Giustizia: carceri italiane, anno nuovo vecchi problemi di Antonio Piazza www.caffenews.it, 7 gennaio 2011 È appena terminato l’ennesimo anno nero per le carceri italiane e già il 2011 si apre con i peggiori auspici, trascinando con sé gli strascichi di tristi, misteriose, violente e inconcepibili vicende di morte. È di ieri, o meglio è stata data ieri dai telegiornali, o ancora meglio da alcuni telegiornali (perché è ormai cosa nota che le vicende legate alle morti dei detenuti sollevino ben poco interesse nell’opinione pubblica, peraltro presa da problemi economici e da una politica che è l’ombra di se stessa), la notizia della morte di un ragazzo 19enne, Carmelo Castro, deceduto in carcere il 28 marzo del 2009. Era stato arrestato per aver fatto il palo in una rapina e tre giorni dopo essere stato tradotto nel carcere di Piazza Lanza si è suicidato legando un lenzuolo allo spigolo della sua branda. O almeno questa è la versione ufficiale confermata anche dal gip Gari che ha già respinto una prima richiesta di riapertura delle indagini presentata dalla famiglia del ragazzo. (fonte: Corriere della Sera). Ma la madre non ci sta e solleva numerosi dubbi circa la veridicità della ipotesi investigative, mettendo in luce come, secondo lei, già all’uscita dalla caserma dei Carabinieri, Carmelo apparisse in uno stato non buono. Il mistero si infittisce quando si legge ciò che il ragazzo aveva dichiarato agli stessi militari, e cioè il fatto che avesse subito minacce e percosse da appartenenti ad una banda criminale che volevano assolutamente “arruolarlo” fra le proprie fila, nonostante i suoi ripetuti rifiuti. Lo scenario presenta così diversi punti oscuri e l’Associazione Antigone, per tramite del suo presidente Patrizio Gonnella, ha presentato un esposto per riaprire le indagini al fine di fare maggiore chiarezza, configurando anche una similitudine con il caso Cucchi nella misura in cui, sempre secondo Patrizio Gonnella, ci sarebbero alla base delle gravi negligenze da parte del personale deputato alla sorveglianza di Carmelo. Altro caso che si spera trovi luce in questo nuovo anno è quello di Stefano Brunetti, deceduto il 9 settembre del 2008, nell’ospedale di Velletri, dopo essere stato il giorno prima nel commissariato di Anzio e poi in carcere, morto secondo la famiglia, a causa delle percosse subite. E la procura di Velletri, che ha svolto le indagini, ha ora accolto la tesi, chiedendo il rinvio a giudizio per quattro poliziotti del commissariato di Anzio con la pesante imputazione di omicidio preterintenzionale e falso. Nell’ordinanza del sostituto procuratore di Velletri si legge che il comportamento dei poliziotti avrebbe “cagionato la morte di Brunetti, arrestato dagli stessi e trattenuto presso le camere di sicurezza del commissariato fino all’accompagnamento in carcere, con atti diretti a commettere il delitto di percosse o lesioni personali, segnatamente colpendolo più volte con un mezzo contundente”, all’altezza del torace. L’aggravante è quella di aver commesso il fatto “con abuso dei poteri e comunque violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione”. Altro capo di imputazione è quello di falso in concorso perché, per occultare il reato di percosse e lesioni ed assicurarsi l’impunità, i quattro “attestavano falsamente nel verbale d’arresto che l’arrestato si era cagionato le ferite con gesti di autolesionismo”. Circostanza esclusa invece dall’autopsia. La decisione spetterà al Gup che deciderà il prossimo 6 giugno sul rinvio a giudizio. Di diversa natura, e forse ancora più incomprensibile, la vicenda di Salvatore Coci, sessantenne affetto da angina instabile post infartuaria, ipertensione arteriosa, bronco pneumopatia cronica ostruttiva, artrosi generalizzata con diminuzione netta della funzionalità dell’apparato locomotore, lombo sciatalgie, dotato di by - pass, il quale si trova nel carcere di Messina per scontare una pena, udite udite, di 1 anno, un mese e venticinque giorni! Tutto questo nonostante un altro tribunale, quello di Patti, avesse già sospeso la pena detentiva per applicarne una alternativa viste le condizioni di salute incompatibili con la carcerazione. Ma le relazioni necessarie per asseverare lo stato di salute quantomeno precario dell’uomo pare non siano state completate e Salvatore Coci è stato tradotto in carcere in ambulanza attaccato all’ossigeno. Infine sul fronte della malagiustizia - malasanità si registra inoltre il caso di Fernando Paniccia, ventisettenne di Frosinone, un metro e novanta di altezza per 186 chilogrammi, epilettico, invalido al 100% e gravemente ritardato (e quindi per definizione incapace di intendere e di volere) morto in carcere il 27 dicembre a Sanremo (pare per arresto cardiaco). Questo in palese e tremenda violazione dell’art. 27 della Carta Costituzionale Italiana: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Giustizia: se il carcere diventa una tortura di Valter Vecellio L’Unità, 7 gennaio 2011 Più che opportuno il richiamo di Andrea Boraschi a prestare attenzione a quello che accade nel carcere (l’Unità, 2 gennaio). Un appello che riguarda tutti noi, e in particolare chi ha scelto di informare, di dare notizie. Troppe volte, in nome di un malinteso dovere di inseguire l’audience, si privilegia il “divertente” in luogo del più “banale” interessante. Per tornare alla questione carceri e più in generale giustizia, accadono cose letteralmente inaudite, nel senso che non vengono ascoltate perché non sono raccontate. Per esempio in questi primi giorni del 2011 c’è già un primo decesso: si chiamava Salvatore Morelli, 35 anni, trovato morto all’alba del primo giorno del 2011 nella sua cella, a Lecce. Vittima, probabilmente, di un infarto. Era affetto da patologie legate a problemi cardiocircolatori; e, proprio come nel caso di Fernando Paniccia raccontato da Boraschi, era obeso. Una situazione clinica che lo costringeva a recarsi quasi ogni giorno presso l’ospedale; in una parola: non avrebbe dovuto stare in carcere, ma ci stava, e ci è morto. La situazione del penitenziario di Lecce è ben descritta dai dati diffusi dalla Uil Penitenziari: capienza regolamentare: 680; detenuti presenti: 1.449; ricorsi al