Giustizia: ddl su detenzione domiciliare; l’audizione di Franco Ionta al Senato www.senato.it, 30 settembre 2010 Audizione, ai sensi dell’articolo 47 del Regolamento, del Direttore del Dipartimento amministrazione penitenziaria, in relazione all’esame del disegno di legge n. 2313 recante: “Disposizioni relative all’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno”, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dallo stralcio, deliberato dalla Camera dei deputati, degli articoli 1, 2 e 10, del disegno di legge n. 3291, d’iniziativa governativa. Dopo una breve introduzione del Presidente, il dottor Ionta fornisce in primo luogo il numero complessivo dei detenuti, ammontante a circa 68.000 unità, dei quali 3.000 donne. In proposito coglie l’occasione per fornire, in relazione anche al disegno di legge attualmente in discussione presso la Commissione giustizia della Camera dei deputati, alcuni dati in ordine alle detenute custodite con i figli, che sono certamente in Italia un numero molto piccolo, 56 unità, ma al tempo stesso un problema molto grande dal punto di vista psicologico, organizzativo, sanitario e di rapporto con il territorio; un esempio di un modo concreto di impostare correttamente questo tipo di detenzione è fornito dalla struttura di Milano specificamente adibita alla custodia attenuata delle detenuti madri, in grado di ospitare 10 condannate con i loro figli. Ritornando alla più generale questione del sovraffollamento delle carceri, il dottor Ionta osserva come l’attuale livello di saturazione si sia ricostituito molto rapidamente nei quattro anni trascorsi dall’indulto se si considera che i detenuti erano prima del provvedimento di clemenza complessivamente 62.000 circa e che grazie all’indulto erano scesi a 39.005; la rapidità dell’incremento della popolazione carceraria ha sottoposto il sistema nel suo complesso ad una forte pressione, soprattutto dal punto di vista del rapido aumento dei costi di gestione, in primo luogo per gli oneri derivanti dal vitto, ma anche dalle utenze idriche ed elettriche. La strategia scelta per avviare a soluzione questa situazione critica è quella di percorrere contemporaneamente tre strade che devono convergere verso un unico risultato: da un lato infatti sono in corso le procedure per l’assunzione di 1.800 agenti di custodia, un numero certamente non elevato rispetto alle esigenze di un comparto entrato ormai da tempo in sofferenza, ma che sicuramente può contribuire ad alleviare la carenza di personale, soprattutto se nuovi agenti saranno messi rapidamente in grado di espletare le loro funzioni - anche attraverso la rimodulazione, prevista dall’articolo 4 del disegno di legge n. 2313, degli attuali tempi di formazione - e se si riuscirà a promuovere un uso più razionale delle risorse umane, si pensi a quale onere rappresentino oggi per l’amministrazione penitenziaria i trasferimenti impropri dei detenuti, ad esempio per le udienze di convalida; la seconda strada è quella di portare avanti il piano per l’edilizia carceraria mentre la terza, di fatto prodromica alle altre due, è quella di porre in essere strumenti deflattivi della popolazione carceraria, primo fra i quali l’istituto dell’esecuzione domiciliare previsto dall’articolo 1 del disegno di legge n. 2313. Il Ministero della giustizia e l’amministrazione carceraria annettono grande importanza a questo provvedimento; secondo le valutazioni dell’amministrazione penitenziaria i detenuti con una pena residua inferiore o uguale ad un anno, al netto delle esclusioni relative all’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario, sono 10.436, dei quali 5.677 italiani e 4.759 stranieri. Poiché di questi ultimi una parte rilevante risulta priva di domicilio o residenza, si può affermare che i detenuti in astratto destinatari dei provvedimento sono 7.992, un numero suscettibile evidentemente di aumentare in presenza di identificazione di domicilio o di offerta di domicilio per alcuni degli stranieri che ne risultano privi. Evidentemente quella indicata è solo una platea potenziale, dal momento che bisognerà in concreto vedere sia per quanti di costoro la procedura avrà esito positivo, sia - e sotto tale profilo è particolarmente importante assicurare la rapidità dell’istruttoria - per quanti avrà esito utile, dal momento che è evidente come una decisione che arrivasse dopo quattro mesi sarebbe del tutto ininfluente per un condannato con un residuo di pena non superiore ai 5 o 6 mesi. A tal fine il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria si è mosso per tempo, in modo da non farsi trovare impreparato dall’approvazione della legge, e ha già diramato istruzioni agli istituti di pena e agli uffici di esecuzione penale esterna per le modalità di accertamento dell’effettività del domicilio e per la predisposizione degli atti da trasmettere alla magistratura di sorveglianza. Il presidente Berselli nel ringraziare il dottor Ionta osserva in primo luogo, in riferimento alle informazioni da lui fornite circa la casa di sorveglianza attenuata di Milano, che probabilmente un esperimento consimile potrebbe essere condotto anche a Rimini, dove vi sono strutture di recente realizzazione che potrebbero prestarsi allo scopo. Nel richiedere al dottor Ionta di fornire alla Commissione elementi di conoscenza circa i costi per il vitto della popolazione carceraria, chiede di conoscere quale sia la differenza, media mensile fra il numero dei soggetti che escono dal sistema carceraria e quelli che rientrano. Il senatore D’Ambrosio (Pd) chiede di conoscere se il numero di 10.436 unità fornito dal dottor Ionta corrisponda unicamente ai soggetti detenuti in esecuzione di sentenza passato in giudicato, ovvero se riguardi anche condannati non definitivi, che hanno presentato appello o ricorso per Cassazione, e ciò in quanto l’approvazione della legge potrebbe determinare molti di coloro che hanno condanne pari o di poco superiori all’anno a rinunciare all’appello o al ricorso in modo da beneficiare della detenzione domiciliare. La senatrice Poretti (Pd) chiede