Giustizia; i “Ristretti orizzonti” degli ultimi fra gli ultimi di Valentina Ascione Gli Altri, 13 agosto 2011 “Ci sono detenuti che non vogliono più fare il lavoro del porta-vitto perché quando arrivano alle ultime celle e non c’è più da mangiare, non ce la fanno a sopportare la rabbia dei loro compagni. C’è una zona grigia in cui non si sa come far fronte all’aumento della miseria, intere sezioni dove le persone non lavorano e sono povere, non fanno i colloqui perché stranieri, o abbandonati dalle famiglie perché tossicodipendenti. Le attività, anche nelle carceri migliori, coinvolgono una fetta di popolazione detenuta piccolissima”. È anche questa la realtà che Ornella Favero racconta a Gli Altri, a margine del grande convegno sulla giustizia promosso al Senato dal Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito che l’ha vista tra i protagonisti. Questo il carcere guardato con gli occhi di un volontario, vissuto sulla pelle di chi trascorre giornate intere con i detenuti nel tentativo di alleviare la loro solitudine, ma soprattutto di sopperire alle carenze di sistema ormai incapace di garantire anche i servizi minimi. Il nostro viaggio attraverso la comunità penitenziaria non detenuta si conclude almeno per il momento - qui, tra i volontari. In compagnia della coordinatrice di “Ristretti Orizzonti”: una vera e propria perla rara nel nostro panorama carcerario, che dalla cellula operativa all’interno del “Due Palazzi” di Padova raccoglie informazioni e divulga notizie su quanto accade nelle galere italiane. Detenuti e volontari esterni lavorano fianco a fianco, tutti i giorni, offrendo un contributo unico alla conoscenza di un mondo tenuto da sempre ai margini della vita del Paese. “Noi lavoriamo per annullare la distanza fasulla che separa il carcere dalla società - spiega Ornella Favero - il carcere non è fatto, come s’immagina o si vorrebbe, da persone diverse da noi”. Chiunque può finire nel tritacarne della giustizia, impiegati o studenti, ad esempio, fermati alla guida in stato di ebbrezza, che a Padova possono sostituire un anno di detenzione con un anno di lavori socialmente utili: “Gli facciamo assaggiare la galera, provando a evitargliela”. Una possibilità che potrebbe essere estesa a molte altre fattispecie di reato, se solo si cominciasse a considerare la carcerazione come l’extrema ratio del sistema penale. Invece continua a essere la strada maestra, così le galere scoppiano e riuscire a fare qualcosa per gli ultimi degli ultimi è sempre più difficile. “Si pensa al volontariato come a una sorta di beneficenza, ma a me piace l’idea di rendere un servizio. Abbiamo aperto uno sportello coinvolgendo avvocati volontari, dipendenti dell’Inps, gente in pensione che mette a disposizione la propria professionalità per far fronte a problemi di varia natura come, ad esempio, autenticare una firma. Esistono diritti che nessuno tutela, quindi proviamo a farlo noi. Offriamo risposte che le istituzioni non danno perché mancano soldi, energie o personale”. Un’iniziativa preziosa che si potrebbe replicare anche altrove, ma la vita del volontario penitenziario è tutt’altro che semplice. In alcuni istituti è quasi impossibile accedere, in altri gli orari sono fortemente limitati. “Bisogna fare delle battaglie, conquistarsi gli spazi”, il carcere è gestito ancora come una struttura feudale, continua Ornella Favero, il regolamento è ovunque lo stesso, ma non l’apertura alla società. “Ogni anno facciamo entrare 3-4 mila studenti che vengono in visita in piccoli gruppi. È un lavoro, pure per gli agenti che devono fare l’accoglienza, ma anche un’esperienza straordinaria che ha avvicinato moltissimo il carcere alla società. Eppure in altre realtà è considerata una rottura di scatole”. Tutte cose che pochi giorni fa Ornella Favero e rappresentanti di altre associazioni hanno spiegato al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Franco Ionta il quale, dopo l’incontro, ha diramato una circolare che invita gli istituti ad aprire il più possibile le porte al volontariato. Quello che serve per uscire dall’emergenza, infatti, è un’idea diversa di carcere, orientata all’apertura e non alla chiusura, che non necessariamente fa rima con sicurezza. Anzi. “È assai più rischioso tenere la gente in prigione fino all’ultimo giorno e metterla fuori più incattivita di prima”, osserva. “La galera pura e semplice non serve a niente, una persona rinchiusa costituisce una sicurezza per il tempo della pena, ma una volta libera è una bomba a orologeria. Bisogna aprire le carceri e pensare a pene diverse, siamo l’unico Paese che non ne prevede. In tanti stanno dentro con pene leggere o residui di uno o due anni, metterli fuori sarebbe più sicuro”. Ragioni sempre più radicate all’interno della comunità penitenziaria e che trovano riscontro nelle statistiche, ma che è raro ascoltare nei dibattiti della televisione italiana scandalizzata per il cosiddetto carcere a cinque stelle dove in Norvegia è rinchiuso l’autore della strage di Utoya. “Se spegniamo la tv e accendiamo la realtà - spiega ancora Favero - chiunque capisce che la vera pena è la privazione della libertà. Quando andiamo nelle scuole chiediamo ai quindicenni: immaginate di stare chiusi per 15 anni nella vostra bellissima stanza, di dover chiamare qualcuno per fare la doccia, di non poter parlare con nessuno, di poter sentire gli altri della casa per soli dieci minuti alla settimana e di vederli per un’ora. Stare in una stanza extralusso cambierebbe davvero le cose? Anche il peggiore degli uomini va trattato con rispetto, se prendi un cane aggressivo, lo bastoni e lo incateni non diventa migliore”. Un detenuto maltrattato si sente vittima, non responsabile di un reato. Trattare da persona e punire con rispetto anche chi fa cose terribili è invece l’unico modo per metterlo di fronte ai propri errori. “La giustizia mite è spiazzante, è lo strumento più intelligente che uno Stato ha per chiedere ai cittadini di assumersi le proprie responsabilità. È una lezione straordinaria”. Giustizia: l’ora della Grande Protesta per la situazione delle carceri di Giuliano Capecelatro Il Riformista, 13 agosto 2011 Lunedì prossimo, ferragosto, il ministro della Giustizia di fresca nomina, Francesco Nitto Palma, salirà gli storici gradini di via della Lungara, quelli del carcere di Regina Coeli. In cui, per il folclore locale, ogni romano doc deve aver soggiornato almeno una volta. Visita ufficiale, gesto che fornisce un’importante sponda istituzionale, al riparo da indiscrete telecamere, all’offensiva di metà agosto lanciata dai radicali. Uno sciopero totale, domani, della fame e della sete. E, da domani al 15, visite nei penitenziari di deputati, senatori, parlamentari europei, consiglieri regionali. Un tour che lo scorso anno mobilitò 165 parlamentari e coprì quasi tutte le oltre duecento strutture penitenziarie del paese. In questi giorni si tenterà il monitoraggio completo, compresi gli istituti peri minori. Momento importante nella battaglia per ridurre il sovraffollamento delle carceri. Passo preliminare, in attesa di mettere mano a quel libro dei sogni, da anni aperto invano al capitolo “Riforma della giustizia”. Capitolo tra i più spinosi di un’Italia sballottata in acque assai agitate. Le carceri scoppiano, si ripete da anni. Amnistia e indulto darebbero una prima sforbiciata. Ridurrebbero il carico abnorme di oltre 68.000 detenuti in un complesso che ne potrebbe ospitare non più di 43.000. Che ha uno spaventoso corollario (i dati si riferiscono al 2011) nei 41 suicidi in cella, nei circa 600 tentati suicidi e 3000 atti di autolesionismo, con 250 agenti penitenziari aggrediti e feriti. Una lista nera di 1.703 morti (594 suicidi) negli ultimi dieci anni. Con un impatto rilevante sulle casse dello Stato. “Anche per questo - precisa la deputata radicale Rita Bernardini insistiamo sulle misure alternative alla detenzione preventiva. Tutti la mettono sotto accusa, ma non basta; siamo legislatori, dobbiamo intervenire. L’Europa ci guarda in cagnesco perché il 40% dei carcerati è parcheggiato in attesa di giudizio. Che sancisce l’innocenza di almeno una metà di questi detenuti”. Innocenza significa risarcimenti; la nota-spese lievita. Ma non è un calcolo ragionieri stico a ispirare i radicali. Marco Pannella. leader storico e inarrestabile dei radicali, ha parlato di “diritti umani degli italiani e legalità costituzionale”. E