Giustizia: “emergenza carceri” prorogata e nuovo commissario per edilizia penitenziaria Il Velino, 26 dicembre 2011 È stato prorogato lo stato di emergenza dichiarato per far fronte all’emergenza del sovraffollamento nelle carceri, e completare gli interventi finalizzati ad assicurare salute e sicurezza dei detenuti, garantendo una migliore condizione di vita e la funzione rieducativa della pena. Il Consiglio dei ministri ha anche nominato Angelo Sinesio commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, incarico che finora era svolto dal direttore del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria Franco Ionta. La decisione crea quindi uno sdoppiamento tra la figura del direttore del Dap e quello di commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, e nasce, a quanto si apprende, con lo scopo di dare accelerazione e certezze al piano per la costruzione di nuove carceri. Angelo Sinesio è nato nel 1955 a Catania. È entrato nel 1978 al ministero delle Finanze e dieci anni più tardi ha vinto il concorso per il ministero dell’Interno; ha lavorato dal 1990 all’Alto commissariato antimafia e dal 1992 al 2002 presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Come viceprefetto si è occupato dei temi dell’ordine e della sicurezza e, in modo particolare, delle questioni non solo amministrative riguardanti gli appalti. È stato commissario straordinario dal 2006 al 2008 di un comune siciliano sciolto per mafia, Roccamena, a 18 km da Corleone. Per il nuovo incarico ha lasciato quello di capo della segreteria tecnica del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri. Castiglione (Pdl): Sinesio figura altamente stimata e valente “Un sincero augurio di buon lavoro” è stato espresso dal presidente della Provincia di Catania, Giuseppe Castiglione, ad Angelo Sinesio nominato dal Consiglio dei ministri commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria e già vice Prefetto del capoluogo etneo. “Una nomina importante per una figura altamente stimata e valente anche per l’ottimo lavoro svolto a Catania - ha aggiunto Castiglione che è anche Coordinatore del Pdl in Sicilia - che ricoprirà questo delicato incarico con grande impegno”. Giustizia: Antigone; non serve commissario straordinario per edilizia penitenziaria… Ansa, 26 dicembre 2011 “È evidente che il piano per l’edilizia penitenziaria non è decollato”. Così Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, che si batte per i diritti nelle carceri, commenta la decisione del Consiglio dei ministri che ha nominato un nuovo commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, Angelo Sinesio, al posto del capo del Dap, Franco Ionta. “Antigone aveva denunciato l’incongruenza di una scelta costosa come quella di costruire nuovi istituti di pena - dice Gonnella - in un periodo di crisi come l’attuale, un piano di edilizia carceraria, dunque, utopico ed errato. E senza entrare nel merito della nomina - aggiunge il presidente di Antigone - non si vede l’utilità di avere un commissario straordinario quando la materia potrebbe essere gestita nell’ordinarietà”. Infine, Gonnella interviene sull’entrata in vigore della cosiddetta norma svuota carceri che, nella sua ultima versione, definisce molto timida. Resta - dice - una misura a tempo, avendo come scadenza il 2013, mentre per risolvere il problema del sovraffollamento serve avere il coraggio di riforme urgenti fino all’amnistia. Giustizia: Alfano (Pdl) favorevole all’amnistia; Baccini (Cp) propone un indulto di 3 anni Agi, 26 dicembre 2011 “Sono favorevole all’amnistia soprattutto per i detenuti che sono a fine pena e sono anche favorevole all’estensione dell’istituto della messa in prova anche nel processo ordinario visti i buoni risultati che ha dato nel processo minorile”. Lo ha detto il segretario del Pdl ed ex ministro della Giustizia Angelino Alfano a margine di una manifestazione legata al suo libro “La mafia uccide d’estate” in corso al Palazzo dei Congressi ad Agrigento. Il deputato Mario Baccini, presidente dei Cristiano popolari, in una nota fa sapere che “si è recato a fare visita a Cesare Pambianchi”, ex presidente della Confcommercio di Roma coinvolto in una presunta maxi evasione fiscale da 600 milioni di euro, “attualmente agli arresti domiciliari. Ho ritenuto opportuno accertarmi delle condizioni di salute di Pambianchi - dice - che nei giorni scorsi è stato colto da un attacco cardiaco. Ora sono in corso accertamenti clinici sulla sua salute ma l’ho trovato dignitosamente sereno”. Secondo Baccini, inoltre, “nei periodi di festività non bisogna dimenticare i detenuti. Per questo nei prossimi giorni mi recherò a visitare alcuni istituti penitenziari per giudicare personalmente le condizioni difficili delle carceri, sperando che la riforma proposta dal governo possa essere un buon inizio per risolvere il problema del sovraffollamento. Nel dibattito politico, a questo proposito, avanzeremo proposte che non escludono la possibilità di un indulto di 3 anni. Certo è che bisognerebbe investire di più nella riabilitazione e nella formazione dei detenuti per contenere le recidive e rimetterli nel sistema”. Giustizia: Nitto Palma; le proposte del ministro Severino sono le mie Ansa, 26 dicembre 2011 “Leggo con stupore le dichiarazioni di Donatella Ferranti la quale, in quanto capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, ben dovrebbe sapere le iniziative assunte dal precedente governo nel settore carcerario e le iniziative legislative pendenti in Parlamento. Se avesse prestato solo un po’ di attenzione avrebbe avuto conoscenza che le iniziative assunte recentemente dal ministro Severino sono, con mia grande soddisfazione, identiche a quelle da me presentate al consiglio dei Ministri poco prima della caduta del governo Berlusconi, nonché a quelle oggetto di mie proposte di legge una volta rientrato in Senato”. È quanto afferma l’ex Guardasigilli Nitto Palma in una nota. “Così come se avesse letto il resoconto della seduta del Senato dedicata ai problemi carcerari, nulla - aggiunge Palma - potrebbe richiedere in ordine allo stato di attuazione del piano carceri e alla trasparenza delle procedure, nessuna delle quali secretata”. “Forse Ferranti - conclude l’ex ministro - non ha ben compreso che il governo attuale è sostenuto per senso di responsabilità da tutte le maggiore forze politiche e che speciose polemiche di tal fatta non servono a mantenere sereno il clima politico così come richiedono, invece, la situazione del Paese e il presidente della Repubblica”. Giustizia: Fp-Cgil; bene le misure svuota-carceri, ma si apra confronto per riforme Agenparl, 26 dicembre 2011 Durante l’incontro la Fp-Cgil ha ribadito alla Ministra l’apprezzamento per le misure varate per ridurre il sovraffollamento carcerario auspicando un confronto generale che abbia come obiettivo il ritorno delle carceri ai principi costituzionali. È stato sottolineato come sulle misure afferenti la depenalizzazione sia necessario agire anche su norme come la Bossi Fini e la Fini Giovanardi che sono la principale causa del sovraffollamento. Grande apprezzamento per il richiamo della Ministra alla centralità dell’art. 27 della Costituzione relativo alla rieducazione del detenuto; a tal riguardo è stata evidenziata, anche per far fronte all’allungamento della misura alternativa della detenzione domiciliare, la necessità di urgenti assunzioni di educatori ed assistenti sociali. Sono altresì indispensabili ulteriori assunzioni di poliziotti penitenziari per far fronte ai carichi di lavoro che deriveranno dall’apertura di nuovi istituti e padiglioni. È urgente inoltre un impegno della ministra affinché si intervenga in maniera risolutiva per porre fine allo scandalo degli ospedali psichiatrici giudiziari attraverso la loro immediata chiusura. Giustizia: Moretti (Ugl); bene apertura guardasigilli a nostre richieste Italpress, 26 dicembre 2011 “Esprimiamo soddisfazione per la disponibilità mostrata dal ministro della Giustizia ad accogliere le nostre richieste