al dottor Ionta se le cifre da lui fornite si riferiscano ai detenuti che potrebbero beneficiare della detenzione domiciliare sulla base del testo approvato dalla Camera dei deputati, ovvero ai potenziali destinatari del provvedimento così come licenziato dal Consiglio dei Ministri, e in ogni caso quale sia la differenza fra la platea potenziale dei destinatari del testo governativo e quella dei destinatari del testo oggi all’esame del Senato. La senatrice Della Monica (Pd) chiede in primo luogo al dottor Ionta la sua opinione in ordine alla praticabilità delle valutazioni richieste ai fini della documentazione prevista dal comma 3 dell’articolo 1 del testo approvato dalla Camera dei deputati, in particolare per quanto riguarda la valutazione dell’idoneità del domicilio. In relazione poi al problema delle risorse impegnate nelle attività di trasferimento dei detenuti, ella chiede al dottor Ionta se non ritiene che, utilizzando gli strumenti tecnici già oggi in possesso di diversi istituti penitenziari ai fini dell’escussione di testimoni e interrogati di imputati in videoconferenza, non si possano tenere con questo sistema anche le udienze di convalida, in modo da uscire fuori dal circolo vizioso rappresentato dalle situazioni di sofferenza dell’amministrazione carceraria da un lato e degli uffici dei magistrati di sorveglianza dall’altro. Il senatore Perduca (Pd) nel ricordare che il numero di 68.000 detenuti indicato dal dottor Ionta deve essere valutato tenendo conto che la capienza complessiva del sistema carcerario italiano è di 43.000 posti, per cui di fatto le detenzioni nelle carceri italiane si svolgono per lo più in un regime di vera e propria illegalità, come dimostrano anche le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, osserva come il dato di 7.992 unità fornito dal dottor Ionta è meramente potenziale, e che nei fatti, specialmente considerando i detenuti il cui residuo pena è molto inferiore ad un anno, saranno forse non più di 2.000 coloro che riusciranno effettivamente a beneficiarne. Egli si chiede quindi se non sia meglio affrontare in maniera reale il problema del sovraffollamento delle carceri attraverso un provvedimento di clemenza. Il senatore Maritati (Pd) osserva come il sistema penitenziaria soffra attualmente non solo della carenze di agenti di custodia, ma anche e soprattutto della carenza di educatori, assistenti sociali e altri operatori dedicati all’attività di riabilitazione dei condannati. Egli si chiede che senso possa avere in queste condizioni confidare in un palliativo come il provvedimento in titolo per la soluzione del problema dell’affollamento delle carceri, e ritiene che questa vada invece cercata in un’azione di ben più ampio respiro diretta in primo luogo a ridurre gli ingressi impropri nel sistema carcerario. Il relatore, senatore Balboni (Pdl), chiede al dottor Ionta quale sia la sua valutazione circa le potenzialità dell’espiazione domiciliare così come configurata dal disegno di legge come strumento per favorire la risocializzazione del condannato. In proposito egli osserva che il gran numero di strumenti previsti dalla legislazione penale italiana per favorire forme alternative di esecuzione della pena - dall’affidamento in prova ai servizi sociali, alla semilibertà, alla liberazione anticipata - fanno sì che coloro che scontano oggi effettivamente una pena siano solo soggetti che hanno fallito in più occasioni le prove d’appello offerte loro dall’ordinamento. L’espiazione in detenzione domiciliare proposta dal disegno di legge n. 2313 si configura dunque come una nuova concessione di credito che potrebbe avere un estremo valore ai fini del procedo di riabilitazione. Il dottor Ionta fornisce in primo luogo alcuni dati circa l’andamento degli ingressi nelle carceri che, al netto dei cosiddetti “ritorni” verificatisi dopo l’indulto del 2006, può essere valutato in una media di circa 700 al mese, con una tendenza ad una riduzione negli ultimi tre mesi. Per quanto riguarda la domanda del senatore D’Ambrosio, egli conferma che i dati da lui forniti si riferiscono ai condannati definitivi. È sicuramente possibile fare una stima che tenga conto anche di coloro che sono detenuti per condanne non definitive, tuttavia in base alla sua esperienza egli non ritiene che il dato sia di qualche utilità, essendo molto difficile che un condannato rinunci ad un appello o ad un ricorso dal quale può sperare di ottenere un risultato che è comunque più favorevole della detenzione domiciliare. Per quanto riguarda i chiarimenti chiesti dalla senatrice Poretti, egli conferma che i dati forniti si riferiscono ai destinatari potenziali del testo attualmente all’esame del Senato, tenendo cioè conto delle modifiche introdotte dalla Camera dei deputati, dal momento che la platea potenziale del testo originariamente approvato dal Governo era più grande di circa 6.000 unità Per quanto riguarda le osservazioni della senatrice Della Monica, egli fa presente in primo luogo che indubbiamente l’utilizzo del termine “idoneità” del domicilio nel testo approvato dalla Camera dei deputati, in sostituzione dell’originaria espressione “congruità” contenuta nel testo del Governo rende molto più facile la valutazione ai fini della concessione del beneficio; egli osserva poi che il ricorso alla videoconferenza per le udienze di convalida non costituisce, a suo parere la strada maestra per ridurre l’onere dei trasferimenti dei detenuti: infatti già oggi il ricorso alla videoconferenza è spesso criticato in quanto menomazione del diritto dell’imputato ad essere presente in giudizio. A suo parere sarebbe meglio invece fare in modo che le udienze di convalida si svolgessero sempre presso il carcere, ed osserva come a tal fine per l’amministrazione carceraria possa rivelarsi meno oneroso mettere un mezzo di trasporto a disposizione di un magistrato che procedere al trasferimento del detenuto. Con riferimento alle osservazioni del senatore Perduca, il dottor Ionta fa presente di non essere certo lui il destinatario di una proposta di provvedimento