chiesto la convocazione straordinaria del Parlamento. “Lo stesso ministro - prosegue la Bemardini - ha accennato al fenomeno pittorescamente definito delle “porte girevoli”. Persone, e si parla di non meno di 20.000 casi, recluse da uno a trenta giorni, per poi essere scarcerate”. L’aspetto economico è, comunque, tutt’altro che secondario. Spese ripartite più equamente potrebbero far respirare il sistema carcerario. “La Regione Lazio informa la Bernardini - spende per la manutenzione del palazzo del Consiglio 8 milioni di euro l’anno. Il direttore del carcere di Rebibbia, che ha 1700 ospiti, dunque un carcere bello grande, dispone a quella voce di 45.000 euro l’anno”. I radicali partono dal convegno da loro organizzato al Senato alla fine di luglio. E sottolineano le parole sulle carceri che usò allora il Capo dello Stato: “Una realtà che ci umilia in Europa, senza rieducare”. Lo sciopero della fame e della sete fa proseliti. Ieri pomeriggio avevano raggiunto quota 830. Nomi noti e meno noti; da Luigi Manconi, presidente di A Buon Diritto, a Domenico Arena, direttore del San Michele di Alessandria, che si definisce “umiliato e offeso dalla miseria materiale e morale nella quale si trovano ad operare le carceri italiane”; Andrea Orlando, responsabile giustizia del Pd, e Sandro Favi, responsabile carceri dello stesso partito; cappellani, come don Sandro Spriano di Rebibbia. Con qualche timido trasversalismo, ad esempio Savo Fleres, senatore Pdl, e Chiara Colosimo, consigliere regionale pdl del Lazio; con lei, da sponde diverse, i consiglieri radicali Giuseppe Rossodivita e Rocco Gerardo, più Luigi Nieri di Sinistra e Libertà. L’obiettivo, comunque, è di più ampio respiro: una riforma strutturale, incentrata sulla depenalizzazione e su misure alternative al carcere Regina Coeli può essere un test istruttivo per il neoministro. Costruita per accogliere al massimo 700 persone, registra 1.110 presenze. Un pò meglio di Foggia, dove il rapporto è di 870/400. Ma sempre altamente indicativo di come le carceri del Belpaese rendano lettera morta la stessa Costituzione. Che, all’articolo 27, sancisce i principi della rieducazione del condannato e del senso di umanità che deve temperare la pratica della pena. Oggi, nulla più che un libro dei sogni. Giustizia: da Segio a Fleres. adesioni trasversali all’iniziativa dei Radicali La Sicilia, 13 agosto 2011 Rosario Tortorella, direttore della Casa circondariale di Catania, Piazza Lanza, Antonio Gelardi, direttore della Casa di reclusione di Augusta, e ancora Andrea Orlando, deputato e responsabile giustizia del Pd, Salvo Fleres, senatore di Fds e Garante dei detenuti Regione Sicilia, Furio Colombo deputato del Pd, Sandro Favi, responsabile carceri del Pd, Angelo Bonelli, consigliere regionale e presidente dei Verdi, Raffaele D’Ambrosio, vice presidente del Consiglio regionale del Lazio dell’Udc, Luigi Nieri, consigliere regionale del Lazio di Sel, Sergio Segio, ex brigatista di Prima linea attualmente nel Gruppo Abele e nel consiglio direttivo di Nessuno tocchi Caino, Mauro Acerbo, consigliere regionale in Abruzzo per Rifondazione comunista, Franco Corleone, Garante detenuti Firenze e Coordinatore garanti territoriali. Questi alcuni dei nomi più rappresentativi dei circa mille sottoscrittori dell’iniziativa indetta dai Radicali Italiani per domani, domenica 14 agosto: una giornata di sciopero della fame e della sete per chiedere la convocazione straordinaria del Parlamento, affinché venga data una risposta al sovraffollamento delle carceri. A renderlo noto è l’associazione Leonardo Sciascia di Messina che ricorda come l’appello sia provenuto proprio da Giorgio Napolitano e che le adesioni all’iniziativa aumentano di ora in ora. “Una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”, ha commentato il presidente della Repubblica. “Che disastro - commenta Gelardi, direttore della Casa di reclusione di Augusta - che sfacelo. Diritti di tutti negati. Ci ritroviamo al punto esatto dell’estate 2006, avendo sprecato l’occasione del post indulto per riformare il sistema, bonificare gli istituti, fare del sistema penale un qualcosa di adeguato a un Paese civile”. Moltissime le adesioni anche tra i detenuti e le loro famiglie, agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali, medici, infermieri, personale amministrativo, volontari, cappellani, e da parte di cittadini comuni che continuano a credere nella Costituzione e nello Stato di diritto. A promuovere l’iniziativa, a partire da Marco Pannella che continua a dare corpo e anima a questa campagna di legalità e libertà, Luigi Manconi, presidente di A Buon Diritto, Ornella Favero, presidente di Ristretti Orizzonti, Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, Eugenio Sarno, segretario della Uil-Pa Penitenziari, Leo Beneduci, segretario generale Osapp (Polizia penitenziaria), Francesco Quinti, responsabile nazionale comparto sicurezza Cgil-Fp, Riccardo Arena, conduttore di Radio Carcere su Radio Radicale, Irene Testa, segretaria Associazione Radicale “Il Detenuto Ignoto”“, Elisabetta Laganà, presidente Conferenza nazionale volontariato giustizia, Sandro Battisti, responsabile carceri Alleanza per l’Italia. Oltre mille persone annunciano sciopero fame Aumentano di ora in ora le adesioni al digiuno del 14 agosto. Sono già in mille, infatti, coloro che hanno annunciato la propria partecipazione alla giornata di sciopero totale della fame e della sete per chiedere la convocazione straordinaria del Parlamento, affinché venga dato seguito alle parole del Presidente della Repubblica che, nel suo discorso al grande convegno tenuto al Senato “Giustizia! In nome della legge e del popolo sovrano” ha definito quella della giustizia e delle carceri “Una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”. Cresce la mobilitazione anche tra i dirigenti penitenziari. Dopo le adesioni di Domenico Arena, direttore del carcere di Alessandria, e di Enrico Sbriglia, che dirige quello di Trieste - e che, come Segretario Nazionale del Sindacato Direttori e Dirigenti Penitenziari, ieri aveva scritto una toccante lettera aperta ai propri colleghi per invitarli a unirsi all’iniziativa - hanno fatto sapere che parteciperanno al digiuno totale anche Paolo Basco direttore della Casa Circondariale di Arezzo, Ottavio Casarano Direttore della Casa Circondariale di Livorno, Claudia Clementi di quella di Pesaro, Rosario Tortorella, Direttore della Casa Circondariale di Catania Piazza Lanza, Cristina Morrone della Casa Circondariale di Grosseto, Luigi Morsello ex direttore carcerario e autore del libro “La mia vita dentro”, Ione Toccafondi, Direttrice della Casa Circondariale di Bologna, Massimo di Rienzo, della Casa Circondariale di Lanciano e Antonio Gelardi , direttore della Casa di Reclusione di Augusta che ha accompagnato la propria adesione con queste parole: “Che disastro, che sfacelo. Diritti di tutti negati. Ci ritroviamo al punto esatto dell’estate 2006, avendo sprecato l’occasione del post indulto per riformare il sistema, bonificare gli istituti, fare del sistema penale un qualcosa di adeguato a un paese civile”. Alla giornata del 14 agosto hanno inoltre aderito numerosi parlamentari, esponenti politici e personalità tra cui: Marco Pannella, Presidente Senato Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito, Emma Bonino, Vicepresidente Senato, Sergio Stanzani, Presidente Del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito, Rita Bernardini, Deputata Radicale, Marco Perduca, Senatore Radicale, Andrea Orlando, Deputato e Responsabile Giustizia Pd, Salvo Fleres, Senatore PdL e Garante Detenuti Regione Sicilia, Furio Colombo deputato Pd, Sandro Favi, Responsabile Carceri Pd, Giuseppe Rossodivita, Consigliere Regionale Lazio, Lista Bonino Pannella, Stefano Esposito, deputato PD, Renato Farina, deputato PdL, Angelo Bonelli, Consigliere Regionale, Presidente dei Verdi, Mario Abbruzzese, Presidente del Consiglio Regionale del Lazio del PdL, Raffaele D’Ambrosio, Vice Presidente del Consiglio Regionale del Lazio dell’Udc, Luigi Nieri, Consigliere Regionale del Lazio di SelL, Chiara Colosimo, Consigliere Regionale del Lazio del PdL, Enrico Gasbarra, deputato Pd, Alessandro Bratti, deputato Pd, Paola Balducci e Marco Boato, già parlamentari dei Verdi, Sergio Segio, Gruppo Abele e Consiglio direttivo di Nessuno tocchi Caino, Mauro Acerbo, Consigliere Regionale Abruzzo