Giustizia: Ferragosto intollerabile di Patrizio Gonnella Il Manifesto, 15 agosto 2011 “Una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”. Così Giorgio Napolitano ha definito la questione carceraria poco più di due settimane fa. Parole sinora del tutto inascoltate da chi detiene il potere pubblico per far tornare il sistema penale e penitenziario nell’arco della legalità. Per dare ulteriore forza a quelle parole, per non farle morire, molti di noi hanno condiviso l’iniziativa pubblica di Marco Pannella. Oggi centinaia di persone manifesteranno la propria indignazione con uno sciopero della fame e della sete che ha lo scopo di chiedere al Parlamento di convocarsi e affrontare una volta per tutte il tema del sovraffollamento carcerario. Tradotto in numeri esso significa che in media in Italia 145 persone vivono in 100 posti letto regolamentari originando un record ineguagliato tra i paesi dell’Unione Europea. Provo a sintetizzare il contenuto di una giornata tipo trascorsa in un carcere sovraffollato italiano: 20-22 ore passate in celle di dieci metri quadri da condividere con altre due persone o in celle di 25 metri quadri da dividersi con altre sette-otto persone, condannati in via definitiva messi insieme a persone presunte innocenti, bagni a vista e riservatezza violata, docce mal funzionanti non sempre consentite tutti i giorni anche in piena estate, acqua centellinata, psicofarmaci usati come tranquillanti sociali, salute a rischio, troppo rumore o troppo inquietante silenzio, urla di persone che si tagliano le braccia con le lamette o che le inghiottiscono per un pacchetto di sigarette non concesso, tentati o riusciti suicidi. L’anno scorso insieme al manifesto lanciammo una campagna affinché i giornalisti potessero entrare nelle carceri e documentare quello che avrebbero visto coi propri occhi. Oggi, rinfrancati dalle parole del capo dello Stato chiediamo che carta stampata e televisioni possano rendere pubblico lo scandalo delle galere italiane, molte delle quali in condizioni igienico-sanitarie intollerabili per uno Stato di diritto. Vorremmo che in una giornata qualsiasi la televisione pubblica e le grandi testate giornalistiche italiane andassero a vedere per raccontare come si vive a Poggioreale a Napoli, alla Dozza a Bologna, a Piazza Lanza a Catania, a Bari, nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa o a Regina Coeli a Roma, senza fermarsi nei reparti vicini all’uscita ma andando nelle sezioni più lontane dagli occhi dei visitatori, andando nelle celle di isolamento dove capita di incontrare giovani denudati lasciati soli in celle lisce, ossia disadorne e pericolosamente insonorizzate. Noi siamo disponibili ad accompagnarli. Vorremmo che il Parlamento italiano dedicasse tempo alla questione carceraria, che trovasse la via legislativa per far sì che in galera non ci sia una persona in più rispetto ai posti letto a disposizione. Noi abbiamo una ricetta pronta e condivisa da tante organizzazioni: ridurre gli ingressi inutili, vessatori e costosi di consumatori di droghe e immigrati irregolari, non penalizzare i pluri-recidivi, rendere effettivamente eccezionale l’uso (oggi abusato) della custodia cautelare, adottare liste di attesa in modo che una persona (salvo casi di accertata pericolosità) non entri in galera se non c’è posto, rivitalizzare le misure alternative alla detenzione. Dentro le carceri chiediamo che siano adottate regole standardizzate di vita finalizzate alla reintegrazione sociale e non alla mera punizione corporale, che siano introdotti meccanismi ispettivi di controllo dei luoghi di detenzione, che siano previste sanzioni penali per chi maltratta o addirittura tortura. In tempi di crisi economica nel nostro mondo neo-liberale la ricetta è la solita: tagliare i diritti. Attenzione! Nelle prigioni italiane la soglia della inumanità è stata già ampiamente superata. Detenuti e operatori penitenziari sono allo stremo. Ora la palla passa al Parlamento e al ministero della Giustizia. La nostra ricetta potrebbe essere il contenuto di una iniziativa legislativa del Governo. Se ciò non fosse chiediamo almeno che divenga il contenuto di una iniziativa legislativa congiunta di tutta l’opposizione. Giustizia: la forza di un gesto di Luigi Manconi Il Messaggero, 15 agosto 2011 Se si dice “sovraffollamento” viene da pensare a una spiaggia di Ostia o di Riccione in questi giorni: sdraio messe a castello per guadagnare spazio; crema protezione 50 che si trasferisce da pelle a pelle per contatto fisico; ingresso in acqua con formazione a testuggine per penetrare la barriera dei corpi. Ma se questo scenario e l’incubo che evoca vengono proiettati nella dimensione blindata e claustrofobica di un carcere, il termine “sovraffollamento” risulta - come detto dal capo dello Stato Giorgio Napolitano nel convegno promosso dai Radicali - nulla più che “un eufemismo”. Perché in carcere l’incremento abnorme della popolazione detenuta rispetto a spazi tragicamente angusti significa tutt’altro. Crollo di tutti gli standard, già assai deficitari, dei servizi forniti, crescita parossistica della promiscuità, acuirsi patologico della tensione e dell’aggressività. Più concretamente: una doccia, in quel torrido microclima reclusorio, la puoi fare una volta ogni tre, quattro settimane; una sola cucina deve preparare oltre duemila pasti; una visita specialistica può richiedere un tempo di attesa praticamente infinito e l’autorizzazione può arrivare a decesso avvenuto (come ha raccontato a Radio radicale il cappellano di Poggio Reale, don Franco Esposito). Nella mappa dell’orrore carcerario il primato (si fa per dire) dell’affollamento è tenuto saldamente in pugno dall’istituto di Lamezia Terme, dove il numero dei reclusi è quasi doppio rispetto ai posti regolamentari. A livello nazionale, la situazione è altrettanto drammatica: circa 67 mila detenuti per 45 mila posti. Il sindaco di Lamezia Terme, Gianni Speranza (del quale nulla so, nemmeno lo schieramento di appartenenza) ha ritenuto di dover far sentire la propria voce, e giustamente. Il sindaco, infatti, è il primo responsabile di quanto avviene nel territorio da lui amministrato e la comunità dei reclusi è parte della più ampia comunità cittadina (si pensi che all’interno delle carceri, nelle scadenze elettorali, dovrebbero essere disponibili le urne per il voto, e accade assai di rado). Di conseguenza, il primo cittadino, che pure non ha possibilità di accesso in carcere a causa di una normativa scandalosa, è chiamato a rispondere delle condizioni igienico - sanitarie degli istituti. E così, tre giorni fa, Speranza si è rivolto al ministro della Giustizia Nitto Palma, auspicando “un intervento per risolvere radicalmente il problema”. La formula utilizzata, quel “risolvere radicalmente”, sembra richiamare le parole pronunciate dal capo dello Stato nell’occasione prima ricordata. Giorgio Napolitano ha chiesto a governo e parlamento di considerare, oltre a “rimedi già prospettati”, anche “ogni altro possibile intervento, non escludendo pregiudizialmente nessuna ipotesi che possa rendersi necessaria”. In queste parole molti hanno letto un invito a pendere in esame, con la necessaria prudenza e il dovuto equilibrio, un’ipotesi come quella dell’amnistia, per la quale si battono i radicali e per la quale ieri qualche migliaio di persone (parlamentari e detenuti, sacerdoti e poliziotti penitenziari) hanno attuato uno sciopero della fame e della sete. A questa iniziativa, con un energico invito (“Digiunare per le carceri”) ha aderito, sulle colonne di Repubblica, Adriano Sofri, che ha descritto la condizione detentiva del nostro paese tanto con precisione analitica quanto con intensità emotiva. Sia chiaro: l’amnistia è una misura assai delicata, ma - è davvero singolare che nessuno lo rammenti - prevista dalla nostra costituzione, e che potrebbe “rendersi necessaria” per intervenire efficacemente in una situazione palesemente di emergenza, quale quella attuale. Un provvedimento d’eccezione per una condizione d’eccezione, che avrebbe l’effetto, tra l’altro, di ridurre l’enorme carico di lavoro della magistratura. Fatta l’amnistia e ripristinato, così, un minimo di normalità, si potrebbe porre mano finalmente alle riforme di sistema. Non la pensa così il ministro della Giustizia che ha escluso una simile ipotesi perché “poi ideamene non percorribile”: e ha indicato come soluzione più opportuna quella della de-penalizzazione. Ovvero la riduzione del numero di atti e comportamenti, violazioni e infrazioni oggi classificati come fattispecie penali: cioè reati da sanzionare con la detenzione in cella. Parole sante, ma contraddette da due fatti pesanti come macigni. Il primo: l’attuale governo, lungi dal ridurre, ha ampliato il catalogo dei reati e delle pene (introducendovi, ad esempio, clandestinità e aggravante per clandestinità). Il secondo fatto contraddittorio - come sottolinea Enrico