Giustizia: l’emergenza infinita nelle carceri e la… fine del mondo Stefano Anastasia Terra, 28 gennaio 2011 Burocraticamente, la scorsa settimana (venerdì 21 gennaio, per la precisione) è passato in Gazzetta ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di “proroga dello stato di emergenza conseguente all’eccessivo affollamento degli istituti penitenziari. La notizia non è una notizia. Non lo è più. Forse non lo è mai stata. Merita però di essere ripresa, rispolverata e commentata, per le implicazioni che ha. Burocraticamente, la scorsa settimana (venerdì 21 gennaio, per la precisione) è passato in Gazzetta ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di “proroga dello stato di emergenza conseguente all’eccessivo affollamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale”: “Considerato che sono ancora in corso di realizzazione le iniziative di carattere straordinario ed urgente finalizzate alla realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie e all’ammodernamento e ampliamento di quelle esistenti”, viste, ravvisate e ritenute molte altre cose, il Presidente del Consiglio decreta che “è prorogato, fino al 31 dicembre 2011, lo stato di emergenza”. Quel che ancora lo scorso anno meritò qualche strillo di tromba (il Consiglio dei ministri che si riuniva durante la discussione parlamentare delle mozioni sul disastro penitenziario italiano, il Ministro della giustizia che annunciava - con aria grave e sopracciglio incurvato - lo stato di emergenza e i poteri derogatori al Commissario straordinario di Governo) oggi passa in cavalleria, come una mera proroga di una condizione eccezionale: la ordinarietà dell’emergenza. Ma il Ministro Alfano assicura che sarà tutto a posto entro il 2012 (dunque lo stato di emergenza sarà prorogato per un anno ancora?). Tutto a posto se non fosse che il “Piano carceri” cui il Commissario straordinario sta lavorando da anni prevede la realizzazione, entro il 2012, di 9150 posti detentivi, a fronte di un fabbisogno attuale di circa 23mila. Né miglior fortuna ha avuto la legge per la detenzione domiciliare speciale che - nel frattempo - avrebbe dovuto contribuire allo sfoltimento degli istituti penitenziari e i cui primi risultati sono ben lontani dalle necessità, avendo finora fatto uscire dal carcere solo alcune centinaia di persone. Cosa potrà succedere, dunque, nel 2012 perché l’emergenza penitenziaria sia superata? Ah, già: la profezia Maya sulla fine del mondo. Se ne è discusso anche al Festival delle scienze di Roma, mentre il decreto finiva in Gazzetta, e il Ministro ne sarà rimasto impressionato: nel 2012 sarà tutto finito, anche il sovraffollamento nelle carceri; l’importante sarà riuscire a prendere “l’ultima astronave”, quella che Berlusconi starà già armando in qualche sua residenza privata. Giustizia: all’inaugurazione dell’Anno giudiziario ricordata tragica situazione nelle carceri Agi, 28 gennaio 2011 “Le strutture penitenziarie italiane si trovano in una perdurante situazione di tragica emergenza”. Lo evidenzia il primo presidente della Cassazione, Ernesto Lupo, ponendo l’accento su un sovraffollamento che continua ad aumentare di anno in anno. Per l’alto magistrato, la sentenza con cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti “deve segnare un forte campanello d’allarme, pari a quello relativo alle condanne per la lunghezza dei processi”. Il riferimento del presidente Lupo è al caso sollevato da uno straniero detenuto nel carcere romano di Rebibbia “dove condivise per tre mesi una cella con altre cinque persone, risultando lo spazio disponibile per ciascuno di 2,7 metri quadri, mentre il Comitato per la prevenzione della tortura (istituito dal Consiglio d’Europa) ha fissato in 7 metri quadri lo spazio minimo per detenuto”. Nella sua relazione, il presidente Lupo ricorda anche che nel settembre del 2009 circa il 32% dei detenuti a seguito di sentenza definitiva scontava pene detentive non superiori a un anno, percentuale in costante crescita”. Da qui il riferimento dell’alto magistrato al Piano straordinario penitenziario approvato in Consiglio dei ministri nel gennaio di un anno fa, in cui viene attuata una politica di deflazione carceraria. Giustizia: Gonnella (Antigone); parole Presidente Cassazione siano di monito al Governo Ansa, 28 gennaio 2011 Le parole del Presidente della Cassazione sulla tragica condizione delle carceri italiane siano di monito al Governò. Lo dichiara Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone che si batte per i diritti nelle carceri commentando l’allarme di Ernesto Lupo che in apertura dell’anno giudiziario ha parlato di tragica emergenza per gli istituti di pena. “Le parole del Primo Presidente - dice Gonnella - possano essere un monito per la nostra classe politica e per la nostra classe amministrativa. C’è bisogno, infatti, di interventi che riducano il sovraffollamento, che prevengano violenze e suicidi, che assicurino condizioni umane di vita a chi è recluso”. E per far ciò, secondo Gonnella basterebbero alcune riforme di leggi come la Bossi-Fini sull’immigrazione, la Fini-Giovanardi sulle droghe e la ex Cirielli sulla recidiva per ridurre il numero complessino di detenuti, senza che ciò possa produrre effetti negativi sulla sicurezza collettiva. “D’altronde il piano fino ad ora messo in atto dal governo - sottolinea il presidente di Antigone - non ha prodotto risultati così come i numeri dimostrano: sono solo 774 i detenuti che alla data di ieri sono usciti dal carcere ottenendo la detenzione domiciliare in seguito alla recente legge che consente di scontare l’ultimo anno di pena presso il proprio domicilio. Ugualmente il fantomatico piano carceri non sembra aver ancora prodotto alcun frutto”. Giustizia: Rapporto Eurispes; 150 detenuti devono dividersi lo spazio previsto per 100 Ansa, 28 gennaio 2011 L’Italia è il paese europeo che ha avuto l’aumento più consistente di popolazione carceraria dal 2007 a oggi. Secondo i dati del ministero della Giustizia, citati nel rapporto Eurispes, a fine 2010 il numero di detenuti presenti nelle patrie galere era pari a 67.961 soggetti, a fronte di una capienza regolamentare pari a 45.022 condannati. In pratica, circa 150 persone devono dividersi lo spazio previsto per 100. A livello regionale, si legge nel rapporto, la bandiera nera spetta alla Puglia, dove la popolazione carceraria conta 4.755 presenze sulle 2.528 regolamentari, con un esubero di 88 detenuti ogni 100 posti. Altrettanto drammatica la situazione in Emilia Romagna, dove