Rifondazione Comunista, Marcello de Angelis, deputato PdL, Franco Corleone, Garante detenuti Firenze e Coordinatore garanti territoriali, Jean Leonard Touadi, deputato Pd, Chiara Braga, deputata Pd, Lucio Malan, senatore PdL, Maria Bonafede, moderatora della Tavola Valdese e Gian Mario Gillio, Direttore della Rivista Confronti. Giustizia: detenuti a numero chiuso, una soluzione per le carceri di Alessandro Battisti Europa, 13 agosto 2011 So bene che gli italiani hanno problemi quotidiani assillanti, so bene che il paese è afflitto da una crisi economica forse senza precedenti, so bene che parlare di detenuti non è popolare in questo momento, so bene che mi si dirà che ci sono questioni più gravi in giro per il mondo, so bene che fame, carestie e guerre infiammano popoli anche a noi molto vicini. Tutto questo lo so. Ma non è un buon motivo per non occuparci di ciò che ci sta accanto, di quello che succede intorno a noi, di quello che possiamo fare per migliorare qualcosa. Il resto è cinismo che diventa immobilismo, irresponsabilità. È come dire “non mi occupo della fame di questo bambino qua perché tanto ne muoiono tanti ogni giorno e io non posso farci niente”. Da anni abbiamo un sistema penitenziario al collasso, indegno di un paese che sieda al tavolo dei grandi e che si ritenga un paese civile, da anni ciclicamente in agosto si ripropone il problema e si finisce per aspettare la fine del gran caldo, da anni giornalisti di buona volontà denunciano la situazione, da anni Marco Pannella e i Radicali si danno da fare per sollevare il problema, da anni non si fa nulla, non c’è destra o sinistra che tenga. Sinteticamente ricordo alcuni dati, fonte ministero della giustizia. Al31luglio abbiamo 66.942 detenuti su un totale di massima capienza massima di 45.681, 21.261 detenuti oltre la soglia prevista. Di questi solo 37.650 scontano una pena definitiva, 29.292 sono in attesa di giudizio; 23.916 sono stranieri, i tossicodipendenti circa 16 mila. I suicidi sono stati 40 in sette mesi, i tentati suicidi 620, gli atti di autolesionismo quasi 200, in dieci anni i suicidi sono stati quasi 700, i morti quasi 1.900, un bollettino di guerra. Poi c’è l’altra parte della medaglia, le altre vittime: gli agenti penitenziari che sono ottomila meno di quelli previsti, che rischiano ogni giorno la vita, che anticipano spesso con fondi personali i soldi per la benzina di mezzi obsoleti e pericolosi, spesso privati delle ferie, con carichi di lavoro inumani che il più delle volte significano raddoppio dei turni, senza competenze per straordinari e missioni. Tutti vittime di un sistema incivile, per non parlare degli educatori (circa 600 in tutto) e degli psicologi (poco più di 300) con detenuti costretti all’ozio per 22 ore su 24. E guardiamo un po’ fuori dai nostri confini: l’Italia ha una densità penitenziaria, in base alla capacità ufficiale, del 153%, seconda solo alla Bulgaria (155%), il resto dell’Europa è entro i limiti di tollerabilità, spesso ben al di sotto (fonte Commissione europea), e con il 43,6% di detenuti in attesa di giudizio è da record a confronto del 24,7% della media europea, e la media degli stranieri è al 36,9% mentre in Europa siamo al 21,7%. Siamo quindi un caso unico, siamo leader in Europa per il peggior sistema penitenziario. Dico subito che sono contrario a provvedimenti tampone che non risolvono nulla se non nell’immediato salvo di lì a poco trovarsi nelle stesse identiche situazioni. Sarei favorevole a quanto già contenuto nella bozza Pisapia, allora presidente della commissione giustizia della camera, sulla cura in luoghi diversi per i tossicodipendenti che alleggerirebbe la popolazione carceraria e metterebbe questi ultimi nelle condizioni di essere recuperati o quanto meno curati. Sono però convinto che la soluzione più civile è quella di introdurre il numero chiuso. Se lo stato è in condizione di recludere circa 45.600 detenuti deve rispettare quel limite fino a che non ha creato le condizioni per una capienza maggiore. Basterebbe monitorare la situazione e tenere conto di quel limite, creando le condizioni perché non si superi. È concettualmente inammissibile che, con oltre il 40% di detenuti in attesa di giudizio, si continui a fare un uso così sconsiderato della carcerazione preventiva che dovrebbe essere l’ultima ratio, quando tutte le altre ipotesi alternative non sono ragionevolmente possibili, prima fra tutte la detenzione domiciliare. Basterebbe poco per avviare riforme strutturali e non provvedimenti provvisori o ancora far finta di nulla, come accade da sempre. Ora per fortuna il parlamento si riunirà per affrontare la grave situazione economica del paese e le istituzioni europee, il mondo del lavoro, la società civile chiedono riforme di struttura e subito, giusto. Ma il parlamento si riunisca anche per porre fine a questa vergogna, discuta e vari riforme serie e subito. Lo chiederanno in molti, tra questi circa 200 parlamentari e personalità politiche, il 14 agosto su iniziativa dei Radicali promuovendo un giorno di sciopero della fame. Ho aderito anche io pur sapendo che si tratta di un gesto simbolico nella speranza che faccia “rumore” e che questo scuota le coscienze della classe dirigente spesso troppo impegnata nella ricerca di un supposto consenso e troppo poco nella ricerca del bene comune, della legalità, della giustizia e dimentica che lo stato dei nostri tribunali e dei nostri penitenziari è anche indice del nostro grado di civiltà. Si impegni anche il nuovo guardasigilli, che conosco da anni ed è persona competente e che conosce meglio di me il problema. Certamente assumerebbe su di se un onere gravoso ma si dimostrerebbe attento al futuro della nostra giustizia. Giustizia: il ministro Nitto Palma; no all’amnistia, sì a depenalizzazione dei reati minori di Carlo Ciavoni La Repubblica, 13 agosto 2011 Il sindaco di Lamezia Terme scrive al ministro della Giustizia per segnalare le condizioni infernali della casa circondariale, con il 186% come indice di affollamento. Ma il Guardasigilli risponde: “L’amnistia non è politicamente percorribile, meglio la depenalizzazione”. Risponde Enrico Sbriglia, segretario del sindacato dei direttori di carcere: “Sono vent’anni che ne sento parlare e non è mai successo niente L’amnistia non è la soluzione per il sovraffollamento carcerario: “Non è politicamente percorribile” - dice il neo ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma - ma ci sono “altre strade, tra cui la depenalizzazione”. Il rappresentante del governo ha così risposto al sindaco di Lamezia Terme, Gianni Speranza, il quale aveva inviato un messaggio al ministro e al Commissario delegato per il Piano carceri, Franco Ionta, in merito alla la gravissima situazione in cui versa la casa circondariale della sua città. Lamezia, carceri sovraffollata al 186% .”Apprendo dalla ricerca della Uil-Pa Penitenziari - afferma Speranza nella lettera - che, relativamente ai dati del primo semestre del 2011, l’istituto penitenziario con il più alto indice di affollamento (anche a livello nazionale) continua ad essere quello di Lamezia Terme (186,7%). Del resto tale criticità era nota già da diverso tempo ed è stata più volte segnalata”. “Proprio negli ultimi mesi - dice ancora il sindaco - una delegazione della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori e le cause dei disavanzi sanitari regionali ha fatto più volte visita ai detenuti del carcere di Lamezia Terme nell’ambito dell’indagine sulla tutela del diritto alla salute fisica e psichica all’interno delle strutture detentive”. “Garantire un trattamento umano”. Ma oltre a confermare il sovraffollamento, sono state evidenziate carenze particolarmente gravi in alcuni servizi sanitari. “Come primo cittadino esprimo la mia preoccupazione per lo stato in cui versa la casa circondariale e auspico un intervento per risolvere radicalmente il problema soprattutto per garantire un trattamento umano e dignitoso a chi sconta una pena detentiva. Auspico - ha concluso Speranza - che verranno fatti tutti gli approfondimenti del caso e che venga trovata un’adeguata soluzione per risolvere una situazione drammatica e urgente”. “Depenalizzare? Lo dicono da 20 anni”. Non si è fatta attendere la reazione di Enrico Sbriglia, segretario generale del più forte sindacato dei Direttori Penitenziari. “Sono almeno 20 anni - ha esordito - che sento parlare dell’esigenza di ‘sfrondare il