Magistrato di Sorveglianza: 187; ricorsi alla Commissione contro la Tortura della Corte di Strasburgo: 47; tentati suicidi (con lettera d’addio): 41; invii con estrema urgenza al Pronto soccorso: 937; detenuti tossicodipendenti: 253; detenuti affetti da Epatite C: 361; visite mediche eseguite giornalmente: 80; detenuti affetti da patologie ansioso - depressive: 90; detenuti con patologie psicotiche: 40 per cento; detenuti che fanno uso di ansiolitici: 90 per cento. Una situazione limite, che è anche il paradigma di quello che accade un po’ ovunque. Il 29 dicembre per esempio, nel carcere di Frosinone è morto un detenuto di 53 anni. Si chiamava Claudio A., le cause del decesso sono ancora da accertare. E l’undicesimo decesso (quattro i suicidi) nelle carceri del Lazio nel 2010. Dovremmo dedicare più spazio a queste “notizie”; e valorizzare iniziative come la recente di Marco Pannella, Rita Bernardini e altri dirigenti radicali che hanno trascorso il Capodanno nelle carceri di Padova e di Bologna. Non per dire quanto sono bravi, ma per far capire che si presta attenzione a queste iniziative, e chissà, forse, anche altri parlamentari di altri partiti, possono così essere indotti a imitarli. Quanto al ministro della Giustizia Alfano, sembra non esserci; se c’è, sembra dormire. Se non dorme, resta a guardare... C’è chi lo indica come il possibile successore di Berlusconi. Con la sua politica del “non fare” ha delle ottime possibilità. Giustizia: Uil; un drammatico bilancio del 2010, tra proteste, morte e violenze Il Velino, 7 gennaio 2011 Il 2011 penitenziario si apre esattamente come si è chiuso il 2010. In questi primi giorni, infatti, dobbiamo già registrare tre morti per cause naturali a Lecce, Frosinone e Livorno ( ma probabilmente correlate allo stato detentivo), un suicidio all’Opg di Aversa il 4 gennaio e diversi momenti di violenza con la rissa di Porto Azzurro a fare da capofila. D’altro canto la presenza di 22.643 detenuti in più rispetto alla capienza massima, rilevata al 31 dicembre, è la fotografia più nitida dell’universo carcere e dell’ anno che si è lasciato alle spalle, connotato da proteste, morte e violenza. Oggi il nostro intendiamo solo darei numeri, che nella loro spietata freddezza possono valere più di qualsiasi commento, nell’ auspicio che possano trovare giusta attenzione ed analisi nelle redazioni dei media. È necessario adoperarsi perché si affermi una coscienza sociale rispetto al dramma penitenziario che, in tutta evidenza, non trova sufficiente attenzione da parte della quasi totalità del ceto politico, sempre più insensibile e distante verso una delle più drammatiche questioni sociali del Paese. In ogni caso, consapevoli che lo straordinario impegno e l’elevata professionalità di tutti gli operatori penitenziari hanno impedito il definitivo collasso del sistema, non perdiamo la speranza che prima o poi i politici, Alfano in testa, possano decidere di impegnarsi seriamente alla ricerca delle soluzioni à. Semmai in prossimità di qualche campana elettorale”. Così Eugenio Sarno, Segretario Generale della Uil Pa Penitenziari, introduce alla diffusione di alcuni dati che aiutano a comprendere in quali criticità si dibatta il sistema penitenziario: Al 31 dicembre erano presenti 67.623 detenuti (64.700 uomini, 2.923 donne). La media nazionale dell’indice di sovraffollamento si è attestata al 53,5 %. La regione con il più alto indice di sovraffollamento è la Puglia (81,9%) seguita da Emilia Romagna (81,5%), Calabria (77,3 %), Lombardia (66,5%) e Veneto (65,5%). L’istituto penitenziario con il più alto indice di affollamento risulta essere Lamezia Terme - Cz - (176,7%), seguito da Brescia Canton Mombello (174,3%), Piazza Armerina - EN - (151,1 %). Pur essendo solo quattro - sottolinea Sarno - gli istituti con capienza regolamentare oltre i mille detenuti (Poggioreale, Secondigliano, Rebibbia, Torino) al 31 dicembre erano 12 le strutture che ne ospitavano di più. Oltre ai quattro già citati, superavano tale limite anche San Vittore, Lecce, Opera, Palermo Pagliarelli, Bologna, Regina Coeli, e Bollate. Delle 205 strutture penitenziarie attive, 30 risultavano sovraffollate oltre il 100%, 89 tra il 99 e il 50%, 43 tra il 49 e l’10 %, 9 con sovraffollamento sotto il 10% . Gli istituti non sovraffollati (o con saldo negativo rispetto alle capienze regolamentari) erano 34, ma è necessario chiarire che nella maggior parte dei casi si tratta di strutture medio - piccole che hanno sezioni o celle chiuse per ristrutturazione (Arezzo, ad esempio, è praticamente chiuso per i lavori di rifacimento). Milano San Vittore ha due reparti chiusi (2° e 4°) e quindi il dato del sovraffollamento reale è ben più grave di quello ricavato dalle tabelle dipartimentali. Rieti e Trento pur essendo istituti nuovissimi sono solo parzialmente utilizzati stante l’impossibilità di garantire i necessari contingenti di polizia penitenziaria per la loro completa attivazione”. La Uil Pa Penitenziari rende noti anche i dati relativi ai suicidi, ai tentati suicidi ed altri eventi critici. “Nel 2010 le morti in carcere per cause naturali sono state 173. I suicidi in cella sono stati 66 (57 per impiccagione, 5 per asfissia con gas, 1 per recisione carotide, 2 per avvelenamento da farmaci, 1 per soffocamento da sacchetti di plastica). I detenuti suicidatisi in età compresa tra i 25 e i 35 anni sono stati 29; 20 quelli nella fascia di età tra i 35 e i 50 anni; 8 i suicidi in età compresa tra i 18 e i 22 anni; 9 gli ultracinquantenni. Nell’86% degli istituti (176 su 205) si è verificato almeno un tentato suicidio, per un totale complessivo di tentati suicidi in cella pari a 1.134. I detenuti salvati in extremis dal suicidio da parte della polizia penitenziaria sono stati 398. Gli atti di autolesionismo ammontano a 5.603 (messi in atto in 192 diversi istituti) . I detenuti che hanno fatto ricorso a scioperi della fame, in 181 penitenziari per protesta, sono risultati essere 6.875. Le manifestazioni di protesta collettiva sono state 601. Gli atti di protesta, singoli o collettivi, turbativi dell’ordine e la sicurezza 263. Gli atti di aggressione sono stati 3.462 (di cui 342 in danno di poliziotti penitenziari). I