il surplus è pari a 83 unità. Isola felice (o quasi) è la Sardegna che conta nei suoi 12 istituti 2.217 presenze, con le 1.970 regolamentari. Meglio ancora va in Trentino Alto Adige, con 405 presenze a fronte delle 394 attese. Eurispes cita anche uno studio condotto dall’associazione Ristretti Orizzonti che ha evidenziato una stretta relazione tra il tasso di sovraffollamento e il numero dei detenuti suicidi: nelle 9 carceri analizzate, dove l’affollamento è del 22% oltre la media, si è registrata una frequenza dei suicidi più che doppia. Il picco massimo dei suicidi si è raggiunto nel 2009 quando, su un totale di 177 detenuti deceduti, 72 hanno volontariamente deciso di togliersi la vita. Nel 2010, invece, i casi di suicidio sono scesi a 66 su un totale di 173 decessi. Sempre meno le risorse a disposizione per la gestione del sistema carcerario, passate da 3 miliardi e 95 milioni del 2007 a 2 miliardi e 770 milioni di euro nel 2010. Giustizia: Antigone; solo 744 ai domiciliari, risultati legge “svuota-carceri” sono risibili Ansa, 28 gennaio 2011 “Sono 744, a ieri, i detenuti usciti dal carcere ottenendo la detenzione domiciliare alla luce della legge che consente di scontare l’ultimo anno di pena presso il proprio domicilio. Ci vuole ben altro di fronte a un surplus di 25 mila detenuti rispetto ai posti letto regolamentari”. Lo dichiara Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone che si batte per i diritti nelle carceri. In base alla legge entrata in vigore lo scorso 16 dicembre - ricorda Gonnella - sono stati ammessi ai domiciliari 110 extracomunitari, 23 cittadini dell’Unione Europea, 32 donne. Il maggior numero di persone uscite dal carcere lo si ritrova in Sicilia con 110 detenuti. Nel Lazio 86. In Basilicata solo 3. Un risultato risibile - aggiunge - di fronte alla disperazione e alle condizioni di vita carcerarie indegne per un paese civile e di fronte ai numeri preannunciati in sede di dibattito parlamentare (il relatore al ddl governativo aveva parlato di almeno 7 mila persone che sarebbero uscite). Speriamo che la magistratura di sorveglianza acceleri le decisioni sui casi ancora pendenti. Le troppe cautele che hanno accompagnato il provvedimento lo hanno fortemente depotenziato. Il sovraffollamento - conclude - resta una gravissima emergenza da affrontare con provvedimenti duraturi che riducano i flussi di ingresso in carcere. Giustizia: introdurre la retroattività nella legge sulla riparazione per ingiusta detenzione Ristretti Orizzonti, 28 gennaio 2011 Il testo dell’appello - Se una legge deve essere retroattiva questa deve essere quella inerente la riparazione per ingiusta detenzione, legge introdotta in Italia con il nuovo codice di procedura penale nell’ottobre1989. Prima di quella data, le tante persone detenute e poi assolte non hanno potuto beneficiare di nessuna riparazione, proprio perché la norma è compresa tra gli istituti applicabili solo per i procedimenti ancora in corso all’entrata in vigore del codice di procedura penale e non anche per quelli già conclusi. Molte vittime dell’errore giudiziario, contemplato dall’art. 314 del codice di procedura penale, sono rimaste quindi prive della giusta riparazione e ciò è accaduto in aperta violazione degli articoli 2 e 24 della Costituzione, nonché delle norme della citata Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Esistono tanti cittadini che hanno subito l’umiliazione del carcere, talvolta per anni e l’annichilimento del diritto inviolabile della libertà personale, consacrato dall’articolo 13 della Costituzione, ma non hanno ottenuto nessuna giusta riparazione e nemmeno quella somma di denaro che certo si direbbe meglio “conforto” che non “riparazione”. E tutto ciò perché la loro completa assoluzione si è potuta ottenere solo in un momento precedente, talvolta di pochi giorni o di poche settimane soltanto, a quella dell’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. È questa una situazione che offende la dignità del Paese e che contrasta con la concezione di salvaguardia dei diritti inviolabili dell’uomo che la Repubblica ha posto a fondamento del suo ordinamento costituzionale. È una situazione deplorevole e ingiusta che non può consentire a nessuno di dire: “ È ormai troppo tardi”. Esistono depositate alla Camera ma non ancora calendarizzate in commissione giustizia due proposte di legge, che vanno nella direzione di introdurre la retroattività nella riparazione per ingiusta detenzione una la n. 3158 prima firmataria l’On. Rita Bernardini (radicali - Pd) e l’altra n. 1865 firmatario l’On. Pier Luigi Mantini (Udc). Anche al Senato è stato presentato dalla Sen. Poretti Donatella e dal Sen. Marco Perduca dei radicali - Pd. Facciamo in modo che questi disegni di legge vengano discussi e approvati. L’avanzamento dei lavori - Il 24 gennaio 2011 i rappresentanti dei dipartimenti giustizia dei partiti del centro sinistra hanno puntualizzato a Roma nella sede del gruppo radicale alla Camera le tematiche da evidenziare ed I passaggi necessari affinché i disegni di legge, depositati alla camera, riguardanti l’introduzione della retroattività nella legge sulla riparazione per ingiusta detenzione, (uno dei quali presentato da Rita Bernardini e dai parlamentari Radicali-Pd) abbiano una calendarizzazione in commissione giustizia e un’approvazione in parlamento. Il tema degli errori giudiziari e dell’ingiusta detenzione con conseguente riparazione è un caposaldo del diritto e della giustizia, è una garanzia per il cittadino e in una fase di forti contrapposizioni sul tema giustizia è un terreno di riflessione e mediazione avanzata. Una campagna che riporti l’intero mondo della giustizia al centro della società come custode e regolamentatrice dei diritti e dei doveri, nella separazione dei poteri voluta dalla Costituzione, è necessaria in questa fase politica. Nel corso della riunione è emersa la necessità di allargare le già numerose e significative adesioni ad un appello, per l’introduzione di questa norma retroattiva, proposto in questi ultimi mesi e già firmato da numerose personalità della politica, della giustizia, del lavoro e del volontariato. Inoltre si è convenuti sull’importanza di richiedere un incontro alla Presidente della commissione giustizia On. Giulia Bongiorno. Alla riunione odierna hanno partecipato Rita Bernardini, gli on. Giovanni Russo Spena (Prc), On. Elettra Deiana e Carlo Leoni (Sel) Sandro Favi (Pd). Inoltre erano presenti Marcello Pesarini (Osservatorio sulle carceri, Marche) e