clemenziale, che peraltro non appare assolutamente in linea con il programma del Governo, e invita il senatore Perduca a non sottovalutare né il possibile numero dei beneficiari dell’espiazione per detenzione domiciliare, né il vantaggio che ne verrebbe per il sovraffollamento delle carceri, specie se si considera che, come egli ha messo in luce nel suo intervento iniziale, il provvedimento deve essere considerato parte di una politica di più ampio respiro diretta ad adeguare alle necessità del sistema penale le strutture e le risorse umane del sistema carcerario. In proposito egli fa presente che il progetto originario del Governo al quale egli stesso aveva collaborato, prevedeva che il beneficio dell’espiazione domiciliare dell’ultimo anno di pena detentiva andasse a regime. Il termine del 2013 indicato nel testo approvato dalla Camera dei deputati, peraltro, appare idoneo a lasciare al Governo il margine di tempo sufficiente a realizzare un parte importante del piano di edilizia carceraria. Anche per quanto riguarda le osservazioni del senatore Maritati, il dottor Ionta fa presente di non essere certo lui il destinatario di indicazioni di politica criminale diretta a ridurre il numero degli ingressi in carcere che peraltro è effettivamente troppo elevato. Concorda infine con le valutazioni del senatore Balboni, osservando come molto spesso una concessione di fiducia sia uno strumento importante per favorire la risocializzazione di condannati che, egli ricorda, non sono in ogni caso soggetti appartenenti alla criminalità organizzata o comunque condannati per delitti di particolare gravità e fa riferimento all’esperienza dell’ex colonia agricola di Isili, da lui visitata di recente, dove appaiono evidenti i vantaggi di una responsabilizzazione dei detenuti. Giustizia: Marino (Pd); spiegazioni Ionta non giustificano la disperazione negli Opg Adnkronos, 30 settembre 2010 “L’audizione del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), Franco Ionta, e quella del suo vice, Santi Consolo, mi ha disorientato. È vero che a molte delle domande dei commissari dovrà essere data risposta in una prossima occasione, ma dal Dap sinora sono stati sollevati problemi di competenze, budget e burocrazia. Per quanto reali siano le difficoltà, la spiegazione non basta a giustificare la disperazione che abbiamo veduto e vissuto nel corso dei nostri sopralluoghi a sorpresa negli ospedali psichiatrici giudiziari italiani”. È il commento di Ignazio Marino, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, a margine delle audizioni tenutesi nell’ambito dell’inchiesta sul funzionamento delle strutture preposte alla cura del disturbo mentale e delle dipendenze fra i carcerati. “L’amministrazione penitenziaria - sottolinea in una nota Marino - deve rispondere delle condizioni strutturali e igienico-sanitarie degli istituti; dei livelli di assistenza medica, specialistica e non, assicurati agli internati; della mancanza di efficaci forme di raccordo con i Dipartimenti di salute mentale, carenza che produce l’odioso fenomeno della proroga degli internamenti. Tra quelle 1.500 persone, troppi sono i cosiddetti ergastoli bianchi, internamenti protratti anche per 25 anni, un quarto di secolo, senza che vi sia una pericolosità sociale nè, in molti casi, una condanna iniziale”, precisa il senatore-chirurgo del Pd. “Come opportunamente sottolineato dai senatori Michele Saccomanno (Pdl), relatore di maggioranza e Daniele Bosone (Pd), relatore di minoranza - aggiunge Marino - le istituzioni devono dialogare in maniera diretta e franca, senza arroccarsi in linguaggi burocratici e rimpalli di responsabilità che non incidono minimamente sulla risoluzione delle drammatiche criticità constatate nel corso della nostra inchiesta. Ci dicono che la non corretta inclinazione dei pavimenti dei bagni impedisce l’apertura di due nuovi padiglioni all’ospedale psichiatrico di Aversa, ma allora in base a quale normativa igienica o autorizzazione della Asl, nella stessa struttura i detenuti, per tenere fresca una bottiglia d’acqua, sono costretti a tenerla dentro al water? C’è davvero bisogno - domanda infine Marino - di una Commissione d’inchiesta per riuscire ad accorgersi degli ultimi tra gli ultimi?”. Giustizia: Poretti (Radicali); sugli Opg lo scaricabarile del Dap Ansa, 30 settembre 2010 “L’audizione del direttore del Dap Franco Ionta in merito all’inchiesta sugli Ospedali Psichiatrici Giudiziari ha sottolineato ciò che era già evidente: l’illegalità dell’intero sistema penitenziario trova negli Opg una situazione se possibile ancora più intollerabile e di degrado sia per gli internati sia per chi vi lavora”. Lo dice la senatrice dei Radicali, Donatella Poretti, che parla di scaricabarile commentando l’audizione di Ionta. “Il terribile sospetto che la legge consenta gli ergastoli bianchi per cui uno sa quando entra ma non quando ne uscirà, che l’amministrazione permetta il degrado e la fatiscenza di strutture indegne di un Paese civile in attesa di situazioni perfette e di nuove strutture che si aspettano da decenni, è la realtà che si è palesata oggi - osserva Poretti. La commissione d’inchiesta sul Ssn, presieduta da Ignazio Marino, si è dedicata a questo spaccato del nostro sistema penitenziario trovandosi davanti a muri di gomma che la burocrazia e l’aridità umana hanno eretto e che sono difficili da penetrare”. La senatrice cita l’esempio di Aversa dove esistono due padiglioni nuovi di zecca che non vengono utilizzati a fronte del sovraffollamento dei reparti e del degrado delle celle. Il vice capo del Dap, Santi Consolo, ha spiegato che presto apriranno, ma che il pavimento del bagno è risultato leggermente inclinato. Non si capisce, fa notare Poretti, come le celle fatiscenti attualmente aperte possano avere l’agibilità delle Asl evidentemente così attenta alle inclinazioni. Giustizia: Camere Penali; il problema delle carceri va affrontato subito L’Opinione, 30 settembre 2010 “L’opinione assai diffusa all’interno delle Camere Penali, e coincidente con quella degli osservatori politici, è che per la