prima cosa si creano vie di fuga. Tutto questo sarebbe chiaro e anche elementare se Pannella avesse lo stesso accesso ai media della solida tribù del microfono aperto (in Usa si dice “Talking Heads”), una tribù a numero chiuso dove (veniamo a sapere) non si entra senza una buona parola di Bisignani (ciascuno ha il suo Bisignani). Ma Pannella, da bravo, fa il suo sciopero della fame da due mesi. E, da alcuni giorni, è passato allo sciopero della sete. Non è proprio un ragazzino ma continua a provare. Ci aiuta, se non altro, a mettere in graduatoria ordinata i mali che affliggono il Paese: primo, il sistema delle informazioni, secondo la politica, terzo le carceri. Ma nei primi due si vive alla grande. Nel terzo si muore. Ed è per questo che Pannella pianta la grana. E rischia. Lettere: fermare subito Pannella, contro l’assuefazione al peggio Il Foglio, 23 giugno 2011 Al direttore - Marco Pannella è in sciopero della sete, e con lui molti avvocati penalisti portano avanti uno sciopero della fame a staffetta nella comune considerazione che il carcere italiano rappresenti uno dei costi esterni, tra i più iniqui e trascurati, del legiferare e governare emergenzialista e panpenalista vigente nel nostro paese. Anche il decreto sviluppo, sul quale il governo ha appena ottenuto la fiducia, laddove introduce il famigerato silenzio assenso per il rilascio del permesso di costruire, contiene una previsione in base alla quale il professionista che attesta la regolarità e la conformità dell’intervento edilizio rispetto a tutte le norme incidenti - sostituendosi in questo modo a una Pubblica amministrazione che sembra si possa “riformare” soltanto attraverso la deresponsabilizzazione dei suoi uffici - se sbaglia, rischia la reclusione in carcere da uno a tre anni. Non sarebbe il caso, che il governo offrisse ai cittadini le necessarie garanzie sulla regolarità dei provvedimenti amministrativi, senza ricorrere al bracardiano, travaglista e dipietrista “in galeraaaa”? Marco Eramo Bisogna fermare Pannella contro l’assuefazione al peggio. Non è un impostore, come molti idealisti. Assume la politica come calcolo morale, come implicazione e rischio personale, da decenni. Vanno accolte le sue richieste, che sono realiste e giuste. Alfano ha fatto bene a visitarlo. Ora bisogna agire per risolvere la situazione. Lazio: Nieri (Sel); subito un Consiglio straordinario su emergenza carceri Asca, 23 giugno 2011 L’emergenza carceri è un tema che non può più essere trascurato. Con una popolazione di circa 67mila detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 45mila posti letto, il sovraffollamento delle carceri deve essere posto all’ordine del giorno dell’agenda parlamentare come pure del Consiglio regionale del Lazio, che ha il dovere di esprimersi. Per questo, dopo aver presentato una mozione che affronta la situazione di grave affollamento degli istituti penitenziari del Lazio, chiediamo la convocazione di un Consiglio straordinario sul tema. È quanto ha richiesto Luigi Nieri, capogruppo di Sinistra Ecologia Libertà nel Consiglio regionale del Lazio nel suo intervento in aula. “Con l’arrivo dell’estate e di fronte al progressivo aumento della popolazione carceraria, le condizioni di vita dei detenuti rischiano di aggravarsi ulteriormente. La Regione non può continuare a ignorare un’emergenza umanitaria che sta assumendo dimensioni preoccupanti anche nel Lazio dove i detenuti presenti sono circa 6.600, a fronte di una capienza regolamentare di circa 4600 posti letto”, conclude Nieri. D’Ambrosio (Udc): affrontare emergenza carceri in seduta straordinaria Il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio, Raffaele D’Ambrosio (Udc), intervenendo oggi in aula durante l’assemblea della Pisana sulla mozione riguardante l’estradizione di Cesare Battisti in Italia, ha detto che “non bisogna mai perdere la memoria storica e abbassare la guardia nei confronti del terrorismo, soprattutto in momenti così complessi della vita politica, sociale ed economica italiana. La non estradizione di Cesare Battisti è uno schiaffo all’Italia e alla sua memoria storica. La condanna al terrorismo - ha aggiunto - deve essere sempre ferma”. A proposito delle problematiche delle carceri sollevate in aula, D’Ambrosio ha aggiunto: “Le carceri laziali scoppiano, la situazione sta diventando esplosiva ed è quindi necessario un consiglio straordinario per affrontare la grave situazione di sovraffollamento degli istituti di pena. Invito tutto il consiglio e la presidente Renata Polverini a fare una seria riflessione essendo molte problematiche delle carceri di competenza regionale. È un problema urgente che deve essere affrontato con la massima attenzione. Abbiamo ormai un sovraffollamento dei detenuti che sta superando i livelli di guardia - ha continuato D’Ambrosio. Nelle carceri italiane si trovano oggi 69 mila detenuti a fronte di appena 44 mila agenti di polizia penitenziaria che dovrebbero invece essere in numero ben superiore: la situazione non esplode ancora per la loro abnegazione e quella di tutti gli operatori carcerari. Durante la mia visita di pochi giorni fa a Rebibbia - ha detto ancora - ho riscontrato la presenza di circa 1700 detenuti rispetto a una capienza massima di circa 1100. È compito quindi del Consiglio regionale - ha concluso D’Ambrosio - occuparsi con decisione e urgenza dell’emergenza carceri nel Lazio”. Sicilia: Fleres (Pdl); situazione carceri sempre più drammatica, dalla Regione colpevoli ritardi Ristretti Orizzonti, 23 giugno 2011 Il mio intervento si colloca all’interno del drammatico tema della situazione penitenziaria. Intanto mi associo integralmente alle dichiarazioni della senatrice Poli Bortone relativamente all’invito rivolto a Marco Pannella affinché sospenda lo