Giustizia: digiunare per le carceri di Adriano Sofri La Repubblica, 14 agosto 2011 Oggi molte persone, migliaia forse, non mangiano e non bevono perché si vergognano delle nostre carceri; per essere vicine a chi ci vive e ci muore; per ridurre il debito pubblico della giustizia, più schiacciante di quello del Tesoro. Lo so, i paragoni sono insidiosi. Eppure bisogna leggerli affiancati, il famoso menù del Parlamento e l'ignorato menù delle galere, l'unico che lo batte per la convenienza: 3,8 euro per detenuto, colazione, pranzo e cena. Ferragosto, feriae Augusti, spiegano i dizionari. Poi c'è l'etimologia penitenziaria: l'agosto dei ferri battuti, di grate, cancelli, blindate, catenacci, dei ferri roventi. 67 mila persone, oggi, nello spazio che ne terrebbe, "ristretti", 43 mila. Immaginate: gli urli, i silenzi attoniti, le agonie, l'astinenza, i cessi a vista, l'acqua che manca, il sangue che corre, quelli che sono pazzi e quelli che diventano pazzi, che aggrediscono e che si feriscono, quelli che sniffano la bomboletta per morire o muoiono per sniffare, e non lo sanno più, quelli che pregano rivolti alla Mecca e non gli basta lo spazio e quelli che pregano Cristo e quelli che non pregano, quelli che si masturbano a sangue e che tossiscono a morte e ingoiano lamette e batterie e gridano nel sonno. Si smette di cercare parole forti per la speranza di muovere qualcosa, nemmeno questo è più affare dei sommersi. Provvedono le autorità. "Tortura", la chiamano così alti magistrati e illustri cattedratici. "Una realtà che ci umilia in Europa e ci allarma, per la sofferenza quotidiana - fino all'impulso a togliersi la vita - di migliaia di esseri umani chiusi in carceri che definire sovraffollate è quasi un eufemismo. Evidente è l'abisso che separa la realtà carceraria di oggi dal dettato costituzionale" - così ne parla il Presidente della nostra Repubblica, appena qualche giorno fa. "È una realtà non giustificabile in nome della sicurezza, che ne viene più insidiata che garantita, e dalla quale non si può distogliere lo sguardo". Non ne distogliete lo sguardo, almeno oggi, vigilia dei ferri di agosto. Nello stesso incontro solenne, al Senato, che ha radunato su impulso di Pannella e dei suoi le più alte autorità, si sono sentite voci unanimi e drastiche, dal Primo Presidente della Cassazione in giù, di quelle che tolgono il mestiere ai denunciatori cronici dello scandalo. Come fa un detenuto a gridare all'orrore se perfino le circolari ministeriali gridano più forte di lui? Quel Primo Presidente protesta che si ricorra alla galera preventiva per essere sicuri di fargliela pagare, anche se saranno assolti. I reati diminuiscono e il numero dei detenuti sale alle stelle. Il Ministero della Giustizia, si fa a gara per non averlo, si fa carriera a lasciarlo. Più del 40 per cento dei detenuti ammucchiati in quella discarica non differenziata aspettano un processo. Un gran numero ci sconta pene irrisorie. "Nuove" leggi, una più assurda, pubblicitaria e feroce dell'altra, stivano migliaia di persone nelle celle, perché hanno a che fare con la droga, perché sono straniere e povere, per una norma sulla recidiva rinnegata dallo stesso Cirielli firmatario, sicché ora si chiama pazzescamente "ex-Cirielli", e ha largamente abrogato la civile legge Gozzini. Nel luglio 2006 ebbi qui una affettuosa e tesa discussione con Eugenio Scalfari a proposito dell'indulto. Auspicavo indulto e amnistia, e non mi capacitavo che la paventata (e nella pratica irrilevante) applicazione del beneficio a Previti bastasse a farlo negare alle migliaia di sventurati senza nome. Scalfari era a sua volta favorevole a indulto e amnistia, ma pensava che la loro estensione ai reati di corruzione e concussione offendesse troppo gravemente l'etica pubblica. Non c'era un vero dissenso fra noi, se non per la misura di ciò che ci stava più a cuore, così da far pendere la bilancia di qua o di là. Il costo che Scalfari sentiva inaccettabile era del resto la condizione per la quale Forza Italia avrebbe votato l'indulto. Spero ancora che a distanza di tempo si tragga un bilancio di quell'episodio, che valga per il futuro. L'indulto senza l'amnistia non avrebbe alleggerito il carico milionario di processi accumulati senza speranza, e anzi l'avrebbe aggravato, costringendo a celebrarli a vanvera. La campagna furiosa sollevata contro l'indulto rese impronunciabile la parola amnistia, che ne era il necessario complemento. Le ragionevoli preoccupazioni che l'indulto mettesse fine ai processi per la Parmalat o per la corruzione calcistica non si sono avverate, mi pare. Quanto al fosco e compiaciuto malaugurio di tanti sul fatto che i liberati in anticipo per l'indulto sarebbero presto tornati a riempire le galere, non è avvenuto affatto, né l'impennata di reati pronosticata: fra chi usufruì dell'indulto, come fra chi usufruisce di pene alternative, la percentuale di recidiva è molto più bassa. Infine - ma non è l'argomento minore - la virulenta campagna contro l'indulto unì forcaioli di destra e di "sinistra", se quella è una sinistra!, facendone il primo e decisivo passo verso l'affossamento del governo Prodi. Prodi stesso, e Napolitano, furono tra i pochi a difendere il provvedimento, che i più fecero a gara a ripudiare, come avevano fatto a gara ad applaudire Giovanni Paolo II che lo invocava. In questi giorni guardo ammirato dei forcaioli di allora (e di sempre, ma ora più attenti a mostrarsi sensibili ai "poveracci" sui quali sputavano) fare il tifo per i looters di Tottenham, poveracci. Pannella, e con lui chiunque conosca il problema - sono tantissimi, grazie al cielo, ad adoperarsi per questo, associazioni, sindacati di agenti, operatori civili, direttori di carceri, studiosi, volontari - sa che l'amnistia non riguarda tanto il mucchio dei detenuti, ma la giustizia e i suoi amministratori, che non vogliano tenere in piedi il simulacro dell'obbligatorietà dell'azione penale in cambio delle migliaia di prescrizioni per chi ha soldi e avvocati. Napolitano ha detto che per questa "questione di prepotente urgenza" la politica non può "escludere pregiudizialmente nessuna ipotesi che possa rivelarsi necessaria". Il digiuno di oggi si propone anche una convocazione straordinaria del Parlamento. Se sembri una richiesta troppo lussuosa per qualche centinaio di migliaia di detenuti e affezionati, si faccia almeno una sessione ad hoc per il confronto dei menu: 3,8 euro per tre pasti giornalieri, è un programma appetitoso. Giustizia: l'ora d'aria della Repubblica di Lanfranco Pace Il Foglio, 14 agosto 2011 Trentacinque anni fa i Radicali capirono, loro soli, la condizione di sopruso nelle carceri e il dramma di chi ha sentito rinchiudersi la porta della cella alle spalle. Compagni di carne della varia umanità delle carceri, profeti nel deserto della politica, i Radicali insistono anche in questo agosto. La prima volta che finii in carcere fu per schiamazzi notturni e complicità nel furto della ruota di scorta di una Cinquecento. Doveva essere il 1971 o il 1972, non ricordo più bene, comunque molto prima di quel novembre 1976 in cui Adele Faccio, Emma Bonino e Mauro Mellini, barricandosi dentro le Murate di Firenze, dettero il via sotto la regia di Marco Pannella alla battaglia dei Radicali contro le ignominie del sistema carcerario, per una giustizia giusta. In quell'inizio degli anni Settanta nelle celle "de Reggina", come la chiamano a Roma, c'era ancora il bugliolo, il bidone dove si urinava e defecava davanti agli altri, privilegio storicamente riservato soltanto al Re Sole. Ma non fu questo a traumatizzarmi. Né il dover sfilare attraverso una teoria di inferriate, né la perquisizione corporale, né l'inchiostro nero spalmato sui polpastrelli per prendere le impronte digitali, né le rituali foto segnaletiche di faccia e di profilo. Non ebbi paura dello sguardo di astio delle guardie né mi colpì la ruvida scortesia con cui mi misero in braccio coperte di lana altrettanto ruvide e lenzuola rattoppate che sapevano di liscivia. La ferita, lo choc, l'avvertii quando sentii la porta della cella richiudersi alle spalle. Ricordo che mi voltai indietro, fissai la grata, la chiave e la guardia che la girava nella toppa, una reazione da debuttante che non si dovrebbe mai avere. Quella volta ci rimasi solo qualche giorno, negli anni a seguire ebbi modo e occasione di tornarci di nuovo per soggiorni più lunghi: ma quella sensazione di smarrimento non la ritrovai più, nell'anima ero già recidivo, appartenevo al club di quelli che sanno cosa c'è al di là della grata, che quindi non si girano più quando la porta si chiude e per prima cosa gettano uno sguardo ai compagni di cella. In fondo è tutto qui il carcere, un click. Basta quello stridore meccanico a dare la sensazione che il tuo mondo è ridotto a una stia, che ti hanno estirpato dalla tua comunità e scisso la vita tra un prima e un dopo: il resto, l'isolamento imposto, le punizioni, le vessazioni quotidiane piccole e grandi, il negare un giorno quello che hanno concesso il giorno prima, la privazione persino di uno spazzolino da denti, tutto questo non ha nulla a che vedere né con la sicurezza né con il controllo, è puro arbitrio, ottuso sopruso amministrativo, cieca rivalsa dei micro poteri, tanto crudele quanto inutile. Trentacinque anni fa i Radicali capirono tutto questo come d'incanto. Nemmeno loro sapevano quello che si prova quando viene girata la chiave di una cella, rinchiudersi in un carcere per protesta non sarà mai la stessa cosa. Eppure hanno capito. A pelle, con il cuore, con il corpo. Certo avevano anche ideali, volevano giustizia, si ripromettevano di difendere identità e dignità calpestate, coltivavano con puntiglio e persino in modo petulante, esagerato, la legalità in tutte le sue forme. Ma non avrebbero potuto prendere a testate un muro di gomma per un terzo di secolo se non avessero avuto un dono sconosciuto ad altri: la pietas, l'empatia istintiva con gli ultimi e gli ultimi fra gli ultimi. È questo il sentimento che insieme alla non violenza rende diversi i Radicali. Diceva Gianni Baget Bozzo che Palmella era un profeta con motivazioni religiose, "interno alla cristianità italiana, volto a castigare il corpo per elevare l'anima, un impolitico che attraverso la politica non mira al governo ma a riformare l'orizzonte spirituale degli uomini". Lo stesso sentimento che, se gliene avessero lasciato il tempo, Pier Paolo Pasolini avrebbe descritto come "ricerca dappertutto di forme alterne e subalterne di cultura, al centro della città, e negli angoli più lontani, più morti, più infrequentabili, il coraggio di non avere alcun rispetto umano, nessuna falsa dignità, di non soggiacere ad alcun ricatto, di non avere paura né di meretrici né di pubblicani e neanche ed è tutto dire di fascisti". 0 che più semplicemente sedusse Leonardo Sciascia al punto di vedere in Pannella il solo uomo politico che costantemente dimostrasse senso del diritto, della legge, della giustizia. In quel 1976, i quattro radicali eletti per la prima volta in Parlamento e i loro supplenti, Franco De Cataldo, Roberto Ciccio - messere, suor Marisa Galli, Angelo Pezzana, cominciarono ad andare su e giù per carceri normali e speciali, da Poggioreale all'Ucciardone, dalle Nuove a San Vittore a Regina Coeli, e Volterra, Trani, Palmi, Badu e Carros, Asinara, Pianosa: non ci sarà più Natale Capodanno o Ferragosto che non li vedrà passare qualche ora a ispezionare le carceri, a verificare le condizioni di detenzione, a parlare con i detenuti: per la prima volta nella storia repubblicana dei parlamentari si metteranno a esercitare una prerogativa rimasta lettera morta per trenta anni. Così i Radicali diventano compagni, se non di sangue, almeno in carne della varia umanità ammassata nelle discariche del sistema giudiziario. Anche miei perciò, e di altri compagni che a stare rinchiusi si stempiavano o gli venivano i capelli bianchi. E dire che per anni li avevamo guardati con stolta sufficienza e con l'ironia sguaiata dei violenti. Ma loro erano lì, lo stesso, al nostro fianco. Uno in particolare, Toni Negri, se lo imbarcarono sulle liste elettorali e lo portarono in Parlamento, dopo cinque anni che stava in carcere senza alcuna condanna. Oddio non fu solo altruismo, la notorietà del "luciferino cattivo maestro" era tale da raccogliere anche un buon pacchetto di voti ma il calcolo che pure ci fu non tolse nulla alla forza simbolica e al coraggio della proposta radicale. Ricorda Pannella: "Attraversammo estati di fuoco, rivolte e repressioni nelle case di pena italiane, dove la pubblica amministrazione e i governi hanno fino a oggi sequestrato due milioni di persone per oltre il 60 per cento dichiarate poi innocenti dalla giustizia stessa". Durante le rivolte di quegli anni pochi erano i detenuti che accettavano di incontrare socialisti o comunisti, il solo interlocutore richiesto è lui, il politico anomalo e disarmato che fa del proprio corpo strumento di lotta. Ed è difficile dare torto a quei detenuti che lo acclamano dai tetti quando il modello di normalità è una tale Maria Elisabetta Alberti Casellati, sottosegretario alla Giustizia che va in visita a Regina Coeli e pretende un tappeto rosso in segno di benvenuto. Siccome rosso non c'è, ne rimediano uno azzurro, forse la stoffa non è di primissima qualità, fatto sta che lei inciampa e rovina fragorosamente al suolo. La diversità dei Radicali e dei loro compagni di strada, come le comunità cattoliche di base di don Mazzi e di don Gallo, spicca di fronte