per una graduale risoluzione dei problemi delle carceri nel nostro Paese”. Lo dichiara il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, al termine dell’incontro di oggi tra il Guardasigilli e le parti sociali, evidenziando come “abbiamo sottoposto al ministro Severino le questioni prioritarie da affrontare, non solo per il miglioramento delle condizioni detentive, ma anche per ridare dignità al lavoro svolto dai baschi azzurri nell’ambito del sistema sicurezza nazionale. Le nostre dieci priorità - continua il sindacalista - riguardano la necessità di un nuovo modello di detenzione, con istituti più ergonomici e funzionali, la revisione del regolamento del Corpo, l’estensione delle video conferenze per le udienze dei detenuti, fino all’introduzione di meccanismi decontributivi e pensionistici connessi alla specificità dei compiti assegnati agli agenti”. “Abbiamo già riscontrato convergenze di opinione con il ministro, condividendo le misure previste dal piano anti - sovraffollamento, ora ci aspettiamo - conclude Moretti - che si dia seguito anche alle riforme da noi più volte auspicate per uscire finalmente dall’emergenza”. Giustizia: Cardinale Bagnasco; Chiesa farà la sua parte per risolvere problemi di carceri Ansa, 26 dicembre 2011 “La chiesa continua e continuerà a fare la sua parte”. Lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova stamani durante la visita nel carcere di Marassi rispondendo al direttore del carcere Salvatore Mazzeo che ha auspicato che “la Chiesa svolga un ruolo - guida spirituale e politica verso i governo”. La situazione delle carceri, ha detto ancora il cardinale, è “ben nota e si trascina da molto tempo. Certamente ognuno fa la sua parte e si può star certi - ha detto l’alto prelato rivolgendosi al direttore del carcere e ai detenuti - che la chiesa continua e continuerà a fare la sua parte ricordando la dignità di ogni persona in qualunque situazione si trovi compresa naturalmente quella della detenzione, che riporta particolari difficoltà strutturali e logistiche”. Il cardinal Bagnasco ha poi ricordato le parole di Papa Ratzinger in visita al carcere domano di Rebibbia: “Se come ricordava il santo Padre la pena carceraria detentiva deve avere un valore pedagogico è necessario che anche gli istituti di pena possano essere luoghi strutturalmente adeguati perché la pena possa avere non soltanto carattere coercitivo detentivo ma anche educativo”. Scola: favorire un nuovo modo di guardare alla pena “Farsi carico, soprattutto in questo momento, di favorire, anche con scelte pratiche e precise, una conversione, un cambiamento di mentalità, un nuovo modo di guardare alla pena e ai luoghi della pena”. È intervenuto così, oggi pomeriggio nel carcere di San Vittore, il cardinale Angelo Scola, al primo Natale da arcivescovo di Milano. Scola ha fatto il giro dei vari raggi del penitenziario stringendo le mani ai detenuti e ascoltando i loro interventi. Quindi ha celebrato la Messa. Nell’omelia ha citato diversi temi: “Che questa crisi - ha detto ad esempio - non pesi su coloro che sono gli ultimi nella nostra società”. Giustizia: Ardita (ex Dap); la revoca del 41-bis per 334 boss non fu decisa solo da Conso Il Velino, 26 dicembre 2011 La decisione di non prorogare nel novembre del 1993 il carcere duro (41bis) ad oltre 300 boss non fu una decisione “solitaria” dell’ex Guardasigilli Giovanni Conso. Lo ha rivelato Sebastiano Ardita, un magistrato che per 10 anni è stato direttore generale del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria. Di recente ha anche scritto un libro dal titolo “Attacco allo Stato” in cui parla proprio del carcere duro. Nel corso della sua testimonianza nell’aula del tribunale di Palermo dove si sta processando l’ex generale dei carabinieri Mario Mori (e Mauro Obinu) accusato di aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano e di essere stato il protagonista della presunta “trattativa” fra Cosa nostra e lo Stato, Ardita ha rivelato che già sei mesi prima che i decreti relativi a 334 41-bis scadessero si stabilì che non sarebbero stati rinnovati. A confermarlo una circolare (eccezionalmente secretata) dell’allora capo del Dap Adalberto Caprotti nel giugno del 1993. Nel documento Capriotti proponeva tre soluzioni: non confermare 334 provvedimenti di carcere duro, ridurre del 10 per cento il numero di detenuti al 41 bis “per assicurare un clima di distensione, infine diminuire da un anno a sei mesi la scadenza del 41 bis”. Sempre Ardita ricorda che nel 1992 il capo del Dap Amato propose “una forma di 41-bis attenuata ma per tutti i detenuti mafiosi. Insomma, voleva applicare il carcere duro all’istituto penitenziario. Una scelta che riguardava oltre quattromila persone, più le mille già raggiunte dal provvedimento. Fu una proposta che, però non ottenne seguito. Ma nel settembre dello stesso anno creò la sezione di alta sicurezza che prima non esisteva”. “Tra maggio e giugno del 1993 ci fu il cambio al vertice del Dap. Andarono via il direttore Niccolò Amato e il suo vice Edoardo Fazioli e furono sostituiti da Adalberto Capriotti e Francesco Di Maggio. Ma se nel luglio del 1993 i 500 provvedimenti al 41 bis firmati da Martelli vennero riconfermati lo stesso non accadde nel novembre del 1993, “quando in blocco non vennero rinnovati i provvedimenti ma vennero lasciati scadere”. Complessivamente tornarono in detenzione normale 334 detenuti anche se 58 di loro successivamente tornarono al 41 bis. E Ardita spiega l’anomalia: “Normalmente la decisione sulla proroga del 41 bis veniva adottata dopo un’istruttoria, invece in questo caso non accadde”. “Il 41 bis - racconta Ardita - non venne applicato subito dopo la firma in seguito alla strage di Capaci, ma venne applicato soltanto dopo la strage di via D’Amelio. Il 20 luglio, all’indomani della strage, furono trasferiti in massa dal carcere dell’Ucciardone centinaia di detenuti verso Pianosa e l’Asinara. Martelli firmò circa 500 provvedimenti”. Subito dopo, nel novembre del 1992, vennero disposti altri provvedimenti di carcere duro. “Complessivamente i detenuti al 41-bis erano circa mille - spiega Ardita - un primo blocco firmato da Martelli scadeva a luglio, il secondo a novembre”. Nel maggio del 1993 l’allora vicecapo del Dap Edoardo Fazioli “annullò 140 posizioni e nel luglio dello stesso anno scadevano i primi provvedimenti firmati da Martelli che vennero confermati”. La questione è rilevante perché secondo i pm proprio il 41 bis sarebbe stato uno dei punti oggetto della trattativa tra lo Stato e la mafia, trattativa di cui, sempre secondo la Procura, Mori sarebbe stato uno dei protagonisti. L’ex dirigente del Dap, ora rientrato alla procura di Catania, ha ricordato, inoltre, la lettera con cui, sempre nel ‘93, un gruppo di familiari di detenuti al 41 bis chiese con toni minacciosi all’allora capo dello Stato Scalfaro un’attenuazione del regime carcerario duro. “La lettera - ha detto - era indirizzata a una serie di soggetti che poi direttamente o indirettamente sarebbero stati oggetto di attentati: da Maurizio Costanzo, al Papa (colpito, secondo il teste con la bomba a San Giovanni in Laterano), al vescovo di Firenze, città poi scossa dalle bombe dei Georgofili”. Giustizia: l’islam fanatico arruola tra i disperati delle carceri di Souad Sbai (Parlamentare Pdl) Libero, 26 dicembre 2011 “Come ti senti? Hai qualcuno fuori che ti aspetta?”