Giustizia: Alfano; siamo Paese di frontiera, l’Europa si faccia carico dei detenuti stranieri Ansa, 28 febbraio 2011 L’Europa si faccia carico del rimpatrio degli stranieri arrestati. A chiederlo è il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, partecipando questa mattina alla posa della prima pietra di un nuovo padiglione della casa circondariale di Piacenza. “Se abbiamo circa il 38% di detenuti stranieri nelle carceri - ha detto Alfano - è perché siamo un paese di frontiera. L’Europa non può dimenticare questa nostra condizione di difficoltà. Le politiche di rimpatrio ci sembrano importanti”. Del resto, “per quanto riguarda l’attuazione dei trattati internazionali bilaterali, ci sono alcuni paesi che hanno una certa ritrosia ad adempiere gli impegni assunti. All’Europa chiediamo di farsi carico di questo. Già abbiamo ottenuto un primo risultato con le delibere del Parlamento europeo relative alla Strategia di Stoccolma”. Mille posti in più in Emilia Romagna daranno sollievo Mille posti in più nelle carceri dell’Emilia Romagna non risolveranno il problema del sovraffollamento ma saranno comunque un “sollievo”. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano, partecipando alla posa della prima pietra di un nuovo padiglione della casa circondariale di Piacenza, ha assicurato: “Mi impegno a non aggravare la situazione con ulteriori ingressi di detenuti, se non quelli che la legge impone”. Durante la cerimonia Alfano ha ricordato quello di oggi come l’avvio di un percorso difficile che porterà alla realizzazione, in tutta Italia, di undici nuovi istituti penitenziari e i venti padiglioni che garantiranno 9.150 nuovi posti detentivi, per un costo complessivo stimato di 675 milioni di euro. “Dal 1998 al 2008 - ha detto il ministro - sono stati realizzati in Italia 2mila nuovi posti in più. Dal 2000 al 2011 ne sono stati realizzati altri 2mila. La nostra strada politica non è quella della carcerizzazione ma quello di garantire la dignità della detenzione”. I nuovi mille posti che verranno realizzati in Emilia Romagna, secondo il Guardasigilli, consentiranno al governo di “procedere in una politica che non prevede indulti e amnistie generalizzati” piuttosto “rendere effettivo il percorso di rieducazione” perché i detenuti “possono essere privati della libertà, ma non della dignità”. “Le strutture vecchie - ha aggiunto Alfano - saranno mantenute come è doveroso: faremo in modo tale che laddove si realizzeranno nuovi padiglioni non si dimenticheranno le vecchie strutture” che dovranno essere integrate con le nuove. Distribuiremo in modo coerente 1.800 nuovi agenti “Con l’ultima manovra economica abbiamo sbloccato l’assunzione di 1.800 agenti di polizia penitenziaria”. Il Governo si impegna a “distribuire queste unità sul territorio” in mondo “da rendere il tutto coerente con le nuove strutture”. Lo ha assicurato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, oggi a Piacenza per la posa della prima pietra di un nuovo padiglione della casa circondariale. Gli agenti “hanno perfettamente ragione” a protestare - ha detto Alfano - ma “l’assunzione in blocco di 1.800 persone in un unico concorso è la più grossa assunzione effettuata negli ultimi anni”. Giustizia: Associazioni; bambini detenuti; legge in discussione non esclude discriminazioni Redattore Sociale, 28 febbraio 2011 Potrebbe avere gravi ricadute sui diritti di decine di piccoli che si trovano a vivere insieme alle loro mamme nelle prigioni italiane il testo “Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori”, da pochi giorni approdato in Senato per la definitiva approvazione. Terre des Hommes, A Roma Insieme e Bambini Senza Sbarre esprimono forti dubbi sul testo unificato delle proposte di legge C. 2011 Ferranti, C.52 Brugger, C. 1814 Bernardini, che non evita in modo certo il carcere come misura cautelare, non modifica in modo sostanziale l’attuale normativa sull’accesso alla detenzione domiciliare speciale e non tutela le straniere detenute, che sono la maggioranza delle mamme con bambini in carcere. Se il disegno di legge dovesse essere approvato così com’è, sottolineano le tre organizzazioni, alle mamme con figli al di sotto dei 6 anni non viene evitato con certezza il carcere come misura cautelare. Inoltre la detenzione domiciliare speciale resterà un beneficio esclusivo di poche donne con figli. Altro punto giudicato negativamente è il fatto che le mamme detenute dovranno affrontare una lunga procedura per avere il permesso di accompagnare il proprio figlio in caso di ospedalizzazione e di stargli accanto per tutta la durata della stessa. Infine, le mamme straniere detenute con figli continuano a rischiare l’espulsione immediata a fine pena, in quanto sono state totalmente ignorate da questo disegno di legge, pur essendo numericamente la categoria più presente nelle carceri italiane assieme ai figli. “L’attuale disegno di legge approdato al Senato dimostra di non voler affrontare il problema della detenzione delle donne con bambini secondo un’ottica di reale tutela dell’interesse superiore del bambino, come richiesto dalla Convenzione Onu sui diritti dell’Infanzia, alla quale l’Italia è vincolata, avendola ratificata nel 1991”, concludono i rappresentanti di Terre des Hommes, A Roma Insieme e Bambini Senza Sbarre: “Nella Convenzione, ricordiamolo, si stabilisce che il bambino deve essere tutelato da …ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale …dei suoi genitori”. Terre des Hommes da 50 anni è in prima linea per proteggere i bambini di tutto il mondo dalla violenza, dall’abuso e dallo sfruttamento e per assicurare a ogni bambino scuola, educazione informale, cure mediche e cibo. Attualmente è presente in 65 paesi con quasi 1.000 