alla piccolezza, alla miopia dei partiti di governo e dell'allora Partito comunista: il compromesso storico, la convergenza tra due culture politiche e due concezioni dello stato non propriamente liberali, sarà l'ostacolo principale che incontreranno le proposte radicali di riforma della giustizia e di un'amnistia che svuoti i sotterranei della vergogna. In una lettera al leader radicale apparsa sul Corriere della Sera, Pasolini denuncia la "macerie di valori umanistici", una distruzione più grave che nel 1945 perché operata "da uomini di potere con fini abietti e con stupida inconsapevolezza". Il sistema carcerario comunque migliora, lentamente ma migliora, alcuni obbrobri vengono cancellati, la filosofia di Nicolò Amato a capo del dipartimento degli Affari penali al ministero della Giustizia dà alcuni risultati significativi. L'affare Tortora però dimostra come la strada sia ancora lunga, come non sia facile rimediare ai danni provocati dalla macchina dell'ingiustizia. "La nostra mobilitazione al fianco di Enzo Tortora - racconta Massimo Bordin - fu immediata non per la certezza della sua innocenza ma per la certezza delle colpe dei magistrati napoletani: su mille persone coinvolte nell'inchiesta, quasi cento persone, una su dieci, furono arrestate per omonimia": quei magistrati, aggiunge l'ex direttore di Radio radicale, hanno fatto una carriera smagliante, chi alla Dia chi alla procura di Catanzaro, chi addirittura al Csm. Sono queste "le filiere assassine" di cui parla Pannella nella prefazione a "Tortura democratica", il libro di Sergio D'Elia e Maurizio Turco, "le scie dei cento, e cento casi Tortora, Cirillo, Moro, con i loro gruppi di fuoco costituiti da magistrati, giornalisti, terroristi e criminali comuni, pentiti e politici non cancellate, anzi divenute malcelati orpelli di grandi carriere, di storie e complicità fra individui potenti". Va almeno dato atto al profeta e alla sua banda di non aver mai fatto un passo indietro, di aver attaccato duramente anche il cosiddetto articolo 41 bis che prevede il carcere duro per mafiosi e capi della criminalità organizzata. All'indomani dell'attentato a Paolo Borsellino, una settantina fra loro vengono prelevati nottetempo dall'Ucciardone e da altre carceri siciliane, impacchettati e portati chi all'Asinara chi alla sezione Agrippa di Pianosa improvvisamente riaperta, tenuti per settimane in condizioni indegne di un paese civile che ha anche la pretesa di essere culla del diritto. I Radicali denunciano la cosa, presentano interpellanze, protestano con veemenza. Sono ovviamente soli. "Abbiamo sempre criticato quella legge, spiega Bordin, così come l'hanno severamente criticata varie istanze e corti di giustizia europee. Diciamo la cruda verità: se tu ti metti a fare vessazioni quotidiane a un mafioso e gli dici guarda che se parli smetto non fai altro che esercitare un ricatto sul suo corpo. E cos'è questo se non tortura?". Trentacinque anni di battaglie vanno sempre a onore di coloro che le combattono e per definizione non ammettono un bilancio, se non la convinzione mai incrinatasi che indignarsi è giusto, ribellarsi allo stato di cose un dovere. È il senso angoscioso dell'ultima iniziativa, "Un'amnistia per la Repubblica" preparata da mesi e costruita con un'attenzione particolare a Giorgio Napolitano. Il feeling con il Quirinale pare risalga a uno dei primi atti ufficiali del capo dello stato, la risposta a Piero Welby in cui disse di voler esercitare il suo diritto d'ascolto: parole in punta di penna per i comuni mortali, non per Pannella che rimase impressionato da una correttezza istituzionale così inusuale. Siccome non è solo un importatore di Gandhi ma anche un politico consumato e un liberale scaltro, se il capo dello stato dice che la situazione delle carceri nel paese è intollerabile e che la giustizia si impone come questione di prepotente urgenza costituzionale e civile, ecco che Pannella lo prende "au pied de la lettre", qui e subito, per "cercare di riportare le carceri italiane a livelli minimi di legalità e ripristinare il funzionamento di una giustizia lenta, di classe che tiene in ostaggio ormai un terzo della popolazione". Nonostante l'età ha sfoderato di nuovo le sue armi, quelle che irritano alcuni o vengono viste come ricatto da altri, ha digiunato dal 20 aprile al 19 luglio, in alcuni giorni ha pure rifiutato di assumere liquidi, tenendo in apprensione chi lo ama e non ci sta proprio a perderlo, le migliaia che hanno seguito il suo esempio e digiunato. Al clou dell'iniziativa prevista per domenica 14 agosto - una giornata di sciopero totale della fame e della sete per chiedere la convocazione straordinaria del Parlamento perché si occupi della giustizia e delle carceri, "una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile" - questo Marco che è il fratello di tutti noi che almeno una volta abbiamo sentito girare la chiave di una cella, si presenterà più debole nel corpo ma con determinazione intatta nell'anima. Al suo appello hanno aderito in molti, oltre mille, intellettuali, giornalisti e fino a qualche giorno fa trecento settantuno fra deputati e senatori. Sa bene che non c'è da fidarsi molto di chi pianse alle parole accorate di Papa Giovanni Paolo II e poi votò un indulto vergognoso subito rinnegato da tutti. Ma così come un Papa, anche un profeta non fa le battaglie che vince ma quelle che deve. Giustizia: oltre 1.600 persone con Pannella, oggi in sciopero totale della fame e della sete Agi, 14 agosto 2011 Sono oltre 1.600 le adesioni alla giornata di sciopero totale della fame e della sete per chiedere la convocazione straordinaria del Parlamento sull'emergenza carceri. I partecipanti, che si uniscono all'iniziativa nonviolenta portata avanti da tempo da Marco Pannella, chiedono che venga dato seguito alle parole del Presidente della Repubblica che ha definito quella della giustizia e delle carceri "una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile". Tra i primi promotori dell'iniziativa anche la vicepresidente del Senato Emma Bonino, la deputata radicale Rita Bernardini, Luigi Manconi presidente di A Buon Diritto, Ornella Favero presidente di Ristretti Orizzonti, Patrizio Gonnella presidente di Antigone, Eugenio Sarno Segretario della Uil-Pa Penitenziari, Leo Beneduci Segretario Generale Osapp (Polizia Penitenziaria) Francesco Quinti responsabile nazionale comparto sicurezza Cgil-Fp, Sergio Stanzani presidente del Partito radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito, Mario Staderini segretario di radicali italiani, Sergio D'Elia segretario di Nessuno tocchi Caino, Riccardo Arena conduttore su Radio radicale della rubrica Radio Carcere, Irene Testa segretaria Associazione radicale "Il Detenuto Ignoto", Elisabetta Laganà presidente Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, Sandro Favi responsabile carceri Pd, Sandro Battisti, responsabile carceri Alleanza per l'Italia. La mobilitazione cresce tra i dirigenti penitenziari. Dopo l'appello di Enrico Sbriglia, direttore del carcere di Trieste, sono giunte le adesioni di Domenico Arena, direttore del carcere di Alessandria e di Massimo Di Rienzo (Lanciano, Chieti) Paolo Basco (Arezzo) Ottavio Casarano (Livorno) Claudia Clementi (Pesaro) Antonio Gelardi (Augusta) Cristina Morrone (Grosseto) Rosario Tortorella (Catania Piazza Lanza) Luigi Morsello (ex direttore Potenza) Ione Toccafondi (Bologna) Margherita Michelini (Empoli) Letizia Bellelli (Enna). Nel comunicare la sua adesione, la direttrice del carcere di Enna Letizia Bellelli ha inviato ieri notte la seguente dichiarazione: "Cara onorevole Bernardini, come succede per i personaggi di Yehoshua, essere responsabile di un microcosmo difficile come è il carcere significa non tanto essere "il" colpevole o il comodo capro espiatorio, ma, piuttosto, portare attivamente il peso di un imperativo morale. Le comunico, quindi, la mia adesione alla manifestazione del 14 agosto. Cordialmente, Letizia Bellelli". Lo stesso concetto era stato espresso l'altro ieri da Enrico Sbriglia, Segretario Nazionale Sindacato Direttori e Dirigenti Penitenziari (Sidipe) in una toccante lettera aperta ai propri colleghi, in cui fra l'altro si diceva: "Care colleghe, cari colleghi, [...] non potevo fare altrimenti nei riguardi di quanti hanno mostrato di comprendere le nostre difficoltà e hanno spiegato ai detenuti, ai loro familiari, all'opinione pubblica, a coloro che osservano il mondo delle carceri, che non avevamo dirette responsabilità e che non volevamo essere ridotti al silenzio". Hanno aderito fra gli altri i seguenti parlamentari: Jean-Leonard Touadì (Pd) Marcello de Angelis (PdL) Marco Perduca (radicali - Pd) Andrea Orlando (Pd) Salvo Fleres (Pd) Stefano Esposito (Pd) Renato Farina (PdL) Enrico Gasbarra (Pd) Alessandro Bratti (Pd) Chiara Braga (Pd) Antonio Buonfiglio (Fli) Lucio Malan (PdL) Roberto Giachetti (Pd) Giuseppe Berretta (Pd) Benedetto Della Vedova (Fli) Furio Granata (Fli) Elena Centemero (Pd) Raffaella Mariani (Pd). Ma anche i consiglieri regionali: Giuseppe Rossodivita (radicali, Lazio) Angelo Bonelli (Verdi, Lazio) Mario Abruzzese (PdL, presidente consiglio regionale Lazio) Raffaele D'Ambrosio (Udc, Lazio), Luigi Nieri (SeL, Lazio) Chiara Colosimo (Pdl, Lazio). Si sono poi aggiunti in queste ore Franco Corleone garante detenuti Firenze e coordinatore garanti territoriali, gli esponenti del PRC Giovanni Russo Spena e Maurizio Acerbo (cons. reg. Abruzzo), Maria Bonafede moderatora della Tavola Valdese, Gian Maria Gillio direttore della rivista Confronti, Cesare Salvi (Socialismo 2000) Paola Balducci e Marco Boato già parlamentari dei Verdi, Sergio Segio del Gruppo Abele, Salvatore Bonadonna già parlamentare Prc, Paolo Garofalo sindaco di Enna. Allo sciopero della fame e della sete del 14 agosto hanno aderito, oltre ai direttori penitenziari, persone che a vario titolo si occupano di carcere: agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali, medici, infermieri, personale amministrativo, volontari, cappellani, rappresentanti delle istituzioni o del mondo dell'associazionismo, ma anche tanti detenuti "ignoti" insieme alle loro famiglie e tanti comuni cittadini che continuano a credere nella Costituzione e nello Stato di diritto. Giustizia: le carceri sono invivibili, anche i direttori penitenziari in sciopero della fame di Fabrizio Caccia Corriere della Sera, 14 agosto 2011 Hanno aderito in tanti allo sciopero della fame e della sete indetto per oggi da Marco Pannella e i Radicali italiani, per chiedere la convocazione straordinaria del Parlamento sull'emergenza sovraffollamento nelle carceri. Più di 1.600 persone osserveranno il digiuno di protesta e tra loro ci saranno politici di ogni schieramento (Touadì del Pd, Malan del Pdl, Della Vedova del Fli, per fare qualche nome) ma soprattutto dirigenti di penitenziari e agenti in divisa. E poi educatori, psicologi, cappellani, assistenti sociali, medici, volontari e molti detenuti comuni insieme alle loro famiglie. A dimostrazione che il tema dell'emergenza carceraria, fuori e dietro le sbarre, è sempre più sentito: lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, non ha esitato di recente a definirla "una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile". La vicepresidente del Senato, Emma Bonino, accompagnata dalla deputata radicale Rita Bernardini, visiterà questa mattina il penitenziario romano di Rebibbia. Alla Bernardini, l'altra notte, è arrivata l'adesione personale della direttrice del carcere di Enna, Letizia Bellelli. Con queste parole: "Come succede per i personaggi di Yehoshua, essere responsabile di un microcosmo difficile com'è il carcere, significa non tanto essere il colpevole o il comodo capro espiatorio, ma piuttosto portare attivamente il peso di un imperativo morale...". Anche Enrico Sbriglia, direttore del carcere di Trieste e segretario nazionale del sindacato direttori e dirigenti penitenziari (Sidipe), ha inviato una lettera aperta ai colleghi chiedendo loro espressamente di aderire. Appello raccolto da Alessandria a Lanciano, da Arezzo a Livorno, da Pesaro ad Augusta. La mobilitazione abbraccia tutta Italia (il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, membro della commissione Giustizia della Camera, domattina visiterà il carcere di Lecce). "Servono misure alternative, serve depenalizzare alcuni reati, come quelli riferiti ai tossicodipendenti e all'immigrazione - dice il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo -, ma bisogna far presto perché la situazione in tanti penitenziari è insopportabile". Situazione esplosiva, carceri che scoppiano: già 38 suicidi in cella dall'inizio dell'anno e 305 casi di violenza o minacce a pubblico ufficiale. Proprio ieri il Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria, denunciava "gravi fatti accaduti all'interno dell'istituto Fornelli di Bari", con scontri tra gruppi di detenuti del carcere minorile pugliese e la contemporanea carenza di personale in grado di arginarli. Urgono rinforzi: "Duecento unità in meno a Viterbo non sono uno scherzo, così come non lo sono i 130 agenti in meno a Civitavecchia e i 95 in meno a Roma Regina Coeli", osserva Leo Beneduci, segretario generale dell'Osapp, sindacato autonomo di polizia penitenziaria. Proprio a Regina Coeli domani pomeriggio, giorno di Ferragosto, ci sarà la visita di Nitto Palma - il neo Guardasigilli che ha ormai annullato le vacanze in Polinesia - accompagnato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta. E il