Giustizia: 67.000 detenuti in 45.000 posti; con la legge “svuota-carceri” usciti in 3.000 La Sicilia, 10 agosto 2011 Sovraffollati, con 66.942 detenuti contro 45.681 posti regolamentari, i 207 penitenziari italiani hanno avuto una lieve boccata di ossigeno grazie alla cosiddetta legge “svuota carceri” che, consentendo la detenzione domiciliare a chi ha una pena residua non superiore ad un anno, ha fatto uscire 2.942 detenuti, di cui 775 stranieri. Ma il Dap rileva un sempre crescente numero di eventi critici: dall’inizio del 2011 ad oggi, 38 detenuti si sono tolti la vita e 602 hanno tentato il suicidio, 55 i casi di accumulo di farmaci o alcol, 305 casi di violenza o minaccia a pubblico ufficiale, 174 di minacce, ingiurie e violenze, 24 risse. Il Guardasigilli ha preannunciato l’intenzione di depenalizzare i reati minori, tenuto conto, tra l’altro, che su 66.942 detenuti 27.572 sono quelli in attesa di giudizio, 37.650 i condannati definitivi e 1.632 gli internati. In Italia, al momento, vi sono dentro le carceri 43 bambini detenuti assieme alle loro mamme e si discute ai vari livelli della necessità che gli istituti penitenziari debbono essere veicolo di progetti di recupero e di dignitosa sopravvivenza e non luoghi di punizione e di vendetta sociale. Le donne detenute in Italia si trovano allocate in sette istituti femminili (Trani, Pozzuoli, Rebibbia, Perugia, Empoli, Genova, Venezia) e in alcune sezioni all’interno di carceri maschili. Di fatto nelle nostre strutture penitenziarie - come sottolinea Maria Sciuto in una tesi di laurea sui progetti di diritto penitenziario - mancano gli asili nido per i bambini i quali vivono con le loro mamme fino all’età di 3anni. Fino all’età di 6 anni, se la posizione giuridica lo consente, possono essere alloggiati con le loro mamme in Comunità penitenziarie appositamente istituite. Le donne detenute devono in media scontare pene di lunghezza molto inferiore a quelle degli uomini, pertanto la frammentazione della popolazione detenuta femminile, ospitata spesso in piccole sezioni all’interno di prigioni maschili (in molte delle quali si trovano non più di due o tre detenute), determina una tendenza a trascurare tali sezioni, destinando alla detenzione maschile la quasi totalità delle risorse economiche e umane. Le strutture carcerarie che ospitano detenute con prole sono complessivamente 20, di cui due sono istituti solamente femminili (Roma e Venezia), mentre le altre sono sezioni femminili di istituto maschile. Per avvalorare lo “scontento” degli specialisti del settore si pensi soltanto che esiste in Italia un solo Istituto a Custodia Attenuata femminile a Milano,nato nel 2006. Istituto a custodia attenuata per detenute madri con prole fino a tre anni (Icam). È una struttura costituita in via sperimentale per consentire alle detenute madri che non possono usufruire di misure alternative alla detenzione, di tenere con sé i loro figli. Stupefacente è il fatto che le nuove disposizioni di legge “varate” nel 2006, potranno essere applicate a partire dal gennaio 2014, nell’attesa che siano realizzati nuovi istituti, una volta occupati tutti i posti disponibili presso la struttura di Milano. Esempi educativi senza alcuna recidiva risultano da alcune esperienze detentive comunitarie in svizzera dalle quali occorrerebbe prendere lezioni. Per quanto possa sembrare a molti strano, c’è da recuperare l’idea che anche il carcere è una agenzia educativa. Giustizia: Radicali; il 14 agosto digiuniamo in massa contro l’affollamento delle carceri di Maria Grazia Gerina L’Unità, 10 agosto 2011 Un giorno di digiuno di massa. Non un giorno qualunque, ma la vigilia di Ferragosto. A ricordare che i carcerati non vanno in vacanza. E neppure chi ha a cuore i loro diritti. Mogli, mariti, volontari, agenti di custodia, educatori, cappellani, operatori di giustizia, rappresentanti delle istituzioni, cittadini che si battono per i diritti sanciti dalla Costituzione. Già in 500 hanno aderito all’appello lanciato da Marco Pannella e dai radicali. Ventiquattr’ore senza mangiare e senza bere, il 14 agosto, per chiedere al parlamento di convocarsi in seduta straordinaria e affrontare con provvedimenti immediati la questione carceraria. “Una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”, come l’ha definita il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ospite, a fine luglio, della due giorni radicale sulle condizioni dei detenuti. Quale slogan migliore ora per invocare un digiuno di massa che accenda, anche a Ferragosto, i riflettori sulla condizione dei detenuti in Italia? Le sue parole i radicali le hanno riportate una per una sotto all’appello che vede come primi promotori la deputata Rita Bernardini, Luigi Manconi con “A Buon Diritto”, Patrizio Gonnella, di Antigone. E poi i sindacati di polizia penitenziaria, Uil-Pa Penitenziari, l’Osapp, la Cgil-Fp comparto sicurezza, l’Associazione Ristretti Orizzonti, Radio Carcere, quella del “Detenuto Ignoto”, i volontari di giustizia, Sandro Favi, responsabile carceri del Pd, che ha rilanciato l’appello radicale, come quello dell’Api. Ieri, Marco Pannella ha ricevuto la telefonata anche del neo-ministro della Giustizia, Nitto Palma, che, cancellate le vacanze in Polinesia, fa sapere che a Ferragosto sarà a Roma per visitare il carcere di Regina Coeli. Subito dopo il tradizionale comitato per l’ordine e la sicurezza, con il ministro Maroni. Quanto a Pannella, dice, “ammiro la tenacia con cui ha portato avanti le sue battaglie”. “Vorrei incontrarlo”, fa sapere, dopo averlo sentito al telefono. “Avrei voluto recarmi nella sede dei Radicali, ma precedenti impegni me lo hanno impedito, mi auguro che possa trovare il tempo di venire lui da me”. Bene la visita a Regina Coeli, ma proprio in quel carcere - gli ricorda il sindacato penitenziario Osapp - ci sono 330 detenuti in più e 95 poliziotti penitenziari in meno. Tanto che ai poliziotti in ferie per Ferragosto - denuncia l’Osapp - è stato chiesto di rientrare in servizio almeno per la visita del ministro. La scorsa notte, nell’ex convento di via delle Mantellate, c’erano solo 14 agenti in servizio su 23 previsti. Il Lazio - ricorda ancora l’Osapp - ci sono 1.700 detenuti in più rispetto alle capienze consentite e 805 penitenziari in meno in organico. Giustizia: Pannella al ministro Nitto Palma “l’amnistia è l’unica strada” Adnkronos, 10 agosto 2011 Due ore e un quarto di colloquio al ministero della Giustizia: ‘non ricordo altri incontri di questo tipo, il che dimostra la genuinità, anche personale e istituzionale di questo dialogo. Abbiamo affrontato tutti i temi ma in questo caso era soprattutto importante capire quali erano le posizioni precedenti sia dell’uno che dell’altro, anche per vedere se ci sono aperture o meno rispetto le posizioni