sciopero della fame, perché non è solo: non c’è bisogno di un ulteriore sacrificio che egli sta compiendo nelle sue condizioni fisiche perché, accanto a lui, all’interno del Parlamento, nella società civile ci sono tante persone che si battono per le sue stesse ragioni e per una maggiore dignità di vita all’interno delle carceri. Ciò detto, onorevole Presidente, purtroppo la drammaticità non cessa di attenuarsi. Walter Bonifacio ed Alessandro Giordano erano due detenuti del carcere di Padova, reclusi insieme ad un terzo carcerato. I primi due si sono suicidati: il primo il 24 maggio, il secondo nella notte tra il 5 ed il 6 giugno, entrambi utilizzando il gas. Questi episodi sono gli ultimi, purtroppo, di una lunga serie che nel decennio appena trascorso conta oltre 600 vittime. Ebbene, nonostante questo Parlamento più volte si sia occupato di temi legati alla detenzione, nonostante questo Parlamento più volte abbia approvato mozioni, ordini del giorno, atti di indirizzo e leggi, nonostante tutto questo, la situazione penitenziaria continua a non trovare uno sbocco, che non può essere circoscritto al dibattito di una giornata, ad un momento emotivo, alla denuncia di un episodio. È necessario un indirizzo forte affinché il tema entri nell’agenda del Governo e soprattutto, per quanto ci riguarda, nell’agenda del Parlamento. So anche che non è facile comprendere le ragioni dei reclusi, che vengono considerati quasi un non prodotto della nostra società, quasi degli alieni e invece non sono tali. Mi rendo conto che gli interventi che io e qualche collega facciamo spesso vengono considerati inopportuni e quant’altro, ma io intendo proseguire. Inoltre continuo a segnalare e a denunciare (ho terminato, Presidente: mi perdoni se ho preso qualche secondo in più, ma il tema lo richiede) i ritardi colpevoli della Regione Siciliana, che continua a non adottare il decreto sulla sanità penitenziaria, con ciò comportando una forte violazione dell’articolo 3 della Costituzione per i reclusi che scontano la loro pena nella nostra Regione. Considero colpevole l’atteggiamento del Governo della Regione, del Presidente della Regione, dell’assessore alla sanità e di quanti sostengono questa azione ignobile che sta facendo venir meno un diritto di tutti cittadini, soprattutto di quelli che sono privati della libertà. (Applausi dai Gruppi Pdl e Cn - Io Sud e del senatore Perduca). Napoli: Radicali; domani manifestazione davanti a Poggioreale “nella nostra città c’è un lager” di Eleonora Mastromartino Notizie Radicali, 23 giugno 2011 Rodolfo Viviani è il presidente dell’associazione radicale “Per la Grande Napoli” e già lo scorso venerdì, ma anche ieri, oggi e domani dalle 7 alle 9 sarà davanti al carcere di Poggioreale a parlare con i parenti dei detenuti in coda per poter visitare i propri familiari. Con loro si confronta, insieme ai suoi compagni di partito, sulle condizioni in cui versa il carcere, prendono nota dei loro racconti e li invitano ad unirsi allo sciopero della fame che Marco Pannella porta avanti dal 20 aprile scorso. “Sono in fila dalle 4 del mattino - racconta Viviani - fanno code lunghissime con bambini e anziani per riuscire ad entrare e vedere i familiari, per tentare di migliorare la loro giornata, resa difficilissima dalle condizioni disumane in cui vivono”. Viviani riporta i racconti che arrivano dall’Istituto Penitenziario napoletano.” Ventidue ore in una cella, facendo a turno per poggiare i piedi a terra perché la stanza è troppo stretta per contenerli tutti. In alcuni padiglioni da qualche giorno manca l’acqua corrente, le cure mediche non sono sufficienti, per non parlare della struttura che è vecchia e fatiscente, non potrebbe neppure contenerlo un carcere”: I compagni di partito di Pannella il carcere di Poggioreale lo conoscono bene, “mmi meraviglio - sottolinea il presidente dell’associazione - di come in quelle condizioni non sia ancora successo niente di violento, il rischio di proteste fuori controllo è molto alto.” Lo sciopero della fame va avanti da giorni e raccoglie consensi dentro e fuori le carceri, secondo Viviani sono più di 1.300 i detenuti che stanno digiunando e almeno una cinquantina i familiari che si sono uniti alla protesta negli ultimi giorni. “Noi chiediamo una amnistia - aggiunge Viviani - sono venti anni che non se ne fa un a e in queste condizioni l’indulto non serve a niente. L’amnistia invece serve anche a livellare le differenze sociali: chi può permettersi un buon avvocato in carcere non ci finisce, negli istituti penitenziari c’è solo chi non ha i mezzi per una difesa dignitosa”. Quello che il movimento chiede è che si apra un dibattito sull’argomento, che si torni a parlare del problema carceri e delle possibili soluzioni. Proprio per attirare l’attenzione della città, venerdì davanti al carcere di Poggioreale si terrà una manifestazione. Le motivazioni le spiega lo stesso Viviani con parole molto forti. “C’è bisogno che Napoli si renda conto che ospita un lager”. Venezia: da domani a domenica le detenute della Giudecca protestano per solidarietà a Panella Ristretti Orizzonti, 23 giugno 2011 Da domani, venerdì 24 giugno, fino a domenica 26 giugno le detenute del carcere della Giudecca protesteranno con la “battitura” delle sbarre dalle ore 12 alle 12.30 e dalle 18 alle 18.30. L’iniziativa vuole essere una testimonianza di solidarietà alla lotta di Marco Pannella contro il sovraffollamento delle carceri e per un’amnistia. Ferrara: Radicali; oltre 200 adesioni allo sciopero della fame a sostegno di Pannella Agenzia Radicale, 23 giugno 2011 “Grazie, grazie, grazie, forza e coraggio”. È un sorriso che da Ferrara arriva a Roma quello di Mario Zamorani, che si rivolge ai 188 detenuti del carcere di Ferrara che si sono affiancati