catalogò delle pene previste dal codice penale. La questione è stata al centro dei lavori di ben quattro commissioni parlamentari, ma non è mai successo niente. Tante dichiarazioni, numerosissimi e accorati annunci, di fatti concreti neanche uno. Nel frattempo però - ha aggiunto Sbriglia - la nave della Giustizia italiana è in fiamme e le parole del ministro suonano come quelle di chi, a cospetto di una nave che va a fuoco e affonda, propone di costruirne delle altre per andare a salvare quella in procinto di sparire” Il “patto” da sottoscrivere con i direttori. Il segretario del sindacato dei direttori degli istituti di pena ha quindi aggiunto: “Allo stato attuale delle cose, l’unica soluzione possibile per risolvere il dramma del sovraffollamento nelle celle è l’amnistia. Neanche l’indulto, come è avvenuto nel 2006, perché nel cancellare solo la pena e non il reato, costringerebbe comunque la macchina della Giustizia a doversi sobbarcare il peso del cumulo dei processi arretrati. No - ha concluso Sbriglia - meglio l’amnistia, ma ad un solo patto: che tutto ciò che si andrà a risparmiare venga destinato all’assunzione di nuovi direttori, nuovo personale della polizia penitenziaria e ad un radicale ammodernamento delle carceri, capace di permettere davvero il graduale reinserimento nella società dei detenuti, così come è scritto nella Costituzione”. Alfano coraggioso, nessun evaso tra 3.000 detenuti a domiciliari” Per far fronte all’emergenza carceri non si può andare avanti solo con misure d’emergenza e settoriali come indulto e nuove carceri: serve un intervento organico. In un’intervista al Sole 24 ore, il ministro della Giustizia Nitto Francesco Palma torna a spiegare le ragioni del no a un provvedimento di clemenza, come sollecitato dai Radicali. Un’amnistia, come chiede Pannella? “Non è facile, perché in Parlamento, e nella coalizione, ci sono diverse sensibilità - spiega - che non renderebbero agevole il percorso di una legge. Però è un problema. In passato, sull’onda di fatti di cronaca i termini di custodia cautelare sono stati ora abbassati ora rialzati. Ma se rincorriamo le emozioni perdiamo la possibilità di un intervento organico. Bisogna aver chiari gli obiettivi, disegnati nella Costituzione: carcere vivibile, con finalità rieducative”. Il neo-Guardasigilli giudica “molto coraggioso” l’intervento del suo predecessore: “L’ex ministro Alfano è stato molto coraggioso a presentare la cosiddetta legge svuota-carceri. L’ha voluta fortemente. Ricordo che quand’è passata, c’erano grossi timori di un patatrac e invece i dati dicono che delle 3mila persone andate a scontare l’ultimo anno in detenzione domiciliare non ne è evasa neanche una. Alfano è stato bravo a crederci e io voglio muovermi in perfetta continuità con la sua linea”. Giustizia: Di Giovan Paolo (Pd); situazione carceri insopportabile, per depenalizzazione fare presto Ansa, 13 agosto 2011 “Apprendiamo che il ministro Nitto Palma propone la depenalizzazione di alcuni reati. Ricordo che abbiamo approvato in Senato una mozione per migliorare la vivibilità nelle carceri, ma finora sono state applicate solo le raccomandazioni sulla madri in carcere”. Lo afferma il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, presidente del Forum della Sanità Penitenziaria. “Servono misure alternative al carcere e depenalizzare alcuni reati, come quelli riferiti ai tossicodipendenti e all’immigrazione - continua Di Giovan Paolo. Ma bisogna far presto perché la situazione in tanti penitenziari è insopportabile”. Marche: lavori socialmente utili; convenzioni tra Regione, tribunale e procura di Ancona Img Press, 13 agosto 2011 Sottoscritte, ieri mattina, al Tribunale di Ancona, quattro intese relative a convenzioni fra il Dipartimento per le Politiche integrate di Sicurezza e Protezione civile della Regione Marche, il Tribunale e la Procura di Ancona. La prima e seconda convenzione, firmate dal presidente della Regione Gian Mario Spacca e dal presidente del Tribunale di Ancona facente funzioni, Francesca Miconi, riguardano lo ‘Svolgimento del lavoro di Pubblica Utilità. L’intesa prevede che due condannati a pene lievi possano prestare lavoro non retribuito in attività regionali di Protezione civile, in favore della comunità: saranno impiegati in attività di carattere amministrativo, sicurezza e protezione civile. Le altre due convenzioni, sottoscritte da Spacca e dal Procuratore della Repubblica di Ancona Elisabetta Melotti, riguardano poi gli uffici giudiziari della Procura e del Tribunale di Ancona e prevedono misure per favorire una maggiore sicurezza e velocità nel reclutamento dei volontari della Protezione civile, per uniformare i dati e ridurre l’arretrato in materia di esecutività dei provvedimenti penali onde rendere più efficace il contrasto alla criminalità ordinaria ed economica. Il lavoro di pubblica utilità sottolinea il presidente Spacca - permette a chi è sottoposto a pena restrittiva di impiegare il tempo in modo socialmente utile e riscattarsi così nei confronti della comunità e della società civile. Con gli altri protocolli si rafforza poi la collaborazione tra Regione e Procura di Ancona per consentire la riduzione degli arretrati nell’esecutività dei provvedimenti penali e una maggiore sicurezza nel reclutamento dei volontari di protezione civile. Il personale messo a disposizione dalla Regione, grazie alla convenzione stipulata ‘ dice il Procuratore Melotti - costituisce un prezioso aiuto per l’attività del casellario giudiziale, servizio essenziale per l’utenza, sia dei singoli che delle imprese. La funzione rieducativa della pena evidenzia il presidente Francesca Miconi trova piena attuazione nella previsione, che si realizza con la presente convenzione, dell’impiego dei condannati a pene lievi in lavoro di pubblica utilità. Lazio: l’assessore Cangemi; sciopero della fame? per le carceri servono atti concreti Dire, 13 agosto 2011 “Noi non facciamo scioperi, ma atti concreti”. Così Giuseppe Cangemi, assessore regionale alla Sicurezza, ha commentato, a margine del primo appuntamento dell’iniziativa della Regione “Salute nelle carceri”, a Rebibbia, lo sciopero della fame e della sete organizzato dai Radicali per protestare contro il sovraffollamento e previsto per domenica 14 agosto davanti al Parlamento, a cui hanno aderito alcuni consiglieri regionali tra i quali Chiara Colosimo del Pdl. Al di là dello sciopero della fame, sottolinea Cangemi, “servono azioni costruttive e non solidarietà. I consiglieri regionali non devono appellarsi alla politica, perché la politica sono loro”. A chi gli chiedeva se appoggiasse la posizione di Colosimo, esponente della sua stessa maggioranza, Cangemi ha risposto: “Io non appoggio la posizione di nessuno, solo quella del mio assessorato. Noi qui non abbiamo portato solidarietà, ma i medici”. Anche Polizia Penitenziaria all’interno dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità A partire da ottobre, anche la Polizia penitenziaria sarà rappresentata all’interno dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio. Ad annunciarlo è stato stamattina l’assessore regionale alla Sicurezza, Giuseppe Cangemi, a margine di un evento nel carcere di Rebibbia. “Con l’ultimo assestamento di bilancio- ha detto- la presidente Polverini ha voluto inserire all’interno dell’Osservatorio regionale per la Sicurezza e Legalità un componente della Polizia penitenziaria. è stata quindi modificata la legge per inserire un componente in più”. Quindi, ha aggiunto l’assessore, “da ottobre, quando il bilancio sarà operativo, ci sarà anche un componente della Polizia penitenziaria scelto dal Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria, ndr), e non più dunque solo Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Municipale”. La rappresentanza della Penitenziaria, ha concluso Cangemi, “era una componente che mancava e per noi questo è un fatto molto importante”. Marche: la Conferenza Regionale Volontariato e Giustizia aderisce alla giornata di sciopero della fame Comunicato stampa, 13 agosto 2011 La Conferenza Regionale Volontariato e Giustizia delle Marche aderisce alla giornata di sciopero della fame e della sete indetta per il 14 agosto dal Partito Radicale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla grave situazione delle carceri italiane dove ogni giorno vengono disattesi i più elementari diritti sanciti dalla nostra costituzione