progetti a favore dei bambini. La Fondazione Terre des hommes Italia fa parte della Terre des Hommes International Federation, lavora in partnership con Echo ed è accreditata presso l’Unione Europea, l’Onu e il Ministero degli Esteri italiano. Per informazioni: www.terredeshommes.it. A Roma Insieme Riconosciuta per il suo impegno e la sua professionalità a livello nazionale, A Roma Insieme è un’associazione di volontariato che si occupa da dieci anni dei bambini che si trovano nel carcere di Rebibbia detenuti al seguito delle proprie madri. L’associazione offre una serie di servizi volti a rendere la vita di questi bambini quanto più vicina, nel possibile, a quella che spetterebbe loro di diritto. Parallelamente ai servizi sul territorio, A Roma Insieme svolge, da sempre, una forte azione di lobbying sulle istituzioni per incidere positivamente sul quadro legislativo che disciplina questo delicato settore, con particolare riguardo alla condizione dei bambini. Bambini Senza Sbarre è un’associazione, da 10 anni impegnata in Italia in ambito penitenziario nei processi di sostegno psicopedagogico alla genitorialità in carcere con un’attenzione particolare ai figli, colpiti dall’esperienza di detenzione di uno o entrambi i genitori. Priorità dell’azione di Bambini Senza Sbarre è la cura e il mantenimento della relazione figlio/genitore durante la detenzione di uno o di entrambi di questi, nonché la tutela del diritto del figlio alla continuità del legame affettivo. Giustizia: Osapp; sistema è sempre più repressivo, nelle carceri neanche “posti in piedi” Adnkronos, 28 febbraio 2011 “Siamo il Paese del carcere preventivo, della pena anticipata, della sanzione senza processo dove finiscono solo poveri, immigrati, disadattati, tossicodipendenti e infermi di mente”. È quanto afferma Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, che snocciola i dati forniti dall’Osservatorio sulla Repressione all’indomani dell’inaugurazione del nuovo padiglione di Piacenza. “Se questo non è un sistema detentivo repressivo - continua Beneduci - come chiamarlo allora? Come al solito si vede la pagliuzza dell’altro e non la trave nel proprio occhio. Il ministro Alfano si entusiasma per un ampliamento, quello avviato a Piacenza, che darà i suoi esiti tra tre anni, esaurendone gli effetti in uno, e come seduto su una bomba ad orologeria non considera il rischio a cui tutto il Paese va incontro”. “Attualmente - spiega il leader sindacale - i detenuti sono 67.674 per una capienza regolamentare di 44.612 posti letto. Praticamente non ci sono più nemmeno i posti in piedi. I semiliberi sono appena 877: alla faccia del carcere che mette fuori facilmente e spesso si è costretti a far dormire i reclusi per terra, senza materassi e senza coperte”. “Nel paese dove si racconta la leggenda che l’ergastolo non esiste più - fa notare Beneduci - i fine pena mai sono 1.491. I detenuti con meno di 25 anni invece sono 7.311 e i bambini sotto i tre anni 57. Ad avere solo un anno da scontare - sottolinea - sono 11.601, a riprova del fatto che in carcere è più facile entrare che uscire. Dentro, il 43,7% è la percentuale dei reclusi (record europeo) ancora giudicabili, tra questi 15.233 solo in attesa del primo giudizio”. “I condannati dell’area penale esterna - sottolinea ancora il segretario generale dell’Osapp - quella che considera i carcerati che scontano misure alternative per condanne, inferiori o residuali, sotto i due - tre anni, sono 12.492. Tra questi quelli che tornano a delinquere sono appena lo 0,23%”. “Davanti a questo scempio - insiste Beneduci - ogni persona di buon senso indicherebbe la soluzione del sovraffollamento nella massima estensione delle pene e delle misure alternative; nell’abolizione di tutte le leggi che provocano carcerazione inutile e su base ideologica; nella riforma del codice penale, di procedura penale e del regolamento penitenziario; nella depenalizzazione dei reati minori e nella radicale diminuzione della custodia cautelare, ma questo esecutivo no”. “I dati - conclude il sindacalista - lo stanno confermando giorno per giorno: questo governo, nel dare il via ad un piano faraonico che prevede la costruzione di nuovi istituti, non ha saputo dar prova di grande lungimiranza politica”. Giustizia: Sappe; aggressioni e tentati suicidi, sale la tensione nelle carceri italiane Ansa, 28 febbraio 2011 “Non posso che giudicare con estrema preoccupazione le ultime aggressione ad alcuni poliziotti penitenziari, avvenute nelle ultime ore nei penitenziari di Velletri, Como e Genova Marassi. E in più a Rovereto come a Genova Marassi i nostri valorosi Baschi Azzurri hanno salvato la vita a detenuti che ha tentato il suicidio. È evidente che sale la tensione nelle carceri. Noi intendiamo, per prima cosa, esprimere tutta la nostra vicinanza e solidarietà ai colleghi feriti, improvvisamente e violentemente aggrediti dai detenuti, e complimentarci con coloro che hanno salvato la vita ai ristretti. Allora è certamente importante porre la riforma della giustizia tra i punti chiave del programma di rilancio dell’azione di governo, abbreviando ad esempio proprio i tempi della giustizia, se si considera che già oggi, nelle carceri italiane, abbiamo più di 30mila persone imputate (perché in attesa di primo giudizio, appellanti e ricorrenti). Altrettanto importante è però che la maggioranza del Paese ed il suo legittimo Governo mettano concretamente mano alla situazione penitenziaria del Paese, ormai giunta ad un livello emergenziale. La situazione di tensione che si sta determinando in molti istituti penitenziari del Paese, fatta di aggressioni a Personale di Polizia Penitenziaria, risse e manifestazioni di protesta dei detenuti, rischia di degenerare. Credo