materia della giustizia i prossimi anni saranno ancor più irti di difficoltà e complicazioni di quanto la cronaca politica non abbia già documentato nelle ultime stagioni. Pur nell’incertezza che sta caratterizzando questa attuale fase, e quindi senza alcuna assicurazione persino riguardo alla normale conclusione della legislatura, è infatti difficile che la “riforma della giustizia” possa andare in porto nei prossimi due anni. Per meglio dire è impossibile che vada in porto quello che per l’Unione delle Camere Penali costituirebbe la vera riforma della Giustizia: la modifica delle norme della Costituzione riguardanti la definitiva affermazione della terzietà del giudice, piuttosto che della conformazione del Csm e delle sue competenze; la verifica del codice di procedura penale secondo i parametri del giusto processo; il varo di un nuovo codice penale; una nuova legge professionale dai contenuti realmente innovativi.” Dopo questa introduzione che parla da sola, Spigarelli se la prende con l’ideologia securitaria: “L’ideologia della sicurezza - in questo caso abbracciata in maniera bipartisan - ha poi profondamente permeato e continua a permeare la produzione della legge sostanziale e l’atteggiamento nei confronti del carcere.” Per Spigarelli è prioritario il problema carcere e “la custodia cautelare deve essere applicata in luoghi che tutelino le esigenze cautelari ma non trasformino la cautela in pena”. Poi “il confronto netto va fatto con la politica, tentando di rompere le logiche di consenso mediatico e recuperando le battaglie sui valori costituzionalmente protetti, quale quello della rieducazione della pena”. Infatti, e questo è un po’ il leit motiv di tutta la relazione di Spigarelli, il corto circuito tra media e procure e tra alcuni partiti politici e pubblica opinione, produce la falsa sensazione che con “più galera per tutti” si risolvano i problemi della sicurezza. Cosa che i dati e le statistiche dimostrano invece non essere affatto vero. La medicina è quindi “l’approfondimento e la pubblicizzazione del lavorio dell’Osservatorio carcere, la collaborazione con le altre associazioni nazionali ed internazionali, il confronto con la magistratura di sorveglianza e una campagna informativa sulla applicazione dei benefici dell’ordinamento penitenziario”, il tutto seguendo un lavoro costante che possa essere utilizzato nel tempo. Insomma basta demonizzare la legge Gozzini (Legge n. 663 del 1986, che ha riformato l’ordinamento penitenziario, cercando di renderlo più vicino ai principi contenuti nella Costituzione) puntando la propaganda su sporadici casi di recidiva, quando ci sono migliaia di persone recuperate alla società di cui non parla nessuno. Giustizia: Osapp; da Berlusconi un quadro irreale sulle problematiche delle carceri Il Velino, 30 settembre 2010 “Sappiamo tutti, e lo sanno i 39.700 agenti del glorioso corpo di Polizia Penitenziaria, come il premier oggi, nel suo intervento alla Camera, abbia dato un quadro irreale della situazione italiana”. Lo afferma Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria (Osapp). “Sulle carceri poi, si è soffermato su uno stringato cenno del piano carceri del governo. Tutto qui? Niente di nuovo sotto il sole? Quale potenziamento del Fondo Unico di Giustizia? Ieri - sottolinea il segretario generale - abbiamo svelato come il Dipartimento dell’amministrazione Penitenziaria abbia diminuito i fondi destinati al mantenimento delle strutture e denunciato la patacca del Piano. Questo esecutivo ha bloccato il Paese per due anni; ha incollato per tutta l’estate i suoi elettori su vicende che con il progresso e la politica non hanno nulla a che vedere. Oggi assistiamo ad uno spettacolo diverso, ma ugualmente deprimente. Oggi il Presidente del Consiglio ha cancellato quasi 40mila famiglie italiane promettendo cose che è consapevole che non potrà mantenere, almeno per quanto riguarda l’amministrazione penitenziaria. E adesso comprendiamo anche la falsa riga sulla quale si muove, ovvero permane del tutto immobile, per le carceri e per la polizia penitenziaria, il ministro Alfano. Nei trascorsi quindici anni, i ministri Guardasigilli che si sono succeduti ben poco hanno fatto per il Corpo e per l’Istituzione penitenziaria che, per essere effettivamente efficaci nell’interesse della Collettività, avrebbero bisogno di strumenti e di risorse di molto maggiori nonché diversamente orientate e, soprattutto per la polizia penitenziaria, di riforme sostanziali che nessuno in sede politica si è assunto la responsabilità di promuovere, tant’è che i risultati sono davanti a tutti. Ma - conclude Beneduci - mai l’istituzione penitenziaria e i 39.700 poliziotti penitenziari in servizio, erano giunti così in basso come in questi ultimi due anni”. Toscana: non ci sono “carceri d’oro”; 4.571 detenuti ed un sovraffollamento del 42% Redattore Sociale, 30 settembre 2010 A seguito della diffusione delle cifre complessive del panorama penitenziario, la Uil Pa Penitenziari ha illustrato alcuni dettagli in merito alla situazione regionale. Negli istituti penitenziari della Toscana si trovavano ristretti 4571 detenuti a fronte di una capacità ricettiva pari a 3219, per un indice di sovraffollamento pari al 42 per cento. “Vista la perdurante disattenzione della politica e dei politici verso una delle più gravi emergenze nazionali - ha affermato Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa Penitenziari - vogliamo, per l’ennesima volta, rendere di pubblico dominio i numeri che certificano lo stato comatoso in cui versano gli istituti penitenziari. Ancora una volta lanciamo un disperato grido di allarme e un sentito appello perché la società e la stampa prendano coscienza del dramma penitenziario. Le incivili, disumane e degradate condizioni di detenzione cui si coniugano penalizzanti ed infamanti condizioni di lavoro, fanno della questione penitenziaria una vera emergenza sanitaria, umanitaria, sociale e di ordine pubblico”. Il carcere di Firenze, Sollicciano, risulta essere l’istituto penitenziario che Toscana presenta il maggior indice