e dalle leggi internazionali. La questione, definita dallo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano “di prepotente urgenza dal punto di vista umano e civile”, deve essere affrontata al più presto dalla politica e dal parlamento per restituire dignità alla pena ed affrontare con coraggio il problema della giustizia in Italia. Apprezza il protocollo d’intesa appena stipulato fra Regione Marche e Ministero della Giustizia sull’applicazione delle misure alternative per i reati più lievi, la strada più utile e di gran lunga più civile per il risarcimento e il recupero delle persone alla società. Per i più pericolosi, non saranno nuove carceri il cambiamento: occorre investire sulla massiccia presenza di educatori e psicologi, attivando sempre più formazione e lavoro. Pistoia: carceri invivibili, protesta in piazza di Radicali e Associazioni Il Tirreno, 13 agosto 2011 Un cappio di corda nera che oscilla da una forca di legno. Sotto, decine di cartelli chiedono l’amnistia, denunciano il sovraffollamento delle celle, ricordano l’escalation di suicidi (+30%) degli ultimi anni in Italia. Sullo sfondo, una cantilena che snocciola, uno dopo l’altro, i nomi e l’età degli 840 detenuti morti in carcere dal 2002 ad oggi. La manifestazione è stata organizzata dai Radicali ieri pomeriggio a partire dalle 18. Hanno aderito anche Arci, Cgil, Federazione della Sinistra, Legambiente, associazione culturale Palomar, Soci Coop Pistoia, Verdi, Pd e Giovani Democratici.” La manifestazione - spiega la coordinatrice dei Radicali di Pistoia Nila Orsi - si inserisce nella campagna nazionale di denuncia del sistema carcerario dei Radicali”. A Pistoia, però, si fa anche portavoce degli esiti della visita dello scorso 18 luglio al carcere di Santa Caterina dell’onorevole Rita Bernardini, dei Radicali che, all’indomani della visita, ha presentato alla Camera un’interrogazione dove denuncia la situazione pistoiese: 117 detenuti (per 74 posti regolamentari) di cui 70 in attesa di giudizio. Alla visita ha partecipato anche Lorenzo Lombardi, coordinatore regionale dei Verdi: “A settembre - spiega - presenterò un’interpellanza al sindaco per chiedere che i detenuti siano impiegati in lavori socialmente utili”. Presente ieri anche il presidente della Provincia Federica Fratoni che l’anno scorso ha visitato di persona il carcere: “parlai del sovraffollamento anche con Enrico Rossi, allora assessore regionale alla sanità”. “La nostra battaglia - afferma Gessica Beneforti, segretario provinciale Cgil - è per i diritti umani, adesso violati, dei detenuti e per le condizioni di lavoro degli operatori”. 117 detenuti in uno spazio studiato per 74 “117 detenuti in uno spazio studiato per 74; tra loro, 70 reclusi ancora in attesa di giudizio”. È stata presentata lo scorso 19 luglio un’interrogazione parlamentare sul carcere di Pistoia. A sottoscriverla, la deputata dei Radicali Rita Bernardini, membro della Commissione giustizia della Camera, all’indomani della visita alla casa circondariale di Santa Caterina, a cui hanno partecipato anche Matteo Angioli e Manila Michelotti, dei Radicali di Pistoia, e il consigliere comunale dei Verdi Lorenzo Lombardi. Ieri i Radicali hanno organizzato un sit-in per denunciare il collasso del sistema penitenziario a livello nazionale. Aderiscono anche Arci provinciale, Arci Solidarietà Pistoia, Cgil, Federazione della Sinistra, Legambiente, associazione culturale Palomar, Soci Coop Pistoia e Verdi. Saranno letti 840 necrologi di persone morte nelle carceri italiane dal 2002 ad oggi. Nell’interrogazione la Bernardini descrive le condizioni di vita e di lavoro di detenuti e guardie carcerarie e chiede ai ministri della Giustizia e della Salute rapidi provvedimenti. “Al momento della visita, il 18 luglio - spiega Rita Bernardini - erano presenti 117 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 74 posti; quelli in attesa di giudizio erano 70, mentre quelli con una condanna definitiva 47. Erano presenti 55 italiani, 17 albanesi, 12 rumeni, 11 marocchini, 3 tunisini, 2 serbi, 2 algerini, 2 della Repubblica Dominicana, e di altre 14 nazionalità. I tossicodipendenti detenuti erano 31”. La Bernardini denuncia la carenza di organico. “Gli agenti di Polizia penitenziaria dovrebbero essere 79 unità, mentre quelli effettivamente in servizio sono 45, di cui uno prossimo alla pensione. C’è una guardia medica per 24 ore al giorno, due educatori, ma solo uno psichiatra, che si occupa anche dei colloqui dei nuovi arrivi, e un solo psicologo. Il direttore, occupandosi anche di altri istituti, presta servizio due volte a settimana”. Sulle condizioni di vita dei detenuti, la Bernardini riferisce che lo scorso anno si è verificato un suicidio e “quest’anno 37 casi di autolesionismo, tra cui scioperi della fame”. E aggiunge: “Le celle nella zona isolamento e transito sono indecenti: pareti scrostate e sporche, poca luce, gabinetto alla turca; la delegazione ha trovato tre detenuti in celle di 6 metri quadrati destinate originariamente ad una persona; in tale degrado igienico, civile e umano i detenuti vi passano 21 ore al giorno; in una cella dove erano presenti tre detenuti, da quattro mesi si trovava anche un giovane sieropositivo; in isolamento c’era un detenuto iracheno per il quale, quando stava nel carcere di Lucca, era stato programmato un intervento chirurgico alla cistifellea che è saltato a causa del trasferimento a Pistoia. Nel reparto “comuni” (media sicurezza), al piano terra, quasi tutte le celle di 6 metri quadrati ospitano 3 detenuti, in letti a castello a tre piani, il che rende praticamente impossibile perfino il semplice stare in piedi tutti nello stesso momento”. “Il problema è che non vengono investiti soldi - spiega Manila Michelotti - e gli stessi agenti si trovano a lavorare su turni molto pesanti. La maggioranza dei detenuti è in custodia cautelare, quindi reclusi prima di essere condannati”. Bari: scontro tra fazioni di detenuti al carcere minorile Fornelli Ansa, 13 agosto 2011 Una rissa tra due gruppi contrapposti, uno barese e l’altro foggiano, si è verificata nel carcere minorile Fornelli di Bari, provocando alcuni feriti. Lo riferisce in una nota il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe). Tutto sarebbe iniziato ieri pomeriggio quando i giovani detenuti si sarebbero rifiutati di rientrare nelle stanze e poi i due gruppi contrapposti avrebbero cominciato a picchiarsi. Pare che nell’Istituto per minorenni di Bari sono presenti in prevalenza due schieramenti di detenuti, foggiani e baresi, che nutrirebbero a vicenda da anni forti rancori. Gli agenti di polizia penitenziaria hanno placato la rissa, che però ha avuto uno strascico stamani, quando i due gruppi rivali hanno messo a soqquadro alcune celle, barricandone gli ingressi. Per la seconda volta in poche ore gli agenti di polizia penitenziaria sono intervenuti riportando la calma; è stato chiesto l’ausilio dall’esterno di altre forze dell’ordine, ma il loro intervento non è stato necessario. In seguito alla rissa di ieri, alcuni detenuti rimasti feriti, in modo comunque lieve, sono stati medicati in ospedale e poi riportati in carcere. Per il Sappe anche la situazione nell’Istituto per minori di Bari, unica struttura del genere in Puglia, sarebbe insostenibile. Una trentina i giovani reclusi, non più di 20 invece gli agenti di polizia penitenziaria, mentre - sottolinea il Sappe - si continua a tenere aperto il Centro di prima accoglienza di Taranto “per il quale si sprecano uomini e mezzi senza che ci siano detenuti”. Per questo il sindacato chiede che uomini e risorse vengano spostati con urgenza da Taranto al ‘Fornellì di Bari “considerata la gravissima situazione di tensione che si vive all’interno del carcere minorile”. Bolzano: c’è sempre più tensione al carcere di via Dante Alto Adige, 13 agosto 2011 Si aggravano d’estate le condizioni di vita inaccettabili per operatori e detenuti. È cessata la protesta delle scorse settimane dei detenuti contro il sovraffollamento, ma gli operatori denunciano: clima sempre più pesante. D’estate si fermano tutte le attività interne. “I detenuti sono più isolati e la tensione cresce”, conferma Franca Berti. È un carcere vecchio e mal tenuto, sovraffollato, caldo d’estate e freddo d’inverno. Mancano gli spazi comuni e i detenuti, che possono arrivare a 150, hanno a disposizione una decina di docce. Il nuovo carcere in zona