all’iniziativa nonviolenta di Marco Pannella con uno o più giorni di sciopero della fame. Dopo il già annunciato digiuno in città di decine fra parenti di detenuti, esponenti della Camera penale e di Radicali Ferrara, questa “nobile e persino commovente azione” di tanti detenuti presenti a Ferrara “rompe un silenzio che dura da troppo tempo: siamo infatti già a quasi due mesi di digiuno e al quarto giorno di sciopero della sete di Pannella”. La protesta è attuata per chiedere che “l’Italia torni a potere essere in qualche misura considerata una democrazia - spiega il presidente dei Radicali di Ferrara, soprattutto per la situazione disumana delle carceri italiane e per la condizione drammatica della giustizia”. In tutta la penisola sono circa 14mila le persone che partecipano a questa iniziativa e fra questi “molte migliaia sono detenuti ristretti in condizioni davvero terribili e inumane”. “È necessario che tutti, anche a Ferrara - incalza Zamorani, sappiano della vostra difficile e generosa azione, e se così sarà sono certo che tutte le persone per bene e di buona volontà saranno vicine a voi. A Ferrara siete in 188 ma secondo altre fonti siete persino 237 in questa lotta per la democrazia, perché le carceri oggi sovraccariche al 150% della loro capacità massima tornino in condizioni di legalità, cessino di essere comunità dolenti, che vi vedono offesi assieme agli agenti di custodia e a tutti gli altri operatori”. Il pannelliano fa presente che oggi con una lettera è intervenuto sul tema anche il presidente Napolitano che ponendo l’accento sulle battaglie più recenti di Pannella, assicura il suo impegno a richiamare “l’attenzione di tutti i soggetti istituzionali responsabili sollecitandoli ad adottare le indispensabili misure amministrative, organizzative e legislative. Non sono ammissibili sottovalutazioni e fatalismi di fronte a situazioni drammaticamente incompatibili con il rispetto della dignità delle persone e con la necessità di fornire un ‘servizio giustizià efficiente, a garanzia dei diritti fondamentali dei cittadini: un servizio che deve essere esercitato da magistrati indipendenti e imparziali, con il rigore e l’equilibrio che ho costantemente invocato”. “La battaglia non finisce qui - assicura Zamorani, anzi è solo cominciata”. Palermo: i detenuti dell’Ucciardone protestano e vengono denunciati per “schiamazzi notturni” di Riccardo Arena www.ilpost.it, 23 giugno 2011 Palermo, carcere dell’Ucciardone. Siamo al paradosso nella ottocentesca galera siciliana. Ci giunge notizia infatti che alcune persone detenute nella nona sezione sarebbero state denunciate per schiamazzi notturni. Motivo della denuncia: l’aver effettuato la classica battitura delle sbarre dalle ore 23 alle ore 24, in segno di protesta nonviolenta per il trattamento disumano e degradante subito. Come dire: all’interno di istituti dello Stato, come le carceri, si subisce un trattamento barbaro e violento, si reagisce con una protesta nonviolenta e si viene per questo denunciati. Un bell’esempio di Stato di diritto, no? E non a caso parlo di trattamento barbaro e violento subìto dalle persone detenute all’Ucciardone. È barbaro e violento rinchiudere dieci persone in celle di appena 15 metri quadrati. È barbaro e violento lasciare quelle dieci persone chiuse in cella per 22 ore al giorno. Come è barbaro e violento acconsentire che quelle 10 persone vivano tra topi, scarafaggi e sporcizia. Ovvero esattamente ciò che avviene all’Ucciardone. Un trattamento barbaro e violento che integra dei reati. Solo due esempi: maltrattamenti e abuso d’ufficio. Reati che ben potrebbero essere contestati a chi dirige il carcere dell’Ucciardone e che ne ha la responsabilità. E invece? Invece non accade nulla. E questo perché il carcere oggi, e non solo quello dell’Ucciardone, è un luogo senza legge e senza giustizia. Il solerte accertamento dei Pm si ferma fuori dai vecchi portoni delle italiche prigioni. I detenuti sono in un luogo di punizione illegale, gestito da impuniti perché lì regna l’impunità. È il lodo carcerario. Impunità che non riguarda di certo i detenuti. Loro ovviamente sono sempre colpevoli. Anche di schiamazzi notturni solo per aver fatto pacificamente la battitura delle sbarre. No. Visto da una cella, questo non deve sembrare proprio uno Stato fondato sul diritto. La lettera a Radiocarcere da gruppo di detenuti del carcere l’Ucciardone Cara Radiocarcere, come sai oltre allo sciopero della fame noi abbiamo anche fatto la battitura delle sbarre. Ebbene ti scriviamo per informarti che alcuni dei nostri compagni sono stati denunciati per schiamazzi notturni proprio perché, insieme ad altri facevano la battitura. Noi siamo rimasti allibiti e poi ci domandiamo perché schiamazzi notturni se la battitura ha sempre cessato alle ore 24? Tuttavia sappi che noi tra poco riprenderemo sia la battitura che lo sciopero della fame, anche perché viviamo in celle sovraffollate e invase da topi, scarafaggi e zanzare. Insomma siamo davvero arrivati al limite della nostra sopportazione. Lanusei (Og): detenuti denunciano grave situazione; celle due metri sotto terra, senza luce e aria Agenparl, 23 giugno 2011 “Nelle celle penetra la luce esterna a malapena in quanto le stesse sono site due metri sotto terra rispetto alla piccola finestra ostruita da due sbarre e una griglia. Siamo costretti a tenere la luce artificiale accesa tutto il giorno e a lungo andare ci crea problemi alla vista”. Inizia così una lettera - appello inviata da un gruppo di detenuti del carcere di Lanusei all’associazione “Socialismo Diritti Riforme”. “Abbiamo - prosegue la lettera - i blindi in legno per lo più chiusi giorno e notte. Senza un’adeguata areazione siamo costretti in sei e anche in sette in 20 metri quadri. Con questo caldo afoso