Giustizia: in preparazione un decreto legge con nuove misure per le carceri Ansa, 13 dicembre 2011 “La lotta contro la criminalità può diventare strumento per la redenzione, il reinserimento sociale, per una migliore carcerazione del detenuto, e una migliore situazione degli agenti di polizia penitenziaria”. È la proposta lanciata dal ministro della Giustizia, a Cagliari, per la sua prima visita ufficiale ad un carcere italiano. Il ministro della Giustizia Paola Severino punta sulle misure alternative alla detenzione per affrontare l’emergenza del sovraffollamento delle carceri italiane. “Sto preparando un decreto, non posso entrare nei dettagli ora, sarebbe scorretto. Prima devo presentarlo al Governo”, ha spiegato il ministro parlando con i giornalisti all’uscita del carcere di Buoncammino, a Cagliari, da dove ha cominciato una serie di visite negli istituti penitenziari. “Le misure cui sto lavorando sono la detenzione domiciliare, la messa in prova, forma che veniva utilizzata solo per i minori in alternativa alla carcerazione e che potrebbe essere tranquillamente estesa anche ai maggiorenni. Penso anche ad alcune forme di depenalizzazione che già sono state elaborate e studiate dalle commissioni che si sono succedute all’interno del ministero della Giustizia. Queste sono certamente alcune delle forme alternative al carcere che terrò presenti e inserirò nel decreto”. “Il braccialetto elettronico è la misura che ha colpito di più chi ha ascoltato i miei vari discorsi. Ma non è l’unica misura alla quale ho pensato. Potrà essere utilizzato solo quando ci sarà stata una seria e attenta verifica dei costi e cioè solo se i costi del braccialetto risulteranno inferiori a quelli della detenzione e soltanto se da un punto di vista tecnico esso sarà ritenuto adeguato alle esigenze di controllo e di monitoraggio”. Lo ha precisato il ministro della Giustizia Paola Severino al termine della sua visita al carcere cagliaritano di Buoncammino dove ha incontrato, tra gli altri detenuti, le compagne di cella di Monia Bellofiore, la tossicodipendente che si è uccisa alcuni giorni dopo il suo arresto per l’omicidio della madre, l’ex infermiera Maria Irene Sanna, trovata morta carbonizzata alla fine dell’ottobre scorso. “Se a queste due domande dovessi ricevere una risposta positiva, allora il braccialetto potrebbe rientrare tra i vari mezzi alternativi alla detenzione”, ha aggiunto Severino. “Intanto, si possono introdurre tutte le altre misure, avere il tempo per fare questa verifica per poi aggiungere il braccialetto”. E poi il ministro della Giustizia assicura: “È un impegno serio del ministero della Giustizia trovare le risorse necessarie ad affrontare il problema degli organici degli agenti di polizia penitenziaria. Faremo di tutto per trovarle. I beni confiscati alla criminalità organizzata potrebbero rappresentare una fonte importante”. “La lotta contro la criminalità può andare a favore della redenzione e del reinserimento sociale, per una migliore condizione del detenuto e una migliore situazione degli agenti di polizia penitenziaria, che svolgono un lavoro duro in condizioni difficili e rispetto ai quali, quindi, un riconoscimento di forze adeguato è assolutamente indispensabile”. Giustizia: Pannella scrive a Napolitano; troppi morti nelle carceri, è urgente intervenire Notizie Radicali, 13 dicembre 2011 Marco Pannella ha scritto una lettera al presidente Giorgio Napolitano in cui richiama l’attenzione del capo dello Stato sulla questione delle carceri, tema sul quale si svolgerà domani alla Camera una conferenza stampa. Il leader radicale ricorda al presidente Napolitano “la prepotente urgenza” di superare le attuali condizioni della situazione nelle carceri. “Purtroppo - dice Pannella nella lettera - il Regime ha provveduto, con naturale suo riflesso, a ignorare e smentire proprio quest’urgenza, come potrebbe facilmente desumersi anche dal solo calcolo dei suicidi, nel frattempo realizzati o tentati, oltre che all’assassinio di tanti, schedati invece come morti “naturali”. Così come, aggiunge, non è stata data notizia del fatto che il movimento radicale, nel “congresso del Nrptt, costituito da compagni Radicali provenienti da 45 paesi, con voto pressoché unanime, ha ieri eletto a segretario generale il nostro compagno Demba Traorè, già deputato del suo paese fino al 2007, attualmente noto esponente politico dell’Union pour la Republique et la Democratie (Urd), secondo partito del Mali”. “Per finire - scrive Pannella - esprimo al speranza che, non solamente tu, ma una parte di noi, tuo popolo repubblicano, potrà, diversamente che negli anni Trenta, conoscere per poi poter scegliere e non esser più nelle condizioni attuali e di allora”. Giustizia: Parlamento europeo; obbligo di consegnare “lettera dei diritti” agli arrestati Ansa, 13 dicembre 2011 La plenaria del Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza (663 sì, 24 no, 17 astenuti) l’accordo con i governi nazionali sul testo di una nuova legge europea che impone di consegnare - in ognuno degli oltre 8 milioni di procedimenti penali che scattano ogni anno in Europa - una “lettera dei diritti” a qualsiasi sospetto di reato che venga arrestato o detenuto. Tra i diritti, quello di assistenza legale, di restare in silenzio, di avere diritto alle