di sovraffollamento (101,2 per cento) ed occupa la 32esima posizione nella speciale classifica nazionale del sovraffollamento. Il dettaglio di atti violenti o di autolesionismo confermano il quadro denunciato dai sindacati: dal 1 gennaio ad oggi, infatti, negli istituti toscani, si sono registrati ben tre suicidi e nove tentati suicidi. Ben cinquecento gli atti di autolesione e undici le aggressioni in danno di poliziotti penitenziari. Pesanti anche le condizioni di vita nelle carceri di Livorno, Porto Azzurro, Prato, San Gimignano e Massa. In merito a questa situazione di degrado pressoché assoluto, la Uil è tornata a chiedere un incontro con il ministro della Giustizia, Angelino Alfano. “Forse convocare un tavolo con le rappresentanze sindacali - ha sottolineato Sarno - potrebbe aiutarlo a definire il quadro reale della situazione e portarlo a ritrovare il bandolo della matassa. Potrebbe essere un ultimo, disperato, tentativo di riprendere il controllo di una situazione che gli è sfuggita di mano anche perché è gestita, malissimo, da persone che hanno certificato la propria inettitudine ed incompetenza”. Sardegna: Sdr; da lunedì chiudono i Centri clinici penitenziari di Cagliari e Sassari Agi, 30 settembre 2010 “Da lunedì 4 ottobre chiuderanno i centri diagnostico-terapeutici delle carceri di Buoncammino di Cagliari e di San Sebastiano di Sassari. A partire dallo stesso giorno inoltre i detenuti sardi vedranno drasticamente ridotto il servizio medico-infermieristico-farmaceutico. È una conseguenza della nota del provveditorato regionale che ha richiesto un piano di rientro delle spese per l’assistenza sanitaria”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” in seguito alla richiesta del provveditore regionale del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Felice Bocchino inviata alle direzioni delle case circondariali della Sardegna che mette il personale sanitario nell’impossibilità di garantire l’assistenza sanitaria e farmaceutica alle persone private della libertà. “Questa grave situazione richiama le responsabilità della Regione che - sottolinea Caligaris - non ha ancora provveduto a varare la norma di attuazione relativa al passaggio della sanità penitenziaria al servizio sanitario regionale. La Regione, oltre a pagare pesanti sanzioni pecuniarie, rischia la nomina da parte del governo di un commissario ad Acta se con provvedimento urgente e straordinario non garantirà le spese per l’assistenza sanitaria almeno fino all’approvazione della norma. La commissione paritetica Stato-Regione frattanto è stata convocata per il 13 ottobre prossimo per varare definitivamente, dopo le richieste di integrazione avanzate dalla commissione Autonomia del Consiglio regionale, il dispositivo che dovrà poi avere il parere dell’assemblea”. “I fondi stanziati per il primo semestre dal Dap (521.000,00 euro) e quelli per il secondo semestre (515.000,00 euro) sono esauriti. La rimodulazione delle somme - sottolinea il provveditore regionale Bocchino nella comunicazione alle Direzioni con la richiesta di un piano di rientro - ha comportato un supero di spesa che non può essere reintegrato in quanto nessuna ulteriore assegnazione è stata concessa dal dipartimento e non si conosce allo stato quando il previsto passaggio alla Regione Sardegna avverrà concretamente”. “La drammatica condizione dei detenuti in Sardegna - conclude la presidente di SdR - richiede un urgente provvedimento della Regione e una mobilitazione degli enti locali e delle organizzazioni professionali interessate per evitare che il diritto alla salute dei cittadini privati della libertà sia compromesso da mancate opportune scelte dei Governi regionale e nazionale”. Attualmente sono ricoverati nei due centri clinici circa 40 pazienti, 30 dei quali a Cagliari. Se non ci sarà un immediato intervento saranno trasferiti in altri istituti della penisola dotati di strutture idonee. Resta l’impossibilità di garantire adeguate cure a quanti resteranno dentro gli istituti di Pena della Sardegna. Abruzzo: Uil; carceri come polveriere, chiediamo l’intervento del ministro della Giustizia Il Tempo, 30 settembre 2010 Ed è tanto dirompente che si arriva a chiedere l’intervento del Guardasigilli. “Nella situazione di sfascio ed inefficienza che caratterizza l’amministrazione penitenziaria - afferma il segretario generale della Uil - penitenziari, Eugenio Sarno - è necessario un intervento del ministro della Giustizia, sempre che ritenga che il dramma penitenziario rientri nelle sue specifiche competenze”. Sarno snocciola i dati che fotografano la situazione delle carceri abruzzesi. Il penitenziario di Sulmona, che è il più grande, su una capienza massima di 301 unità ospita 449 reclusi, con una percentuale di sovraffollamento del 49,17%. Dall’inizio del 2010 nel carcere ci sono stati 2 suicidi, 5 tentati suicidi, 79 atti di autolesione e 3 aggressioni ad agenti. A Chieti, invece, su una capienza massima di 83 reclusi, ne sono presenti 130 (percentuale di sovraffollamento del 56,63%). Più grave la situazione a Lanciano, dove i detenuti dovrebbero essere 181 e invece sono 365, con un indice pari a 101,66%. L’Aquila e Pescara sono le uniche realtà in controtendenza, con indici di sovraffollamento negativi, -17,07 e -12,89%: all’Aquila su 205 posti ne sono occupati 170, a Pescara i posti occupati sono 223 su 256. Male la situazione a Teramo, dove l’indice di sovraffollamento raggiunge l’81,39%, con 231 posti previsti e 419 detenuti presenti. Il carcere di Vasto, con 341 reclusi su una capienza prevista di 260, si attesta a +31,31%. “È ora - spiega Sarno - che qualcuno si dia una mossa prima che tutto diventi irrecuperabile”. Liguria: un accordo tra l’assessorato alla salute e il Cgm, per l’assistenza sanitaria negli Ipm Vita, 30 settembre 2010 È stato firmato ieri a Genova un protocollo d’intesa tra l’assessorato regionale alla salute e il Centro giustizia minorile. Il documento intende introdurre procedure agevolate per tutelare la salute dei minori in carcere o privati della libertà personale e massima collaborazione