è veramente soffocante. Per quanto riguarda i servizi igienici ci troviamo all’interno della cella con un bagno 1 metro per 1 metro nascosto da un muretto e da una tendina con spesso la presenza di topi, mentre la muffa nei muri fa capire quanto l’ambiente sia umido e invivibile. I letti, a tre piani, non sono fissati a terra e non esistono spazi per fare attività fisica e tanto meno ricreativa”. “Per quanto riguarda i colloqui - denunciano i detenuti - ci troviamo a fare i conti con un muro divisorio, alto quanto largo di circa 1 metro e 20 centimetri che ci impedisce di salutare i nostri familiari in modo affettivo con un abbraccio ma limitandoci a un colloquio visivo”. “È urgente - sottolinea Maria Grazia Caligaris, presidente di Sdr, alla quale i detenuti hanno chiesto un incontro - che la situazione del carcere di Lanusei, ricavato da un antico Convento risalente al 1700, venga affrontata nell’ambito della ristrutturazione penitenziaria isolana. Il nuovo Provveditore Gianfranco De Gesu, appena insediatosi, dovrà inserirlo tra gli interventi prioritari e insieme al Direttore provvedere al limitarne il sovraffollamento e predisporre interventi urgenti di recupero e manutenzione. I detenuti esasperati intendono rivolgersi alla Corte Europea di Giustizia per denunciare un situazione insostenibile. Del resto - conclude la presidente di Sdr - il carcere ogliastrino è fuori dal circuito degli Istituti che periodicamente vengono visitati dai Parlamentari. Anche per questo i detenuti si sentono abbandonati dalle Istituzioni”. Massa: cooperativa sociale “La Galeotta” in sciopero della fame contro i tagli al carcere Il Tirreno, 23 giugno 2011 Mentre Marco Pannella continua lo sciopero della fame (e della sete) per richiamare l’attenzione sul sovraffollamento delle carceri, è iniziato ieri sera in città un altro sciopero della fame. Quella di Lorenzo Porzano. Porzano è presidente della cooperativa sociale La Galeotta e titolare della ditta di carpenteria Carovana Lavoro, due realtà che operano a contatto con l’universo carcerario apuano, offrendo ai detenuti occasioni di re - inserimento lavorativo e di formazione. Ebbene, proprio ieri la direzione del carcere di Massa gli ha inviato lettera in cui si annuncia che, “in seguito a una comunicazione del provveditorato regionale per la Toscana dell’amministrazione penitenziaria” la Casa di reclusione è costretta, “suo malgrado”, a interrompere con decorrenza immediata la convenzione che prevedeva sgravi contributivi e fiscali a favore della società “disposti in forza della legge Smuraglia”. In altri termini, spiega lo stesso Porzano, la legge Smuraglia istituita per favorire i percorsi di re - inserimento lavorativo dei carcerati attraverso l’erogazione di contributi e sgravi alle aziende convenzionate, non è più stata finanziata. “E noi ci ritroviamo senza sapere che fare, con sei anni di lavoro svolti che rischiano di finire nel nulla”. Porzano è uno che nell’attività a favore dei carcerati ci crede: “Queste persone spesso non hanno professionalità, non hanno mestieri; la legge Smuraglia è lo strumento giusto per favorire questo processo di inserimento lavorativo ed evitare la recidiva”. E a questo obiettivo ha dedicato tempo, lavoro e passione. E anche di più: “Nei giorni scorsi - racconta ad esempio - ho ospitato a casa per tre giorni un giovane marocchino appena uscito dalla casa circondariale. Non potevo lasciarlo per strada...”. Da qui la decisione di iniziare lo sciopero della fame: “Devono ascoltarci, è ingiusto cancellare così una legge efficace”. Firenze: Opg di Montelupo; la Regione annuncia “chiusura entro dicembre 2012” Redattore Sociale, 23 giugno 2011 Lo ha annunciato la regione Toscana. Nel luglio 2012 saranno trasferiti 50 pazienti toscani. Poi toccherà a quelli delle altre regioni, dove “sono già pronte strutture alternative adeguate”. L’Opg di Montelupo fiorentino sarà chiuso entro dicembre 2012. Questi gli auspici della regione Toscana e del Dap emersi durante il convegno ‘Un progetto regionale per il superamento dell’Opg di Montelupo’ tenutosi questa mattina a Firenze. “Il superamento dell’ospedale psichiatrico giudiziario - ha spiegato Roberto Bocchieri, dirigente della regione Toscana - si suddividerà in tre fasi”. Innanzitutto, “ci sarà la presa in carico delle persone dimissibili a carico dei dipartimenti di salute mentale”, dopodiché “una parte dei pazienti sarà trasferita presso strutture residenziali adeguate”. Infine, “tutti gli altri saranno internati in strutture di sicurezza con una presenza perimetrale di polizia giudiziaria”. “Ogni regione - ha precisato Bocchieri - ha già individuato le strutture alternative adeguate in cui trasferire gli internati”. Attualmente all’Opg di Montelupo sono presenti 146 persone, a fronte di una capienza regolamentare di 201. Nello specifico, si tratta soprattutto di toscani (47), liguri (29), e sardi (28). “Dall’inizio dell’anno - ha detto con soddisfazione Daniela Scaramuccia, assessore alla sanità della regione Toscana - abbiamo già dismesso 14 pazienti” e l’obiettivo è quello di “accelerare il processo di dismissione nel più breve tempo possibile”. Fiducioso sulla chiusura dell’Opg anche l’assessore regionale alle politiche sociali Salvatore Allocca: “La Toscana si sta impegnando per dismettere tutti i suoi pazienti, ma serve la collaborazione delle regioni dalle quali provengono gli altri pazienti”. Tra i primi pazienti ad essere dismessi dall’Opg, ha spiegato il provveditore regionale del Dap Maria Pia Giuffrida, “saranno, intorno al prossimo luglio, i circa 50 toscani, che saranno trasferiti nella struttura adiacente all’Opg, villa Ambrogiana, area a carattere sanitario da consegnare alla regione in cui attualmente si stanno svolgendo i lavori di