quindi che l’Esecutivo Berlusconi non possa perdere ulteriore tempo ma debba prevedere interventi urgenti e non più procrastinabili”. È quanto dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione di Categoria. Capece aggiunge: “A Velletri, nella tarda serata di ieri, un detenuto ha cagionato lesioni nei confronti di due colleghi. Uno di questi ha riportato la frattura del polso destro e l’altro lesioni guaribili con prognosi di gg. 5 come da referto ospedaliero. Il detenuto ha evidenti problemi psichici, assume continuamenti atteggiamenti aggressivi, minacciosi e di sfida, ed è sottoposto a sorveglianza a vista h. 24 come disposto dall’A.G. della procura di Velletri. Il detenuto, dopo aver ingerito una certa quantità di detersivo per piatti, è stato accompagnato in infermeria per le cure del caso e qui ha proditoriamente colpito gli agenti. A Como, nel reparto detentivo Sezione Infermeria, un detenuto Italiano di età tra i 40 - 45 anni, ricoverato per problemi fisici e mentali, si è ribellato ai poliziotti che lo invitavano alla calma e ad attenersi al regolamento interno. Lo stesso dopo averlo fatto uscire dalla cella, per essere accompagnato dal medico di turno, improvvisamente con rabbia ha aggredito e ferito l’agente di servizio in sezione ed un collega accorso in suo aiuto. Per ripristinare l’ordine e la sicurezza nella sezione, si è dovuto intervenire con altro personale e i colleghi coinvolti, sono stati prontamente soccorsi ed accompagnati presso il più vicino nosocomio per le urgenti cure del caso, uno con 6 giorni di prognosi e l’atro con 10 giorni. A Genova, l’altro ieri, un detenuto sieropositivo ha aggredito un altro Basco Azzurro nel carcere di Marassi. A Rovereto, poi, un detenuto imputato, in carcere dai primi di Novembre 2010, ha tentato il suicidio nella Casa Circondariale con una tovaglia mentre si trovava da pochi minuti da solo nella propria camera detentiva. Il pronto intervento del Personale di Polizia Penitenziaria, presente in servizio seppur carente è riuscito tempestivamente intervenendo a scongiurare che il gesto fosse portato a compimento. E un fatto analogo era accaduto a Genova Marassi, con un altro detenuto in procinto di ammazzarsi salvato dai nostri valorosi Agenti di Polizia Penitenziaria”. Capece conclude che: “il Sappe, il Sindacato più rappresentativo del Corpo, auspica una urgente svolta bipartisan di Governo e Parlamento per una nuova politica della pena, quanto più possibile organica e condivisa, che ripensi organicamente il carcere e l’Istituzione penitenziaria. L’unica via d’uscita da questa situazione è il ricorrere alla misure alternative alla detenzione che è dimostrato dai numeri che sono lo strumento migliore per garantire la vera sicurezza per i cittadini. Soltanto chi ha la possibilità di allontanarsi dal carcere per una seria prospettiva di lavoro all’esterno non tenta di commettere altri reati”. Calabria: Giordano (Idv); situazione delle carceri è allarmante, regione si occupi del problema Ansa, 28 febbraio 2011 “I dati allarmanti sulla situazione carceraria in Calabria sono sotto gli occhi di tutti”. È quanto afferma il consigliere regionale dell’Idv Giuseppe Giordano. “Le organizzazioni sindacali - prosegue Giordano - denunciano ormai da tempo l’insostenibilità della capacità ricettiva delle strutture carcerarie calabresi che riguardano una popolazione di 3.316 persone, a fronte di una capienza regolamentare di 1885, con una media dell’indice di sovraffollamento regionale al 77,3% che pone la Calabria al terzo posto delle regioni con il più alto tasso di sovraffollamento penitenziario. Concordiamo con i rappresentanti sindacali, nella loro analisi e sulle richieste che quotidianamente avanzano al ministro Alfano”. “In passato - sostiene ancora Giordano - avevamo denunciato la situazione del costruendo carcere di Arghillà, a Reggio, degli sprechi perpetrati e sulla mancata previsione di un suo completamento nell’attuale piano carceri e rimarcavamo l’importanza di intervenire anche sulle strutture esistenti ormai in stato di degrado e di abbandono, ma il governo mostra poca attenzione. Eppure negli ultimi anni, grazie al duro lavoro del compianto Provveditore regionale Paolo Quattrone, il Sistema Penitenziario calabrese aveva compiuto passi importanti; inoltre era stata realizzata un’attenta allocazione della popolazione detenuta attraverso una ridefinizione dei circuiti detentivi di alta sicurezza, media sicurezza, con una particolare attenzione alle donne ed ai disagiati psichici realizzando anche un apposito reparto di osservazione psichiatrica presso nella Casa Circondariale di Reggio”. “Prendendo atto dell’impegno del Presidente del consiglio regionale in un recente incontro con il sindacato - sostiene ancora Giordano - chiediamo che, oltre alla lettera di sensibilizzazione al Ministro Alfano, si possa dedicare uno specifico spazio all’interno di una seduta consiliare dedicato ai problemi sollevati dalle organizzazioni sindacali e sollecitare la Giunta, per come richiesto in sede di Conferenza regionale volontariato giustizia perché si istituisca al più presto la figura del garante dei diritti dei detenuti”. Sicilia: Cisl; sit-in della polizia penitenziaria; manca personale, lavoriamo in turni da oltre 12 ore Redattore Sociale, 28 febbraio 2011 Protestano gli agenti che operano nei quattro istituti penali minorili. Al personale di polizia penitenziaria femminile mancano il 70% degli addetti. Saccone, Cisl Fns: “Denunce cadute nel vuoto”. Protesta la polizia penitenziaria che opera nei quattro istituti penali minorili della Sicilia. Il sit-in che, è ancora in corso, si svolge davanti all’istituto penale minorile Malaspina di Palermo. Alla protesta hanno aderito