Giustizia: ipotesi e dati sul sovraffollamento carcerario. Che fare? di Sandro Padula Ristretti Orizzonti, 13 aprile 2011 Il 12 aprile, polemizzando con l’onorevole Granata di Fli sul tema del sovraffollamento carcerario, il responsabile nazionale dell’ordinamento penitenziario per il Pdl Luigi Vitali ha rilasciato una dichiarazione all’agenzia di stampa Il Velino secondo cui “il governo non è stato assolutamente in silenzio sul problema ma anzi lo ha affrontato come mai negli ultimi 20 anni varando un piano carceri con una provvista di un miliardo e quattrocento milioni di euro (800 dei quali già disponibili). Inoltre ha varato l’assunzione straordinaria di 1.000 unità di agenti della polizia penitenziaria e realizzato, sino ad oggi, 10.000 nuovi posti” nelle carceri. In realtà, negli ultimi 20 anni e soprattutto in quelli a noi più vicini, i governanti hanno fatto a gara nel promuovere le misure legislative dalle quali è stata prodotta la drammatica situazione di sovraffollamento carcerario. Dispendiose e populistiche leggi di repressione e carcerizzazione, ad esempio la ex Cirielli, la Fini-Giovanardi sulle droghe e la Bossi-Fini sull’immigrazione, hanno provocato il più colossale numero di persone detenute dallo Stato italiano e quindi, se la causa principale del sovraffollamento carcerario affonda le proprie radici nelle più infauste leggi liberticide realmente esistenti, è assurdo pensare che tale problema possa essere risolto senza neanche rimuoverne i fattori scatenanti. In questo senso, mentre è inutile spendere soldi per costruire nuove carceri, più o meno d’oro, per altro in una congiuntura di crisi economica e finanziaria, risulta indispensabile lanciare un piano strategico, di ampio respiro e molto meno dispendioso, di decarcerizzazione: eliminare le leggi più liberticide (come quelle sopra ricordate), rendere automatici e maggiori i benefici della legge Gozzini e aumentare le spese - oggi ridotte a quote insignificanti - per la risocializzazione delle persone detenute e la riqualificazione di tutto il personale dell’amministrazione penitenziaria. Nell’immediato, stante il centocinquantenario dello Stato italiano, le autorità di una Repubblica democratica dovrebbero comportarsi meglio rispetto ai capi delle passate monarchie. Come minimo dovrebbero proporre un’amnistia generale per i reati minori e per gli “anni di piombo” ma sappiamo che l’attuale clima politico non aiuta molto a ragionare col cervello, in modo costruttivo e con il massimo rispetto della dignità altrui. Viviamo tempi duri, difficili, nel corso dei quali è un vero e proprio miracolo riuscire a far emergere, al posto dei pregiudizi e delle polemiche inutili, l’analisi concreta della realtà concreta. A tale proposito, è difficile trovare delle prove sufficienti a suffragio di tutte le affermazioni sopra citate di Luigi Vitali. È vero che una legge promossa di recente dal ministro Alfano, pur non “svuotando” quasi per nulla le carceri, ha ricevuto il plauso della maggioranza della popolazione detenuta e dei garantisti. È sempre meglio una piccolissima legge libertaria a tante belle chiacchiere. D’altra parte, fino a prova contraria, non risulta che ci siano mille unità di agenti di polizia penitenziaria in più e 10 mila nuovi posti nelle carceri. Stando alle dichiarazioni ufficiali di Alfano del gennaio 2010, i nuovi agenti da inserire nell’organico avrebbero dovuto essere 2 mila - e non mille - ma nel frattempo non ci sono state nuove assunzioni, o almeno non si vedono nelle carceri, ed è cresciuta la cifra del sottorganico. Quest’ultima, secondo stime presentate da un’organizzazione sindacale di polizia penitenziaria, sarebbe di oltre 5 mila unità (vedasi: “Carceri sovraffollate: i vertici del Sinappe rilanciano l’allarme”, Gazzetta del sud del 22.10.2010). Probabilmente il deficit è anche maggiore. Il 28 gennaio 2011 sono scesi in piazza a Milano gli agenti di polizia penitenziaria della Lombardia per protestare contro un sottorganico regionale di circa 1200 unità, la carenza di circa 200 operatori civili (fra educatori, assistenti sociali, psicologi e amministrativi) e il sovraccumulo delle mansioni. Di fatto gli agenti di Polizia Penitenziaria debbono svolgere anche il ruolo, non “riconosciuto”, di presidio medico, psicologo e rieducativo. Sanno sulla propria pelle che i loro problemi, così come quelli dei detenuti, derivano da sgangherate scelte politico-legislative e sono coscienti della circostanza per cui il ritmo di aumento della popolazione detenuta è troppo alto rispetto al ritmo di crescita della capienza “regolamentare” delle carceri. Secondo i dati ufficiali del Ministero della Giustizia - Dap elaborati dal Centro Studi di Ristretti Orizzonti, dal maggio 2009 al marzo 2011 la capienza “regolamentare” delle carceri è passata da 43.215 a 43659 posti e il numero dei detenuti ha subito un’ulteriore crescita: da 62.057 a 67318. Il vero problema è conoscere, a monte, le cause di questa eccessiva sproporzione, facendole capire bene a tutte le forze politiche, e non solo quello di agire, a valle, sugli effetti che ne derivano. Servono, in definitiva, attività scientifiche per affrontare i problemi e scienze particolarmente equilibrate ed eque rispetto ai temi, di per sé delicatissimi, della giustizia. Giustizia: Sindaci sceriffi? La sicurezza nelle nostre città non ha bisogno di leggi speciali di Ennio Fortuna Il Gazzettino, 13 aprile 2011 Quando nel 2008 il ministro Maroni annunciò in tono trionfale che era imminente una fase nuova dell’amministrazione locale in cui sindaci e presidenti di Provincia, avrebbero potuto provvedere con fino ad allora sconosciuta puntualità e efficacia alle esigenze di sicurezza dei loro amministrati, molti credettero davvero (o sperarono) nelle sue parole. Il ministro non ignorava certamente che il nostro sistema normativo è incentrato sul primato della legge in senso formale e che comunque i provvedimenti adottati dai funzionari periferici dovevano conformarsi, pena l’automatica invalidità. E tuttavia approvando il cosiddetto pacchetto di sicurezza, nello spirito più recitato che rispettato del programma federalista, il Parlamento credette di avere trovato il bandolo della misteriosa matassa, una via d’uscita già altre volte cercata senza successo. Prima con un decreto-legge, poi con la legge di conversione, i sindaci furono abilitati ad adottare provvedimenti motivati” per prevenire o eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”. Ovviamente, in prima battuta, attraverso il tradizionale potere di ordinanza motivata dall’urgenza e dalla contigibilità, ma anche in via ordinaria, senza il presupposto dell’assoluta necessità e immediatezza. Come potesse spiegarsi un simile potere senza che implicasse un vero e proprio intervento di carattere normativo generale confliggente con il principio costituzionale della riserva di legge non era chiaro e non lo è mai diventato, malgrado la grande fantasia messa in campo dai nostri sindaci (ordinanze contro i lavavetri, contro gli occasionali clienti delle prostitute da strada, contro gli ambulanti, contro