ristrutturazione”. L’idea, ha poi concluso Giuffrida, è quella di “trasformare l’Opg in un carcere in cui ospitare circa 150 detenuti a bassa pericolosità”. Allocca: avere il coraggio di completare la riforma Basaglia Secondo l’assessore al welfare della regione Toscana “occorrono impegni e scadenze precise, che sappiano individuare senza ambiguità l’obiettivo finale”. “Per il superamento dell’Opg di Montelupo ci vuole il coraggio di portare a compimento la riforma Basaglia. Va bene una road map, che individui tappe intermedie, ma occorrono impegni e scadenze precise, che sappiano individuare senza ambiguità l’obiettivo finale. Una road map che deve prefigurarsi come una exit strategy, la strada per la definitiva uscita da istituzioni di tipo manicomiale”. Così l’assessore al welfare Salvatore Allocca, intervenendo al convegno sul progetto regionale di superamento dell’Opg di Montelupo Fiorentino, ha espresso con chiarezza la propria idea sul percorso da attivare. “Fermo restando l’impegno della regione - ha spiegato Allocca - nella pronta presa in carico tramite i Dipartimenti di Salute Mentale territoriali delle persone ritenute dimissibili e attivate le eventuali strutture residenziali ad alta intensità di cura per tutti le altre ancora bisognose di attenzione ed accoglienza, rimane la fase tre prevista nell’Allegato C del Dpcm del 2008, ovvero la regionalizzazione anche di coloro ancora sottoposti a misure di sicurezza e non ancora dimissibili. Occorre quindi attivare un percorso, caratterizzato da una precisa scansione delle fasi, che conduca alla restituzione di queste persone al territorio”. Allocca ha poi proseguito il suo intervento evidenziando che “l’Opg sarà veramente chiuso e superato, nella sua natura manicomiale e carceraria, nel momento in cui sarà attivato un modello diverso di presa in carico dei malati di mente, impropriamente definiti sin qui internati. Questo richiede una forte determinazione, da parte di tutti. È necessario avere il coraggio di completare una grande riforma che aspetta ormai da troppo tempo la sua definitiva realizzazione che ha trasformato in modo radicale l’idea dell’approccio alla malattia mentale cancellando l’istituzione manicomiale. Per farlo - ha detto ancora - è necessaria una rivisitazione della legislazione nazionale rivedendo la legge Gozzini e superando le ambiguità residue tra il recepimento delle pronunce della Corte Costituzionale ed il mantenimento implicito di principi contenuti nel codice Rocco, per arrivare ad affermare il principio che i malati vanno curati e non contenuti”. Una riforma che si è fermata proprio sulla soglia degli Opg. “Nell’attesa - ha concluso Allocca - che si determino condizioni più favorevoli a tali cambiamenti non si può stare fermi ed il percorso che si era inceppato va ripreso con forza individuando l’obiettivo del superamento e della chiusura come un obiettivo non settoriale ma complessivo, che risponde alla storia, alla identità ed al profilo politico della Toscana”. Roma: le coop scrivono ad Alfano; ripristinare i fondi per il lavoro dei detenuti Redattore Sociale, 23 giugno 2011 La sorpresa di fronte all’annuncio del ministro: “Il rischio grave è che venga reso inutile un percorso lungo e difficile che ha portato al recupero di moltissimi detenuti che altrimenti sarebbero stati riassorbiti dal circuito criminale” “Abbiamo appreso con stupore il contenuto delle comunicazioni dell’amministrazione penitenziaria giunte alle cooperative sociali circa l’esaurimento dei fondi destinati al finanziamento della legge 193/2000 (cosiddetta Smuraglia) ed ai relativi sgravi fiscali e contributivi destinati all’assunzione di detenuti ed al lavoro all’interno delle carceri”. È quanto si legge in una nota di Cooperativa Sociale 29 Giugno - Cooperativa Sociale Pantacoop. “Ricordiamo quanto il lavoro sia importante in un percorso di risocializzazione e reinserimento e quanto la legge Smuraglia abbia finora favorito ed agevolato molti datori di lavoro intenzionati ad assumere ed occupare detenuti. In particolare la preoccupazione è sentita da parte delle cooperative sociali che nei mesi e negli anni passati hanno ideato e realizzato specifici progetti che prevedono l’inserimento lavorativo di detenuti e che in buona parte verrebbero vanificati dalla mancanza del sostegno della normativa in questione”. “Il rischio grave è che venga reso inutile un percorso lungo e difficile che da anni, dall’applicazione della riforma Gozzini, ha portato al recupero sociale, civile e professionale di moltissimi detenuti che altrimenti sarebbero stati con facilità riassorbiti dal circuito criminale e delinquenziale. Le carceri italiane già si trovano a dover quotidianamente affrontare la situazione ormai drammatica ed insostenibile del sovraffollamento. Speriamo che non si aggiunga un altro peso ad aggravare ulteriormente una condizione al limite del sopportabile. Dunque speriamo ed auspichiamo che possa essere trovata al più presto una soluzione che ripristini il finanziamento previsto dalla legge 193/2000 con l’emanazione di un provvedimento che stabilisca le modalità e l’entità delle agevolazioni e degli sgravi previsti dalla legge 193/2000”. Milano: tenta il suicidio un Assistente capo di Polizia Penitenziaria, è in gravi condizioni Ansa, 23 giugno 2011 Un Assistente capo di polizia penitenziaria, in servizio presso il Gruppo Operativo Mobile - Gom - di Milano Opera, nella tarda serata di ieri ha tentato il suicidio ed è ora ricoverato presso l’Ospedale Fatebenefratelli di Milano. Lotta tra la vita e la morte. “Siamo sconcertati per l’accaduto e forte è la preoccupazione per il fenomeno dei suicidi tra gli appartenenti alle forze di polizia, ed alla Polizia penitenziaria in particolare. Bisogna capire e accertare