storiche che ha e abbiamo avuto”. È quanto ha dichiarato Marco Pannella all’uscita dal suo incontro al ministero della Giustizia con il ministro Nitto Palma, nel corso del quale la delegazione radicale ha sottolineato che l’amnistia è l’unica via per poter affrontare una riforma della giustizia. “Le posizioni sono note: secondo noi - aggiunge il leader radicale - l’amnistia è l’unica indicazione e ipotesi per far decollare una riforma della giustizia l’unico strumento inventato per potere procedere a una riforma complessiva. Sarà necessario dopo 30 anni - conclude - un dibattito democratico sul problema della giustizia, riteniamo che il tema trainante dell’amnistia sia opportuno e necessario”. Si è trattato, testimonia Pannella, di “un colloquio molto approfondito sul problema. Il Ministro ci ha fornito molte indicazioni di carattere generale, entrando però anche nei particolari delle soluzioni che ha in mente, un dialogo senza precedenti quantomeno recenti. Una manifestazione di serietà e responsabilità, tanto che siamo arrivati alla dimostrazione lampante di un’attenzione reciproca”. “Essendo lui il ministro della Giustizia - sottolinea Pannella - e noi un movimento politico d’opinione, per quanto riguarda noi è evidente che la cosa fosse di grande interesse, non era così scontato invece che il ministro trovasse il modo di dedicare tempo a discutere, dialogare e vagliare con noi i vari problemi”. Per quanto riguarda lo sciopero della fame e della sete per la giornata del 14 agosto, in segno di protesta per la situazione nelle carceri, “continuerà con ancora maggiore forza se è possibile, perché in quella data chiederemo al Parlamento di essere coerente con l’analisi espressa dal Presidente della Repubblica sulla situazione della giustizia e quindi del carcere. Escludo che questa dimostrazione di attenzione da parte del ministro sia dovuta a mera cortesia, ma ad un tentativo di dialogo” che negli auspici di Pannella “potrebbe portare a sorprendenti intese”. “Le posizioni sono note: secondo noi - aggiunge il leader radicale - l’amnistia è l’unica indicazione e ipotesi per far decollare una riforma della giustizia l’unico strumento inventato per potere procedere a una riforma complessiva. Sarà necessario dopo 30 anni - conclude - un dibattito democratico sul problema della giustizia, riteniamo che il tema trainante dell’amnistia sia opportuno e necessario”. Giustizia: ministro Nitto Palma; soluzione per carceri potrebbe essere la depenalizzazione Agi, 10 agosto 2011 “Ho comunicato all’on. Pannella che i dati tecnici in mio possesso individuano altre strade che possono avere incidenza sul problema del sovraffollamento carcerario”. Il ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma, non chiude la porta in faccia al leader dei radicali Marco Pannella sul sovraffollamento delle carceri, ma, come soluzione al problema, vede altri rimedi. “Ad esempio - spiega il Guardasigilli all’Agi - la depenalizzazione dei reati minori”. “L’amnistia come soluzione per far decollare la riforma della giustizia - prosegue Palma - è la proposta di Pannella, ma ci sono interventi che possono essere condivisi e varati per provare a incidere sul problema carceri”. Per Palma, comunque, il colloquio con Pannella e Rita Bernardini è stato “positivo, lungo e approfondito. È stato uno scambio di vedute molto cordiale e serio”. “Sono rimasto d’accordo con Pannella - ha concluso Palma - che nel mese di settembre restituirò la sua visita al Partito radicale, al fine di proseguire un confronto che oggi mi è parso di grande utilità“. . Giustizia: i Radicali effettueranno visite per tutto agosto negli istituti penitenziari Ansa, 10 agosto 2011 I Radicali effettueranno per tutto il mese di agosto visite nelle carceri italiane. L’iniziativa, presentata oggi a Firenze, si affianca al Satyagraha annunciato per il 14 agosto, lo sciopero della fame e della sete di 24 ore finalizzato a ottenere che “il Parlamento si convochi prima di inizio settembre - ha spiegato il senatore Marco Perduca - per discutere dell’amministrazione della giustizia. Ne va dei diritti umani degli italiani e della legalità costituzionale del nostro Paese”. Allo sciopero del 14 agosto parteciperanno oltre 500 fra cittadini e associazioni: fra loro, è stato spiegato, Enrico Sbriglia, direttore del Sidipe (Sindacato direttori e dirigenti penitenziari), il segretario del sindacato di polizia penitenziaria Osapp Leo Beneduci, ed il direttore del carcere di Livorno Ottavio Casarano. I Radicali auspicano il varo di un’amnistia e di un indulto, oltre a depenalizzazioni e limiti alla carcerazione in attesa di giudizio, e lamentano forti carenze di personale e fondi per il mondo carcerario: “Se si riuscisse in qualche modo - ha sottolineato Perduca - a contenere la spesa della mala politica, dell’antidemocrazia, sicuramente si troverebbero i soldi per i salari dei direttori delle carceri e della polizia penitenziaria”. Giustizia: un ministro al lavoro… per il detenuto ignoto Il Foglio, 10 agosto 2011 Il neo ministro della Giustizia, Nitto Francesco Palma, ha annunciato ieri all’Ansa che il 15 agosto si recherà in visita al carcere romano di Regina Coeli. È la prima volta nella storia della Repubblica, ne siamo praticamente certi, che un Guardasigilli si reca sua spante in un istituto penitenziario per passarvi il Ferragosto, peraltro adducendo motivazioni niente male: “Il problema delle carceri non può essere affrontato in termini settoriali o emergenziali”. La notizia c’è, e magari qualcuno riterrà opportuno darle quantomeno lo stesso risalto offerto a una vacanza soltanto programmata e prontamente ripensata. Vedremo. Quel che è certo è che anche la situazione carceraria attuale ha pochi precedenti. Al 31 luglio scorso, per dirne una, i detenuti erano 67 mila a fronte di strutture che ne potrebbero ospitare soltanto 45 mila. E le persone private di libertà, come documentato dal Foglio la settimana scorsa, non sono le uniche a risentire di una situazione definita “insostenibile” dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. In tutte le carceri italiane gli “eventi critici” - ovvero aggressioni al personale di polizia, tentativi di suicidio, suicidi, risse e danneggiamenti ai beni dell’amministrazione - si susseguono a una media di 200-250 al giorno, come ha denunciato ieri il Sappe, uno dei più importanti sindacati di polizia penitenziaria. Direttori, agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali, medici, personale amministrativo, volontari, cappellani: la “comunità penitenziaria” è vasta e coinvolta nella sua interezza. La visita del ministro potrà contribuire a rendere noto tutto ciò anche al di là della cerchia degli addetti ai lavori, specie se Nitto Palma riuscirà a comunicare all’opinione