Sbriglia, segretario del sindacato dei direttori penitenziari - è che “da vent’anni”, a destra come a sinistra, quella viene indicata come la strada giusta: per un verso, la depenalizzazione e, per l’altro, la de-carcerizzazione (la riduzione del numero dei reati che prevedano la detenzione). Ma nulla si è fatto in tal senso. E questo il motivo che rende una misura, in apparenza “politicamente non percorribile”, la sola forse dotata di ragionevolezza e di buon senso. La si discuta con serietà, almeno. Giustizia: in 2.098 hanno aderito all’iniziativa di sciopero totale della fame e della sete Notizie Radicali, 15 agosto 2011 Allo sciopero della fame e della sete del 14 agosto hanno aderito 2.098 persone. Tra loro parlamentari, dirigenti e direttori penitenziari e persone che a vario titolo si occupano di carcere: agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali, medici, infermieri, personale amministrativo, volontari, cappellani, rappresentanti delle istituzioni o del mondo dell’associazionismo, ma anche tanti detenuti “ignoti” insieme alle loro famiglie e tanti comuni cittadini che continuano a credere nella Costituzione e nello Stato di diritto. Di ora in ora crescevano le adesioni alla giornata di sciopero totale della fame e della sete per chiedere la convocazione straordinaria del Parlamento. Si intendeva chiedere di dare seguito alle parole del Presidente della Repubblica che, in occasione del recente convegno al Senato “Giustizia! In nome della legge e del popolo sovrano”, ha definito quella della giustizia e delle carceri “una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”. Giustizia: la protesta dei detenuti continua, polemica sulle visite in carcere Nitto Palma La Repubblica, 15 agosto 2011 Il Guardasigilli applaudito dai sindacati di polizia penitenziaria per la visita “a sorpresa” a Rebibbia, attaccato per quella “annunciata” a Regina Coeli. Il giorno dopo lo sciopero della fame e della sete, la politica si interroga su amnistia o depenalizzazione. Casini: “In Parlamento provvedimenti veri”. Il giorno dopo lo sciopero della fame e della sete 1 dentro e fuori le carceri su iniziativa dei radicali per richiamare l’attenzione sul sovraffollamento, la protesta dei detenuti va avanti. E la politica si interroga sulle misure da adottare, sollecitata anche dal richiamo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E le sigle dei sindacati di polizia penitenziaria si dividono sulla visita del ministro della Giustizia, Nitto Palma, agli istituti di pena romani di Rebibbia e Regina Coeli. Fra Rebibbia e Regina Coeli. Il Guardasigilli in mattinata si è presentato in forma “privata” a Rebibbia, dove ha visitato il braccio maschile e quello femminile, dove ha ricevuto applausi. L’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) promuove la visita “a sorpresa” di Palma a Rebibbia, perché ha evitato al personale l’impegno a Ferragosto per l’allestimento di una passerella annunciata. Esattamente la critica che al ministro muove il Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria, l’organizzazione più rappresentativa della categoria con oltre 12mila iscritti, per la visita di Palma a Regina Coeli, accompagnato dal sottosegretario Gianni Letta. Donato Capece e Giovanni Passaro, segretario generale e segretario provinciale di Roma del sindacato, giudicano “inopportuno” l’annunciato arrivo del Guardasigilli tra le mura del carcere trasteverino, per il quale “è stato richiamato in servizio il personale di polizia penitenziaria, sopprimendo giorni di ferie e riposi settimanali”. “Per la conferenza stampa dell’onorevole ministro - si legge ancora nella nota - il carcere ha subito pulizie straordinarie, è stato ornato con piante e tappeti. Il tutto, con dispendio di svariate ore di lavoro straordinario, che chissà quando saranno retribuite a causa degli scarsi fondi. E poi, ci si lamenta dello sperpero di risorse della pubblica amministrazione”. “Sarebbe stato responsabile - conclude la nota del sindacato - visitare la struttura penitenziaria senza alcun preavviso, in modo tale da prendere coscienza della criticità ed emergenza delle carceri, dove si ha un rapporto 1/200 agenti/detenuti e le garanzie poste dalla Costituzione sono calpestate”. Il Guardasigilli per ora non replica, preferendo annunciare, nel corso della conferenza stampa al Viminale 2 al termine della riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, che “il premier Berlusconi ha escluso che la manovra comporterà tagli all’edilizia carceraria”. Più tardi, a Regina Coeli, Palma e Letta ringraziano Napolitano, Marco Pannella e tutto il personale della polizia penitenziaria. Il ministro, in particolare, dice di sentirsi “confortato dall’attenzione” con cui il capo dello Stato segue la questione carceri. Nell’occasione, Palma annuncia la nomina di Simonetta Matone, ex pm della procura per i minorenni di Roma, a nuovo vice capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Ma alle oltre duemila persone che ieri hanno aderito allo sciopero della fame e della sete non basta. Bisogna trovare il modo di alleggerire la pressione demografica negli istituti. Un’emergenza per la quale il presidente della Repubblica ieri ha invocato l’urgente intervento del Parlamento. Mentre cresce il dibattito tra chi, come il leader radicale Marco Pannella, chiede al più presto un’amnistia e chi, come lo stesso ministro Palma, pone allo studio misure di depenalizzazione. Il dibattito politico. Come annunciato ieri, il leader Udc Pier Ferdinando Casini si è recato in visita alla casa circondariale di Borgo San Nicola di Lecce. “Dobbiamo accettare la giusta provocazione radicale di occuparci di più delle carceri italiane e arrivare con dei provvedimenti veri in Parlamento, come quelli su cui ha già incominciato il ministro della Giustizia” ha detto Casini, che nel dibattito non si schiera. “Bisogna fare tutto - afferma il leader Udc -, nuove carceri, una strategia di misure alternative e forse bisogna depenalizzare alcuni reati. Soprattutto, più della metà degli ospiti del carcere di Lecce, sono detenuti in attesa di giudizio definitivo. Questa è un’altra cosa vergognosa, intollerabile, incivile. Ci siamo occupati di processi brevi, processi lunghi: occupiamoci finalmente di snellire queste procedure infinite, che sono indegne di un paese civile”. Il coordinatore Pdl Fabrizio Cicchitto spinge per una regolarizzazione della custodia preventiva “che talora viene usata in termini molto estensivi e anche per costringere gli imputati alle confessioni”, depenalizzazione dei reati minori ma no all’amnistia, “una via oggi impraticabile”. Secondo Cicchitto, “gli ultimi esempi negativi sono quello riguardante da un lato l’onorevole Papa, ristretto in carcere per un evidente fumus persecutionis e proprio per la sua qualità di deputato, e dall’altro il guidatore ubriaco che ieri l’altro ha ucciso tre persone e ne ha ferite altre cinque”. Un maggior ricorso agli arresti domiciliari è la misura suggerita al ministro Palma da un altro sindacato, Ugl Polizia Penitenziaria. “Siamo convinti - afferma il segretario Giuseppe Moretti -, come già evidenziato dal Guardasigilli, che sia più giusto seguire la strada della depenalizzazione dei reati minori, rispetto all’amnistia o all’indulto”, ma “bisogna fare presto” e “un maggior ricorso all’istituto degli arresti domiciliari rappresenterebbe una tra le tante soluzioni che potrebbero migliorare la situazione”. Magistratura Indipendente, la corrente più moderata delle toghe, dice “no” all’amnistia, “sì” a una strategia complessiva che comprenda tra l’altro la depenalizzazione, ma anche la revisione dell’ex Cirielli, “nella parte in cui in modo automatico si escludono dai benefici i recidivi”. Bisogna interrogarsi, aggiungono i magistrati, “sull’alto numero dei ristretti in attesa di giudizio”, e dunque sull’uso dello strumento della custodia cautelare in carcere, afferma il segretario Cosimo Ferri,” misura certamente utile, ma che deve essere applicata con particolare attenzione e nel pieno rispetto dei presupposti”. Altro problema da risolvere “è quello dell’alto numero dei soggetti ristretti stranieri. Gli accordi internazionali non vengono applicati, le misure alternative non vengono utilizzate per la popolazione extra comunitaria, eppure, il 40% dei detenuti è formata da extra-comunitari”. A Trieste “Fratelli d’Italia”. Nelle carceri la protesta non si è fermata, rilanciata se mai dalla visibilità offerta ieri dallo sciopero della fame e della sete. “Fate qualcosa per noi. Andare avanti così è impossibile” è l’appello che diversi detenuti del carcere delle Sughere, a Livorno, hanno fatto al garante dei detenuti Marco Solimano e al senatore del Pd Marco Filippi che stamani hanno visitato la casa circondariale livornese. Enrico Sbriglia, direttore del carcere di Trieste, che ieri ha digiunato, racconta che le sue detenute hanno protestato