detenuti evasi : da istituti penitenziari 13, da permessi premio 37, da lavoro all’esterno 2, dalla semilibertà 12. La polizia penitenziaria, inoltre, ha sventato 23 tentativi da evasioni da istituti penitenziari o luoghi esterni (ospedali o tribunali)”. Giustizia: Osapp; politica penitenziaria di Alfano è puro esercizio immaginazione Ansa, 7 gennaio 2011 “Sull’emergenza penitenziaria la politica del nostro ministro della Giustizia si sta riducendo sempre più ad un esercizio di pura immaginazione”. Ad affermarlo è Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, secondo cui, vista la situazione, nel 2011 “servono risorse, progetti nuovi e non i soliti effetti parabolici”. Il sindacato penitenziario stila l’elenco: 5 mila è il numero degli agenti che dovrebbero andare a rimpinguare un organico già gravemente allo sbando e 3.000 sono gli educatori in più rispetto all’attuale organico di tale categoria che dovrebbero operare all’interno delle oltre 1.200 sezioni detentive italiane per definire il carcere un’istituzione del tutto moderna. Tuttavia, su questo fronte l’Osapp lamenta l’assenza del Guardasigilli, mentre la crisi carceraria è sempre più drammatica: “L’anno scorso - sottolinea Beneduci in una nota - il numero dei suicidi e delle morti in carcere, seppur drammaticamente elevato, non ha dilagato come sembra avvenire in questo inizio del 2011 (tre morti per cause naturali a Lecce, Frosinone e Livorno, un suicidio ad Aversa). I detenuti presto si attesteranno quasi alla quota delle 70mila unità e il livello di sovraffollamento si appresta a superare la percentuale del 53% delle possibilità detentive di ciascuna regione”. Giustizia: Sappe; chiediamo un maggior uso delle pene alternative Il Velino, 7 gennaio 2011 “La situazione è drammatica. Abbiamo superato i 69 mila posti letto sui 42 mila disponibili. Ormai non ci sono più differenze: il mafioso sta insieme al detenuto comune e ci sono problemi per la sicurezza”. Questo è lo scenario delle carceri italiane descritto al Velino da Donato Capece, segretario del Sappe, il sindacato di polizia penitenziaria. “Il 27 per cento dei detenuti sono extracomunitari, mentre il 19 per cento sono tossicodipendenti. Mancano settemila agenti di polizia penitenziaria e l’unica assunzione prevista è quella di 60 nuovi agenti del turn over 2008”, spiega ancora Capece. “Secondo la legge 199 - prosegue il segretario del Sappe - ci dovrebbe essere una nuova tornata di assunzioni per 1600 nuovi agenti e, tutti i detenuti con una pena definitiva inferiore ad un anno dovrebbero passare agli arresti domiciliari, dopo le dovute verifiche del magistrato di sorveglianza. Tale provvedimento è ancora insufficiente: si passerebbe da 69 mila detenuti a 64 mila”. Il piano emergenza carceri prevede l’apertura di 17 nuove carceri e 42 padiglioni per una spesa complessiva di 600 mila euro. “I tempi dicono che saranno pronti per il 2012, ma io non ci credo. Noi chiediamo - conclude Capece - che si riveda il sistema sanzionatorio e cioè che in carcere ci vadano i criminali veri. Per gli altri chiediamo pene alternative come i lavori socialmente utili o gli arresti domiciliari”. Sicilia: Uil; un 2010 “nero”; carceri in tilt, per sovraffollamento e suicidi Agi, 7 gennaio 2011 Al 31 dicembre scorso nelle carceri siciliane erano presenti 7.782 detenuti (7.597 uomini, 205 donne), ben 2.392 in più rispetto alla capacità ricettiva massima, con una media dell’indice di sovraffollamento attestata al 44,7%. Il carcere di Piazza Armerina (151,1%) è la struttura più affollata della regione (la terza in ordine nazionale); seguono Castelvetrano (108,5%) e Termini Imerese (102,7%). Sono i dati forniti da Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa Penitenziari. Nel corso del 2010 nei penitenziari dell’Isola si sono verificati otto suicidi (quattro a Siracusa, due a Catania Bicocca, uno a Caltanissetta e Giarre). I tentati suicidi sono stati 124 (21 i detenuti salvati in extremis dalla polizia penitenziaria). Gli atti di autolesionismo assommano a 549 ( 1 nel solo Ucciardone). I detenuti che hanno fatto ricorso, in segno di protesta, a scioperi della fame sono risultati essere 869. Gli atti di aggressione ai danni di poliziotti penitenziari sono stati in totale 36 (8 al Pagliarelli; 4 all’Ucciardone e Barcellona Pozzo di Gotto; 3 a Messina; 2 a Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani; 1 a Agrigento, Augusta, Castelvetrano, Catania Bicocca, Favignana, Giarre, Modica, San Cataldo e Sciacca). “Il futuro preoccupa, e non poco - dice il sindacalista - e la Uil per questo ha già chiamato alla mobilitazione il personale ed è pronta alla protesta unitaria. Abbiamo ripetutamente denunciato la grave situazione che si abbatte sulle incolpevoli spalle della polizia penitenziaria. Oramai, stante la carenza di personale, è accertata l’impossibilità di godere dei diritti soggettivi e di lavorare in condizioni dignitose e sicure e con turni compatibili. È chiaro che di fronte a questa triste realtà non ci resta altro che la strada della mobilitazione e della protesta”. Così, per il 23 gennaio, a Messina, è stata indetta con tutte le altre organizzazioni sindacali una sorta di sciopero in bianco: “Solo la prima - avverte Sarno - di una delle tante azioni di protesta da mettere in piedi. Il personale è stanco e sfiduciato, allo stremo psico - fisico. Nelle sezioni detentive il rapporto è un agente contro un centinaio di detenuti. Le traduzioni sono sistematicamente effettuate con scorte sottodimensionate. Questo in terra di mafia non conforta e non aiuta”. Calabria: Uil; istituti sovraffollati e 3 detenuti suicidi nel 2010 Agi, 7 gennaio 2011 “La presenza di 1.446 detenuti in più rispetto alla capacità ricettiva massima degli istituti di pena calabresi , rilevata al 31 dicembre, è la fotografia più nitida dell’universo carcere e dell’anno che si è lasciato alle spalle”. Lo dichiara Eugenio Sarno, segretario generale della Uil-Pa Penitenziari. “Oggi - aggiunge - il nostro intento è solo quello di dare i numeri, che nella loro spietata freddezza possono valere più di qualsiasi commento. Il nostro auspicio è che questi numeri possano trovare giusta attenzione ed analisi nelle