Giustizia: la “svuota-carceri” ampliata fino a 18 mesi, il decreto riguarderà 3.300 detenuti di Dino Martirano Corriere della Sera, 14 dicembre 2011 Sono 3.300 i detenuti che, con il piano “svuota carceri”, usciranno sei mesi prima e sconteranno quel che resta della pena ai domiciliari. Il “pacchetto” predisposto dal ministro della Giustizia Paola Severino, contenente anche interventi sul processo civile e la conciliazione obbligatoria, punta sulle pene alternative e consentirà risparmi di 380 mila euro al giorno. Tolto dal pacchetto il “braccialetto elettronico” per il controllo a distanza dei detenuti. Arrestati trattenuti nelle caserme prima delle direttissime. Venerdì, a 48 ore dalla visita del Papa Benedetto XVI a Rebibbia che domenica mattina celebrerà la messa davanti ai detenuti, arriva in consiglio dei ministri il pacchetto carceri del ministro della Giustizia Paola Severino. Il Guardasigilli sta mettendo a punto un testo a due velocità (un decreto e un ddl) per alleggerire la pressione sui 206 istituti italiani stracolmi (68.047 presenze) oltre ogni capienza regolamentare: “La situazione è esplosiva - hanno scritto al ministro i direttori delle carceri - e se deflagrasse le conseguenze sarebbero devastanti e capaci di minare la credibilità dello Stato”. Nel pacchetto Severino - contenente anche un intervento sul processo civile e sulla conciliazione obbligatoria - il decreto legge punta alle pene alternative, amplificando gli effetti del decreto “svuota carceri” varato nel dicembre del 2010 dal ministro Angelino Alfano che m un anno ha consentito a circa 4.000 detenuti di scontare il residuo pena (massimo 12 mesi) ai domiciliari, il governo Monti riprende quella formula (si passa a 18 mesi di residuo pena da scontare a casa), stimando che ora saranno 3.300 i detenuti destinati con effetto immediato ad uscire dal carcere per passare alla “detenzione domiciliare”: il risparmio teorico sarebbe di 380 mila euro al giorno. Il nuovo “svuota carceri” rimane un provvedimento a tempo che scade il 31 dicembre del 2013 anche se il Pd, con Donatella Ferranti, insiste perché vada a regime. Se il decreto produrrà effetti immediati - verrà forse rafforzato anche l’obbligo, non sempre rispettato dalle forze dell’ordine, di trattenere gli arrestati in camera di sicurezza fino al processo per direttissima - bisognerà aspettare tempi più lunghi per valutare l’impatto del disegno di legge che modificherà il codice penale. In particolare, i tecnici di via Arenula si stanno concentrando sulla detenzione domiciliare intesa come pena principale (al pari della reclusione e dell’ammenda) che il giudice potrà infliggere. In altre parole, il condannato in via definitiva alla detenzione domiciliare non passerà un solo giorno in carcere. Il ministro - che lunedì ha visitato il carcere di Buoncammino dove ieri si è suicidato un detenuto algerino di 25 anni (è il secondo caso in pochi giorni a Cagliari) - è rimasta molto colpita anche dalla mini rivolta del carcere di Monteacuto (Ancona) che ha fatto accelerare i tempi. Tanto da anticipare il varo del decreto al Consiglio dei ministri di venerdì togliendo dal pacchetto, però, il “braccialetto elettronico” per il controllo a distanza dei detenuti che (11 milioni all’anno per 450 dispositivi disponibili) non convince il ministro: in realtà sono funzionanti solo 9 bracciali, 7 dei quali utilizzati dagli uffici giudiziari di Campobasso, i cui responsabili, il procuratore Armando D’Alterio e il presidente del tribunale Enzo Di Giacomo, oggi saranno ricevuti al ministero. Il problema, per il governo, è sempre quello di contemperare il rispetto della legalità in carcere e il diritto alla sicurezza riconosciuto a ogni cittadino. Lo “svuota carceri” del 2010, osservano in via Arenula, non ha prodotto evasioni e recidive perché i beneficiari sono stati selezionati secondo criteri rigidi: rimangono fissi, dunque, i paletti fissati che escludono i reati gravi e di particolare allarme sociale dalla lista II ministro vuole agire con prudenza e lo ha ribadito anche nel recente incontro con l’Associazione nazionale magistrati. Ma domani, in sede di approvazione della manovra alla Camera, la radicale Rita Bernardini presenterà un ordine del giorno in cui si impegna il governo “a prevedere scadenze certe entro le quali dimezzare i procedimenti penali pendenti” e a varare “un ampio provvedimento di amnistia e di indulto”. Giustizia: probabilmente venerdì pacchetto-carceri in Cdm, si punta sulle pene alternative Adnkronos, 14 dicembre 2011 Un pacchetto di diverse misure per contribuire a risolvere il problema del sovraffollamento nelle 206 carceri italiane. Punta a questo il Guardasigilli, Paola Severino, al lavoro per approntare il testo da presentare con tutta probabilità venerdì in Consiglio dei ministri, o comunque prima di Natale. Una delle ipotesi in campo prevede la possibilità, per i detenuti a cui restano gli ultimi 18 mesi di pena, di scontare la detenzione ai domiciliari. Gli esperti di via Arenula lavorano soprattutto su progetti di pene alternative alla reclusione, in questo modo ampliando il piano svuota carceri varato a dicembre 2010 dall’allora ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che ha consentito a circa 4.000 detenuti di scontare il residuo pena (massimo 12 mesi), ai domiciliari. Stando a stime ancora provvisorie, potrebbero essere più di 3.000 i detenuti che, se fosse approvato il pacchetto del governo Monti, beneficerebbero della detenzione domiciliare. Una misura che peraltro permetterebbe alle casse dello Stato di risparmiare più di 300.000 euro al giorno. Resta invece da definire se nel testo che il ministro Severino porterà a Palazzo Chigi rientrerà anche il braccialetto elettronico per il controllo a distanza dei detenuti. L’ipotesi del braccialetto elettronico per i detenuti non è stata accantonata, ma solo rinviata. A chiarirlo è stata il ministro della Giustizia Paola Severino, al termine di una riunione a Bruxelles con i colleghi dell’Ue. Questa opzione “non è stata definitivamente accantonata - ha spiegato - ma è stata rinviata al momento in cui avremo la certezza del suo efficace funzionamento e di un costo contenuto, che sia inferiore a quello della detenzione”. Dunque, l’idea “per ora è accantonata, in attesa di queste verifiche”, ha sottolineato il ministro, ricordando che “ci sono altre misure alternative che sono alla studio per alleviare la situazione delle carceri, che mi sta veramente molto a cuore”. Giustizia: ancora suicidi in carcere, a Civitavecchia e Busto Arsizio… vittime due stranieri Ristretti Orizzonti, 14 dicembre 2011 Da inizio anno 64 detenuti si sono tolti la vita, mentre il numero complessivo dei decessi in carcere sale a 180. I due suicidi sono avvenuti nelle carceri di Busto Arsizio (Varese) e Civitavecchia (Roma). In entrambi i casi si sono tolti la vita cittadini stranieri. Si è tolto la vita impiccandosi con un lenzuolo a una finestra. È successo questa mattina nel carcere di Civitavecchia dove un detenuto, di nazionalità greca, si è tolto la vita nel locali dell’infermeria. A quanto si apprende da fonti mediche l’uomo, detenuto dall’8 agosto scorso nella casa circondariale, soffriva di depressione. Sul suo corpo