industriale per il momento è solo un perimetro tracciato sulla mappa di Bolzano. Passeranno anni prima del trasloco, gli operatori si chiedono come ci si arriverà. “Il clima interno è sempre più pesante, per il personale e per i detenuti”, sottolineano Maria Elisa Bigarelli, dirigente medico nella struttura, e Franca Berti. Quest’ultima conosce il carcere con doppia veste: è coordinatrice delle attività formative interne ed è stata nominata dal consiglio comunale difensore dei diritti delle persone private della libertà personale. A Ferragosto i radicali, associati ad altri esponenti politici, dedicano un appuntamento ormai tradizionale alla denuncia delle condizioni nei penitenziari. Anche a Bolzano si sta organizzando la visita in via Dante con i radicali e la deputata Luisa Gnecchi (Pd), che entreranno domenica mattina. Si pensa che Natale sia il momento peggiore per i detenuti, ma Franca Berti sottolinea: “L’estate è anche peggio. In questi mesi in carcere si fermano tutte le attività. Riprenderanno a settembre le riunioni della redazione del giornale, i corsi di formazione professionale, le lezioni di lingue e la scuola media. I detenuti sono lasciati a loro stessi, senza la possibilità di impegnarsi in attività che portino la mente da un’altra parte. In un carcere vecchio e inaccettabile come quello di Bolzano questa situazione provoca l’aggravarsi della conflittualità”. Questa estate, sottolinea Maria Elisa Bigarelli, “la tensione interna, che riguarda sia i detenuti che la polizia penitenziaria, è il problema più palpabile”. Negli ultimi giorni la crisi da sovraffollamento si è attenuata: attualmente i detenuti, informa Bigarelli, sono scesi a 120. Almeno questo, visto che d’estate quel vecchio palazzo impone condizioni climatiche proibitive. “Si soffoca”, spiega Franca Berti, “nelle giornate oltre i 30 gradi lì dentro si sta malissimo, nelle celle e negli uffici”. I detenuti chiedono di rinfrescarsi, “ma le docce sono al massimo una decina”, sottolinea Franca Berti. Nei mesi estivi cambia leggermente la routine interna e viene concessa un’ora supplementare di apertura delle celle. Racconta Franca Berti: “In questa stagione i detenuti possono muoversi dalle 8.30 alle 11.30 e dalle 12.30 alle 16.30. Poi le celle vengono chiuse”. In quelle ore di libertà però, “non c’è nulla da fare, visto che i corsi riprenderanno a settembre, ed è naturale che in queste condizioni l’insofferenza aumenti”. Paolo Berloffa (Unione per Bolzano) aderisce idealmente all’iniziativa nazionale dei radicali: “Tutti devono prendere coscienza delle tragedie, dai suicidi ai quotidiani soprusi, che si celano dietro un sistema carcerario antiquato e ingiusto, che toglie ai nostri cittadini ogni rispetto umano e la speranza di una effettiva rieducazione”. Da garante per i diritti dei detenuti Franca Berti avverte che il Comune non deve aspettare passivamente l’arrivo del nuovo carcere: “Chiederò di sedere al tavolo di programmazione: il progetto dovrà prevedere gli spazi educativi e ricreativi necessari. Sembra scontato, ma in alcune nuove strutture non è stato così”. Belluno: detenuti in sciopero della fame, puntano a ottenere l’amnistia contro il sovraffollamento Il Gazzettino, 13 agosto 2011 I detenuti della casa circondariale di Baldenich hanno iniziato l’8 agosto scorso lo sciopero della fame. La protesta avviene “per le scarse condizioni igienico sanitarie, nelle quali sono costretti a vivere, che - sostengono i detenuti in una nota inviata alla redazione - vanno contro la Carta Costituzionale”. Ma c’è oltre a questo un secondo aspetto da sottolineare: “Scioperiamo - scrivono ancora dal penitenziario di Baldenich - per chiedere l’amnistia. Il problema del sovraffollamento è da tempo evidente ed è necessario fare qualcosa per risolverlo”. La vice-direttrice del carcere, Tiziana Paolini, però rassicura: “La protesta è già finita. Si è trattato dell’adesione allo sciopero della fame indetto a livello nazionale dai Radicali. Non c’è al momento nessuna novità per quanto riguarda nuove strutture destinate ai detenuti”. In un difficile periodo economico, d’altronde è difficile fare altrimenti. Al Parlamento e al nuovo ministro, Nitto Francesco Palma, Marco Pannella, leader storico del movimento Radicale in Italia, chiede che si parta dall’amnistia per un riforma generale della giustizia. Sassari: Melis (Pd); visita nel carcere di San Sebastiano a ferragosto Comunicato stampa, 13 agosto 2011 “Il 15 agosto visiterò il carcere sassarese di San Sebastiano, sulle cui condizioni intollerabili l’anno scorso ho presentato con il sen. Scanu, l’on. Parisi e Luigi Manconi di “A buon diritto” una documentata denuncia presso la Procura della Repubblica di Sassari”. Lo dichiara in una nota l’on. Guido Melis (Pd), che sul carcere ha presentato negli ultimi anni diverse interrogazioni parlamentari. Melis precisa che anche quest’anno viene data per imminente il trasferimento al nuovo carcere di Bancali, da tempo in costruzione alla periferia della città, ma lamenta che sulla data precisa dell’apertura dei nuovi locali si continui a tacere. “Eppure - precisa il deputato - sin dal 2008 mi fu detto in commissione Giustizia che il trasferimento sarebbe avvenuto entro quell’anno, e poi in successive occasioni che si sarebbe effettuato quanto prima. Nessuna di quelle date è stata rispettata”. Melis annuncia anche una imminente interrogazione urgente sul tema al nuovo ministro della Giustizia: “Ci dicano qual è la data, se i lavori sono conclusi, se esiste in organico il personale di custodia necessario, se hanno pensato al personale di supporto come educatori e psicologi. Siamo stanchi di rinvii, mentre a San Sebastiano il degrado si fa sempre più intollerabile”. Siena: Cenni (Pd); al carcere di Ranza il 40 per cento in meno di personale e sovraffollamento www.valdelsa.net, 13 agosto 2011 Il sistema delle carceri, la giustizia e le morti “silenziose”. Sono stati questi i temi che hanno animato il primo appuntamento con Aperilibri - gli happy hour letterari promossi alla Festa provinciale del Pd senese - che si è svolto ieri, giovedì 11 agosto con la presentazione del libro “Quando hanno aperto la cella” di Luigi Manconi e Valentina Calderoni ed edito dal Saggiatore. All’iniziativa, moderata da Giuseppe Bonura, segretario comunale di Generazione Democratica e ospitata in Fortezza, hanno partecipato la parlamentare del Pd, Susanna Cenni; Daniela Lastri, consigliere regionale e Giacomo Bassi, sindaco di San Gimignano. Nel volume il sociologo Luigi Manconi (che presiede l’associazione A Buon Diritto) e la ricercatrice Valentina Calderoni ascoltano, raccolgono e portano alla luce storie di persone, spesso giovani, che entrano nelle carceri, nelle caserme e nei reparti psichiatrici e ne escono morte. “I temi trattati dai due autori - ha commentato la parlamentare del Pd, Susanna Cenni - meritano grande attenzione, anche se dobbiamo tristemente constatare che il carcere e la condizione dei detenuti non solo non appassiona, ma viene addirittura percepita con fastidio. Al contrario credo che occuparsi dei nostri istituti di pena e fare vista alle carceri sia un atto educativo. In questi anni, sono stata in carcere varie volte, la prima l’8 marzo all’interno di un istituto penitenziario femminile e non dimenticherò mai il suono metallico delle porte che si chiudevano. Fu esperienza drammatica constatare la difficile condizione dei detenuti. Negli anni la situazione è addirittura peggiorata, come dimostra, anche nel nostro territorio, la realtà di Ranza”. “L’istituto - continua Cenni - vive gravi disagi dovuti alla carenza di personale, stimata oggi intorno al 40% di quello previsto - a fronte di una pianta organica di 233 unità sono solo 135 i lavoratori - al sovraffollamento dei detenuti, che sono circa il doppio del livello tollerabile, e a una serie di problematiche ancora irrisolte di carattere ambientale e igienico sanitarie. Una situazione che non può più essere tollerata, per questo abbiamo il dovere di raccontare, ricordare, chiedere risposte al Governo e fare piena luce su quelle morti che il libro fotografa molto bene”. Sull’istituto di pena di San Gimignano è intervenuto anche Giacomo Bassi, primo cittadino della città turrita. “Nei due anni di mandato amministrativo - spiega Bassi - mi sono occupato molto spesso della situazione del carcere di Ranza. Un viaggio all’inferno per l’infelice ubicazione