oltre la Cisl, il Sappe, l’Osapp, l’Ugl polizia penitenziaria, la Cgil, la Uil e il coordinamento nazionale polizia penitenziaria. “Con questo degradante e mortificante quadro che affligge il sistema penitenziario della giustizia minorile in Sicilia - si legge nella lettera congiunta dei vertici sindacali della polizia penitenziaria indirizzata al ministro Alfano e a tutte le autorità competenti nazionali e locali - , possiamo affermare che gli appartenenti al corpo della polizia penitenziaria sono gli unici lavoratori della nostra nazione a non potere programmare la propria attività nell’ambito della sfera personale e familiare neanche oggi per domani”. “In questo modo la preoccupante mancanza di personale, oltre a fare venir meno la sicurezza incide notevolmente sulla delicata azione di recupero sociale che può restituire alla società giovani recuperati dal crimine - continua la missiva - , togliendo nuova manovalanza alla criminalità comune e alla criminalità organizzata di tipo mafioso”. “La motivazione della protesta - dice il segretario generale Giovanni Saccone della Cisl Fns Sicilia - è che le denunce fatte, già da qualche tempo, sono cadute nel vuoto. Oggi si registra presso gli istituti penali minorili e Centri di prima accoglienza presenti nella Sicilia la mancanza di personale di polizia penitenziaria del 50% circa e con punte che rimarcano una mancanza del 70% degli addetti (ci riferiamo al personale di polizia penitenziaria femminile), la qual cosa comporta turni di servizio che superano abbondantemente le dodici ore di lavoro”. “Il personale è costretto a lavorare senza percepire le indennità pari al 50% dello stipendio - precisamente non è corrisposto il lavoro straordinario degli anni precedenti pari a 2500 ore e il saldo delle missioni espletate - dice il segretario generale Giovanni Saccone -; ad eseguire le traduzioni sempre e continuamente sotto scorta con orari di servizio che non osiamo nemmeno definire e con grave nocumento della sicurezza collettiva e della propria incolumità”. “La carenza del personale ci carica di un lavoro che va ben oltre quello che prevede la legge - Domenico Ballotta, segretario nazionale aggiunto Cisl Fsn Sicilia. Un lavoro che in relazione al tipo di emergenza che abbiamo non possiamo trascurare. Ad esempio in questo momento all’ospedale Cervello c’è il piantonamento di un minore nel reparto di psichiatria che ha richiesto un tour de force dei colleghi”. “Siamo costretti a lavorare fuori norma e senza essere adeguatamente remunerati - afferma Francesco D’Antoni, segretario regionale Ugl - . Purtroppo dobbiamo continuare pure dopo aver finito il nostro turno se la situazione contingente lo richiede. Per non parlare della polizia penitenziaria femminile che, in questo momento, in una situazione di eventuale emergenza non saprebbe neanche come fronteggiare la situazione”. “Se venissimo messi nelle condizioni normali di fare il nostro lavoro - sottolinea Armando Algozzino, segretario nazionale Uil - a beneficiarne sarebbero prima di tutto i minori e poi tutta la società”. Nei Centri di Prima accoglienza della Sicilia si registra il numero più alto di minori dopo la Campania. Nel Cpa di Catania da un anno gli uffici amministrativi sono vuoti. La carenza dell’organico riguarda pure le case circondariali per adulti per le quali è previsto un altro incontro a Catania il prossimo 2 marzo. Piacenza: Alfano inaugura il primo cantiere del Piano carceri, tra le proteste di detenuti e agenti Dire, 28 febbraio 2011 550 giorni, 11 milioni di euro, 200 posti in più. Sono i numeri del primo cantiere del Piano nazionale carceri, la cui posa della prima pietra è avvenuta questa mattina a Piacenza, presente il ministro della Giustizia Angelino Alfano. Entro dicembre 2012 sarà quindi pronto il nuovo padiglione della casa circondariale piacentina, una struttura che potrà ospitare sino a 200 nuovi detenuti oltre ai 418 già presenti alle Novate. Il padiglione avrà un costo di circa 11 milioni di euro ma la sua realizzazione andrà in parallelo con la manutenzione del carcere attuale, come confermato dallo stesso ministro Alfano: “Le strutture vecchie saranno mantenute dove possibile e si deve camminare insieme con la realizzazione dei nuovi padiglioni”. “Diamo una accelerazione significativa per la qualità della detenzione”, ha detto Alfano. Nel capoluogo emiliano aumenta la capienza delle Novate sino a 200 unità, mentre in tutta la regione i nuovi posti all’interno degli istituti di detenzione saranno circa 1.000. L’impegno del ministro “non è quello di appesantire le case circondariali”, ma è “ormai indispensabile porre la pietra che dia l’avvio - queste le parole di Alfano - per la soluzione dei problemi in Emilia - Romagna”. L’obiettivo del governo è quindi quello di “adeguare le carceri al periodo storico in corso, senza indulti e amnistie, ma dando dignità di detenzione” con la creazione di nuovi posti “che in Emilia possono essere un sollievo” senza “appesantire il numero dei nuovi detenuti”. Alfano ha poi dato rassicurazione sull’assunzioni di nuove personale di Polizia penitenziaria, fortemente sotto organico all’interno del carcere piacentino delle Novate: “Con i nuovi padiglioni non sarà lasciato lo stesso numero di personale entro le mura”. Con la nuova manovra finanziaria - riferisce il ministro - abbiamo sbloccato l’assunzione di 1.800 agenti, un’assunzione in blocco, la più grossa a memoria di sindacalista”. Le unità di nuovo personale saranno spalmate su tutto il territorio nazionale una volta realizzati i nuovi padiglioni inseriti nel piano nazionale carceri. Protesta dei detenuti: anche Berlusconi si faccia processare Rumorosa protesta dei detenuti alla visita