gli automobilisti in sosta in zone di dubbia moralità, e così via). I sostenitori di Maroni obiettavano che il potere sindacale era comunque legittimato dalla circoscritta territorialità della sfera di efficacia dell’ordinanza, ma i critici replicavano vivacemente cha proprio questo si prestava ad ulteriori rilievi di illegittimità, risultando incomprensibile come un comportamento potesse essere represso in un comune e ritenuto perfettamente lecito in quello vicino. Insomma fu chiaro fin dall’inizio che la vita dell’art. 54 della legge sulle Autonomie Locali sarebbe stata difficile e controversa. Ora è giunta la sentenza di morte. La Corte Costituzionale ha decretato l’illegittimità della norma nella parte in cui estende il potere dei sindaci oltre la contigibilità e l’urgenza. Siamo in pratica tornati alle origini. Il potere del sindaco è ora quello di prima e di sempre, a parte un non trascurabile incremento dovuto ai settori di competenza, oggi indicati come incolumità pubblica e sicurezza urbana, invece che come incolumità dei cittadini. Credo che tutte le ordinanze emanate dal 2008 debbano essere riviste alla luce della sentenza ed eliminate se incompatibili con il testo legislativo che ne risulta. Qualcuno ha detto che un sistema normativo come il nostro non ammette scorciatoie né semplificazioni eccessive. È vero, e la prima a doverne prendere atto dovrebbe essere proprio la politica. Alla fine non è detto che tutto il male viene per nuocere, anche se in genere amministrare diventerà più difficile. Occorrerà procedere con leggi più precise e dettagliate e quindi più difficili da formulare, e i sindaci per primi dovranno sottostare alle regole. Personalmente sono convinto che anche oggi si può fare o ottenere molto anche semplicemente interpretando correttamente, ma fino in fondo, il sistema normativo senza inutili e controproducenti forzature. È questa in fondo la lezione della Corte. A seguirla c’è solo da guadagnare in termini di civiltà giuridica e di coerenza sistematica. Anche perché l’esperienza ha dimostrato che l’avventurismo normativo non paga, o almeno non paga per molto. Giustizia: Bernardini (Ri); il Governo si occupi dei detenuti, non di “prescrizione breve” Ansa, 13 aprile 2011 Il deputato radicale Rita Bernardini nel suo intervento sulla prescrizione breve nell’Aula della Camera coglie l’occasione per ribadire la sua denuncia sulla drammatica situazione in cui versano le carceri italiane. E per farlo si rivolge direttamente al Guardasigilli Angelino Alfano. Lo chiama più volte, gli chiede se anche lui ha visitato i padiglioni del carcere di Messina chiamati “I 100 pini” e “La Sosta”. Lo invita ad andare insieme in quel penitenziario e gli racconta la storia di un detenuto paralizzato che è costretto a trascinarsi per terra in una latrina lurida per riuscire ad arrivare al water. O di quegli altri detenuti che dormono in letti castello di quattro piani senza scaletta e sono costretti ad arrampicarsi come le scimmie per andare a dormire. Ma Alfano conversa prima con il ministro della Difesa Ignazio La Russa che gli siede accanto. Poi con il sottosegretario Guido Crosetto che gli si è avvicinato. Infine telefona. Il “non ascolto” viene sottolineato dal deputato del Pd Furio Colombo: “Vorrei evidenziare che il ministro non ha ascoltato neanche un attimo l’intervento della collega Bernardini”. Ma Alfano è ancora al telefono. Giustizia: Ugl; nelle carceri, da sud a nord, situazioni identiche e insostenibili Italpress, 13 aprile 2011 “Da Sud a Nord la condizione in cui versano le carceri italiane ha raggiunto livelli di inciviltà: oltre alla catena di suicidi che si verificano tra detenuti e agenti, ultimo dei quali quello dell’assistente capo della Polizia Penitenziaria in servizio a Caltagirone, va denunciata la fatiscenza delle strutture che ho direttamente constatato oggi visitando la casa circondariale di Pordenone insieme al direttore, Alberto Quagliotto”. È l’allarme lanciato da Giovanni Centrella, segretario generale dell’Ugl, che ribadisce “al ministro di Giustizia, Angelino Alfano, la richiesta di un confronto, perché il livello di civiltà e di giustizia di un Paese si misura anche dal grado di efficienza del sistema carcerario”. “La situazione insostenibile e invivibile delle carceri dal Mezzogiorno al profondo Nord dipende dalle medesime cause: carenza d’organico, sovraffollamento e obsolescenza delle strutture. In particolare il carcere di Pordenone - continua il sindacalista - è assurdamente ospitato in un castello del 1.200, cioè in un luogo inadeguato, senza tralasciare che gli 85 detenuti vengono sorvegliati solo da 39 agenti, quando ne servirebbero il doppio per rispondere alle esigenze dell’intera struttura”. Per il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, “l’ennesimo suicidio di oggi è attribuibile anche alle difficili condizioni in cui siamo costretti ad operare. Episodi così drammatici vengono sottovalutati e trattati senza la dovuta attenzione. Sarebbe opportuno istituire centri di supporto psicologico, perché lo richiede questo particolare tipo di lavoro a cui mancano, però, talmente tanti altri requisiti minimi, da non poter sperare in una tendenza a breve di miglioramento. I problemi da affrontare sono talmente tanti e gravi che, forse proprio per questo, ogni nostro allarme continua a cadere nel nulla”. Giustizia: dopo tre mesi di carcere, giovane ghanese assolto e risarcito con 42 mila euro Redattore Sociale, 13 aprile 2011 È la storia di Hassan Issa, a Palermo dal 2006 e in possesso di permesso di soggiorno. Era rimasto coinvolto in una storia di droga mentre si trovava in visita da un connazionale ma si era sempre dichiarato innocente. Ora la conferma della Corte d’Appello. Da sempre, da quando era stato arrestato per detenzione di droga ai fini di spaccio, aveva professato la sua innocenza. Solo dopo tre mesi di permanenza in carcere e cinque agli arresti domiciliari, la Corte d’Appello gli ha dato finalmente ragione, assolvendolo perché innocente. Hassan Issa, 31 anni, originario del Ghana, ha trascorso infatti tre mesi in una cella del carcere dell’Ucciardone e altri 5 mesi agli arresti domiciliari. Si è trattato di una detenzione ingiusta, come ha stabilito la Sezione Riparazione della Corte d’Appello ad opera del giudice Giovanni Carlo Tommaselli, che ha deciso pure di risarcirlo con 42 mila euro. Il giovane, arrivato a Palermo nel 2006, ha trovato subito ospitalità all’interno della Missione Speranza e Carità di Biagio Conte, dove, lavorando come volontario, ha ottenuto il permesso di soggiorno. Nel frattempo conosce la sua attuale moglie e inizia a lavorare presso una ditta di macellazione di Mezzojuso, a pochi chilometri dal capoluogo siciliano. Il 12 aprile del 2008, mentre si trovava in visita da un suo amico connazionale che abitava nel centro storico, sono entrati i carabinieri, operando una sorta di blitz all’interno dell’appartamento. Dopo la perquisizione della casa le forze dell’ordine, avendo trovato della droga, hanno arrestato Issa insieme ad altri due connazionali. Davanti al Gip, Issa aveva