Giulio Petrilli (dip. diritti Pd L’Aquila), che hanno contribuito ad organizzare nei rispettivi territori varie iniziative di sensibilizzazione sul tema. Giustizia: per il delitto di via Poma la condanna arriva dopo 20 anni, pareri pro e contro di Ilaria Sacchettoni Corriere della Sera, 28 gennaio 2011 La maggior parte si sfoga: “Quella sentenza è stata una coltellata. Un assurdità. Un verdetto scritto ancor prima del processo”. Cattivi pensieri increspano la superficie della periferia (iper) cementificata e delusa di Morena, Roma Sud, dove Raniero Busco, l’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, si sveglia con 24 anni di reclusione da scontare. Chi ha avuto modo di sentirlo riferisce che piange e chi è riuscito a vederlo assicura che ha occhi inespressivi, quasi senza vita. Roberta, sua moglie, dicono, interviene anche per accompagnarlo da una stanza all’altra. Mercoledì, uscito dall’aula del tribunale, Busco aveva avuto una sorta di collasso nervoso. Il risveglio pare sia stato “più sereno” ma sempre al centro di un incubo. La pendenza del carcere, i risarcimenti, la possibilità di perdere i figli (“la sospensione della potestà geni - tonale” specifica la sentenza). Si dispera Raniero Busco: “Tutto assolutamente ingiusto” dice, rintanato in casa. Il giorno successivo al verdetto di via Poma, la cronaca degli avvenimenti, a Morena, è piuttosto striminzita. Alle 8.00 le finestre su vicolo Anagnino sono già aperte. Alle 8.30 una citofonata e i figli (nove anni) escono pronti per essere accompagnati a scuola. Nulla fino alle undici. E poi, anziché Giuseppina, la mamma, che in genere a quest’ora esce a fare la spesa, vanno e vengono altre due persone, quasi di corsa, in fuga da microfoni e taccuini. Il difensore Paolo Loria entra alle dodici e un paio d’ore dopo, all’uscita, declina aggettivi angosciosi: “Busco è spezzato, distrutto”. E sua moglie? “Anche lei, vi lascio immaginare” ripete. Roberta, stavolta, deve asciugare lacrime doppie: quelle del marito ed anche le proprie. Un sentenza di colpevolezza non se l’aspettava. Certo, c’è la speranza dell’appello ma, intanto, è dura fa capire l’avvocato difensore con i cellulari che gli trillano in tasca: “Si dice che le sentenze vanno rispettate. Bè a volte le sentenze vanno sopportate. Avete visto tutti i dubbi che queste prove hanno sollevato. La cosiddetta prova scientifica ad esempio è dubbia. E sottolineo che le perplessità non vengono da noi. La difesa si è limitata ad esprimere i dubbi che la stessa accusa ha dichiarato in aula. Un’accusa senza movente, che non ha saputo spiegare le modalità di esecuzione né mostrare l’arma del delitto. Tantomeno una perizia che possa dire “Busco è un pazzo”... perché quello di Simonetta è il delitto di un pazzo. Un uomo rifiutato perché impotente o perché sbeffeggiato, non Busco”. Busco è nella sua stanza e non c’è modo di farlo uscire di casa. Per la prima volta in undici mesi anche la moglie ha perso energie, al punto che non risponde al telefono e tantomeno al citofono. Morena, intanto, era compattamente innocentista ma la sentenza ha fatto nascere qualche interrogativo: “Perché Raniero non è mai andato a trovare i genitori di Simonetta? Sembrava naturale, un semplice gesto d’affetto. Era stato il suo ragazzo, loro erano distratti. Simonetta morta in quel modo. Eppure lui non s’è fatto vivo. Ecco, me Io sono chiesto, perché” si domanda un vicino. “Busco un assassino? Andatelo a raccontare a qualcun’altro - dice Maria Di Giacomo portando via latte e rosette appena incartati dal fornaio - io l’ho visto crescere”. Lo ha ripetuto anche in aula ma i giudici non le hanno creduto. Verdetti dopo 20 anni sono burocrazia non più giustizia Il professor Franco Coppi è docente alla Sapienza, uno dei più noti penalisti della capitale. “Un omicidio non va mai in prescrizione - premette - però questa è una giustizia non più giustizia”. Perché, professore? “La giustizia, per dirsi tale, deve realizzarsi a poca distanza dal fatto criminale, altrimenti viene meno la possibilità di recuperare e reinserire nella società chi ha subito una condanna. Diventa un meccanismo burocratico che deve funzionare per forza, puramente vendicativo”. Così un colpevole rimane impunito. “Su un piatto della bilancia c’è la verità ad ogni costo. Sull’altro l’individuo che riveste un ruolo nella società, ha metabolizzato la sua colpa, fa i conti con la sua morale e tutt’al più risponderà al Padreterno per quel che ha commesso”. L’opinione pubblica su Busco è divisa. “Voglio vedere quante persone ritengono la sua condanna un atto di giustizia. Credo che la maggioranza degli italiani la pensi come me”. Tecnicamente, cos’è accaduto? “Quando si hanno in mano le prove e si individuano profili di responsabilità occorre procedere per l’obbligatorietà dell’azione penale. Ma ripeto, tutti i reati ad un certo punto dovrebbero essere prescritti”. Altri esempi? “I reati di bancarotta hanno tempi di prescrizione lunghissimi, ed è triste e frequente che la sentenza arrivi a vent’anni di distanza”. Il tempo non conta. Il sistema rieducativo non perde efficacia “Tecnicamente la distanza fra il delitto e la sentenza non ha importanza” dice Giuseppe Sartori, direttore della scuola di specializzazione in Neuropsicologia dell’Università di Padova. Autore con Andrea Lavazza del libro Neuroetica: scienze del cervello e libero arbitrio edito da Il Mulino. Dunque nessuna perplessità sulla condanna “tardiva” di Busco. “Non conosco nei dettagli la vicenda, ma per chi ha commesso un reato è previsto un sistema di punizione e rieducazione, che ha un senso anche se passano molti anni prima di arrivare a un verdetto di colpevolezza”. Il processo è stato innescato da una coincidenza del Dna. “Ormai la gran parte dei processi si fonda su prove scientifiche, si pensi all’omicidio di Garlasco. Ecco perché non ci si meraviglia più davanti ad una sentenza, come questa sul delitto di via Poma. Ma bisogna fare attenzione”. Perché, professore? “Mentre nei Paesi anglosassoni c’è un criterio di valutazione dello spessore della prova scientifica che si ha a disposizione, chiamato “Daubert”, in Italia il giudice è in balia di se stesso. Occorre arrivare presto ad un decalogo per stabilire il peso degli esami di laboratorio”. Le immagini dell’imputato trascinato via hanno colpito tutti. “Nel caso una persona abbia commesso un reato, il senso di colpa diminuisce con il tempo, fino a svanire. E c’è sempre il trauma di una punizione inaspettata”. Giustizia: l’ex governatore della