del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, alla casa circondariale di Piacenza. Ben prima del suo arrivo alle Novate per la posa della prima pietra del nuovo padiglione inserito nel piano carceri, i detenuti piacentini hanno cominciato a fischiare e battere contro le sbarre pentole e tegami in segno di protesta verso l’esponente del Governo. Una protesta che è proseguita alla ricognizione di Alfano nel cortile dell’istituto di detenzione, a suon di fischi, sfottò e appelli affinché anche il presidente del consiglio “si faccia processare”. Uil-Pa: giusta la contestazione dei detenuti contro Alfano “Credo che la contestazione messa in atto questa mattina dai detenuti di Piacenza nei confronti del Ministro Alfano sia giusta, legittima e condivisibile. Nei modi e per i contenuti. Avevamo già detto che l’unica attività concreta del Ministro verso il fronte penitenziario risulta essere quella del taglio dei nastrini o della posa delle prime pietre. Insomma solo passerelle, senza alcun impegno concreto sul fronte delle criticità penitenziarie. Sovraffollamento, disumanità, inciviltà, malasanità caratterizzano la detenzione in Italia. La negazione dei diritti al personale è sistematica e quotidiana. Ma di questo al Guardasigilli sembra interessare poco.” È un fiume in piena il Segretario Generale della Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno che commenta la rumorosa battitura di protesta che i detenuti hanno inscenato questa mattina. Lo stesso Segretario Generale definisce una beffa la presenza del Ministro a Piacenza per la posa della prima pietra di un cantiere per l’edificazione di un nuovo padiglione “A Piacenza il personale di polizia penitenziaria, nel disinteresse generale, è in stato di agitazione da alcuni mesi, causa le gravi deficienze organiche che determinano la quotidiana contrizione dei diritti soggettivi. Persino quelli elementari come il riposo settimanale. È chiaro che la presenza del ministro proprio in quell’istituto è stata letta dal personale come un beffa e dai detenuti, evidentemente, una provocazione. Qualcuno avrà avvisato il Ministro che a fronte delle 179 unità di polizia penitenziaria previste per decreto alle Novate, in realtà, operano circa 110 poliziotti penitenziari, così come a fronte delle 178 presenze massime oggi sono ospitati circa 420 detenuti. . Questi - continua Sarno - sono i problemi di cui dovrebbe occuparsi il Ministro Alfano ed il governo Berlusconi”. La Uil Pa Penitenziari monitora quotidianamente attraverso la pagina web Diario di Bordo, pubblicata sul sito www.polpenuil.it, gli eventi critici che si registrano negli istituti penitenziari. “Dall’1 gennaio di quest’anno nove detenuti hanno scelto di evadere permanentemente dalle loro vite, suicidandosi. Circa 145 sono i tentati suicidi e 28 le vite salvate in extremis dalla polizia penitenziaria che, di contro, annovera tra le sue fila ben 25 agenti feriti (con prognosi superiore ai sette giorni) per aggressioni subite da detenuti. Nelle degradate e cadenti carceri italiane sono ammassati circa 67.000 detenuti a fronte di una ricettività massima disponibile di poco superiore ai 42.000 posti detentivi. Questa deriva di morte e violenza, purtroppo, lascia impassibili ed immobili coloro che dovrebbero gestire l’universo penitenziario. La stessa “società civile” appare indifferente alla questione penitenziaria, quasi abbia metabolizzato le emergenze carcerarie e i drammi umani che ne conseguono. Avevamo annunciato - chiude il segretario Generale della Uil Pa Penitenziari - che la legge sulla detenzione domiciliare non avrebbe prodotto gli effetti annunciati. Infatti sono poco più di 850 i detenuti che ne hanno beneficiato. Un vero flop, com’era nelle cose. Questi sono i risultati dell’agire politico connotato da presunzione e incompetenza. Ora, per l’ennesima volta, invitiamo il Ministro Alfano a riconsiderare il piano carceri. Prima di costruire nuove prigioni, che non si aprono o si aprono parzialmente per mancanza di personale (Trento e Rieti docet) è necessario intervenire con progetti di manutenzione straordinaria per gli istituti attivi. Altrimenti mentre costruiscono quelle nuove si ritrovano con le prigioni vecchie che crollano. Lucca, Taranto e Livorno sono gli esempi più eclatanti e reali di questo rischio”. Ugl: arriva Alfano ma questo carcere “fa acqua” “Il sovraffollamento e la carenza di personale nel carcere piacentino (120 agenti per 450 detenuti), le condizioni allarmanti igienico - sanitarie hanno raggiunto un livello di allerta tale da mettere a rischio l’incolumità del personale di Polizia Penitenziaria, tra l’altro mai sottoposto da 15 anni a questa parte a controlli sanitari e costretto a lavorare in pessime condizioni ambientali”. Lo afferma il segretario regionale Ugl polizia penitenziaria, Gennaro Narducci, alla visita del ministro della giustizia Angelino Alfano. “Per la visita del ministro - dice Narducci - sono stati soppressi i pochissimi riposi settimanali, è stato aperto per l’occasione lo spaccio Agenti, chiuso al personale da mesi per carenza di personale e, in tempo di record, sono stati tinteggiati alcuni locali e alcune celle. La realtà è diversa: il carcere piacentino fa acqua da tutte le parti nel vero senso della parola. Il ministro posa la prima pietra per la costruzione del nuovo padiglione? Bene! Si giri verso la sua destra e si chieda come mai quella palazzina gialla da quasi vent’anni è chiusa e non viene aperta solo perché mancano i fondi per il rifacimento della copertura del tetto, come ultimamente ha ribadito il Provveditore Regionale. La palazzina è assegnata ai detenuti sottoposti ad art. 21, inagibile perché piove all’interno del reparto, reparto che da quando il carcere è stato