pubblica quanto ha sostenuto ieri in un inciso: “Se il 40 per cento dei detenuti è in attesa di giudizio, qualcosa non va”. Perché la questione carceri, evidentemente, è anche questione giustizia. Lo ha detto senza remore perfino il primo presidente della Corte di cassazione, Ernesto Lupo, invitando i colleghi - per di più in clima di manette facili - “a un uso sempre più prudente della misura cautelare restrittiva, strumento da mantenere nell’eccezionalità”. Nitto Palma, oltre a richiamare l’appello di Lupo, ha ribadito il sacrosanto intento di costruire nuove carceri, e ha aperto a una depenalizzazione dei reati minori. Il governo c’è, occorre capire se il Parlamento seguirà, senza strumentalizzazioni. Centinaia di cittadini hanno aderito all’iniziativa nonviolenta promossa per il 14 agosto da Radicali e altre associazioni (A buon diritto, Ristretti Orizzonti, etc.) che chiedono al Parlamento di convocarsi in seduta straordinaria su giustizia e carceri. Per non avere un’emergenza in più da gestire in questa estate di allarmi, può essere prudente ascoltare. Giustizia: Nitto Palma assolve il processo lungo, incontra l’Anm e poi Pannella di Liana Milella la Repubblica, 10 agosto 2011 Nel primo contatto con l’Anm il neoministro della Giustizia evita i temi più spinosi: non temete la riforma. Il Guardasigilli in visita il 15 agosto a Regina Coeli, nel solco dell’iniziativa dei Radicali Rinuncia alla vacanza in Polinesia, ma continua a definire “assurde” le polemiche sulla sua, ormai mancata, assenza. Incontra per la prima volta l’Anm e oggi vedrà il leader radicale Marco Pannella. Che raccoglie oltre 500 adesioni in una giornata sullo sciopero della fame e della sete lanciato per il 14 agosto, con l’obiettivo di ottenere una seduta straordinaria del Parlamento sulle carceri. Per Ferragosto annuncia una visita, senza telecamere, a Regina Coeli. Ma è sul “processo lungo” che, con il sindacato dei giudici, il neo ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma si lascia andare alla prima valutazione destinata a metterlo in urto con il centrosinistra e con le stesse toghe. “Quel provvedimento non è grave come sembra. Alla fine il giudice potrà escludere lo stesso i testi”. Non compare nelle note ufficiali la battuta. Esse si limitano ad annunciare le questioni tecniche su cui il Guardasigilli vuole lavorare, depenalizzazione, revisione delle circoscrizioni, deroga al divieto di inviare nelle procure scoperte i magistrati di prima nomina, velocizzazione del processo penale. Ma la frase trapela dal colloquio di Palma con il presidente dell’Anm Luca Palamara, il segretario Giuseppe Cascini, alcuni componenti del vertice del sindacato. C’è pure Magistratura indipendente, all’opposizione in giunta, ma corrente cui faceva capo Palma da magistrato. Ufficialmente, in un colloquio con l’Ansa, lo stesso ministro dichiara che il giudizio su quel contestato ddl lo darà, “com’è doveroso che sia, quando arriverà alla Camera”. Appena approvato dal Senato, esso amplia a dismisura il potere delle difese nel richiedere in dibattimento testi e prove a discarico. Arriverà alla Camera a settembre, ma andrà in aula dopo le intercettazioni, già calendarizzate in aula dal 26. E proprio sulla riforma degli ascolti e su quella costituzionale della giustizia - separazione di carriere e Csm, fine dell’obbligatorietà dell’azione penale, responsabilità civile dei giudici, maggiori poteri del Guardasigilli - il ministro glissa. Non ne fa cenno con l’Anm, quasi che le due questioni non siano neppure in agenda. Mentre Palma sa bene quanto entrambe stiano a cuore a Berlusconi, che ne ha sempre fatto un punto d’onore della legislatura. Come rivelano, all’uscita, le toghe dell’Anm l’intenzione di Palma potrebbe essere quella di istituire una sorta di doppio tavolo, uno tecnico, in cui relegare la stessa Anm, con il contentino di interventi pur necessari, come depenalizzazione e revisione delle circoscrizioni. Ma sul tavolo politico, in cui marciano gli interventi cari ai berlusconiani, resteranno le riforme invise ai magistrati. Il processo lungo al primo posto, visto che deve “tagliare” i dibattimenti del Cavaliere. Poi intercettazioni e riforma costituzionale. Intendiamoci. Le modifiche tecniche sono importanti, tant’è che l’ex sottosegretario alla Giustizia del Pdl Luigi Vitali plaude con un “è musica per le mie orecchie” all’incontro con l’Anm. Tutto il resto arroventerà l’autunno. Ma Palma pare quasi, o non vuole, rendersene conto. E dichiara: “Se da parte di tutti ci fosse un abbassamento dei toni e se dalla guerra si passasse al confronto, sarebbe un bene per tutti”. Ma quando in aula arriveranno le riforme contestate non protestare, per le toghe e per il centrosinistra, sarà impossibile. Abruzzo: Garante dei detenuti; le Camere penali si mettono a disposizione www.ilcapoluogo.com, 10 agosto 2011 Il Consiglio Regionale d’Abruzzo ha approvato la legge con cui viene istituita la figura del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, cioè, più convenzionalmente, il Garante dei detenuti. Le Camere Penali abruzzesi di L’Aquila, Chieti, Avezzano, Teramo, Pescara e Lanciano esprimono la loro comune opinione definendo “l’introduzione della figura del garante indispensabile, a tacer d’altro, già in vista dei compiti affidati a ciascuno Stato della Convenzione Onu contro la tortura, in vigore per l’Italia sin dal lontano 1989. Per quanto estesa nelle sue competenze anche al monitoraggio di condizioni soggettive assimilabili alla detenzione (quali ad es. i ricoveri coatti sanitari), rappresenta sicuramente per l’Abruzzo un punto di svolta nel cammino verso la qualificazione della solidarietà civile ed un primo passo importantissimo al fine di costruire un percorso di legalità e di positiva evoluzione delle condizioni esistenziali della popolazione carceraria”. “Ricordiamo infatti che nella nostra Regione - continua la nota congiunta - sono presenti 8 carceri, di cui 2 a regime particolare (uno dei quali, quello di L’Aquila, ospita circa 200 soggetti sottoposti al c.d. 41-bis), che accolgono una complessiva popolazione di 2300 detenuti (rispetto ai 1600 di capienza ufficiale) e che l’ istituzione della figura permetterà di intervenire direttamente proprio su quelle posizioni che dovrebbero maggiormente incidere nel percorso di reintroduzione sociale del detenuto, quale diritto costituzionalmente garantito”. Le Camere Penali di L’Aquila, Chieti, Avezzano, Teramo, Pescara, Lanciano, tutte aderenti all’Unione Camere Penali Italiane (che da sempre persegue tra i suoi scopi quello del miglioramento delle condizioni di vita carcerarie) plaudono quindi “alla avvenuta approvazione della legge e, prefiggendosi di monitorare costantemente l’evolversi della situazione, si augurano che si addivenga, sia