. “No, sono solo”. “Non sei più solo fratello. Io ho la soluzione. Seguimi e un giorno sarai libero”. Ecco il colloquio, raccontato da un ragazzo appena uscito dal carcere, fra un detenuto e colui che lì dentro ci marcisce perché ha fatto del fondamentalismo islamico la sua ragione di vita. Lo guarda negli occhi, legge le sue angosce, la sua paura nell’essere in carcere da solo e nel non sapere cosa sarà di lui quando sarà uscito. Non sa che la sua vita sta per cambiare. È entrato criminale comune, uscirà estremista islamico salafita. Da quel momento inizia un percorso perverso, che deviale menti di coloro che dovrebbero essere riabilitati, portandole verso l’abisso della follia terroristica. Questo è il risultato della vicinanza, indiscriminata e pericolosissima, tra detenuti comuni e qaedisti salafiti nelle nostre carceri, cosa denunciata da tempo ma mai presa in considerazione dalle autorità italiane. Un brodo di coltura micidiale, che crea un esercito silenzioso di martiri pronti a distruggere la società occidentale. Oppure una schiera di mariti, amici, compagni e fratelli pronti a massacrare ogni donna che non sia prona ad un fanatismo estremista, distruttivo della sua libertà e dignità umana. Come se non bastasse, da organizzazioni vicine all’estremismo arrivano i cosiddetti “mediatori culturali carcerari”, il cui ruolo non risulta certificato in nessun accordo con lo Stato Italiano e la cui funzione non viene da nessuno controllata. I materiali che portano con sé, le lezioni che implicitamente impartiscono ai detenuti sotto forma di assistenza personale l’indottrinamento proselitista applicato senza alcun timore. Nessuno si fa illusioni sulla provenienza di quel materiale: l’Arabia Saudita, che foraggia la costruzione di una rete estremista anche nelle carceri, laddove la dama attecchisce veloce, cavalcando la solitudine e la ricerca di un punto di riferimento nel buio. Stupisce che anche istituzioni le quali dovrebbero avere un occhio attento alle carceri, come l’Ambasciata Marocchina, siano più attente a fondare Federazioni Islamiche lombarde dalle torbide radici, piuttosto che alla situazione carceraria in cui versano moltissimi marocchini. E soprattutto a come ne potrebbero uscire. E proprio mentre si parla demagogicamente di sovraffollamento delle carceri e di uscita anticipata per mancanza di spazio, mi fa indignare la totale assenza di attenzione ai centri antiviolenza, in cui le donne vittime di quei reati che si vorrebbero “condonare”, soffrono una pena a vita che non hanno fatto nulla per meritare, se non essere donne e mogli, sorelle e figlie. Si pensi piuttosto ad una seria politica di rimpatri immediati per chi durante la detenzione abbraccia la dottrina estremista salafita e diventa un pericolo per la nostra società, che al di fuori del penitenziario non può gestirne la pericolosità. Siamo al paradosso pericolosissimo per cui il carcere, che dovrebbe essere luogo di riabilitazione, crea terroristi salafiti pronti a divenire pedine di una rete più ampia, che li attende a braccia aperte fuori dal portone del carcere. E dire che dal maggio di quest’anno la Consulta per l’Islam Italiano presso il Viminale lavora su una bozza di documento per la formazione degli imam e dei mediatori da inviare presso le carceri, con la supervisione delle moschee. La questione salafita si sta sottovalutando e siamo solo all’inizio di questo processo di infiltrazione: lo testimoniano le denunce di coloro che sanno cosa avviene davvero al freddo delle prigioni. Giustizia: Alfonso Papa “torna” in carcere per testimoniare solidarietà a chi è detenuto Ansa, 26 dicembre 2011 Il giorno dopo la liberazione, Alfonso Papa, deputato del Pdl, prima indagato, poi detenuto e fino a ieri agli arresti domiciliari per l’inchiesta P4, è tornato in carcere a Poggioreale. “Ho voluto trascorrere la prima mattinata da uomo libero recandomi in visita al carcere di Poggioreale, per testimoniare la mia solidarietà a chi nel nostro paese è detenuto in condizioni di inciviltà giuridica e disprezzo per gli elementi fondamentali di umanità”, ha detto Papa. “Per quanto mi riguarda - ha aggiunto - sono contento di potermi difendere nel processo da uomo libero”. Accompagnato da uno dei suoi legali, Papa, si è intrattenuto brevemente con alcuni dei compagni di cella conosciuti durante i mesi di detenzione nella struttura carceraria. Martedì riprenderà a Napoli il processo che vede imputato Papa di favoreggiamento, concussione e rivelazione di segreto d’ ufficio con l’ ammissione della prove. Serve riflessione seria su gesto di clemenza “La pena, secondo la nostra Costituzione, ha una funzione rieducativa, e di reintroduzione nella società e nel mondo una volta che si è pagato il proprio debito con la giustizia. Le condizioni di detenzione dei detenuti sono tali che - se fossero riservate ad animali - comporterebbero una denuncia di maltrattamento”. Lo ha detto Alfonso Papa, intervistato da Radio Radicale. Papa è tornato oggi - da uomo libero - a visitare il carcere di Poggioreale. E si è schierato a favore dell’ipotesi di amnistia, proposta da Pannella. “È evidente - ha detto - che qualsiasi finalità positiva che la pena deve avere viene di fatto negata quotidianamente. Ora, di fronte a questo dato di fatto, credo che non sia possibile evitare una riflessione reale su un gesto di clemenza, che quantomeno reinserisca, almeno in termini di aspirazione, lo Stato italiano nel novero delle democrazie occidentali”. Lombardia: dalla Regione 2 milioni di € per progetti di reinserimento dei detenuti Asca, 26 dicembre 2011 Due milioni di euro per aiutare i detenuti in condizioni di particolare fragilità e accompagnarli nel percorso di reinserimento nella società. È quanto prevede la delibera approvata dalla giunta regionale della Lombardia. Il piano di azione prevede interventi dentro e fuori dal carcere. All’interno dell’istituto di reclusione sarà favorita la Responsabilità di Impresa coinvolgendo il mondo imprenditoriale nella realizzazione di progetti di inserimento lavorativo (Progetti di formazione raccordati con la dote lavoro finanziata dalla Direzione Istruzione, Formazione e Lavoro e specifici progetti di formazione sul campo e Progetti di inserimento lavorativo e Laboratori professionalizzanti). All’esterno della casa circondariale saranno sostenute iniziative di inserimento lavorativo con l’ abbinamento della persona al possibile posto di lavoro. Trapani: Natale nel carcere di Favignana… viaggio all’inferno, come Dante e Virgilio di Benedetta Cosmi Affari Italiani, 26 dicembre 2011 Nell’infermo come Dante e Virgilio. Al fianco di chi trascorre un Natale in carcere: la dottoressa Sandra Titone. Lavora alla guardia medica del carcere di Favignana da febbraio. In turno tutti fino al 31 dicembre del 2012. Una visita in un carcere, come un deterrente: apprezzare quello che nella “normalità” si dà per scontato. C’è chi nella festa, per antonomasia della famiglia, soffre tutti i suoi errori, paga col peso della differenza. Ha perso la mamma, ha perso la speranza, ha scoperto che non avranno bambini, poi c’è chi dopo venti anni coniugali affronterà per la prima volta una festa separata dagli affetti di una vita, quasi tutti sentono a dosso il peso di un fallimento, di una vita che si spegne, di un progetto incompiuto. Quando una di queste sensibilità il caso, la provvidenza, vogliono che si incontri con altri uomini che soffrono, qualcosa cambia. Che Natale sarà in carcere? Lo scorso anno ho passato il Natale in guardia medica a Marettimo, un’esperienza affascinante sotto certi aspetti ma deprimente sotto altri, con 149 anime, quest’anno la mia guardia medica avrà un sapore particolare, ahimè passerò il Santo Natale coi miei detenuti della casa di reclusione “Giuseppe Barraco” di Favignana, una esperienza molto gratificante perché sicuramente mi arricchirà non poco, si inizierà con la Santa Messa nella cappella del carcere e poi lavorerò per loro, tutto il santo giorno compresa la notte di Santo Stefano. Cosa provi? Una grande emozione … e rabbia allo stesso momento ....non è bello vedere un tuo simile privato del dono più bello : la libertà! Cosa ne pensi della situazione delle carceri italiani? Il sovraffollamento, come ha detto il Santo Padre al Regina Coeli, fa pagare loro una doppia pena, è un disagio che viola la dignità di ognuno di loro, il carcerato è un uomo che ha sbagliato, quindi privato della libertà, ma non deve essere privato della sua dignità di uomo. Sono d’accordo con il nuovo Ministro. Donna a cui va tutta la mia stima perché penso che una donna, in quel posto con la sua sensibilità, può