cantando “Fratelli d’Italia”, mentre i detenuti sbattevano pentole gridando “amnistia e libertà”. “Noi direttori, invece, insieme agli altri operatori di una sicurezza di regola senza armi, non possiamo ‘gridarè, però possiamo denunciare con un linguaggio burocratico le cose che non vanno”, conclude Sbriglia. Giustizia: appello di Napolitano; sull’emergenza carceri intervenga il Parlamento di Alberto Custodero La Repubblica, 15 agosto 2011 Il presidente della Repubblica ha telefonato ieri a Marco Pannella per “esprimere vicinanza e apprezzamento al leader radicale e a tutti i partecipanti alla giornata di mobilitazione sul tema del sovraffollamento delle carceri e dei diritti umani dei detenuti”. I carcerati in Italia sono 67mila a fronte di una capienza degli istituti di 45mila posti. In queste condizioni di sovraffollamento i diritti umani sono calpestati, il triste elenco dei suicidi, non solo detenuti disperati ma anche di agenti in depressione, è crescente. Il disagio di tante famiglie aumenta. Insomma, il sistema carcerario in Italia è un’autentica emergenza nazionale. “Questo straordinario impegno dei radicali - si legge in una nota del Quirinale - è valso a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, pur dominata in queste settimane dai problemi della crisi finanziaria, su drammatiche questioni come quelle sollevate anche dal presidente della Repubblica in occasione del recente convegno sulla giustizia e a sollecitare un intervento del Parlamento in tempi ravvicinati”. L’iniziativa promossa da Pannella alla quale hanno aderito in oltre 2 mila (fra questi, anche il deputato pdl Alfonso Papa, detenuto a Poggioreale), è la giornata di ieri di sciopero totale della fame e della sete per auspicare la convocazione straordinaria del Parlamento sui temi della giustizia e delle carceri. “L’amnistia - spiega il leader radicale - serve per la giustizia, per i magistrati, per i 9 milioni di cittadini che potrebbero aspettare anni per avere giustizia nei tribunali e nei processi. Le iniziative di depenalizzazione noi le chiediamo da 10 anni, ma senza l’amnistia e l’indulto non possiamo fare tutte le altre cose”. A questo proposito Rita Bernardini, deputata radicale eletta nel Pd, ha presentato progetti di legge su tutte le proposte avanzate in questi giorni dal ministro della Giustizia, Nitto Palma. Sono cominciate ieri, intanto, le visite che i politici ogni anno dedicano a Ferragosto alle carceri. Oggi alle 16 il ministro della Giustizia Nitto Palma, accompagnato dal sottosegretario Gianni Letta, si recherà al carcere di Regina Coeli a Roma. Casini visiterà stamattina la prigione di Lecce. Ma il senatore radicale Marco Perduca ha denunciato già domenica la “grave situazione” delle carceri di Siena e di San Gimignano nella quale “ci sono 403 presenti su 238 posti regolamentari”. Sovraffollamento anche nel penitenziario femminile di Pozzuoli ispezionato da Francesco Barbato. “La vita là dentro è un inferno - accusa il deputato Idv - a fronte dei 95 posti di capienza massima, le detenute sono 168, 12 per ogni cella di sette metri quadri”. “Tutt’altra situazione - ha aggiunto polemicamente Barbato - ho trovato una settimana fa al carcere di Poggioreale, dove al deputato Papa avevano assegnato una cella singola”. Carceri affollate, pressing del Quirinale (Corriere della Sera) Il Quirinale plaude all’operato dei Radicali che fanno sapere di aver raggiunto l’adesione di 2000 partecipanti allo sciopero della fame e della sete. Tra questi direttori di istituti di pena, sindacalisti della polizia penitenziaria, parlamentari e detenuti. Anche il deputato Alfono Papa in carcere a Napoli partecipa alla iniziativa. Il Parlamento intervenga rapidamente sul problema delle carceri. Nella giornata dello sciopero della fame e della sete promossa dai Radicali per chiedere la convocazione straordinaria delle Camere sull’emergenza degli istituti di pena, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha telefonato a Marco Pannella per esprimere la sua vicinanza e il suo apprezzamento al leader radicale e a tutti i partecipanti alla mobilitazione. “Questo straordinario impegno - fa sapere il Quirinale - è valso a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, pur dominata in queste settimane dai problemi della crisi finanziaria, su drammatiche questioni come quelle sollevate anche dal presidente della Repubblica in occasione del recente convegno sulla giustizia e a sollecitare un intervento del Parlamento in tempi ravvicinati”. In oltre duemila, fanno sapere i Radicali, hanno aderito allo sciopero della fame e della sete. Tra le adesioni quelli di diversi direttori di istituti di pena, sindacati della polizia penitenziaria, parlamentari e detenuti. Nonché quella di un parlamentare detenuto, Alfonso Papa, ospite a Poggioreale (Napoli). L’iniziativa dei Radicali ha avuto il plauso di Pier Ferdinando Casini. “A ferragosto - fa sapere il leader dell’Udc sulla sua pagina di Facebook - visiterò il carcere di Lecce. Sento il bisogno di ringraziare i Radicali Italiani e Marco Pannella dal quale mi dividono tante cose, ma a cui devo onestamente riconoscere una grande coerenza e passione civile, su questa e altre battaglie”. Anche il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, trascorrerà il giorno di Ferragosto con i detenuti del carcere genovese Marassi. A sorpresa e in forma “privata” la visita che il ministro della Giustizia Nitto Palma ha compiuto nel carcere romano di Rebibbia, dove ha visitato sia il braccio maschile, sia quello femminile. Una scelta apprezzata da alcune detenute, che hanno voluto sottolineare il loro consenso con un applauso. Oggi pomeriggio è attesa la visita del ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, accompagnato dal sottosegretario Gianni Letta, al carcere di Regina Coeli (Roma). Contemporaneamente, le radicali Emma Bonino e Rita Bernardini saranno a Rebibbia. Il nuovo ministro Palma ha parlato di depenalizzazione di reati minori, ma Bernardini è pessimista. “È una vita che la propongono - spiega - ma non ci sarà mai. Serve un’amnistia che apra la strada ad una vera riforma, perché il carcere è il terminale di una giustizia che non funziona”. Intanto, gli ultimi dati indicano in 67mila i detenuti, a fronte di una capienza degli istituti di 45mila posti. Giustizia: il ministro Palma; l’amnistia non risolve i problemi, ora interventi strutturali Ansa, 15 agosto 2011 Nessun “no” definitivo, ma il neoministro della Giustizia Nitto Francesco palma ha espresso dubbi sull’ipotesi di un’amnistia per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri italiane. “L’amnistia avrebbe effetto in ordine alle persone detenute ma non è un intervento definitivo” ha detto il Guardasigilli in visita al carcere romano di Regina Coeli assieme al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Dopo aver ricordato che l’indulto approvato sotto il governo Prodi ha svuotato solo temporaneamente gli istituti di pena italiani, Palma, che ha precisato di non voler “prendere posizione” definitiva sul tema, ha però assicurato di essere “assolutamente disponibile al confronto e pronto a cambiare idea”. Il ministro Palma ha comunque assicurato che il piano carceri è già partito e porterà entro l’inizio del 2013 alla costruzione di 19 nuovi padiglioni e 11 istituti. L’indulto o l’amnistia sono la soluzione richiesta da Marco Pannella per la crisi del sovraffollamento. Ieri i radicali con circa duemila adesioni hanno dato vita a 24 ore di sciopero totale della sete e della fame. Berlusconi ha escluso tagli a edilizia carceraria La manovra produrrà effetti sul piano di edilizia carceraria? “Il premier Berlusconi in conferenza stampa ha escluso che la manovra comporterà tagli all’edilizia carceraria”. Il ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, ha risposto così nel corso della conferenza stampa di ferragosto al Viminale. Giustizia: Letta e Palma ringraziano Napolitano e Pannella, ma anche Polizia penitenziaria Ansa, 15 agosto 2011 Il capo dello Stato e Marco Pannella, ma anche tutto il personale della polizia penitenziaria: a loro il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta e il ministro della Giustizia Nitto Palma hanno rivolto il loro ringraziamento nel corso della conferenza stampa a Regina Coeli. E Letta da parte sua, dando ragione al ministro sull’esigenza di un intervento ‘sistemico per affrontare alla radice il problema delle carceri’, ha assicurato la ‘solidarietà convinta con cui il governo sosterrà il suo impegnò. “Ringraziamo il capo dello Stato per aver segnalato all’opinione pubblica, ma anche al governo e alla sua maggioranza e al Parlamento, la serietà del problema delle carceri e la prepotente urgenza con cui si deve intervenire”, ha detto Letta, che ha rivolto il suo grazie anche a Pannella (caro Marco, una volta di più sei stato utile al Paese). Parole simili a quelle pronunciate