Sicilia Cuffaro in cella a Rebibbia con altri due detenuti La Repubblica, 28 gennaio 2011 La direzione ha spostato l’ex governatore della Sicilia. Assieme a lui un condannato per duplice omicidio e uno che deve scontare una pena per truffa. Il senatore inserito tra i reclusi in “media sicurezza”. I primi giorni tra letture e preghiere. Un detenuto condannato per duplice omicidio e un altro finito in carcere per truffa: sono due dei tre nuovi compagni di cella di Salvatore Cuffaro. L’ex governatore siciliano, entrato sabato a Rebibbia per scontare una pena di sette anni, da ieri ha cambiato alloggio all’interno del penitenziario romano. Cuffaro, al quale la Cassazione ha confermato la sentenza di condanna per favoreggiamento aggravato alla mafia e per rivelazione di segreto istruttorio, ha lasciato la cella singola del reparto G12, riservato ai “nuovi giunti”, dove ha trascorso i primi giorni di detenzione. L’ex presidente della Regione e senatore è stato trasferito nella sezione G8, sempre al piano terra, tra i reclusi in cosiddetta “media sicurezza”. Si tratta, in sostanza, di detenuti comuni, che devono scontare una condanna definitiva. Ogni cella ospita quattro persone. Per Cuffaro questa potrebbe essere tuttavia una sistemazione temporanea: probabilmente - si è appreso da fonti penitenziarie - presto gli verrà assegnata una nuova cella singola, sempre a Rebibbia. I primi giorni di detenzione l’ex senatore del Pid li avrebbe passati tranquillamente, per lo più leggendo. Così, almeno, hanno riferito i numerosi parlamentari che lo hanno raggiunto in carcere per portargli un segnale di vicinanza e di affetto: a Rebibbia sono arrivati in gran parte deputati e senatori della maggioranza. Vecchi amici come Calogero Mannino ma anche esponenti di spicco del Pdl quale il vicecapogruppo al Senato Gaetano Quagliariello. E alla “processione” ha partecipato anche il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, figlia del presidente del consiglio socialista morto in esilio ad Hammamet. Ha fatto visita a Cuffaro anche Marco Follini, deputato del Pd ed ex segretario dell’Udc nel periodo di maggior splendore per il governatore siciliano e per il partito di Casini, abbonato nell’Isola a percentuali a doppia cifra. Fra gli ultimi a giungere a Rebibbia Salvo Fleres, garante per i detenuti della Regione Siciliana, che ha descritto Cuffaro come un uomo solido e risoluto nell’affrontare la pena, ma provato dalle difficoltà carcerarie. La cella dove è stato da solo fino a ieri ha una ampiezza di due e metri e mezzo per tre, non ha la doccia e ha i servizi igienici a vista. L’ex governatore ha trascorso i primi giorni della sua permanenza in carcere fra i libri e la televisione. Unico diversivo le passeggiate nelle due ore d’aria consentite ogni giorno (una di mattina e l’altra nel pomeriggio). Cuffaro, racconta Fleres, ha chiesto di svolgere un’attività lavorativa durante il periodo di detenzione: in particolare, vorrebbe occuparsi dell’orto di Rebibbia. Veneto: Tribunale Sorveglianza; detenuti in situazione inumana, un metro quadro a testa Ansa, 28 gennaio 2011 Acuto, come mai in passato, il problema del sovraffollamento carcerario in Veneto, dove in alcuni casi i detenuti hanno poco più di un metro quadro a testa: ne parlerà, nella relazione per l’avvio del nuovo Anno giudiziario in Veneto, il presidente del Tribunale di sorveglianza di Venezia Giovanni Pavarin. Al 5 ottobre 2010, contro una presenza regolamentare di 1.815 detenuti ed una tollerabile di 2.848, erano infatti presenti ben 3.295 ristretti. In alcune celle, come quelle della Casa Circondariale di Padova (con capienza totale di 98 detenuti, ma effettivi 261) ispezionate dal magistrato di sorveglianza di Padova nell’ottobre scorso, lo spazio a disposizione dei singoli detenuti supera di poco il metro quadrato. “Un limite di gran lunga inferiore ai 3 metri quadrati - sottolinea Pavarin - stabiliti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo quale limite invalicabile al di sotto del quale il trattamento penitenziario diviene inumano o degradante ai sensi dell’art. 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”. Il tribunale di sorveglianza sottolinea anche un “generale indebolimento della tutela della salute dei reclusi, i quali per la loro peculiare condizione sono soggetti ad una morbilità specifica e dunque bisognosa di forme particolari di assistenza”. Dai dati diffusi dalla Sorveglianza, alla Casa Circondariale Belluno su una capienza regolamentare di 84 detenuti ne erano presenti 136, alla Circondariale Santa Maria Maggiore di Venezia su 161 gli effettivi sono risultati 351, a Verona Montorio il rapporto era 589 a 857, alla Casa di Reclusione Femminile di Venezia 104 a 115, alla Circondariale di Rovigo 66 a 117, a Treviso 128 a 298, alla Circondariale di Padova 98 a 261, alla Casa di Reclusione sempre di Padova 439 a 811, alla Circondariale di Vicenza 146 a 345. Tra i dati diffusi dal magistrato, il costante aumento delle misure alternative alla detenzione, passate da 3.523 a 3.867, mentre le liberazioni anticipate sono passate da 2.117 a 2.844, i rinvii dell’esecuzione della pena per motivi di salute da 206 a 257, i permessi-premio da 2.114 a 2.612. Lombardia: situazione peggiore in Italia, protestano i Sindacati di Polizia penitenziaria Ansa, 28 gennaio 2011 La situazione delle carceri in Lombardia è la peggiore d’Italia e con questa convinzione tutti i sindacati - dai confederali al Sappe passando per Ugl, Osapp e Sinappe - oggi hanno organizzato una protesta con bandiere davanti a tutti gli istituti e un chiassoso presidio davanti alla Prefettura di Milano, dove hanno consegnato un documento al prefetto Gian Valerio Lombardi. “Se Tremonti non allarga la borsa - ha sottolineato Eugenio Sarno segretario generale Uilpa penitenziari - qui succede la rivoluzione”. Il commento del segretario nazionale riguarda tutta l’Italia, dopo i tagli decisi dal governo che ha stanziato 46 milioni di euro per pagare le bollette di luce e gas quando ne servirebbero almeno 90, la mancanza di agenti, l’aumento di detenuti. E poi ci sono i mezzi, così vecchi da essere pericolosi e fuori norma. “È successo ad Opera - ha raccontato il segretario nazionale Fns Cisl Remondo Inganni - che il mezzo per le traduzioni dei detenuti si sia fermato”. Nella sola Lombardia i detenuti sono quasi il doppio di quelli previsti: oltre 9.300, di cui un’alta percentuale straniera, per una capienza di 5.382 posti. In compenso, però, manca quasi un quarto degli