costruito non ha mai aperto, lo stesso dicasi per i locali lavanderia detenuti dove, visto l’inutilizzo, sono andati in rovina tutti i macchinari. La costruzione del nuovo edificio penitenziario dovrebbe portare altri 200 - 250 detenuti a Piacenza, quanto personale ci daranno? Servono almeno 50 unità”. L’Ugl annuncia inoltre che in settimana il sindaco di Piacenza Roberto Reggi dovrebbe di nuovo incontrare i sindacati della Polizia Penitenziaria: “È l’unico ad oggi che veramente si è interessato al carcere piacentino”. Critico verso la realizzazione del nuovo padiglione anche il garante dei detenuti, Alberto Gromi: “Undici milioni di euro spesi per una struttura che non risolverà nessun problema e probabilmente ne creerà molti. Tutto questo quando l’Amministrazione penitenziaria manda circolari in cui sollecita l’intervento del volontariato per supplire alla carenza di risorse”. Firenze: interrogazione di Rifondazione Comunista dopo la morte di un detenuto a Sollicciano Comunicato stampa, 28 febbraio 2011 Muore un altro detenuto (affetto da una grave insufficienza respiratoria) nel carcere fiorentino di Sollicciano. Un avvocato, riportano i consiglieri provinciali di Rifondazione comunista Andrea Calò e Lorenzo Verdi, avrebbe dichiarato che qualcosa non ha funzionato nelle cure. Mentre il Garante dei diritti dei detenuti, a fronte di un pesante sovraffollamento e di gravi carenze igieniche sanitarie ribadisce che i medici devono verificare la compatibilità tra condizioni di salute e stato di detenzione, Rifondazione Comunista “nell’esprimere la propria costernazione per quanto avvenuto a Sollicciano richiama la Provincia di Firenze ad intervenire a rimuovere concretamente sul sovraffollamento, sulle gravi carenze infrastrutturali e a difesa dei diritti costituzionali”. Maggiori dettagli nella domanda d’attualità presentata da Rifondazione. Di seguito il testo. “Un altro detenuto muore nel carcere fiorentino di Sollicciano. La vittima è un marocchino di 48 anni. L’immigrato, che viveva in Italia con regolare carta di soggiorno, soffriva di crisi respiratorie e sarebbe morto per infarto. L’uomo era alla prima carcerazione. Ricoverato a Careggi i medici avevano segnalato che un polmone non funzionava più, il suo avvocato dichiara che poco prima di morire il detenuto respirava a fatica, non parlava e non camminava. Lo stesso legale dichiara che qualcosa non ha funzionato nelle cure e non tanto nei soccorsi. Il problema starebbe “nell’assistenza dei malati in carcere. O a Careggi o a Sollicciano è probabile che qualcuno abbia sbagliato”. I carabinieri hanno “sequestrato negli uffici del penitenziario documenti relativi alle condizioni di salute dell’ uomo”. Per il Garante dei detenuti del Comune di Firenze, Franco Corleone, “l’assistenza a tossicodipendenti e malati è il grande problema del carcere sovraffollato”, “bisogna che i medici segnalino tempestivamente l’eventuale incompatibilità tra la salute del detenuto e lo stato di detenzione, i tempi di attesa non possono essere lunghi perché in carcere le condizioni sono profondamente diverse rispetto a fuori… qui parliamo di persone che stanno in luogo sovraffollato, con l’acqua fredda”. E ancora continua il Garante “a Sollicciano le celle sono al buio perché le lampadine a incandescenza sono bruciate e le vecchie sono fuori commercio” infine “lo Stato deve fare uscire queste persone da sane, non da malate”. Intanto gli episodi tutt’altro che rassicuranti della popolazione carceraria in Toscana ci rivelano il triste primato dei “tentati suicidi, 155 nel 2009. Nello stesso anno i cosiddetti eventi critici sono stati 2.318, con 8 suicidi, 974 atti di autolesionismo e 480 scioperi della fame. E i dati statistici del 2010 non sono molto dissimili”. Più volte Rifondazione Comunista preoccupata per il protrarsi della situazione di sovraffollamento e di gravi carenze igienico sanitarie negli istituti carcerari della Provincia di Firenze ha chiesto alla Giunta provinciale di riferire dettagliatamente sulle iniziative concretamente adottate per superare la situazione di emergenza e di criticità presenti anche a Sollicciano. Nell’ottobre 2010 rispondendo ad una nostra domanda di attualità fu annunciato dall’Assessore alla Sicurezza e alle politiche della Legalità che: 1) era partita una esplicita richiesta rivolta all’Amministrazione penitenziaria per un incontro e per un confronto costruttivo; 2) che la Provincia di Firenze - nel frattempo entrata a far parte dell’Osservatorio del settore carcerario; 3) che solo una politica attenta e quotidiana inter istituzionale potrà far uscire il carcere da questa drammatica situazione. Nel novembre 2010 a fronte di una ennesima denuncia sul sovraffollamento e diritti dei detenuti da parte del Garante chiedemmo nuovamente alla Giunta provinciale cosa di concreto stava facendo l’Amministrazione provinciale per quanto di sua competenza per trovare soluzioni concrete ai temi sopra richiamati e in armonia con il dettato costituzionale sul tema dei detenuti. Precisiamo che a tutt’oggi stiamo ancora attendendo di apprezzare l’operato della Giunta e soprattutto la concretizzazione degli impegni dichiarati e assunti nelle sedi istituzionali e pubbliche sui temi che riguardano le condizioni degli istituti penitenziari della Provincia di Firenze. Gli scriventi Consiglieri Provinciali di Rifondazione Comunista, nell’esprimere la propria costernazione per quanto avvenuto a Sollicciano dove ancora una volta un uomo perde la vita, “per cause da accertare”, in un contesto dove permangono ancora gravi carenze igienico - sanitarie, infrastrutturali e di pesante sovraffollamento, nel ribadire che anche nel sistema penitenziario devono essere comunque garantiti tutti i