ministro dirà la sua sull'emergenza. Giustizia: la mobilitazione per un'amnistia nel nome di Togliatti di Fabio Massimo Nicosia (Avvocato) Notizie Radicali, 14 agosto 2011 La giusta battaglia di Marco Pannella, e di chi si è unito a lui, nel mettere i piedi nel piatto nella questione carceraria, suggerisce una serie di considerazioni. Anzitutto il carcere. Si parla sempre di risolvere il problema con costosi e corruttivi programmi di edilizia carceraria, ma poco si discute della forma che queste nuove carceri dovrebbero assumere. In altri termini, ci vorrebbe anche in materia carceraria una "rivoluzione basagliana", che metta in discussione il modo d'essere stesso della struttura, superando la suddivisione in celle, in bracci, etc., in favore di carceri costruiti secondo meno violente logiche comunitarie. Ossia, invece di proporre, come in alcuni casi avviene (tossicodipendenza, infermità psichica, minore età) la comunità come alternativa al carcere, dovrebbe essere il carcere stesso a essere conformato in modo comunitario o di casa famiglia, quale strumento minimale dell'ipotesi costituzionale di recupero e non meramente repressiva e afflittiva nei confronti dei detenuti; a prescindere dal fatto che gran parte di loro sono addirittura in attesa di giudizio, e che quindi non si attaglia a costoro né una logica afflittiva, né di recupero, ma al più solo di custodia temporanea in attesa della conclusione del processo. Il che certo non consente il trattamento vessatorio che conosciamo, ma impone di adeguare, ammorbidendola di molto, la struttura allo scopo. Come ha rilevato Foucault in "Sorvegliare e punire", il carcere moderno, come lo conosciamo nato dal Panopticon di Bentham, non è sempre esistito nella storia, e non è detto che debba continuare a esistere, almeno così com'è oggi. V'è poi un altro grave problema: quello dei victimless crymes, i crimini senza vittime, che vengono "inventati" dal legislatore a tutela di questo o di quello che chiamano "bene giuridico", del tutto astratto, che non si sa perché, pur non ledendo gli interessi concreti di nessuno, dovrebbe essere tutelato a discapito della libertà delle persone, e si pensi ai vari proibizionismi. Bisognerebbe fare una cernita radicale di tutti i reati esistenti (nemmeno i penalisti sanno quanti sono, dato che molti sono nelle leggi speciali di settore), per eliminare tutti quelli che non costituiscono fatti offensivi. Oppure si può procedere a una proposta ancora più decisa, quella di trasformare gl'illeciti penali, o amministrativi, in illeciti civili: nel diritto civile, infatti, è ammesso il risarcimento del danno solo se appunto danno vi è stato. Altrimenti il convenuto viene "prosciolto". Trasformare il diritto penale in diritto civile comporterebbe perciò automaticamente l'eliminazione per caducazione di tutti i reati che non comportano danno purchessia per i terzi. Visto infine che si parla di amnistia, vorrei concludere con una proposta davvero radicale e "costituzionale": estendere, in nome del principio di eguaglianza, l'amnistia "Togliatti" a tutti i detenuti. Se qualcuno vuole darsi a una lettura amena, infatti, può leggersi la giurisprudenza degli anni ‘40 e ‘50 su quelli che l'amnistia Togliatti chiamava "crimini particolarmente efferati": erano soggetti ad amnistia tutti gli atti, compiuti durante la guerra civile, che non costituissero manifestazione di particolare efferatezza, e i giudici si dimostrarono di manica piuttosto larga, considerando assente l'efferatezza persino in casi conclamati di tortura da ambo le parti. Si dirà che una guerra civile giustifica siffatto trattamento di favore, ma, da radicale e da giuspubblicista, sono troppo legato al principio di parità di trattamento per accettare questo tipo di approccio. Quindi buona "amnistia Togliatti" a tutti… Giustizia: la riforma penitenziaria del 1975… ancora oggi attuata a metà di Evelina Cataldo Il Riformista, 14 agosto 2011 La legge 354 del 1975 non è ancora entrata in vigore completamente. Dopo 36 anni, molte strutture sono ancora indietro sul "trattamento individualizzato" dei detenuti. La riforma del sistema penitenziario italiano, avviata con la L. 354/75, prossima al suo quarantennio, sembra essersi attuata parzialmente e con interventi occasionali, sebbene la progettualizzazione pedagogica ne sia divenuta oramai anello portante, rafforzata dalle sempre più numerose adesioni degli utenti ristretti al ed patto trattamentale. Gli indirizzi correzionali - sti e della retribuzione della pena, integrati pian piano da tendenze di stampo rieducativo hanno riconosciuto il trattamento "individualizzato" come un momento inderogabile di interventi poliedrici, da attuare per l'intero corso della misura detentiva. L'intento progressista del legislatore in tale materia ha previsto pena certa ma contestuale recupero del condannato, rendendo obbligatorie tutte le attività trattamentali (istruzione, lavoro, religione, relazioni familiari, attività culturali ricreative e sportive) e partecipazione della comunità esterna, per il reinserimento sociale dell'utente definitivo. La legge Gozzini, primo motore di apertura alle misure alternative alla detenzione, la legge Simeone-Saraceni, ampliamento ulteriore alla politica di non ingresso in carcere, la legge Smuraglia, incentivo al lavoro e non all'intrattenimento, sono solo alcune delle integrazioni normative finalizzate a evitare gli effetti desocializzanti della pena. Quasi a dispetto dei principi normativi, la situazione odierna del pianeta carcere mostra effetti stagnanti e indegni. Ciò si verifica perché il penitenziario viene considerato ancora un universo avulso e parallelo rispetto al contesto sociale. Una "singolare fabbrica delle bestie" che, a tratti, ricorda il romanzo "Animal factory" di Edward Bunker. Gli operatori che lavorano per arginare la criminogenesi e inserire in società un detenuto riabilitato sono in numero inferiore rispetto al reale fabbisogno; il sovraffollamento, il significativo aumento dei suicidi rappresentano solo alcune delle conseguenze più miserevoli rispetto all'indegna condizione del ristretto italiano. Tuttavia, se da un lato, il legislatore ha generalmente previsto una pena riabilitativa, dall'altro, ha reso obbligatoria la sospensione delle normali regole trattamentali per taluni gruppi o singoli detenuti mediante un sistema di carcere duro regolato dall'art. 41 bis dell'O.P. Lo Stato, in questo modo, previene i contatti con l'esterno per i ristretti appartenenti ad associazioni criminali, terroristiche o eversive. In un momento storico come questo, dove dilaga la corruzione in ambito politico-parlamentare, la classe dirigente non può esimersi da un intervento volto a rendere giuridicamente rilevante un sistema di regole certe per ostacolare i ed "white collar crime". Se sarà capace di intraprendere un cammino teso alla regolamentazione ( con sanzioni penali o pecuniarie), nei riguardi di corrotti e corruttori, politici e imprenditori che per abitudine o per tendenza, sviano gli obiettivi del bene collettivo verso utilità individuali o di partito, allora, forse la comunità civile riuscirebbe a confidare nella linea di condotta politica, sentendosi riscattata, perlomeno, da un diritto penale nuovamente portatore dei valori essenziali della società. Giustizia: questi i cardini di una seria riforma carceraria di Giovanni Russo Spena Liberazione, 14 agosto 2011 Parteciperemo anche quest'anno all'iniziativa "Agosto nelle carceri" lanciata dai Radicali e dall'associazionismo garantista. Molti nostri consiglieri regionali, provinciali e comunali stanno promuovendo percorsi virtuosi di risocializzazione dei detenuti, di nascita di cooperative di lavoro nelle carceri; tentano di ricostruire un rapporto tra carceri e territorio. Le iniziative legislative regionali per la istituzione dei garanti dei detenuti con un profilo critico ed autonomo (non subalterno né alle amministrazioni penitenziarie né ai tribunali di sorveglianza) hanno avuto spesso successo (è rilevante la recentissima approvazione della proposta di legge Acerbo, in Abruzzo). È decisivo, infatti, finalizzare l'iniziativa "Agosto nelle carceri" a percorsi di riforma radicale sia sul piano amministrativo che sul piano legislativo nazionale e regionale. Il sistema carcerario italiano versa in condizioni di incostituzionalità e l'inaudito sovraffollamento lo rende insopportabile alla luce dello stato di diritto e della civiltà giuridica. Ha parlato il Presidente della Repubblica, in tal senso, con parole forti; ma il governo continua a non fare nulla, ricattato dal giustizialismo razzista della Lega e dalla bulimia carceraria di tanta parte del Pdl, che concepisce la sanzione solo in termini di carcerazione, per cui, in ogni legge, il carcere non è più sanzione di "ultima istanza", ma di prima istanza. I governanti diventano gli imprenditori della paura per lucrare voti e costruire populismo presidenzialista. sfruttando timori, incertezze, guerre fra poveri di popolazioni sfibrate dall'impoverimento e dalle insicurezze. Se lo stato sociale deperisce (lo sappiamo) sempre si dilata lo Stato penale: la povertà diventa reato; la tossicodipendenza diventa "guerra alla droga", feroce e controproducente. Il razzismo di Stato innalza muri contro la comprensione e condivisione fra le culture, chiudendo i migranti nei Cie e utilizzando i migranti ricattati come mercato del lavoro schiavistico. Per questo l'esperienza della masseria Boncuri di Nardo, in cui splendido è stato il lavoro quotidiano comune tra Finisterrae e i giovani delle Brigate di solidarietà attiva e gli immigrati autorganizzati, è di straordinaria importanza per il futuro, al di là dei risultati parziali finora ottenuti, in quanto ha imposto un tavolo di trattativa regionale (ma noi pensiamo che ci sia bisogno di una legge regionale) e ha attaccato a fondò l'intermediazione del caporalato nelle campagne pugliesi. È un'esperienza che dovremo generalizzare. Ma se le destre soffiano sul fuoco giustizialista, le forze di centrosinistra presenti in parlamento balbettano, evidenziando deficit culturali prima ancora che politici. È possibile, mi chiedo, che tutte le forze democratiche, di fronte alla gravità della situazione, su alcuni punti condivisi, insieme all'associazionismo, aprano una vera e propria campagna politica e di massa sulla materialità grave della condizione carceraria? Si può chiedere alle sinistre parlamentari che non si facciano bloccare dalla demagogia e dal timore di andare controcorrente, assecondando, in tal modo, di fatto, le forze giustizialiste? Noi lo proponiamo, ritenendo giusta, la determinazione di Marco Palmella sulla richiesta di amnistia. L'abbiamo del resto proposta più volte con iniziative di legge quando eravamo in parlamento, perché l'amnistia è un percorso obbligato contro le prescrizioni che piacciono a Berlusconi che sono, in effetti, amnistie per i soli ricchi e potenti forniti di grandi avvocati (i disegni di legge sul cosiddetto "processo lungo", contemporaneo a quello sulla "prescrizione breve", che il Cavaliere vuole fortemente, sono alquanto eloquenti al riguardo, anche sul piano tecnico). Chiusura dei manicomi giudiziari, abolizione dell'ergastolo, introduzione del reato di tortura nel codice, abolizione della Bossi-Fini, della Fini-Giovanardi e della ex Cirielli (che da sole riempiono le carceri per tre quarti dei detenuti), misure alternative al carcere: sono punti di una piattaforma comune, mi pare condivisa, che proponiamo alla discussione per una campagna di massa. Ora, non in tempi eventuali e indefiniti. Giustizia: allo studio l'ampliamento della "svuota-carceri", per gli ultimi due anni di pena di Donatella Stasio Il Sole 24 Ore, 14 agosto 2011 La mobilitazione è cresciuta di giorno in giorno, nelle carceri e fuori. Lo sciopero della fame e della sete, promosso da Marco Pannella per ottenere una convocazione straordinaria del Parlamento dedicata al carcere - "questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile", ha detto il presidente della Repubblica alla fine di luglio - ha già ottenuto più di mille adesioni tra i detenuti e il loro familiari, i direttori di molti penitenziari, i poliziotti, gli educatori, gli assistenti sociali, i volontari, i cittadini comuni e anche i politici. I Radicali, anzitutto, da sempre in prima linea nella battaglia per un carcere a misura d'uomo e di Costituzione, ma anche parlamentari del Pdl e del Pd. Molti scioperano già da mesi, ma sarà oggi la giornata simbolo del digiuno, per cercare di accendere un riflettore sul carcere e sul mai risolto problema del sovraffollamento. Pannella si batte per un'amnistia, visto che la popolazione carceraria (66.942 presenze) continua a viaggiare oltre i numeri regolamentari (45mila) anche se, grazie ai permessi che in questo periodo sono più numerosi, resta per poche migliaia di unità sotto il limite del "tollerabile". Ma di amnistie e indulti il governo non vuole parlare: il neoministro della Giustizia Francesco Nitto Palma - che domani andrà a visitare il carcere romano di Regina Coeli - lo ha già anticipato, spiegando che occorrono interventi organici, non più settoriali ed emergenziali, come i "perdoni di Stato" o la costruzione di nuove carceri. Piuttosto, il guardasigilli vuole seguire la strada imboccata dal suo predecessore Angelino Alfano con la legge 199 del 2010, la cosiddetta "svuota-carceri", che ha consentito ai detenuti con un anno di pena residua, di scontarla ai domiciliari. "Dei 3.000 che sono