alla effettiva istituzione dell’Ufficio nel termine dei 90 giorni previsti dalla Legge, sia e soprattutto, alla individuazione del titolare, il quale oltre ad avere i requisiti di legge, dovrà essere scevro da vincolo di parte o fazione, al fine di dedicarsi in via esclusiva a questa nobile attività”. “In questa prospettiva - conclude la nota - appare indispensabile procedere ad emendamenti della legge che ottengano: l’incompatibilità della figura con ulteriori uffici e/o professioni; un compenso indispensabile a non marginalizzare la figura, cagionando l’ineffettività progressiva della legge medesima. Per le esposte ragioni, le Camere Penali sottoscriventi manifestano inoltre la loro piena ed incondizionata disponibilità a rendersi interlocutore necessario e disinteressato ai fini del miglioramento della legge, ed a tal fine chiederanno espressamente di essere ascoltate dalla competente Commissione Regionale”. Agrigento: quasi 500 detenuti a Petrusa, la situazione è incandescente La Sicilia, 10 agosto 2011 Situazione incandescente e non solo per il periodo meteorologico. Era facile immaginarlo, pronosticarlo con scientifica precisione. L’immane invasione di immigrati extracomunitari in atto da settimane sulle coste di Lampedusa, dopo la rottura degli argini libici, sta causando una conseguenziale “invasione” del carcere di contrada Petrusa. A entrare nel penitenziario al confine tra Agrigento e Favara non sono ovviamente tutti coloro i quali approdano sulla più grande isola delle Pelagie e poi transitano da Porto Empedocle. Nelle patrie galere finiscono coloro i quali vengono prima indicati e poi identificati come scafisti delle carrette del mare. Per tutti il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è punita col gabbio ed è tutto lavoro in quantità industriale che sta cercando di “smaltire” al meglio la già oberata Procura della Repubblica e, successivamente il Tribunale. Coloro i quali vengono condannati, in quanto ritenuti responsabili del reato in questione vengono chiusi nelle celle “poco confortevoli” del Petrusa. Non perché siano sprovviste di chissà quale comfort, quanto perché dentro vi convivono da mesi e anni anche 4 detenuti ciascuna, in condizioni che definire disumane potrebbe non offendere alcuno. Stare in 4 dentro un buco di pochi metri quadrati è disumano, fermo restando si parla sempre di carcere. Quando poi una simile situazione si perpetua nel periodo estivo, la situazione anche dal punto di vista igienico sanitaria diventa devastante. Aria condizionata, ovviamente, non esiste. Una situazione già esplosiva in condizioni “normali”, è ulteriormente aggravata a causa di questo incremento di detenuti provenienti dall’Africa. Continuando con questo ritmo di nuovi arrivi in massa, a fronte di un numero minore scarcerazioni c’è la quasi certezza che entro qualche giorno al Petrusa si possa sfondare lo storico muro delle 500 persone detenute, quota mai raggiunta in un penitenziario che venne inaugurato nel 1997. All’epoca si disse che la struttura avrebbe potuto accogliere al massimo 200 detenuti. Altri tempi, quando gli sbarchi di immigrati clandestini erano considerati una eccezione, rispetto all’esodo in atto in queste ultime settimane, dopo un anno circa di pausa. In attesa che - chissà quando - venga ultimato il nuovo padiglione del Petrusa consentendo l’innalzamento della capienza a circa mille persone, si deve fronteggiare l’emergenza con quello che c’è. “Radio carcere” racconta di rapporti non certo idilliaci o ecumenici tra detenuti ad esempio favaresi, empedoclini, marocchini o tunisini. Gente diversa per tradizioni, abitudini, religione, tutto o quasi. Ad accomunare questo universo di gente che ha sbagliato sono solo la sigaretta, l’ora d’aria e la necessità di andare al gabinetto. A vigilare su tutto è la polizia penitenziaria e non è certo una scampagnata. Anche perché, come giusto che sia, anche i valorosi agenti della polizia penitenziaria hanno il sacrosanto diritto a godere delle ferie estive. Il tutto comporta quindi un notevole dimezzamento delle unità in servizio in questo periodo, con conseguente innalzamento dei rischi e dei turni di lavoro per ogni singolo agente. La situazione dunque si va facendo sempre più incandescente, tenuta sotto controllo dai vertici della struttura carceraria che, non più tardi di un mese fa circa, venne visitata dal nuovo provveditore regionale, Maurizio Veneziano. Proprio Veneziano, alla fine della visita ufficiale, tese le lodi di tutto il personale della casa circondariale e della polizia penitenziaria. Complimenti a parte, chi lavora nel carcere agrigentino auspica che il numero di detenuti possa abbassarsi drasticamente nel più breve tempo possibile. Una speranza che però, al momento, risulta vana. Modena: carcere S. Anna; gara di solidarietà per l’emergenza igienica La Gazzetta di Modena, 10 agosto 2011 La prima ad arrivare è stata è stata una signora in bicicletta, con il cestino pieno, con 20 flaconi di bagnoschiuma da mezzo litro. E poi ancora altre persone con i campioncini o una spesa all’ultimo minuto con pacchi di detergenti sino a una benefattrice che ha messo in una busta bianca qualche biglietti da 100 euro. È stata questa la prima risposta dei modenesi all’appello lanciato dalla Gazzetta di Modena per la mancanza di saponi e detersivi all’interno del carcere di S. Anna. La settimana prossima dovrebbe arrivare anche una piccola ma importante fornitura da una ditta modenese che produce articoli ma per la pulizia. Il problema è rinviato solo per un paio di settimane. La segnalazione dell’emergenza è arrivata dall’associazione Carcere Città: i numerosi casi di pediculosi nella sezione femminile hanno acuito una situazione già al limite della sopportazione. Del resto i fondi ai penitenziari italiani sono stati diminuiti di un terzo per ragioni di risparmio; anche la direttrice della casa di pena modenese ha dovuto prendere decisioni drastiche per far quadrare i conti. Sotto la scure dei risparmi obbligati sono finiti i detergenti: chi ha qualche soldo può comprarli allo spaccio interno, gli altri devono affidarsi a quello che passano i volontari. Col contagocce, com’è evidente; che con una popolazione carceraria di quasi 500 unità non ci sono risorse per tutti. Anche la mancanza dei congelatori, vitali per tenere un po’ d’acqua fresca con queste temperature, è stata affrontata dai volontari con il pragmatismo dell’ultima spiaggia: anche qui lettere di dignitosa mendicità, una richiesta d’aiuto, alle maggiori catene di supermercati di Modena: “Vi avanza un congelatore usato che avete di scorta? Magari anche vecchiotto?” Non un modello qualsiasi, perché le imperscrutabili regole carcerarie prevedono che siano ammessi solo quelli a pozzetto, cioè con il caricamento