poco prima da Palma, che ha detto di sentirsi confortato dall’attenzione con cui il capo dello Stato segue la questione carceri. Ringraziamenti anche alla polizia penitenziaria, che svolge un lavoro difficile in condizioni impossibili, hanno riconosciuto i due esponenti del governo, visto anche la grave carenza di organico (mancano 6.000 agenti). Giustizia: sottosegretario Caliendo; carceri al collasso, dopo le ferie si pensa a depenalizzazione Secolo XIX, 15 agosto 2011 No a indulto e amnistia, sì a un piano di depenalizzazione: è il pensiero di Giacomo Caliendo, sottosegretario alla Giustizia, espresso questa mattina al termine della visita istituzionale nel carcere di Marassi, nel capoluogo ligure. “Non è necessario alcun provvedimento di clemenza, perché le amnistie e gli indulti, che ci sono stati negli scorsi anni, hanno risolto solo temporaneamente il problema - ha detto Caliendo - Abbiamo un “piano carceri” che dovrebbe essere realizzato al più presto e, nello stesso tempo, stiamo mettendo insieme una commissione per presentare, dopo le ferie, un progetto di depenalizzazione per alleggerire il peso sulle carceri”. Per quello che riguarda il cosiddetto “piano carceri”, ha aggiunto Caliendo, “i soldi sono già stanziati, sono già state fatte le pratiche amministrative e burocratiche per realizzare le opere attraverso l’istituzione del commissario straordinario e sono pronte le gare d’appalto per i primi padiglioni”. Il sottosegretario ha aggiunto che la situazione del carcere di Marassi rappresenta “emblematicamente la situazione di tutta Italia: ci sono circa 800 detenuti, e la situazione è difficile, ma, nonostante una riduzione del numero degli agenti, la polizia Penitenziaria riesce a gestire la situazione magnificamente”. Infine, Caliendo ha accennato anche alla difficile situazione carceraria di Savona: “Conosco bene la situazione, e questa è una delle piaghe che dovremo risolvere”. Poco prima della visita di Caliendo, della questione aveva parlato Roberto Martinelli, segretario generale del sindacato Sappe, che tutela gli interessi della Penitenziaria: “Il sovraffollamento degli istituti di pena è una realtà che umilia l’Italia rispetto al resto dell’Europa”. Martinelli, inoltre, ha fatto sua “l’impietosa osservazione fatta nei giorni scorsi dal presidente Napolitano, che ha sottolineato con forza come ciò sia dovuto al peso gravemente negativo di “oscillanti e incerte scelte politiche e legislative”, tra tendenziali depenalizzazione e “de-peninteziarizzazione” e “ciclica ripenalizzazione”, con un crescente ricorso alla custodia cautelare, abnorme estensione della carcerazione preventiva”. “È grave - aveva aggiunto Martinelli - che la classe politica, dopo avere visitato in massa le carceri, non sia ancora stata in grado di trovare soluzioni politiche e amministrative al tracollo del sistema penitenziario italiano, come invece trovò nel 2006, con la fallimentare legge dell’indulto. Rinnoviamo ai tanti rappresentanti dei cittadini, in particolare a quelli che in occasione di Ferragosto si sono recati o si recheranno in carcere, l’invito e il monito a non sottovalutare la portata storica del loro gesto, riducendolo a un gesto di mera passarella mediatica”. Infine, qualche dato sulla situazione della Liguria, dove “gli istituti di pena sono al collasso”: nel 2010, ha riferito Martinelli, “23 detenuti hanno tentato il suicidio, 220 hanno compiuto atti di autolesionismo, 61 hanno posto in essere i ferimenti, 2 sono stati i suicidi e 5 le morti per cause naturali e quasi 1500 sono stati i detenuti coinvolti in manifestazioni su sovraffollamento e condizioni di vita interne, proteste che si sono concretizzate in scioperi della fame e soprattutto nella percussione dei cancelli e delle inferriate delle celle”. In particolare, a Marassi, l’anno scorso si sono registrati tra i detenuti “6 tentativi di suicidio, 3 decessi per casi naturali, 111 episodi di autolesionismo, 93 detenuti hanno fatto lo sciopero della fame, 17 hanno rifiutato la somministrazione delle terapie mediche e in 82 casi sono stati registrati danneggiamenti di beni in uso ai detenuti e due mancati rientri dalla semilibertà o da permessi premio”. Nonostante tutto questo, aveva concluso Martinelli, “l’organico della polizia Penitenziaria nelle sette carceri della Liguria, che dovrebbe contare 1264 unità, in realtà ha 850” addetti. Giustizia: Magistratura Indipendente; no all’amnistia, sì alle misure alternative anche ai recidivi Ansa, 15 agosto 2011 No all’amnistia, che andava invece fatta all’epoca dell’indulto, sì invece a una strategia complessiva che comprenda tra l’altro la depenalizzazione, ma anche la revisione dell’ex Cirielli, “nella parte in cui in modo automatico si escludono dai benefici i recidivi”. Magistratura Indipendente, la corrente più moderata delle toghe, ritiene che il problema del sovraffollamento carcerario vada risolto una volta per tutte e non con interventi limitati e poco efficaci come è avvenuto nel passato. Bisogna interrogarsi sull’alto numero dei ristretti in attesa di giudizio, e dunque sull’uso dello strumento della custodia cautelare in carcere, afferma il segretario Cosimo Ferri, misura certamente utile, ma che deve essere applicata con particolare attenzione e nel pieno rispetto dei presupposti. Proprio in un’ottica più garantista Magistratura Indipendente aveva proposto di prevedere un giudice collegiale distrettuale per l’applicazione delle misure cautelari personali ma occorrono per questo forti investimenti organizzativi. Un altro problema da risolvere è quello dell’alto numero dei soggetti ristretti stranieri. Gli accordi internazionali non vengono applicati, le misure alternative non vengono utilizzate per la popolazione extra comunitaria, eppure, il 40% dei detenuti è formata da extra-comunitari. Lasciare più discrezionalità al giudice di sorveglianza affinché possa applicare in alcuni casi (da valutare con attenzione) misure alternative anche ai recidivi reiterati è un’altra delle proposte di Mi, che dice anche sì alla depenalizzazione purché accompagnata ad un intervento sui limiti edittali della pena. Occorre anche riflettere sulla migliore efficacia di alcune sanzioni amministrative rispetto al carcere: si pensi, ad esempio, al reato della guida senza patente ed a tutto quello che riguarda oggi il Codice della Strada, rispetto ai quali la confisca dell’autovettura, la revoca della patente, sono misure davvero più efficaci rispetto alla sanzione penale. Giustizia: Pdl; amnistia impraticabile, sì depenalizzazione e regolazione della custodia cautelare Tm News, 15 agosto 2011 No all’amnistia per risolvere il problema carceri: lo afferma Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera dei deputati, che propone la depenalizzazione dei reati minori e una regolazione più rigorosa della custodia preventiva. “Il ministro Nitto Palma ha la sensibilità politica e la competenza tecnica per affrontare, nelle difficilissime condizioni esistenti, il problema del sovraffollamento delle carceri posto in questi mesi da Marco Pannella e sottolineato ieri dal Presidente della Repubblica”, afferma Cicchitto in una nota. “Nel passato venivano fatte periodiche amnistie che essenzialmente servivano proprio a svuotare le carceri che poi si riempivano nuovamente in un paio d’anni. Questa via oggi è impraticabile. Allora i percorsi per affrontare una situazione insostenibile, che sta rendendo le carceri italiane delle autentiche camere di tortura, ci sembrano quello della depenalizzazione dei reati minori e - collegato a esso - quello di una regolazione più rigorosa della custodia preventiva che talora viene usata in termini molto estensivi e anche per costringere gli imputati alle confessioni. Gli ultimi esempi negativi - conclude Cicchitto - sono quello riguardante da un lato l’onorevole Papa ristretto in carcere per un evidente fumus persecutionis e proprio per la sua qualità di deputato, e dall’altro il guidatore ubriaco che ieri l’altro ha ucciso tre persone e ne ha ferite altre cinque”. Sbai: riportare attenzione sulle vittime Le parole del Capo dello Stato sulla situazione delle carceri e sulla battaglia di Marco Pannella su questo, hanno fatto molto parlare i media. Su questo abbiamo sentito Souad Sbai (Pdl) che ricorda: “Credo sia arrivato il momento di riportare l’attenzione sulle vittime dei reati”. Prosegue: “Coloro che hanno commesso dei delitti, spesso atroci al limite dell’inconfessabilità, non penso meritino la prima pagina, ma che prima di loro venga chi ha subito un danno che ne condizionerà la vita”. “Noi ascoltiamo ogni giorno donne vittima di violenza e costrette a vivere nelle case di accoglienza perché nel terrore di essere trovate e colpite di nuovo”. “A loro va la nostra attenzione. Faccio appello al Ministro Palma, affinché si studi una soluzione che veda l’allargamento delle strutture carcerarie e l’abbreviamento