non sono stati trovati segni di violenza. La salma è stata trasportata presso l’obitorio del Verano a Roma per l’esame autoptico. Nel carcere di Busto Arsizio un detenuto si è suicidato ingerendo gas da una bomboletta. Il giovane, stando alle prime notizie, è morto dopo aver sniffato il gas delle bombolette usate in carcere per cucinare. La cosa più drammatica è sapere che non ha retto ben sapendo che tra solo un mese sarebbe uscito dal penitenziario. Il ragazzo, tuttavia, non è riuscito ad aspettare il fine pena e, probabilmente assillato dalle drammatiche condizioni di vita dietro le sbarre ha deciso di farla finita. Giustizia: sovraffollamento delle carceri… - 62 di Dina Galano Terra, 14 dicembre 2011 F.C., un ragazzo algerino di 25 anni, è il 62esimo da inizio anno ad essersi tolto la vita nelle prigioni d’Italia. Ha deciso di impiccarsi ieri notte, nella cella clinica del carcere Buoncammino di Cagliari. Lo stesso penitenziario dove, appena qualche ora prima, la Guardasigilli Paola Severino aveva scelto di andare in visita, mossa dall’urgenza di dare una risposta all’ennesimo suicidio; allora, il 5 dicembre scorso, era stata M. B., cittadina italiana detenuta in attesa di giudizio, tossicodipendente, dentro per l’accusa di aver ucciso la propria madre, a decidere per l’atto estremo. Il neo ministro della Giustizia si era detta perfino “commossa” dall’incontro con le compagne di cella di M.B. “Il suicidio di un detenuto rappresenta un fallimento per tutta la società, per la famiglia, per la scuola, per il carcere e le istituzioni”, aveva commentato. Ieri, la notizia della morte del giovane algerino conferma che, come ha indicato il sindacato di polizia Uil Penitenziari che ne ha dato riscontro, il carcere di Cagliari “non sia in grado di tollerare la grave situazione di sovraffollamento. Sono presenti 540 detenuti a fronte di urla capienza di 324”. E il sovrannumero è oramai una costante in tutti gli istituti di pena della Penisola. Per porvi rimedio, il ministro Severino ha promesso un decreto legge, aleggiato parole come depenalizzazione, messa in prova anche per gli adulti, estensione della detenzione domiciliare. Favorevole a un provvedimento che agisca “in tempi rapidissimi sul sovraffollamento”, Patrizio Gonnella dell’associazione Antigone riflette anche sulle conseguenze inique di una detenzione siffatta: “Chiusi nelle celle per 20 - 22 ore al giorno, senza potersi lavare quando lo desiderano, a volte senza un letto a disposizione, ci si ammazza nella indifferenza di chi ha il potere di cambiare i loro destini. Ogni mille detenuti urlo si toglie la vita. Altri tre ci provano. Altri dieci si auto lesionano con lamette e oggetti vari”. Il leader radicale Marco Pannella, da tempo impegnato nella battaglia per l’amnistia, è tornato a scrivere al presidente della Repubblica Napolitano sottolineando “la prepotente urgenza” di superare le attuali condizioni della situazione nelle carceri. “Purtroppo - sottolinea Pannella nella lettera - il Regime ha provveduto, con naturale suo riflesso, a ignorare e smentire proprio quest’urgenza, come potrebbe facilmente desumersi anche dal solo calcolo dei suicidi, nel frattempo realizzati o tentati, oltre che all’assassinio di tanti, schedati invece come morti “naturali”“. I detenuti di Ancona, Parma, Bologna, in questi giorni hanno reagito con forza. E si teme l’effetto a catena. Dal carcere di Montacuto è partita la prima protesta, con i reclusi che hanno incendiato le bombolette gas in dotazione. “Una rivolta annunciata”, ha commentato Adriano Cardogna, capogruppo dei Verdi in Regione Marche ricordando come, dalla muffa nelle docce al mancato funzionamento dell’impianto di riscaldamento, “la situazione è al collasso e diventa sempre più incontrollata e incontrollabile”. Poi, la notizia del provvedimento di allontanamento della direttrice del carcere, Santa Lebboroni, e del comandante della polizia penitenziaria, Gerardo D’Errico. Sabato scorso è stata la volta di Parma, dove un agente è rimasto intossicato dal fumo generato dalle lenzuola in fiamme. Ieri, la rivolta ha contagiato il Dozza di Bologna. Così, i dirigenti degli istituti penitenziari hanno preso penna e calamaio per invitare la Guardasigilli a fare ciò che ha promesso. La situazione è “tra le più esplosive”, valutano, e “se deflagrasse le conseguenze sarebbero devastanti e capaci di minare la credibilità dello Stato”. Minacciando perfino di chiedere aiuto in ambito internazionale ed europeo, i direttori aderenti al Sidipe, uno dei sindacati rappresentativi della categoria, hanno chiarito: “È solo grazie al senso di responsabilità di tutti gli operatori penitenziari se il sistema riesce a tenere”. Per quanto ancora, non è detto sapere. Giustizia: quanto le carceri sono il segno della civiltà… che manca di Luigi Iorio L’Opinione, 14 dicembre 2011 Con 62 suicidi, condizioni igienico sanitarie inadeguate, mancanza di riscaldamento e sommosse come quelle di questi giorni ad Ancona e Parma l’emergenza carceri è sempre meno sotto controllo. Da ormai un decennio il sovraffollamento delle carceri provoca una serie di problematiche alle quali ancora non si è data nessuna risposta concreta. In una cella dove dovrebbero soggiornare soltanto 2 detenuti ve ne alloggiano almeno 6 e alle volte 8. Da questa situazione scaturiscono problematiche quali depressioni, condizioni igienico sanitarie ai limiti della vivibilità, insomma un non rispetto quotidiano dei diritti umani dell’individuo. Nella struttura di Montacuto, ad Ancona addirittura i detenuti sono 440 in una struttura che prevede di ospitarne solo 178. A queste condizioni disumane va aggiunto anche una emergenza di pubblica sicurezza, infatti all’aumentare dei detenuti non aumentano le forze dell’ordine penitenziarie. Da tempo socialisti e radicali denunciano senza mai avere delle risposte la vicenda, e se i socialisti non sono stati presenti in Parlamento fino a poche settimane fa, molte sono state le interrogazioni parlamentari a firma radicale con i Parlamentari Rita Bernardini e Mario Perduca ai ministri della Giustizia e della Sanità, in cui si segnalava il fatto che in molti istituiti i detenuti dormono su materassi per terra per il sovraffollamento, anch’esse finite nel dimenticatoio. Anche sulle carceri l’Italia è indietro agli standard europei, infatti la media Ue è di 97 detenuti su 100 posti letto disponibili, quella italiana è di 148 su 100, per poi arrivare a casi di esponenziali come nelle strutture di Catania, Ancona, Foggia e Napoli. Ormai i detenuti e le sigle sindacali della polizia penitenziaria parlano la stessa lingua, in quanto affermano che la situazione è insostenibile ed è ormai un caso nazionale. Gli ultimi dati nazionali forniti dal sindacato “Uil” penitenziari parlano di una popolazione carceraria che ha sfondato quota 68mila persone, a fronte di una capienza di 44.385 posti, 23.632 in più di quanto gli istituti potrebbero contenerne. Il sovraffollamento medio nazionale ha così raggiunto il 53,2%. A nulla è servito il monito del Capo dello Stato Napolitano mesi fa quando affermava che la condizione carceraria dei detenuti andava migliorata. Andrebbe approfondito anche il motivo per il quale 40 carceri costruite e