da uno sportello in alto; quelli da casa non vanno bene. Chi vuole una bottiglietta fresca, da tenere nell’asciugamano per asciugare il sudore e rinfrescarsi nelle lunghe ore d’immobilità, tre persone in una stanza da nove metri quadrati, sono un sogno. Meglio, un piccolo miracolo laico del volontariato modenese se e quando si potrà comprare un congelatore al posto di quelli rotti e che vengono dimenticati: anche qui mancano i fondi per le più banali riparazioni. Ma i guasti sono comunque un incubo per tutti quelli che, dalle due parti della barricata, si trovano a operare in carcere. Ad esempio la palestra è inagibile perché ci piove dentro, e non ci sono risorse per aggiustare il tetto; a poche centinaia di metri c’è il padiglione nuovo con 170 posti nominali, costato milioni di euro e che deve essere inaugurato in ottobre. Bene, per inossidabili regole sulla contabilità pubblica che funziona per camere stagne, neppure un muratore ha potuto essere spostato per sistemare i guai più grossi del S. Anna. Stessi problemi per gli agenti penitenziari: da quindici anni la strumentazione che permetterebbe di usare le telecamere e il telecontrollo, per cui se un uomo in divisa a un problema quando è da solo in servizio deve aspettare il cambio turno per essere soccorso. Magari dopo sei ore. Oppure ancora ci sono i due furgoni per il trasporto dei detenuti, carichi di anni e di chilometri: uno ha superato il milione di km e ansima ogni volta che si mette in moto per corso Canal grande, diretto al Palazzo di Giustizia. “Il problema del sovraffollamento è comune a tutte le carceri italiane e Modena non fa eccezione - osserva la parlamentare Pd Manuela Ghizzoni che venerdì scorso ha compiuto una visita al S. Anna - Sicurezza per tutti i cittadini vuol dire anche garantire condizioni minime di dignità carceraria. Per questo occorre creare un cordone sanitario evitando problemi pazzeschi come quelli che ci troviamo di fronte: ogni istituzione, associazione deve fare quel poco che può per evitare di aggravare ancora una situazione al limite del collasso. Per questo faremo tutto ciò che è possibile affinché il nuovo padiglione sia usato per decongestionare il carcere modenese e non sia invece solo uno spazio in più dove sistemare gente in arrivo da tutta Italia”. Roma: Sappe; a Regina Coeli 1.115 detenuti per 700 posti, bene visita ministro Agi, 10 agosto 2011 Il Ministro della Giustizia Nitto Francesco Palma ha annunciato che il giorno di Ferragosto si recherà in visita al carcere romano di Regina Coeli. E il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il Sappe, si augura che essa non sia solo una “visita di cortesia”. “Negli ultimi anni” spiega il segretario generale del Sappe Donato Capece “si è registrato un iperattivismo nelle visite istituzionali e parlamentari alle carceri nei giorni di Ferragosto. A queste, però, non hanno quasi mai fatto seguito atti concreti per deflazionare un sistema ogni giorno di più vicino all’implosione. A Regina Coeli, ad esempio, vi è da anni una sezione detentiva in particolare, la VI, fatiscente ed indegna per chi sconta una pena e chi vi lavora in prima linea, ossia gli Agenti di Polizia Penitenziaria, che si continua a tenere operativa mentre andrebbe semplicemente chiusa, sovraffollata e con fili della corrente scoperti. Eppure, anche se tutti lo sanno, non si fa nulla. E parliamo di un carcere della Capita d’Italia, immaginiamoci cosa può esserci nelle oltre 200 galere italiane? Regina Coeli, strutturata per ospitare regolarmente circa 700 detenuti, ne ha in media oltre 1.100 (erano 1.115 il 31 luglio scorso)”. “Le gravi criticità operative di Regina Coeli legate al sovraffollamento penitenziario” sottolinea il Sappe “lo vivono principalmente e quotidianamente coloro che operano nella prima linea delle sezioni detentive, come le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria che svolgono quotidianamente il servizio con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità. Come a Regina Coeli, realtà comunque difficile come dimostrano anche gli eventi critici avvenuti nel corso del 2010: parliamo di 1 decesso per cause naturali, 48 episodi di autolesionismo, di 13 tentati suicidi, 60 soggetti che hanno in essere ferimenti, 25 scioperi della fame e 71 episodi violenti che hanno determinato danneggiamenti di beni dell’Amministrazione Penitenziaria”. Capece, commentando l’incontro odierno tra il Guardasigilli ed il leader radicale Marco Pannella (impegnato in prima persona sulle problematiche carcerarie), auspica che il neo Ministro della Giustizia incontri presto anche il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria per mettere sul terreno idonee soluzioni alle criticità penitenziarie. “L’allarmante dato di 67mila detenuti che sovraffollano le carceri italiane, la cui capienza regolamentare è pari a poco più di 44mila posti, impone l’adozione di provvedimenti urgenti, come pure ha chiesto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nei giorni scorsi. Non si dimentichi che oltre il 40% dei detenuti è imputato, quindi in attesa di giudizio. Noi ci appelliamo ai ministri dell’Interno Maroni e della Giustizia Palma perché riprendano dai cassetti in cui inspiegabilmente è stato riposto da sinistre mani maldestre quello schema di decreto interministeriale finalizzato a disciplinare il progetto che prevede l’utilizzo della Polizia Penitenziaria all’interno degli Uffici di esecuzione penale esterna (Uepe) nel contesto di un maggiore ricorso alle misure alternative alla detenzione”. “Per molti mesi” conclude Capece “abbiamo discusso con l’Amministrazione penitenziaria la bozza del decreto interministeriale Giustizia-Interno, ma inspiegabilmente quel decreto si è arenato in chissà quali meandri pur potendo costituire un importante tassello nell’ottica di una riforma organica del sistema penitenziario e giudiziario italiano. Si era previsto molto chiaramente come il ruolo della Polizia Penitenziaria negli Uffici per l’esecuzione penale esterna fosse quello di svolgere in via prioritaria rispetto alle altre forze di Polizia la verifica del rispetto degli obblighi di presenza che sono imposti alle persone ammesse alle misure alternative della detenzione domiciliare e dell’affidamento in prova. Il controllo sulle pene eseguite all’esterno, oltre che qualificare il ruolo della Polizia Penitenziaria, potrà avere quale conseguenza il recupero di efficacia dei controlli sulle misure alternative alla detenzione, cui sarà opportuno ricorrere con maggiore frequenza. Efficienza delle misure esterne e garanzia della funzione di recupero fuori dal carcere potranno far sì che cresca la considerazione della pubblica opinione su queste misure, che nella considerazione pubblica, non vengono attualmente riconosciute come