traduzioni, ma anche quello di ricevere cure mediche urgenti. “Speriamo di non accadono più casi come quelli di Giuseppe Uva o Stefano Cucchi”, ha osservato Patrizia Toia, europarlamentare Pd e vicepresidente del gruppo socialista-democratico (S&D) al Parlamento europeo, ricordando le due tragiche vicende italiane. Le forze di polizia dovranno informare oralmente e per iscritto “prima del primo interrogatorio” i sospetti del diritto ad avere un avvocato, eventualmente con patrocinio gratuito, nonché di quello di essere informato dell’accusa e di non pronunciarsi. Nella “lettera dei diritti” che dovrà essere consegnata si dovrà informare anche sul diritto all’assistenza medica, quello sull’accesso al materiale probatorio, quello di informare le autorità consolari o una persona terza e quello sulla durata dei tempi di custodia preventiva. Il testo prevede uno standard minimo, che potrà essere adattato dagli stati per allinearlo con le legislazioni nazionali ed eventualmente aggiungere informazioni utili. I 27 paesi della Ue avranno due anni di tempo per trasporre la direttiva che è stata approvata in prima lettura in regime di condecisione con il Consiglio Ue. La direttiva fa parte dello sforzo legislativo europeo per un “equo processo” in tutta l’Unione. Allo studio della plenaria del Parlamento anche una risoluzione, che andrà in votazione giovedì, sul sovraffollamento delle carceri europee ed alla luce del tasso di suicidi in crescita negli istituti penitenziari. Giustizia: 450 “braccialetti elettronici” disponibili, solo 9 attivi, record uso a Campobasso Ansa, 13 dicembre 2011 Su 450 braccialetti elettronici disponibili per il controllo a distanza di detenuti sottoposti a misure alternative al carcere e per i quali lo Stato paga dal 2003 un canone annuo di quasi 11 milioni di euro, quelli realmente in funzione sono appena il 2%: nove in tutta Italia. Ma non è il solo dato su cui riflettere: la gran parte dei kit attivi, quasi il 70%, vengono utilizzati in una delle regioni più piccole del Paese, il Molise che ha il record assoluto di 6 braccialetti in funzione. Mentre il ministro della Giustizia Paola Severino sta verificando se effettivamente convenga rilanciare il braccialetto elettronico tra le misure per alleggerire la pressione sulle carceri, il punto sull’uso di questo strumento è stato fatto a Roma nel corso di un seminario dedicato all’efficienza degli uffici giudiziari, organizzato da Unità per la Costituzione, la corrente di maggioranza dei magistrati. “Il braccialetto elettronico potrebbe costituire la grande novità per venire incontro alle esigenze legate al sovraffollamento delle carceri e di introduzione di forme alternative alla detenzione carceraria” sottolinea il consigliere del Csm Riccardo Fuzio, che è stato tra i promotori dell’appuntamento di Roma, nel corso del quale il presidente facente funzioni del Tribunale di Campobasso Enzo Di Giacomo e il procuratore Armando D’Alterio hanno documentato gli accordi che hanno consentito ai loro uffici di utilizzare 6 dei 9 braccialetti attivi. “L’interesse suscitato dall’iniziativa - riferisce Fuzio - ha convinto i responsabili delle competenti strutture ministeriali a incontrare domani i dirigenti degli uffici di Campobasso”. Presidente Tribunale Campobasso: condizioni più umane e risparmi “Abbiamo avviato la sperimentazione del braccialetto elettronico da due mesi, prima che il ministro della Giustizia ne parlasse, e sta andando bene, sinora non c’è stata nessuna violazione”. Non nasconde la sua soddisfazione il presidente facente funzioni del tribunale di Campobasso Enzo Di Giacomo. È grazie a lui che una delle regioni più piccole d’Italia ha oggi il record di braccialetti attivi (6 sui 9 in funzione in tutto il Paese, a fronte di circa 440 inutilizzati e di appena altri 10 usati in passato). Uno strumento in cui crede moltissimo: “se si superano alcuni problemi si potrebbe avviare una grande riforma: far del carcere ciò che Basaglia fece dei manicomi”. Il che vuol dire “far scontare le pene non più nelle tragiche condizioni in cui sono le carceri, ma ai domiciliari, tranne che per i reati più gravi”. Con risultati notevoli: “migliori garanzie per i diritti umani, migliore tutela della sicurezza della collettività, e un risparmio notevolissimo per lo Stato”, non solo in termini di vitto e alloggio per i detenuti, ma anche di minori controlli e la possibilità di adibire gli agenti della polizia penitenziaria ad altri servizi. Per ora invece il braccialetto si può utilizzare soltanto per chi è sottoposto a misure di custodia cautelare, cioè è ancora in attesa di giudizio e solo quando non sussiste il pericolo di fuga. E il detenuto viene controllato 24 ore su 24 con telecamere installate nella sua abitazione e collegate a un monitor centrale a Roma e ad un altro operativo presso le forze dell’ordine locali. Ma con alcuni accorgimenti tecnici sarebbe possibile, secondo Di Giacomo, estenderne l’applicazione. “Il braccialetto, ma in realtà si tratta di una cavigliera, è fatta di caucciù; quindi può essere tagliato. Se invece fosse rigido e se al monitoraggio che oggi riguarda solo l’abitazione si sostituisse il controllo satellitare, sarebbe possibile applicarlo nei casi di pericolo di fuga e persino dopo la condanna, al posto del carcere per i reati