e per le problematiche legate alla mancanza di una direzione stabile. In 5 anni, infatti, l’istituto ha visto alternarsi ben sei direttori che hanno aggravato la situazione di disagio vissuta quotidianamente da detenuti e agenti. Abbiamo cercato, anche attraverso l’aiuto dei nostri parlamentari come Susanna Cenni, di sollecitare interventi urgenti da parte del Governo, ma dal Ministero non sono mai arrivate risposte. C’è un alone di silenzio che occorre abbattere affinché si possa ricostruire una cultura dei diritti”. L’attualità, la drammaticità della situazione e la finalità pubblica e, dunque, politica degli interventi di formazione e rieducazione nel sistema giudiziario italiano sono stati sottolineati anche dalle parole di Daniela Lastri, consigliere regionale del Pd. “La situazione - conclude la Lastri - rischia di diventare esplosiva. Occorre fare di più nel campo della formazione e dell’inserimento lavorativo dei detenuti, in modo da dare il senso della prospettiva e del futuro anche e soprattutto all’interno delle carceri minorili. A Firenze, per esempio, abbiamo sperimentato un progetto di mediazione penale, che arriva dalla Francia e che ha permesso ai giovani detenuti di portare a termine un percorso di formazione e presa di coscienza del reato. Un progetto che per dare risultati deve avere continuità e quindi trovare risorse. Ma i tagli hanno reso impossibile offrire alla popolazione detenuta gli strumenti culturali per umanizzare di più se stessi rispetto alla condizione disumana in cui vivono”. Aosta: pestaggio in carcere, un detenuto finisce all’ospedale Ansa, 13 agosto 2011 Secondo quanto riportato oggi dall’Ansa, questa volta è toccato a un detenuto essere malmenato all’interno della casa circondariale: il pestaggio è avvenuto ieri alle 21.30 nella sezione C1 “a regime aperto” e il ferito ha riportato un trauma facciale. Rimane alta la tensione al carcere di Brissogne. Dopo gli episodi dei giorni scorsi, che si sono conclusi con una spiacevole visita al pronto soccorso per una sovrintendente e un assistente di polizia penitenziaria, picchiati da alcuni detenuti, e la richiesta di trasferimento d’urgenza per uno dei reclusi che si era barricato all’interno di una cella con una lametta, ieri sera è andato in scena l’ennesimo episodio di violenza. Secondo quanto riportato oggi dall’Ansa, questa volta è toccato a un detenuto essere malmenato all’interno della casa circondariale: il pestaggio è avvenuto intorno alle 21.30 nella sezione C1 “a regime aperto” e il ferito ha riportato un trauma facciale. Ricoverato all’ospedale di Aosta, l’uomo ha trascorso lì la notte e oggi pomeriggio è stato dimesso: dalle prime ricostruzioni, sarebbe stato picchiato da alcuni compagni di cella per motivi ancora da chiarire. Per questo motivo oggi sono stati effettuati una decina di interrogatori ed è in corso un’indagine. Livorno: Idv; gravissime le carenze sanitarie e infrastrutturali nel carcere delle Sughere Il Tirreno, 13 agosto 2011 “È urgente attivare tutte le necessarie azioni per favorire un tempestivo intervento a rimedio delle gravi carenze riscontrate nelle casa circondariale di Livorno a vantaggio della polizia penitenziaria, ma anche e soprattutto dei detenuti”. È quanto richiesto nell’interrogazione parlamentare depositata oggi alla Camera dall’on. Fabio Evangelisti al Ministro della Giustizia Nitto Palma, alla luce di quanto emerso dal sopralluogo eseguito il 3 agosto scorso, alla Casa Circondariale di Livorno da parte dell’Organizzazione Sindacale FP CGIL e da una nostra visita a fine luglio di una delegazione dell’Idv Toscana guidata dalla Capogruppo in Consiglio regionale, Marta Gazzarri. “Come ben delineato dall’ articolo 3 della Costituzione - commenta Evangelisti - i detenuti devono pagare delle pene che non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Allo stesso modo, il personale di servizio, lo dice ancora la nostra Costituzione, deve poter lavorare in condizioni dignitose nel pieno rispetto dei diritti del lavoratore. Invece, a Le Sughere di Livorno si registra ancora l’inagibilità di ampie parti della struttura”. “In particolare - spiega Evangelisti - all’interno del padiglione D una delle scale di servizio, adibita in caso d’emergenza a via di fuga, è stata dichiarata parzialmente inagibile, rendendo quindi impossibile il passaggio di più persone contemporaneamente in caso d’emergenza. Inoltre, sono presenti gravissime infiltrazioni e perdite d’acqua in molteplici punti dell’edificio che, oltre a compromettere la stabilità strutturale del complesso, rappresentano una potenziale fonte di infezioni virali e batteriche, in particolare nelle postazioni di accesso al Passeggio del reparto femminile e del IV Passeggio; come se non bastasse si evidenzia l’assenza di cassette di primo soccorso, e il mancato rispetto delle norme di sicurezza negli uffici amministrativi”. “Una condizione grave che deve trovare una soluzione in tempi rapidi”, conclude Evangelisti. “Proprio per continuare a tenere alta l’attenzione sulla questione carceri, Italia dei Valori nei prossimi giorni effettuerà una serie di sopralluoghi negli istituti di pena della nostra regione”. Livorno: Solimano ha rinunciato all’indennità prevista per la carica di garante dei detenuti Il Tirreno, 13 agosto 2011 In relazione alla “curiosità” espressa dai due Consiglieri Comunali Ciacchini e Palmerini sui costi del Garante per i diritti dei detenuti del Comune di Livorno, ritengo doveroso, per rispetto della verità, comunicare quanto segue. In primo luogo devo ricordare che Marco Solimano, non appena nominato Garante, espresse pubblicamente la sua rinuncia all’indennità prevista per tale carica, tanto che tale indennità successivamente non è stata mai neppure quantificata e ovviamente tanto meno percepita. Ma forse ancor più importante è chiarire che dal giorno della nomina del Garante, che risale ormai a un anno fa, i costi sostenuti dal suddetto nell’espletamento delle sue funzioni (se si eccettua l’ufficio che gli è stato assegnato nella sede comunale di via Marradi, dove si trovano altri uffici dell’Amministrazione), e pertanto quelli che i due consiglieri definiscono “i cosiddetti rimborsi spese e costi vari”, sono stati e sono tutt’ora totalmente a carico del Comitato Arci di Livorno. Pertanto se i due consiglieri, sono davvero intenzionati a conoscere il rendiconto dettagliato delle spese sostenute per lo svolgimento di un incarico pubblico che fino ad oggi è stato espletato grazie all’investimento privato della nostra Associazione, possono tranquillamente richiederlo agli uffici amministrativi di Arci Livorno. Ma ciò appare in definitiva quanto meno singolare poiché le voci del bilancio comunale si votano in Consiglio Comunale e pertanto i due Consiglieri in teoria dovrebbero ben sapere ciò su cui si esprimono a favore o contro: questo è forse l’aspetto davvero curioso di questa vicenda. Cinzia Simoni vicepresidente Arci Livorno Roma: a Rebibbia parte iniziativa della Regione per tutela della salute in carcere Dire, 13 agosto 2011 È partita stamattina dal carcere romano Rebibbia Femminile, con visite mediche dermatologiche, oculistiche, pneumologiche ed ecografie tiroidee alle detenute, l’iniziativa della Regione Lazio “Salute nelle carceri” - con la paternità dell’assessorato alla Sicurezza, in collaborazione con il San Camillo-Forlanini, le Asl Rm B, E ed H e l’ufficio del Garante regionale per i Diritti dei detenuti - finalizzata al miglioramento della salute nelle carceri anche alla luce del fenomeno del sovraffollamento, che può favorire l’insorgere di patologie e problemi psico-fisici nei detenuti. A inaugurare il progetto, finanziato dalla Regione con uno stanziamento di 130 mila euro, erano presenti tra gli altri l’assessore regionale alla Sicurezza, Giuseppe Cangemi, il direttore generale del San Camillo-Forlanini, Aldo Morrone, e Maria Claudia Di Paolo, provveditore degli Istituti penitenziari del Lazio. La delegazione ha effettuato un breve giro dell’istituto di Rebibbia Femminile, soffermandosi in particolare nel reparto nido, dove le mamme detenute vivono assieme ai propri bambini (fino all’età di tre anni). Nel pomeriggio, le visite si sposteranno nella sezione maschile del penitenziario. Il progetto della Regione “Salute nelle carceri”, ha spiegato l’assessore alla Sicurezza, Giuseppe Cangemi, “parte proprio da qui, un carcere storico e