terminate su tutto il territorio della penisola, l’esempio più lampante è quello di Gela in costruzione da 30 anni ed inaugurato 2 volte e poi chiuso, non vengono utilizzati per fermare l’emergenza; senza dimenticare quelli di Irsina, vicino Matera, costruito negli anni 80 con una spesa di oltre 3 miliardi di lire, quello di Morcone in provincia di Benevento e i tanti casi pugliesi; Minervino Murge, Monopoli dove la struttura, abbandonata da 30 anni, è occupata da un gruppo di cittadini sotto sfratto. In provincia di Foggia invece, non sono mai stati aperti quello di Volturata Appula, rimasto incompiuto, Castelnuovo della Daunia finito e arredato, Bovino ed Orsara. Questo è solo una parte del problema, infatti il problema in sé non si risolve solo aprendo nuove strutture penitenziarie; va inoltre riformata la giustizia penale in materia di misure cautelari, ed una concessione maggiore di arresti domiciliari per reati minori ad per individui non socialmente pericolosi. Di questo se ne dovrebbe occupare anche il nuovo Governo Monti. Voltaire affermava che: “Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri”. È giunto davvero il momento di dare priorità anche a questa emergenza. Giustizia: Cassazione; domiciliari ai detenuti con gravi patologie, salute prima di sicurezza Adnkronos, 14 dicembre 2011 I detenuti che soffrono di gravi patologie possono legittimamente essere sottoposti agli arresti domiciliari o ottenere il “ricovero in idonee strutture” diverse dal carcere. Lo ha stabilito la quarta sezione penale della Cassazione. La Cassazione si è così pronunciata dopo il ricorso di un detenuto recluso nel carcere di Taranto che era affetto da un’infezione cronica delle vie urinarie. Nonostante P.T. avesse ripetutamente chiesto la sostituzione della custodia in carcere con quella dei domiciliari per poter effettuare tutte le cure del caso, si era sempre sentito negare la possibilità. Poi il 9 settembre scorso, dopo un aggravarsi della situazione, il detenuto, che aveva subito una nefrectomia, aveva ottenuto gli arresti domiciliari. Il ricorso del detenuto, dunque, come ha evidenziato la quarta sezione penale, non aveva più interesse ad essere discusso. In ogni caso piazza Cavour, con la sentenza 46479, ha fatto notare che “il diritto alla salute va tutelato anche al di sopra delle esigenze di sicurezza sicché, in presenza di gravi patologie, si impone la sottoposizione al regime degli arresti domiciliari o comunque il ricovero in idonee strutture”. Ecco perché, la Suprema Corte, bacchettando il Tribunale della Libertà di Taranto che il 12 maggio scorso aveva negato la possibilità al detenuto di stare ai domiciliari, ha fatto notare che l’ordinanza “si pone in contrasto con la disciplina legale avendo trascurato l’impossibilità di eseguire in ambito penitenziario la tac con contrasto, la scintigrafia e l’ecografia renale. Tale incompleta capacità di fronteggiare la situazione da parte della struttura penitenziaria avrebbe imposto l’accoglimento della richiesta”. Giustizia: Melis (Pd); il Governo intervenga ora e subito contro degrado delle carceri Il Velino, 14 dicembre 2011 “Lo stato di degrado delle carceri italiane, e in particolare di quelle sarde, non è più tollerabile. Due suicidi in pochi giorni a Cagliari sono solo l’ultimo terrificante campanello d’allarme. Chiediamo al Governo Monti un intervento d’urgenza eccezionale. Ora e subito”. Lo dichiara il deputato Guido Melis (Pd, commissione giustizia) dopo il suicidio nel carcere di Buoncammino a Cagliari del detenuto algerino Feres Chabachb, che fa seguito di soli pochissimi giorni a quello della detenuta Monia Bellofiore e di poche ore alla visita al carcere del ministro Severino. “Entrambi i detenuti erano tossicodipendenti, entrambi drammaticamente lasciati soli con la loro disperazione - osserva. Certamente sarebbe stato più congruo un trattamento diverso da quello loro inflitto”. “Le carceri italiane sono piene di tossicodipendenti, affetti da gravi patologie psichiatriche, depressi, ammalati gravi. L’assistenza della medicina carceraria è in tutti questi casi gravemente insufficiente. Questi detenuti a serio rischio di suicidio o di autolesionismo sono tenuti negli stessi ambienti inidonei che ben conosciamo, spesso in stato di insopportabile sovraffollamento, con una custodia carceraria che è resa inadeguata dalle gravi carenze d’organico nel corpo degli agenti, privi per lo più di sostegno psichiatrico e medico specifici”. “Apprezziamo che il ministro Severino abbia subito indicato lo stato delle carceri come il primo punto della sua agenda - conclude Melis - ma la invitiamo al tempo stesso ad agire rapidamente, uscendo dalla inerzia nella quale è rimasto a lungo il precedente governo Berlusconi: bisogna depenalizzare drasticamente, sfoltire i detenuti utilizzando ad esempio di più la detenzione a domicilio, migliorare le condizioni di vita delle carceri, anche con la chiusura immediata delle strutture palesemente inidonee che si configurano come veri luoghi di tortura indegni di un Paese civile. E trovare i finanziamenti necessari per garantire l’assistenza psichica ai soggetti a rischio. È una questione di civiltà, ed è ora che il problema venga posto con forza davanti alla coscienza del Paese”. Giustizia: Di Giovan Paolo (Pd); impegno per nuovo anno, migliorare qualità vita detenuti Agenparl, 14 dicembre 2011 “Il 2012 dovrà essere un anno di massima attività per migliorare la qualità di vita nelle carceri: dovremo riavviare il tavolo della salute in carcere, far applicare gli allegati del Dpcm del 2008 che prevedevano sin da allora il nuovo protagonismo delle Regioni sulla sanità in carcere e la trasformazione ed eventuale chiusura degli Opg, ricostruire una rete tra i comuni che sono sede di carcere”. Lo afferma il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, presidente del Forum per la Sanità Penitenziaria. “Abbiamo annullato il convegno della sanità penitenziaria del 16, che vedeva anche il patrocinio della Presidenza della Repubblica, per lo sciopero dei trasporti - continua Di Giovan Paolo - Ci rifaremo nel primo trimestre del prossimo 2012 con un nuovo dibattito, assieme al personale interessato alla riforma della sanità penitenziaria 1999, di cui ancora si attende il pieno recepimento, con i sindacati e l’associazionismo. In questo modo dedicheremo tutto il 2012 alla memoria di Leda Colombini, che fu determinante nella riforma sanitaria delle carceri”. Giustizia: Vitali (Pdl); bene il ministro Severino su deflazione popolazione carceraria = Adnkronos, 14 dicembre 2011 “Non possiamo che rallegrarci con il ministro Paola Severino per le sue odierne dichiarazioni in ordine alla necessità di provvedere ad interventi idonei a deflazionare la popolazione carceraria”. È quanto afferma Luigi Vitali, responsabile dell’ordinamento penitenziario del Pdl. “Così come ci è parso molto prudente ed opportuno rinviare l’utilizzo del braccialetto elettronico sul quale - ha continuato il parlamentare del Pdl - avevo personalmente espresso riserve durante l’audizione del ministro in commissione Giustizia”. “Resta però prioritario - ha concluso Vitali - e non più rinviabile l’adozione di misure legislative anche a mezzo decreto