meno gravi”. Questioni che domani Di Giacomo, con il procuratore di Campobasso Armando D’Alterio, sottoporrà al vice capo di gabinetto del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Simonetta Matone. Resta il problema dei costi: 11 milioni di canone annuo, che lo Stato paga alla Telecom in forza di un contratto sottoscritto nel 2003 e che scade a fine anno, sono tanti. “Ma mi hanno spiegato che quelle cifre sono servite a creare la rete in tutta Italia e che ora i costi dovrebbero essere minori, tra gli 8 e i 10 euro al giorno per braccialetto. E poi la spesa si potrebbe ridurre eliminando il monitoraggio centralizzato”. Il presidente del tribunale spera che non ci si fermi adesso e lo fa pensando soprattutto ai detenuti in attesa di giudizio. “Così si evita che nelle attuali condizioni di sovraffollamento siano in cella con i condannati a pena definitiva e spesso costretti a subire violenza. Non dimentichiamo che una buona percentuale di loro alla fine del processo viene assolta, ma quella brutta esperienza resterà tutta la vita. Che diremmo se capitasse a uno di noi o a un nostro figlio?”. Giustizia: situazione carceri è da denuncia; i direttori chiedono incontro urgente al ministro Comunicato stampa, 13 dicembre 2011 I direttori penitenziari del Si.Di.Pe. minacciano di ricorrere agli organismi internazionali per denunciare il grave stato in cui si trova il sistema carcerario e chiedono di essere ricevuti dal ministro. Si trasmette la lettera allegata, auspicando che dalla stessa, già inviata al Gabinetto del Sig. Ministro della Giustizia, il mondo dell’informazione tragga utili notizie per spiegare la grave situazione nella quale si trovano ad operare i dirigenti degli istituti penitenziari e degli uffici dell’esecuzione penale esterna, che reclamano da ormai troppo tempo un effettivo impegno della politica e delle istituzioni verso il mondo delle carceri, preoccupati come sono che esso possa esplodere determinando conseguenze inimmaginabili e drammatiche. Il Si.Di.Pe., dopo ampio dibattito all’interno della segreteria nazionale e con il conforto della presidenza, è giunto alla conclusione di rompere ogni indugio e di avviare ulteriori iniziative, finalizzate ad interessare pure gli organismi di tutela internazionale affinché, nella individuazione delle responsabilità di coloro con la propria indifferenza o apparente attenzione hanno favorito il peggioramento della situazione carceraria, non si imputino ai direttori penitenziari le responsabilità che ad essi non appartengano, così come non sarebbe giusto considerarli contigui e/o complici di un sistema che ha fatto dell’eccezionalità la regola, della precarietà la costante. Il Si.Di.Pe., nel contempo, vorrebbe pure contribuire ad aiutare il nuovo Ministro, Avv. Prof. Severino, ed il Capo del Dap, Pres. Ionta, a trovare una via d’uscita, ma anche quest’ultimi devono comprendere che non si può chiedere senza dare il dovuto. Sono ben sei anni che i dirigenti penitenziari aspettano il loro primo contratto di lavoro di diritto pubblico, non vengono fatte assunzioni di nuovi direttori da oltre 3 lustri, il personale penitenziario è stanco, umiliato e demotivato mentre, per il converso, sale fortissima la tensione tra la popolazione detenuta. Solo grazie al senso di responsabilità di tutti gli operatori penitenziari il sistema riesce ancora a tenere, ma esso ha bisogno di straordinari e tempestivi interventi di manutenzione. Se l’attenzione i direttori e dirigenti penitenziari non la troveranno dentro i confini nazionali, sono ormai pronti a chiedere le necessarie tutele e chiarire i contorni delle responsabilità in ambito internazionale ed europeo. Servitori sì, complici no. La Segreteria Nazionale Si.Di.Pe. Giustizia: Umberto Veronesi; riempire così le prigioni è una perversione del potere dello Stato Adnkronos, 13 dicembre 2011 “Bisogna smettere di cavalcare il riformismo ipocrita che vuole costruire nuove carceri e migliorare quelle esistenti. Bisogna invece diminuire il numero dei carcerati, assicurando lo svolgimento dei processi entro tempi certi, e applicando molto di meno la pena detentiva. Resteranno in giro più delinquenti? Forse. Ma riempire le prigioni è, a mio parere, una perversione del potere dello Stato”. Lo sostiene Umberto Veronesi, nella sua consueta rubrica sul settimanale Oggo, in edicola da domani. Analizzando la situazione nelle carceri italiane, l’oncologo parla di “disumane condizioni di affollamento”, e denuncia: “Non c’è da meravigliarsi dell’alto numero di suicidi e di tentati suicidi, o degli oltre cinquemila atti di autolesionismo all’anno”. “Poi ci sono, numerosissimi, gli ammalati - rimarca Veronesi - curati poco e male. Tubercolosi, Aids, epatite virale e gonorrea sono all’ordine del giorno. Le prigioni sono orrende incubatrici che diffondono il contagio anche ai detenuti entrati sani. Tanto per capire - conclude - in carcere si ha una probabilità trenta volte superiore alla media di ammalarsi di Tbc”. Giustizia: Ugl; “codice rosso” per la Polizia penitenziaria, domani a Roma conferenza stampa Italpress, 13 dicembre 2011 Si terrà domani alle 10.30 presso la sede della Confederazione in via Margutta 19, la conferenza stampa dell’Ugl Polizia Penitenziaria, durante la quale verranno presentati i dati elaborati dalla