veramente aiutare la popolazione carceraria. Ho già ho sentito parlare di reinserimento del detenuto nel mondo del lavoro durante la detenzione. Iniziative tutte lodevoli e applicabili con un po’ di buon senso da parte di tutti, talvolta una persona che ha sbagliato può diventare migliore di chiunque altro però gliela dobbiamo dare quest’altra possibilità. Roma: Radicali visitano Regina Coeli; in Italia non c’è democrazia ma criminalità di Stato Notizie Radicali, 26 dicembre 2011 “Altro che democrazia e Stato di diritto, Presidente! In Italia non c’è democrazia, ma criminalità di Stato. Quella in atto è infatti una flagrante opera di carattere tecnicamente criminale”, così Marco Pannella si è rivolto al Capo dello Stato Giorgio Napolitano al termine della visita che questa mattina il leader radicale ha effettuato al carcere romano di Regina Coeli, insieme alla deputata radicale Rita Bernardini e ai deputati del Partito Democratico Roberto Giachetti e Jean Leonard Touadì. Ad accompagnare la delegazione, anche la psicologa Ada Palmonella, in servizio nel reparto Nuovi giunti dell’istituto. “A Regina Coeli ci sono più di 1.200 detenuti, ma la struttura ne potrebbe contenere solo 600 - ha denunciato Rita Bernardini dopo l’ispezione nelle sezioni VI e VIII del carcere romano, “abbiamo visto celle fatiscenti, cadenti e sporche di 7 mq con 3 detenuti e celle doppie, di 14 mq, con dentro stipati 6 detenuti. I lavandini perdono, due docce su tre non funzionano e l’acqua calda non arriva. Non ci sono riscaldamenti e in alcune celle mancano addirittura i vetri alle finestre. Ai detenuti non vengono forniti, oltre alla carta igienica, i detersivi per pulire la cella e i prezzi dello spaccio interno sono altissimi”, ha continuato la deputata radicale chiamando in causa le responsabilità dell’Asl “che per legge è tenuta a fare una relazione semestrale sulle condizioni igienico - sanitarie dell’istituto”, ma anche del magistrato di sorveglianza al quale un mese fa i radicali hanno consegnato una dettagliata relazione per denunciare le condizioni illegali della settima sezione di Regina Coeli. “In questo mese non è cambiato niente, dov’è il magistrato di sorveglianza che è responsabile del trattamento dei detenuti? E quanti soldi sono stati spesi inutilmente in questi anni per fare lavori nelle sezioni? La realtà è che questo carcere dovrebbe essere chiuso o ridimensionato ai parametri regolamentari”, ha concluso Bernardini. “Negli anni è stata una “fabbrica di San Pietro” dove sono stati inutilmente bruciati i fondi pubblici.” “Davanti a una condizione che, come ha dichiarato il presidente della Repubblica, ci umilia in Europa, bisogna richiamare la classe politica alle proprie responsabilità. Le riforme che l’Italia aspetta devono iniziare dalle carceri in nome di tutte le persone recluse qui e della civiltà di un Paese che non può accettare che vengano violati i diritti umani”, ha osservato Jean Leonard Touadì. “Condizioni di vita da bestie”, ha spiegato Roberto Giachetti, che non risparmiano la polizia penitenziaria gravemente sottodimensionata, “questo carcere è una bomba sotto tutti i punti di vista”, ha poi continuato il deputato del Pd che si è detto “favorevole ad un’amnistia, anche se da sola non è sufficiente”. “L’amnistia non va intesa come un provvedimento di clemenza - ha aggiunto Rita Bernardini - ma come uno strumento non più negoziabile per riportare alla legalità l’intero sistema giudiziario italiano e la sua appendice carceraria, e per trainare una vera grande riforma della Giustizia: la più urgente tra quelle di cui il nostro Paese ha bisogno”. Bologna: all’Ipm del Pratello metodi da aguzzini, l’inchiesta si allarga alle guardie di Luigi Spezia La Repubblica, 26 dicembre 2011 Numerosi gli abusi nel carcere minorile di Bologna denunciati all’ispettore del ministero. In un caso, gli agenti di custodia avrebbero smontato la finestra di una cella per costringere un ragazzino a dormire al gelo. Nel cuore di Bologna, quest’inverno, mentre si stava preparando lo spettacolo teatrale che come ogni anno avrebbe offerto alla città - venti giorni fa - un’immagine rassicurante della vita nel carcere del Pratello, un detenuto ragazzino è stato lasciato al freddo, per ore, rinchiuso in una cella di isolamento dove forse non avrebbe nemmeno dovuto entrare. Colpisce, nella storia di questo ragazzino sventurato e lasciato a se stesso, che per rendere certa, inoppugnabile la punizione supplementare, per far vedere chi comanda lì dentro e con quale forza, gli agenti di polizia penitenziaria hanno avuto un’idea fulminante: smontare la finestra dal telaio per fare entrare l’aria fredda senza che il malcapitato potesse mai nemmeno pensare di richiuderla. Un atto del genere, che potrebbe delineare quantomeno il reato di maltrattamenti commessi da pubblici ufficiali che avevano la responsabilità su quel minore, è stato raccontato dalla vittima all’ispettore Francesco Cascini quando, ai primi di dicembre, di sera, non annunciato e non atteso, ha trovato le conferme dei fatti già scoperti dal procuratore Ugo Pastore sulle condizioni di sopraffazione esistenti al Pratello. Altri ne ha raccolti e girati alla Procura ordinaria. Non solo, quindi, minori che opprimevano i coetanei in un clima di lassismo, comprese le violenze sessuali. Non solo le mancate denunce da parte degli agenti, del comandante e dei vertici su quello che accadeva nelle celle. Dal calderone del carcere minorile scoperchiato dalla Procura dei Minori e fotografato dall’ispezione - blitz del ministro della Giustizia Paola Severino (con la immediata rimozione del capocentro Giuseppe Centomani, del direttore Lorenzo Roccaro, del comandante delle guardie Aurelio Morgillo, questi ultimi due uomini di fiducia di Centomani), emergono anche le denunce dei detenuti che raccontano di abusi, sopraffazioni, violazioni del regolamento e percosse subìte. Ma questa volta i reati non sarebbero stati commessi da altri ragazzi, bensì da agenti della polizia penitenziaria nell’esercizio delle loro funzioni. Per ora non ci sono nomi in questa inchiesta della Procura della Repubblica, seguita da vicino dal procuratore capo Roberto Alfonso, ma è inevitabile che quando saranno esauriti gli accertamenti e le audizioni, qualcuno finirà sul registro degli indagati. L’episodio della finestra è solo uno dei tanti. Dentro le celle, sovraffollate e sporche, venivano applicate - stando alle denunce dei detenuti - punizioni estemporanee e fuori regolamento, come l’uso di manette per bloccare ragazzini magari agitati, ceffoni assestati per farsi rispettare, ricorso alla cella di isolamento senza motivazioni valide e registrate. Ci sono i referti presi dai carabinieri del maresciallo D’Elia della stazione Porta Lame, che confermerebbero le botte raccontate dai ragazzini, anche se non sembra che siano stati usati manganelli. Cisl: Pratello non ha celle isolamento, polizia penitenziaria non venga screditata Fns-Cisl consiglia cautela sulle ultime notizie emerse relative al carcere minorile di Bologna. Il segretario regionale Gianluca Giliberti, oltre a esprimere “amarezza”, invita anche a verificare la veridicità delle notizie che tirano in ballo la polizia penitenziaria “affinché nessuno possa avere la tentazione di usare i fatti di questi giorni per screditare l’operato e l’onore del Corpo”. Giliberti si riferisce in particolare all’uso di manganelli “che, a quanto ci risulta, non è mai avvenuto presso il carcere del Pratello ed all’esistenza di celle d’isolamento, non presenti all’interno dell’Ipm di Bologna, salvo non ci si riferisca alle uniche due celle singole, dotate dei medesimi comfort d’arredo di tutte le altre (tv, doccia in cella, ecc.) ed ubicate comunque all’interno del piano detentivo”. Dunque, “senza voler entrare nel merito delle indagini della Procura”, “nell’esprimere piena fiducia nella magistratura inquirente, ci sentiamo di manifestare piena solidarietà nei confronti di tutto il personale di polizia penitenziaria” del