usciti - ha sottolineato il ministro - non ne è evaso neanche uno". Dunque, i timori che avevano accompagnato il varo della legge - soprattutto da parte della Lega - si sono rivelati infondati. Secondo indiscrezioni, al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria si starebbe studiando la possibilità di ampliare la legge 199, consentendo i domiciliari anche a chi deve scontare ancora due anni di pena, rendendo questa misura permanente. Un modo per "svuotare" le patrie galere di almeno 6 - 7mila detenuti - a regime - ripristinando, di fatto, la misura alternativa della detenzione domiciliare, "strozzata" dalla legge ex Cirielli. Il sovraffollamento, ormai cronico, non fa che drammatizzare la situazione di crisi strutturale del carcere. La vera emergenza è diventata economica, fatta di penuria di fondi e di sprechi. Mancano i soldi per le missioni dei poliziotti penitenziari, per il vitto dei detenuti, per le manutenzioni ordinarie. Sezioni intere vengono chiuse perché sono in condizioni di degrado, se si guasta un bagno, si chiude la cella e così i detenuti finiscono per stare ancora più stretti di quanto già siano. Delle nuove carceri non si sa nulla e, del resto, il personale di polizia continua ad essere insufficiente numericamente, tanto più che le assunzioni straordinarie (2.000 unità, scese a 1.600) sono al momento bloccate. In alcuni istituti penitenziari dove le condizioni di vita sono più difficili (Foggia, Poggioreale, San Vittore, Ucciardone, Regina Coeli) si acuiscono le tensioni e, con il caldo, c'è sempre il timore che sfocino in forme di violenza. In burocratese li chiamano "eventi critici", compresi i suicidi, che nel 2011 sono stati 38, 602 i tentati suicidi, 55 i casi di accumulo di famaci e alcol, 305 quelli di violenza o minaccia a pubblico ufficiale, 24 le risse. La contabilità carceraria non è cambiata molto dall'anno scorso, quando gruppi di parlamentari decisero di trascorrere il giorno di ferragosto nelle carceri. Poco meno della metà dei detenuti, 27.572, sono in attesa di giudizio, i condannati definitivi sono 37.650, 1632 gli internati. I clienti "abituali" delle patrie galere sono in prevalenza stranieri (38%) e tossicodipendenti (25%), anche se entrano ed escono per brevi periodi, 43 i bambini detenuti insieme alle loro mamme. Giustizia: abolire vincoli ostativi previsti dal 4-bis e raddoppiare i giorni di liberazione anticipata di Paolo Persichetti Liberazione. 14 agosto 2011 Per il nuovo ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, il ricorso ad un'amnistia, accompagnata da un indulto, come chiesto a viva voce da Marco Pannella nel corso del suo ultimo sciopero della fame per risolvere la drammatica situazione di sovraffollamento carcerario: "non è percorribile politicamente data la necessità di una maggioranza qualificata per la sua approvazione in parlamento". Il guardasigilli si è affrettato a chiudere ogni spiraglio prima della giornata di sciopero della fame e della sete, promossa dal partito radicale ed a cui hanno aderito le diverse associazioni che si occupano di carcere, alcuni esponenti politici ma soprattutto il segretario nazionale del sindacato dei direttori e dirigenti penitenziari insieme ai responsabili di altre sigle del sindacalismo penitenziario come l'Uil - Pa penitenziari, l'Osapp e il comparto sicurezza Cgil-Fp. Una presenza istituzionale che la dice lunga sulle preoccupazioni e i malumori che circolano all'interno dell'universo penitenziario insoddisfatto per l'incapacità messa in mostra da questo governo. Defilata appare invece la presenza dei detenuti, meno massiccia del solito, sparpagliata e disorganizzata. Segno di rassegnazione e fatalismo? Due anni fa di questi tempi si moltiplicavano proteste e rivendicazioni un pò ovunque. Il capo del Dap era costretto a correre da una prigione all'altra mentre i sindacati degli agenti di custodia denunciavano il rischio di una esplosione generale della rivolta. Oggi la situazione sembra sedata, nel vero senso della parola, cioè sottoposta all'effetto di sedativi. È il carcere dei disgraziati, di chi fa largo abuso di benzodiazepine o peggio e si affida alla provvidenza, come i pescatori descritti da Verga nei Malavoglia. In gran parte figure destrutturate, incapaci di darsi una soggettività. L'alto numero di suicidi e le diffuse pratiche autolesioniste delineano il profilo sociologico fragile, sofferente, ultramarginale, di una popolazione che raccoglie tra le sue fila per buona parte tossicodipendenti, persone con problematiche psichiatriche, immigrati catapultati da altre rive. Un nuovo ciclo dei vinti sul quale infierisce con brutale cinismo una cultura assai trasversale ispirata ad una sorta di nuovo malthusianesimo penale che cerca di sbarazzarsi di questa umanità ritenuta uno sgradevole esubero. Attenzione però, sotto questo sonno covano spesso gli incendi più paurosi, come le jacquerie di un tempo. Quindi la battaglia per arrivare ad un nuovo indulto accompagnato da quell'amnistia mancata nel 2006 è già finita prima di cominciare? C'è da giurare che Pannella non si arrenderà tanto facilmente. Ha ragione a tenere la barra alta e chiedere un provvedimento amnistiale per rovesciare quell'amnistia di classe, quotidiana e silenziosa, che porta il nome di prescrizione, valida solo per colletti bianchi e ceti abbienti. Da una parte un'amnistia mascherata e tutta di classe per chi riesce sempre a sottrarsi al processo, figuriamoci alla condanna; dall'altra condanne pesanti, aggravanti e recidive di ogni ordine e grado, celle affollate, pene lunghe e senza benefici per chi non appartiene ai ceti del privilegio. Resta il fatto che i rapporti di forza in parlamento, e soprattutto la presenza di una cultura politica giustizialista egemone e trasversale agli schieramenti, rendono improba la battaglia. Nel 2006 l'indulto arrivò sull'onda di una risicata vittoria parlamentare del centrosinistra, votato ad inizio legislatura quando nelle aule parlamentari e nella coalizione di governo era ancora presente Rifondazione comunista, prima della scissione. Oggi al suo posto c'è l'Idv e nel Pd l'idea non crea certo l'unanimità. Sulla questione c'è chi ha posizioni persino più rigide delle destre, al punto che nessuno ha protestato per le disposizioni ultraforcaiole (e incostituzionali), come l'abolizione del rito abbreviato e l'esclusione dai benefici penitenziari per alcune categorie di reato, contenute nel ddl detto "allunga processi" passato recentemente al senato. Il nuovo guardasigilli sembra orientato a lavorare su misure minime come la depenalizzazione dei reati minori e una nuova leggina sui domiciliari, questa volta con maglie più larghe. Mezzucci. Con lo svuota carceri che tanta paura faceva a Travaglio sono usciti meno di 3000 persone. Basterebbe applicare correttamente le norme sui domiciliari e l'affidamento previste dalla Gozzini e ne uscirebbero molte di più. Se l'intenzione del neoministro è quella di volare così basso, i Radicali possono sfidarlo proponendo l'abolizione dei vincoli ostativi previsti dal 4 bis, che impediscono l'accesso alla Gozzini, e il raddoppio dei giorni della liberazione anticipata. Sei mesi all'anno di sconto per buona condotta. Basta la maggioranza semplice. Giustizia: Cascini (Anm); bene depenalizzazione e tagli… ma basta annunci, vogliamo fatti di Donatella Stasio Il Sole 24 Ore, 14 agosto 2011 La premessa: "Gli interventi indicati dal ministro della Giustizia su depenalizzazione dei reati minori e revisione della geografia giudiziaria sono in linea con le richieste dell'Anni per dare efficienza al sistema". L'auspicio: "Finora non abbiamo avuto ascolto. Speriamo cambi qualcosa". Il dubbio: "Se si punta all'efficienza con riforme come depenalizzazione e taglio dei Tribunali, non si può puntare anche sul processo lungo, perché va in direzione opposta". Giuseppe Cascini, segretario dell'Anni, non se la sente di fare aperture di credito al neoministro Francesco Nitto Palma. "I giudizi si danno sui fatti e non sulle intenzioni", dice, dopo aver letto l'intervista di ieri al Sole 24 ore. È scettico sulla reale volontà politica dì approvare due riforme come la depenalizzazione e il taglio dei Tribunali? Queste riforme non sono mai state fatte perché la loro utilità si scontra con interessi di corto respiro. Prevale l'Italia del campanile: non si possono abolire province, Tribunali, uffici del giudice di pace, carceri. Ogni campanile difende l'assistenzialismo di Stato locale, indifferente ai costi complessivi di sistema che derivano dal mantenimento di queste strutture. La depenalizzazione si scontra con l'uso politico propagandistico che della giustizia penale si fa da anni, pretendendo di colmare, con la minaccia di una sanzione a volte anche bagattellare, l'incapacità della politica di affrontare fenomeni sociali complessi, come l'immigrazione, le tossicodipendenze, le morti su strada. La risposta è solo quella, inutile e demagogica, della sanzione penale o dell'inasprimento dei meccanismi sanzionatori. Crede che la crisi economica possa dare una spinta a queste riforme, necessarie alla crescita del paese? Mi auguro che la crisi e la necessità di interventi di sistema aiuti a superare le resistenze. Peraltro, sono d'accordo con il ministro che la politica ha il dovere di tentare di imboccare questa strada, cercando il consenso anche su soluzioni non ottimali, ma condivise, purché non siano di facciata. Il ministro, a proposito del carcere, lascia intendere che l'anomalia del gran numero di detenuti in attesa di giudizio impone un uso più meditato, da parte dei giudici, della custodia cautelare. Condivide? C'è un numero eccessivo di detenuti in attesa di giudizio per due motivi: l'eccessiva durata dei processi e l'esistenza di leggi che hanno spinto nella direzione di un uso massiccio della custodia cautelare.. Penso alla modifica dell'articolo 275 del Codice di procedura penale, che imponeva il carcere nei casi di violenza sessuale e traffico di stupefacenti, dichiarata parzialmente incostituzionale dalla Consulta. Ora, vorrei ricordare che le questioni di legittimità costituzionale su questa e altre leggi sono state sollevate dai giudici e che questi interventi sono stati pesantemente criticati dai politici. Lo stesso è avvenuto quando la Corte di giustizia europea ha dichiarato - sempre su input di un giudice italiano - che l'articolo 14 della Bossi-Fini (ordine di allontanarsi dal territorio, pena il carcere) è incompatibile con il diritto dell'Ue. Per non parlare della legge ex Cirielli sulla recidiva e delle norme che hanno ridotto il ricorso alle misure alternative alla detenzione. Insomma: se la politica chiede più carcere, è difficile che l'effetto non sia più carcere. "Processo lungo": il ministro non vede effetti deflagranti e ritiene che i magistrati, come in passato, sapranno trovare la "giusta chiave interpretativa" della nuova norma… Francamente non capisco il senso di un'obiezione alle nostre critiche che tende à dimostrare, sostanzialmente, che il processo lungo lascia le cose come stanno. Delle due l'una: o è così o è come diciamo noi e il Csm, e cioè, che la legge paralizzerebbe i Tribunali. In entrambi i casi non c'è ragione per approvarla. Sulle intercettazioni la partita non è chiusa: Nitro Palma, a sostegno della riforma richiama anche le parole di Napolitano e dice che sono in sintonia con quanto afferma il centrodestra… Trovo sgradevole ogni tentativo di strumentalizzare in chiave politica gli interventi del Presidente della Repubblica, da chiunque provengano. Sulle intercettazioni la. nostra posizione è chiarissima: sono uno strumento irrinunciabile per le indagini e ogni tentativo di limitarne l'uso va respinto. Allo stesso tempo, sono uno strumento molto delicato ed è giusto individuare misure per una migliore tutela della riservatezza delle persone, con riferimento a fatti non rilevanti per il processo. Da tempo è in campo una proposta dell'Anm e della Federazione della stampa. Se la politica avesse davvero a cuore questo tema, avrebbe già accolto le nostre indicazioni. Giustizia: Pannella; non faranno mai depenalizzazione, solo amnista risolve problemi Adnkronos, 14 agosto 2011 Marco Pannella non crede che il ministro della Giustizia adotterà misure di depenalizzazione che contribuiscano a svuotare le carceri. "Il problema delle carceri - ha dichiarato il leader dei radicali italiani in un'intervista a SkyTg24, nella quale ribadisce l'urgenza dell'amnistia e dell'indulto - è un'appendice dell'enorme problema della giustizia. Delle cose che propone oggi il ministro Nitto Palma (depenalizzazione dei reati minori e riduzione del numero dei piccoli tribunali), sono almeno dieci anni che se ne parla". "Figuriamoci se Nitto Palma oserà proporre la depenalizzazione di reati, come la detenzione di stupefacenti, che in certi paesi non sono nemmeno reati e non portano in carcere la gente. Pensate che casino scoppierebbe! Subito qualcuno si metterebbe a urlare: vuole liberare i drogati o vuole farci invadere dagli immigrati che, a causa della Bossi-Fini, stanno in galera. L'amnistia - conclude Pannella - serve alla giustizia, ai magistrati e per i nove milioni di cittadini che aspettano una sentenza da un tribunale civile o penale". Giustizia: la confessione del ministro Nitto Palma di Marco Travaglio Il Fatto Quotidiano, 14 agosto 2011 Oggi, come a ogni ferragosto, è previsto il consueto pellegrinaggio del ministro della Giustizia a Regina Coeli che come le altre carceri scoppia di detenuti (67mila su 44mila posti), con gran codazzo di politici coccodrilli che poi purtroppo usciranno. Ecco il discorso che Zitto Palma non pronuncerà. "Eccomi qua a promettervi l'ennesimo piano del governo contro il sovraffollamento che, come tutti i precedenti, non funzionerà, n perché è semplice: noi politici italiani siamo un branco di cialtroni incapaci. Avete presenti le promesse di decongestionare le carceri col "braccialetto elettronico"? E gli annunci di Alfano su "17 nuovi penitenziari con 21mila posti entro il 2012" e su "nuove carceri galleggianti in alto mare come in America"? La verità è che da vent'anni seguitiamo a ripetere che abbiamo troppi detenuti, mentre il guaio sono i troppi delinquenti e i troppi delitti, i troppi reati puniti col carcere, i posti cella troppo scarsi e le detenzioni troppo lunghe per certi reati e troppo brevi (se non inesistenti) per altri. Se un fiume ogni anno tracima, o si devia il corso a monte per ridurne la portata, o si alzano gli argini a valle per contenerlo tutto. Ecco: noi non interveniamo né a valle (sul numero dei posti cella) né a monte (sulle cause che producono tanti detenuti). Sapete perché? Perché per farlo occorre una classe politica onesta. Per noi invece l'emergenza carceri è un affare: ogni 2-3 anni ci serve una scusa per salvare i nostri amici dalla galera con un'amnistia o un indulto (l'ultimo salvò il mio amico Previti). Io sono magistrato e lo so benissimo che non ha senso arrestare migliaia di persone oggi e scarcerarle domani per reati minori (furtarelli, liti coi vigili, ingiurie, risse, omissioni di soccorso, mancato pagamento del telepass) o addirittura non-reati (droga e clandestinità). Ogni anno entrano 90mila persone e ne escono altrettante, di cui 80mila "in attesa di giudizio" (primo, secondo o terzo): la metà esce nei primi 10 giorni. È il "carcere breve", che non è solo inutile, è dannoso: ogni detenuto ci costa 115 euro al giorno. Ma noi abbiamo altro da fare; prescrizione breve e processo lungo. Il 40% dei detenuti sono extracomunitari, perlopiù clandestini. La gran parte sono in carcere proprio perché clandestini: vengono fermati, ricevono il foglio di via, non vanno via e allora, se li ripeschiamo, li sbattiamo dentro per 2-3 giorni e così via all'infinito. Basterebbe espellerli e rimpatriarli, ma noi - furbi - tagliamo i fondi alla polizia che non ha di che pagargli il biglietto aereo di ritorno. Poi ci sono gli stranieri detenuti perché han commesso delitti: la Bossi-Fini consentirebbe di commutargli gli ultimi due anni di pena con l'espulsione, così potremmo espatriarne 6-7 mila. Invece noi - furbi - li teniamo dentro. Poi ci sono i detenuti definitivi che restano dentro molto più del dovuto grazie ai pacchetti sicurezza di quel genio di Maroni e alla Cirielli di cui io modestamente, fui relatore: niente pene alternative a chi è stato condannato tre volte. Indipendentemente dalla gravità dei reati: chi ha due stupri o due rapine può restarsene fuori, chi invece ha un furto di provolone, una guida senza patente e una vendita di ed taroccati deve restare dentro. Senza queste follie, molti dei 30mila condannati che devono scontare 3 anni potrebbero fedo ai domiciliari o ai servizi sociali. Infine dovremmo smantellare la Fini-Giovanardi sulle droghe, che intasa le carceri con migliaia di tossici arrestati solo perché avevano dosi eccedenti quelle stabilite. Ecco, dovremmo fere un bel mazzo di tutte le porcherie che abbiamo partorito dal 94 a oggi e abolirle per decreto. Ma non possiamo perché dovremmo rinnegare vent'anni di finta politica della "sicurezza", che in realtà è solo rassicurazione: feccia feroce sui reatucoli da strada per nascondere la tolleranza mille sui crimini dei colletti bianchi amici nostri. Cioè per mandare dentro chi dovrebbe stare fuori e lasciare fuori chi dovrebbe finire dentro: il mio principale ne sa qualcosa. Buone ferie, ci vediamo l'anno prossimo. Forse". Giustizia: la manovra finanziaria bis introduce il reato di caporalato, con pene da 5 a 8 anni Agi, 14 agosto 2011 Arriva il reato di caporalato, che prevede la possibilità di carcere dai 5 agli 8 anni e sono previste anche limitazioni sull'abuso dei tirocini. Sono alcune delle misure contenute nella manovra in materia di lavoro. "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque svolga un'attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato", recita il decreto. Decreto-Legge 13 agosto 2011, n. 138 Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo Art. 12 - Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro 1. Dopo l’articolo 603 del codice penale sono inseriti i seguenti: “Art. 603-bis (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque svolga un’attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l’attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. Ai fini del primo comma, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti circostanze: 1) la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; 2) la sistematica violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie; 3) la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l’incolumità personale; 4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti. Costituiscono aggravante specifica e comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà: 1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre; 2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa; 3) l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro. Art. 603-ter (Pene accessorie). - La condanna per i delitti di cui agli articoli 600, limitatamente ai casi in cui lo sfruttamento ha ad oggetto prestazioni lavorative, e 603-bis, importa l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese, nonché il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione, e relativi subcontratti. La condanna per i delitti di cui al primo comma importa altresì l’esclusione per un periodo di due anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello Stato o di altri enti pubblici, nonché dell’Unione europea, relativi al settore di attività in cui ha avuto luogo lo sfruttamento. L’esclusione di cui al secondo comma è aumentata a cinque anni quando il fatto è commesso da soggetto al quale sia stata applicata la recidiva ai sensi dell’articolo 99, secondo comma, numeri 1) e 3)”. Giustizia: l'ex ministro Conso; aderisco pienamente all'appello di Pannella Agenparl, 14 agosto 2011 "Aderisco pienamente all'appello promosso da Marco Pannella e, in particolare, mi riconosco nelle parole del Presidente della Repubblica Napolitano laddove afferma che i diritti umani negati per le persone ristrette in carcere, rappresentano una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile. Come sempre, il rispetto dei diritti individuali mi è stato a cuore anche in relazione a quanto stabilisce la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani". Così Giovanni Conso, Presidente Emerito della Corte Costituzionale ed ex Ministro della Giustizia. Giustizia: Apprendi (Pd); sovraffollamento carceri, un altro fallimento del governo Berlusconi Adnkronos, 14 agosto 2011 "Il fallimento del governo Berlusconi passa anche attraverso la crisi delle carceri italiane. Nulla è stato fatto dal ministero di grazia e giustizia per migliorare le condizioni dei carcerati, a partire dal sovraffollamento". Lo dichiara in una nota il deputato del Pd all'Assemblea regionale siciliana, Pino Apprendi, che aggiunge: "Personalmente ho constatato le condizioni in cui vivono i detenuti, visitando giorni fa l'Ucciardone di Palermo, assieme al rappresentante dei giuristi democratici Giuseppe Bruno. Tutti gli sforzi che fanno il personale penitenziario ed il direttore - conclude - rischiano di essere vanificati". Giustizia: Cordone (Ln); in sciopero di fame e sete, ma per certezza della pena e vittime dei reati Ansa, 14 agosto 2011 Con le stesse modalità dei Radicali, sciopero della fame e della sete, ma per motivi opposti: "certezza ed effettività della pena e tutela delle vittime della criminalità". Marco Cordone, capogruppo della Lega Nord al Consiglio provinciale di Firenze risponderà così allo sciopero indetto dai Radicali che chiedono la convocazione del Parlamento per i diritti all'interno degli istituti di pena. "I diritti vanno sempre salvaguardati - precisa Cordone - e non mi voglio contrapporre a tematiche radical-chic che ormai in questo paese interessano a pochi. Farò lo sciopero della fame e della sete per sensibilizzare l'opinione pubblica, per quanti chiedono giustizia, tutti Abele del nostro tempo, e invito i cittadini che possono farlo a unirsi alla mia protesta". A Cordone, secondo quanto da lui riferito, sono già arrivate oltre 200 adesioni all'iniziativa "Io digiuno per Abele": via sms, e-mail o fax. Una dimostrazione della "voglia di dare voce alle vittime che non vengono tutelate a sufficienza". "Quando si parla di giustizia e carceri - aggiunge l'esponente della Lega - dobbiamo dire chiaramente ai cittadini che i criminali devono stare in galera senza sconti di pena e permessi vari". Infine, in una nota, Cordone torna a intervenire anche sulla chiusura di una parte dell'Opg di Montelupo (Firenze), struttura dove per alcuni anni fu rinchiuso anche Sergio Cosimini, l'uomo che assassinò Antonio Cordone, padre dell'esponente della Lega, e due carabinieri, alla fine degli anni 80. "Chi vuole la chiusura degli Opg senza che siano pronte subito strutture alternative - conclude Cordone, si prende e si prenderà la responsabilità nei confronti di tutti i cittadini di quello che dice e delle azioni conseguenti a quello che dice". Giustizia: Ugl; necessari provvedimenti rapidi, bene Palma su depenalizzazione reati minori Dire, 14 agosto 2011 "Oggi più che mai è necessario rispondere all'emergenza carceri con provvedimenti legislativi concreti e soprattutto risolutivi in direzione della depenalizzazione dei reati minori. Comprensibili, quindi, le parole del ministro della Giustizia". Lo dichiara Giuseppe Moretti, segretario nazionale Ugl Polizia Penitenziaria. "Non basta infatti prevedere un ampliamento della ricettività delle carceri che rischiano di essere luoghi nei quali l'esecuzione penale non rispetta i dettami costituzionali del recupero del reo - continua il sindacalista - ma è anche giusto non dare nuovi "colpi di spugna" alla credibilità della certezza della pena con provvedimenti come l'amnistia o l'indulto". Continua la nota: "Il Corpo della Polizia Penitenziaria, in nome della propria dignità lavorativa, scenderà nuovamente in piazza il prossimo 22 settembre. La manifestazione sarà realizzata in Piazza Montecitorio, con due presidi uno davanti al ministero della Giustizia e uno davanti al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria". Il sindacalista, inoltre, evidenzia la sensibilità del sottosegretario Gianni Letta alla spinosa emergenza che caratterizza il Corpo. Letta, infatti, sarà a Regina Coeli il giorno di ferragosto: "Più volte abbiamo apprezzato l'attenzione del sottosegretario nei confronti della polizia penitenziaria e confidiamo nelle sua capacità per coaudivare il ministro Palma nella ricerca di strategie vincenti per superare quello che è un grave problema del Paese mettendo in sicurezza il lavoro degli agenti". Giustizia: Nieri (Sel); bisogna rendere pubbliche le condizioni di vita negli istituti penitenziari Adnkronos, 14 agosto 2011 "Ho deciso di aderire allo sciopero della fame e della sete indetto da tante autorevoli firme e organizzazioni. Nelle galere italiane i diritti umani sono negati e la dignità delle persone ristrette è calpestata". È quanto dichiara Luigi Nieri, capogruppo di Sinistra Ecologia Libertà nel consiglio regionale del Lazio. "Pure nel Lazio - sottolinea il capogruppo Sel - ci sono situazioni indegne per un paese civile. Detenuti costretti in celle sovraffollate per 20-22 ore al giorno. Malattie che si diffondono, suicidi, violenza, operatori penitenziari abbandonati a loro stessi. Nelle prossime settimane il gruppo di Sel visiterà tutte le prigioni del Lazio e presenteremo alla presidente Polverini un dossier con proposte concrete". "Chiedo al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - conclude Nieri - di consentire il libero accesso di giornalisti televisivi e della carta stampata che possano rendere pubbliche le condizioni di vita ad esempio a Civitavecchia o a Regina Coeli, senza mediazioni o censure. L'opinione pubblica ha diritto a essere pienamente e correttamente informata. Gli italiani devono sapere cosa li aspetta se i loro figli vanno a finire in carcere. Casi come quello di Stefano Cucchi sono sempre dietro l'angolo". Giustizia: Comunità di Sant'Egidio; le carceri italiane producono un 68% di recidivi Agi, 14 agosto 2011 "Una buona notizia per gli italiani. Se si esce prima dal carcere non si commettono più reati, ma di meno. La cattiva notizia è che invece se si resta di più in carcere, fino alla fine della pena - e in condizioni sempre più invivibili - una volta liberi si commettono più reati, e si ritorna in carcere. Un circolo vizioso disperante e da spezzare. Il carcere italiano produce recidive: 68,45 per cento". Lo afferma la Comunità di Sant'Egidio. "Al contrario - prosegue la Comunità - quanti hanno usufruito dell'indulto sono caduti in recidive nel 33,92 per cento dei casi: la metà. Alla fine del 2008 erano il 29,14 per cento dei casi (Università di Torino). A guardare in profondità il dato è ancora più eclatante: chi ha usufruito dell'indulto provenendo da misure alternative (comunità terapeutiche, arresti domiciliari e altro), è caduto in recidive nel 22 per cento dei casi, tre volte di meno dei normali detenuti che hanno scontato tutta la pena. Paradossale? È solo la realtà. È necessario cambiare, al di là delle retoriche giustizialiste. Il risultato è quello che è sotto gli occhi, distratti, di tutti: il record di detenuti in carcere dal dopoguerra ad oggi, fino a 70 mila. Sovraffollamento oltre il 100 per cento in molti carceri italiani, soldi disponibili per il vitto ridotti, a causa dei tagli e del sovraffollamento, fino a un terzo. Letti a castello anche tripli in alcuni "bracci", autolesionismo e pena di morte strisciante per suicidi e per mancanza di cure adeguate a livelli patologici. Per non incorrere nella condanna di Strasburgo in molti istituti penitenziari, a causa del sovraffollamento, vengono lasciate aperte le porte delle celle per includere i corridoi e gli spazi comuni nella superficie pro-capite, che altrimenti sarebbe sotto gli standard minimi e porterebbe a sanzioni". Giustizia: Comunità Papa Giovanni XXIII; digiuniamo per meno carcere e più pene alternative Ansa, 14 agosto 2011 Un digiuno per chiedere meno carcere e un maggior ricorso alle pene alternative. È quello che farà, domani giorno di ferragosto, la comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi, che - in una nota firmata dal responsabile generale, Giovanni Paolo Ramonda - non manca di considerare una ingiustizia, il mancato riconoscimento, da parte delle istituzioni, degli sforzi compiuti dalla comunità che, da decenni, accoglie tanti detenuti nelle proprie strutture. Scrive Ramonda: "il popolo della Comunità Papa Giovanni XXIII insieme ai propri accolti pregherà e digiunerà. Per chi si ritrova a scontare la pena - ammonisce - serve una proposta alternativa: il nostro stile di protesta vuole mantenersi positivo, propositivo e di speranza". La Comunità, osserva ancora Ramonda, "accoglie detenuti da oltre 30 anni, in questi ultimi 3 anni ha fatto risparmiare allo Stato oltre 5 milioni. Ad oggi, la Comunità dallo Stato non ha ancora avuto alcun riconoscimento economico e accoglie a costo zero, salvo insufficiente contributo della regione Emilia Romagna: questa è un'ingiustizia". Inoltre, per Ramonda, "dei 1.000 detenuti che oggi escono dal carcere 700 tornano a delinquere: la recidiva è del 70%. Altro che sicurezza e certezza della pena!. Chi svolge il percorso presso le nostre strutture educative la recidiva si abbassa all'8%. Questo è il motivo per cui crediamo che sia giunto il momento di applicare il binomio: meno carcere, più comunità. Ciò è possibile non per tutti i detenuti, ma per molti". Giustizia: Sappe; visite ferragosto nelle carceri non siano la solita passerella mediatica Adnkronos, 14 agosto 2011 "È grave che la classe politica, dopo aver visitato in massa le carceri il 15 agosto negli scorsi due anni non sia ancora stata in grado di trovare soluzioni politiche e amministrative al tracollo del sistema penitenziario italiano come invece trovò nel 2006 con la legge - fallimentare - dell'indulto. Rinnoviamo allora oggi ai tanti rappresentanti dei cittadini, in particolare a quelli che già hanno annunciato di recarsi a Ferragosto in carcere, l'invito e il monito a non sottovalutare la portata storica del loro gesto riducendolo ad un gesto di mera passerella mediatica". È quanto sottolinea Donato Capece, segretario generale del Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. "Con un sovraffollamento di 67mila detenuti in carceri che ne possono contenere a mala pena 43mila, accadono ogni giorno eventi critici come aggressioni, tentativi di suicidio, atti di autolesionismo. Ed ogni evento critico in carcere - rileva Capece - è inevitabilmente la conseguenza del sovraffollamento penitenziario e delle gravi carenze negli organici della Polizia penitenziaria, conseguenza che ricade pericolosamente sulle condizioni lavorative dei Baschi Azzurri del Corpo e che impedisce di svolgere servizio nel migliore dei modi". Limitare la detenzione solo ai casi indispensabili Dal 1 gennaio ad oggi sono stati 38 i detenuti che si sono tolti la vita in cella e 602 i tentati suicidi, 193 i danneggiamenti di beni dell'amministrazione, 26 i casi di incendio, 415 le infrazioni disciplinari, 305 casi di violenza o minaccia a pubblico ufficiale, 174 di minacce, ingiurie e violenze, 24 risse. Sono le cifre dell'emergenza carceri diffuse dal Sappe, sindacato autonomo Polizia penitenziaria, dati che emergono dalla mappatura degli eventi critici compiuta dall'amministrazione penitenziaria. "E se la situazione non si aggrava ulteriormente - rileva il Sappe - è grazie alle donne e agli uomini del Corpo che, in media, sventano ogni mese 10 tentativi di suicidio (oltre un migliaio ogni anno) di detenuti nei penitenziari italiani. Ora è il tempo che la classe politica rifletta seriamente sulle parole del Capo dello Stato ed intervenga con urgenza per deflazionare il sistema carcere del Paese, che altrimenti rischia ogni giorno di più di implodere". Il sindacato sollecita l'adozione "di riforme strutturali, che depenalizzino i reati minori e potenzino maggiormente il ricorso all'area penale esterna, limitando la restrizione in carcere solo nei casi indispensabili e necessari". Toscana: la Regione appoggia ogni iniziativa tesa a sensibilizzare sul tema delle carceri Ansa, 14 agosto 2011 Pieno appoggio a tutte le iniziative che si stanno organizzando in questi giorni per dare visibilità alla situazione drammatica che si vive nelle carceri, toscane e italiane. L'assessore al welfare Salvatore Allocca, a nome di tutta la Giunta regionale, ribadisce l'impegno della Regione relativamente ad un tema che "merita di trovare spazio nelle agende di Camera e Senato". "La Regione - dice Allocca - si è sempre impegnata, nell'ambito delle sue limitate competenze, ad intervenire positivamente sulle tematiche carcerarie e, a partire dalla attribuzione delle competenze sanitarie attribuitegli dal DPCM dell'aprile 2008, ha rafforzato le sue iniziative attraverso la sottoscrizione di protocolli di intesa con l'amministrazione penitenziaria. Ha sviluppato progetti ed iniziative per mitigare l'endemica carenza di risorse provenienti dall'amministrazione centrale, come quella realizzata dal presidente Rossi non appena eletto (e che prosegue), per garantire a tutti i detenuti toscani kit per l'igiene personale e nuovi materassi e cuscini. Con questo spirito - aggiunge l'assessore - la Giunta appoggia ogni iniziativa tesa a sensibilizzare le istituzioni competenti sul tema delle carceri, e condivide in particolare la necessità che il Parlamento dedichi al più presto una specifica discussione sull'argomento". Ancora Allocca sottolinea che "il numero crescente dei detenuti, in molti casi eccedente rispetto alla capacità di accoglienza delle strutture, e le durissime condizioni di vita che ne derivano, anche per il personale impegnato nella vigilanza, rischiano di vanificare ogni sforzo teso al recupero ed al reinserimento delle persone detenute mettendo in discussione i principi fondanti della nostra civiltà giuridica. Il numero crescente dei suicidi, nonostante le strette misure di controllo, indicano con crudezza i livelli di sofferenza e di disperazione ormai stabilmente radicati all'interno delle carceri italiane". L'assessore quindi conclude esprimendo, a nome di tutta la Giunta regionale, piena condivisione ed apprezzamento "all'iniziativa che vede, in questi giorni di festa, tanti rappresentanti del Parlamento e delle Regioni (compresi numerosi consiglieri regionali toscani) impegnati a visitare un grande numero di istituti di pena. Un semplice gesto per chiedere alle istituzioni una non più rinviabile assunzione di responsabilità e manifestare umana comprensione verso chi vede aggiunto alla pena prevista dalle leggi, quella imposta dalla insopportabile inadeguatezza del sistema carcerario". Valle d'Aosta: l'assistenza sanitaria all'interno del carcere è al di sotto del limite accettabile Ansa, 14 agosto 2011 "Un po' per un limbo giuridico, un po' per le carenze strutturali della struttura stessa, il livello dell'assistenza sanitaria all'interno del carcere di Brissogne è estremamente basso, al di sotto del limite accettabile". Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale Alberto Cerise, al termine della visita di questo pomeriggio alla casa circondariale di Brissogne, dove ha guidato una delegazione dell'Assemblea. "Anche se per contenere le spese ci fossero delle limitazioni al passaggio di gestione della sanità penitenziaria - ha aggiunto Cerise - un rapporto con l'Usl permetterebbe un salto di qualità notevole. In questa direzione va la norma di attuazione dello Statuto fatta d'accordo con lo Stato, che però l'ha impugnata, probabilmente in ragione di una possibile lievitazione dei costi". Per il presidente del Consiglio Valle l'occupazione dei detenuti resta uno dei problemi principali: "Queste persone restano inattive troppe ore al giorno e vivendo uno stato di disagio così penalizzante sono portati a compiere azioni non sempre corrette. Mancano i fondi per permettere loro di lavorare". Di sovraffollamento eccessivo ha parlato la consigliera del Partito Democratico Carmela Fontana: "I carcerati sono 100 in più della capacità prevista dalla struttura, ma hanno una gran voglia di fare che va incentivata. Rispetto allo scorso anno ho trovato un certo miglioramento, anche a livello estetico, proprio grazie ai lavori eseguiti dagli stessi detenuti sugli interni della casa circondariale". "Visitando un reparto aperto, dove i detenuti possono circolare liberamente e le celle non sono serrate, abbiamo scambiato qualche battuta con alcuni di loro - ha spiegato la consigliera Alpe Patrizia Morelli - e la situazione ci è parsa difficile ma entro limiti accettabili. Ci hanno parlato della difficoltà di reperimento dei medicinali, soprattutto di quello non forniti dal sistema sanitario nazionale ma anche dei positivi riscontri dei lavori di tinteggiatura che hanno eseguito, utili magari per un futuro reinserimento lavorativo". Firenze: l'Opg Montelupo è senza antincendio, ma chiusura è stata prorogata al 30 settembre www.nove.firenze.it, 14 agosto 2011 Venerdì nel corso del sopralluogo effettuato all'Opg da Donatella Poretti, parlamentare Radicali-Partito Democratico, Massimo Lensi, Consigliere Pdl della Provincia di Firenze, e Maurizio Buzzegoli, vice-segretario dell'Associazione radicale fiorentina "Andrea Tamburi", è stato verificato l'adeguamento e le iniziative realizzate per mettersi a norma rispetto alle disposizioni della commissione d'inchiesta sul Ssn del Senato. Tra le disposizioni cui doveva ottemperare l'Opg: 1. Stanza contenzione è sotto sigilli, chiusa fino a che non si adegua ai requisiti minimi sanitari, ossia la possibilità per la persona contenuta di chiamare aiuto ed essere monitorata continuamente. Il doppio binario sanità e carcere, produce l'assurdo di un medico che dispone una contenzione fisica, ma che dipende dagli agenti penitenziari per accedere alla stanza anche solo per i controlli essendo nella disposizione degli agenti la chiave. 2. Celle coi sigilli da sgomberare nel reparto Ambrogiana. Delle 21 celle da sgomberare per il provvedimento della commissione sono poche quelle rimaste ancora occupate, visto che 9 internati sono stati inviati in altri Opg per i rispettivi bacini di competenza. In particolare 5 a Reggio Emilia, 2 ad Aversa e 2 a Napoli per altri stanno studiando altre soluzioni, ma al 26 agosto dovrebbe essere rispettata la scadenza. 