diritti costituzionali ivi compreso il diritto alla salute e la verifica tra condizione di salute e stato di detenzione, chiedono al Presidente della Provincia di Firenze e all’Assessore competente di riferire su quanto drammaticamente accaduto a Sollicciano con la morte di un nuovo detenuto. Altresì chiediamo di sapere quali sono state le cause del decesso di una persona che già soffriva di una grave insufficienza respiratoria, se il detenuto sia stato adeguatamente assistito e curato nel modo più appropriato. Infine chiediamo di sapere i motivi per i quali permane a Sollicciano una gravi situazioni di sovraffollamento e soprattutto in che condizioni vengono garantiti i diritti alla salute e alla persona e cosa sta facendo l’Amministrazione Provinciale per quanto di sua competenza sulla grave situazione degli istituti carcerari”. Ufficio Stampa Consiglio provinciale di Firenze Catania: una nuova interrogazione parlamentare sulla morte di Carmelo Castro La Sicilia, 28 febbraio 2011 Alle interrogazioni parlamentari bipartisan, rivolte al ministro della Giustizia, per chiedere chiarezza sull’oscura morte dell’incensurato 19enne Carmelo Castro (foto) nel carcere di piazza Lanza (28 marzo 2009), presentate dai parlamentari Rita Bernardini, Felice Casson e Salvo Fleres (il Garante dei detenuti che addirittura ne ha presentate tre), si aggiunge quella del deputato Salvatore Torrisi, depositata in questi giorni. Torrisi, in sintesi, chiede tra le altre cose di accertare chi ha vigilato sul ragazzo in regime di “grandissima sorveglianza” e chi sono stati i detenuti che gli hanno portato il vitto e a che ora ritirarono le vettovaglie; acquisire le videoregistrazioni del “Reparto Nicito” e copia del “registro generale per la grande sorveglianza”; chiarire perché il medico, di fronte ad un arresto cardiorespiratorio, abbia disposto il trasporto all’ospedale con una normale auto, senza alcuna assistenza. Aosta: tubercolosi al carcere di Brissogne, avviata una campagna di controlli Ansa, 28 febbraio 2011 Trent’anni, extracomunitario, tossicodipendente, recluso nella casa circondariale di Brissogne e affetto da tubercolosi. La malattia, per cui è già in cura, si è riacutizzata alcuni giorni fa, con un improvviso malore; mentre due agenti lo stavano accompagnando in infermeria, il detenuto ha vomito sangue. Il medico del 118 ha confermato la patologia dopo aver consultato la cartella clinica, rilasciata dai sanitari del carcere “Le Vallette” di Torino da cui, due mesi fa, è stato trasferito; ha chiesto l’immediato ricovero nel reperto infetti dell’ospedale “Umberto Parini”. Il problema è appesantito dalla concomitanza con la visita, in carcere, di una scolaresca, invitata nell’ambito degli “Incontri sulla legalità”, iniziativa studiata dal direttore Domenico Minervini. Il caso ha determinato, da parte della direzione del carcere regionale, l’avvio di una campagna di controlli sanitari nei confronti del personale di polizia penitenziaria, dei detenuti stessi e del personale civile. Tutti soggetti che hanno avuto un contatto continuo e prolungato con il detenuto malato. “Ad oggi - garantisce il direttore - non sono stati riscontrati casi di contagio. La tbc è risultata non bacillifera. Continueremo fino a quando lo screening avrà coinvolto tutti gli operatori del carcere. Abbiamo sottoposto a radiografie e altri esami specifici 70 dei 150 agenti di polizia penitenziaria e 45 dei 280 detenuti. L’esito è per tutti negativo”. Carmelo Passafiume, vice segretario regionale dell’Osapp, l’organizzazione sindacale autonoma degli agenti di polizia penitenziaria, è sul piede di guerra. Dice: “Questo ennesimo caso di malasanità all’interno del carcere è figlio della cronica disorganizzazione dell’apparato sanitario. I medici che coprono le 24 ore di servizio non sono in grado di organizzare i turni. Quando il ragazzo ha accusato il malore il medico era assente. È inammissibile. Mi auguro che siano stati avvertiti i responsabili della scolaresca che ha visito l’istituto penitenziario”. Risponde Domenico Minervini: “Il pericolo non esiste in quanto il detenuto era già ricoverato”. Aggiunge: “Ho, in più occasioni, incontrato i rappresentanti sindacali a cui ho assicurato il passaggio dell’assistenza ai detenuti all’Usl. L’azienda sanitaria - sottolinea Minervini - ha stanziato 550 mila euro per l’aumento delle strutture specialistiche e delle attrezzature mediche. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria stanziava 270 mila euro”. L’ingresso dell’Usl garantirà l’assistenza infermieristica 24 ore su 24 e la guardia medica 12 ore su 24. “Anche le tariffe orarie di medici e infermieri, oggi pagate con 23 euro all’ora, saranno maggiorate”, conclude il direttore della Casa circondariale di Brissogne. Cagliari: corso d’informatica per dieci detenuti nel carcere di Buoncammino Agi, 28 febbraio 2011 Un gruppo di detenuti potrà frequentare nel carcere di Buoncammino a Cagliari un corso di alfabetizzazione informatica, promosso dalla direzione e gestito gratuitamente da Susanna Lenzu dell’azienda Iuniperus srl. “Un esempio da imitare”, osserva Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo, Diritti Riforme (Sdr). “Testimonia infatti la volontà delle giovani aziende sarde di guardare alla realtà in cui operano non solo per conseguire un risultato economico ma anche per contribuire a migliorare la qualità della vita di tutti. Per la nostra associazione è una particolare soddisfazione, perché l’idea del progetto è nata proprio da un colloquio con i titolari della Iuniperus che opera nell’area del Parco scientifico tecnologico di Pula”. Il corso, destinato nella prima fase sperimentale a una decina di detenuti, si articola in sei moduli per un totale