Pratello. Ciò, sottolinea il segretario, “anche in considerazione dell’estrema difficoltà con cui i lavoratori in divisa hanno dovuto affrontare un compito così delicato e peculiare, in condizioni fino, a poche settimane fa, di tragica carenza d’organico, aggravata da un’organizzazione del lavoro che solo con l’arrivo del comandante Morgillo, del direttore Roccaro ed attraverso la fattiva collaborazione del provveditore Centomani, si stava cercando di rendere funzionale nonché aderente alle prerogative normative e contrattuali di tutto il personale in servizio”. Ancona: Fp-Cgil; Barcaglione non può essere soluzione al sovraffollamento di Montacuto www.gomarche.it, 26 dicembre 2011 La Fp Cgil Marche interviene in riferimento alle recenti notizie apparse sui quotidiani locali, che vedrebbero nel trasferimento di una parte di detenuti dalla Casa Circondariale di Montacuto alla Casa di Reclusione di Barcaglione, una possibile soluzione temporanea al pesante sovraffollamento. In realtà la soluzione alla quale avrebbero lavorato il Garante dei detenuti ed il sindaco di Ancona, non è una soluzione percorribile. Il rischio è infatti di estendere la difficile situazione di Montacuto anche a Barcaglione. Trasferire i problemi di sovraffollamento e carenza di organico dal carcere di Montacuto anche a quello di Barcaglione somiglia più ad un palliativo che ad un vero intervento risolutore della drammatica situazione in cui versa tutto il sistema carcerario. La situazione non è percorribile: affinché infatti il carcere di Barcaglione possa effettivamente accogliere una parte dei detenuti di Montacuto, è necessario prima apportare consistenti e costose modifiche alla struttura stessa. Barcaglione nasce come struttura ad alta valenza trattamentale ed è studiata per accogliere e trattare detenuti con profili di basso rischio. È sprovvista dei requisiti di sicurezza tipici delle case circondariali, mancano adeguati muri di cinta, non ci sono le sentinelle e le celle dei detenuti, al fine di perseguire al meglio la riabilitazione, vengono normalmente lasciate sempre aperte. Ma non basta, affinché Barcaglione possa accogliere i detenuti eccedenti di Montacuto, serve un consistente incremento di personale pari circa 90 agenti! Attualmente infatti sono reclusi a Barcaglione circa 36 detenuti a fronte di un organico di 18 agenti. Per rendere operativa la capienza nominale di 170 detenuti servirebbe un organico teorico di circa 136 agenti di polizia penitenziaria, che passerebbe a 90 volendo mantenere la percentuale di sott’organico medio delle Marche pari a circa il 24%. Inoltre non tutti i detenuti presenti a Montacuto posseggono i requisiti necessari per poter essere trasferiti a Barcaglione anzi la verità è che soltanto un numero ristretto può, secondo le caratteristiche della struttura, esservi trasferito. La vera soluzione sarebbe quella di aprire definitivamente e completamente la struttura di Barcaglione, mantenendone i canoni per cui nasce, ma per farlo occorre prima un importante investimento sia in infrastrutture che in personale. Ma se il Ministero avesse avuto la possibilità di assumere gli agenti necessari o di recuperare, a fronte dei tagli a 360 gradi, le risorse necessarie per investire nel sistema carcerario forse il problema sarebbe già stato risolto da tempo. Non servono “posti” dove mettere i detenuti, servono strutture idonee ad accoglierli, adeguato personale per sorvegliarli e programmi per rieducarli. In riferimento poi al grande battage mediatico in merito alla raccolta di firme che sarebbe stata promossa da un gruppo di agenti di polizia penitenziaria contro i provvedimenti emessi dal Dap, la Fp Cgil ritiene che in questa situazione specifica la vicenda debba essere affrontata ed eventualmente risolta nelle sedi opportune dallo stesso Funzionario destinatario dei provvedimenti. Inquietante appare inoltre apprendere che un detenuto possa addirittura aver tentato il suicidio in segno di protesta per l’allontanamento del Funzionario. Ora i due penitenziari anconetani hanno urgentemente bisogno di due Direttori, uno per Barcaglione e uno, ad hoc, per Montacuto. Non è possibile immaginare che con i problemi esistenti, possa essere prevista la presenza di un solo Direttore per entrambe le strutture e che, come avviene ora, la presenza dello stesso Funzionario a Montacuto possa continuare ad essere di soli 3 giorni alla settimana. È urgente che il Ministero provveda tempestivamente alla nomina e alla individuazione di un nuovo direttore per Montacuto a TEMPO PIENO. In ogni caso per risolvere una volta per tutte le questioni che affiggono il sistema carcerario italiano - dal quale Montacuto non si discosta - serve un intervento organico. Molte delle proposte che abbiamo letto, avanzate dalla nuova Ministra della Giustizia, sembrerebbero andare nella giusta direzione, incrociando le rivendicazioni da sempre fatte dalla Fp Cgil. È importante ora capire quale sia la strada che il nuovo Governo intende percorrere. Le premesse lasciano sperare in un cambio di rotta radicale rispetto alla precedente gestione. Sono urgenti misure deflattive che diminuiscano le presenze in carcere, soprattutto per il transito dei detenuti in attesa di giudizio, 100mila uomini e donne che ogni anno trascorrono in Italia brevissimi periodi di detenzione ingolfando le carceri e aumentando a dismisura i carichi di lavoro della Polizia Penitenziaria per poi essere in gran parte assolti e scarcerati. Allo stesso modo vanno previste pene alternative come ad esempio la messa alla prova per gli incensurati direttamente nella fase processuale e, come proposto già dalla Ministra, “fermi” che permettano di evitare il trauma della carcerazione. La Fp-Cgil ha lanciato più di un anno fa le proprie “10 proposte per uscire dall’emergenza”. Vanno certamente affrontati alcuni nodi mai sciolti: stanziamenti economici quali appunto l’edilizia penitenziaria, le dotazioni organiche ed i mezzi in uso alla Polizia Penitenziaria. Ma vanno anche rimosse alla radice alcune delle ragioni alla base del sovraffollamento quali leggi liberticide come la Bossi - Fini sull’immigrazione e la Fini-Giovanardi sulle droghe, vere e proprie norme sulla reclusione del disagio, e i vari sciagurati pacchetti sicurezza. Bisogna sforzarsi affinché il sistema penitenziario torni a occuparsi del recupero e del reinserimento sociale dei detenuti, con particolare attenzione alla qualità e alla sicurezza del lavoro nelle carceri, perché oggi somigliano più a luoghi di tortura sia per chi è recluso che per chi vi lavora. Rieti: l’anomalia di un carcere semivuoto perché manca personale per farlo funzionare Il Tempo, 26 dicembre 2011 Emergenza carceri, in alcune parti d’Italia si parla di sovraffollamenti, in altre di strutture inutilizzate e in altre ancora di carenza di personale. E il carcere di Rieti rientra in quest’ultima categoria. La struttura di Vazia, nuova e capace di contenere 250 detenuti, è utilizzata solo per un terzo a causa dell’insufficienza di agenti. Ed è questo il problema principale dal quale scaturiscono tutti gli altri. La mancanza di personale è una questione che si presentò alla nascita del carcere. Il penitenziario di Rieti doveva aiutare a sfoltire circa 250 detenuti nella regione ma aprire un penitenziario non significa risolvere solamente problemi di spazio ma anche dover ragionare su come organizzarlo, su cosa serve per renderlo funzionalmente sicuro assicurandosi che il personale necessario sia presente 24 su 24. Il carcere ha le carte in regola per essere un istituto all’avanguardia. Ma oggi sono in funzione due sezioni. I reclusi sono stipati nelle celle, comprese le sei di isolamento. Nel padiglione chiuso ci sono invece tre reparti, ognuno con tre sezioni. Piacenza: il Pd chiede agenti e fondi per manutenzione del carcere delle Novate Dire, 26 dicembre 2011 “Incrementare il numero degli agenti di polizia penitenziaria e reperire le risorse necessarie per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria alla struttura