tra le Asl e il dipartimento giustizia minorile del Ministero della Giustizia per garantire campagne di prevenzione e informazione e per tutti gli interventi a favore della salute dei minori. In base all’intesa le strutture del Ministero garantiranno i locali idonei, concordati e verificati con il personale sanitario, per l’erogazione delle prestazioni sanitarie. Il personale sanitario avrà un accesso garantito alle strutture che ospitano i minori e il Ministero adotterà tutte le procedure necessarie perché non ci siamo rallentamenti o complicazioni burocratiche. Verrà inoltre assicurata anche l’assistenza di natura psicologica, importante per un giovane che si trova a vivere un’esperienza come quella del carcere o della limitazione della libertà nella fase di crescita e che porterà a progetti personalizzati. Analogamente, un percorso sanitario condiviso tra ASL e Ministero si occuperà di minori e giovani-adulti con particolari criticità sanitarie, così come è prevista la garanzia della massima continuità di cura possibile, cercando quindi di limitare i trasferimenti di sede. “Il protocollo che abbiamo siglato - spiega l’assessore Claudio Montaldo - sancisce un diritto fondamentale, quello alla salute, che in determinate condizioni potrebbe essere leso o addirittura cancellato. È un principio di alto valore democratico e di profonda umanità, nell’ottica sempre valida del recupero dei minori alla società. Monitoreremo la concreta attuazione di questo protocollo che adesso deve prevedere protocolli di dettaglio tra Ministero e aziende sanitarie e una vera e propria carta dei servizi.” Soddisfazione è stata espressa anche da Antonio Pappalardo, rappresentante del centro di giustizia minorile per Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta che ha sottolineato “l’importanza di garantire ai giovani che entrano nel circuito penale parità di condizioni nell’assistenza sanitaria”. Belluno: la madre del detenuto suicida in cerca di risposte convincenti Il Corriere delle Alpi, 30 settembre 2010 Le domande della madre sono le perplessità di tanti. Come mai Mirco Sacchet si è ucciso a tre mesi dalla scarcerazione? Perché non ha chiesto aiuto? Quanto c’entra il fattore carcere? Domande pesanti che arrivano dopo la morte per suicidio di un giovane di 27 anni, che stava scontando una pena di due anni per il furto di un’auto. Oggi Cesiomaggiore gli dirà addio, ma con lui - di certo - non se ne andranno i tanti interrogativi che pendono sulla sua tragica fine. La verifica voluta dalla madre sta seguendo i suoi binari. Nella storia di Sacchet ci sono due dimensioni: quella privata e quella “pubblica”. Il giovane cesiolino è stato il cinquantunesimo morto suicida in carcere dall’inizio dell’anno. Una cifra preoccupante, al di là di ogni statistica, come dice anche l’avvocato bellunese Gino Sperandio. Da parlamentare del Prc, Sperandio aveva fatto il giro delle carceri del Nordest. “Il carcere di Belluno non è nemmeno quello messo peggio”, dice. “Ma restano i problemi di sempre, dal sovraffollamento alle difficoltà di reinserimento. Belluno e Baldenich continuano a essere due pianeti distanti. La città continua a vedere il carcere come un soggetto che non le appartiene”. Eppure, al di là del facile giustizialismo, all’interno ci sono anche i suoi figli. Mirco era uno di loro. Tormentato certo, ma alla fin fine un buon ragazzo, come in paese raccontano un po’ tutti. Sperandio parte dall’amara contabilità: “Aveva 27 anni e quasi due anni di carcere alle spalle per il furto di un’auto. A mio avviso, non tornano le proporzioni. Questi sono i classici reati poveri sempre pagati fino all’ultimo, mentre i reati ricchi e dei ricchi restano nell’impunità”. Per Sperandio il problema è innanzitutto generale: “Per reati di quel tipo dovrebbero essere previste pene alternative e percorsi di re-inserimento, mentre la legge Cirielli ha soltanto appesantito le pene per i reati più comuni”. C’è poi il problema strutturale: Baldenich - come buona parte della carceri italiane - scoppia. Lo avevano denunciato i sindacati la primavera scorsa, prevedendo la classica “estate calda”. Qualcuna tra le sigle aveva anche deciso di non presenziare alla festa della polizia penitenziaria, quella stessa cerimonia durante la quale vengono normalmente consegnati gli encomi a quegli agenti che riescono a scongiurare i gesti estremi dei detenuti. “Se Mirco Sacchet è stato la cinquantunesima vittima in carcere, è evidente che c’è un problema”, afferma Sperandio. La famiglia del giovane è comunque intenzionata ad andare fino in fondo, promuovendo una “verifica” su quanto accaduto: per il momento non è ipotizzabile nessuna ipotesi di reato né è detto che ci sarà l’apertura di un fascicolo, anche perché finora non c’è stato nessun atto ufficiale. L’autopsia ha confermato - come riportato ieri - la morte per asfissia. Resta da indagare sui perché di quella scelta. Interrogativi certo inquietanti e che mettono a nudo un intero sistema ma non necessariamente “aventi carattere penale”, tanto per mutuare la terminologia forense. Roma: presto protocollo sull’apertura di un istituto a custodia attenuata per detenute madri Dire, 30 settembre 2010 “Si è svolto stamane presso il Parco di Aguzzano l’incontro tra la consigliera del Pdl della Regione Lazio, già capo Dipartimento per le Pari opportunità, Isabella Rauti, l’assessore alla Sicurezza e agli Enti Locali della Regione Lazio, Giuseppe Cangemi, il direttore del X Dipartimento del Comune di Roma, Tommaso Profeta, e il presidente del V municipio di Roma, Ivano Caradonna per creare a Roma un istituto di custodia attenuata per madri detenute”. Lo comunica in una nota la Presidenza del V Municipio. “Un incontro molto importante per il presidente Caradonna, che in questi anni ha già lavorato, in collaborazione con il ministero della Giustizia, il Dap, il Comune di Roma e il Garante dei detenuti del Lazio per realizzare un Icam anche a Roma- spiega la nota- Già da tempo, inoltre, Caradonna avrebbe individuato e segnalato la struttura all’interno del parco di Aguzzano nel