3. Sistema antincendio. Mentre la direzione dell'Opg sta verificando la realizzabilità dell'adeguamento alla norma di legge antincendio, per cui è stata concessa una proroga al 30 settembre, resta da capire come la sezione ristrutturata 4 anni fa (Torre) ha potuto ricevere l'agibilità e il nulla osta senza rispettare la normativa antincendio. Chi ha fatto i controlli e come? Con quali certificati? C'è stata una "omissione" o una "falsificazione"? "Su questo presenteremo con il senatore Marco Perduca una interrogazione al ministro dell'Interno per quanto di competenza dei Vigili del Fuoco, della Giustizia per quanto di competenza del Dap e della Salute per quanto di competenza delle Asl - spiega la Sen. Poretti. Ha inoltre aderito alla giornata di sciopero della fame e della sete promossa dai Radicali la direttrice protempore Margherita Michelini, attualmente direttrice del carcere di Empoli, sta per entrare di ruolo al Gozzini di Firenze e attualmente è in missione come direttrice dell'Opg di Montelupo". Lucca: Pd; il carcere di San Giorgio è un inferno, scriveremo al ministro La Gazzetta di Lucca, 14 agosto 2011 "Il carcere di Lucca è il secondo in Toscana, dopo la Gorgona, con il maggiore sottodimensionamento degli agenti di custodia, il 41% in meno rispetto alla mappa organica, ovvero sono 71 e dovrebbero essere 130. Un vero e proprio dramma che ha comportato il blocco di tutte le attività ricreative e formative per i detenuti. Altra emergenza è quella delle spese per la manutenzione ordinaria di una struttura fatiscente come quella del San Giorgio, nel 2011 sono arrivati dal ministero circa 17 mila euro mentre solo per un nuovo impianto idrico servirebbero oltre 40 mila euro. Presenteremo un ordine del giorno in tutti i comuni della provincia di Lucca per chiedere l'intervento del ministro della giustizia Nitto Palma". Lo denunciano nel corso di una conferenza stampa i senatori del Pd Manuela Granaiola e Andrea Marcucci che oggi hanno visitato la casa circondariale di Lucca, incontrando il direttore, gli agenti di custodia ed i detenuti. " Il capitolo dei finanziamenti è drammatico, mancano i soldi per la benzina - spiega Marcucci - , così anche gli spostamenti in tribunale e negli ospedali per visite specialistiche diventano un problema. Si pensi che in una delle tre sezioni, con 50 detenuti esiste una sola doccia, per l' impossibilità di cambiare l'impianto idrico. I debiti sulle forniture hanno raggiunto quota 210 mila euro, ciò significa che sono potenzialmente a rischio anche gas, luce ed acqua. Per la carenza degli organici di sorveglianza restano inagibili la palestra e la biblioteca e di fatto anche molte attività di formazione". Per effetto di una sentenza della Corte di giustizia europea sono stati mitigati gli effetti della legge Bossi Fini sul reato di clandestinità, così al San Giorgio sono diminuiti i detenuti rispetto all' ultima visita dei parlamentari , oggi sono 175 mentre nel dicembre 2010 erano 210. "Sempre troppi - attacca Granaiola - perché per regolamento dovrebbero essere 99. Le sezioni hanno celle singole che ospitano fino a 4 detenuti. Quindi siamo ben al di sotto della soglia minima di sopravvivenza che è fissata dall' Europa in 7 metri quadri per persona. La rieducazione qui è un miraggio e purtroppo crescono a dismisura gli atti di autolesionismo". Tra i 175 detenuti, in maggior parte arrestati in Versilia, il 50% sono stranieri (in prevalenza nord africani e rumeni), il 30% è tossicodipendente e la stessa percentuale è in attesa di giudizio mentre 4 sono attualmente i detenuti che devono o rischiano di scontare una pena di 30 anni per omicidio. L' unica nota positiva riguarda l'avvio a settembre di un corso teatrale che sarà curato dall' associazione di Capannori Empa Theatre. "È una situazione disumana, per questo facciamo un appello alla società civile - concludono i parlamentari - affinché siano finanziabili almeno alcuni interventi di manutenzione. Al ministro di grazia e giustizia invece chiediamo immediate integrazioni degli organici degli agenti di custodia, a Lucca in questo modo non si può andare avanti. Massa: Idv; carcere sovraffollato e laboratori per i detenuti non funzionanti www.nove.firenze.it, 14 agosto 2011 Ieri mattina una delegazione di Italia dei Valori, guidata dall'on. Fabio Evangelisti, Segretario Idv Toscana, ha visitato la Casa di reclusione di Massa, continuando le visite e le ispezioni che eletti e amministratori di Italia dei Valori hanno effettuato negli ultimi mesi negli istituti della nostra regione. "Il carcere di Massa potrebbe essere un'eccellenza nel panorama penitenziario regionale e nazionale - ha commentato Evangelisti ai cancelli del penitenziario - ma al tempo stesso racchiude in sé tutte le criticità e, soprattutto, le gravi contraddizioni del sistema carcerario del nostro Paese". "Anche a Massa, infatti - spiega Evangelisti - ritroviamo la stessa dicotomia: al sovraffollamento, dove i detenuti ospitati sono quasi il doppio di quelli previsti, si aggiungono le gravi carenze di personale. Ciò nonostante, quello del capoluogo apuano potrebbe davvero diventare un modello non soltanto di reclusione ma anche di reintegro e recupero. Un'intera ala della struttura, infatti, ha le caratteristiche di una grande azienda: il settore di tessitura e la sartoria, l'officina meccanica e la falegnameria potrebbero dare impiego ad un gran numero di detenuti e insegnargli anche un mestiere. Purtroppo, però, è tutto fermo, o quasi, perché non sono stati effettuati tutti i collaudi per la messa in sicurezza degli impianti. Forse anche questa una conseguenza dello tsunami dell'anno scorso, quando - paradossalmente - a finire dietro le sbarre furono il Direttore e il Ragioniere capo della casa di reclusione massese. A ciò si aggiungono i tagli di bilancio. Basti pensare che la Legge Smuraglia (per l'avviamento al lavoro dei detenuti) per quest'anno prevede - in la tutta la Toscana - contributi per solo novemila euro. Considerando l'attuale popolazione carceraria della regione, una cifra di poco superiore ai due euro a detenuto". "Lo stesso discorso vale per il nuovo padiglione appena ristrutturato - continua Evangelisti - che potrebbe alleviare notevolmente le condizioni di detenzione e lavoro se solo l'impianto fosse messo a norma. Invece è ancora inagibile". Nel carcere di Massa ci sono, al momento, 242 detenuti, di cui 93 stranieri, a fronte di una capienza standard di 115 e una capienza tollerabile di 179. Il personale di sorveglianza in forze all'istituto è di 108 agenti, mentre il Ministero della Giustizia ne prevedrebbe 130. "Non possiamo fingere che il problema carceri non esista - aggiunge Evangelisti - e non possiamo chiudere gli occhi di fronte a un simile stato dei fatti. Urge un cambiamento radicale volto non solo ad adeguare le vecchie strutture carcerarie, ma in grado di costruire un percorso che possa offrire una vera prospettiva di recupero". "Come Italia dei Valori - ha concluso Evangelisti - continueremo le ispezioni nelle carceri della Toscana, con l'obiettivo di tenere alta l'attenzione dell'opinione pubblica su un tema tanto delicato, e ci muoveremo in tutte le sedi istituzionali, a livello parlamentare e regionale, affinché la piaga carceri possa essere alleviata e si possa tornare a parlare, anche in Italia, di umanità della pena e percorsi di recupero, come previsto dall'Articolo 27 della Carta Costituzionale". Trieste: il direttore del Coroneo Sbriglia in sciopero della fame contro le carenze carcerarie Il Piccolo, 14 agosto 2011 Per 24 ore non toccherà cibo e, se le forze glielo consentiranno, eviterà anche di assumere liquidi. Enrico Sbriglia, direttore del Coroneo e segretario nazionale del Sindacato dei dirigenti penitenziari, oggi si unirà allo Satyagraha, la forma di protesta non violenta lanciata da Marco Pannella per accendere ancora una volta i riflettori sulle vergogne delle carceri italiane. "Un'iniziativa di indignazione civile a cui ho aderito con convinzione - spiega Sbriglia - , perché lo spirito è coerente con ciò che da anni, da quando cioè dirigo il Sindacato, continuo a ripetere da anni. Partecipare, quindi, è un'esigenza quasi inevitabile. La stessa che, ad esempio, spinge ogni medico ad interessarsi dell'ospedale in cui lavora". E pazienza se qualcuno criticherà la scelta di schierarsi a fianco di una battaglia così politicamente caratterizzata. Quando in gioco ci sono le libertà degli individui, ribatte Sbriglia, parlare di bandiere è tanto assurdo quanto dannoso. "Davanti ad un tema come questo, per me le appartenenze diventano ininfluenti. Se si entra nel campo della legalità e dei diritti umani, non si possono issare paletti partitici o ideologici. La fuga dalla legalità. a mio giudizio, deve unire le parti, non dividerle. Ecco perché come segretario del sindacato, e non nella veste di direttore del Coroneo, ho sentito l'esigenza di dare il mio contributo all'iniziativa, indipendentemente dal fatto che sia stata promossa da un'icona politica come Marco Pannella". Con una motivazione così forte alle spalle, la sfida del digiuno evidentemente non spaventa più di tanto. "Astenermi dal cibo per una giornata non potrà che farmi bene - scherza l'ex assessore comunale alla Vigilanza - . Scherzi a parte, non mangiare per 24 ore non sarà certo un dramma. Mi sembra al contrario un sacrificio modesto da sostenere in nome di un risultato fondamentale: evidenziare l'aggravarsi progressivo della situazione carceraria e stimolare una nuova e più consapevole presa di coscienza del problema. Non tanto nell'opinione pubblica, bensì nella classe politica, significativamente più indietro rispetto al sentire comune del Paese. La speranza è che l'adesione mia, e di tanti altri direttori di penitenziari italiani, sia interpretata dalle famiglie dei detenuti, dai detenuti stessi e dal personale come un nostro modo di dimostrare effettiva vicinanza ai problemi delle popolazione carceraria. Una manifestazione di solidarietà da far arrivare in modo non violento (il termine Satyagraha indica proprio il tipo di lotta pacifica praticata nel tempo da grandi della storia come Gandhi, Martin Luther King e, di recente, Aung San Suu Kyi ndr). L'aspetto rivoluzionario dell'iniziativa infatti - conclude Sbriglia - sta proprio nel denunciare in modo civile la violazione delle norme in materia di detenzione a cui noi assistiamo ogni giorno". Udine: oggi sciopero della fame dei 212 detenuti nel carcere di Via Spalato Il Messaggero Veneto, 14 agosto 2011 Protesta contro sovraffollamento e taglio dei permessi. Il direttore Macrì solidale: manifestazione pacifica. E la protesta, che è quella del leader radicale Marco Pannella e riguarda sovraffollamento degli istituti, mancanza di personale di polizia e rallentamento della concessione di benefici per uscire dal carcere, ha la solidarietà anche del direttore Francesco Macrì. "L'intera popolazione carceraria - si legge in una lettera sottoscritta da tutti i detenuti - ospite nella casa circondariale di Udine aderisce pacificamente e silenziosamente, come in altri istituti penitenziari italiani allo sciopero della fame indetto per il 14 agosto. Siamo solidali con le richieste dell'onorevole Pannella nel sollecitare il mondo politico, Camera e Senato in primis, ad affrontare tempestivamente il problema del sovraffollamento e di conseguenza la cattiva gestione sanitaria, la carenza del personale e non ultimo la concessione dei benefici come previsto dalla legge Gozzini, tutti problemi che affliggono le carceri italiane. Per tale motivo non verrà ritirato latte, pane, frutta, dolcetti e tutta l'alimentazione prevista per la giornata". Sono stati gli stessi detenuti, tramite la missiva indirizzata al direttore Macrì, a chiedere la divulgazione della loro protesta all'opinione pubblica. "È una manifestazione che si preannuncia pacifica - sostiene il direttore Macrì - e appoggia le istanze di Marco Pannella. I detenuti rifiuteranno solo il cibo, non l'acqua. Non si tratta di uno sciopero della sete e poi comunque in estate fa caldo ed è opportuno dissetarsi. Sappiamo che la protesta si svolgerà in contemporanea anche in altri istituti italiani. Qui in Friuli c'è un precedente abbastanza recente e risale al giugno scorso, allora l'astensione dai pasti andò avanti qualche giorno. Siamo solidali con i carcerati, effettivamente sul tavolo ci sono problemi da affrontare, servirebbero dei correttivi, ma visto il momento di difficoltà economiche è difficile che alcune delle richieste possano essere accolte". Anche la vecchia casa circondariale di via Spalato, a pochi passi dalla caserma dei carabinieri e dal teatro e inserita in un quartiere molto popoloso, soffre di sovraffollamento. "Il nostro istituto - aggiunge ancora Macrì - da regolamento potrebbe ospitare 87 persone, fino a 160 la situazione sarebbe ancora gestibile in maniera tranquilla, oltre i problemi si acuiscono e qui i detenuti sono attualmente 212. Il personale di polizia penitenziaria, tra dirigente, comandanti dei reparti, commissari, assistenti e agenti è di 127 unità, una ventina in meno di quanto previsto dalla pianta organica. Ma siamo consapevoli che il momento economico è delicato e che i margini di manovra sono pochi". Pordenone: il carcere della vergogna… lunga serie d'insuccessi per il progetto del nuovo istituto di Giuseppe Ragogna Il Messaggero Veneto, 14 agosto 2011 Cigola la porta della redazione ed entra un distinto signore. Lascia la fotocopia di una Gazzetta Ufficiale: "Tenetela, vi potrà servire". Con l'evidenziatore giallo si è già premurato di far risaltare una notizia ritenuta di grande interesse. Infatti lo sguardo del giornalista è subito attratto dal testo sottolineato, che contiene il programma statale di edilizia penitenziaria. Nell'elenco dei finanziamenti c'è anche la struttura di Pordenone. Si potrà pensare: vuoi vedere che è stato finalmente risolto il problema carcerario? Invece no. L'episodio è tratto dal nostro giornale, archiviato in data 31 ottobre 1999. Tant'è che la cifra è riportata in lire: 35 miliardi. A quei tempi sembrava che la battaglia fosse vinta: "La città avrà un nuovo penitenziario. Si chiude così la pagina vergognosa di un luogo disumano". In realtà, da allora non è successo nulla di concreto. Anzi, qualcosa di grave è accaduto: quei soldi sono stati puntualmente persi, a causa di incapacità tutte pordenonesi. La sconfitta è da accreditare a un'intera classe politica. L'indegna situazione delle carceri italiane è riportata alla ribalta delle cronache dall'iniziativa del Partito radicale di Marco Pannella, che ha indetto per domani uno sciopero totale della fame e della sete. I promotori vogliono sensibilizzare l'opinione pubblica sull'abisso che separa la realtà delle strutture detentive, indecorose e sovraffollate, dal dettato costituzionale, il quale riconosce il principio della funzione rieducativa. Anche la nostra città è con la melma fino al collo. D'altra parte, come possono essere garantiti i diritti e la dignità umana, di agenti e di detenuti, in una sede penitenziaria indecente come quella di piazza della Motta? Si tratta di una situazione insopportabile, che riassume una lunga serie di clamorosi insuccessi. Ricordiamone le tappe principali. Il primo vero tentativo di spostare il carcere dal vecchio castello in periferia risale agli inizi degli anni Ottanta. L'area individuata era quella della Comina. Nonostante l'abile regia del