agenti: 1.200 su una pianta che dovrebbe essere di 5.353. Senza contare che oltre 200 sono costretti a lavorare negli uffici perché manca anche il personale amministrativo (quasi il 50% secondo la Cgil). Anche per questo, oltre alla polizia penitenziaria oggi ha protestato anche il personale del ministero. “C’è carenza di organico e aumentano i detenuti - ha sottolineato Barbara Campagna della Cgil - non ci sono soldi per le strutture, non ci sono i soldi per la benzina, per le missioni, per la carta delle fotocopie”. La conclusione del segretario milanese Fns Cisl Mario Tossi è che “le carceri lombarde sono fuori legge” e lo dimostrano i 66 suicidi in cella e il 1.134 tentati suicidi del 2010. “Nel nostro comparto, l’Italia è capovolta” ha osservato Enzo Tinnirello, vicesegretario regionale vicario dell’Ugl che ha parlato di personale costretto a saltare i riposi, anticipare le spese per le trasferte e a fare straordinari regolarmente con la prospettiva degli stipendi bloccati per i prossimi tre anni. “Di fronte a questo sfascio - ha concluso Sarno - invitiamo il Ministro e il Governo a trovare il tempo per interessarsi a questo dramma”. Trasferimento detenuti: spesso agenti pagano di tasca propria Quando non ci sono i soldi per effettuare i trasferimenti dei detenuti da un carcere all’altro sono i poliziotti ad anticipare, di tasca loro, i soldi necessari. “Ci sono circa 700 - 800 agenti che hanno accumulato crediti nei confronti dell’amministrazione penitenziaria - spiega Angelo Urso, segretario nazionale Uil penitenziari - . Fino a 2 - 3mila euro per alcuni”. La legge infatti prevede che, quando si organizza la traduzione di un detenuto, l’amministrazione anticipi l’85% delle spese. “Ma in realtà non anticipa quasi nulla. E soprattutto non rispetta la norma che prevede il saldo di quanto anticipato entro trenta giorni”, puntualizza Urso. E i trasferimenti dei detenuti non possono più essere effettuati in aereo: “Le agenzie di viaggio e le compagnie non ci fanno più i biglietti finché non saranno saldati i debiti pregressi”, spiega Urso. Così, per trasferire una persona in un carcere del Sud non resta che affrontare lunghi viaggi con i cellulari: “Si sta fuori anche 3 - 4 giorni. E tocca a noi anticipare i soldi per gli alberghi e il pranzo. Con turni massacranti di oltre 70 ore”, conclude il sindacalista. Carenza di risorse, carenza di organico (solo 1.200 agenti operativi in Lombardia su una pianta organica di 5.300 unità), sovraffollamento che condiziona pesantemente le condizioni di lavoro (9.400 detenuti presenti a fronte di una capienza di 5.382 unità, ndr) sono alcune delle motivazioni che hanno portato in piazza, questa mattina, circa 300 agenti di polizia penitenziaria che si sono dati appuntamento davanti alla Prefettura di Milano. “Con i tagli previsti in finanziaria non possono essere effettuati nemmeno gli interventi di manutenzione ordinaria dei fabbricati - spiega Urso - ci sono continue infiltrazioni d’acqua in molte carceri”. Per non parlare dei mezzi di trasporto obsoleti. I sindacati chiedono quindi un intervento al ministro Alfano “per intervenire a 360 gradi sulla gestione delle carceri - conclude Angelo Urso. Si parla tanto di sicurezza dinamica (che permette di impiegare un numero minore di agenti per il controllo delle carceri, ndr) ma per metterla in atto occorre rivedere le norme che disciplinano la sicurezza negli istituti”. Trento: lunedì Alfano inaugura il nuovo carcere, costruito interamente dalla Provincia Il Trentino, 28 gennaio 2011 Sarà il ministro della giustizio Angelino Alfano ad inaugurare - lunedì prossimo - il nuovo carcere di Trento ultimato nei mesi scorsi e da poco occupato dai detenuti trasferiti dalla vecchia casa circondariale di via Pilati, a Trento. L’appuntamento a Spini di Gardolo è alle 10.30 circa; l’arrivo del Ministro Alfano è previsto per le ore 11. La cerimonia, a cui parteciperanno fra gli altri il Presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai e l’Arcivescovo di Trento Luigi Bressan, si concluderà attorno alle 12.30. Il carcere di Spini è stato interamente costruito dalla Provincia che in cambio ha ricevuto l’area di via Pilati dove ora sorgerà il nuovo polo giudiziario. L’incontro tra il presidente Dellai e il ministro della giustizia sarà anche l’occasione per affrontare uno dei punti più delicati che hanno accompagnato la realizzazione della struttura penitenziaria, ovvero il numero di agenti che il ministero metterà a disposizione. Da questo numero, infatti, dipenderà soprattutto il numero finale di detenuti che il nuovo carcere potrà tenere. Venezia: alla Giudecca nasce l’Icam, un istituto per madri detenute con figli fino a 3 anni Redattore Sociale, 28 gennaio 2011 La struttura sorgerà alla Giudecca, in un appartamento adiacente al carcere femminile, con entrata autonoma. Per la ristrutturazione dell’abitazione (disponibile dai primi mesi del 2012) il ministero della Giustizia ha stanziato 2,5 milioni di euro Anche a Venezia parte il progetto di creazione di un Icam, un istituto per madri detenute con figli fino a tre anni di età. La struttura sorgerà alla Giudecca, in un appartamento adiacente al carcere femminile, con entrata autonoma. Per la ristrutturazione dell’abitazione - che sarà disponibile dai primi mesi del 2012 - il ministero della Giustizia ha stanziato due milioni e mezzo di euro. L’organizzazione della vita quotidiana all’interno dell’appartamento sarà affidata alle madri detenute, assistite da agenti di polizia penitenziaria in borghese, educatori, puericultrici che interagiscono col volontariato, associazioni, cooperative. “Le donne in carcere - è il commento, affidato a una nota, dell’assessore comunale alla Cittadinanza delle donne, Tiziana Agostini - rappresentano circa il 5 - 6% della popolazione detenuta e sono recluse in cinque istituti esclusivamente femminili e in cinquantadue sezioni femminili. In questi si consuma quotidianamente un ignobile oltraggio alla condizione dei minori, costretti anch’essi ai tempi e ai modi della vita detentiva, spesso con gravi e compromettenti conseguenze per lo sviluppo psico - fisico del bambino”. Il progetto ha l’obiettivo di supportare le madri all’interno di una struttura con connotazioni di tipo familiare - comunitario, dando loro la possibilità di seguire percorsi di crescita e di reinserimento. Compiuti i tre anni di età, se la madre non avrà ancora scontato la pena, il bambino sarà affidato a parenti, inserito in percorsi di affido extra - familiare