carceraria”. Sono queste le priorità per alleviare l’emergenza ormai permanente che si vive nella casa circondariale piacentina delle Novate, sottolineate dalla parlamentare piacentina del Pd Paola De Micheli e dal consigliere regionale Marco Carini, al termine della visita all’interno della struttura di stamattina. Con 335 detenuti presenti attualmente alle Novate, il livello di sovraffollamento resta elevato, ma leggermente inferiore ai picchi toccati durante l’anno; rispetto al 2010 non si sono fortunatamente verificati i problemi all’impianto di riscaldamento che aveva costretto al freddo molte celle. “La situazione del carcere piacentino - sottolinea Carini - continua a risentire di una condizione nazionale di perenne emergenza ed occorre rendere merito alla dirigenza e al nostro personale per come stanno gestendo la struttura. Credo che la società debba ripensare profondamente il rapporto con la pena e con la sicurezza”. De Micheli ha annunciato la presentazione di un’interrogazione parlamentare per chiedere conto della promessa assegnazione di nuovi agenti al carcere e anche per il reperimento delle risorse necessarie ad interventi di manutenzione straordinaria e ordinaria sulla struttura esistente. La parlamentare non ha nascosto perplessità invece sulla realizzazione in corso della nuova ala del carcere, con all’interno una sezione psichiatrica: “Il cantiere del nuovo complesso avviato nei mesi passati è collocato in una posizione decisamente isolata dal resto della struttura, la sua gestione potrebbe risultare problematica e richiedere nuovo personale dedicato”. Per iniziativa del consigliere Carini sono stati donati ulteriori 100 panettoni ai detenuti. Padova: magistrati e avvocati d’accordo “nove detenuti in una cella sono tortura” Il Mattino di Padova, 26 dicembre 2011 Luogo di espiazione e sofferenza. E luogo di speranza, di maturazione civile e di rieducazione. Ecco ciò che è il carcere di Padova, anzi le due strutture penitenziarie, la casa circondariale riservata ai detenuti in attesa di giudizio e la casa di reclusione Due Palazzi che ospita chi è stato condannato in via definitiva. Nonostante tutto: il sovraffollamento, il clima claustrofobico delle celle piene all’inverosimile, la riduzione drastica di forme di aiuto come la presenza di psicologi dovuta ai tagli. Una delegazione di magistrati veneti ha visitato le due carceri accogliendo l’invito di “Dialogo per la Giustizia”, coordinato dal giudice di Corte d’appello Lorenzo Miazzi: “Riteniamo che sia un affare anche dei magistrati quello che succede dopo la sentenza emessa in nome del popolo italiano perché la pena non è solo un’entità numerica: conta pure il modo e il luogo in cui viene espiata”. In carcere la situazione è difficile. Bastano le cifre a confermarlo (relative al 30 novembre scorso) con 228 presenze alla circondariale contro una capienza di 90 unità, 826 al Due Palazzi (appena 439 i posti). La realtà padovana rispecchia quella veneta dove i detenuti sono 3.205 benché la capienza regolamentare sia di 1.972. Ammette Miazzi: “È una tortura essere in quelle stanze, alcune con letti a castello a tre piani e materassi per terra dove convivono fino a 9 persone. Situazioni note: lo dimostra il decreto legge sulle carceri in corso di approvazione”. Misure per decongestionare le strutture penitenziarie. E per evitare “che la pena da scontare in condizioni disumane si traduca in una doppia sanzione” afferma il giudice Lara Fortuna. “Le criticità ci sono e non si denunciano mai abbastanza - aggiunge il giudice per il tribunale dei minori Antonella Magaraggia. Eppure nonostante la scarsezza di mezzi abbiamo visto dentro le carceri di Padova un lavoro vero e rispettoso da parte dei detenuti, istruiti per imparare un mestiere e farlo bene: ci sono aziende e coop che hanno investito nella formazione”. Un aspetto che va coltivato. Ma che purtroppo al Due Palazzi coinvolge solo una parte dei detenuti: quelli che lavorano stabilmente o risultano impegnati nelle attività della scuola o dell’associazione Ristretti Orizzonti sono al massimo 400, restano altrettanti ospiti costretti alla pura inazione in cella per 20 ore al giorno, escluse le 4 ore d’aria. Momento importante è stato il confronto fra magistrati e detenuti. Insomma deve esistere un carcere utile, non un carcere inutile. Uno studio ha evidenziato che torna a delinquere il 62,5% di chi espia interamente la sanzione dietro le sbarre; chi usufruisce di misure alternative ricade in errore nel 18,5% dei casi. Avverte l’avvocato Leonardo Arnau dei Giuristi Democratici: “Per creare un società più sicura non necessariamente si deve ricorrere al carcere”. Sottolinea Miazzi: “Prevenzione significa investire sulla rieducazione e su condizioni carcerarie accettabili. Bisogna capire se lo Stato e il legislatore vogliono questo o preferiscono affrontare sempre le emergenze”. Tutti concordi su un punto, dunque: un carcere che funziona bene ed è rieducativo, ha ricadute positive sull’intera società. Emil scrive: due docce per 70 reclusi Il sovraffollamento è la piaga maggiore delle carceri padovane. Molto grave la situazione nella casa di reclusione Due Palazzi, 826 detenuti e 439 posti. Una popolazione carceraria che, di fatto, è quasi il doppio rispetto a quella stabilita dai regolamenti. Nei giorni scorsi Emil O.C., detenuto romeno, ha scritto al Mattino un’accorata e lucida lettera: “Scrivo per avvisare l’incresciosa situazione che stiamo vivendo nella sezione detentiva 2/a della casa di reclusione Due Palazzi. Una sezione costruita per contenere 25 detenuti, invece siamo in 70 e purtroppo abbiamo a disposizione solo 2 docce. Quattro mesi fa abbiamo raccolto delle firme per rendere fruibile il locale docce che dispone di cinque erogatori, di cui tre rotti, che da tempo non vengono riparati. La giustificazione? Non ci sono denari per riparare la struttura penitenziaria. Il locale doccia non dispone di un aeratore, non c’è circolazione d’aria e il soffitto è verde e nero dalle muffe che danno l’impressione di essere in una grotta del presepe. Mancano solo i pipistrelli, gli altri animaletti ci sono in abbondanza. Non c’è più intonaco, è caduto, e al suo posto sono spuntate le travi arrugginite. Ogni volta che scriviamo una petizione per sistemare le docce, ci promettono che le aggiusteranno non appena possibile. Ma ormai siamo tutti convinti che non cambierà nulla”. E intanto “il rischio di ammalarsi o di infezioni è reale - mette in evidenza Emil - Ci sono già stati alcuni casi. Io sono rumeno - conclude - e posso assicurare che in alcune carceri romene non ho mai visto il degrado che vedo qui aumentare ogni giorno”. E scrive: “Spero che questa lettera sia pubblicata, così, forse, Babbo Natale ci manderà qualche idraulico”. Milano: consiglio comunale decide l’istituzione di una commissione tecnica sulle carceri 9Colonne, 26 dicembre 2011 Il Consiglio comunale di Milano ha approvato all’unanimità, con la sola eccezione del gruppo della Lega che non ha partecipato al voto, una mozione urgente che impegna il sindaco e la giunta a deliberare la formazione di una Commissione tecnica ad hoc con competenze, medico - sanitarie, di igiene edilizia e sicurezza degli impianti, per rilevare le condizioni oggettive di vita di tutti coloro che “abitano” ristretti negli Istituti di Prevenzione e pena sul territorio del Comune di Milano (Opera, S. Vittore e Bollate), nell’Istituto per i minorenni “Cesare Beccaria” e nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di via Corelli. La Commissione - si legge tra l’altro nella mozione - in ciascuna struttura chiederà, cella per cella, il numero degli ospiti presenti e le condizioni di salute di ciascuno, aggiornando e acquisendo il “diario clinico” di ciascun detenuto tramite accesso alla banca dati telematica presso l’istituto o presso l’Asl. Gli agenti e gli altri operatori civili potranno chiedere anch’essi l’accertamento dello stato di salute. Contestualmente alla verifica sanitaria verrà concordata la