redazioni dei mass - media perché si contribuisca ad affermare una coscienza sociale rispetto al dramma penitenziario che, in tutta evidenza, non trova sufficiente attenzione da parte della quasi totalità del ceto politico, sempre più insensibile e distante verso una delle più drammatiche questioni sociali del Paese. Al 31 dicembre - continua - nella regione erano presenti 3316 detenuti ( 3253 uomini, 63 donne). La media dell’indice di sovraffollamento regionale si è attestata al 77,3% che pone la Calabria al terzo posto delle regioni con il più alto tasso di sovraffollamento penitenziario. Lamezia Terme - fa sapere - (176,7%) è l’istituto penitenziario con il più alto indice di affollamento e risulta essere anche al primo posto nazionale in questa speciale classifica. Non di meno preoccupanti i livelli di affollamento a Locri (124% ) 10* nazionale, Reggio Calabria ( 119,5 %) 14* nazionale e Castrovillari (116,8%) 15* nazionale”. Sarno rende noti anche i dati relativi ai tentati suicidi ed altri eventi critici verificatisi nelle strutture di pena regionali in tutto il 2010 “Nel 2010 - dichiara - si sono verificati tre suicidi (Palmi, Reggio Calabria e Vibo Valentia). In tutti gli istituti (ad esclusione di Laureana di Borrello) sono stati posti in essere tentati suicidi, per un totale di 48 ( 14 a Reggio Calabria; 9 a Catanzaro; 8 a Cosenza; 4 a Locri e Castrovillari ; 2 a Lamezia Terme, Paola e Vibo Valentia; uno a Crotone, Palmi e Rossano ) . Gli atti di autolesionismo - segnala - ammontano a 160. I detenuti che hanno fatto ricorso a scioperi della fame sono risultati essere 340. Gli atti di aggressione perpetrarti in danno di poliziotti penitenziari assommano a 9 (2 a Castrovillari, Catanzaro e Reggio Calabria; 1 a Cosenza, Palmi e Rossano)”. Molise: giunta stanzia 150 mila euro per reinserimento sociale detenuti Asca, 7 gennaio 2011 L’esecutivo regionale del Molise ha approvato, su proposta dell’assessore regionale alle Politiche Sociali, Angela Fusco Perrella, la prosecuzione dei progetti gestiti dalle tre Case di reclusione di Campobasso, Larino e Isernia e dall’Ufficio per l’esecuzione penale esterna. Lo riferisce una nota della Regione. Le iniziative progettuali, che prevedono un costo complessivo di 150 mila euro, consentiranno il potenziamento dei servizi di rete, orientati al reinserimento sociale e lavorativo dei cittadini con problematiche di giustizia. “La scelta della Giunta regionale rappresenta - ha dichiarato l’assessore Fusco Perrella - pur in un periodo di congiuntura economica non favorevole, la volontà di implementare le attività intra ed extra murarie che hanno favorito, nelle precedenti annualità, l’attivazione di percorsi formativi e la creazione di cooperative sociali. Si tratta di misure tese a dare piena attuazione al dettato normativo, secondo cui la detenzione deve prevedere e garantire alle persone detenute effettive opportunità di reinserimento nel tessuto sociale”. Aversa (Ce): 32enne muore suicida all’Opg, era internato da sei mesi Ansa, 7 gennaio 2011 Si è suicidato stringendosi un lenzuolo intorno al collo in uno dei bagni dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa: ha deciso di farla finita nel primo pomeriggio di ieri, Massimo B., trentaduenne originario di Roma, trasferito ad agosto presso il “Filippo Saporito” dall’ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo fiorentino con una misura di sicurezza provvisoria. Accusato di maltrattamenti in famiglia, si è tolto la vita. L’ennesima storia di disperazione dietro le mura del carcere ospedale dove non si registravano suicidi dal 2009. “Io credo che questo sia uno dei tanti dolorosi casi in cui il senso di abbandono da parte della famiglia abbia portato a una decisione drammatica” commenta il direttore sanitario della struttura, Adolfo Ferraro. Non c’erano state visite nei giorni di Natale, pure quelle della convivente si erano diradate negli ultimi tempi. Impossibile sopportare quella condizione di abbandono in una realtà alienante come l’ospedale psichiatrico giudiziario, istituzione totale, dove la frustrazione cresce esponenzialmente nei giorni che per gli altri, tutti quelli che vivono una vita “normale” al di là del carcere ospedale, sono di festa. Tutto si è svolto in pochi minuti e nulla ha potuto il personale in servizio. Sul posto si è recata la polizia del commissariato di Aversa per le indagini di rito. “Si trattava di un ragazzo tranquillo - continua Ferraro - non potevamo pensare che sarebbe arrivato ad un gesto estremo che dovrebbe far riaprire la riflessione sulla necessità di guardare oltre l’istituzione dell’ospedale psichiatrico giudiziario che come un carcere non può venire incontro alle reali esigenze di queste persone, troppo spesso abbandonate perché le famiglie non riescono a gestire il dramma della malattia mentale e sui territori non esistono servizi adeguati che se ne prendano cura”. Nel 14% dei casi di reclusione negli Opg si riscontra la difficoltà delle famiglie di gestire i comportamenti abnormi dei malati di mente per cui la denuncia e la reclusione sembrano l’unica strada praticabile. Ma con un’ormai atavica carenza di personale, a cui con la crisi della sanità campana difficilmente si può trovare soluzione, anche la gestione del disagio mentale all’interno della struttura deputata a farlo, risulta estremamente complicata. Troppo poche le ore di terapia a disposizione degli internati. L’unico medico di ruolo in servizio presso il Saporito è il direttore sanitario Ferraro a cui si aggiungono, come consulenti, 7 psichiatri e 5 medici di base che svolgono attività diverse ore al mese, con la conseguenza che l’assistenza sanitaria per i detenuti che al momento sono 297 (l’Opg aversano conta una capienza massima di 259 internati) si svolge tra mille difficoltà. Nonostante l’Asl di Caserta sia tra quelle che più prontamente ha attuato programmi per la dismissione degli internati, una trentina dovrebbe far ritorno a casa nei primi mesi del 2011, il problema del sovraffollamento resta il principale nodo da sciogliere anche per garantire condizioni di vita migliori all’interno della struttura finita spesso sotto la lente d’ingrandimento della Commissione