legge, stante la situazione, e la rivisitazione del piano carceri con la valutazione degli obbiettivi raggiunti dal commissario straordinario per l’emergenza carceri”. Giustizia: Molteni (Lnp); opposizione durissima della Lega al decreto svuota carceri Agenparl, 14 dicembre 2011 “La Lega Nord farà un’opposizione durissima al decreto svuota carceri annunciato dal ministro Paola Severino”. Lo dichiara il capogruppo della Lega Nord in commissione Giustizia alla Camera, Nicola Molteni. “Se il ministro della Giustizia pensa di risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri con un’amnistia mascherata o un atto di clemenza generalizzato, troverà la ferma resistenza della Lega Nord sia in commissione che in Aula. Per noi il principio della certezza della pena e della necessità di garantire sicurezza ai cittadini onesti e alle vittime dei reati sono valori e principi inviolabili. Il problema del sovraffollamento delle carceri va affrontato e risolto con l’implementazione e l’esecuzione del piano carceri e facendo scontare la pena ai detenuti stranieri, circa il 40 percento della popolazione detenuta, nei paesi di origine”. Castelli: ora sarà caino ad avere il sopravvento “Continua la restaurazione del governo dei professori. Tolta la diga che la Lega aveva costruito a riparo dai numerosi provvedimenti che vanno contro il nostro popolo, ormai è partita un’ondata di azioni legate alla vecchia politica. Adesso tocca alle carceri”. Così il senatore della Lega Nord Roberto Castelli, ex ministro della Giustizia, replica al ministro Severino che ha annunciato la volontà di presentare il decreto svuota carceri al prossimo Consiglio dei ministri. Poi, Castelli aggiunge: “Il governo Prodi non aveva trovato niente di meglio dell’indulto. Questo governo, con un colpo d’ala intellettuale e grande innovazione operativa intende far uscire di galera i detenuti prima del tempo per decreto. Non vi è dubbio che una pena ha anche un contenuto punitivo nei confronti del reo, che così verrebbe a cadere. Con la Lega al governo Abele veniva prima di Caino, con la Lega fuori Caino torna ad avere il sopravvento”. Giustizia: Ugl; nelle carceri condizioni inumane, per detenuti e polizia penitenziaria Dire, 14 dicembre 2011 “Il disagio della polizia penitenziaria ha superato i limiti della tollerabilità, è molto più di un codice rosso”. È questa la denuncia di Giovanni Centrella, segretario generale dell’Ugl, che ha partecipato, questa mattina, alla conferenza stampa indetta dal settore della Polizia penitenziaria del sindacato. “La situazione è drammatica sia per i detenuti, che vivono in condizioni inumane - ha spiegato Centrella, ma anche e soprattutto, per gli agenti, che non solo non riescono a svolgere il proprio lavoro ma si sentono sviliti nelle proprie funzioni. L’Ugl Polizia Penitenziaria è da sempre attenta alla questione del sovraffollamento e della carenza d’organico, anche perché bisogna far capire a tutti che depotenziare il reparto sicurezza significa depotenziare uno Stato intero”. La seconda cosa importante da capire, prosegue il segretario Ugl, “è che il carcere è ancora considerato come un luogo separato dove tenere nascosti i problemi: questo è altamente deleterio, perché il carcere dev’essere visto come una soluzione, non come il mezzo per aggravare una situazione. Deve servire a reinserire l’individuo nella società, non a isolarlo per sempre”. I dati confermano la situazione dipinta dai relatori: gli agenti previsti nelle carceri italiane sono 41.377, mentre quelli in forza sono solo 33.632, con una carenza del 16,3%. Su 206 istituti i detenuti tollerabili sono 45.647, a fronte di un numero di presenze del 67.104, con un sovraffollamento di 21.457 unità. Ciò significa che, per ogni 100 posti letto previsti, in Italia ci sono più di 148 detenuti. “Siamo il fanalino di coda dell’Europa” ha precisato Giuseppe Moretti, segretario nazionale dell’Ugl Polizia penitenziaria, “la soluzione però non sta solo nell’aumento del numero di agenti, ma in una ristrutturazione globale del sistema carcerario. Cominciamo, ad esempio, ad aumentare il livello tecnologico sulla sicurezza, che permetterebbe di ridurre il lavoro degli agenti e poterli dirottare su situazioni più critiche. Si chiama sorveglianza dinamica ed è già applicata in Europa”. Altro problema, spiega Moretti, “sono gli alti costi delle traduzioni in tribunale: la tecnologia adatta consentirebbe delle video conferenze, come peraltro si fa già con i detenuti in regime di alta sicurezza, cosa che ridurrebbe di molto i costi dei traduttori. Insomma, i sistemi per recuperare risorse ci sono, basta sfruttarli”. “Abbiamo già chiesto un incontro al nuovo ministro della Giustizia, per parlare non solo dei problemi di chi vive il carcere da dentro, ma anche per affrontare una riforma globale del sistema, che non può essere rimandata ancora”, aggiunge il segretario nazionale Ugl Polizia penitenziaria, Giuseppe Moretti. “Abbiamo stilato una lista di dieci proposte, fra cui naturalmente c’è anche l’attuazione di un piano straordinario per le carceri, con l’assunzione di almeno 5.000 agenti, ma non solo questo: anche suggerimenti più specifici, come l’uso del fondo dei beni confiscati alle mafie, che nel 2010 ammontava a 15 miliardi di euro”. Fra le proposte dell’Ugl, l’ampliamento delle misure alternative alla detenzione, per i reati minori e non pericolosi a livello sociale, un nuovo modello di istituti penitenziari, l’aumento della tecnologia sia per le video conferenze che per il problema delle traduzioni, la revisione del regolamento del Corpo di polizia penitenziaria, la defiscalizzazione al 10% di voci stipendiali accessorie, in particolare per gli straordinari. “Una delle richieste più importanti per noi - ha concluso Moretti - è l’introduzione di un sistema di decontribuzione stipendiale, in ragione del quoziente familiare e del costo della vita. Altro problema da affrontare subito è la riforma delle previdenza: un’agente penitenziario non può andare in pensione a 66 anni. Questa è una delle prime richieste che faremo al nuovo governo, quando incontreremo il ministro della Giustizia, all’inizio del nuovo anno. Bisogna trovare il modo di inserire nella riforma un capoverso che consideri la particolare situazione della polizia penitenziaria”. Nel pomeriggio, i delegati continueranno a discutere, sulla base del quadro fornito questa mattina, per mettere a punto sia richieste più dettagliate da consegnare al governo, che la strategia di azione concreta da sviluppare sul territorio per sensibilizzare le istituzioni locali al problema. Lettere: l’inferno sulla terra… è un carcere sovraffollato di Umberto Veronesi Oggi, 14 dicembre 2011 In un anno ci sono stati nelle carceri più di 60 suicidi, e il rischio sale. Per esempio nei tre istituti penali di Milano non ci sono più fondi per far funzionare i centri di aiuto al disagio psichico. Che fare? Rita M., Varese Esattamente due anni fa segnalai in questa rubrica, come priorità della massima urgenza, il problema della salute fisica e psichica dei detenuti. Nulla è cambiato, e le rivolte che scoppiano sempre più spesso dimostrano che la situazione s’è fatta insostenibile. Ne fa fede la recente testimonianza della deputata