vere e proprie pene. Per questo motivo auspico che i ministri Maroni e Palma riprendano in mano quello scheda di decreto interministeriale al più presto”. Modena: i detenuti digiunano in sostegno a Pannella, per la riforma del carcere La Gazzetta di Modena, 10 agosto 2011 Per sensibilizzare i cittadini su problemi delle carceri italiane il mondo dei detenuti si sta mobilitando nel silenzio generale per appoggiare l’azione di chi chiede di decongestionare le carceri e raffreddare un surriscaldamento sociale sin troppo evidente e pericoloso. A Modena nella settimana scorsa una decina di detenute si è unita alla proposta di Marco Pannella che da mesi chiede al governo, con un lungo digiuno e azioni nonviolente, provvedimenti per ridurre la popolazione carceraria. Altrettanto stanno facendo, a turno, i detenuti maschi. Una situazione che si affianca ai digiuni rituali del Ramadan - a Modena il 60% dei detenuti è costituito da musulmani - ma offre anche un’alternativa politica a chi rivendica soluzioni ragionevoli e immediate, rispettando anche il dolore delle vittime dei reati. Una quadratura del cerchio quasi impossibile, ma dietro le sbarre la mobilitazione continua. Ogni giorno quando arriva il carrello col cibo i detenuti esprimono il loro rifiuto motivato; nessuna polemica contro chi lavora nella casa di pena modenese ma un appello al mondo politico nazionale. Che tutto questo sia fatto, sinora, senza salire sui tetti o incendiare, non deve sorprendere. Anche al S. Anna, nonostante le giornate sempre uguali passino con tre metri quadrati a testa, letto compreso, i detenuti sono consapevoli che in una situazione così delicata è impensabile pretendere dalla politica un’assoluzione che non è arrivata nelle aule di giustizia. Così, tra il digiuno religioso e quello laico, dietro le sbarre si sperimenta un dialogo che finora è solo a senso unico. Varese: i detenuti del carcere dei Miogni chiedono lavoro e dignità Varese News, 10 agosto 2011 Il penitenziario cittadino ha molti problemi: sovraffollamento, assistenza sanitaria e un bisogno vitale di lavoro e formazione. Raffaele Cattaneo: “Questo è un luogo di cui la città si deve reimpossessare e di cui ci dovremmo occupare un po’ di più tutti quanti”. Sono gli ultimi degli ultimi, soprattutto ad agosto. Vivono nel cuore della città per ricordare che, nonostante la condanna, sono ancora parte della comunità. Dopo la loro protesta, in via Felicita Morandi, a trovarli in visita ufficiale, sono arrivati in tanti, perlopiù politici. Di problemi il carcere dei Miogni e i suoi “ospiti” ne hanno molti. E non si tratta solo di sovraffollamento (sono 130 i detenuti presenti, quando la capienza regolamentare sarebbe di 53), che pure è una questione delicata e perennemente irrisolta. C’è anche il problema dell’assistenza sanitaria e un bisogno vitale di lavoro, considerato che gli “ospiti”, scontando condanne non superiori ai 5 anni, pensano al dopo pena e al loro futuro. “Ho visitato la struttura - ha detto l’assessore regionale Raffaele Cattaneo - e ho visto molta dignità, non solo sfascio. L’assistenza sanitaria è uno tanti dei problemi, ma stiamo lavorando anche su altri fronti per ridare condizioni dignitose ai detenuti, a cominciare dalla formazione nella quale questa struttura si è già distinta con diversi progetti. Questo è un luogo di cui la città si deve reimpossessare e di cui ci dovremmo occupare un po’ di più tutti quanti”. Insieme a Cattaneo, ai Miogni c’erano: Walter Bergamaschi, direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Varese, l’assessore provinciale Piero Galparoli, il dottor Capaccioni, responsabile dell’ambulatorio del penitenziario, don Marco Casale, cappellano del carcere, e il direttore Gianfranco Mongelli. “Nella sanità moderna - ha spiegato Bergamaschi - non si può più pensare a un reparto per detenuti, perché bisogna garantire al paziente tutte le cure che servono nel luogo adatto. Bisogna quindi evidenziare più spazi nelle unità operative, dove siano garantite anche le esigenze di sicurezza necessarie. Il 6 settembre prossimo ci sarà un sopralluogo per individuare le stanze che meglio si prestano alla cura dei detenuti”. Attualmente, all’interno del carcere, c’è un servizio medico attivo fino alle 18. Da quel momento fino alle 20 c’è un infermiere che segnala al servizio del 118 eventuali emergenze e poi entra in azione la guardia medica fino alle 8 del mattino. Lavoro e formazione sono stati gli altri fronti sui quali si è attivato il gruppo che ha visitato il penitenziario varesino. “Il tema del lavoro è cruciale in un carcere - dice don Casale - perché lasciare un detenuto senza fare nulla non favorisce un buon percorso”. Ai Miogni c’è una parte dei detenuti che lavora grazie ai fondi dell’amministrazione penitenziaria a cui si aggiungono i fondi della Regione Lombardia stanziati per la formazione e il lavoro. È grazie a quei soldi, ad esempio, che si formano i cuochi che lavorano nelle cucine del penitenziario. “Sommando queste due voci - conclude il cappellano del carcere - raggiungiamo però solo un quarto della popolazione carceraria. Quindi se ci sono imprese che possono dare occasioni di lavoro in carcere, sono ben accolte”. Liberi di scrivere… cronache dal carcere “Liberi di scrivere. Corriere del carcere” è un progetto della casa circondariale “Miogni “ di Varese. Si tratta di un periodico sul quale scrivono i detenuti. La redazione è divisa in tre gruppi. C’è un coordinatore, un segretario, un capo redattore e un direttore responsabile. La struttura è come quella di un qualsiasi giornale. È stato appena stampato il numero 14 che viene distribuito insieme al giornale “AcliVarese” e in alcune parrocchie del decanato. L’editoriale è stato affidato a don Marco Casale, cappellano del carcere, che sottolinea lo sforzo ma soprattutto la soddisfazione di vedere il nuovo numero finito perché “un giornale come questo è frutto della fatica e del lavoro di tante persone”. Nella pubblicazione. oltre a quelle dei detenuti, trovano spazio molte voci, tra cui il personale del carcere e i volontari, tutti uniti nello sforzo di portare oltre le mura di via Felicita Morandi un mondo sconosciuto ai più. Testimonianze, riflessioni, cronache dal carcere, poesie e una pagina intera dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia con l’inno di Mameli in versione integrale. Non vi resta che leggerlo. Lucca: l’onorevole Raffaella Mariani (Pd) interviene sul problema delle carceri www.loschermo.it, 10 agosto 2011 “Il Presidente della Repubblica l’ha definita una emergenza assillante, sottolineando l’enorme distanza che separa la realtà delle carceri italiane dall’indicazione costituzionale sulla funzione rieducativa della pena. Quella delle condizioni dei detenuti è una questione aperta