d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale guidata da Ignazio Marino. A novembre era stata chiusa la farmacia dell’Opg per gravi irregolarità, mentre nel luglio scorso erano state stigmatizzate le pessime condizioni igienico - sanitarie dei padiglioni del Saporito e riscontrate violazioni in merito ai farmaci richiesti e alle cure mediche, negate in alcuni casi “tanto da mettere in discussione le finalità del ruolo terapeutico svolto dalla struttura”. Situazioni drammatiche che fanno il paio con la condizione insopportabile degli internati che potrebbero tornare a casa, ma che le lentezze burocratiche, l’indifferenza delle Asl di provenienza e spesso delle stesse famiglie, destina ad ergastoli bianchi, o come avvenuto ieri, alla scelta estrema del suicidio. In Opg per una misura di sicurezza provvisoria È stata aperta un’inchiesta sulla morte del giovane internato dell’Opg Filippo Saporito suicidatosi in un bagno nel pomeriggio di martedì. Il corpo del giovane romano è stato portato presso l’ospedale civile di Caserta per l’autopsia. “Non c’erano ragioni particolari che potessero destare allarme e imporre una sorveglianza speciale e con i numeri che abbiamo questo è tutto quello che ci possiamo permettere”, dichiara il direttore penitenziario del Saporito, Carlotta Giaquinto. La sorveglianza all’interno del Saporito prevede la presenza di un agente di polizia penitenziaria e di un infermiere in ogni reparto oltre alle guardie che fanno la ronda, ma nessuno nel pomeriggio di martedì sembra essersi accorto di quanto stava succedendo nel bagno in cui M. B., arrivato nel carcere - ospedale aversano cinque mesi fa con una misura di sicurezza provvisoria, si è tolto la vita. “Purtroppo oggi c’è sgomento per quanto accaduto - continua la direttrice Giaquinto che per la prima volta da quando è alla guida dell’amministrazione penitenziaria del Saporito si trova a fare i conti con un caso di suicidio (cinque se ne registrarono invece in soli 14 mesi dal 2007 al 2008). È inevitabile interrogarsi, ma è avvenuto tutto all’improvviso, mentre c’era il cambio degli agenti. L’internato non era in isolamento, né in un regime punitivo”. La magistratura ora dovrà indagare per accertare eventuali responsabilità e negligenze. Il giovane romano era stato assegnato ad una stanzetta che già ospitava cinque detenuti, situazione frequente al Saporito dove il sovraffollamento è la regola, nonostante il nuovo sistema di ingresso nella struttura che si ricollega alla provenienza geografica degli interessati. Ad Aversa dovrebbero entrare quelli di Campania, Lazio, Abruzzo e Molise. Ma, con la macchina burocratica che si è inceppata nella regione a statuto speciale sono ancora numerosissimi gli internati che vengono dalle altre regioni del sud che pure dovrebbero far riferimento all’opg siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto. Le condizioni di sovraffollamento e quindi di super lavoro sono denunciate anche dai sindacati di polizia penitenziaria. “La mancanza di personale va a discapito del servizio - sostiene Angelo Rennella del sindacato autonomo Sappe. Le nostre richieste continuano a cadere nel vuoto”. La situazione drammatica del Saporito viene denunciata anche da Antigone. “Oggi soprattutto dopo le denunce della Commissione d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale il livello di attenzione è molto più alto rispetto al passato quando i drammi si consumavano nel silenzio - sostiene Dario Stefano Dell’Aquila dell’Osservatorio nazionale di Antigone sulle carceri - . È evidente che le condizioni di degrado della detenzione in Opg costituiscano un aggravio del disagio del sofferente psichico e di una morte in carcere le istituzioni sono due volte responsabili, in quanto la cura dell’individuo è stata totalmente demandata loro”. Dopo il Dpcm del 2008 si attendeva una rivoluzione nell’organizzazione del sistema degli Opg italiani con il passaggio di competenze alla sanità territoriale. “Lo spirito della riforma era la presa in carico completa del sofferente psichico. Ma non si è ottenuto alcun significativo cambiamento. C’è un piccolo nucleo di operatori della sanità che opera per cercare di migliorare la condizione degli internati, pur nel disastro della sanità campana, ma manca una vera prospettiva. Dopo due anni non si è capito ancora che cosa si vuol fare di quel luogo. Si assiste solo ad un rimpallo di responsabilità, ma le condizioni di detenzione non sono cambiate”. Livorno: 28enne muore in cella, i detenuti protestano per le condizioni di vita Ansa, 7 gennaio 2011 Un detenuto di 28 anni, Yuri Attinà, livornese, è morto l’altro ieri nel carcere Le Sughere di Livorno, sembra, stando a una prima ipotesi, per infarto. Oggi la protesta dei compagni di sezione del giovane che hanno sbattuto oggetti contro le inferriate delle celle. Erano stati proprio alcuni detenuti a portare a braccia il giovane all’ambulatorio dopo un primo intervento di un’infermiera che si trovava nella sezione. Per chiarire le cause del decesso il pm di Livorno Massimo Mannucci, che ieri è anche andato nel carcere, ha disposto l’autopsia. Il magistrato ha anche fatto acquisire i filmati di alcune telecamere di sorveglianza del penitenziario dove oggi è andato in visita il garante dei detenuti di Livorno Marco Solimano insieme al senatore del Pd Marco Filippi. ‘Tra i detenuti - ha poi spiegato Solimano - non si esclude che il malore sia stato provocato dall’inalazione di una bomboletta di gas’. Solimano e Filippi hanno potuto leggere documenti sulla morte di Attinà e sui trascorsi sanitari e hanno parlato con una delegazione di detenuti che hanno protestato “per le difficoltà - ha spiegato il garante - di vivere in questo carcere sovraffollato: una condizione inaccettabile che favorisce i comportamenti marginalizzanti, dove il senso della dignità non c’è più. Servono interventi straordinari da parte di istituzioni e imprese. Davvero Yuri non aveva altre possibilità di vivere?”