segreteria nazionale, che evidenziano i numerosi disagi delle carceri, e le proposte che la Ugl intende sostenere per un nuovo modello di istituto di pena più funzionale. Alla conferenza stampa parteciperanno il segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella, il segretario nazionale Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, e alcuni rappresentanti dell’Osservatorio scientifico nazionale dell’Ugl. La segreteria nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria descriverà, con il supporto di un video, i dati sul sovraffollamento, le carenze strutturali, l’insufficienza di risorse umane, i continui tagli al comparto, il blocco del turn over. “Dati molto significativi - spiega il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, - come quelli relativi ai pensionamenti del 2011: su 1027 unità, solo 219 sono andate in pensione per limiti di età e a domanda, mentre ben 673, oltre il 65 per cento, per infermità dipendenti dal servizio. Inoltre, la Polizia Penitenziaria è costata allo Stato dal 2009 al 2011 quanto costava mediamente nel 2001-2002, a fronte però di un numero di detenuti che è passato da circa 54mila del 2001 a 67.174 del 2011”. Le proposte che presenterà l’Ugl “sono caratterizzate dall’economicità e dalla veloce realizzazione e riguardano, nello specifico, la riqualificazione delle carceri con un nuovo progetto organizzativo - si legge in una nota; l’introduzione di clausole di garanzia per quanti svolgono attività sindacale; un maggior ricorso alle videoconferenze per ridurre traduzioni e costi connessi; la riqualificazione, attraverso nuovi modelli di assistenza, degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari; misure alternative alla detenzione e all’accesso in carcere per pene brevi e reati di lieve allarme sociale; allineamento degli appartenenti al Corpo con gli omologhi delle altre forze di Polizia”. Lazio: assistenza psicologica gratuita per gli agenti della Polizia penitenziaria Il Velino, 13 dicembre 2011 Per la prima volta nel Lazio verrà attivato un servizio di assistenza psicologica aziendale a sostegno degli agenti penitenziari impiegati nelle carceri di Roma, Viterbo, Velletri, Frosinone e Civitavecchia. Questo, grazie al parere favorevole espresso all’unanimità dalla commissione Risorse umane e Affari istituzionali del Consiglio regionale rispetto ad uno schema di delibera licenziato dalla giunta lo scorso 2 dicembre. Si tratta di un progetto sperimentale di counseling, finanziato con 100 mila euro, che favorirà l’incontro del personale di polizia penitenziaria con specialisti della salute mentale (psicologi, psicoterapeuti, medici psichiatri) attraverso la creazione di uno spazio individuale di ascolto e di confronto, a fronte di un tipo di lavoro particolarmente caratterizzato da episodi di stress e di burnout (affaticamento mentale, modificazioni dell’umore, disturbi psicosomatici e del sonno). “Si tratta di un aiuto concreto che va a rafforzare la vicinanza e la solidarietà che da sempre esprimiamo nei confronti dei tutori dell’ordine nelle carceri laziali - ha commentato il presidente della commissione, Stefano Galetto (Pdl). È un servizio che la Regione metterà gratuitamente a disposizione delle circa 2.500 unità di polizia penitenziaria impiegate sul territorio, secondo opportune segnalazioni delle strutture di appartenenza e tenendo ben presenti i rischi legati allo stress lavoro-correlato determinati dalla durezza delle mansioni svolte e dal sovraffollamento delle nostre case circondariali”. Il progetto ha incassato il parere favorevole anche del Garante dei detenuti, Angiolo Marroni. La commissione ha inoltre approvato a maggioranza lo schema di delibera n. 80 (del 22 novembre 2011) concernente il finanziamento a interventi proposti dall’Osservatorio tecnico scientifico per la sicurezza e la legalità, per un importo complessivo di 79.500 euro. Si tratta, nello specifico, di quattro distinti progetti: progetto informativo su dipendenze e bullismo e per la promozione di uno stile di vita sano e sicuro, proposto dall’associazione Ara Macao (20 mila euro); programma di sicurezza a cura dell’Agenzia Giornalistica Televisiva Italiana (20 mila euro); progetto di educazione alla legalità, proposto dall’Unione forense per la tutela dei diritti umani (19.500 euro); progetto “Mi diverto sicuro”, il cui soggetto attuatore è “Fiumicino Tributi” (20 mila euro). I consiglieri di opposizione Giuseppe Parroncini e Bruno Astorre (del Pd) si sono astenuti, chiedendo maggiori chiarimenti sull’evidenza pubblica data finora al provvedimento, nonché sulla ragione sociale di alcuni soggetti attuatori. Cagliari detenuto 25enne s’impicca in cella; in una settimana è secondo suicidio a Buoncammino Agi, 13 dicembre 2011 A poche ore dalla visita del ministro della Giustizia Paola Severino e del Capo del Dipartimento Franco Ionta, un detenuto algerino si è tolto la vita, questa notte, nel carcere cagliaritano di Buoncammino. Feres Chabachb, 25 anni, si è impiccato nella propria cella del centro clinico. Lo ha reso noto il segretario generale della UIL Penitenziari, Eugenio Sarno nel sottolineare che “sia il personale di polizia penitenziaria sia quello sanitario sono intervenuti con immediatezza” ma purtroppo ogni “tentativo di soccorso è stato vano”. Si