o in comunità. “Questa esperienza - conclude Agostini - non solo si inserisce in un contesto di umanizzazione della pena, ma riconosce e restituisce a bambini, donne, uomini i loro diritti costituzionali di cui, per un sistema iniquo, sono stati temporaneamente privati. È un’opportunità sociale e politica a dimostrazione che l’applicazione di forme alternative alla detenzione è possibile e praticabile, e a costi inferiori, con benefici sociali positivi per la collettività”. Cagliari: accordo tra Provincia e Cgm per un servizio mediazione linguistica all’Ipm Adnkronos, 28 gennaio 2011 La Provincia di Cagliari ha sottoscritto con il Centro per la Giustizia minorile della Sardegna una convenzione per lo svolgimento del Servizio di mediazione linguistica e culturale in favore dei giovani stranieri del circuito minorile. La durata della convenzione è di un anno. Grazie all’accordo l’assessorato delle Politiche sociali garantirà la prestazione professionale di 15 mediatori di origine straniera appartenenti a differenti aree linguistiche, araba, cinese, spagnola, inglese, francese, polacca, russa, rumena, tigrini - amarica e serbo - croata - bosniaca. I mediatori della Provincia di Cagliari dovranno assicurare il proprio intervento sia in favore dei minori in area penale esterna (presso il Centro di Accoglienza Attiva per cittadini stranieri della Provincia di Cagliari), che dei minori detenuti all’interno dell’Istituto penale minorile di Quartucciu. Gli interventi previsti riguardano la mediazione linguistica e culturale volta a facilitare le relazioni tra minori e operatori, azioni di supporto agli operatori nella elaborazione e messa in atto di percorsi didattici e formativi, socializzanti e di reinserimento dei minori stranieri, migliorando così l’accessibilità ai servizi. Poi il supporto agli operatori penitenziari con funzione di informazione e consulenza ai detenuti in relazione ai diritti di tutela giuridica e di fruizione di percorsi alternativi alla detenzione, l’attivazione del contatto con la rete di risorse pubbliche e private esistenti e la facilitazione della comunicazione tra i detenuti ed eventuali familiari in Sardegna o in patria. Il fenomeno del coinvolgimento nell’area dell’esecuzione penale di minori stranieri registra negli ultimi anni una crescita sempre più rilevante. Gli ultimi dati attestano circa 300 segnalazioni da parte dell’Autorità giudiziaria, di cui circa 200 per minori pertinenti al territorio della provincia di Cagliari. Altrettanto indicativo è l’incremento del numero di soggetti presi in carico dall’Ufficio di Servizio sociale per i minorenni di Cagliari. L’Istituto Penale minorile di Quartucciu ospita per il 40% detenuti di nazionalità straniera (per la maggior parte provenienti dal Nord Africa, Romania e, in misura minore, Albania e Sudamerica) che presentano difficoltà di comprensione e produzione della lingua italiana. Perugia: Cirignoni (Lega); su 517 detenuti 302 per reati di droga e 180 sono magrebini Agi, 28 gennaio 2011 “A conferma del fatto che la ndrangheta fa arrivare un fiume di droga sul mercato umbro e si affida a manovalanza straniera c’è il fatto che sono ben 352 i detenuti stranieri nel carcere di Capanne su un totale di 517, e che 302 reclusi sono stati arrestati per reati collegati allo spaccio di stupefacenti. Ben 180 provengono dall’area del Maghreb”. È la riflessione del capogruppo della Lega Nord in Consiglio regionale dell’Umbria, Gianluca Cirignoni, che si occupa di infiltrazioni criminali sul territorio anche in qualità di vicepresidente della Commissione d’inchiesta antimafia, all’esito della visita alla struttura penitenziaria perugina. Sullo stato della stessa, Smacchi ha detto “moderna, pulita e ben organizzata sia dal punto di vista sanitario che per quanto riguarda i servizi per i reclusi. Ho avuto modo di verificare le condizioni di vita dei detenuti e delle detenute, di scambiare con loro qualche battuta, e di ascoltare i problemi degli operatori carcerari, che svolgono un lavoro di grande rilevanza sociale”. “La direzione carceraria - ha aggiunto - ha sollecitato un mio interessamento al fine di far installare un impianto semaforico di fronte all’uscita del carcere, e dei rallentatori lungo la strada provinciale. Mi è stato anche richiesto di adoperarmi affinché siano installati cartelli stradali ed indicazioni lungo la viabilità che conduce alla struttura di Capanne. Non meno importante, per rispondere alle esigenze sia degli operatori sia dei parenti dei detenuti, sarebbe il potenziamento del trasporto pubblico a servizio della struttura, specialmente nelle ore notturne e coordinato con i turni degli operatori. Queste sono istanze che gli operatori del carcere da tempo hanno avanzato e che non hanno avuto ancora risposta da parte dell’amministrazione regionale e provinciale, richieste che si potrebbero esaudire con poca spesa, e che porterebbero sicuro beneficio sia agli operatori che a coloro che si devono recare giornalmente al carcere di Capanne”. Rovereto: protestarono per detenuto morto suicida, rinviati a giudizio 21 anarchici Ansa, 28 gennaio 2011 Rinvio a giudizio per manifestazione non autorizzata e interruzione di pubblico servizio per 21 persone di area anarchica che il 28 luglio del 2009 protestarono per la morte in carcere del muratore Stefano Frapporti, 50 anni, avvenuta qualche giorno prima nella casa circondariale di Rovereto, in Trentino: la prima udienza era prevista ieri, ma il difensore si è astenuto, per lo sciopero degli avvocati. I manifestanti quell’estate avevano occupato per alcuni minuti i binari alla stazione, bloccando il traffico ferroviario, e alcuni di loro sono accusati anche di danneggiamenti a un’auto di pattuglia dei carabinieri, intervenuti sul posto. Frapporti era stato arrestato perché trovato in possesso di circa 100 g di hashish e il mattino successivo era stato trovato in cella senza vita, impiccato. L’inchiesta sul decesso è stata archiviata a inizio 2010. Bari: progetto “Donna... oltre”, il 5 febbraio unità mobile per mammografie in carcere Ansa, 28 gennaio 2011 Un programma di informazione e diagnosi sui tumori al seno nelle carceri femminili è stato avviato nel penitenziario barese dove il 5 febbraio prossimo l’Unità Mobile di mammografia del Policlinico sosterà nel cortile con personale medico e paramedico che farà visite senologiche, ecografie e mammografie alle detenute che ne faranno richiesta. L’iniziativa, denomina “Donna... oltre” rientra in un programma più ampio previsto