. Sull’episodio è intervenuto, con una nota diffusa nel pomeriggio, anche il consigliere regionale del Pdl Marco Taradash: “Conosciamo bene - ha dichiarato le drammatiche condizioni in cui versano le carceri italiane da tempo immemorabile e le difficoltà, spesso l’abnegazione, di chi vi opera in condizioni difficilissime. Per questo è necessaria la massima trasparenza su episodi tragici che non devono lasciare dietro di sé tracce di incertezza o diffidenza”. Domani l’autopsia e presidio fuori dal carcere Sarà eseguita domattina l’autopsia sul corpo di Yuri Attinà, il detenuto livornese di 28 anni morto mercoledì in una cella del carcere delle Sughere di Livorno. L’esame medico legale, che sarà eseguito dal dottor Luigi Papi, servirà a chiarire le cause del decesso del giovane. Secondo i primi accertamenti Attinà sarebbe stato colpito da un malore che gli è stato fatale. Il sostituto procuratore di Livorno Massimo Mannucci ha aperto un fascicolo contro ignoti, funzionale all’esecuzione dell’autopsia. All’esame medico dovrebbe partecipare anche il consulente di parte nominato dal legale che rappresenta la sorella e la nipote del detenuto ventottenne. Ieri il garante dei detenuti di Livorno Marco Solimano ha visitato il carcere livornese e ha consultato ampia documentazione sull’episodio della morte di Attinà. Domani, invece, previsto un presidio di protesta davanti all’ingresso del carcere: a organizzarlo un comitato, battezzato “Verità per Yuri”, “per gridare verità per Yuri - si legge in una nota - e per non lasciare che un’altra morte venga bollata e insabbiata con false e retoriche frasi di circostanza”. Le Sughere, aggiunge il comunicato, sono “un carcere diventato da record per decessi e “suicidi”. Negli ultimi 10 anni sono stati 20 i morti: una carneficina. Rimane un dato di fatto - conclude il comitato - Di carcere si muore e questo è a prescindere un altro omicidio di Stato. Uno Stato che non sa tutelare chi finisce in prigione con l’aggravante di dubbi e omissioni”. Siracusa: “cause naturali”… il risultato dell’autopsia sul detenuto 35enne morto lunedì La Sicilia, 7 gennaio 2011 Una morte naturale. Si sono conclusi in fretta gli accertamenti da parte della Procura della Repubblica in merito alla morte di un marocchino di 35 anni che si trovava detenuto nella casa circondariale di contrada Cavadonna. Il decesso è avvenuto lunedì scorso. Il sostituto procuratore Claudia D’Alitto ha deciso di non disporre l’autopsia sul corpo dell’uomo dopo che i medici dell’ospedale hanno comunicato che si trattava di una morte naturale. Secondo la ricostruzione che è trapelata, nonostante la fitta cortina di riserbo che è stata eretta dagli inquirenti sulla vicenda, la vittima avrebbe accusato un malore in cella: prima portato nell’infermeria della struttura penitenziaria, ma quando i sanitari si sono resi conto che era necessaria un’assistenza sanitaria migliore, è stato subito disposto il trasferimento d’urgenza in ambulanza all’ospedale “Umberto I”. Ma i medici non sono riusciti a salvargli la vita. La Procura ha così potuto concludere in breve tempo l’accertamento sulla morte del detenuto marocchino. Napoli: l’On. Gabriele (Pd) visita il carcere di Pozzuoli; detenute in condizioni precarie Il Velino, 7 gennaio 2011 Il consigliere regionale del Pd, Corrado Gabriele si è recato in visita questa mattina alla casa circondariale femminile di Pozzuoli. “Attualmente - riferisce Gabriele - nella struttura ci sono 177 detenute, per una capienza massima di 150. Ma in passato sono state toccate anche punte di 200 presenze”. Molte le attività che impegnano le recluse, dalla produzione del caffè a quelle delle bambole realizzate a mano. “Ma ci sono da risolvere - sottolinea - molti problemi. Innanzitutto quello del personale carcerario che, con le sue 105 unità ed un’età media di 45 anni, si suddivide su quattro turni. Un numero sicuramente insufficiente a garantire una copertura adeguata in tutti i punti del penitenziario. Poi andrebbero superati i problemi burocratici che impediscono ad una associazione come quella de “Il Carcere possibile” di fornire lavatrici e asciugatrici per il bucato”. Scopo della vista di Gabriele, “aprire un contatto tra le detenute e le istituzioni e approfondire la conoscenza sulle reali condizioni nelle carceri”. Condizioni che, secondo quanto riferisce il consigliere regionale, “sono precarie dal punto di vista igienico”. Particolarmente toccante è stata la visita nella sala colloqui, con figli che riabbracciavano le madri e famiglie che si riunivano”. “Apprezzabile”, poi, per Gabriele, l’iniziativa della Asl Napoli 2 che garantisce visite a domicilio presso il penitenziario e quella di “celle aperte” che consente a 48 detenute di vivere la loro giornata dalle 7 del mattino alle 19 su un piano open. Domani Gabriele sarà al penitenziario di Bellizzi Irpino, dove c’è un asilo nido che ospita una decina di bambini. Catania: presentazione del progetto “Formazione e lavoro, nuove prospettive di vita” La Sicilia, 7 gennaio 2011 “Formazione e lavoro: nuove prospettive di vita” è il titolo del progetto finalizzato al reinserimento sociale dei detenuti che sarà presentato alla stampa mercoledì 12 gennaio alle ore 10 nell’Auditorium (di via Brancati 14 a Catania) de La Città del Sole, cooperativa sociale capofila di un gruppo di imprese e consorzi che lo ha ideato e avviato. Il progetto, finanziato dal Fondo sociale europeo attraverso l’Assessorato regionale alla Famiglia, ha infatti preso il via il 30 settembre scorso con la fase di ricerca, tesa a individuare problematiche, esigenze, attitudini dei detenuti per poterli poi selezionare e procedere all’orientamento al lavoro. Dopo questa fase i detenuti selezionati seguiranno uno dei cinque corsi, da 150 ore ciascuno, che si svolgeranno tre nel carcere di piazza Lanza a Catania e due in quello di Giarre, per insegnare loro un mestiere. All’attività formativa seguirà un periodo di work experience di 480 ore. Con La Città del Sole, al progetto partecipano anche Staff Relation, cooperativa specializzata nelle nuove tecnologie, la Stamperia Regionale Braille diretta da Pino Nobile e due consorzi specializzati nell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate: Lavoro solidale, presieduto da Salvo Falletta e Arnia, di cui è presidente Gaetano Milazzo. Tutto il progetto ha visto una compartecipazione delle Direzioni penitenziarie interessate, elemento