della durata dei processi”. Prima risarcire le vittime e fare giustizia, poi altre considerazioni. Questo pare l’animus delle dichiarazioni e del pensiero della Sbai. Giustizia: Udc; in parlamento con provvedimenti veri, per depenalizzazione e misure alternative Ansa, 15 agosto 2011 “Dobbiamo accettare la giusta provocazione radicale di occuparci di più delle carceri italiane e arrivare con dei provvedimenti veri in Parlamento come quelli anche su cui ha già incominciato il ministro della Giustizia”. Lo ha detto il leader dell’Udc, Pierferdinando Casini, dopo aver visitato insieme ai parlamentari salentini Lorenzo Ria e Salvatore Ruggeri la casa circondariale di Borgo San Nicola di Lecce dove ha trovato una ‘situazione difficile, perché c’è il doppio di carcerati di quelli che potrebbero essere ospitati’ e dove ha registrato ‘un grande sforzo della polizia penitenziaria e una grande civiltà da parte dei carcerati’. Il sovraffollamento per Casini è un elemento di cui prendere atto. Certo, bisogna lavorare, fare qualcosa di concreto, incisivo, anche con ipotesi depenalizzazione, uso di alternative al carcere, che si possono applicare. Le misure alternative - ha insistito - sono una priorità assieme all’edilizia carceraria. Io non stabilirei delle classifiche. Bisogna fare tutto: nuove carceri, una strategia di misure alternative e forse bisogna depenalizzare alcuni reati. E soprattutto, più della metà degli ospiti del carcere di Lecce, sono detenuti in attesa di giudizio definitivo. Questa è un’altra cosa vergognosa, intollerabile, incivile. Ci siamo occupati di processi brevi, processi lunghi - ha concluso Casini - occupiamoci finalmente di snellire queste procedure infinite, che sono indegne di un paese civile. Giustizia: Idv; no all’indulto, ma leggi serie per evitare emergenza carceri Tm News, 15 agosto 2011 “Nei tre anni in cui Angelino Alfano ha occupato il ministero della Giustizia ha annunciato, vado a memoria, almeno quattro o cinque volte, un piano straordinario per risolvere una volta per tutte l`emergenza carceraria. Al governo, però, non frega nulla del sovraffollamento degli istituti di pena perché, tanto, agli amici e agli amici degli amici la galera l`ha evitata con leggi ad personam. Non gli interessa né la condizione dei detenuti né tanto meno quello degli agenti di polizia penitenziaria o degli altri lavoratori del settore”. Lo scrive sul suo blog il presidente dei senatori dell’Italia dei Valori, Felice Belisario. “Non solo il governo non ha fatto nulla - prosegue l’esponente dipietrista - ma ha addirittura peggiorato la condizione creando nuovi reati da punire con la galera, come ad esempio la condizione di immigrato clandestino. La soluzione non è quella prospettata da alcune forze politiche, vale a dire l`indulto o l`amnistia. L`Italia dei Valori ha votato contro l`indulto addirittura quando era forza di maggioranza, ai tempi del secondo governo Prodi. Altre sono le soluzioni che abbiamo prospettato da tempo e che sono scritte nei disegni di legge che abbiamo depositato in tutti questi anni. Si va dalla riforma dei codici alla depenalizzazione di alcuni reati, dagli investimenti telematici a quelli per nuove carceri, alla modifica dello stato di detenzione per immigrati clandestini, tossicodipendenti e altre categorie. Al nuovo Guardasigilli, Nitto Palma, che è stato magistrato e che conosce quindi bene il problema, l`Italia dei Valori si appella affinché si possa discutere approfonditamente e finalmente trovare una soluzione a un problema antico che peggiora di giorno in giorno. Si faccia in fretta prima di trovarci di fronte a un`emergenza sociale. Ma niente scorciatoie per favorire i colletti bianchi e gli amici degli amici: per i corrotti - conclude Belisario - nessuna indulgenza”. Giustizia: Ugl al ministro Palma; situazione insostenibile più ricorso a arresti domiciliari Ansa, 15 agosto 2011 “Bisogna fare presto. Servono provvedimenti urgenti perché la situazione nelle carceri italiane è oramai insostenibile”. È la sollecitazione l’Ugl Polizia Penitenziaria rivolge al ministro della Giustizia, Nitto Palma. “Siamo convinti, come già evidenziato dal Guardasigilli, che sia più giusto seguire la strada della depenalizzazione dei reati minori, rispetto all’amnistia o all’indulto un maggior ricorso all’istituto degli arresti domiciliari rappresenterebbe una tra le tante soluzioni che potrebbero migliorare la situazione all’interno delle carceri, consentendo azioni di recupero e reinserimento che la situazione di estremo sovraffollamento ora non consente”, afferma il segretario Giuseppe Moretti. Per il sindacalista, “il monito di ieri del Presidente della Repubblica insieme a iniziative come quelle portate avanti dai radicali, devono spingere ad una seria riflessione al fine di migliorare non solo le condizioni di vita dei detenuti, ma anche di ridare dignità al lavoro della Polizia Penitenziaria grazie alla quale sono stati sventati numerosi suicidi ed evitate situazioni altrettanto drammatiche”. Giustizia: su Facebook la solidarietà ai detenuti dell’Unione Giovani Avvocati Italiani Adnkronos, 15 agosto 2011 La solidarietà a tutti i detenuti arriva, nel giorno dello sciopero della fame e della sete indetto dal leader radicale Marco Pannella per sollecitare un intervento rapido del Parlamento sull’emergenza carceri, dall’Unione Giovani Avvocati Italiani, che ha creato un gruppo su Facebook, al quale hanno aderito oltre 1.000 professionisti. “In occasione del giorno dello sciopero della fame e della sete anche i giovani avvocati italiani intendono rappresentare la solidarietà verso i cittadini detenuti e le loro condizioni carcerarie ormai da tempo oltre il limite consentito in un paese civile. Attraverso il nostro gruppo su Fb intitolato “Avvocati solidali con detenuti: sì ad espiazione pena, no a carceri lager” - spiega una nota - l’Unione Giovani Avvocati Italiani inviterà tutti i colleghi a inserire, come foto nel profilo del proprio account di fb, l’immagine identificativa del gruppo per ricordare le condizioni carcerarie dei detenuti in Italia”. “L’Unione dei Giovani Avvocati Italiani riafferma sì la necessità che ogni pena venga scontata, ma che ciò avvenga senza violare l’articolo 32 della Costituzione che tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività, e l’articolo 27 per il quale in nessun cassò la legge può determinare come pene ‘trattamenti contrari al senso di umanità”. Attraverso il nostro gruppo su fb, cui hanno aderito più di 1.000 Colleghi - conclude la nota - vogliamo rappresentare un momento di riflessione sull’insostenibile stato delle carceri in Italia decretato più volte persino dalla Corte europea dei diritti dell’uomo”. Giustizia: la madre di Franceschi; un mistero la fine di Daniele, ora mi incatenerò all’Eliseo La Nazione, 15 agosto 2011 “Andrò là, davanti all’Eliseo. E se sarà necessario mi ci incatenerò. Mio figlio è morto da un anno e io ancora non so nulla. Adesso basta”. Mamma Cira Antignano non s’arrende. Non molla, no. Mai. E il 25 agosto, primo anniversario della morte di suo figlio Daniele Franceschi, deceduto a trentasei anni nel carcere di Grasse in Francia in circostanze da chiarire, andrà direttamente a ‘casà di Nicolas Sarkozy e Carla Bruni, la première dame che nel novembre del 2010 le scrisse: “La giustizia francese non deluderà le sue aspettative”. Da allora, però, niente di nuovo dalla Francia. Anzi: la madre di Daniele attende ancora che le vengano restituiti gli organi del figlio, rimasti nei laboratori d’oltralpe. “Li teniamo qui - risposero, tempo fa, le autorità francesi agli avvocati di Cira Antignano - perché gli eventuali indagati per la morte di Daniele potrebbero richiedere analisi ed esami di parte”. Ma di indagati, al momento, non ce ne sono. Si attende ancora l’ultima perizia francese, quella del “nesso causale”, che dovrebbe appunto indicare eventuali responsabilità. E, soprattutto, a carico di chi. Il 25 agosto 2010, Daniele viene trovato morto nella cella del carcere di Grasse, a Nizza, dov’è detenuto da alcuni mesi con l’accusa di avere commesso un reato contro il patrimonio. Si parla, fin da subito, di un possibile arresto cardiaco: un’ipotesi confermata anche dai successivi esami francesi. Ma non è possibile eseguire gli stessi esami in Italia, visto che il corpo del giovane viene restituito, nell’ottobre del 2010, già deteriorato e privo degli organi interni. Cuore compreso. Il dottor Lorenzo Varetto, medico legale dei casi di Cogne e Garlasco, che effettua l’autopsia all’ospedale “Versilia”, può far poco, se non constatare che non ci sono ecchimosi. Daniele, quindi, non fu picchiato. Probabilmente. Ma fu soccorso in tempo? Nei giorni precedenti quel maledetto 25 agosto - come emerge dalle lettere inviate alla madre e da alcune missive consegnate alla stessa mamma solo molti mesi dopo la morte del giovane - il ragazzo aveva accusato forti dolori