V municipio, come sede idonea ad ospitare l’istituto in questione”. “Oggi ho potuto constatare una forte convergenza tra gli intervenuti per continuare in questa direzione- prosegue Caradonna- A breve verrà siglato un Protocollo d’Intesa tra le parti per realizzare questo progetto, così importante per la tutela dell’infanzia, in un momento in cui è evidente lo stato di sovraffollamento nelle carceri e l’alto numero di madri detenute negli istituti penitenziari italiani. Con l’Icam, i bambini da zero a tre anni, potranno finalmente avere una vita migliore e stare con le loro mamme in una casa famiglia”. Bernaudo: bene assessore Cangemi su Icam “Ritengo importante l’incontro di oggi presso il parco di Aguzzano finalizzato a creare un istituto di custodia attenuata per madri detenute. L’assessore Cangemi con la sua presenza ha dimostrato la sensibilità di questa Giunta nei confronti della comunità carceraria in generale e nello specifico nei confronti delle madri detenute. Auspico che si dia seguito all’incontro di oggi con la pronta realizzazione del progetto, a tutela dei diritti dei bambini da zero a tre anni, ma che si continui altresì con crescente attenzione a monitorare lo stato di sovraffollamento delle carceri, arrivato nuovamente su valori di emergenza”. Lo dice in una nota il consigliere regionale LP, Andrea Bernaudo. Perugia: approvato in consiglio provinciale un Odg sulla situazione del carcere di Spoleto Il Centro, 30 settembre 2010 La Provincia si farà portavoce del disagio con il Ministero. Zampa (Pd) “Oltre 600 detenuti per una struttura da 450”. Bagiotti e Sorcini (Pdl): “Servono rimpatri dei detenuti stranieri”. È stato approvato all’unanimità dal Consiglio provinciale l’ordine del giorno sulla situazione critica della casa circondariale di Maiano di Spoleto presentato in aula dal consigliere del Pd, Laura Zampa e sottoscritto anche dal collega di partito Massimiliano Capitani. La situazione è stata descritta - dopo un sopralluogo dei consiglieri alla struttura - come “drammatica”. “Il carcere è stato concepito per 450 detenuti - ha spiegato il consigliere Zampa - ma nel corso del tempo si è arrivati a quota 600 e in futuro il numero potrebbe salire a 750. A questo incremento di carcerati non è mai corrisposto un aumento doveroso della Polizia Penitenziaria. Gli agenti sono costretti a fare doppi turni per mandare avanti, in tutta sicurezza e responsabilità, la normale amministrazione carceraria. E in molti casi si sono visti negare o ridotte al massimo ferie e pagamenti degli straordinari. Mancando tra l’altro il personale non si possono accompagnare i detenuti nei laboratori o spazi lavoro - ben presenti nella struttura di Maiano - che sono strategici per la fase di recupero e formazione degli stessi”. Il consigliere Zampa ha sottolineato inoltre che Il piano carcerario del Governo non può essere risolutivo nell’immediato perché il rimpatrio dei detenuti stranieri, non incide sul complesso dei disagi, per l’esiguo numero degli stessi e per i tempi lunghi necessari alla costruzione di nuove strutture. Sarebbe meglio, per dare risposte immediate, recuperare le strutture del Paese che sono rimaste inspiegabilmente vuote e aprire un confronto per nuove assunzioni di agenti della Penitenziaria. L’approvazione dell’ordine del giorno impegna la Provincia affinché questa situazione “sia portata a livello ministeriale e che l’Ente possa interagire per l’integrazione”. Il presidente di commissione Massimiliano Capitani ha messo in evidenza come “sia necessario spingere per nuove assunzioni tra gli agenti della Penitenziaria che sono ormai esasperati e logorati da questa situazione” e allo stesso tempo “garantire maggiori risorse, in base al numero reale dei detenuti, per fornire pasti ed effetti di igiene personali dignitosi”. Dello stesso tenore l’intervento del capogruppo del Prc, Luca Baldelli, che “ha parlato di ridare dignità a chi ha sbagliato, e quindi è recluso, e per chi dentro quel carcere lavora per garantire sicurezza e rispetto delle regole”. Baldelli ha chiuso puntando anche “sul ripristino delle attività di lavoro e formazione dei detenuti perché la finalità del carcere è rieducare il cittadino e non tenerlo semplicemente in gabbia”. Sulla formazione e sul lavoro ha puntato anche l’assessore Giuliano Granocchia ricordando che l’ente “ha attivato vari corsi di formazione, come quello di tessitura con il personale del museo di Sant’Anatolia di Narco e attivato incontri su cucina, cura del verde e falegnameria ma attualmente mancano le risorse per via degli tagli del Governo”. Secondo il capogruppo del Pdl Piero Sorcini il problema della carceri è a livello nazionale “Dopo la visita a Spoleto - ha spiegato - mi sarei aspettato un percorso diverso. Non c’è solo un problema di organico, il grosso nodo è nella struttura assolutamente insufficiente per il numero dei carcerati. Il lavoro di immagine mi sta bene, ha concluso - ma la formazione non è prioritaria. A qual fine dare dei corsi a 80 persone e lasciare fuori gli altri? Serve una importante campagna di edilizia carceraria alla quale devono partecipare tutti gli enti e allo stesso tempo attivare le politiche di rimpatrio per i molti stranieri colpevoli di reati”. Per Bruno Biagiotti, vicepresidente del Consiglio provinciale del Pdl, bisogna distinguere tra vari tipi di intervento e dove debbano essere fatti. “Ha senso pensare al giardinaggio per i mafiosi del 41 bis? Le prigioni sono l’anello debole di tutto il problema, più ampio, della giustizia. E necessario sostenere l’edilizia carceraria, i rimpatri forzati e come detto riorganizzare il sistema giustizia guardando con massima attenzione anche alle esigenze lavorative degli agenti della Penitenziali”. Per il consigliere del Pdl, Giampiero Panfili “gli agenti tutti i giorni sono costretti a fronteggiare nuovi arrivi senza personale. Non hanno turni di riposo e non gli vengono pagati gli straordinari perché non ci sono denari a sufficienza. Una situazione talmente grave che merita delle risposta immediata. Sul fronte dei carcerati posso