innovativo rispetto alla prassi generalmente seguita per il finanziamento di attività formative in carcere nella regione. Tutta l’attività si svolge poi sotto la supervisione del Nucleo Regionale Permanente Fondo Sociale Europeo per la Sicilia, organismo di coordinamento del Provveditorato regionale per l’amministrazione penitenziaria (Prap) per la Sicilia, che dipende dal Ministero della Giustizia e coordina i lavori gestiti da partenariati tra enti privati e carceri, e viene condotto di concerto con le stesse Direzioni penitenziarie. Nel corso della conferenza stampa saranno illustrati i dettagli del progetto e saranno resi noti i primi dati, riguardanti la fase di ricerca. Interverranno l’avv. Nino Novello, de La Città del Sole, ideatore e direttore del progetto, il direttore della Casa circondariale di Catania, il dott. Rosario Tortorella, e il direttore del carcere di Giarre, il dott. Aldo Tiralongo. “Con questo progetto - sottolinea Tortorella - per la prima volta nel carcere di piazza Lanza l’attività di formazione professionale pratica sarà condotta in sinergia con le imprese. Proprio con le aziende sarà realizzata infatti la fase di work experience che seguirà l’attività didattica teorica”. “In maggio - annuncia Novello - organizzeremo un seminario sui temi del reinserimento sociale che rappresenterà anche l’occasione per fare il punto della situazione sul progetto e per presentare alla stampa altri risultati. Il bilancio finale si farà poi nel convegno conclusivo, nel settembre del 2012, che ci piacerebbe organizzare all’interno del carcere di piazza Lanza”. Oristano: detenute nigeriane pronte a sciopero fame per solidarietà a Don Usai Ansa, 7 gennaio 2011 “Vogliamo dire a Don Giovanni Usai che gli siamo vicine e che non abbiamo mai dubitato della sua buona fede e che se sarà necessario faremo lo sciopero della fame in Istituto per gridare la sua innocenza”. Sono le parole di due giovani nigeriane detenute nel carcere di Buoncammino che hanno affidato una lettera a Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme, con l’incarico di rendere pubblica la loro solidarietà al sacerdote arrestato. “Abbiamo letto nei vari quotidiani e sentito dalle televisioni locali - hanno scritto le due detenute - quanto sta accadendo. Non crediamo alle parole accusatorie della ragazza nigeriana. Conosciamo Don Usai e sappiamo abbastanza bene che persona è. Lui è un uomo buono, generoso, che ha sacrificato la sua vita per aiutare le persone disagiate come noi. Grazie a Don Usai e alla sua comunità tantissime persone si sono risollevate dallo sconforto e grazie a lui ce l’hanno fatta e ora vivono una vita migliore”. Rovigo: Pegoraro (Cgil); pochi uomini e costretti a turni massacranti Il Gazzettino, 7 gennaio 2011 Turni di nove ore mezzo per gli agenti della Polizia penitenziaria per piantonare un detenuto all’ospedale di Adria che dipende giurisdizionalemente da Ferrara, e mancanza di agenti all’interno della casa circondariale con problemi per il personale e per la sicurezza: “Siamo arrivati a toccare il fondo - dice il coordinatore regionale Fp Cgil Giampietro Pegoraro - da circa venti giorni la Polizia penitenziaria rodigina è adibita a piantonare un detenuto con grossi problemi di salute arrivando ad affrontate turni massacranti. I turni di piantonamento per legge devono essere di sei ore, di otto solo per esigenze di servizio. Le nove ore e mezzo sono vietate per legge, senza contare, poi, che chi smonta dalla notte viene impiegato per quella successiva”. Una situazione complicata, secondo Pegoraro che, però, non riguarda solo questa particolare situazione ma tutto il carcere rodigino: “I carichi di lavoro sono triplicati e con enorme fatica si riesce a garantire i diritti ai ristretti. Il personale è penalizzato anche da questo nuovo servizio di piantonamento, perché, i congedi ordinari per le festività natalizie sono saltati, come anche i riposi. Più volte come Fp Cgil abbiamo segnalato questa situazione al Prefetto, al sindaco e al presidente della Provincia, rilievi posti anche livello di Provveditorato e di Dipartimento, ma non abbiamo avuto nessuna risposta, anzi siamo venuti a conoscenza della volontà di aprire nuovi istituti penitenziari in Veneto grazie a un protocollo regionale tra Regione, Dipartimento e amministrazione penitenziaria (Dap). Noi ci chiediamo con quali uomini pensano di attuare questi progetti quando a Rovigo non viene inviato personale. Chiediamo che si possa attivare un confronto con il capo del Dap per capire perché non otteniamo alcuna risposta. È nostra intenzione, assieme alle altre associazioni che vorranno aderire, attuare una forma di protesta legale affinché sia sanata la situazione rodigina”. San Cataldo: detenuti-attori nello spettacolo in carcere per l’Epifania La Sicilia, 7 gennaio 2011 La famiglia, l’amicizia, la solitudine: queste le tematiche che hanno contraddistinto lo spettacolo organizzato, ieri mattina, presso la Casa di reclusione di San Cataldo. L’evento, predisposto in occasione della festività dell’Epifania, ha visto protagonisti dieci detenuti, coordinati dagli educatori dell’istituto, in particolare la dott.ssa Tiziana Ortoleva. Condividere un momento di allegria e buonumore, dimenticando almeno per un po’ le difficoltà di una realtà dura come quella carceraria: è lo spirito con cui i ristretti hanno preso parte all’appuntamento, animato con musica, poesia e sketch comici e reso possibile grazie ad un’attività sinergica tra gli operatori dell’area educativa e della sicurezza. Dinanzi ad una buona presenza di detenuti, oltre che agli agenti di Polizia penitenziaria, due detenuti hanno cantato delle canzoni napoletane composte da loro stessi, mentre un altro ha interpretato alcuni stornelli romani, accompagnandosi con la chitarra. Lo spettacolo è, così, proseguito, con un momento dedicato alla poesia dialettale, con un detenuto protagonista in particolare, declamando due opere di sua stessa composizione. Gli altri detenuti, invece, si sono esibiti in tre sketch esilaranti, che hanno suscitato l’applausi degli spettatori; hanno, poi, profondamente toccato e commosso l’animo dei detenuti alcune canzoni e poesie ispirate agli