Pd Rita Bernardini, che nella sua ispezione al carcere milanese di San Vittore ha riscontrato non solo disumane condizioni di affollamento (1.600 detenuti in spazi che dovrebbero accoglierne 600), ma tutta una serie di problemi gravissimi: mancanza di detergenti per lavarsi e lavare le celle, finestre che non si possono aprire perché ostruite dai letti a castello, e 20 ore al giorno da trascorrere in cella senza poter svolgere la benché minima attività. Certo, non c’è da meravigliarsi dell’alto numero di suicidi e di tentati suicidi, o degli oltre 5 mila atti di autolesionismo all’anno, che chi non vive questa realtà può stentare a credere: i detenuti, per farsi inviare in ospedale, ingoiano lamette da barba, chiodi, molle dei letti; si sfregiano, s’infliggono tagli all’addome, si cuciono la lingua e le labbra. Poi ci sono, numerosissimi, gli ammalati, curati poco e male. Tubercolosi, Aids, epatite virale e gonorrea sono all’ordine del giorno. Le prigioni sono orrende incubatrici che diffondono il contagio anche ai detenuti entrati sani. Tanto per capire, in carcere si ha una probabilità 30 volte superiore alla media di ammalarsi di Tbc. Questo è il quadro. Un quadro agghiacciante, al quale va aggiunto un dato: la lentezza della giustizia moltiplica il numero dei detenuti in attesa di giudizio, metà dei quali verrà poi assolto. Bisogna quindi smettere di cavalcare il riformismo ipocrita che vuole costruire nuove carceri e migliorare quelle esistenti. “L’ottimo carcere non esiste”, scriveva Norberto Bobbio nel lontano 1973. Bisogna invece diminuire il numero dei carcerati, assicurando lo svolgimento dei processi entro tempi certi (io dico con forza: 60 giorni al massimo, e i giudici ormai hanno gli strumenti tecnologici che servono ad accelerare), e applicando molto di meno la pena detentiva. Resteranno in giro più delinquenti? Forse. Ma riempire le prigioni è, a mio parere, una perversione del potere dello Stato. Lettere: le amministrazioni locali devono occuparsi maggiormente delle carceri di Marcello Pesarini (Sel - Forum Diritti) Ristretti Orizzonti, 14 dicembre 2011 Caro Manifesto, ho letto con attenzione l’articolo di Eleonora Martini riguardante Ancona sul Manifesto del 12 dicembre. Non ho i mezzi né la facoltà di prevedere gli sviluppi della crisi economica e sociale italiana e della Regione Marche, ma penso che sia ora che i governi cittadini e quelli regionali si occupino dello stato in cui vivono i detenuti, ed in cui lavorano gli agenti di polizia penitenziaria ed i volontari. Se un insieme di quasi 70.000 persone convive in condizioni che molte volte superano quelle del reato di tortura riconosciuto dalla Corte Europea è solo per un sottilissimo equilibrio di responsabilità, assuefazione ed in alcuni casi di equilibri interni tenuti con forza e paura. L’impegno di chi costruisce progetti di inserimento lavorativo e di programmazione alla dismissione dei detenuti si infrange contro numeri di sovraffollamento insopportabile, contro l’atteggiamento dei magistrati di sorveglianza che concedono poche misure alternative, magari sulla spinta dell’opinione pubblica. Così non se ne esce. In attesa di mosse che la nuova responsabile del Ministero della giustizia sta studiando, anzi proprio per incoraggiarla, tutti gli amministratori locali devono farsi carico degli abitanti che vivono nel loro territorio. Non ci sono scorciatoie: conoscere un mondo derelitto è un po’ come farsene carico, e di questi tempi ci farebbe sentire tutti più utili. Sicilia: la denuncia del Garante; detenuti costretti a dormire con dei materassi sui tavoli Corriere del Mezzogiorno, 14 dicembre 2011 A lanciare l’allarme Fleres: “Situazione drammatica, sovraffollamento, suicidi, atti di autolesionismo, strutture vecchie, assistenza sanitaria non all’altezza”. Sovraffollamento, suicidi, atti di autolesionismo, strutture vecchie, assistenza sanitaria non all’altezza. “Non c’è un solo carcere in Sicilia che sia in regola, la situazione è drammatica”, denuncia Salvo Fleres, garante regionale dei diritti dei detenuti. “A fronte di 4500 posti disponibili in base al regolamento, i detenuti sono circa 7800”, spiega in un’intervista. “Personalmente ho fatto una serie di esposti all’Autorità giudiziaria, l’ultimo l’altro ieri che riguarda il carcere di Piazza Lanza a Catania, dove l’affollamento ha raggiunto livelli impressionanti: ci sono ad esempio detenuti costretti a dormire con dei materassi sui tavoli”. Fleres la definisce “una situazione inaudita e inaccettabile”, che alcuni non riescono a sopportare. Da qui il sempre crescente numero di suicidi (specie in estate): nel 2011 sono cinque - secondo i dati dell’Osservatorio delle morti in carcere - i casi accertati nell’isola (61 in Italia, dal 2000 a oggi sono ben 687); l’ultimo in ordine di tempo a togliersi la vita è stato Mohamed Nahiri, 35enne tunisino, impiccatosi il 9 ottobre scorso alle sbarre del bagno della sua cella del carcere “Pagliarelli” di Palermo con un lenzuolo. “Mi sono costituito parte civile in ogni caso di suicidio avvenuto nella nostra regione”, sottolinea Fleres. “Del resto il detenuto è interamente affidato allo Stato, se si suicida vuol dire che lo Stato l’ha custodito male, è una sua responsabilità. E poi in alcuni di questi casi parlare di suicidio è edulcorazione di altro tipo di fenomeno di cui, essendoci indagini in corso, non è possibile parlare”. Non finisce qui. La Sicilia resta l’unica regione d’Italia a non aver recepito il decreto datato 2008 sulla sanità penitenziaria. “Sembra un problema di scarsa entità, ma”, spiega ancora il senatore di Coesione Nazionale - Io Sud - Forza del Sud, “il fatto che la sanità in Sicilia continui a essere gestita dal ministero della Giustizia e non, come avviene nel resto del Paese, dal servizio sanitario nazionale crea notevoli disagi ai detenuti. Alcuni di loro hanno bisogno di farmaci costosissimi ma non ricevono assistenza perché non ci sono le risorse e i tempi del ministero sono decisamente più lunghi”. Cosa fare allora? Fleres chiama in causa la politica e sostiene che “bisogna depenalizzare i reati di minore allarme sociale, dare gli arresti domiciliari per reati che comportino una pena inferiore ai tre anni e accorciare le fasi istruttorie dei processi: su 90.000 accessi l’anno in carcere, 22.000 durano meno di tre giorni. Anche questo”, conclude, “è un dato su cui riflettere”. Marche: Radicali; situazioni drammatiche, servono interventi in tutte le carceri regionali Notizie Radicali, 14 dicembre 2011 Le rivolte interne al carcere di Montacuto hanno riportato all’attenzione dei media, e solo per poco tempo a quella dell’agenda politica, la disumana e degradante condizione che vive il “pianeta carcere”. Condizione non solo riscontrabile nel carcere di Montacuto ma in tutte le carceri del territorio italiano. Da Radicali chiediamo, non da oggi, un’amnistia per la Repubblica, per la giustizia, per la magistratura, per gli operatori e la polizia penitenziaria, per i detenuti, per i loro familiari. Oppure la politica dell’asse Pd - Pdl - Fli - Idv - Ln preferisce che altri episodi come quello di Montacuto si ripetano in altre carceri? “Il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito si è