tratta del secondo suicidio, dopo quello di Monica Bellofiore, avvenuto a Cagliari nel 2011, mentre il totale nazionale dei suicidi in cella sale a 62. Sarno torna sulla condizioni dell’istituto di pena cagliaritano, ricordando come il sindacato ne aveva già dato un giudizio di inadeguatezza. “Più volte - denuncia - i vari livelli della Uil Penitenziari hanno segnalato come l’Istituto del capoluogo sardo non sia in grado di tollerare una grave situazione di sovraffollamento. Al Buoncammino sono presenti 540 detenuti, a fronte di una capienza di 324 ( 67% indice di affollamento). Ad aggravare la situazione lo stato di degrado della struttura e la carenza organica del personale di Polizia Penitenziaria, con 54 agenti in meno rispetto alla tabella decretata”. Abbiamo molto apprezzato - prosegue Sarno - il giudizio sulla competenza e sulla professionalità dei baschi blu in servizio a Cagliari formulato dal ministro Severino dopo la sua visita”. Le parole del Guardasigilli “rendono giustizia ai sacrifici quotidiani che le nostre donne e i nostri uomini debbono affrontare in tutte le realtà penitenziarie del Paese in condizioni di oggettiva difficoltà. Proprio queste condizioni di lavoro - sottolinea il sindacalista dovrebbero essere parte importante di quell’incontro che continuiamo a chiedere al ministro Severino”. “Il possibile precipitare della situazione, come dimostrano le proteste delle ultime ore a Parma, Ancona e Monza - incalza Sarno - non deve trovarci impreparati. Purtroppo si deve avere coscienza e consapevolezza del fatto che la polizia penitenziaria non dispone dei mezzi e delle risorse per affrontare in sicurezza e con efficacia eventi critici straordinari. Così come occorre affrontare, in tempo e con intelligenza, la questione delle carenze organiche”. “L’ottimale - secondo il segretario generale del Sappe - sarebbe giungere ad una loro revisione. Basta ricordare che nel 2001, quando fu decretato l’organico del Corpo, erano in servizio circa 42 mila unità con 45 mila detenuti presenti. Oggi con 68mila detenuti e una decina di nuovi istituti aperti il contingente della polizia penitenziaria non supera le 38mila unità: questo impone scelte razionali e condivise. Per questo - conclude Sarno - auspichiamo che il Dipartimento voglia costituire quanto prima il tavolo di confronto sull’assegnazione dei circa mille agenti penitenziari che tra qualche giorno si avvieranno al corso di formazione”. Socialismo Diritti Riforme: rischio prevalga la disperazione “Il nuovo suicidio nel carcere cagliaritano di Buoncammino conferma, purtroppo, il profondo disagio e la grave difficoltà a far prevalere la speranza sulla disperazione nelle strutture penitenziarie. Il gesto di un ragazzo di 25 anni, extracomunitario, solo, con problemi psichici, trasferito dal Cpsa (Centro Primo Soccorso Accoglieza) di Elmas evidenzia palesemente le falle di un sistema non più accettabile. Un evento tragico che rischia, peraltro, di degenerare in una negativa sequenza”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” sottolineando che “neppure il gesto di umana solidarietà della Ministra della Giustizia Paola Severino e del Capo del Dipartimento Franco Ionta riservato a Cagliari possono frenare l’onda di insostenibile sfiducia nelle Istituzioni dei cittadini privati della libertà”. “Il peso di questo nuovo imprevedibile suicidio - aggiunge Caligaris - è particolarmente grave perché riguarda una persona senza famiglia, senza amici, senza nulla. Una persona simbolo della quotidiana esistenza di tanti immigrati giunti in Italia con la speranza di trovare un’esistenza dignitosa e finiti invece in una struttura non in grado di accogliere il loro vissuto”. “Chabachb Feres è il simbolo - conclude la presidente di Sdr - dell’Italia che non è capace di garantire i diritti”. Taranto: detenuto di 40 anni muore in cella, disposta l’autopsia per accertamento cause Ansa, 13 dicembre 2011 L’autopsia chiarirà le cause della morte di un uomo di 40 anni avvenuta stamani nel carcere di Taranto dove era detenuto dal 2009. La morte sarebbe avvenuta - secondo quanto si ipotizza dai primi accertamenti medico-legali - per cause naturali. Lo rende noto il vicesegretario nazionale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp, Domenico Mastrulli. Il detenuto morto è V.A., di Bari, che pare sia un ex collaboratore di giustizia. L’uomo sarebbe uscito dall’istituto di pena di Taranto nel 2024. “Ecco ci risiamo, anche se si parla di una ennesima morte naturale, il decesso del detenuto evidenzia ancora una volta la situazione di disagio che si vive nelle carceri italiane. Nel carcere di Taranto - scrive Mastrulli - i detenuti sono stipati, ammassati con letti a castello che raggiungono in alcuni casi il soffitto e in strutture che per l’Osapp sono da sottoporre ad urgenti lavori di ristrutturazione”. Così come - denuncia l’Osapp - sta crescendo in questi giorni la protesta dei 727 detenuti di Foggia, un carcere “che regolamentarmene dovrebbe contenere al massimo 371 persone”. Ancona: dopo proteste dei detenuti rimossi direttore e comandante della Polizia penitenziaria Agi, 13 dicembre 2011 Rimossi dagli incarichi di direttrice del carcere di Montacuto Santa Lebboroni e di comandante della polizia penitenziaria, giunto solo pochi giorni fa, Gerardo