quanto hanno eventualmente inciso l’attività lavorativa e le difficili condizioni operative del collega che ha posto in essere il tragico gesto estremo, nonché le problematiche connesse alla vita personale dello stesso. La continuità e la periodicità con cui avvengono questi tristi eventi deve fare seriamente riflettere la nostra Amministrazione, che non può non prendere atto delle manifestazioni più drammatiche e dolorose di un disagio derivante, oltre che da problematiche attribuibili alla propria sfera personale, probabilmente anche da un lavoro difficile e carico di tensioni”. Ad affermarlo è Donato Capece, segretario generale del Sappe, il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. “Nonostante il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, al fine di verificare le condizioni di disagio psico-fisico del personale, si fosse impegnato nel passato per attivare dei centri di ascolto sul disagio lavorativo e personale, di fatto riteniamo che ancora non sia stato fatto quanto basta per abbattere lo stress lavorativo all’interno degli istituti penitenziari” Milano: nel carcere di Opera aprirà un asilo nido per i figli degli agenti Redattore Sociale, 23 giugno 2011 Verrà inaugurato domani e potrà contare su 30-40 posti. Al servizio, finanziato dalla Provincia di Milano con 130 mila euro, potranno accedere anche i cittadini di Opera e dei comuni limitrofi. Verrà inaugurato domani, venerdì 24 giugno, presso il carcere di Opera il nuovo asilo nido con 30 - 40 posti per i figli degli agenti di polizia penitenziaria che lavorano presso la casa di reclusione. Al servizio, che è stato finanziato dalla Provincia di Milano con 130 mila euro, potranno accedere anche i cittadini di Opera e dei comuni limitrofi. “Il progetto rientra in un più ampio piano volto al sostegno e alla tutela non soltanto delle guardie carcerarie ma anche dei detenuti - spiega il presidente della provincia di Milano, Guido Podestà - abbiamo stanziato ulteriori 37 mila euro per finanziare il progetto “Genitori sempre” che ha come obiettivo quello di garantire la tutela del rapporto tra detenuti condannati e figli attraverso incontri in carcere alla presenza di operatori qualificati”. “Questo nido, aperto anche alla cittadinanza, va inoltre nella direzione di integrare il più possibile chi lavora in questa delicata struttura con chi vive al di fuori delle mura circondariali - l’assessore provinciale alle Politiche sociali, Massimo Pagani - . A dicembre abbiamo stanziato altri 86 mila euro per un analogo progetto sul carcere di Bollate”. All’inaugurazione, parteciperanno il presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, l’assessore provinciale alle Politiche sociali, Massimo Pagani, l’assessore alla Famiglia alla Solidarietà sociale di Regione Lombardia, Giulio Boscagli, il direttore del carcere di Opera, Giacinto Siciliano e anche il Provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria, Luigi Pagano. Catanzaro: lo sport finisce nel carcere di Siano… ma solo per servire la sua reale mission La Gazzetta del Sud, 23 giugno 2011 Lo sport - e con varie discipline - varcherà anche i cancelli delle Casa Circondariale della città, nel quartiere Siano. Ciò in forza di un protocollo d’intesa sottoscritto ieri tra il direttore del penitenziario catanzarese, dottoressa Angela Paravati, ed il presidente del Comitato provinciale del Coni, avv. Toni Sgromo. L’accordo - come ha spiegato la dott. Paravati nel corso di un incontro con la stampa - ha i presupposti in una convenzione tra il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria della Calabria ed il Comitato regionale Coni della Calabria, stipulata a Reggio nel novembre del 2004. Nella convenzione si stabiliva l’ampia disponibilità delle parti a collaborare nella progettazione e realizzazione di attività che costituissero la più ampia attuazione dei principi sanciti dall’ordinamento penitenziario in materia di attività trattamentali ed efficiente organizzazione delle attività sportive e ricreative, appunto negli istituti penitenziari, nonché di un processo di rieducazione che deve necessariamente comprendere interventi di mantenimento psicofisico nella vita dei detenuti per il superamento delle tensioni che l’ambiente di costrizione può produrre nei detenuti. Nella convenzione, siglata ieri, distinti gli impegni delle due parti, tra cui per la Casa circondariale è previsto all’art. 2 che la stessa “Casa” si impegna a mettere a disposizione gratuita gli spazi per l’Istituto per le attività sportive e ricreative; di selezionare i detenuti che dovranno partecipare ai singoli progetti; che sarà garantita adeguata vigilanza durante le attività; che parteciperà alla fase di informazione, pubblicazione delle loro attività e loro risultati. Adempimenti anche da parte del Comitato provinciale del Coni che ha sottoscritto il protocollo d’intesa con slancio ed entusiasmo. Il tutto ispirato ai principi basilari dello sport, ovvero la socializzazione e la cura del fisico. La direttrice della Casa circondariale ha specificato che sino a qualche tempo fa nella stessa Casa si è praticato soltanto il calcio, ora un’attività interrotta per la ristrutturazione del campo di gioco. Come si è accennato, dopo il protocollo d’intesa firmato ieri, saranno praticati la pallavolo, il basket ed anche il gioco delle bocce, mentre saranno istituiti corsi per arbitro di calcio ed anche per allenatore; corsi le cui qualifiche potranno favorire il futuro reinserimento sociale dei detenuti. Da parte sua il presidente Sgromo, ha magnificato l’accordo che apre un altro filone di utile attività del Comitato provinciale del Coni, questa volta a pro di una categoria di persone cui lo sport può essere anche un mezzo di scarico delle inevitabili tensioni