impegnato a monitorare la situazione delle carceri e la condizione dei detenuti in tutto il mondo”, ha dichiarato Marco Pannella intervenuto ai lavori del 39° Congresso del Nonviolent Radical Party Transnational e Transparty, conclusisi domenica a Roma presso l’Hotel Summit. Da undici giorni il leader Radicale ha ripreso l’iniziativa nonviolenta di sciopero della fame a favore di una grande Amnistia da adottare non come atto di clemenza, ma come strumento non negoziabile per affrontare la crisi del sistema carcerario, che faccia da traino a una riforma complessiva della giustizia. Una battaglia che vede impegnati, insieme ai Radicali, direttori, agenti, psicologi, operatori e gli altri componenti della comunità penitenziaria, e che “il Partito Radicale si impegnerà a estendere sul fronte transnazionale attraverso un monitoraggio dello stato delle prigioni e dei reclusi nel resto del mondo”, come ha annunciato Demba Traoré (Segretario del Prntt) ai partecipanti al Congresso provenienti da 45 Paesi del mondo. Lazio: l’Assessore Cangemi visita il mercatino con prodotti fatti dai detenuti Il Velino, 14 dicembre 2011 Giuseppe Cangemi, assessore ai Rapporti con gli enti locali e politiche per la sicurezza della Regione Lazio, ha visitato questa mattina, il primo mercatino di Natale Celle, stelle e bancarelle”: esposizione e vendita di prodotti realizzati negli istituti penitenziari di tutte le regioni d’Italia. “Trovo sia una bellissima iniziativa - ha spiegato l’assessore Cangemi mentre si intratteneva tra i banchi del mercato, portando a detenuti e operatori di polizia penitenziaria il saluto della presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. Ringrazio l’Istituto superiore di studi penitenziari per aver organizzato una manifestazione così ben curata che permette ai cittadini di conoscere meglio i detenuti: possono apprezzarne le capacità tecniche, la maestria artigianale e l’estro nel creare e confezionare le centinaia di prodotti qui esposti”. La mostra-mercato in via Barellai 135 a Roma, realizzata grazie anche al contributo dell’assessorato agli Enti locali e sicurezza, aperta fino al 18 dicembre (orari: lun - giov 11 - 21; ven - dom 10 - 23), espone i prodotti realizzati negli istituti penitenziari e nei servizi minorili, con possibilità di acquisto e degustazione. Varia e diversificata l’offerta: si passa da addobbi natalizi, ad articoli di pelletteria, da ceramiche a composizioni floreali, da dipinti a centrini e merletti. Il tutto, rigorosamente realizzato a mano. Senza dimenticare l’offerta enogastronomica particolarmente ricca, con denominazioni spiritose che rendono bene l’idea della particolare condizione degli artigiani. Per i vini il Lazio la fa da padrone: la casa circondariale di Velletri produce il Fuggiasco, Jail, il Recluso e il Sette Mandate; cui si aggiungono il Valelapena della casa circondariale di Alba (Cn) e il Fresco di Galera della casa circondariale di Sant’Angelo dei Lombardi (Av). La Sardegna primeggia nella produzione dei formaggi con i vari tipi di pecorino Galeghiotto prodotti dai detenuti delle case circondariali di Onani (Nu), Isili (Ca), Arbus (Vs). Si prosegue poi con vari tipi di birra, miele, cioccolato, panetteria e moltissimi prodotti di pasticceria con in testa il panettone e i dolci tipici della tradizione natalizia. Da non perdere le Dolci Evasioni, paste di mandorla dal carcere di Siracusa e i damotti della Banda Biscotti del carcere di Verbania. Ancona: Polizia penitenziaria protesta contro rimozione della Direttrice e del Comandante Ansa, 14 dicembre 2011 Il personale di polizia penitenziaria del carcere di Montacuto Ancona è in stato di agitazione a seguito dei provvedimenti di allontanamento della direttrice Santa Lebboroni e del comandante della polizia penitenziaria Gerardo D’Errico assunti dal Dap dopo la protesta dei detenuti nei giorni scorsi. La Lebboroni e D’Errico, quest’ultimo peraltro in servizio da neppure un mese e in ferie durante la rivolta dei carcerati, sono stati messi nel frattempo a disposizione del Provveditorato regionale. Gli agenti, riuniti sotto varie sigle sindacali, chiedono al Dap di rivedere i provvedimenti perché in questo modo al carcere “sono stati tolti tutti i punti di riferimento”. Duro attacco anche al capo dipartimento Franco Ionta: “Anziché fare visite a sorpresa - dice un agente che vuole restare anonimo, riferendosi a quella fatta alcuni giorni fa da Ionta nel carcere anconetano, prima della protesta dei detenuti - programmasse un incontro per parlare con il personale” e risolvere anche il problema della carenza di organico, che a Montacuto ammonta “a 50 unità”. Quanto alla rivolta scoppiata di recente, con alcune celle date alle fiamme, il personale ridimensiona la portata dell’evento, dicendo che “si è creato allarmismo”. Con l’allontanamento della Lebboroni (“dopo 20 anni di lavoro - commenta l’agente - Totò Riina sarebbe stato trattato meglio”) e del comandante, “si è cercato un capro espiatorio”. Il personale di polizia penitenziaria del carcere di Montacuto di Ancona ha diffuso poi una nota in cui, in merito al distaccamento provvisorio della direttrice e del comandante chiede al capo dipartimento Ionta di “ritornare sulle sue decisioni, perché la ricerca di capro espiatori non rappresenta la strada maestra per risolvere i problemi, né tantomeno sono configurabili i principi di efficienza di un’Amministrazione attenta”. “Sfugge la logica del provvedimento inadeguato, sproporzionato agli eventi - ribadisce il personale, nel ridimensionare la portata della protesta dei detenuti dell’8 e 9 dicembre scorsi - e la portata punitiva nei confronti di chi ha svolto e svolge il proprio dovere con correttezza, dedizione e professionalità dimostrati in situazioni ben più critiche di quella di cui si tratta”. “La nostra richiesta - si legge ancora - è che il comandante D’Errico, insediatosi da qualche tempo in questo istituto, dopo un’esperienza di comando in altre sedi del Nord, e il direttore Santa Lebboroni, da 20 anni in questa sede, restino al loro posto, perché capaci e all’altezza della situazione”. “Restiamo fiduciosi - conclude il personale - dell’annullamento dei provvedimenti e del ripristino della normale serenità nella Casa circondariale Ancona - Montacuto, in caso contrario saremo costretti, nostro malgrado, ad adottare significative forme di protesta”. Rieti: Lisiapp; carcere funziona solo al 30%, aprire nuovi reparti con invio di personale Agi, 14 dicembre 2011 L’istituto carcerario della città di Rieti è nuovo ma ne funziona solo il 30 per cento. Ed è già “afflitto da problemi di sovraffollamento”. Parola del Lisiapp il Libero Sindacato Appartenenti della Polizia Penitenziaria, che per l’ennesima volta lancia un grido di allarme sul paradosso tutto italiano”. La struttura penitenziaria reatina non può essere indicato come il vero fiore all’occhiello dell’amministrazione penitenziaria”. La motivazione è semplice sottolineano dal sindacato Lisiapp, purtroppo siamo davanti ad un paradosso, negli istituti del paese le carceri scoppiano mentre in quello reatino si tengono chiusi reparti dove si potrebbero ospitare i reclusi fino a circa 450 detenuti , ma contemporaneamente avendo pochi sezioni