sempre sostenuto di non avere avuto mai a che fare con la droga e anche gli altri due arrestati lo avevano scagionato. Il Gip però ha convalidato lo stesso gli arresti e Issa è entrato in carcere mentre la moglie stava per concludere le ultime settimane di gravidanza. Issa è riuscito a vedere la sua bambina solo dopo parecchi giorni dalla sua nascita. Successivamente il Gup ha rinviato a giudizio il giovane ghanese e solo dopo tre mesi di reclusione, l’avvocato Massimiliano Russo, dopo averlo concordato con il pm, è riuscito ad ottenere gli arresti domiciliari. L’avvocato, nel frattempo aveva presentato un ricorso per ingiusta detenzione che però è stato respinto perché secondo i giudici Issa non sarebbe stato prudente ad andare a casa dell’amico e avrebbe dato adito ai sospetti dei carabinieri. Infine, dopo un iter abbastanza sofferto, finalmente la Corte d’Appello riconosce ad Issa l’innocenza con l’obbligo dello Stato di risarcirlo per i danni ingiustamente subiti. Calabria: Sappe; situazione critica nelle carceri della regione Asca, 13 aprile 2011 Carenze di personale e affollamento delle carceri. Sono partiti da questi due punti cardine dell’emergenza carceri in Calabria i relatori della conferenza stampa di ieri mattina a Palmi. Nella cittadina del Reggino, i rappresentanti del sindacato autonomo del Sappe, Francesco Ciccone della segretaria regionale e il segretario provinciale di Reggio Calabria Massimo Musarella, insieme al consigliere regionale Giovanni Nucera (Pdl), hanno denunciato lo stato in cui versa il sistema carcerario regionale. “In Calabria - hanno affermato i sindacalisti - ci sono 12 istituti penitenziari in cui vivono reclusi 3100 persone a fronte di una capienza di 1849 posti disponibili”. Una situazione critica e a alto rischio. Non a caso Nucera e il Sappe hanno scelto il carcere di Palmi come luogo dell’incontro. L’istituto penitenziario del reggino, infatti, negli ultimi anni è stato teatro di un suicidio e un tentato suicidio, oltre che un rocambolesco tentativo di fuga di due pericolosi criminali legati alla ‘ndrangheta. Evasione sventata dal coraggio di alcuni agenti della Penitenziria. Durante l’incontro con la stampa di oggi, Musarella ha annunciato che, dopo 86 anni dalla costruzione, è stato cantierizzato il carcere di San Pietro, per la prima ristrutturazione della sua storia. Nello stesso tempo, è stato ribadito con forza la necessità di aprire il carcere di Arghillà, frazione di Reggio Calabria, ormai finito ma mai consegnato perché i fondi previsti (21 milioni di euro previsti nel Piano carceri) per l’ultimazione della struttura sarebbero stati dirottati il Veneto dopo l’alluvione dello scorso inverno. Due le richieste partite dai sindacalisti: la necessità di costruzione di un nuovo penitenziario a Lamezia Terme, progetto solo ipotizzato ma escluso da Piano carceri; stessa richiesta per quanto concerne Locri. Nella cittadina ionica reggina, per i rappresentanti del Sappe, serve che accanto al nuovo palazzo di giustizia venga prevista la costruzione di un nuovo carcere per quella zona, per fare fronte all’emergenza criminalità. Disastroso, quindi, il quadro tracciato dal sindacato Sappe, per il quale l’emergenza carceri in Calabria non sarebbe per nulla conclusa, anzi. Si sarebbe quasi al collasso. Una situazione, hanno concluso i sindacalisti, nella quale sarebbe risucchiato anche il sistema della giustizia, in quanto non ci sarebbero fondi neanche per gli spostamenti dei detenuti a tribunali per i processi. Lazio: il Garante; un corso di formazione per i detenuti transessuali di Rebibbia Agenparl, 13 aprile 2011 Per circa sei mesi, 15 detenuti transessuali del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso studieranno i segreti per produrre oggetti di bigiotteria. L’iniziativa formativa è stata ideata dal Garante dei diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni secondo cui “i detenuti transessuali sono tra i carcerati in peggiori condizioni psicologiche e che vedono il loro diritti basilari all’identità personale sistematicamente violato, costretti come sono a vivere in un carcere maschile pur avendo una sensibilità femminile. Dai colloqui con i nostri operatori è, infatti, emerso che queste persone soffrono la mancanza di momenti di socializzazione con il resto dei detenuti e, soprattutto, di momenti di ricreazione. Il laboratorio artigianale - tenuto da una professionista esperta nella lavorazione della bigiotteria - è finalizzato alla produzione di orecchini, bracciali, collane, catenine occhiali, ed altro materiale di vario genere. Lo scopo dell’iniziativa è di stimolare la creatività, l’attenzione e l’interesse nei confronti delle varie forme di espressione e manuali. Alla fine del percorso formativa è prevista l’organizzazione di una esposizione a scopo di vendita degli oggetti prodotti. Il ricavato sarà per metà reinvestito nell’acquisto di materie prime per produrre ulteriori oggetti, e per metà sarà destinato ai transessuali. “Con questi corsi - ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni - intendiamo fornire ai transessuali una formazione che potrà essere spesa, in futuro, anche sul mercato del lavoro. In parallelo, questa nostra iniziativa intende ricreare la condizione di un luogo di lavoro normale che potrebbe contribuire in maniera determinante al reinserimento sociale. Messina: Bernardini (Ri): intollerabili le condizioni di vita dei detenuti Agenparl, 13 aprile 2011 L'Onorevole Rita Bernardini in un intervento alla Camera denuncia le intollerabili condizioni dei detenuti del carcere di Messina. Durante l'intervento si rivolge anche al ministro della giustizia Alfano denunciando cos la situazione del carcere, dove si attuano delle situazioni e dei comportamenti intollerabili nei confronti dei detenuti. L'Onorevole dopo aver visitato, con una delegazione radicale, il carcere Gazzi di Messina, denuncia lo stato di profonda incuria soprattutto di due reparti La Sosta e il Centro Clinico. Reparti in cui i detenuti sono costretti a vivere, in uno spazio inferiore ai 2 metri quadrati con letti a castello di 4 piani, per 21 ore al giorno. Trattamenti disumani secondo l' Onorevole Bernardini che denuncia anche la follia delle amministrazioni penitenziarie pensate che un detenuto che si trovava presso il carcere di Catania è stato trasferito al carcere di Gazzi perchè c'è in centro clinico, questo detenuto deve fare ogni settimana una trasfusione di sangue perchè è microcitemico, ebbene lo sapete dove lo portano ogni settimana? Lui stava già a Catania, lo portano ogni settimana da Gazzi, dov'è stato portato a Catania. Con le scorte con le macchine della polizia penitenziaria, ammanettato, lo riportano a Catania per fare la trasfusione. Interpellando il Ministro Alfano l'On Bernardini evidenzia come situazioni di degrado e di totale mancanza del rispetto dei diritti umani, vengano vissute nel reparto chiamato Centro Clinico, nel carcere di Messina: Signor Ministro c'è un detenuto costretto a strisciare a gazzi per potersi arrampicare su un wc lurido, sporco, perchè avete tagliato persino i