al petto e si era rivolto al personale medico del carcere. Aveva assunto, a più riprese, antidolorifici, come è poi emerso dagli esami tossicologici effettuati in Francia su quegli organi mai restituiti. Poi, il decesso in cella. Mamma Cira le ha provate proprio tutte. Ha manifestato davanti al carcere di Grasse, al consolato francese a Firenze e all’ambasciata a Roma, ha lanciato appelli a tutti i livelli, dal ministro Frattini al presidente Napolitano, fino - appunto - alla Bruni. Ora che si avvicina il 25 agosto, sente di dover far un altro passo. L’ennesimo. Quello promesso da tempo. “Ho già il biglietto aereo in tasca: il 25 sarò là, all’Eliseo”, ci ha confermato ieri pomeriggio al telefono. Annunciandoci anche che porterà lo stesso striscione di sempre. Quello che la accompagna da quasi un anno, fisicamente nelle manifestazioni, mentalmente in ogni momento del giorno e della notte. “Verità e giustizia”. Napoli: il Cappellano di Poggioreale; situazione molto difficile, detenuti sono doppio di capienza www.toscanaoggi.it, 15 agosto 2011 “Una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”: così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha definito la situazione delle carceri e in una nota di ieri del Quirinale ha sollecitato “un intervento del Parlamento in tempi ravvicinati”. “Credo che sia importante l’intervento di Napolitano - dice al Sir don Franco Esposito, direttore dell’Ufficio di pastorale carceraria dell’arcidiocesi di Napoli e cappellano nel carcere di Poggioreale - perché la situazione è veramente drammatica, non solo perché i detenuti vivono in situazioni in cui la dignità umana viene quotidianamente calpestata sia nei diritti fondamentali di una convivenza serena sia nei diritti alla salute, all’igiene, al vitto”. Le carceri sono sovraffollate: “A Poggioreale, ad esempio - ricorda il cappellano - dovrebbe esserci al massimo 1.100 detenuti e ce ne sono 2.200 e le conseguenze non si fanno attendere. Tutto ciò è a discapito della rieducazione. Quando ci sono tanti detenuti in sovraffollamento è impossibile qualsiasi tipo di iniziativa di socialità, tutto viene sacrificato alla sicurezza, per cui i detenuti restano chiusi nelle celle per 22 ore al giorno”. Altro problema sono i tagli nell’amministrazione carceraria, che “hanno provocato ulteriori disagi, come a Poggioreale dove ci sono voluti tre mesi per aggiustare la caldaia dell’acqua calda”. Sempre nel carcere napoletano, denuncia don Esposito, “c’è una cucina che serve 2.200 persone, mentre in teoria in qualsiasi istituto in Italia una cucina dovrebbe servire al massimo 400 persone. La conseguenza è che il vitto è immangiabile, per cui ogni giorno vengono buttate tonnellate di cibo”. “Mi sembra - sottolinea il cappellano - che non ci siano interventi seri da parte dei politici, perché temono di perdere il consenso popolare se parlano di benefici o misure alternative al carcere. La gente, infatti, erroneamente, pensa che il carcere dia sicurezza, mentre è proprio l’opposto”. Secondo il direttore della Pastorale carceraria napoletana, “da questo tipo di carcere i detenuti escono peggiori di quando sono entrati, contro le istituzioni perché sentono di aver subito una pena più grande del dovuto: si entra nel carcere colpevoli di un reato che si è commesso e si esce vittime di un reato che si è subito”. Questo tipo di carcere, dunque, “non crea sicurezza, perché gli ex detenuti che ritornano nella società escono incattiviti”. Inoltre, all’interno dell’istituto di pena si viene a creare “una situazione di camorra, in quanto in una cella di 15-20 persone ci sono quelli che non hanno niente e non fanno colloqui e che subiscono le angherie dei prepotenti”. Questo carcere “alimenta la criminalità e noi come Chiesa non possiamo non denunciare queste situazioni”. Roma: Osapp; soddisfatti per la visita del ministro Palma a Rebibbia questa mattina Ansa, 15 agosto 2011 “Siamo soddisfatti che il Ministro della Giustizia Nitto Francesco Palma si sia presentato, a sorpresa, questa mattina al polo penitenziario di Roma-Rebibbia, assieme al capo dell’Amministrazione penitenziaria Franco Ionta ed abbia visitato tutti e quattro gli istituti penitenziari della struttura (Nuovo Complesso, Reclusione, 3/A Casa Circondariale e Femminile)”. È quanto riferisce Leo Beneduci segretario generale dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria). “Come sindacato e come operatori di polizia penitenziario, - prosegue il sindacalista - avevamo già lamentato i ‘costi’ in termini di personale e di mezzi delle passarelle ferragostane preannunciate nelle carceri, mentre il fatto che il Ministro Palma, a pochi giorni dalla nomina, si sia già sottratto a tale prassi per rendersi conto de visu della povertà delle attuali risorse penitenziarie e delle misere condizioni degli operatori e dell’utenza nelle carceri, ci rende maggiormente fiduciosi nel futuro”. “Attendiamo, quindi, dal Guardasigilli ulteriori sorprese - conclude Beneduci - anche dal punto di vista normativo, per il sistema Giustizia e per le carceri e, in particolare, per il riassetto e la riorganizzazione della Polizia Penitenziaria, dopo venti anni di una riforma del corpo di fatto incompleta e per rendere alle donne e agli uomini in uniforme negli istituti penitenziaria una dignità pari a quella degli appartenenti alle altre forze di polizia”. Roma: Sappe; inutile visita di Palma a Regina Coeli, realtà carceraria da vivere in quotidianità Ansa, 15 agosto 2011 Sappe: inutile la visita di Palma. La realtà carceraria è da vivere nella quotidianità. Ferragosto, giornata di visite carcerarie di eccellenza, ma per il Sappe è decisamente inopportuna, la visita programmata del Ministro della Giustizia Palma presso il carcere romano di Regina Coeli. A dare questa comunicazione sono Donato Capece e Giovanni Passaro, rispettivamente Segretario Generale e Segretario Provinciale di Roma del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, che segnalano come a causa della visita del Ministro è stato richiamato in servizio il personale di polizia penitenziaria, sopprimendo giorni di ferie e riposi settimanali. Il Sappe con i suoi 12mila iscritti è sicuramente il sindacato per eccellenza dei lavoratori nelle strutture di pena. “È prassi consolidata la visita di autorità durante i giorni festivi, che comportano notevole dispendio di risorse economiche e di poliziotti penitenziari. Infatti, per la conferenza stampa dell’onorevole Ministro il carcere “perenne cantiere vivente” ha subito pulizie straordinarie, è stato ornato con piante e tappeti. Il tutto, con dispendio di svariate ore di lavoro straordinario, che chissà quando saranno retribuite a causa degli scarsi fondi. E poi, ci si lamenta dello sperpero di risorse della Pubblica Amministrazione” afferma una nota. Secondo i portavoce del Sappe “sarebbe stato responsabile visitare la struttura penitenziaria senza alcun preavviso, in modo tale da prendere coscienza della criticità ed emergenza delle carceri, dove si ha un rapporto 1/200 agenti/detenuti e le garanzie poste dalla Costituzione sono calpestate. Per queste ragioni la Segreteria Generale e quella Provinciale di Roma del Sappe sollecitano le più alte Autorità dello Stato ad un immediato intervento in materia penitenziaria. A titolo di esempio, per deflazionare la presenza dei detenuti nelle carceri e orientare la pena sul principio della rieducazione, si potrebbe ricorrere all’obbligo del lavoro di pubblica utilità, attualmente facoltativo per le sanzioni di competenza del Giudice di Pace, sotto il controllo del Corpo di polizia penitenziaria”. “Perché anche la gente sappia in quali precarie condizioni di lavoro quotidianamente si confrontano le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria, per altro sotto organico in una struttura fatiscente”. Trieste: detenute protestano con inno nazionale; direttore condivide indignazione verso lo Stato Ansa, 15 agosto 2011 Hanno protestato cantando “Fratelli d’Italia” le detenute del carcere di Trieste che ieri hanno aderito al Sathyagraha per le carceri, promosso dai Radicali e da diverse associazioni. A raccontarlo è il direttore Enrico Sbriglia, che come altri dirigenti dei penitenziari, ha partecipato alla manifestazione, digiunando e non bevendo per l’intera giornata. “Strano destino quello di un direttore di un carcere che, come le persone detenute che ospita, è costretto a condividere con le stesse la medesima manifestazione di indignazione verso uno Stato che rinnega le proprie leggi”, scrive nel suo resoconto sulla giornata di ieri Sbriglia, che è anche segretario generale del Sidipe, il sindacato dei direttori delle carceri. I detenuti del suo carcere hanno invece protestato con la battitura delle pentole e gridando amnistia e libertà. Noi direttori, invece, insieme agli altri operatori di una sicurezza di regola senza armi, non possiamo “gridare”, però possiamo