aperte per 250 detenuti presenti il nuovo istituto della città soffre anch’esso di sovraffollamento. Nelle celle originariamente previste ad ospitare un detenuto ve ne sono due (in qualche caso tre) e in quelle costruite per due ve ne sono quattro. Per il Lisiapp “è sconcertante apprendere che non c’è una pianta organica del personale decretata e, che si ignora il livello di sicurezza attribuito alla struttura e comunque, siamo contrari ad apertura dei reparti senza un invio in modo effettivo del personale di polizia”. Sovraffollamento a parte, il carcere di Rieti aperto da poco più di due anni, è stato inaugurato il 28 ottobre 2009, sotto altri punti di vista sarebbe quasi una struttura modello come per quella di Milano Opera. Intanto, la popolazione carceraria cresce di ora in ora. I detenuti presenti nei 206 istituti di pena hanno sfondato il muro delle 68.000 presenze per 45.000 posti letto regolamentari. Di fronte a questo panorama da emergenza cronica il Lisiapp sindacato di categoria della polizia penitenziaria , continua la sua opera di informazione e di tutela nei confronti dei poliziotti, in quanto gli stessi sono oggetti quotidianamente di atti di violenza gratuite e vili aggressioni che in alcuni casi sfociano in prognosi superiori ai dieci giorni. Parma: detenuto suicida nel 2005, prosciolti direttore e poliziotti penitenziari La Repubblica, 14 dicembre 2011 Il gup Alessandro Conti ha disposto il non luogo a procedere nei confronti di tre responsabili del penitenziario locale indagati per omicidio colposo per la vicenda di un recluso che si uccise nel 2005 inalando il gas di un fornelletto. L'otto dicembre 2005 un detenuto recluso nel carcere di via Burla si tolse la vita inalando il gas del fornelletto scaldavivande in dotazione nelle celle. Soffriva di depressione e già in precedenza, in altri istituti penitenziari, aveva tentato il suicidio. Venne aperta un'indagine per omicidio colposo: seconda l'accusa, considerate le condizioni psico-fisiche dell'uomo la sorveglianza era stata carente, perché i responsabili non erano intervenuti per prevenire il gesto estremo con opportune precauzioni, ad esempio togliendo il fornelletto dalla cella. Il pm Roberta Licci nei mesi scorsi aveva chiesto il rinvio a giudizio per l'allora direttore del carcere Silvio Di Gregorio, per l'ex comandante della polizia penitenziaria Augusto Zaccariello e per il responsabile sanitario del carcere Michele Serventi. I famigliari del detenuto si sono costituiti parte civile e hanno chiesto un risarcimento di 2milioni di euro. Il gup Alessandro Conti aveva citato come responsabile civile il Ministero della Giustizia, che sarebbe stato chiamato a risarcire i danni in caso di condanna. Oggi, quella vicenda si è chiusa con un pronunciamento di non luogo a procedere nei confronti di tutti e tre gli indagati. Il gup Conti ha ritenuto che non ci siano i presupposti per un rinvio a giudizio e li ha quindi sollevati da ogni responsabilità penale. Palermo: prevenzione sanitaria con mammografia e pap-test per le detenute di Pagliarelli Adnkronos, 14 dicembre 2011 Mammografia e pap-test per le detenute della Casa circondariale di Pagliarelli, a Palermo. L’intervento di prevenzione dei tumori del seno e del collo dell’utero è stato effettuato dall’Asp di Palermo in collaborazione con la Direzione del penitenziario. “L’iniziativa - ha sottolineato il manager dell’Azienda sanitaria, Salvatore Cirignotta - è stata preceduta da un coinvolgente e partecipato incontro formativo con i medici dell’Azienda sanitaria. Si è potuto discutere dell’importanza della prevenzione in ambito sanitario dando anche risposte alle domande delle donne detenute”. L’intervento di prevenzione è stato realizzato grazie alla disponibilità del camper mammografico della Lega italiana per la lotta ai tumori e del personale del dipartimento Salute della donna e del bambino e delle Unità operative Educazione alla salute e coordinamento. Macomer (Nu): accordo tra carcere e Provincia sulla mediazione culturale per i detenuti Sardegna Oggi, 14 dicembre 2011 L’Assessorato al Lavoro e Immigrazione della Provincia di Nuoro ha stipulato un accordo di collaborazione con la Direzione della Casa Circondariale di Macomer. L’obiettivo è quello di migliorare e potenziare gli interventi di mediazione linguistico e culturale a favore dei detenuti stranieri per facilitare le relazioni con gli operatori carcerari ed offrire prestazioni di supporto informativo. I servizi di mediazione saranno erogati dagli addetti agli sportelli polifunzionali collocati nei Csl della Provincia ha spiegato l’assessore provinciale al Lavoro e Politiche Sociali Giuseppe Dessena, in questo modo sarà possibile avviare un’azione concreta di integrazione sociale, culturale e linguistica. Un intervento indispensabile considerato che la popolazione detenuta nella Casa Circondariale di Macomer è costituita per il 60% da stranieri, per lo più di nazionalità tunisina, marocchina e algerina - ha sottolineato Dessena. L’accordo, inserito nel Piano Provinciale per l’Immigrazione, è la rappresentazione di una Provincia che ha l’esatta comprensione del proprio ruolo e delle proprie competenze. Ancora una volta attraverso un accordo di collaborazione a costo zero si avvia una importante azione sperimentando, tra l’altro, buone prassi che permetteranno alla Casa Circondariale di ottenere un servizio fondamentale e alla Provincia di consolidare quel ruolo specifico ed esclusivo per riuscire a fare sistema nel territorio attraverso il raccordo continuo con tutti gli attori istituzionali e non. L’accordo è dunque il primo passo di un processo che costituisce un work in progress volto ad estendere alle Istituzioni carcerarie e ai detenuti una serie di servizi come quelli dell’orientamento e collocamento al lavoro, proprio per evitare quel disorientamento prodotto dall’isolamento carcerario. Roma: visita del Papa a Rebibbia, messaggio di speranza per tutti i detenuti Radio Vaticana, 14 dicembre 2011 C’è grande attesa per la visita del Papa domenica prossima nella casa circondariale Nuovo Complesso di Rebibbia. Benedetto XVI incontrerà i detenuti alle 10, nella chiesa centrale del “Padre Nostro”, e risponderà alle loro domande. Terminato l’incontro, il Pontefice benedirà un albero piantato a ricordo della sua seconda visita in un carcere. Si tratta di un evento che in tanti vedono come un segno di speranza in una situazione spesso drammatica. Il servizio è di Davide Dionisi. Quella dei detenuti suicidi è una tragedia infinita. Ieri a Cagliari si è ucciso il sessantaduesimo detenuto dall’inizio dell’anno. E una delle prime cause è il sovraffollamento che ormai è diventato un’emergenza nazionale. Sono tanti allora i detenuti che, da tutta Italia, guardano a Rebibbia dove domenica prossima il Papa incontrerà gli ospiti della Casa circondariale nella cappella dedicata al Padre Nostro. Molte sono le aspettative per un messaggio di speranza che da più parti viene auspicato per migliorare le condizioni dei reclusi e per superare quella disperazione individuale che trova una indiscussa concausa nelle condizioni di vita disperate e indegne a cui i detenuti sono costretti. In questo modo il carcere può dunque recuperare la