fondi per pulire le celle per i detersivi. Allora questo cittadino che non ha la carrozzella deve strisciare in una cella piccola fino ad arrampicarsi sul wc e non è una vergogna che autorevolezza ha uno stato che si comporta in questo modo con degli esseri umani senza la carrozzella. Perchè? La giustificazione ce l'hanno data, perchè la carrozzella non entra nella porta della cella del Centro Clinico. Ma allora perchè lo avete mandato lì? Dopo aver approfondito che il governo ha tagliato i fondi per gli psicologi nelle carceri del 30% quest'anno , quando il 20% dei detenuti hanno problemi di tipo psichiatrico, sono stati tagliati tutti i fondi per il lavoro in carcere, l' Onorevole rivolge un appello al Ministro Alfano per una visita anche al Carcere di Agrigento, le cui condizioni sono altrettanto degradate. Genova: Sappe; nel carcere di Marassi 800 detenuti in 450 positi e poco personale Adnkronos, 13 aprile 2011 "E' notizia di queste ore l'ingresso nel carcere di Genova Marassi di altri 4 tunisini, sbarcati nei giorni scorsi a Lampedusa, sopresi a spacciare droga a Genova. I quattro si aggiungono agli altri due sbarcati ed arrestati a Genova la settimana scorsa e fanno salire a quota 65 il numero dei detenuti di nazionalità tunisina ospitati nelle celle di Marassi, dove rispetto ai 450 posti letto regolamentari sono invece complessivamente presenti quasi 800 detenuti, per il 60% circa di nazionalità straniera. In questo contesto, pesantissima e' la carenza di Personale di Polizia Penitenziaria, quantificata in ben 160 agenti in meno rispetto agli organici previsti". E' quanto dichiara Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto e commissario straordinario ligure del Sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe. "Rinnoviamo la nostra preoccupazione, alla luce dell'esperienza di cio' che avvenne nel passato in occasione di altri storici sbarchi in Italia - aggiunge Martinelli in una nota - circa i riflessi che potrebbero riguardare le carceri. Al diritto all'accoglienza, che deve riguardare ed interessare tutti i Paesi europei, e' strettamente collegato il dovere di rispettare le leggi e di non delinquere, come fanno la stragrande maggioranza di coloro che vengono in Italia. Ma l'alto numero di stranieri presenti oggi nelle carceri italiane (circa 25mila su quasi 70mila detenuti) conferma che non tutti coloro che sono venuti nel corso degli anni nel nostro Paese seguono un percorso di legalità ed integrazione. Per questi e' necessario assumere a mio avviso provvedimenti concreti come l'espulsione immediata con conseguente divieto di ritorno nel nostro Paese". Udine: la richiesta di istituire il Garante dei detenuti trova pochi consensi in Comune Il Gazzettino, 13 aprile 2011 La figura del garante per i diritti dei detenuti, istituita in diverse città del Nord Est, sarà un passo importante anche per Udine. “Non è un obbligo di legge - precisa Franco Corleone, coordinatore dei Garanti territoriali per i diritti dei detenuti, nonché ex consigliere provinciale - ma un atto di volontà politica che giudico positivo”. Corleone, che conosce bene le realtà delle carceri friulane, sottolinea come sia “importante che dopo i passaggi in commissione e in consiglio comunale, la nomina del garante sia rapida e non si lascino trascorrere mesi come accade in altre regioni”. L’istituzione del garante arriva un po’ in ritardo in Friuli Venezia Giulia e Corleone auspica che ci sia una procedura accelerata, magari con nomina del sindaco. “Udine ha un carcere che soffre di sovraffollamento e ha una storia particolare, legata a episodi difficili. In realtà - aggiunge - occorrerebbe un garante anche Tolmezzo” e proprio dai detenuti di queste due carceri Corleone riceve lettere che denunciano situazioni di durezza o richieste di trasferimento. Quanto al possibile arrivo di un garante a Udine, Corleone dichiara di voler collaborare con la persona che sarà scelta e mette in evidenza la necessità di un incontro pubblico, organizzato dall’amministrazione comunale, per spiegare ai cittadini chi sia il garante e quali compiti svolga, “sono disponibile a venire a Udine per partecipare” assicura. La proposta non trova molti consensi in Commissione “Udine non è Guantanamo”. La proposta di istituire la figura del garante per i diritti dei detenuti suscita perplessità polemiche durante la doppia commissione convocata a Palazzo D’Aronco. A dire che il carcere friulano nulla ha in comune con il campo di prigionia americano è la leghista Barbara Zelè. “Ben vengano gli strumenti di recupero e reinserimento sociale dei detenuti - precisa - ma istituire un garante mi sembra una forzatura. Pensiamo piuttosto ai diritti delle guardie carcerarie”. I consiglieri di minoranza si scaldano sull’argomento e il secondo affondo arriva da Orlanda Primus che vedrebbe più di buon occhio la presenza di mediatori culturali in via Spalato, “dato che la maggior parte dei detenuti è di origine straniera. Un garante - dice - sarebbe più utile per i gay che sono sempre oggetto di discriminazioni”. Dai banchi della maggioranza intervengono Federico Pirone e Cinzia Del Torre per difendere la bontà della proposta, ma le loro parole non convincono i colleghi dell’opposizione. “Abbiamo abrogato al figura del difensore civico - ricorda Piergiorgio Bertoli - che senso ha nominare un garante che ha ben poco a che fare con la prospettiva funzionale di un ente locale”. Sorge poi il problema dei costi, sollevato da Franco Della Rossa che trova la condivisione di diversi commissari. Anche Natale Zaccuri si dichiara perplesso e aggiunge: “A Udine c’è un sistema di volontariato penitenziario, quindi non vedo la rilevanza, dal lato pratico, della fiura del garante se non per dire che ci siamo anche noi”. L’unica voce fuori dal coro dell’opposizione è quella di Aldo Rinaldi che, dopo l’esperienza in qualità di medico alle carceri di Udine, si dichiara favorevole al garante. Su un punto però sono tutti d’accordo: alla seduta avrebbe dovuto partecipare l’assessore competente. Alla fine, favorevoli o contrari, i commissari non se la sentono di votare “di pancia” senza ulteriori approfondimenti e scelgono di rinviare la seduta dopo aver chiamato in audizione il direttore del carcere, Francesco Macrì per capire quale sia la reale situazione della casa circondariale di via Spalato. Fossombrone (Pu): ristrutturazione del carcere, da maggio al via i lavori per il tetto Corriere Adriatico, 13 aprile 2011 Carcere di Fossombrone: i lavori (280 mila euro) di risanamento del tetto del braccio di ponente iniziano a maggio e per settembre dovrebbero essere completati. La notizia più importante e attesa è stata ufficializzata dal senatore radicale Marco Perduca che ha visitato l’istituto di pena accompagnato da Matteo Mainardi presidente dei radicali delle Marche. E dagli assessori comunali Michele Chiarabilli e Orlando Lustrissimini vice sindaco uscente. “Bisogna subito smentire la voce insistente - ha detto il senatore - che il carcere di Fossombrone sia destinato a chiudere. Il fatto che i lavori inizino è una garanzia per tutti. Certo