sindaco democristiano Alvaro Cardin, la procedura venne bruscamente interrotta dal combattivo comitato di opposizione, nato a seguito dei timori che si trattasse di un carcere di massima sicurezza. L'amministrazione comunale puntò a salvare se stessa, rinunciando all'operazione. E, ovviamente, perse i finanziamenti. Il tema tornò d'attualità ai tempi del sindaco leghista Alfredo Pasini il quale, all'inizio della sua carriera, si oppose all'idea di costruire un nuovo carcere in città. A quel punto, su iniziativa del parlamentare Antonio Di Bisceglie, emerse l'ipotesi di San Vito al Tagliamento. L'onorevole ulivista convinse il recalcitrante sindaco Luciano Del Frè ad avviare le procedure per rendere idonea allo scopo la sede dismessa dalla Friulcarne. Quando tutto era pronto, il timbro finale fu bloccato dalle pressioni degli avvocati, poco propensi alle trasferte quotidiane. Dal cilindro uscì l'indicazione del sito pordenonese di via Musile, a sua volta bocciato dalla Commissione ministeriale, che lo dichiarò a rischio di esondazioni. Così, Sergio Bolzonello si ritrovò il cerino in mano. E alla fine neanche lui è riuscito a trovare una soluzione. Fallì subito il tentativo di trasferire il carcere, nonostante i citati finanziamenti di 35 miliardi di lire, successivamente riconvertiti in euro. Il colpo di grazia fu dato inconsapevolmente dall'allora ministro Castelli. Erano i primi anni del Duemila. Fu l'esponente leghista del governo Berlusconi a lanciare l'idea di applicare il leasing alla costruzione delle carceri. E proprio la struttura di Pordenone doveva diventare uno dei primi esempi virtuosi. Un vero azzardo. Il preventivo di spesa lievitò a 32 milioni di euro. E la pratica rientrò nel capiente cassetto delle opere dimenticate. Oggi il sindaco Claudio Pedrotti si trova a gestire un protocollo del febbraio 2010, che sancisce l'intesa tra il delegato del governo per l'emergenza delle carceri e la Regione Friuli Venezia Giulia. Negli atti la localizzazione è individuata in un'altra area Comina. Il costo è di 20 milioni di euro, per metà a carico dello Stato, per l'altra metà da dividersi tra gli enti locali, in cambio della cessione del castello al Comune di Pordenone. Ma su tutta l'operazione persiste il veto della Lega, contraria alla costruzione della struttura in Comina. D'altronde, proprio vicino dovrebbe sorgere anche il nuovo ospedale. Così è stata sollevata una questione di incompatibilità. E, ovviamente, l'altro scoglio è costituito dai soldi, che non ci sono. E sarà dura rimetterli assieme. Che dire? Il carcere è come il gioco dell'oca: a causa di mosse sbagliate la pedina continua a indietreggiare, anziché raggiungere la meta. Cagliari: Ferragosto dietro le sbarre; nel 2010 i detenuti erano 521, oggi sono 518 per 332 posti La Nuova Sardegna, 14 agosto 2011 Solo tre detenuti in meno a Buoncammino e da un anno all'altro è come se non fosse successo nulla, con gli stessi problemi e la stessa emergenza sovraffollamento. Ma una novità c'è: quest'anno, niente ispezione di Ferragosto perché tutto è troppo simile al passato e anche denunciare un allarme forse non serve più. La capienza regolamentare dei posti in carcere è di 332, quella tollerata raggiunge al massimo quota 450 e dunque il sovraffollamento è sempre la caratteristica di un disagio che ormai si tocca con mano. Il disagio come situazione quasi fisiologica e che quasi non interessa più. Non sono bastati i provvedimenti svuota - carceri del Guardasigilli di turno (a proposito il neo ministro Nitto Palma che farà?) e non è servito il piano straordinario per le nuove strutture. Nulla è cambiato e purtroppo Buoncammino è il migliore esempio di un dramma che coinvolge tutto il sistema penitenziario. Celle dove è un problema pure stare in piedi, igiene come un optional e attività di socializzazione scarse. Se non è l'anno zero, poco ci manca: anche perché se i detenuti vivono una situazione difficile, non è che gli agenti di polizia penitenziaria stiano meglio. La pianta organica è di 267 agenti, attualmente sono in servizio meno di 200 agenti, costretti a sopportare turni di lavoro pesantissimi e spesso a saltare i riposi pur di non creare ulteriori problemi. Gli aiuti in termini di agenti che dovevano arrivare dalla chiusura della scuola di Monastir sono stati pari a zero, i piantonamenti fuori dal carcere dei detenuti malati costano tantissimo come impegno. Risultato? Si va avanti con il volontariato per non far peggiorare la situazione. Il direttore Gianfranco Pala lo fa chiaramente capire: "Nonostante le sofferenze negli organici riusciamo ad assicurare un servizio che è di altissimo livello: d'estate poi la situazione di emergenza peggiora ma ce la dovremo fare anche stavolta". Quest'anno sono state organizzate una serie di manifestazioni, tra cui alcuni concerti. Ma c'è stato un incremento delle possibilità per i detenuti di socializzare e di utilizzare gli spazi di lavoro. Il sindacato, per bocca del rappresentante della Uil penitenziari Cireddu ammette che "la situazione dentro Buoncammino non è facile ma che con la buona volontà si riescono a superare tanti ostacoli". Una passo in avanti positivo è arrivato anche dalla nomina del nuovo provveditore Gianfranco Degena: "Ha capito i problemi e ha mostrato comprensione e vicinanza alle esigenze degli agenti di polizia penitenziaria". Un cambio di rotta rispetto al recente passato. Ma l'allarme resta e all'orizzonte non si vede nulla di positivo perché anche il trasferimento nel nuovo carcere di Uta è lontano. Ovvero, la mancanza di denunce delle commissioni parlamentari e ragionali rischia di confinare ancora più nel dimenticatoio l'emergenza carceri, la cui drammatica attualità invece, è facilmente rilevabile dai numeri che la caratterizzano, con un indice di sovraffollamento ormai vicino al 20 per cento. A Buoncammino poi, il degrado rischia di peggiorare la situazione in un momento nel quale è necessario tenere alta la soglia dell'attenzione sul grave momento che investe il sistema carceri, dove si scontano quotidianamente la marea di impegni assunti dal Guardasigilli e poi non mantenuti. Il direttore dice che rispetto ad altre realtà a Buoncammino va meglio. Ma se appena si abbassa la guardia, la disattenzione e la distrazione verso i problemi potrebbero determinare situazioni di tensione all'interno del carcere che a questo punto sarebbero difficilmente controllabili. Se finora la situazione è stata mantenuta entro limiti per così dire "accettabili", è dovuto in gran parte alla professionalità e all'impegno degli agenti di polizia penitenziaria. Ma non si potrà fare affidamento in eterno sul volontariato. Servono mezzi e risorse, organici e disponibilità economiche, c'è da risolvere una volta per tutte il problema della assistenza sanitaria. Ma serve anche un impegno straordinario fuori dal carcere. Come ha sottolineato Maria Grazia Caligaris, di "Socialismo, diritto e riforme" e come ribadiscono le iniziative che vengono organizzate purtroppo a scadenze sempre più lunghe. Altrimenti l'inferno è destinato a restare lì, nel carcere che guarda uno dei panorami più maestosi della città. Bari: ragazza di 21 anni si suicida sul lungomare perché il suo compagno è detenuto Apcom, 14 agosto 2011 Trovata morta una ragazza di 21 anni. Il messaggio: "Senza di te non ce la faccio ad andare avanti". È stata trovata in mare completamente nuda. Il corpo esanime di una giovane donna di 21 anni è stato scoperto oggi pomeriggio su Lungomare Nazario Sauro, davanti alla sede della Regione Puglia. Sugli scogli sono stati recuperati gli abiti della donna, che si è tuffata in mare lasciandosi annegare. Accanto agli indumenti, una lettera con su scritto: "Senza di te non ce la faccio ad andare avanti". Il messaggio sembra sia rivolto al suo compagno detenuto in carcere. Ad accorgersi della donna è stata una turista, che subito ha allertato la polizia municipale. Giunti sul posto, un vigile urbano si è tuffato e recuperato il corpo. Poco dopo è arrivata una ambulanza del 118. Gli operatori hanno cercato in tutti i modi di rianimare la donna, ma 45 minuti dopo per la 21enne non c'è stato nulla da fare. Roma: domani il ministro Nitto Palma e Gianni Letta in visita al carcere di Regina Coeli Dire, 14 agosto 2011 Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, accompagnerà il ministro della Giustizia, Nitto Francesco Palma, nella visita al carcere romano di Regina Coeli, prevista per il pomeriggio di lunedì 15, giorno di ferragosto. Al termine della visita, nel cortile antistante il carcere, il ministro Palma avrà un breve colloquio con la stampa, che non avrà la possibilità di seguirlo all'interno dell'istituto. Lo comunica in una nota l'Ufficio Stampa del ministero della Giustizia. Bari: domani Vitali e Lettieri (Pdl) in visita al carcere Dire, 14 agosto 2011 Il giorno di ferragosto l'on Luigi Vitali, responsabile nazionale dell'ordinamento penitenziario del Pdl, e il sen. Luigi D'Ambrosio Lettieri, segretario della commissione Sanità del Senato, visiteranno alle ore 9,30 il carcere di Bari ed alle 12 quello di Taranto per testimoniare, anche quest'anno, la propria solidarietà agli agenti della Polizia Penitenziaria e a tutto il personale che opera all'interno dei nostri penitenziari. "Il sovraffollamento è ormai insostenibile - sostengono i parlamentari del Pdl - e se si riesce ad andare avanti quotidianamente è solo per il grande senso di responsabilità degli addetti ai lavori". Secondo Luigi Vitali "Va dato atto al neo ministro Palma di avere, immediatamente dopo il suo insediamento, proposto una consistente depenalizzazione che, in uno ad un maggiore ricorso alle misure alternative alla detenzione, può rappresentare una soluzione strutturale del problema. Diversamente dall'adozione di un provvedimento clemenziale che - ha aggiunto l'on. Vitali - , da un lato certifica il fallimento dello Stato e dall'altro rinvia i problemi senza risolverli". È arrivato "il momento di normare meglio l'istituto della carcerazione preventiva che, da strumento eccezionale, è diventata espiazione anticipata della pena visto che più di un terzo dei detenuti sono in attesa di giudizio. Il piano carceri, poi, va immediatamente realizzato - ha proseguito Vitali - , considerato che questo Governo ha reperito 800 milioni di euro e Franco Ionta, capo dell'amministrazione penitenziaria, o cambia subito passo o dovrà prendere atto della sua inidoneità al ruolo di Commissario Straordinario all'emergenza carceraria. Ma, soprattutto, si dovrà colmare il vuoto di organico della Polizia Penitenziaria, che oggi è di circa 8.000 unità. Il Governo ha varato l'assunzione straordinaria di 1.800 unità ed il ministro Palma non solo è consapevole, ma assolutamente deciso ad andare avanti su questa strada. Ci sono insomma - ha concluso Vitali - tutte le condizioni perché all'interno delle nostre carceri, questa sia l'ultima estate calda". Lecce: domani Casini e altri parlamentari Udc in visita al carcere Adnkronos, 14 agosto 2011 Pier Ferdinando Casini, leader Udc e membro della commissione Giustizia della Camera, lunedì 15 agosto alle 9.30 visita il carcere di Lecce, nell'ambito dell'iniziativa dei Radicali "ferragosto in carcere", insieme ai deputati dell'Udc Salvatore Ruggieri, Lorenzo Ria, Deodato Scanderebech. Trani (Ba): domani Losacco (Pd) in visita al carcere Adnkronos, 14 agosto 2011 Nella mattinata del 15 agosto il parlamentare pugliese Alberto Losacco si recherà in visita ai due istituti penitenziari di Trani per valutare direttamente le condizioni in cui si trovano operatori penitenziari e detenuti. ‘La situazione carceraria italiana - ha sottolineato Losacco - è in continuo peggioramento, ed è necessario agire al più prestò. "Nonostante l'impegno e l'abnegazione della polizia penitenziaria e di quanti operano all'interno degli istituti la situazione continua ad essere preoccupante. I problemi legati al sovraffollamento, alla riduzione del personale e delle risorse, se possibile si sono aggravati. In particolare - ha continuato - esprimiamo grande preoccupazione in merito alla manovra appena approvata che taglia ancora risorse al comparto sicurezza con le ovvie gravi conseguenze per il settore carcerario. Servirebbe una sessione parlamentare ad hoc perché le condizioni di vita inumane all'interno degli istituti di pena italiani rischiano di trasformarli in vere e proprie polveriere pronte ad esplodere in qualsiasi momento". Libano: evasi dal carcere cinque membri gruppo integralista islamico Fatah al-Islam Ansa, 14 agosto 2011 Cinque esponenti del gruppo integralista islamico Fatah al-Islam sono evasi ieri da un carcere di massima sicurezza a nord di Beirut, secondo quanto hanno reso noto fonti dei servizi di sicurezza. Uno di loro, il cittadino della Mauritania Medhat Hassan Khalil Ahmed, è già stato ripreso nei pressi del campo profughi palestinese di Baddaoui. Un sesto membro dell'organizzazione è stato bloccato dalle guardie carcerarie mentre stava tentando la fuga con i compagni. Gli evasi avevano segato le sbarre delle loro celle calandosi poi dalle finestre con le classiche lenzuola annodate. Una volta scesi nel cortile si sono sbarazzati della tenuta da carcerato e si sono mescolati ai visitatori. Il Fatah al-Islam nel 2007 era stato coinvolto in una sanguinosa battaglia con le truppe libanesi nel campo profughi palestinese di Nahr al-Bared, nel nord del Libano. Gli scontri avevano lasciato sul terreno oltre 400 morti, 222 tra i militanti del gruppo e 168 tra i militari.