D’Errico. La decisione, secondo quanto si apprende da fonti qualificate, è stata presa questo pomeriggio dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. La Lebboroni e D’Errico si trovano ora a disposizione del Provveditorato regionale in attesa delle valutazioni del Dap per eventuali nuove destinazioni. Le decisioni - spiegano le stesse fonti - sono conseguenti alla rivolta da parte dei detenuti avvenuta nella casa circondariale anconetana lo scorso venerdì quando alcuni nordafricani diedero fuoco ad alcune lenzuola in segno di protesta per il sovraffollamento e per il mancato funzionamento del riscaldamento. Bologna: protesta in carcere, i detenuti hanno fatto esplodere alcune bombolette del gas Apcom, 13 dicembre 2011 Oggi pomeriggio la proteste dei detenuti svolti in varie case circondariali del paese ha coinvolto anche il carcere di Bologna nel reparto giudiziario, in cui si trovano ristretti coloro che sono in attesa di giudizio, in cui i reclusi hanno anche fatto esplodere alcune bombolette del gas, dopo aver battuto per circa cinque minuti oggetti vari contro le inferriate. A Bologna nel reparto giudiziario ci sono più di 800 detenuti, la maggior arte dei quali stranieri. Complessivamente, nel penitenziario, ci sono circa 1200 detenuti, dei quali circa 300 sono tossicodipendenti. Mancano circa 200 agenti: dei 570 previsti ce ne sono solo 370. Arezzo: mentre il sistema penitenziario scoppia, il carcere è stato chiuso per ristrutturazioni www.arezzonews.it, 13 dicembre 2011 Erano presenti alla conferenza stampa organizzata dai sindacati, gli onorevoli Fabio Evangelisti (vice capogruppo Idv alla Camera), Donella Mattesini (Pd) e Donatella Poretti (Radicali), Vincenzo Ceccarelli, Marco Manneschi, il presidente del Tribunale di Arezzo, la pm Ersilia Spena, il giudice Gianni Fruganti, l’ordine degli avvocati con Domenico Capalbo e i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil. Quella del carcere di Arezzo è stata una chiusura anomala. Al momento i lavori sono fermi e non si sa se ripartiranno, ma soprattutto no si sa se ci sono ancora i soldi. In Toscana ci sono istituti che si trovano in condizioni peggiori di questo, ma che tuttavia sono ancora aperti. Ad Arezzo ci sono circa tre arresti al giorno. E il trasporto di questi in carceri diversi, comporta un gran dispendio di energia e di carburante. Soprattutto comporta turni di lavoro pesantissimi. Ed anche per gli avvocati la situazione è pesantissima. Una vocina però sussurra che la situazione potrebbe presto cambiare. Il ministero infatti, pressato da una situazione ormai insostenibile in tutto il sistema, sta pensando di riaprire Arezzo almeno parzialmente, così com’è adesso, coi lavori a metà e tutto il resto. A volte mi chiedo perché i lavori non si affidano ai detenuti più capaci in cambio di uno sconto di pena. Si otterrebbe un risultato multiplo: economico, civile (nel senso di recupero) e logistico (si libererebbe prima qualche posto). Sulla situazione aretina sono state presentate interrogazioni dai politici locali. “Proprio nei giorni scorsi - afferma Mattesini - ho presentato una mozione sulla situazione del nostro carcere”. Reggio Emilia: Sappe; internato all’Opg fugge durante il permesso premio Il Resto del Carlino, 13 dicembre 2011 Un detenuto dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio ha approfittato di un’uscita insieme a due volontari per dileguarsi. Doveva restare soggetto a misure di sicurezza fino al 2023. Era la prima volta che lasciava la struttura detentiva di via Settembrini. Detenuto all’Opg per omicidio e tentato omicidio, durante un permesso premio è sfuggito alla sorveglianza di due operatori sanitari volontari che lo accompagnavano e si è dileguato. È successo oggi. Protagonista della fuga un algerino di 45 anni, arrivato alcuni anni fa da carceri lombarde perché colpito da una malattia psichica. Avrebbe dovuto restare sotto misura di sicurezza all’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio fino al 2023. Oggi per la prima volta aveva avuto il nulla-osta per uscire accompagnato dai due volontari. Pare che fosse diretto a un centro commerciale per effettuare alcuni acquisti natalizi, quando è fuggito, salendo su un’auto su cui c’era probabilmente qualcuno ad aspettarlo. Trattandosi di persona seminferma di mente non si configura come un’evasione alla luce del codice penale, ma il fatto ha creato sconcerto. Il detenuto, a Reggio da vari anni, aveva sempre avuto un comportamento irreprensibile e questa era un test di fiducia nei suoi confronti. Una prova finita male. Un episodio increscioso - lo definisce Michele Malorni, segretario del Sappe, sindacato di polizia penitenziaria - che non inficia però la pratica dei permessi ai detenuti, che avviene quotidianamente, utile sia al loro percorso di recupero che a stemperare la situazione di sovraffollamento del carcere reggiano e dell’Opg. Roma: cappellano Rebibbia; in Papa dirà ai detenuti “la Chiesa è con voi” Agi, 13 dicembre 2011 “È importante che, in un tempo in cui i detenuti sono praticamente abbandonati dalle istituzioni, perché ci sono altri problemi, perché non ci sono risorse, la Chiesa, nella sua espressione più grande che è il Papa, venga qui per dire noi siamo con voi”. Lo afferma ai microfoni della Radio Vaticana il