in tutte le sezioni femminili delle carceri di Bari, Foggia, Lecce, Taranto e Trani, “dove - è detto in una nota - le donne detenute sono circa 400 e che spesso soffrono disagi anche di ordine psicologico oltre che sociali e culturali”. Il primo passo dell’iniziativa è stato un incontro nel carcere di Bari dove detenute e personale della sezione femminile hanno preso parte ad una iniziativa di informazione sul tumore. Il progetto è promosso e sostenuto dal Comitato regionale pugliese della Susan G. Komen Italia per la lotta ai tumori del seno presieduto dal prof. Vincenzo Lattanzio. Nell’incontro l’iniziativa è stata illustrata dalla coordinatrice scientifica del progetto, la radiologa - senologa Angela Maria Guerrieri, che ha spiegato quanto la prevenzione aiuti a vivere meglio e quanto, nel caso del carcinoma della mammella possa salvare molte vite. Diverse le domande poste ai relatori: l’oncologo Gennaro Palmiotti, dell’Ospedale Di Venere e coordinatore per il Comune di “Bari contro il cancro”, il chirurgo Università di Bari - Policlinico, Antonella Gentile, la giornalista e “donna in rosa” Antonella Daloiso. Palermo: presentato il progetto “In & Out”, rivolto ai minori entrati nel circuito penale Redattore Sociale, 28 gennaio 2011 Presentato ufficialmente a Palermo il progetto che coinvolge Sicilia, Calabria, Campania e Puglia. Consegnato il Premio Network Etico a tre aziende siciliane per l’assunzione di giovani ex detenuti. È stato assegnato a tre aziende siciliane che hanno avviato l’iter per l’assunzione definitiva di giovani ex detenuti il premio Network Etico delle imprese “Ambra Agnello”. Ed è stato presentato il progetto “Percorsi di Legalità” per 2.800 giovani che si inserisce nell’ambito del Programma Operativo Nazionale “Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno d’Italia”. Tutto questo si è svolto a Palermo nell’ambito dell’incontro conclusivo del progetto “In & Out, Percorsi di Legalità” che ha coinvolto autorità, esperti di giustizia minorile e rappresentati di associazioni di categoria, stamani presso il complesso “Malaspina”. Le aziende premiate sono state la Fincantieri Palermo, l’Ente scuola edile di Catania e il Real Costruzioni di Catania. Al progetto hanno aderito 27 aziende. Il progetto “In & Out, Percorsi di Legalità”, in particolare, è stato l’unico in Europa a prevedere oltre ad interventi strutturali e ad azioni di miglioramento degli istituti penali minorili (campi sportivi, una cucina didattica, la costruzione di un’aula polifunzionale, il rifacimento integrale di un teatro e la valorizzazione del giardino storico di Villa Palagonia) un’attività di orientamento formativo professionale. In particolare sono state attivate 200 borse lavoro in favore dei reclusi all’interno e all’esterno delle strutture penitenziarie, laboratori artistici e culturali. Il progetto “Percorsi di Legalità” che ha preso avvio nel maggio 2010 e ha la durata di ben 36 mesi, attua percorsi di inserimento socio - lavorativo rivolti a minori e giovani italiani e stranieri presi in carico dai servizi minorili della giustizia situati nelle regioni Sicilia, Calabria, Campania e Puglia. Il progetto prevede la realizzazione di un insieme di azioni integrate, connesse e complementari, come attività di ricerca e di verifica dei soggetti e dei bisogni tramite la mappatura degli attori territoriali, l’analisi del contesto territoriale, l’analisi delle strategie utilizzate per l’inserimento del mondo del lavoro dei minori/giovani presi in carico dai servizi della giustizia minorile, la selezione e formazione dei tutor. I destinatari diretti dell’azione di orientamento/formazione saranno 2800 minori del circuito penale, in media 700 per ciascuna delle quattro regioni interessate. “Nell’impresa privata ci può essere una prospettiva di lavoro e dunque di un futuro sano e solido - afferma il presidente di Confindustria Palermo Alessandro Albanese - . È giusto che questo orizzonte si apra ai minorenni detenuti, perché occorre dare una chance in più a questi ragazzi. Ed è giusto che siano le imprese a farlo”. “Nel nostro Ipm attualmente abbiamo 59 ragazzi - sottolinea Maria Randazzo, direttore dell’Ipm di Catania - , di questi 11 sono stati inseriti nelle borse lavoro e per due giovani è avvenuta pure l’assunzione a tempo indeterminato. In questo caso possiamo dire che i ragazzi, se accolti e accompagnati adeguatamente in tutte le loro fasi del delicato cammino, sono in grado perfettamente di vincere la scommessa con la società”. “Abbiamo 30 mila ragazzi in Italia che hanno bisogno di essere seguiti attraverso l’impegno forte di squadre multidisciplinari vincenti - sottolinea con forza Serenella Pesarin, direttore generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari - . Non è vero che i soldi non ci sono ma questi devono essere orientati sempre più verso progetti che possano essere reali punti di sintesi capaci di creare processi culturali significativi per i giovani”. “I percorsi di legalità devono prevedere l’assunzione di responsabilità non solo del minore ma anche della sua famiglia oltre che delle istituzioni competenti secondo un approccio multi professionale. Per il futuro pensiamo proprio a dei progetti innovativi - afferma Nicola Testone, consulente del ministero della Giustizia per le tematiche sociali - che per un approccio globale del minore possano puntare ad un maggiore coinvolgimento del nucleo familiare del giovane”. Enna: nei prossimi giorni il via ad un corso di yoga per le detenute www.siciliainformazioni.com, 28 gennaio 2011 Nei prossimi giorni nel carcere di Enna sarà avviato il primo corso di “Ashtanga Yoga” destinato alle ospiti della sezione femminile della struttura. L’Ashtanga Yoga è caratterizzato da una sequenza di posizioni concatenate tra loro e sincronizzate con il respiro. L’iniziativa è promossa dall’International Inner Wheel di Enna. Il progetto è stato accolto con favore dal direttore della casa circondariale, Letizia Bellelli, che da anni porta avanti un programma di reinserimento e recupero dei detenuti del carcere. Le donne parteciperanno alle lezioni, guidate dalla maestra Anna Maria Lo Grasso. “Lo yoga - ha detto Lo Grasso - ha cominciato ad essere introdotto, finalmente, nelle carceri soprattutto all’estero, dimostrandosi un potente strumento di riabilitazione, con effetti sulla psicologia e sulla personalità dei detenuti. Mi sento emozionata e con una responsabilità, che è quella di portare e donare anche se solo per qualche istante ad ognuna