verifica cella per cella delle condizioni di agibilità/abitabilità del locale, sulla base dei parametri previsti dal Regolamento comunale d’igiene per i locali di civile abitazione, effettuando le opportune misurazioni strumentali. Di ciascuna cella (e servizio igienico annesso) sarà indicato il numero di occupanti presenti alla data della rilevazione, le dimensioni (superficie utile e cubatura), gli occupanti previsti dal progetto e l’indice di affollamento risultante. Analoga valutazione riguarderà i locali dei servizi dell’Istituto, gli spazi per l’attività all’aperto, gli alloggi della Polizia penitenziaria, gli uffici e i laboratori. Bologna: donati al carcere della Dozza dolci, shampoo, lavatrici Dire, 26 dicembre 2011 Shampoo, bagnoschiuma, dentifrici e spazzolini. Ma anche cosmetici, prodotti per l’infanzia, disinfettanti e lavatrici. Sono gli oggetti che privati cittadini, aziende e fondazioni hanno donato ai detenuti indigenti del carcere della Dozza. Lo riferisce la garante per i diritti delle persone private della libertà personale, Elisabetta Laganà, che ha ringraziato chi, con un gesto di aiuto o di solidarietà, ha contribuito ad alleviare le sofferenze e le difficoltà dei detenuti. “Come ha ricordato il presidente Napolitano - ha detto Laganà - le criticità che giorno per giorno incontrano i detenuti, soprattutto i più indigenti, e il personale, a causa del sovraffollamento delle strutture e della scarsità delle risorse assegnate, troppo spesso appaiono in netto contrasto con il dettato costituzionale della funzione rieducativa della pena e sul rispetto dei diritti e della dignità delle persone”. Tra coloro che hanno raccolto l’invito alla solidarietà nei confronti dei detenuti c’è Coop Adriatica che ha donato prodotti per l’igiene personale, dolci per il giorno di Natale e ha messo a disposizione, come richiesto dalla garante, una lavatrice per la sezione femminile, dove da tempo quella in dotazione era rotta. I cosmetici e prodotti per l’infanzia sono stati donati da Afm Admenta, mentre Mop, l’azienda di Villanova di Castenaso, ha regalato shampoo, bagnoschiuma e saponi liquidi. Conad ha consegnato alla Dozza 1.200 spazzolini e confezioni di dentifricio, mentre Marco Polo Expert una lavatrice. “Questi gesti di solidarietà rappresentano un esempio positivo per tutta la collettività, una spinta propulsiva per il territorio - continua la garante - è importante che il carcere sia considerato un luogo di tutti, a cui prestare particolare attenzione”. Sanremo: detenuto dà fuoco al materasso per protesta contro l’arresto, rischia di morire Sanremo News, 26 dicembre 2011 Ritenendo di essere stato arrestato ingiustamente e di non essere stato sottoposto ad una visita medica per un accertamento per una frattura al piede, decide di dar fuoco al materasso della sua cella. È così, come riportato dal Secolo, che ha rischiato di morire, nell’incendio appiccato da lui stesso, il 30 enne Alessio Esposito. A trarlo in salvo gli agenti della Polizia Penitenziaria. Ora si trova nel reparto psichiatrico dell’Ospedale di Bordighera. L’uomo era stato arrestato perché considerato l’autore di una serie di scippi. Milano: Radio Bollate… dai detenuti un augurio in tutte le lingue del carcere Dire, 26 dicembre 2011 Auguri di Buon Natale nelle tante lingue e dialetti parlati dai detenuti di Bollate. Il primo giornale radio dal carcere (Grc),nato a novembre e la cui redazione è composta dai detenuti di Milano Bollate e Rebibbia nuovo complesso, nell’ultima edizione del 2011 invece di fornire e commentare notizie carcerarie ha dato voce ai detenuti del penitenziario milanese che nelle loro differenti lingue, in diretta, hanno augurato pace e serenità a tutti. Il Grc ha uno spazio all’interno della trasmissione radiofonica Jailhouse Rock, suoni, suonatori e suonati dal mondo delle prigioni, in onda sulle frequenze di Radio Popolare. In apertura di edizione lo speaker Francesco, anche lui detenuto come tutti gli speaker della radio, ha sottolineato come a Bollate tra 1.163 detenuti, 350 volontari, 13 educatori e 350 agenti di polizia penitenziaria siano tantissime le lingue e i dialetti parlati. La parola è passata poi ai reclusi: romeni, ecuadoregni, marocchini, brasiliani, cinesi, senegalesi, bulgari, ma anche italiani che hanno rivolto un caloroso augurio, che ha valicato le mura del carcere, nella loro lingua madre. Roma: Natale a Regina Coeli con la Comunità di Sant’Egidio Il Velino, 26 dicembre 2011 Per il Terzo anno consecutivo, riprendendo l’indimenticabile gesto della visita di papa Giovanni XXIII a Regina Coeli all’apertura del suo pontificato e all’indomani della straordinaria visita di papa Benedetto XVI a Rebibbia, in accordo con il Dap e la Direzione del Carcere di Regina Coeli, con la partecipazione di Franco Ionta, Capo del dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e del Corpo di polizia penitenziaria e di Mauro Mariani, direttore del carcere, pranzo natalizio e regali per circa 200 detenuti. “La Comunità di Sant’Egidio con l’occasione sottolinea l’importanza che l’anno che si apre possa inaugurare una minore pressione e sovraffollamento delle carceri - si legge in una nota. È urgente un percorso strutturale in grado di restituire al carcere la sua funzione educativa. È noto come il sistema carcerario italiano sia al record storico del sovraffollamento - quasi 70 mila presenze per meno di 50 mila posti - e come sia in crisi la pratica di riabilitazione nonostante gli sforzi delle autorità carcerarie: il 66 per cento di chi sconta tutta la pena cade in recidiva, due su tre. L’attuale emergenza carceraria mette a dura prova anche l’impegno degli operatori sociali, delle forze di sicurezza e dei responsabili della Istituzione penitenziaria, mentre l’enorme numero di atti di autolesionismo e di suicidi rivelano uno stato di disagio non più accettabile. La forte collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti che si sperimenta con il Pranzo di Natale è una indicazione positiva anche per il futuro e un’occasione - conclude la nota - per porre il tema dell’emergenza carceraria al centro delle preoccupazioni e delle soluzioni per il Paese”. Mondo: Amnesty International; detenuti politici, rom, donne… ecco le buone notizie 2011 Affari Italiani, 26 dicembre 2011 Il risultato dell’impegno di chi ha a cuore i diritti umani è dimostrato dalle buone notizie: prigionieri politici liberati, condanne a morte commutate, sgomberi forzati fermati e tanto altro. Amnesty International pubblica la classifica delle dodici migliori buone notizie del 2011. Presente anche l’Italia: a novembre il Consiglio di Stato ha dichiarato illegale la cosiddetta “emergenza nomadi”, in vigore dal maggio 2008. Prigionieri di coscienza - Tunisia Il 19 gennaio le autorità tunisine hanno disposto il rilascio di tutti i prigionieri politici e di coscienza. Tra i prigionieri rilasciati, figurano il giornalista Fahem Boukadous e l’attivista Hassan Ben Aldallah. Entrambi erano stati arrestati in relazione alle proteste scoppiate nella regione meridionale di Gafsa, nel 2008. Accusati di “appartenenza a un’associazione criminale” e di “aver fatto parte di un’organizzazione avente l’intento di attaccare proprietà o persone”, erano stati condannati a quattro anni di carcere al termine di un processo iniquo. Boukadous, già prigioniero di coscienza tra il 1999 e il 2001, era stato anche accusato di “diffusione di informazioni suscettibili di danneggiare l’ordine pubblico”. Prigionieri di coscienza - Cuba Il 4 febbraio Guido Sigler, attivista per i diritti umani, è stato rimesso in libertà dopo quasi otto anni di prigionia. Era stato arrestato nel marzo 2003, nell’ambito di un vasto giro di vite contro il dissenso, e condannato a 20 anni di carcere per reati di opinione, sulla base della Legge 88 sulla sicurezza nazionale. Il 12 febbraio il governo ha ordinato la scarcerazione di due prigionieri di coscienza, Hector Maseda e Angel Moya, entrambi condannati nel 2003 a 20 anni di carcere e