i problemi non mancano in termini di strutture e di personale addetto alla sorveglianza costretto a turni massacranti e ad una riduzione di organico costante mentre al contrario le esigenze aumentano”. Per quanto riguarda la popolazione carceraria? “Noi come radicali abbiamo sempre cercato di curare in primis gli interessi di Caino, non per questo tralasciamo quelli di Abele. I detenuti soffrono di una carente assistenza psicologica in termini di orario e di possibilità di accesso. Un dato positivo è quello che, grazie alla collaborazione del Comune, ad alcuni di essi sia stato possibile accedere ai lavori esterni. Esiste una scuola che ha visto laurearsi pochi giorni fa un detenuto in filosofia e soprattutto va rimarcato l’impegno della Chiesa che va a sopperire quelle che sono le carenze dello Stato. All’interno del carcere di Fossombrone c’è un campetto di calcio che è stato pagato in prima persona dal vescovo mons. Armando Trasarti e che rappresenta uno sfogo di non poco conto per i detenuti stessi”. Non mancano situazioni incoraggianti? “Certo che esistono cose buone, ma i problemi cui fra fronte sono tanti e molto consistenti. Dal governo si risponde che non ci sono soldi per gli istituti di pena”. Senatore, manca anche il direttore? “Ed è la carenza di primo piano. Non si fanno concorsi da metà degli anni Novanta. È una situazione di preoccupante precarietà”. Importante la presenza dei due assessori comunali. Sulmona (Aq): detenuto morì in carcere per overdose, condannato il compagno di cella Il Messaggero, 13 aprile 2011 Aveva trentanove anni Domenico Caldarini, il romano morto nel carcere di Sulmona il 9 aprile dello scorso anno. Ad ucciderlo, fu quella sera, un’overdose di eroina: droga assunta insieme al suo compagno di cella, Ciro Ciotola, che cadde anche lui in stato comatoso e che, ieri, è stato condannato dal collegio del tribunale di Sulmona a due anni di reclusione e seimila euro di multa con l’accusa di omicidio colposo e detenzione e cessione di sostanze stupefacenti. Pena patteggiata dal suo legale Fabio Guido, perché sulle responsabilità di Ciotola (ora detenuto a Termini Imerese nel trapanese) gli inquirenti ebbero sin dall’inizio pochi dubbi. Fu lui a lanciare l’allarme quando il compagno di cella nel reparto internati perse i sensi e lui, rientrato poco prima da un permesso premio da Napoli, sua città d’origine, ad avere ancora nascosta nel retto una dosa di quella polvere fatale. La polizia penitenziaria la trovò obbligandolo a fare delle flessioni nel corso della perquisizione fatta dalla procura della Repubblica di Sulmona la sera stessa. Poi l’autopsia, le analisi del sangue e tossicologiche, la compatibilità con la droga stessa che sul fisico già debilitato perché sieropositivo di Domenico Caldarini, ebbe un effetto fatale. Una tragedia come tante dietro le sbarre di via Lamaccio dove, si spera, l’uso delle droghe e la disperazione dei reclusi nel reparto internati è stata se non risolta, almeno attutita nella sua gravità. Il piano di alleggerimento della casa di reclusione (con il trasferimento di centocinquanta detenuti di media sicurezza) sta se non altro concedendo maggiori spazi di movimento ai circa duecento internati che, dietro le sbarre, ci si trovano non per condanne definitive, ma per la loro pericolosità sociale e nella speranza che in una casa lavoro possano compiere un percorso di rieducazione e reinserimento. Un percorso lungo e per il quale, al momento, manca ancora “l’ingrediente” principale: il lavoro. Parma: il Sindaco scrive ad Alfano; carcere sovraffollato, pochi agenti e troppi detenuti Ansa, 13 aprile 2011 Il sindaco di Parma Pietro Vignali ha scritto al ministro della Giustizia Angelino Alfano per porre all’attenzione del guardasigilli la questione del sovraffollamento nel carcere di via Burla. Nella missiva, inviata ieri (prima di ancora di venire a conoscenza della tentata aggressione al direttore del carcere Silvio Di Gregorio, episodio reso noto dai sindacati degli agenti penitenziari Sappe e Uilpa), Vignali sottolinea come sia stato da più parti segnalato che nell’Istituto Penitenziario di Parma, da tanto tempo, esiste fra la popolazione carceraria ed agenti della polizia penitenziaria un rapporto assolutamente sproporzionato e non conforme ad un corretto criterio di organizzazione e gestione dell’Istituto. Questa situazione incide negativamente sulla qualità del servizio, generando un modello organizzativo e gestionale dell’Istituto incongruo e pericoloso per gli operatori. Da qui la richiesta di intervento al ministro. La funzione degli Istituti di pena - scrive il sindaco - pur rivestendo una peculiarità e delicatezza particolare, rappresenta sempre un servizio reso nell’interesse della comunità, per cui non posso sottrarmi all’obbligo di segnalare alla Sua attenzione questa grave disfunzione, affinché un Suo autorevole intervento presso i competenti organi del suo dicastero possa eliminare, o almeno ridurre, le criticità segnalate. Siracusa: progetto “Tutte le direzioni”, per 45 detenuti extracomunitari e comunitari La Sicilia, 13 aprile 2011 Il reinserimento sociale dei detenuti: è stato questo l’obiettivo di un progetto formativo attuato tra le mura del carcere di Brucoli. “Tutte le direzioni”, questo il titolo dato al progetto, è stato finanziato dall’assessorato regionale dell’Istruzione e Formazione professionale, su proposta e realizzazione dell’istituto superiore Ruiz di Augusta partnership con la cooperativa “Passwork” di Canicattini Bagni, specializzata in progettazione sociale, in collaborazione con la casa di reclusione di Piano Ippolito. Quarantacinque i detenuti che sono stati impegnati in tre percorsi formativi di 120 ore ciascuno per aumentare sin dalla fase detentiva la propensione alla costruzione di un bagaglio di competenze utile per conseguire un pieno reinserimento sociale. Il primo percorso ha interessato detenuti immigrati extracomunitari e comunitari, aiutandoli ad acquisire le competenze linguistiche necessarie per dare e chiedere informazioni, spiegare, comprendere terminologia e concetti giuridici, conoscere e capire diritti, doveri e le procedure specifiche che riguardano la condizione di migranti, nonché il mercato del lavoro locale con diritti e doveri. Il secondo ha, invece, riguardato la formazione a nuove professionalità che più trovano spazio nel mercato del lavoro. Sono state fornite le basi per le tecniche di installazione e manutenzione di impianti fotovoltaici e di impianti solari termici, con il supporto di docenti dell’istituto Ruiz. L’ultimo percorso formativo ha riguardato l’informatica di base per il lavoro. Si è trattato di un lavoro sinergico tra il mondo della scuola e le imprese sociali, per favorire la realizzazione personale e professionale e più in generale, promuovere la coesione sociale. “Il carcere non è e non deve diventare un luogo che priva solo della libertà - ha dichiarato il direttore del carcere di Brucoli, Antonio Gelardi - ma deve essere visto come uno spazio dove cogliere opportunità per il “dopo”, e la formazione non fa altro che facilitare il