delle detenute un po’ di pace e rinnovata energia”. “Il linguaggio dello Yoga, con i suoi 6.000 anni di storia - ha aggiunto - è universale e, quindi, tutti possono farlo. Uno dei miei Maestri ha conosciuto lo Yoga in carcere e da allora è cambiata la sua vita e non solo la sua”. “È un progetto che avevamo in cantiere da anni - ha detto la presidente dell’International Inner Wheel di Enna Pierelisa Rizzo - e che oggi si concretizza. Siamo certi che la crescita di una persona passi dalla sua elevazione e pensiamo che lo yoga possa aiutare le donne recluse, oltre che proprio come una vera e propria ginnastica per allentare le tensioni, anche per intraprendere un cammino”. Immigrazione: verso uno sconto di pena per i clandestini già condannati con l’aggravante Corriere della Sera, 28 gennaio 2011 Migliaia di stranieri condannati in Cassazione per i più vari reati potranno beneficiare di uno sconto sull’esecuzione della loro sentenza in misura pari a quel segmento di pena aggiunto alle loro condanne dall’aggravante di clandestinità introdotta nel 2008 e giudicata invece incostituzionale dalla Consulta nel luglio scorso: questo è quanto accadrà se si affermerà l’innovativo principio che ieri il Tribunale di Milano ha enunciato per scomputare 3 mesi di pena dai 9 mesi ai quali uno straniero irregolare era stato condannato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, giudicato definitivamente nel 2009 appunto con l’aggravante della clandestinità. La “clandestinità del reo” è una circostanza aggravante che fu introdotta dal decreto - legge n. 92 del 2008 all’esordio dell’attuale governo Berlusconi. In due anni di vita ha comportato un aggravio di pena tutte le volte che un certo reato veniva commesso appunto da uno straniero irregolare in Italia. Ma l’8 luglio 2010 la Consulta con la sentenza n. 249 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’aggravante della clandestinità. Ovvio che da allora in poi non si possa più appesantire le condanne degli imputati “clandestini” per il loro essere tali. Ma per il passato? Qui in teoria c’era uno sbarramento. Le sentenze definitive potevano essere travolte solo dall’eliminazione nell’ordinamento della fattispecie incriminatrice: o per un mutato giudizio di disvalore del fatto da parte del legislatore, o per un intervento abrogativo della Corte costituzionale. In entrambi i casi il fatto, già previsto da una legge precedente come illecito penale, non costituiva più reato. Ma fuori da questi casi, ogni modificazione della disciplina sanzionatoria non poteva avere alcuna efficacia retroattiva su sentenze irrevocabili. Il primo strappo operato dalla sentenza dell’undicesima sezione del Tribunale di Milano consiste proprio nel “rivisitare in parte questa ricostruzione alla luce della recente evoluzione legislativa, che ha ulteriormente. eroso il principio di intangibilità del giudicato”. Il giudice, infatti, constata che negli ultimi tempi il legislatore ha fatto sì che le sentenze passate in giudicato possano essere travolte “non più solo quando il fatto, per una legge successiva, non è più previsto come reato, ma anche nel caso in cui, pur mantenendone l’illiceità penale, muta in maniera sensibile il trattamento sanzionatolo”, per esempio perché la legge posteriore prevede la sola pena pecuniaria al posto di quella detentiva prevista dalla legge precedente. Ma allora, ragiona il Tribunale, il principio deve valere a maggior ragione nel caso dell’abrogata aggravante di clandestinità: “Se in ragione del principio di uguaglianza ripugnerebbe che un soggetto sconti una pena detentiva in relazione a un fatto per il quale la legge successiva commina solamente la pena pecuniaria, allo stesso modo il giudicato deve essere travolto nel caso in cui, addirittura, è stata eliminata dall’ordinamento una disposizione che prevedeva una circostanza aggravante idonea a incidere sulla quantificazione della pena”. Nel caso di specie, quindi, se ora lo straniero clandestinamente presente sul territorio dello Stato che commette un reato non è “maggiormente punibile” a causa della sua condizione soggettiva, “allo stesso modo, in virtù del principio di uguaglianza, deve essere eliminata allo straniero, definitivamente condannato, il “di più” di pena ricollegabile all’aggravante dichiarata incostituzionale”. Francia: il museo del Louvre nell’ora d’aria, copie di opere su muri carcere Ansa, 28 gennaio 2011 Il Louvre sbarca nella prigione di Poissy, alle porte di Parigi: per tre mesi i detenuti, durante la loro ora d’aria, potranno contemplare, appesi al muro di cinta del cortile, riproduzioni di Mantegna, Caravaggio o ancora Gericault. L’iniziativa, inedita, nasce dalla collaborazione tra il celebre museo della capitale francese, tra i più visitati al mondo, e il penitenziario del dipartimento delle Yvelines: un gruppo di dieci detenuti è stata coinvolta in tutte le fasi del processo di elaborazione dell’esposizione, dal titolo “Au delà des murs”, dalla sua concezione al suo allestimento. I volontari hanno dapprima selezionato 10 opere tra le collezioni del Louvre, poi, assieme all’architetto Philippe Maffre, hanno pensato alla scenografia e al percorso espositivo. Inoltre, con l’aiuto dello scrittore Luc Lang, hanno redatto i testi per commentare il quadro prescelto che sono stati raccolti nel catalogo della mostra. “Questo progetto è per il Louvre una nuova occasione di interessarsi a un pubblico che è stato allontanato dalle pratiche culturali e contribuisce all’indispensabile ruolo sociale e educativo del museo”, spiega Henry Loyrette, presidente del museo. “L’accesso alla cultura è parte integrante del percorso di esecuzione della pena - dice Jean-Amedee Lathoud, direttore dell’amministrazione penitenziaria - l’azione di Poissy è esemplare”. Per la scelta delle opere - riprodotte in alta definizione su tele di alluminio - i detenuti si sono basati sia sui colori o sulla luce, sia sul contenuto che spesso rifletteva la parabola della loro condizione. Cuba: secondo arresto in 24 ore per il dissidente Farinas, già premio Sakharov 2010 Adnkronos, 28 gennaio 2011 Dopo il fermo durato sei ore di ieri, il dissidente cubano e premio Sakharov 2010 del Parlamento europeo Guillermo Farinas è stato nuovamente arrestato dalla polizia. Sua madre, Alicia Hernandez, ha riferito che il figlio è stato fermato a Santa Clara intorno alle 15.30, ora locale, mentre insieme ad altri attivisti si stava recando dalla polizia locale per chiedere la scarcerazione di diversi dissidenti detenuti.