anche per la nostra città. Il carcere di Lucca, nonostante gli sforzi del personale e dei volontari, è colpito dai problemi che affliggono l’intero sistema penitenziario italiano: ho potuto constatare di persona le gravi difficoltà e i pesanti disagi all’interno della Casa circondariale lucchese nel corso della visita che ho svolto lunedì mattina nelle sezioni. Alta densità della popolazione carceraria, strutture cadenti, organici della polizia penitenziaria sottodimensionati del 40%, tagli che impediscono di avviare attività per favorire un reinserimento sicuro e produttivo nella società: il San Giorgio sconta questi gravissimi problemi. È in questo senso che come Partito Democratico abbiamo rivolto al nuovo Ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma un appello affinché siano chiare le condizioni di tutti coloro che lavorano e mandano avanti il sistema penitenziario: la polizia, i direttori, gli assistenti sociali, gli educatori, gli psicologi e tutto il mondo del volontariato, che oggi scontano situazioni di abbandono e disinteresse da parte di chi ha responsabilità di governo. Le nostre proposte riguardano un piano di assunzioni di personale e uno di potenziamento e ampliamento delle misure alternative. Basta con le scelte contraddittorie del governo: da una parte si varano leggi criminogene, dall’altra si fanno perdere le tracce del tanto sbandierato e comunque discutibile Piano carceri. Ma servono anche segnali concreti, la cui efficacia di questi tempi è importantissima. Va in questo senso il progetto “Oltre i muri, dentro le Mura”, voluto dal Comitato Popolare di Piazza San Francesco con la collaborazione di don Giuseppe Giordano, che ho sostenuto insieme al gruppo consiliare Pd di Lucca e che abbiamo presentato lunedì al direttore Francesco Ruello e alla comandante della Polizia penitenziaria Rosa Ciraci. Erano presenti anche Alessandro Tambellini, capogruppo Pd in consiglio comunale a Lucca, Adriano Paoli e Francesco Battistini del Comitato Popolare Piazza San Francesco. L’iniziativa, in virtù di finanziamenti accordati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, cui va il nostro sentito ringraziamento, consentirà l’organizzazione all’interno della casa circondariale di un corso di attività motoria e di uno di arte che avranno inizio già nel prossimo autunno, provvedendo alla disponibilità dei docenti e al materiale didattico, oltre che di acquistare biancheria e prodotti di igiene. È un gesto tangibile, che testimonia un impegno comune per rompere l’isolamento e favorire l’integrazione e che avvicina il cuore della città alla realtà carceraria. Ma credo che dalla nostra comunità possano arrivare ulteriori segnali in questa direzione sia attraverso aiuti materiali che con provvedimenti simbolici di partecipazione condivisa. Nel nostro appello parliamo di scongiurare il rischio di una regressione civile e democratica del sistema carcerario. A tal fine il nostro impegno andrà avanti”. Raffaella Mariani, deputata Pd Bari: Sappe; proteste dei profughi arrestati dopo disordini nel Centro per immigrati di Andrea Gabellone www.iltaccoditalia.info, 10 agosto 2011 Le proteste degli immigrati si sono sommate alle condizioni già oltre il limite del carcere barese. La denuncia del Sappe. La protesta scoppiata nei giorni passati sulla statale 16 si è ormai spostata all’interno del penitenziario di Bari, tant’è che 20 profughi, arrestati proprio per gli incidenti alla periferia del capoluogo, hanno deciso di opporsi al rientro in cella dopo l’ora d’aria. Questo accadeva due giorni fa, con grandi problemi per il personale della polizia penitenziaria, che ha impiegato più di due ore per far rientrare la contestazione. La protesta degli immigrati verteva principalmente sul loro stato di profughi, che nonostante le promesse non è stato ancora riconosciuto, e le condizioni di vita all’interno del carcere. Tale episodio riporta l’attenzione sul carcere del capoluogo, proporzionalmente il più affollato d’Italia, con oltre 530 detenuti a fronte di circa 200 posti disponibili. Il segretario nazionale del Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, Federico Pilagatti dichiara, a proposito della casa circondariale di Bari: “Ci sono stanze al primo piano della III° sezione con detenuti che dormono per terra, senza che possano nemmeno stare in piedi tutti insieme. Purtroppo a fronte dell’inferno che si vive giornalmente all’interno del carcere di Corso de Gasperi, si registrano solo sterili discussioni sul nuovo carcere che vanno avanti da anni e che servono solo a conquistare spazi sui mass media. Se solo si fosse voluto un nuovo penitenziario, la città di Bari lo avrebbe potuto avere oltre dieci anni fa a costo zero per le casse dello Stato. Infatti una cordata di costruttori diede la propria disponibilità a costruire un nuovo carcere in periferia ricevendo in cambio i terreni su cui sorge la struttura penitenziaria, che sarebbero stati utilizzati per tutta una serie di iniziative commerciali”. Altra situazione preoccupante è quella igienico-sanitaria. L’articolo 11 della legge 354/74 prevede che “il medico provinciale (ora Asl) deve visitare almeno due volte l’anno gli istituti di prevenzione e di pena allo scopo di accertare lo stato igienico- sanitario, l’adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive disposte dal servizio sanitario penitenziario (ora pubblico) e le condizioni igieniche e sanitarie dei ristretti negli istituti. Il medico provinciale (Asl) riferisce sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare al Ministero della Sanità e a quello di Grazia e Giustizia, informando altresì i competenti uffici regionali e il magistrato di sorveglianza”. Le condizioni nelle nostre carceri sono oltre il livello d’allarme, ma, a quanto pare, non sono sufficientemente gravi da ricevere un interessamento serio da parte delle Istituzioni. Viterbo: la Polizia Penitenziaria sventa un tentativo di evasione www.informazione.it, 10 agosto 2011 Nel pomeriggio di ieri un detenuto comune, ristretto presso l’Istituto di Viterbo, ha posto in essere un tentativo di evasione. Lo riferisce il Segretario Regionale dell’Osapp, Giuseppe Proietti Consalvi. Il tentativo di evasione, posto in essere dal detenuto, è stato sventato grazie al pronto intervento del personale di Polizia Penitenziaria intervenuto immediatamente. Questo è l’ennesimo segnale di una pericolosa deriva negli istituti del Lazio, continua Giuseppe Proietti Consalvi, una situazione d’emergenza che il Dap sembra sottovalutare. Solo per rendere l’idea, l’Istituto di Viterbo ha una carenza di organico di 200 unità di Polizia Penitenziaria, e, ad oggi, il Dap non ha ritenuto necessario integrare quell’organico. Non è bastato neanche l’incontro con il Prefetto di