percorso del detenuto per un suo successivo reinserimento sociale. Da tempo ormai siamo impegnati con le istituzioni esterne, come la scuola, o le imprese sociali del territorio, nella realizzazione di questi percorsi che guardano al dopo ma anche al presente”. Il preside del Ruiz Carmelo Gulino: “La scuola ha il compito di fornire conoscenza guardando alla società. La formazione e la cultura, pertanto, oltre a creare professionalità in una società che cambia, devono altresì rappresentare un’opportunità anche all’interno delle carceri dove il “dopo positivo” dipende da un “attuale” solidale e costruttivo”. Per Sebino Scaglione, amministratore di “Passwork” e sociologo “il lavoro e la formazione professionale sono strumenti irrinunciabili per dare un significato vero all’azione di recupero e reinserimento sociale da assicurare ai detenuti ed ex, nell’interesse generale della comunità”. Una maniera diversa di vivere e affrontare il periodo di detenzione, che punta sul futuro attraverso il recupero delle persone e punta a dare loro una prospettiva di lavoro, da capitalizzare quando ciascuno di loro avrà scontato il proprio debito con la giustizia. Milano: l’artigianato dei detenuti ennesi al Salone del mobile La Sicilia, 13 aprile 2011 Approda al Salone del Mobile di Milano “Filo Dritto”, la cooperativa sociale che, con la collaborazione di tutti i detenuti, opera all’interno della Casa Circondariale di Enna, dove verranno esposte le creazioni realizzate da Htem, egiziano, Loredana, palermitana e l’ennese Ninni, presidente della cooperativa. Si tratta di collezioni in feltro, un tessuto realizzato con la lana cardata impastata con acqua calda, sapone di marsiglia e rollata a mano. Al Temporary Shop di Milano saranno così esposti i cieli d’Africa di Htem, le calle di Loredana e i vasi di Ninni. L’esposizione è stata aperta ieri e rimarrà accessibile fino al prossimo 30 aprile; per la Casa circondariale di Enna, ma soprattutto per i detenuti e per l’associazione “Filo Dritto” è un’importante opportunità che permette di far conoscere fuori dai confini del territorio ennese l’impegno e le attività che vengono svolte quotidianamente all’interno della Casa Circondariale ennese tramite il lavoro e l’impegno dei detenuti. Parma: detenuto 41-bis aggredisce vice comandante e direttore carcere Il Velino, 13 aprile 2011 Un detenuto sottoposto al regime 41-bis, ristretto nell’istituto penitenziario di Parma, questa mattina ha aggredito e colpito il Vice Comandante della polizia penitenziaria e il Direttore dell’istituto. A darne notizia la Segreteria Generale della Uil Pa Penitenziari. L’episodio si è verificato nella sezione 41-bis dove O.U., di 39 anni, doveva sottoporsi all’esame del Consiglio di Disciplina per essere giudicato per le intemperanze e le violenze perpetrate il 6 aprile scorso, quando aggredì e ferì 6 agenti penitenziari e il medico del carcere parmense. Il Vice Comandante ha dovuto ricorrere a cure ospedaliere per una ferita lacero contusa all’altezza del mento, mentre il Direttore ha riportato solo lievi contusioni causa i calci ricevuti. Dal sindacato fanno sapere che la richiesta di immediato trasferimento del detenuto ad altra sede formulata , dopo i fatti del 6 aprile, è stata rigettata dal competente Ufficio del Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria). Il Segretario Generale della Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno, non manca di esprimere la vicinanza del sindacato ai due feriti ma a tutto il personale penitenziario. “Al Vice Comandante ed al Direttore di Parma - dichiara Sarno - giungano i sensi della nostra sincera e viva solidarietà nella speranza che possano al più presto ristabilirsi . Purtroppo la quotidianità delle frontiere penitenziarie è connotata da questi episodi di violenza che vedono vittime designate il personale operante in prima linea. Sarebbe ora che al Dap, ma al Ministero della Giustizia attivassero un vero tavolo di confronto sulle tante criticità che affogano il sistema penitenziario nel mare dell’inefficienza, dell’inciviltà e dell’illegalità. La sconvolgente sequela di suicidi (18 detenuti e due agenti penitenziari dal 1 gennaio ad oggi), l’inverosimile quantità di aggressioni perpetrate in danno del personale penitenziario (74 poliziotti penitenziari, due medici, tre infermieri, due insegnanti), la moltitudine di gesti autolesionistici (circa 1200 dal 1 gennaio), il grave sovrappopolamento (68.000 detenuti a fronte di 43.000 posti disponibili) dovrebbero imporre serie ed approfondite riflessioni e la ricerca di quelle soluzioni possibili che si continua a voler ignorare”. Sanremo (Im): omicidio di Ventimiglia; picchiato in carcere uno dei romeni arrestati Ansa, 13 aprile 2011 È stato aggredito e picchiato da alcuni detenuti italiani nel carcere di Sanremo uno dei quattro cittadini romeni accusati di omicidio preterintenzionale per aver causato, nella notte tra sabato e domenica, la morte di un operaio di 53 anni, Walter Allavena, intervenuto in difesa del figlio coinvolto in una rissa tra il gruppo di stranieri e alcuni giovani del posto. Lo ha reso noto il segretario generale aggiunto e commissario straordinario ligure del Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria, Roberto Martinelli. “La tensione che si sta registrando - ha spiegato Martinelli - è collegata al fatto che alcuni detenuti italiani pensano di potersi fare giustizia da soli verso i responsabili di quel brutale omicidio e questo accentua le criticità operative del personale di polizia penitenziaria di Sanremo, che, pur essendo in gravissime carenze organiche, deve assicurare la sicurezza della struttura e dei detenuti che vi sono ristretti con una altissima vigilanza. Ieri mattina - ha raccontato il segretario del Sappe - uno dei detenuti romeni è stato preso a schiaffi da altri detenuti durante l’ora d’aria e solo l’intervento dei poliziotti ha impedito che potessero verificarsi conseguenze più gravi”. Martinelli ha infine sottolineato che nella serata di ieri gli agenti di polizia penitenziaria hanno impedito a un altro dei quattro romeni arrestati per l’omicidio di Walter Allavena di entrare nella sala ricreativa comune, sempre per evitare che potesse essere aggredito dagli altri detenuti. Bologna: l’attore detenuto è evaso, il carcere annulla lo spettacolo teatrale di Paola Naldi La Repubblica, 13 aprile 2011 La casa circondariale di Bologna cancella la recita di “La verità salvata da una menzogna” dopo la fuga di Giulio Santoro, durante le prove di un’altra rassegna. Ma per il regista Paolo Billi, da anni impegnato in attività culturali con i reclusi, “così si puniscono tutti, la responsabilità di uno solo cade sugli altri”. La direzione del carcere della Dozza ha annullato l’ultimo spettacolo della rassegna di “Stanze di teatro in carcere”. A Paolo Billi, regista e ideatore sia del progetto che del lavoro che avrebbe dovuto concluderlo domani e venerdì all’Arena del Sole non rimane che darne notizia, addolorato e incredulo. “La verità salvata da una menzogna”, questo il titolo, aveva tra i protagonisti Giulio Santoro, il