cappellano del carcere di Rebibbia, don Pier Sandro Spriano, che ha tenuto bene a chiarire che la visita di Benedetto XVI all’Istituto di pena romano, in programma domenica prossima, rappresenta “una visita pastorale e soprattutto per fare sentire che la Chiesa è vicina”. E questo anche se, non nega don Spriano, esiste in molti la speranza che “la visita possa anche preludere ad un gesto che convinca i politici a fare qualche cosa di urgente per sanare l’attuale sovraffollamento incredibile, che abbassa la dignità di tutti”. Come è noto, il Papa risponderà nella Cappella del carcere ad alcune domande dei detenuti. “Ne abbiamo raccolte tante”, rivela il sacerdote ricordando che “le domande di detenuti poi verranno selezionate per il dialogo che avverrà con il Papa”. “Tanti, a differenza di quello che si può pensare fuori, hanno fatto - assicura don Spriano - domande davvero cariche di spiritualità, non cosa mangia il Papa tutti i giorni, e quindi poi lo sentiremo domenica e questa è una preparazione forte”. Intanto, ha raccontato il cappellano, “ci sono tanti detenuti che collaborano con noi per imbiancare, per mettere fiori, per poter creare un ambiente dignitoso alla vista di quest’uomo che rappresenta Gesù in mezzo a noi. Tutti quanti sono coinvolti e tutti stanno facilitando in maniera forte questo evento”. Roma: a “Evasioni Romane” i prodotti dei detenuti per il Natale Ristretti Orizzonti, 13 dicembre 2011 Si è tenuta questa mattina presso la Sala Carroccio del Campidoglio la conferenza stampa di presentazione di “Evasioni Romane”, la manifestazione promossa dal Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, Filippo Pegorari, dall’assessore capitolino all’Ambiente, Marco Visconti, e dall’associazione di promozione di economia carceraria “Recuperiamoci”, diretta da Paolo Massenzi. Presente alla conferenza il Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, Maria Claudia Di Paolo. “Evasioni Romane” si terrà a Roma in piazza Mastai dal 17 al 31 dicembre 2011 (orario di apertura 10.00-22.00) e vedrà coinvolte 35 cooperative sociali operanti nel settore penitenziario che provvederanno alla vendita di prodotti realizzati dai detenuti, tra cui vini, formaggi, dolci, panettoni, libri, mosaici, pelletteria. La manifestazione, che ha ottenuto il patrocinio degli assessorati all’Ambiente e allo Sport di Roma Capitale, della Provincia di Roma, dell’assessorato agli Enti Locali e Sicurezza della Regione Lazio, dell’AMA e dell’Ente Roma Natura, è fortemente sostenuta da Ugo Cassone, Presidente IX Commissione Consiliare Permanente Commercio, Artigianato, Attività Produttive di Roma Capitale, e da Domenico Naccari, delegato del sindaco per i Rapporti con le Comunità Regionali presenti a Roma. “Evasioni Romane è una sorta di mostra-mercato ed è la prima manifestazione nel suo genere che si svolge a Roma. Il suo obiettivo è quello di portare lavoro a persone disagiate e di avvicinarle alla gente, realizzando così concretamente quel progetto costituzionale che parla di rieducazione del detenuto”. Lo ha dichiarato il Garante dei Detenuti, Filippo Pegorari, che ha poi continuato: “I prodotti che saranno esposti negli stand sono stati realizzati in carcere dai detenuti sotto la guida di esperti agronomi e veterinari, e non soffrono la concorrenza perché la loro qualità è davvero alta”. Pegorari ha tenuto quindi a precisare che “le istituzioni sono vicine alle persone disagiate”, ma che ora “occorre che anche l’opinione pubblica si avvicini a un concetto nuovo di detenzione. Del carcere infatti non si sa nulla e la maggior parte delle persone lo paragona ancora a un girone infernale, quando invece i detenuti non sono mostri ma solo persone che hanno sbagliato”. Per l’assessore Marco Visconti “la città deve sapere cosa accade dentro gli istituti di pena e i detenuti vanno aiutati. La scorsa settimana abbiamo consegnato 10 pecore da latte al carcere Femminile di Rebibbia per ricordare alle detenute che le istituzioni sono vicine a loro, ma i progetti che abbiamo in cantiere sono ancora molti e uno dei prossimi riguarderà la raccolta differenziata all’interno di Rebibbia grazie all’aiuto di Legambiente”. “Con questo progetto intendiamo far vedere alle persone quello che di buono succede in carcere e dimostrare che, accanto alle ombre, negli istituti di pena esistono anche tante luci”, ha dichiarato Paolo Massenzi dell’associazione “Recuperiamoci”. “Il lavoro in carcere è un aspetto estremamente importante - ha aggiunto Massenzi - e su 68mila detenuti ne lavorano ancora pochi, ovvero 14mila. La nostra intenzione è dunque quella di mettere in rete e di far dialogare tra loro le diverse Cooperative che si occupano di lavoro per i detenuti”. Si è detta rallegrata il Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, Maria Claudia Di Paolo, del fatto che “molte Cooperative abbiano deciso di partecipare a Evasioni Romane e sono contenta perché i 35 stand saranno allestiti in Piazza Mastai, un luogo significativo per i detenuti perché si trova nel cuore di Trastevere. Quella piazza rappresenterà quindi per loro un’occasione diversa per uscire dalla detenzione”. Il Provveditore ha infine aggiunto che “bisognerebbe arrivare a capire che non c’è nulla di eccezionale in questa manifestazione perché in carcere si produce esattamente