Viterbo, conclude Giuseppe Proietti Consalvi, e neanche l’alto senso di responsabilità delle Colleghe e dei Colleghi di Viterbo. Nonostante tutto al Dap c’è qualcuno che continua a fregarsene. Cagliari: iniziativa di beneficenza, perché i bambini dei detenuti abbiano un futuro La Nuova Sardegna, 10 agosto 2011 Una giornata all’insegna della solidarietà, a costo zero, che consentirà a settanta bambini di frequentare il prossimo anno scolastico con maggiore serenità. Dopo il successo degli scorsi anni, giovedì riparte la raccolta di zaini, penne, accessori scolastici e di cancelleria da destinare ai bambini delle scuole elementari e medie, figli dei detenuti del carcere di Buoncammino. Per il quinto anno consecutivo davanti all’ingresso del carcere il Comitato “Oltre il carcere: libertà e giustizia” allestirà dalle 9 alle 21 un banchetto per la raccolta dei kit scolastici. Un’iniziativa che richiama l’attenzione dei cittadini sulla condizione carceraria, che riguarda loro malgrado anche i bambini: “Per dodici ore un gruppo di volontari del comitato, insieme ad alcuni studenti del liceo Alberti, si occuperà di raccogliere il materiale scolastico da sistemare nei kit, noi non accettiamo soldi - ha spiegato il presidente del Comitato “Oltre il carcere” Alessandra Bertocchi, durante una conferenza stampa - vogliamo che la gente ci porti quello che può, anche solo due penne o qualche quaderno saranno poi i genitori detenuti a consegnare lo zaino ai piccoli”. Un gesto semplice ma di grande valore. E che guarda al futuro: “Vogliamo che i bambini comprendano l’importanza dello studio - ha sottolineato Bertocchi - devono studiare e darsi da fare perché hanno le stesse possibilità degli altri”. Alla conferenza hanno preso parte anche il direttore del carcere di Buoncammino, Gianfranco Pala, e la presidente di “Socialismo, diritti e riforme” Maria Grazia Caligaris. Cosenza: appello di Corbelli (Movimento Diritti Civili) per un detenuto paralizzato Il Velino, 10 agosto 2011 Il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, rivolge un appello “alle autorità preposte” per un detenuto calabrese, A.P., recluso nel carcere di Cosenza, gravemente malato dopo una paralisi”. Il detenuto, spiega Corbelli, chiede, in una lettera, aiuto per “essere curato prima che sia troppo tardi”. L’uomo descrive nella sua missiva “il suo dramma, la sua sofferenza, la grande ingiustizia che sta subendo. Durante la detenzione - afferma nella lettera - sono stato colpito da una paralisi, da due anni sto soffrendo di un dolore costante e atroce. Per la mia malattia sono stato anche portato al carcere di Vibo Valentia, ma i medici mi hanno detto che oramai è troppo tardi”. Corbelli parla di “fatto grave, indegno di un Paese civile e di uno Stato di diritto” e chiede “per questo detenuto un atto di giustizia giusta e umana, la possibilità di poter tentare di curare in una struttura ospedaliera adeguata questo recluso gravemente malato che rischia di morire. Una Nazione civile ha il dovere di accogliere questa richiesta. Non conosco questo detenuto, ma di fronte al dramma umano, alla ingiustizia, alla indicibile sofferenza, alla disumanità di un uomo, gravemente malato e sofferente, abbandonato e condannato a morire in carcere, ho il dovere civile e morale di intervenire, di chiedere giustizia per questa persona”. Treviso: i giovani detenuti dell’Ipm imparano un mestiere per il futuro La Difesa del Popolo, 10 agosto 2011 Una semplice, atipica cerimonia di premiazione si è tenuta venerdì 29 luglio nel cortiletto interno dell’istituto penale per minorenni di Treviso, struttura che - non molti lo sanno - è l’unica a servizio dell’intero Triveneto. Un premio ha varcato l’alto muro di cinta per far capire che quel muro non è poi così ostile. E che fuori c’è chi attende, e crede in un bel futuro per quelli chiusi là dentro, per ora. Il responsabile comunicazione dell’Avis nazionale Sergio Valtolina insieme al consigliere nazionale Bernardino Spaliviero hanno voluto esprimere in modo tangibile il loro “grazie” e il loro apprezzamento agli allievi della Bottega grafica dell’istituto minorile trevigiano. A loro era stato commissionato il manifesto per l’assemblea nazionale Avis tenutasi a Bergamo nel maggio scorso. C’erano da coniugare più elementi: l’appello al dono, la ricorrenza dell’anno europeo del volontariato e quella dei 150 anni dell’unità d’Italia. E i ragazzi sono riusciti a interpretare i temi in un modo che ha ottenuto la standing ovation dei donatori di sangue. Cosicché l’Avis nazionale ha voluto assegnare un premio speciale a quattro allievi della Bottega grafica: altrettante borse di studio da 200 euro ciascuno e una macchina fotografica digitale. A dare rilievo e ulteriore prospettiva alla cerimonia di venerdì scorso è stata la presenza di varie autorità e rappresentanti dell’associazionismo: gli assessori del comune di Treviso Michielon e De Checchi; il dirigente del centro giustizia minorile del Triveneto Paolo Attardo; l’ex assessore provinciale Denis Farnea, il presidente dell’Avis provinciale Gino Foffano, il dirigente Roberto Ceccato per l’amministrazione provinciale di Trento. A far gli onori di casa il direttore dell’Ipm di Treviso Alfonso Paggiarino. E soprattutto c’è stato l’intervento dell’assessore regionale all’istruzione, formazione e lavoro Elena Donazzan che si è a lungo intrattenuta con i ragazzi e ha voluto visitare i laboratori e l’intera struttura. Inevitabile il riferimento alle possibili difficoltà in conseguenza della riduzione di risorse nei capitoli della formazione professionale. Infatti il progetto della Bottega grafica dell’Ipm si è sviluppato con i corsi di grafica informatica che da una decina d’anni l’Engim Veneto - l’ente di formazione dei Padri Giuseppini del Murialdo - tiene nell’istituto penale trevigiano. E grazie a questa si sono accese relazioni varie con l’esterno per realizzare gratuitamente manifesti, loghi, gadget, brochure e varie altre iniziative per enti e associazioni del terzo settore. E l’assessore Donazzan non si è tirata indietro: “Credo che l’opportunità della formazione in vista di un lavoro sia la possibilità migliore che si possa offrire a questi ragazzi”. La rappresentante della giunta veneta ha accennato a un suo impegno per dare continuità all’esperienza all’Ipm, magari attraverso uno specifico protocollo d’intesa, e ha rilanciato ai suoi colleghi tri veneti: “Lavoriamo perché ci sia una compartecipazione anche delle altre istituzioni: la regione Friuli Venezia Giulia e le provincie autonome di Trento e Bolzano”. È ancora presto perché operatori e ragazzi dell’Ipm possano rimuovere preoccupazione e timori per la continuità delle attività formative interne. Ma la visita di venerdì scorso lascia l’impressione ch’essi siano ora meno soli.