detenuto per duplice omicidio evaso venerdì scorso. Una fuga ben studiata, la sua, e messa in atto all’auditorium di via Azzo Gardino 65 durante le prove di un lavoro ideato da Gruppo Elettrogeno, “Spoon River Story. La collina in-cantata”, anch’esso parte della rassegna sostenuta dal Centro universitario La Soffitta. Il provveditore dell’amministrazione penitenziaria Nello Cesari invoca “una pausa di riflessione”. Billi difende a spada tratta il suo progetto e l’idea di portare il teatro dei detenuti fuori dalle mura delle carceri. “Non capisco perché la responsabilità di uno debba cadere sugli altri - commenta amaramente - . Giulio Santoro era considerato da tutti una persona affidabile. Aveva un permesso di lavoro concesso dal magistrato di sorveglianza ed usciva regolarmente dal 2007. Lavoriamo insieme da sei anni ed è già uscito con il mio progetto altre quattro volte. Il percorso era in discesa, è quello che mi stupisce”. La decisione di sospendere il progetto è stata presa dalla direzione della Casa Circondariale della Dozza, avallata dal provveditore Cesari. Santoro, 39enne, era stato condannato nel 1998 a trent’anni di carcere per l’omicidio di due fratelli in Calabria. “Non vogliamo bloccare tutto ma era giusto fare una pausa di riflessione - spiega Cesari. Abbiamo un compito istituzionale e dobbiamo mandare un messaggio chiaro. Adesso vogliamo rivalutare tutto, dobbiamo ricostruire un percorso, al di là del singolo caso, e pensare se è necessario un ridimensionamento”. Eppure per Billi le carte erano tutte in regola. “Ho deciso di lavorare nella sezione penale per avere una continuità e ho selezionato detenuti che avevano tutti i requisiti per accedere all’articolo 21, che permette di lavorare fuori dal carcere. Requisiti che vengono valutati in maniera molto rigida - aggiunge. Spero che si trovi una soluzione, con l’aiuto di tutti, e che lo spettacolo possa andare in scena all’Arena del Sole magari a maggio. Debuttare su quel palco sarebbe stato un momento di festa atteso da tutti da molto tempo”. Firenze: “Filmspray”; rassegna di cinema indipendente in 5 istituti penitenziari italiani Redattore Sociale, 13 aprile 2011 Da domani al 16 aprile, alcuni istituti penitenziari italiani ospiteranno un ciclo di proiezioni organizzato dall’Istituto Lorenzo de’ Medici. I detenuti eleggeranno il miglior film. Il cinema entra in carcere grazie a “Filmspray”, rassegna di sei film indipendenti, esclusi dalla grande distribuzione nazionale, che saranno proiettati, dal 14 al 16 aprile, in cinque istituti penitenziari italiani: Rebibbia (Roma), Santa Maria Maggiore (Venezia), Porto Azzuro (Livorno), Sollicciano e Opg di Montelupo (Firenze). I detenuti, votando i film preferiti, contribuiranno all’assegnazione dei premi finali. Gli stessi film saranno presentati al pubblico presso la chiesa di San Jacopo a Firenze e presso la cooperativa agricola “Il Forteto” a Dicomano, la scuola Lorenzo dei Medici a Tuscania, il Cineclub Montecatini a Montecatini Terme e, a New York, nei dipartimenti di cinema delle università Staten Island University Csi, University of North Carolina e Marist University. Il Festival è organizzato dall’Istituto Lorenzo dè Medici di Firenze e si avvale del patrocinio del comune di Firenze, comune di Rocca Imperiale, comune di Tuscania, Quartiere 1 di Firenze, Università americane (Unc, Marist University, Staten Island University) e Dipartimento di Storia dello Spettacolo dell’Università di Firenze. Questi i film che saranno proiettati: “Good bye Mr Zeus” (2010) di Carlo Sarti con protagonisti Chiara Muti e Fabio Troiano, storia di un giovane impiegato di banca tra stress e quotidianità; “L’uomo gallo” (2011) di Dario D’Ambrosi, storia vera raccolta dallo stesso regista nel periodo in cui si è fatto internare nell’ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano entrando in stretto contatto con quelle realtà; “Maledimiele” (2010) di Marco Pozzi, drammatica storia di Sara, un’adolescente che precipita, in modo lento ma inesorabile, nell’abisso dell’anoressia; “Sagrascia”, opera prima di Bonifacio Angius, un road movie interamente girato e ambientato in Sardegna tra realtà e personaggi onirici; “La piccola A” di Salvatore D’Alia e Giuliano Ricci, storia tutta al femminile ambientata in un ospedale psichiatrico; “L’ultimo re”, che vede come attori Moni Ovadia e Isabell Rossinova. “Questa iniziativa - ha detto Fabrizio Guarducci, presidente dell’Istituto Lorenzo dè Medici e ideatore della rassegna - si ricollega al movimento pacifista dell’Empowerment. Con Filmspray si vuole far nascere un circuito distributivo parallelo a quello convenzionale, che abbia un seguito stabile nel tempo e diventi un’alternativa reale per la circolazione del cinema prodotto in Italia ed escluso dai circuiti distributivi”. Cagliari: domani si inaugura la mostra “Sguardi dal carcere”, di Laurent Jacqua Agenparl, 13 aprile 2011 “Il fatto che la detenzione presenti dei tratti molto simili in Paesi come la Francia e l’Italia, dove oltre al sovraffollamento degli istituti penitenziari si manifesta la scarsa considerazione in cui sono tenuti i principi costituzionali e i diritti sanciti dalle leggi, deve far riflettere sulla trasformazione che l’istituzione carceraria ha assunto con il tempo. È necessario approfondire le questioni della pena detentiva dal momento che la società esprime bisogni molto differenti rispetto a quelli che hanno dato vita al sistema penitenziario”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” con riferimento ai temi della mostra “Sguardi dal carcere” di Laurent Jacqua, l’artista francese affetto da Aids, che sarà inaugurata domani alle 17 nell’Aula Magna della Facoltà di Scienze Politiche. “Jacqua dopo 25 anni di detenzione, 15 dei quali in regime di alta sorveglianza, ha lasciato gli istituti penitenziari francesi - sottolinea Caligaris - dove ha vissuto e trasformato in produzione artistica la sofferenza della solitudine e la pesantezza della malattia. Jacqua però è una straordinaria eccezione. I suoi disegni più volte presentati, i due libri pubblicati nonché un testo teatrale, una collaborazione con il Nouvel Observateur e un blog confermano la regola dell’annientamento dell’individuo all’interno di uno spazio chiuso dove la scansione del tempo segna attimi infiniti di inettitudine”. La mostra, organizzata dall’Università di Cagliari, dalla sezione cagliaritana di Alliance Francaise e da “Marina Café Noir” sarà preceduta dal dibattito “Il Diritto in Carcere” a cui interverrà Laurent Jacqua. Successivamente i disegni resteranno a disposizione del pubblico fino a martedì 19 aprile. Egitto: custodia cautelare per Mubarak e due figli; loro in carcere, il padre in ospedale Ansa, 13 aprile 2011 I due figli dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak, Alaa e Gamal, sono stati posti in custodia cautelare per 15 giorni perché coinvolti in un’indagine per corruzione. Lo ha riferito stamani la tv di Stato egiziana. I due figli dell’ex rais sono giunti nel carcere di Tora, al Cairo, dopo la decisione delle autorità egiziane di porli in