importante, e in particolare dalla sezione femminile, dove sono detenute in questo momento quasi 360 donne che verranno visitate da primari, quindi medici di altissimo livello”. Il percorso che inizia da qui, ha continuato l’assessore, “durerà sei mesi, durante questo periodo visiteremo quanti più detenuti possibili in questa regione, ma anche gli operatori che lo vorranno, perché questo è un progetto a 360 gradi”. Si parte con Rebibbia Femminile, ha aggiunto Cangemi, “perché per le donne qui non c’è sovraffollamento, ma nel pomeriggio passeremo a Rebibbia Maschile”. A dare i dettagli delle visite effettuate il professor Morrone: “Forniremo - ha spiegato il dg - tutte le visite specialistiche, cardiologia, ginecologia, dermatologia e anche quelle riguardanti malattie che non presentano sintomi evidenti”. Questo perché, ha sottolineato, “il nostro obiettivo è fare medicina preventiva, quindi anche per i tumori, con particolare attenzione ai rischi del fumo, che nelle carceri, si sa, è un vizio molto diffuso”. In questo progetto, ha concluso Morrone, “sarà fondamentale l’assistenza psicologica ai detenuti, che serve a contrastare i gesti autodistruttivi come per esempio i tentativi di suicidio, che purtroppo nei penitenziari sono molto frequenti”. L’iniziativa “Salute delle carceri” della Regione Lazio, che come detto avrà una durata di sei mesi, oltre ai quattro complessi del carcere di Rebibbia coinvolgerà anche le strutture di Regina Coeli e Velletri e l’istituto minorile di Casal del Marmo. Viterbo: evade detenuto romeno in attesa del rimpatrio, ripreso in stazione Adnkronos, 13 agosto 2011 Ieri nel tardo pomeriggio un detenuto rumeno di 27 anni è fuggito dal carcere di Viterbo ed è stato poi ripreso poco dopo alla stazione ferroviaria della città. Lo rende noto da Torino l’Osapp, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria. “Come sindacato anche in questo caso possiamo dire di averlo ampiamente previsto”, commenta Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp. Il detenuto è riuscito a fuggire mentre stava per essere prelevato dalla Polizia per essere estradato. “Duecento unità in meno a Viterbo non sono uno scherzo - prosegue Beneduci - così come non lo sono i 130 agenti in meno a Civitavecchia e i 95 in meno a Roma Regina Coeli. Ci chiediamo se i sindaci dei rispettivi Comuni, a partire da Alemanno, si rendano conto, visto che il Governo non sembra farlo, della presenza sul proprio territorio di una vera e propria bomba a orologeria. Pesaro: nuovi ambienti sanitari nel carcere di Villa Fastiggi Agi, 13 agosto 2011 Una stanza a due letti con bagno interno, un’anticamera per il controllo costante del paziente ricoverato, inferriata alla finestra e telecamere di sorveglianza che svelano ogni angolo nascosto. È questa la geografia della camera dedicata ai detenuti del carcere pesarese di Villa Fastiggi, che accedono all’ospedale. Si tratta di una rivisitazione del percorso, che va dalla richiesta di assistenza da parte del personale sanitario della casa circondariale all’accesso al presidio San Salvatore degli Ospedali Riunti Marche Nord, fino al ricovero e alle cure mediche. Proprio oggi, il direttore del carcere Claudia Clementi, il comandante Livio Recchiuti e l’ispettore Tiziano Tontini, coordinatore del nucleo traduzioni e piantonamenti, hanno controllato il percorso di accesso, visitato la stanza del detenuto, l’area di sorveglianza destinata alle guardie penitenziarie e firmato il nuovo protocollo. Un documento, elaborato dalla direzione sanitaria, che chiarisce ogni passaggio del detenuto da Villa Fastiggi all’ospedale. Attraverso la nuova procedura, migliora il controllo del carcerato in ospedale con percorsi di accesso definiti e riservati che non ostacolano il normale svolgimento delle attività ospedaliere e non mettono a rischio gli altri utenti. Roma: la rock band Santa Cecilia si è esibita all’interno dell’Istituto di Pena Minorile Comunicato stampa, 13 agosto 2011 Lunedì 8 agosto 2011 la rock band Santa Cecilia si è esibita all’interno dell’Istituto di Pena Minorile a Roma nell’ambito del progetto “Voi Chiusi Fuori” che vede impegnati i componenti del gruppo in un vero e proprio tour all’interno delle carceri di tutta Italia. “Voi Chiusi Fuori” è per i Santa Cecilia la concretizzazione di una visione che prevede ogni uomo ed ogni reo, posti su uno stesso piano, l’uno di fronte all’altro, che congiuntamente affrontano vezzi e vizi, per raggiungere una posizione di totale uguaglianza, che prevede l’applicazione di una pena, giusta, ma da scontare con la dignità dovuta ad ogni uomo. Condividendo questa idea, è nata la collaborazione con diverse associazioni di volontariato che lavorano all’interno dei carceri italiani. Nella struttura di Roma dedicata ai minori, l’associazione Borgo Amigò ha creato una vera e propria rete di rapporti tra educatori e minori il cui scopo è quello di una educazione alla giustizia, all’amor proprio e agli altri. L’esperienza di ieri è stata particolarmente significativa e ha confermato la validità del progetto “Voi chiusi fuori” che, oltre ad essere il titolo di una delle più significative canzoni inedite del gruppo, è anche un progetto che permette loro di esibirsi dinanzi a uomini o ragazzi spesso dimenticati, giudicati e mal compresi, scrutandoli negli occhi, tentando di afferrare qualsiasi emozione suscitata e da lì trasportarli, sostenuti da note e parole, in un mondo “esterno” pieno di attenzione e curiosità. Il carcere minorile di Roma è una struttura all’avanguardia, dove le guardie carcerarie non indossano la divisa, con ampi spazi perché i ragazzi detenuti possano avere un luogo dove riscoprire la qualità della vita grazie all’attenzione di adulti consapevoli del proprio ruolo, dalla direttrice ai secondini. Purtroppo la realtà del carcere è sempre dura, l’esibizione dei Santa Cecilia ha lo scopo di gettare un “seme” tra i detenuti e testimoniare la carità umana. Dopo l’esibizione nella Casa Circondariale di Marino del Tronto (Ap), nella Casa di Reclusione di Fermo, e nel Carcere di Montacuto (AN), dopo le esperienze con i detenuti e la trasmissione realizzata da Radio Incredibile intitolata “La Radio è uguale per tutti” con l’intervento dei Santa Cecilia, la band ascolana si esibirà domenica 28 agosto 2011 in Piazza del Popolo ad Ascoli Piceno presentando il concerto “Voi chiusi fuori”, un vero e proprio show denso di musica, di svariate trovate sceniche e giochi di luce. Il concerto del prossimo 28 agosto sarà anche l’occasione per festeggiare la qualificazione alle fasi regionali del Tour Music Fest dopo i consensi riscossi all’esibizione svoltasi nella città di Perugia. Tunisia: il carcere di Mornaguia ampliato per accogliere clan Ben Ali Tm News, 13 agosto 2011 Tre nuovi padiglioni sono in cantiere nella prigione di Mornaguia, ovest di Tunisi, per accogliere gli ex ministri e parenti della famiglia Ben Ali/Trabelsi, attualmente detenuti in una base militare. Lo ha rivelato un esponente dell’organismo incaricato delle riforme politiche. Massoud Romdhani, che ha illustrato alla stampa i contenuti di un colloquio con il ministro della Giustizia Lazhar Karoui Chebbi, ha affermato che membri dell’alta istanza hanno contestato i “privilegi” concessi alla famiglia Ben Ali e a quella di sua moglie Leila Trabelsi alla base militare di Aouina. Arrestati il 14 gennaio, data della fuga del presidente deposto in Arabia Saudita, molti membri del clan Ben Ali/Trabelsi sono detenuti nella base militare di El Aouina, “per evitare che siano attaccati dagli altri detenuti in carcere”, ha spiegato Chebbi. Ministri e parenti consiglieri del presidente deposto sono inoltre reclusi in questa base, sotto l’occhio vigile dell’esercito. “Non godono di alcun privilegio e saranno presto trasferiti in tre padiglioni in costruzione a Mornaguia”, ha indicato il ministro, citato da Romdhani. Madagascar: tentano evasione di massa, 4 detenuti uccisi e 16 ricatturati Adnkronos, 13 agosto 2011 Quattro detenuti morti e 16 ricatturati è il bilancio di una tentata evasione di massa nel sud del Madagascar, dal carcere di Tolagnaro un tempo chiamato Fort Dauphin. Tre evasi sono stati uccisi dalle guardie di sicurezza che hanno aperto il fuoco, mentre il quarto è stato linciato da un miliziano, secondo quanto riporta il quotidiano L’Express. Le misure di sicurezza all’interno del penitenziario sono state rafforzate.