persona? Lo abbiamo chiesto al Garante dei Diritti dei Detenuti del Lazio, Angiolo Marroni: R. - Così affollato e così invivibile, perché è di un affollamento pazzesco, e con così poco personale dedito all’educazione, alla psicologia, e anche con la mancanza di poliziotti penitenziari e di personale amministrativo, il carcere fa molta fatica ad assolvere alla funzione costituzionale. In alcuni casi ci riesce, in larga parte non ci riesce. D. - Perché, secondo lei, in carcere i diritti base vengono ignorati? R. - Fondamentalmente perché l’affollamento è enorme: siamo a 67 mila detenuti su una capienza regolamentare di 45 mila. Siamo in una situazione in cui i detenuti in attesa di una sentenza di primo grado, di secondo, anche di Cassazione, aspettano mesi, anni e, presumibilmente, sono non - colpevoli; siamo in una situazione di multirazzialità e di multi - religiosità che devono essere rispettate e che si fa fatica a rispettare. Siamo di fronte a una carenza di mezzi finanziari pazzesca, nei confronti del carcere e del personale. Quindi, è chiaro che il carcere in queste condizioni non assolve la funzione che la pena deve assolvere, come previsto dalla Costituzione. D. - Domenica il Papa andrà a Rebibbia. Che significato assume tale visita in un ambito così complesso e difficile? R. - Essendo il Papa una personalità religiosa di primissimo piano, ma anche un’autorità ispirata alla solidarietà, alla fratellanza cristiana, al rispetto della dignità delle persone, penso che la sua venuta rappresenti un messaggio positivo che si può estendere non solo in tutta l’Italia, ma nel mondo, affinché ci sia attenzione alla persona con uno spirito fraterno e solidale. Siracusa: il cantautore Franco Battiato canta per i detenuti, la musica vince l’isolamento La Sicilia, 14 dicembre 2011 Due grandi spettacoli caratterizzeranno il Natale nel carcere di Brucoli. Il primo spettacolo si terrà domani: protagonista dell’evento sarà Franco Battiato. Il secondo appuntamento è previsto per mercoledì 21 dicembre con la corale di Brucoli, Swing Brucolìs Brother, composta da venti detenuti che presenterà il suo concerto e momenti di recitazione. Gli spettacoli, entrambi della durata di due ore, avranno inizio alle ore 10. “Crediamo in questo tipo di iniziative e crediamo nella grande importanza dell’arte come momento di crescita, ma anche di distrazione e di distacco da una situazione difficile - ha dichiarato Antonio Gelardi direttore dell’istituto penitenziario. L’intenzione è quella di far sentire la nostra vicinanza e offrire due ore di divertimento e svago, anche grazie alla partecipazione di amici come il maestro Franco Battiato, interprete straordinario e fortemente sensibile e motivato dall’invito. Lodevole l’impegno della professoressa Silvana Laudicina, che non si risparmia mai quando si tratta di iniziative come queste, e di chi ha collaborato; difatti prezioso è il contributo della professoressa Paola Cortese che ha collaborato con un’energica attività, alla quale va il plauso ed il ringraziamento della direzione”. Il progetto della corale di Brucoli rientra tra le attività rieducative e di integrazione (come quella sportiva) previste nel programma riabilitativo applicato ai detenuti della casa circondariale di Brucoli, come sostiene infatti la docente Laudicina: “La musico - terapia si prende cura dell’essere umano attraverso il suono e la musica, offre la possibilità di esprimere e comunicare sentimenti ed emozioni attraverso il linguaggio musicale, elaborando nuove modalità di relazione. I detenuti devono far fronte ad un processo di adattamento alle condizioni materiali e psicologiche che la reclusione comporta, come la restrizione delle libertà personali, la segregazione sociale ed affettiva e le difficoltà psicologiche dovute alla scarsa autostima e ad una mancanza di progettualità per il futuro, specialmente se si tratta di giovani”. La direttrice dell’area tratta mentale, Emilia Spuc, conclude: “La musica ma anche lo sport sono strumenti utili per far maturare nei detenuti, persone che spesso si sentono messe ai margini, la consapevolezza di poter avere una dignità sociale, nel momento in cui entrano in relazione con la gente, e dare così il proprio contributo alla costruzione di un mondo più vivibile quando usciranno e saranno uomini liberi”. Determinante il ruolo della polizia penitenziaria, rappresentata dalla dottoressa Calcaterra, che ha reso possibile le iniziative in programma. Milano: fiori d’arancio nel carcere di Bollate si sono conosciuti nella redazione del giornale Redattore Sociale, 14 dicembre 2011 Questa mattina due detenuti, Tatiana 31 anni e Daniele 28 anni, sono convolati a nozze. Ha celebrato il matrimonio Lucia Castellano, assessore alla Casa del Comune di Milano, ma fino a maggio direttore del penitenziario Fiori d’arancio nel carcere di Bollate. Questa mattina due detenuti, Tatiana 31 anni e Daniele 28 anni, sono convolati a nozze. Ha celebrato il matrimonio Lucia Castellano, assessore alla Casa e lavori pubblici del Comune di Milano, ma fino a maggio direttore per 9 anni del penitenziario alle porte di Milano. “È stata una grande emozione rivedere gli operatori e gli ospiti e celebrare il mio primo matrimonio - afferma Lucia Castellano. Bollate continua a essere un istituto modello”. La cerimonia si è svolta nell’aula Giudici e Avvocati “in un clima di grande emozione” si legge in un comunicato stampa dell’assessore. “Grazie alla professionalità e alla sensibilità dei poliziotti, gli ambienti sono stati abbelliti con composizioni floreali realizzate dai detenuti. La sposa indossava un tailleur color panna e teneva tra le mani il classico bouquet, mentre lo sposo portava un abito fumo di Londra con cravatta chiara. In tutto erano presenti una ventina di persone: i parenti degli sposi, i quattro testimoni (anch’essi detenuti a Bollate) e i poliziotti del carcere. Al termine del rito c’è stato un lungo applauso ed è iniziata la festa nella sala accanto dove la cooperativa sociale dell’istituto ha allestito un catering”. Galeotto fu il giornale del carcere: i due sposi si sono conosciuti infatti durante le riunioni della redazione di “Carte Bollate”. È una delle attività lavorative in cui è consentita la presenza di detenuti uomini e donne. “A far crescere la loro relazione sono stati il rapporto epistolare, unica forma di comunicazione autorizzata tra detenuti. Adesso che sono sposati avranno diritto a un colloquio settimanale che, come prevede il regolamento, è consentito per chi ha rapporti parentali all’interno del penitenziario”, conclude il comunicato dell’assessore Castellano. Cuba: per viaggio Papa possibile gesto clemenza verso alcune categorie di detenuti Ansa, 14 dicembre 2011 Il governo cubano ha espresso “soddisfazione” per la visita che il Papa farà l’anno prossimo a Cuba poco prima di Pasqua. Lo ha fatto sapere l’ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede, Eduardo Delgado. La visita di Benedetto XVI - scrive l’agenzia Zenit - potrebbe essere accompagnata da un gesto di clemenza da parte del governo cubano verso alcune categorie di detenuti, come donne o malati. Inoltre, il governo potrebbe proclamare il Venerdì Santo giorno festivo, com’era in passato.