adottati da Amnesty International. Il 23 marzo sono stati rilasciati Felix Navarro e José Ferrer, prigionieri di coscienza adottati da Amnesty International. Arrestati nella repressione del marzo 2003, erano stati condannati a 25 anni di carcere per reati contro la sicurezza e l’indipendenza del paese. Violenza contro le donne - Repubblica Democratica del Congo Il 21 febbraio il colonnello Kibibi Mutware è stato giudicato colpevole di aver ordinato lo stupro di 35 donne del villaggio di Fizi, nell’est del paese, assaltato nel corso di un’operazione militare delle forze armate congolesi. Si è trattato della prima condanna emessa da un tribunale congolese, dopo decenni d’impunità, per uno stupro di massa. Pena di morte - Stati Uniti d’America Il 9 marzo, dopo una moratoria sulle esecuzioni durata 11 anni, l’Illinois è diventato il sedicesimo stato degli Usa ad abolire la pena di morte. Il governatore Pat Quinn, nel prendere la decisione, ha anche commutato le condanne a morte degli ultimi 15 prigionieri in attesa di esecuzione. Il 22 novembre il governatore dello stato dell’Oregon, Usa, John Kitzhaber, ha annunciato che non permetterà che venga eseguita la condanna a morte di Gary Haugen, prevista il 6 dicembre, né quella di qualsiasi altro detenuto nel braccio della morte, durante il suo mandato. Il 7 dicembre l’Ufficio del procuratore di Philadelphia (Pennsylvania) ha comunicato che rinuncerà a chiedere la pena di morte per Mumia Abu - Jamal, il giornalista e attivista arrestato il 9 dicembre 1981 e condannato alla pena capitale per l’omicidio di un agente di polizia. Sparizioni - Argentina Il 31 marzo il generale in pensione Eduardo Cabanillas è stato condannato all’ergastolo per aver diretto nel 1976 il centro “Automotores Orletti” di Buenos Aires, dove furono torturati e uccisi prigionieri politici provenienti da altri paesi sudamericani. Il 14 aprile l’ex presidente Reynaldo Bignone, al potere tra il 1982 e il 1983, è stato condannato all’ergastolo per i crimini commessi durante la dittatura. Il 16 maggio otto ex militari, che il 13 dicembre 1976 parteciparono alla fucilazione di 15 prigionieri nella località di Margarita Belén, sono stati condannati all’ergastolo per crimini contro l’umanità. Prigionieri di coscienza - Azerbaigian Eynulla Fatullayev, uno dei più noti giornalisti del paese, è stato rilasciato il 26 maggio. Amnesty International lo aveva adottato nel 2007, avviando una campagna per la sua scarcerazione, dopo che era stato condannato per diffamazione e terrorismo unicamente a causa dei suoi articoli. Giustizia internazionale - Balcani Il 23 febbraio il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (Tpij) ha condannato a 27 anni di carcere Vlastimir Djordjevic, un ex alto dirigente di polizia e funzionario del ministero degli Interni della Serbia, giudicato colpevole dell’omicidio, nel 1999, di almeno 724 kossovari albanesi, molti di quali civili non armati, e del successivo spostamento in Serbia di almeno 900 corpi, per impedire che si venisse a conoscenza del massacro. Djordjevic è stato giudicato colpevole anche della deportazione di almeno 200.000 kossovari albanesi. Il 14 aprile il Tpij ha condannato rispettivamente a 24 anni e a 18 anni di carcere Ante Gotovina e Mladen Markac, due generali dell’esercito croato, per i crimini contro l’umanità commessi nel corso dell’Operazione tempesta, con cui tra l’agosto e il novembre 1995 la Croazia riconquistò la regione della Krajina compiendo massacri e deportando dal territorio la popolazione serba. Il 26 maggio Ratko Mladic, sospettato di crimini di guerra in relazione a quanto accaduto a Srebrenica nel 1995, quando vennero uccisi almeno 8000 musulmani, è stato arrestato in Vojvodina, provincia settentrionale della Serbia, e poi trasferito al Tpij. Il 20 luglio Goraz Hadzic, l’ultimo principale indiziato di crimini di guerra e crimini contro l’umanità nei Balcani ancora latitante, è stato arrestato in Serbia, con le accuse di omicidio, imprigionamento e riduzione in lavoro forzato di civili croati e di altra nazionalità non serba residenti nella Slavonia orientale, tra il 1991 e il 1993. Il 6 settembre il Tpij ha condannato a 27 anni di carcere Momcilo Perisic, ex capo dell’esercito jugoslavo, per crimini contro l’umanità e crimini di guerra durante l’assedio di Sarajevo dal 1992 al 1995 e il genocidio di Srebrenica del luglio 1995. È stato anche condannato per non aver punito i suoi sottoposti responsabili dell’uccisione e del ferimento di civili nel corso degli attacchi con i razzi contro la capitale della Croazia, Zagabria. Prigionieri di coscienza - Federazione russa Il 27 luglio Aleksei Sokolov è stato rilasciato dopo oltre due anni di detenzione. Fondatore di un’organizzazione non governativa per i diritti umani, Sokolov era stato arrestato il 13 maggio 2009. Prigioniero di coscienza adottato da Amnesty International, stava scontando una condanna a tre anni per le pretestuose accuse di furto e rapina. Prigionieri di coscienza - Iran Il 27 agosto, in occasione della fine del Ramadan, la Guida suprema Ali Khamemei ha concesso la grazia a circa 70 prigionieri di coscienza e prigionieri politici, condannati per vaghi reati “di sicurezza” tra i quali la partecipazione alle proteste che seguirono, nel giugno 2009, alle contestate elezioni presidenziali. Tra le persone tornate in libertà figurano il dottor Arash Alaei, Milad Asadi e Mohammad Pour Abdollah, per il cui rilascio Amnesty International aveva lanciato una campagna. Prigionieri di coscienza - Myanmar Il 12 ottobre oltre 200 prigionieri politici e prigionieri di coscienza sono tornati in libertà a seguito di un’amnistia disposta dal governo. Tra i rilasciati figurano il noto attore Zarganar, la sindacalista Su Su Nway e l’attivista studentesco Zaw Htet Ko Ko, al centro in questi anni di numerose azioni delle attiviste e degli attivisti della Sezione Italiana di Amnesty International. Discriminazione - Italia Il 16 novembre il Consiglio di Stato ha dichiarato illegale la cosiddetta “emergenza nomadi”, in vigore dal maggio 2008. Lo “stato d’emergenza in relazione agli insediamenti nomadi”, proclamato in Lazio, Campania e Lombardia e nel 2009 esteso anche a Piemonte e Veneto, ha facilitato sgomberi forzati e altre violazioni dei diritti umani ai danni delle comunità rom residenti in Italia. Pena di morte - Repubblica popolare cinese Il 23 novembre, dopo una revisione del processo, la Corte intermedia della città di Dandong ha commutato la condanna a morte di Leng Guoquan in ergastolo. Guoquan era stato condannato alla pena capitale nel 2009, al termine di un processo iniquo e a seguito di confessioni estorte con la tortura, per il suo presunto coinvolgimento in una rete di trafficanti di stupefacenti. Cuba: il governo concede indulto per 2. 900 prigionieri, in vista viaggio del Papa Agi, 26 dicembre 2011 Il presidente cubano Raul Castro ha annunciato un indulto per 2.900 prigionieri, quale “gesto umanitario e sovrano”, in visita della visita del Papa, in programma a marzo. In un discorso all’Assemblea Nazionale, Castro ha annunciato anche la scarcerazione di 86 detenuti stranieri di 26 paesi diversi, tra cui 13 donne. Ma il presidente, pur assicurando che il governo porterà avanti “in modo graduale” i cambiamenti previsti dalla riforma migratoria, non ha fornito dettagli in merito ai tempi di attuazione. Si tratta di uno dei maggiori indulti degli ultimi decenni, di cui però, ha precisato il presidente, non potrà beneficiare chi è accusato di delitti contro la sicurezza dello Stato. Ad uscire dal carcere saranno le persone con più di 60 anni di età. Tra gli stranieri che saranno rimessi in libertà non dovrebbe figurare Alan Gross, il cittadino americano condannato a 15 anni di prigione con l’accusa di aver violato le normative sulla sicurezza dello Stato. Castro ha ricordato che la decisione è stata presa in vista del viaggio del Papa in programma a marzo per le celebrazioni per il 400mo anniversario della vergine della Caridad del cobre.