denunciare con un linguaggio burocratico le cose che non vanno, conclude Sbriglia. Siena: dai Radicali un piccolo spaccato della tragedia umana nelle patrie galere Notizie Radicali, 15 agosto 2011 Visita alla Casa Circondariale di Santo Spirito, in pieno centro storico a Siena; un carcere ricavato da un antico convento. Appena si entra nel carcere la domanda che nasce spontanea : per quale motivo si è usato un antico convento come carcere? La risposta potrebbe essere: è più semplice usare una struttura che costruirne una nuova. Ma oggi, alla luce di anni e soldi persi per ricavare dall’antico convento un carcere, la scelta non sembra sia stata delle migliori. Di certo in questi anni si è distrutto un posto bellissimo senza per questo ottenere un luogo dignitoso per detenuti e per il personale che ci lavora. Appena si entra nel carcere ci si trova davanti a un bellissimo chiostro, ma poi quando si salgono le rampe delle scale per trovarsi in lunghi e tristi corridoi con ai lati le celle dei detenuti il profumo del giardino del chiostro svanisce, sostituito dal puzzo delle fogne che entra nelle celle e nella stanze in cui lavora il personale. La maggior parte delle celle hanno ancora i bagni alla turca, incastrati in box di plastica, incrostati di merda e di piscio. Il personale penitenziario, gli assistenti e il comandante insieme al lavoro gratuito dei detenuti tentano di rendere la struttura in qualche modo dignitosa. Infatti, ci sono alcuni piccoli miglioramenti, le pareti vecchie e umidi, verniciate a nuovo, le docce, ancora piene di muffa, con nuove piastrelle bianche. Non è semplice rendere questo edificio meno fatiscente, ma la volontà di non arrendersi persiste da parte di tutti. Parlando con i detenuti, si scopre che ascoltano Radio Radicale, che vivono con emozione e amore la battaglia di Marco Pannella, senza false illusione, ma appoggiandola e sostenendola. Sanno benissimo che sarà lunga, dura, ma bisogna continuare. Mentre cammini per questi corridoi, ti fermi e parli con i detenuti. Raccontano piccole storie di vita, dove dietro spesso c’è tanta dolore. Così scopri che tre giovani nigeriani si trovano in carcere, semplicemente perché sono stati trovati con piccole quantità di marjuana. Sono tre ragazzi bellissimi con la loro pelle color ebano, che da sempre fumano marjuana, perché così si usa nel loro paese. In Nigeria non si compra il tabacco, ma si compre l’erba. Hanno tanto bisogno di parlare, perché non capiscono per quale motivo sono racchiusi in quella cella puzzolente, privati della loro libertà. Scopri che due di questi sono dentro perché sono stati scoperti con 25 grammi di marjuana,. Poi parla un ragazzo, non tanto alto dall’ aspetto fragile, che ti racconta che è stato trovato con 90 grammi di erba, che aveva comprato a Firenze. Era stata una buona occasione e per questo ne aveva comprata in abbondanza. Era solo per uso personale, non aveva mai spacciato in vita sua. Pensi effettivamente che con 90 grammi non sembrerebbe un grande spacciatore. Eppure è stato scoperto dai carabinieri e sbattuto in cella come presunto spacciatore. Un ragazzo disperato che solo la pietà dei suoi compagni di cella è riuscito in parte ad alleviare. Quegli stessi compagni che gli hanno donato i vestiti, le sigarette perché è entrato senza niente. Era un fiume di parole, racconta che avrebbe dovuto sposarsi, era tutto pronto, la casa, il suo vestito e quello della sposa. Grosse lacrime scendevano dal suo bel viso e tutti noi, gli agenti, il comandanti eravamo commossi. L’irrazionalità di questi ragazzi racchiusi in cella, una sofferenza così inutile. Sicuramente da questa esperienza non verrà niente di buono, e intanto le nostre carcere sono sovraffollate da ragazzi come questi tre nigeriani. Manca l’acqua, il personale, tutto... tranne la buona volontà di chi ci lavora Dichiarazione del senatore Radicale Marco Perduca e Giulia Simi presidente del comitato di Radicali Italiani a seguito delle visite ispettive dei carceri di Ranza e Siena. Perduca e Simi sono in sciopero della fame e della sete per chiedere una convocazione straordinaria del parlamento per affrontare il tema della giustizia partendo da un’amnistia e indulto per una riforma della giustizia in tutti i suoi aspetti: “Grave la sovrappopolazione al carcere di Ranza, 403 presenti su 238 posti regolamentari, ma ancora più grave che da anni, sebbene segnalato da diverse interrogazioni parlamentari e dalla stessa amministrazione di San Gimignano, l totale disinteresse dell’Amministrazione centrale circa la mancanza di allacciamento all’acquedotto cittadino. Oltre al doppio de detenuti la struttura ospita anche una quarantina di agenti accasermati oltre che la mensa di tutti i dipendenti. La struttura, seppur lontana da centri abitati e mal servita dai mezzi pubblici, sarebbe anche di qualità, ma non è tarata per sopportare il doppio delle presenze come oggi, disagio che peggiora data la mancanza di circa il 40% dell’organico previsto per la polizia penitenziaria e che rallenta l’amministrazione quotidiana del carcere con ripercussioni qualitative per detenuti e agenti. Il carcere di Santo Sprito è in una struttura del tutto inadeguata al compito assegnatele, a seguito di un calo di arresti recenti e qualche scarcerazione, oggi c’erano solo 5 detenuti in più dei 65 previsti. Semplicemente vergognosi i servizi igienici delle celle - cessi alla turca incastrati sotto il lavandino - e più in generale gli spazi angusti non possono esser mantenuti perché non vi son fondi a disposizione. Solo il clima di umanità che si è venuto a creare tra agenti e detenuti riesce a far tenere sotto controllo, e addirittura a creare opportunità di convivio, in un luogo del tutto inattrezzato pel recupero dei detenuti. Occore che l’Amministrazione valuti attentamente caso per caso queste gravi mancanze in Toscana e faccia tesoro della grande professionalità della polizia penitenziaria e della pazienza dei direttori ormai cronicamente sotto organico e senza risposte per le loro future sorti. Il direttore del Carcere di Siena, assieme ai colleghi di Empoli, Grosseto e Livorno hanno aderito allo sciopero totale di fame e sete di Pannella. Napoli: anche Alfonso Papa a Poggioreale protesta e aderisce a sciopero della fame La Repubblica, 15 agosto 2011 È rinchiuso a Poggioreale da più di tre settimane. Divide la cella del padiglione Firenze con altri detenuti fra i quali un veterinario e un avvocato. Per far passare il tempo, legge moltissimo. E quando ha saputo che i radicali avevano proposto una giornata di sciopero della fame in segno di protesta contro il sovraffollamento delle carceri italiane, ha subito aderito all’iniziativa. Così Alfonso Papa, il deputato del Pdl arrestato nell’ambito dell’inchiesta sul caso P4, ha digiunato per tutta la giornata. Lo ha reso noto l’avvocato Giuseppe D’Alise, che assiste l’indagato assieme all’avvocato Carlo Di Casola. Nei confronti di Papa, magistrato in aspettativa eletto alla Camera nel 2008, Montecitorio aveva autorizzato la richiesta della magistratura per la prima volta dopo 27 anni. Così Papa è finito nel carcere più affollato d’Italia, con circa 2700 detenuti di media giornaliera. In cella dovrà rimanere ancora un po’, visto che l’ordinanza firmata dal giudice Luigi Giordano su richiesta dei pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio è stata confermata dal Tribunale del Riesame. È accusato di concussione e favoreggiamento, nella stessa indagine è detenuto, ma agli arresti domiciliari e per favoreggiamento, il lobbista Luigi Bisignani. Per entrambi il Riesame ha però ritenuto sussistente l’ipotesi di associazione per delinquere contestata dalla Procura che era stata invece esclusa dal giudice Giordano. La difesa prepara ricorso in Cassazione. La Procura generale della Suprema Corte ha intanto respinto l’istanza dei legali di Papa che chiedevano il trasferimento degli atti a Roma per connessione con l’ipotesi di concussione contestata al deputato ai danni dell’imprenditore Vittorio Casale per il pagamento del fitto di un immobile in via Giulia. Il sostituto pg Francesco Mauro Iacoviello, lo stesso magistrato che aveva ravvisato la competenza della magistratura capitolina per il filone dell’indagine nel quale è indagato per favoreggiamento il generale della Guardia di Finanza Mario Adinolfi, ha disposto la trasmissione degli atti a Piazzale Clodio solo per il singolo episodio Casale. Il cuore dell’inchiesta resta dunque a Napoli. Ferragosto in città e al lavoro, invece, per il pm Woodcock, di turno in Procura. Pordenone: tagli ai fondi e gravi carenze, detenuti in sciopero della fame Il Messaggero Veneto, 15 agosto 2011 Dopo la visita di Idv e radicali, aderiscono venti detenuti Appello a Pedrotti: rilanci la battaglia sulla nuova struttura. Una ventina di detenuti in castello a Pordenone ha aderito ieri allo sciopero della fame e della sete, promosso dai