di 40 ore. “Offrire ai detenuti l’opportunità di entrare in contatto con le tecnologie informatiche e di apprenderne l’uso significa”, sottolinea Caligaris, “far acquisire un livello di preparazione e autonomia utili per un eventuale occasione di lavoro”. Cagliari: minori stranieri dietro le sbarre, via al progetto di mediazione culturale L’Unione Sarda, 28 febbraio 2011 Il 40 per cento dei detenuti che si trovano nel carcere minorile di Quartucciu sono stranieri: provengono soprattutto da Nord Africa, Romania e, in misura minore, Albania e Sudamerica. Il loro numero tende ad aumentare di anno in anno e la maggior parte di loro ha difficoltà a capire e parlare l’italiano: da qui nasce l’esigenza di potenziare i servizi di mediazione linguistica e culturale sia all’interno dell’Istituto penale minorile di Quartucciu, sotto la responsabilità del Centro per la giustizia minorile, sia nel Centro di accoglienza attiva per cittadini stranieri della Provincia di Cagliari (struttura non carceraria). Si tratta di due centri importanti considerato che, secondo i dati della Provincia, su circa 300 segnalazioni da parte dell’Autorità giudiziaria, 200 riguardano minori che vivono nel territorio della provincia di Cagliari. L’obiettivo sarà raggiunto attraverso una convenzione della durata di un anno, in base alla quale la Provincia metterà a disposizione del Centro per la giustizia minorile della Sardegna i suoi mediatori specializzati. In base all’accordo appena firmato, l’assessorato provinciale alle Politiche sociali guidato da Angela Quaquero garantirà la prestazione professionale di 15 interpreti di origine straniera appartenenti a differenti aree linguistiche (araba, cinese, francese, inglese, polacca, russa, rumena, serbo - croata - bosniaca, spagnola e tigrina - amarica). Il personale specializzato offrirà un servizio volto a facilitare le relazioni tra minori e operatori, ma anche azioni di supporto agli operatori nell’elaborazione e messa in atto di percorsi didattico - formativi, socializzanti e di reinserimento dei minori stranieri, migliorando così l’accessibilità ai servizi. Inoltre, garantirà supporto agli operatori penitenziari con funzione di informazione e consulenza ai detenuti in relazione ai diritti di tutela giuridica e di fruizione di percorsi alternativi alla detenzione. Tra gli obiettivi c’è infine anche quello di attivare contatti con la rete di risorse pubbliche e private, facilitando nel contempo la comunicazione tra i detenuti e i loro familiari residenti in Sardegna o all’estero. Immigrazione: nuovi disordini nel Cie di Gradisca, bruciate sei stanze Agi, 28 febbraio 2011 Sei stanze del Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d’Isonzo sono state date alle fiamme oggi. I danneggiamenti sono iniziati intorno alle ore 14.00, in una struttura che già nel corso della settimana è stata interessata da roghi “appiccati con l’intenzione di danneggiare e rendere inservibile il Cie”. Al momento resta agibile una sola stanza della cosiddetta “zona rossa”, con otto posti letto. I 105 clandestini ospitati nel Cie sono stati ridistribuiti negli spazi comuni, con sistemazioni di fortuna. Bolivia: l’Ong veronese Progetto Mondo Mlal ha costruito il primo carcere minorile del Paese L’Arena, 28 febbraio 2011 È stato inaugurato in Bolivia, nella provincia di El Alto, davanti alle massime autorità, il primo vero carcere minorile del Paese, il Centro per giovani trasgressori Qalauma, da 150 posti (per ragazzi e ragazze), nel quale Progetto Mondo Mlal, Ong veronese presente in America Latina da 44 anni, dopo un lavoro di 10 anni, conta di poter restituire dignità e diritti di base, nonché un’opportunità di reinserimento sociale post - detenzione, ai giovani reclusi. Tutti minorenni attualmente rinchiusi insieme agli adulti nel famigerato carcere di San Pedro a La Paz, dove scontano le pene più diverse, con responsabilità anche molto diverse, ma con storie alle spalle tristemente simili. Le storie di questi ragazzi parlano di miseria infinita e di mancanza di tutto, a cominciare da una famiglia, una casa, una scuola, un pasto. Si tratta di ragazzi che hanno commesso reati legati a piccola criminalità, violenza, risse o traffico di droga, e che si ritrovano rinchiusi in una sorta di girone dantesco, com’è quello di San Pedro (da cui anche l’idea del film con Brad Pitt, fermato dagli stessi detenuti in rivolta), incasellati in una rigida suddivisione per classi sociali in cui a dettare la legge sono i capibanda che tirano le redini del traffico di droga dentro e fuori il carcere. La nuova struttura di Qalauma, realizzata da Progetto Mondo Mlal grazie ai finanziamenti raccolti al fianco della Diocesi di El Alto dalla Conferenza Episcopale Italiana, l’Unicef, la Caritas italiana, la Ong spagnola Intervida, la Ong tedesca Pan Para el Mundo, l’arcivescovado di Colonia e la solidarietà spagnola e italiana, è costata un milione e mezzo di euro e quasi 10 anni di impegno. Al di là dei fondi, che non è stato facile reperire, l’impegno maggiore è stato offerto da un italiano, bergamasco di origine ma da 25 anni in Bolivia come volontario per Progetto Mondo Mlal, Riccardo Giavarini. È stato lui a imbarcarsi personalmente in un’impresa che pareva impossibile a tutti, a calamitare nel tempo, attorno a sé, finanziatori, autorità locali, e lo stesso sistema di giustizia boliviano, schierato per la cerimonia. A tagliare il nastro è stato infatti il ministro degli interni boliviano Sacha Llorenti, a fianco del comandante generale della polizia e del vescovo di El Alto, del presidente di Progetto Mondo Mondo Mlal, il veronese Mario Lonardi, del viceministro della sicurezza pubblica e del direttore nazionale della sicurezza penitenziaria.