per chi si trova ristretto in un carcere. Lo stesso Sgromo ha assicurato che sensibilizzerà tutte le Federazioni sportive per fornire un’utile collaborazione, mentre - giusto l’impegno preso con la Convenzione - metterà a disposizione istruttori ed operatori sportivi, appunto per la promozione e realizzazione delle attività fisico - sportive e ricreative. Il Coni provinciale, inoltre, metterà a disposizione le attrezzature, per così dire di base, per la pratica delle varie discipline l’attrezzatura, mentre la Casa circondariale provvederà a creare i relativi spazi ovviamente nel recinto della stessa Casa. Presenti alla conferenza stampa il funzionario giuridico - pedagogico, dott. Marianna Fabiani, ed Antonio Di Leo, assistente capo della Polizia penitenziaria. Larino (Cb): incontro tra i detenuti della sezione AS e il campione nazionale di pallavolo Zorzi Comunicato stampa, 23 giugno 2011 In data 30 Maggio 2011 presso la Casa Circondariale e di Reclusione di Larino si è svolto un incontro tra i detenuti della sezione As e il campione nazionale di pallavolo Andrea Zorzi. È il 30 maggio e fuori c’è il sole. Dico fuori perché siamo nella Casa Circondariale di Larino (Cb) ed è una giornata particolare perché oggi siamo in attesa di ricevere un grande campione della nostra nazionale di pallavolo. Sì, Andrea Zorzi è venuto a presentare il suo progetto, che porta in giro per l’Italia da qualche anno, ai nostri detenuti che fremono per l’emozione come tutti noi, d’aldronde. Abbiamo colto l’occasione della sua venuta per farla coincidere con la premiazione dei detenuti della sezione As che nel corso dell’anno, grazie ad una collaborazione tra la Direzione dell’istituto, il Centro Sportivo Italiano (CSI), Comitato Regionale di Campobasso e il Coni hanno partecipato con entusiasmo ai diversi campionati di calcio e alle attività sportive (Corso introduttivo Allenatori calcio a 5, Corso introduttivo per Arbitri, vari tornei e triangolari con enti e squadre esterne e tra sezioni). Quando arriva lo riceviamo nell’ufficio del Comandante e sembra di essere diventati un po’ vip, visto il numero degli scatti fotografici. La tensione viene subito smorzata da lui, Andrea, che ci chiede di cosa preferiamo che lui parli. In realtà capisce subito che è tutto molto semplice, qua dentro, perché lo sport non è estraneo alla vita nel carcere. Gli presentiamo i progetti dedicati nel corso degli anni alle attività sportive e ci preme comunicargli che, proprio perché è un luogo di reclusione ancor più importanza riveste qua dentro l’attività sportiva. L’incontro con i detenuti è stato un trionfo, Zorzi da vero cultore della materia quale egli è, ci ha trasportato nel mondo dello sport facendocelo apparire come una questione insita all’essere umano stesso, cui non è possibile rinunciare, poiché troppo alto il ritorno in termini di benefici psico - fisici. Nessuna migliore conclusione poteva avere questa giornata se non ciò che è stato: tutti al campo sportivo per una dimostrazione dal vivo che ci lascia stupiti ed enormemente contenti di aver avuto l’occasione di dimostrare grazie anche alla voce di un grande campione e impegnato giornalista che il carcere è anche altro e può fungere da volano per la trasmissione di valori, quali quelli del sacrificio, in questo caso mediante lo sport, per il raggiungimento dell’obiettivo di una vita. E questo fa tanto bene, a persone temporaneamente prive della libertà e non, in un tempo in cui la massima aspirazione è quella di essere velina o sposare un calciatore. L’Educatore Dott.ssa Brigida Finelli Dice Zorzi di noi: Tratto da Tracce di Sport. Entrare fuori. Il cancello d’acciaio si chiude inesorabile dietro alle nostre spalle, e siamo dentro alla Casa Circondariale di Larino. Le guardie ci sorridono, ci stringono le mani a turno e ci guidano in quella che a tutti gli effetti è un’aula scolastica, se non fosse per le porte blindate e i detenuti al posto degli studenti. Solo ora, mentre Andrea dialoga con loro stringendo una palla da volley tra le mani, ho il tempo di ascoltare le sensazioni che provo: mi rendo conto che, stranamente, mi sembra tutto molto normale, molto naturale. Chiuso qui dentro, in quest’aula dove i carcerati ascoltano attenti, sghignazzano e alzano le mani prima d’intervenire, è quasi impossibile sentirsi in una prigione. Paradossalmente è solo quando usciamo nel campetto sportivo, che il carcere m’investe in tutta la sua claustrofobica concretezza. Ci troviamo circondati dal grigio delle mura in cemento armato dell’edificio: da dietro le fitte inferriate rosse delle finestre, con i panni stesi ad asciugare, spuntano volti, mani, corpi, sguardi che ci osservano. La presenza muta di questi “spettatori” mi provoca uno strano stato di tensione, di allerta, mi riporta all’idea del carcere così come me l’ero immaginato prima di entrare. E accende un cortocircuito per cui io, che sono in una zona percepita dai carcerati come uno degli spazi più liberi, intuisco per la prima volta, realmente, cosa significhi vivere in una prigione. Mentre Andrea spiega i fondamentali del gioco e dà un’infarinatura sul regolamento, guardo i detenuti in faccia, scruto i loro occhi attenti e i loro volti che - forse ingenuamente - mi sembrano distesi, come se essere dentro a questa parentesi, aiutasse loro a chiudere fuori dalla testa la vita di tutti i giorni. Senza nemmeno accorgermene, sto già confrontando la rete che viene montata con le recinzioni dell’istituto, le linee che delimitano il campo con le cancellate che limitano i movimenti quotidiani dei detenuti, il regolamento dello sport con quello della prigione. Tutto si gioca tra un dentro e un fuori, un’apertura e una chiusura, una libertà e una privazione. Sperimento sulla mia pelle quanto ambigui