Radicali, dopo la visita in castello del consigliere regionale, Alessandro Corazza, e del responsabile dei Radicali friulani, Stefano Santarossa. Si tratta dell’ennesima vigilia di Ferragosto in piazza della Motta per i radicali con l’obiettivo di denunciare lo stato di sovraffollamento della struttura. Una visita preceduta da uno screzio tra i radicali partecipanti, visto che Paola Scaramuzza non è potuta entrare dato che Corazza poteva portare con sé solo un altra persona e per questo se ne è andata, salvo poi ritornare a fine conferenza stampa. I numeri raccolti nel corso della visita sono eloquenti, anche se non replicano il picco registrano in altre occasioni: 78 detenuti, contro una capienza massima di 56, dei quali 34 con sentenza definitiva e 25 in attesa di giudizio. Una quarantina gli agenti penitenziari (sui 60 in pianta organica) solo la metà dei quali effettivi, con il direttore, Alberto Quagliotto, a scavalco con altre sedi. Una situazione critica che riafferma la necessità di un nuovo istituto penitenziario, previsto in Comina da un accordo di programma tra Stato, Regione, Provincia e Comune, che rimane nel limbo. “La verità - ha affermato Corazza - è che mancano le risorse sia a Roma, sia a Trieste. Con l’ultima manovra di bilancio non si prevede un euro di quelli promessi dalla giunta Tondo e sarà difficile che verranno reperiti più avanti”. Peraltro Idv ribadisce “la propria contrarietà alla scelta di collocare il carcere in Comina, incrementando la cementificazione, con un numero di posti (450) spropositato”. La denuncia della situazione in cui versano i detenuti “per i quali i corsi di rieducazione sono all’osso per un ulteriore taglio dei fondi” è l’unico elemento di intesa tra radicali e Idv. Santarossa, che ha aderito allo sciopero nazionale della fame e della sete, sottolinea che la via d’uscita immediata “sono l’amnistia e le prescrizioni che consentirebbero ai giudici, alle prese con 10 milioni di processi, di fare il loro lavoro. È necessario sdoganare questi temi, aggiungendo una riforma della giustizia che preveda, tra le altre cose, la separazione delle carriere e lo stop agli incarichi extragiudiziali”. Proposte non condivise dal partito di Di Pietro. Santarossa ha anche lanciato un appello al sindaco di Pordenone, Claudio Pedrotti, affinché torni a sollevare la questione del carcere di piazza della Motta per fare in modo che si possano trovare le risorse per sbloccare il trasloco da un castello ormai irriconoscibile, diventato luogo di detenzione e sofferenza oltre i limiti della pena decisi dai tribunali. Lodi: a digiuno per dire no a un carcere disumano di Laura Coci Il Cittadino, 15 agosto 2011 Sono circa una ventina i lodigiani che, nella giornata di ieri, hanno scelto di aderire allo sciopero della fame e della sete organizzato a livello nazionale dai Radicali di Marco Pannella. Obiettivo: chiedere al Parlamento di tornare ad occuparsi presto di carceri e giustizia, due temi che - come ha ricordato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un intervento dello scorso 28 luglio - sono “una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”. Tra gli aderenti, pubblicati in tempo reale sul sito del partito, si leggono i nomi dei dirigenti degli istituti carcerari di Bologna, Trieste, Arezzo, Livorno, le sigle dei sindacati che tutelano il personale penitenziario, gli operatori responsabili del trattamento dei detenuti, i cappellani interni agli istituti. Nessuno di essi, tuttavia, risiede entro i confini della nostra Provincia: a Lodi lo sciopero ha coinvolto solo il mondo associativo, ovvero una decina di persone legate a Loscarcere, cinque a Lodi per Mostar, più due detenuti agli arresti domiciliari e altrettanti semplici cittadini. “Nessun rappresentante dell’istituzione carceraria lodigiana ha formalmente aderito”, conferma Laura Coci, raggiunta telefonicamente dopo 15 ore di digiuno, “forse perché la nostra realtà non manifesta ancora le allarmanti problematiche che si riscontrano altrove”. Sovraffollamento, limitatissimo spazio vitale, personale penitenziario insufficiente a gestire le 66.942 persone attualmente detenute nelle carceri italiane: troppi, 20.000 in più della capienza massima, stipati in celle da 11 metri quadri da suddividere per 6 persone. Qualcuno si rifiuta di vivere così: 38 suicidi da gennaio a oggi, 602 tentativi falliti. A Lodi, fortunatamente, la situazione è ben diversa: i detenuti sono una quarantina e vengono spesso coinvolti in programmi formativi, laboratori, eventi aperti alla cittadinanza. Ma non è detto che la positività delle attuali condizioni si mantenga inalterata anche in futuro: “Il carcere di Lodi sta funzionando a mezzo regime per via di alcuni interventi di manutenzione a carico della struttura” spiega Michela Sfondrini di Loscarcere, “quando termineranno, i detenuti dovrebbero tornare ai livelli precedenti ai lavori (circa 150, ndr). Ma il sovraffollamento è la prima causa della criminalità recidiva: questo sciopero è il nostro no a un carcere criminogeno e disumano”. Terni: Ugl; per sedare una rissa fra detenuti, agente finisce all’ospedale Agi, 15 agosto 2011 Un agente della polizia penitenziaria di Terni è rimasto ferito per sedare una rissa scoppiata fra detenuti. L’episodio è accaduto venerdì mattina. L’agente è dovuto intervenire quando un gruppo di detenuti, tunisini, marocchini e campani, è venuto alle mani. “Per regolamento di servizio, ci spiega Francesco Petrelli, vice segretario regionale del sindacato Ugl, le celle restano aperte fino alle ore 19 e, quindi, i detenuti, vengono a contatto fra di loro. L’altra mattina è scoppiato un tafferuglio e l’agente per cercare di placare gli animi ha riportato ferite al volto e alla testa per le quali è stato ricoverato una giornata in ospedale. In suo aiuto sono intervenuti altri 6 colleghi che si sono fatti refertare al pronto soccorso”. Il 50% della popolazione carceraria a Terni è composta da marocchini, tunisini (quasi tutti dentro per reati di spaccio) e campani (quasi tutti affiliati a clan camorristici). I detenuti a Sabbione sono 375 in luogo dei 250 che la struttura ternana potrebbe ospitare. Quello del sovraffollamento è uno dei problemi più importanti. “Anche in considerazione del fatto che, aggiunge Petrelli, prossimamente verrà aperto un nuovo padiglione che ospiterà altri 300 detenuti e non è previsto un adeguamento dell’organico. Quindi il problema della carenza del personale in servizio sarà ancora più grave. E c’è carenza, sottolinea ancora Petrelli, anche di personale sanitario. Nel carcere di Terni operano 2 infermieri assunti a tempo indeterminato, un infermiere a tempo determinato e 3 infermieri che sono in pensione e che lavorano come liberi professionisti. Abbiamo anche un dirigente sanitario che non riesce a fare da collegamento tra le esigenze del personale che lavora in carcere e la Asl. Qui, in realtà ci vorrebbe gente giovane, motivata. Ci sono ragazzi che hanno vinto concorsi ma che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro. Assunzioni sono previste nel carcere di Perugia e in quello di Spoleto, non in questo di Terni “. La situazione nel carcere ternano rischia, perciò, di divenire esplosiva. Reggio Emilia: internato non rientra in Opg dopo un permesso premio, ricercato per evasione Ansa, 15 agosto 2011 Un albanese di 43 anni, Alban Begolli, rinchiuso nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia non è rientrato da un permesso premio e ora è ricercato. Lo scrive la Gazzetta di Reggio. L’uomo, dopo aver usufruito di un permesso per buona condotta firmato, non ha fatto rientro all’Opg. Gli erano state concesse otto ore di libertà, ma all’orario previsto non si è presentato. Begolli, è in carcere dal 1995, da quando è stato arrestato per l’ omicidio di un presunto rivale nel controllo del mercato della prostituzione. Qualche mese dopo essere stato rinchiuso a San Vittore l’uomo tentò di evadere, ma fu fermato. Le forze dell’ordine stanno già visionando anche i sistemi di videosorveglianza installati nella zona della stazione ferroviaria e del centro storico. Norvegia: richiesto altro mese di isolamento per Breivik Ansa, 15 agosto 2011 La polizia norvegese chiederà venerdì prossimo un'estensione di quattro settimane del periodo di isolamento deciso dai giudici per Anders Behring Breivik, l'estremista autore dei sanguinosi attacchi di Oslo e Utoya del 22 luglio scorso. Lo ha annunciato oggi il tribunale di Oslo. Il 25 luglio lo stesso tribunale di Oslo aveva stabilito la carcerazione preventiva di Breivik per un periodo rinnovabile di otto settimane, di cui le prime quattro da passare in isolamento totale. Venerdì prossimo il giudice dovrà pronunciarsi sulla sola questione dell'isolamento dal momento che il periodo di carcerazione preventiva scadrà solo il 26 settembre. Breivik è detenuto in un carcere di massima sicurezza della capitale norvegese.