importanti temi della famiglia, dell’amicizia e della solitudine in carcere. Al termine dello spettacolo, tutti i detenuti hanno espresso la propria approvazione per una manifestazione dai contenuti di aggregazione e condivisione. Trani: la Befana arriva anche ai figli dei reclusi nelle carceri Asca, 7 gennaio 2011 Arriva la Befana e viene annunciata un’iniziativa da parte del consigliere regionale barlettano Franco Pastore (Socialisti nel Sel) che si svolgerà sia nella sezione maschile sia in quella femminile del carcere di Trani. Pastore consegnerà libri e calze piene di dolci ai figli dei detenuti e delle detenute nelle due strutture della città. L’azione e l’impegno del consigliere Pastore per i detenuti, le loro condizioni di vita e, soprattutto, la possibilità che abbiano un futuro diverso e migliore, è cominciata all’indomani di una sua visita al carcere, nell’agosto scorso. Si tratta di azione e impegno che continueranno nel tempo, sostanziandosi di idee grazie anche alla collaborazione nata con la direzione del carcere e con Francesca Fiorella e Bruna Piarulli. Si ricorda che nel mese appena trascorso di dicembre, grazie all’impegno del consigliere Pastore, si sono tenuti in carcere due concerti. C’è stata l’esibizione del Polaris Duo nella sezione femminile e di Nunzio Desiderio al maschile. Sono stati inoltre allestiti dei gazebo per la vendita dei taralli prodotti dai detenuti, assunti dalla cooperativa Campo dei Miracoli. Brasile: il Tribunale lascia in carcere Battisti, respinta la richiesta di libertà immediata Corriere della Sera, 7 gennaio 2011 Cesare Battisti resterà in carcere fino al prossimo mese. A presidente del Supremo tribunale federale, Cezar Peluso, infatti, ha respinto la richiesta di libertà immediata, presentata dai suoi legali. Come annunciato, Peluso ha rimandato il relativo dossier al relatore del caso, Gilmar Mendes, che, a causa delle ferie riprenderà, il lavoro a febbraio. Il giudice ha spiegato che gli avvocati di Battisti non hanno fornito alcun nuovo elemento per sostenere che l’ex terrorista sarebbe perseguitato se fosse estradato in Italia. I giuristi brasiliani, intanto sono certi che se l’Italia dovesse ricorrere alla Corte dell’Aia, vincerebbe e otterrebbe indietro Cesare Battisti. Di più: il Brasile sarebbe invece condannato per la violazione del Trattato di estradizione in vigore tra i due Paesi. Non è un giudizio scontato, visto che arriva da giuristi brasiliani che sono stati interpellati dal quotidiano Fplha de Sao Paulo. Il giudizio più autorevole sul ricorso dell’Italia, arriva, probabilmente, da Francisco Rezek che è stato sia membro del Tribunale supremo federale, sia giudice proprio alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia Sostiene Francisco Rezek: “La condanna del Brasile sarebbe praticamente certa, anche se non sono convinto che si arriverà mai a questo punto”. Per Francisco Rezek i ricorsi si fermeranno al Tribunale supremo federale, dove l’Italia si è già rivolta. “Il tribunale supremo correggerà certamente l’errore commesso dal - l’ex - presidente”, ha detto Rezek riferendosi alla decisione di Lula che ha negato l’estradizione all’ex - militante dei Proletari armati per il comunismo che in Italia è stato condannato all’ergastolo per 4 omicidi. Una sentenza che ha scosso la politica italiana in un afflato bipartisan di contestazione: da Antonio Di Pietro a Daniela Santanché hanno manifestato tutti per ottenere Battisti in Italia e vederlo nelle patrie galere. Franco Fratti - ni, ministro degli Esteri, è stato decisamente esplicito e duro: “Faremo qualsiasi cosa per non vedere Battisti camminare libero per le spiagge di Rio de Janeiro”. Ma anche Maristela Basso, professoressa di diritto internazionale all’Università di San Paolo, è convinta che il nostro paese la spunterà. Non dovesse essere ascoltata dal Tribunale supremo federale, sarà vittoriosa con la Corte dell’Aia Sarebbe tutto così favorevole all’Italia davanti alla Corte suprema internazionale che non ci sarebbe nemmeno bisogno di un processo. “Basterebbe la semplice richiesta di un parere”, conclude la professoressa Basso. Intanto dovrebbe essere congelato l’accordo economico sulle forniture militari siglato fra Italia e Brasile. Già approvato dal Senato, questo accordo lunedì prossimo dovrebbe essere in discussione in aula a Montecitorio, ma dopo il no all’estradizione di Cesare Battisti si è deciso di rispedirlo in Commissione. In realtà è stato lo steso ministro degli Esteri Frattini ad escludere che questo accordo possa saltare in seguito al no dell’ex-presidente Lula. Tuttavia la decisione di farlo tornare in Commissione è certamente un modo per prendere tempo. Russia: Bout; in Usa detenuti trattati come pazzi, in Thailandia trattati come animali Ansa, 7 gennaio 2011 “La differenza tra un carcere in Thailandia ed uno negli Stati Uniti, è la stessa che c’è tra uno zoo e un ospedale psichiatrico”. Lo ha detto, in un’intervista all’agenzia Ria Novosti, il trafficante di armi russo Viktor Bout, arrestato in Thailandia e estradato negli Usa a novembre. “In una prigione thailandese - ha raccontato Bout rispondendo a una serie di domande inviategli dall’agenzia di stampa russa tramite il consolato - i detenuti sono rinchiusi dentro gabbie e trattati come animali. Negli Usa sono trattati come matti molto pericolosi. Controllo totale di ogni loro movimento. Niente luce del sole, niente cielo. Niente del genere”. Ad una domanda sulle presunte pressioni che il trafficante d’armi ha dichiarato di aver subito da parte degli americani sull’aereo che lo ha portato da Bangkok a New York, Bout ha risposto: “Mi hanno offerto una sentenza più lieve, più breve e la possibilità di fare venire la mia famiglia negli Stati Uniti nel caso in cui confessassi tutti i miei legami in Russia e in altri paesi. Ma io ho risposto che non ho niente da dire. Non so niente delle cose a cui sono interessati”. Bout, 43 anni, è accusato di aver rifornito d’armi i peggiori conflitti - in particolare africani - degli ultimi 15 anni; la sua storia ha ispirato il film Lord of War. Mosca ha definito illegale la sua estradizione, accusando Bangkok di averla informata solo a partenza già avvenuta.