siano certi concetti, quanto una stanza chiusa tra quattro mura mi abbia fatto sentire libero, quanto un luogo aperto mi stia facendo sentire lo stato di reclusione che si respira in un carcere. Una palla mi rimbalza davanti, proprio su una linea del campo. Sperimentare i limiti del nostro ambiguo senso del dentro e del fuori, mi fa ripensare a quanto, nella vita di tutti i giorni, le carceri siano tenute fuori dalle nostre esistenze, fuori dalla vista, fuori dai paesi, fuori dai pensieri, molto spesso fuori - come ci conferma il direttore Rosa Laginestra - anche dai progetti sportivi. Qui dentro, ci racconta, un’attività semplice come camminare liberamente per qualche tempo, diventa una necessità fondamentale per una persona che conduce una vita in stato di reclusione, convivendo ogni giorno con il fatto di avere una libertà di movimento ridotta al minimo. Evidentemente non tutti i confini sono identici, non tutti i limiti sono uguali: in uno spazio come un carcere, la sensazione di libertà va racchiusa in un rettangolo, protetta, custodita e confinata all’interno di uno spazio in cui, varcando una soglia, si è certi di poterla sempre ritrovare, seppure solo per qualche momento. Anche per questo valore lo sport, nella Casa Circondariale Larino, è considerato una parte fondamentale nel percorso pedagogico di riabilitazione e risocializzazione, in modo che essere “dentro”, non significhi finire per sempre sentirsi tagliato “fuori” da tutto il resto del mondo. Le guardie ci invitano a terminare. Mentre già varco la soglia, cercando d’immaginare cosa prova il detenuto al mio fianco sapendo che mentre io sto uscendo lui dovrà rientrare in cella, osservo la palla rotolare a bordo campo. Non saprò mai se era dentro o fuori. Siria: le amnistie sospette di Assad Europa, 23 giugno 2011 L’ennesimo “liberi tutti” deciso dal raìs siriano potrebbe servire ad arruolare manovalanza per i cortei di lealisti. Appena giunto formalmente al potere nell’estate 2000, in un segno di apertura verso il paese, il presidente siriano Bashar al-Assad concesse un’amnistia generale a tutti i criminali in carcere che non si erano macchiati di delitti di sangue. I detenuti politici e di opinione rimasero ovviamente in carcere. Undici anni dopo, il 31 maggio scorso, il raìs di Damasco, a capo di un regime contestato da proteste popolari senza precedenti, aveva deciso di concedere una seconda amnistia generale, ammettendo così, nemmeno troppo implicitamente, la gravità della “crisi” siriana. Di questo recente atto di clemenza hanno beneficiato anche “tutti” i membri della Fratellanza musulmana, movimento illegale in Siria dal 1980 e la cui sola appartenenza è punita con la pena capitale. La decisione era stata da alcuni criticata: in un momento in cui il regime parla di complotto straniero eseguito da estremisti islamici e da bande criminali perché - si chiesero dei commentatori - liberare proprio centinaia di Fratelli musulmani e criminali comuni? Una seconda amnistia generale in sole tre settimane è stata però concessa ieri dal presidente Assad. Anche in questo caso, dietro le sbarre rimangono molti prigionieri politici, mentre “liberi tutti” i criminali riconosciuti colpevoli di delitti compiuti fino al 20 gennaio 2011. E pensare che proprio l’altro ieri, in occasione del suo terzo discorso pubblico, pronunciato dopo due mesi di silenzio ma nel pieno del rumore sordo della repressione, il presidente aveva candidamente informato la nazione della presenza nel paese di circa 63mila ricercati, che - secondo la versione del regime - ingrosserebbero le file dei “sabotatori”. Forse per fare cifra tonda, Assad avrà pensato bene di liberare altri criminali comuni per poi più facilmente attribuire uccisioni di poliziotti e assalti a uffici postali (Jisr ash - Shughur) alle immancabili cellule terroristiche. C’è chi anche ipotizza, di certo più malignamente, che il “liberi tutti” decretato ieri serva ad arruolare manovalanza per i cortei di lealisti che sempre più spesso sfilano per le strade di Damasco. In un paese che si avvia verso la bancarotta, con il valore della divisa di stato sempre più a picco, l’ennesima giornata lavorativa è stata ieri sacrificata dal regime per chiamare a raccolta decine di migliaia di sostenitori del raìs nella capitale e in altre città. Nessun “sabotatore” o “cecchino”, nemico dello stato, è però apparso a sparare ai manifestanti. Commentatori “disfattisti” o comunque in combutta con gli autori del complotto straniero hanno sottolineato le non troppo velate pressioni a cui sarebbero soggetti gli impiegati pubblici in caso di mancata partecipazione ai cortei lealisti. Gli attivisti, che sappiamo essere una fonte di parte, assicurano che nelle manifestazioni pro - Assad partecipano in massa gli statali minacciati di perdere il lavoro, i poliziotti e i vigili urbani in abiti civili assieme alle loro famiglie, le scolaresche al completo con i direttori scolastici, gli insegnanti, gli allievi e i bidelli giunti da ogni dove a bordo di pullman. Molti altri osservatori, di certo più imparziali, affermano invece che una ampia fetta della società siriana è ancora genuinamente fedele al regime. Altri semplici osservatori stranieri a Damasco dipingono uno scenario più sfumato: “Si scende in piazza semplicemente per evitare rappresaglie e segnalazioni da parte della polizia segreta. Se non vai a manifestare sei automaticamente “contro” e chiunque può segnalarti alle mukhabarat (i servizi di sicurezza), dal fruttivendolo al vicino di casa”. È in questo clima che sempre ieri, secondo attivisti, almeno sette manifestanti anti - regime sono stati uccisi in varie località della Siria dal fuoco della polizia che scortava cortei pro - Assad. È forse l’inizio di un nuovo tipo di repressione?