stato di custodia cautelare. Lo riferisce il portale egiziano di notizie Masrawy. Il sito precisa che dalla direzione del penitenziario hanno fatto sapere di aver consegnato ai Mubarak la divisa bianca del carcere. Ai due figli dell’ex rais, arrivati a Tora con le manette ai polsi, sono stati sottratti i telefoni cellulari. Nel carcere di Tora sono detenuti altri esponenti di spicco dell’epoca di Mubarak. Anche l’ex presidente è stato posto in stato di custodia cautelare per almeno quindici giorni, pendente l’inchiesta a carico dei tre per le loro eventuali responsabilità nella repressione dei moti di piazza iniziati il 25 gennaio scorso e che l’11 febbraio culminarono nella caduta del regime. L’annuncio del provvedimento restrittivo è stato dato da fonti del ministero della Giustizia, citate dall’emittente statale Nile Television. Di fatto per Mubarak si tratterà di arresti in ospedale, giacché ieri è stato ricoverato a Sharm el-Sheikh, dove risiede attualmente, in seguito a un attacco cardiaco che lo aveva colpito mentre era sottoposto a interrogatorio ad al-Tor, o Tur Sinà, capoluogo del governatorato del Sinai del Sud, da parte del procuratore locale Abdullah al-Shazli. Al momento il deposto Rais, quasi 83enne, rimane in terapia intensiva. Alaa e Gamal sarebbero stati invece trasferiti nel penitenziario di Tora, al Cairo, dove dovrebbero rimanere per tutta la durata della detenzione. Sul clan dei Mubarak incombono anche accuse di corruzione, peculato, malversazione ed esportazione illegale di valuta: tutti addebiti che l’ex uomo forte dell’Egitto ha seccamente respinto, dicendosi anzi pronto a collaborare con gli inquirenti per dimostrare di non possedere conti bancari o altri beni all’estero. Gran Bretagna: la Corte di Strasburgo; 6 mesi per dare il diritto di voto ai detenuti Ansa, 13 aprile 2011 Il governo britannico ha 6 mesi di tempo per modificare la legge sul divieto generalizzato per i detenuti già condannati a votare nelle elezioni nazionali ed europee, quale che sia la durata della pena o il reato commesso. A stabilirlo è stata la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che, respingendo la richiesta avanzata da Londra di far riesaminare alla Grande Camera il ricorso presentato da 2 detenuti contro il divieto di voto, ha reso definitiva la sentenza emessa da una delle Camere della stessa Corte lo scorso novembre. Con quella sentenza i giudici di Strasburgo condannarono Londra per la violazione del diritto a partecipare alle elezioni protetto dall’articolo 3 protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il tira e molla tra la Corte di Strasburgo e il governo di Sua Maestà sulla questione del diritto di voto ai detenuti dura dal 2005, anno in cui la Grande Camera della Corte emise una sentenza di condanna nei confronti di Londra. Negli ultimi mesi Londra non ha nascosto tutto il suo disappunto nei confronti dalla Corte, arrivando a minacciare l’uscita del Regno Unito dal sistema della Convenzione. Iran: diversi detenuti dell’opposizione sono in sciopero della fame Ansa, 13 aprile 2011 Diversi oppositori iraniani rinchiusi in carcere hanno cominciato uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni di detenzione e le limitazioni negli incontri con i familiari, secondo quanto riferiscono oggi diversi siti dell’opposizione. I promotori dell’iniziativa di protesta sono detenuti nel carcere di Iranshahr, una trentina di chilometri a ovest di Teheran. Tra di loro vi sono il sindacalista Mansur Ossanlu, il giornalista ed ex vice ministro della Cultura Issa Saharkhiz, e il leader del movimento studentesco Majid Tavakkoli. Lo sciopero della fame è cominciato domenica. Gli aderenti all’iniziativa di protesta accettano solo di bere acqua. Dopo le grandi manifestazioni nell’estate del 2009 contro la rielezione alla presidenza di Mahmud Ahmadinejad, migliaia di oppositori sono stati arrestati, diverse decine sono stati condannati a pesanti pene detentive e almeno quattro sono stati impiccati. Le ultime sentenze di cui si è avuta notizia sono state, due giorni fa, quella di Laleh Hassanpur, una attivista per i diritti umani e blogger, condannata a cinque anni di reclusione - di cui quattro sospesi con la condizionale - e dell’attivista politico dell’opposizione Javad Vafai Basir, condannato a tre anni di reclusione e 75 frustate. Bahrein: nuova morte sospetta in un carcere, è il quarto caso in pochi giorni Ansa, 13 aprile 2011 Secondo quanto riferisce la tv al-Arabiyà, Kareem Fakhrawi, esponente del Wefaq, principale partito di opposizione sciita in Bahrein, sarebbe morto in un carcere del Paese dove era stato rinchiuso il mese scorso, dopo essersi recato in un commissariato di polizia per avere chiarimenti circa la demolizione della sua abitazione. Il decesso non è stato ancora confermato ufficialmente ma, secondo quanto denunciato da molti attivisti per i diritti umani, Fakhrawi sarebbe il quarto esponente sciita a morire in simili circostanze in pochi giorni. Mattar Mattar, membro del medesimo partito di opposizione, ha dichiarato alla tv bahrenita che il suo collega “o era malato e non è stato curato o è stato torturato”, con un riferimento alle disumane condizioni cui sono costretti i carcerati nel Paese, le cui autorità vengono accusate da diverso tempo di torturare i propri detenuti. In Bahrein è stato dichiarato lo stato d’emergenza il mese scorso e sono state represse con violenza le numerose proteste contro la minoranza sunnita al potere scoppiate lo scorso febbraio, causando la morte di 25 persone, mentre altre 400 circa, tra attivisti, medici, blogger e sostenitori della democrazia sono stati arrestati. Le organizzazioni per i diritti umani chiedono che si faccia chiarezza sulle morti in carcere e venga garantito ad ogni detenuto la possibilità di incontrare un avvocato e la propria famiglia. Costa D’Avorio: arrestato l’ex presidente Gbagbo, è agli arresti domiciliari Ansa, 13 aprile 2011 L’ex capo di Stato della Costa d’Avorio, Laurent Gbagbo, arrestato lunedì scorso, è agli arresti domiciliari. Lo ha annunciato ieri sera il governo del presidente Alassane Ouattara, senza precisare il luogo. “L’11 aprile 2011, nel quadro delle operazioni per instaurare la sicurezza ad Abidjan - afferma un comunicato del ministro della Giustizia Jeannot Ahoussou-Kouadio - combattimenti hanno opposto le Forze repubblicane della Costa d’Avorio (Frci) alle Forze di difesa e di sicurezza (Fds) pro-Gbagbo, aiutate da mercenari liberiani e angolani e da milizianì. “In seguito a tali operazioni - prosegue il ministro - Laurent Gbagbo è stato catturato dai militari delle Frci e messo a disposizione delle autorità governative. In attesa che si apra un procedimento giudiziario - conclude il comunicato - Laurent Gbagbo e alcuni suoi compagni sono posti agli arresti domiciliari”. Il governo non ha precisato dove l’ex presidente è detenuto, né chi siano i compagni colpiti dal provvedimento. Dopo il suo arresto Gbagbo era stato portato all’Hotel du Golf di Abidjan, quartier generale del suo avversario. Ore fa l’Onu ha reso noto che si trova ancora nell’albergo.