come avviene fuori nella società e che c’è del buono anche in quelli che sono considerati i separati”. La cerimonia d’inaugurazione di “Evasioni Romane” si terrà il prossimo 17 dicembre alla presenza del Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e avverrà sulle note dell’Inno Nazionale con lo sbandieramento del Tricolore realizzato dalle mamme e dalle moglie dei detenuti. Egitto: carcere per due giornaliste che hanno “offeso” un imam musulmano Nova, 13 dicembre 2011 Un tribunale del Cairo ha condannato al carcere due giornaliste per aver “offeso” l’imam islamico Youssif al Badri, che nel 2009 aveva presentato denuncia contro le due donne per averlo criticato in una serie di articoli sulla la loro rivista indipendente “al Fajr”. Il direttore della rivista stato condannato al pagamento di una sanzione di 5 mila sterline egiziane (circa 600 euro). Le due giornaliste, condannate con sospensione della pena, sono Fatima Zahra Mohammed e Sali Hassan. “Incarcerare giornalisti in un paese che si ribellato per ottenere la libertà è inaccettabile”, stato il giudizio espresso in una nota dalla “Rete araba per i media”, riporta la tv satellitare “al Jazeera”. Grecia: detenuti Korydallos in rivolta liberano 4 ostaggi, almeno 15 restano nelle loro mani La Presse, 13 dicembre 2011 I detenuti del carcere greco di Korydallos, il maggiore del Paese, hanno rilasciato quattro delle almeno 15 persone prese in ostaggio dopo un tentativo di fuga fallito. Si tratta di quattro donne. Lo ha riferito Frangiskos Ragoussis, avvocato del detenuto Panagiotis Vlastos e di altri membri del gruppo anarchico armato Cospirazione dei nuclei di fuoco. Il legale ha detto che gli ostaggi sono 25, ma secondo la polizia sarebbero 15. Gli ostaggi sono stati presi durante l’orario di visita, dopo un tentativo fallito di fuga da parte di un omicida e di membri di un gruppo anarchico. Parlando all’esterno del carcere, il legale ha detto ai giornalisti che gli è stato impedito di entrare per incontrare i suoi clienti. Usa: prigione trasformata in caserma per veterani detenuti Ansa, 13 dicembre 2011 Ogni giorno partecipano alla cerimonia dell’alzabandiera, ma non c’è nessuno a lucidargli le scarpe. E invece dell’uniforme indossano la tuta blu dei carcerati. In Florida si sta ripensando al trattamento dei veterani che si trovano dietro le sbarre, per favorire il loro reinserimento nella società e contrastare allo stesso tempo il pericolo di azioni recidive. Le autorità statali hanno approvato un programma che prevede la creazione in cinque prigioni della Florida di dormitori separati per gli ex militari a cui rimangono da scontare non più di tre anni dietro le sbarre. I veterani mangiano con gli altri detenuti e sono sottoposti alle stesse regole per quanto riguarda le visite dei parenti e le telefonate, mentre il resto della giornata è scandito più o meno dai ritmi che avevano quando erano arruolati. “Vogliamo riportare un senso di orgoglio e disciplina e aiutare gli ex militari a reinserirsi nella società”, ha dichiarato Jeffrey Trovillion, direttore del carcere Correctional Sumter. Egitto: da caduta Mubarak liberati 12.000 detenuti politici Agi, 13 dicembre 2011 Dallo scorso febbraio, in concomitanza con la caduta del regime di Hosni Mubarak, in Egitto sono stati scarcerati oltre dodicimila prigionieri politici: lo ha rivendicato il neo-primo ministro Kamal al-Ganzouri, citato dall’agenzia di stampa ufficiale Mena. Ganzouri ha precisato che in tutto sono stati finora liberati 12.103 detenuti, mentre in prigione ne rimangono 68, tra i quali 48 che hanno già ricevuto una sentenza di condanna, mentre la legge in materia di emergenza in vigore da decenni permette di imprigionare i sospetti a tempo indeterminato senza nemmeno muovere loro accuse formali, e di farli condannare a dure pene detentive anche senza seguire le ordinarie procedure giudiziarie. Mubarak l’anno scorso aveva alleggerito il campo di applicazione di tale normativa, circoscrivendolo soltanto ai casi di terrorismo e di traffico di sostanze stupefacenti. È stata mantenuta anche dal Supremo Consiglio delle Forze Armate, al potere dopo la fuga del Rais, che ne ha anzi ampliato la portata, estendendola a scioperi e altre manifestazioni sindacali. Almeno in teoria, però, non si dovrebbe più applicare ai reati di opinione. Kirghizistan: detenuti in sciopero fame per protestare contro stop a incontri con prostitute Tm News, 13 dicembre 2011 L’abbassamento della qualità delle condizioni carcerarie è stato troppo brusco e i detenuti hanno deciso di avviare uno sciopero della fame. È accaduto in Kirghizistan e a innescare la protesta è stato un provvedimento della direzione affari penitenziari di Bishkek: il divieto di ricevere prostitute in cella. “I detenuti di sette prigioni rifiutano di prendere il loro pasto”, ha spiegato il portavoce della direzione Joldoshbek Buzurmankulov. “Le azioni di protesta - ha continuato - sono legate all’introduzione recente di una limitazione relativa alle visite”. Il riferimento è un nuovo regolamento che limita la possibilità di visita ai soli parenti. “Per legge, i detenuti hanno il diritto di ricevere la visita dei loro parenti e di altre persone. Ma, con la definizione altre, loro portavano prostitute nelle prigioni”, ha precisato il portavoce.