dire soltanto che vivono in un alveare dove a volte manca di tutto”. In consiglio provinciale il consigliere Franco Granocchia dell’ Idv, insieme alla maggioranza, ha ribadito l’importanza di fare un sopralluogo anche nella struttura Perugina di Capanne dove esistono anche in questo caso problemi di sicurezza e di sovraffollamento. Al momento però la direzione della struttura non ha rilasciato l’autorizzazione per una visita da parte dei consiglieri provinciali. Catanzaro: con il progetto “L’arcobaleno” il carcere si scopre più vicino ai bambini www.catanzaroinforma.it, 30 settembre 2010 Il carcere di Catanzaro ha scoperto un nuovo volto accogliente con l’apertura di uno spazio idoneo per far sostare i bambini e i familiari in attesa dell’effettuazione del colloquio. Si tratta del primo tassello del progetto “L’arcobaleno - I colori per un carcere che rispetta i bambini” che vede la Provincia di Catanzaro in qualità di spalla istituzionale in un’iniziativa particolarmente importante in quanto finalizzata a ridurre le conseguenze negative, soprattutto per i più piccoli, dell’impatto che può avere l’incontro con un familiare in un ambiente carcerario. Tre detenuti dell’area di Alta Sicurezza sono stati impegnati nella realizzazione di murales ispirati ai personaggi Disney e particolarmente vicini alla sensibilità dei più piccoli. Per l’occasione ha partecipato anche l’associazione Sacro Cuore, presieduta da Anna Costantino, con le mascotte dei celebri cartoni animati. La direttrice della Casa circondariale, Angela Paravati, ha illustrato gli obiettivi di un progetto appena iniziato: “La nostra intenzione è quella di non far gravare la pena sui familiari che, il più delle volte, sono costretti ad estenuanti controlli e a stazionare per ore in attesa di poter incontrare i detenuti - ha detto ai giornalisti. In un periodo difficile per le carceri italiane, avere il sostegno degli enti locali diventa ancora più fondamentale”. Il presidente della Provincia, Wanda Ferro, ha così proseguito: “Siamo felici di poter vedere i nostri sforzi concretizzarsi in iniziative capaci di attraversare ogni muro. Le istituzioni sono chiamate a fare delle scelte sulle risorse da destinare pensando, per prima cosa, alle eventuali ricadute positive”. All’inaugurazione della sala hanno partecipato anche il comandante della Polizia Penitenziaria, Salvatore Lipari; il magistrato di sorveglianza, Antonella Magnavita; il vicedirettore della casa circondariale, Emilia Boccagna. L’assistente capo del reparto Mof, Claudio Vincenzini, ha ricevuto un attestato di merito per avere coordinato i lavori di riqualificazione della sala d’attesa e della cucina detenuti. Tra i prossimi obiettivi del progetto è previsto anche l’adeguamento delle sale colloqui e degli spazi esterni con arredi più armonici ed accoglienti. Cagliari: telelavoro e archeologia, per un carcere che rieduca davvero La Nuova Sardegna, 30 settembre 2010 Buoncammino: sovraffollato per il numero di detenuti, sottodimensionato nell’organico degli agenti di polizia penitenziaria, ma le attività di rieducazione dei reclusi vanno avanti e presto ne cominceranno altre. Funziona il coro dei detenuti, con le prove e la preparazione degli spettacoli. Il coro infatti si esibisce anche durante i concerti organizzato nello stesso istituto come quello degli Istentales e di Joe Perrino. La scuola continua: sia i corsi di alfabetizzazione sia la scuola media. Si fa regolarmente pulizia, manutenzione, lavanderia e cucina per i reparti. Funziona il servizio di biblioteca per tutto l’istituto, nonché le due sale hobby per consentire ai detenuti di fare piccoli lavori di artigianato che poi vengono esposti in fiera nel periodo natalizio. Va avanti il laboratorio di lettura e così il laboratorio di danza al reparto femminile. All’orizzonte ci sono altri corsi: informatica, cineforum, laboratorio di scacchi più due progetti finanziati dalla Regione sul telelavoro, che è uno strumento efficace di recupero alla società, ci sono aziende disponibili a far lavorare detenuti con un tale sistema. Poi c’è il progetto di formazione con il tirocinio per gli scavi archeologici a Sant’Elia. Questo è un programma specifico per i detenuti ammessi al lavoro esterno. Un impegno ulteriore per il Corpo di polizia penitenziaria e per i dipendenti degli uffici amministrativi che devono tenere il passo con le attività esterne dei detenuti, i risultati, gli eventuali problemi. È in preparazione inoltre il premio Castelli, un concorso letterario a livello nazionale per i detenuti. Teramo: detenuti al lavoro come cantonieri, parte il progetto Il Centro, 30 settembre 2010 I detenuti del carcere di Castrogno a lavoro sulle strade della Provincia come cantonieri. L’idea è diventata realtà ieri grazie all’accordo sottoscritto dall’ente che, con il coinvolgimento del Bim, a partire dal 2011 potrà coinvolgere 6 detenuti nel programma di reinserimento lavorativo. L’accordo è stato firmato dal vicepresidente Renato Rasicci , dal direttore del carcere Gianmaria Giovanni Battista e dal presidente dell’associazione “Uniti contro la droga” Pasquale Di Mattia, un’organizzazione che da anni collabora con i servizi sociali del carcere. In base all’accordo sei detenuti (tre per ogni semestre) usciranno dal carcere una volta la settimana per svolgere otto ore lavorative nel primo nucleo di cantonieri della Provincia in servizio a Sant’Omero: una volta finito il periodo di tirocinio potranno avvalersi dell’attestato di”stradino”. Brescia: la vita nel carcere di Verziano nelle fotografie delle detenute Giornale di Brescia, 30 settembre 2010 È durato ottanta ore e vi hanno partecipato dieci donne. Organizzato da Solco con fondi regionali Le lettere delle recluse a Vigasio e Winkler: “Non immaginate quanto sia importante distrarsi e non pensare alla detenzione”. C’è una donna di profilo, che appoggia le dita alle sbarre. Ci sono due mani intrecciate attorno a una corda di juta sfilacciata. Una sagoma sfuocata che cammina di spalle in un corridoio. Ci sono dei fiori appassiti su un davanzale. E una serie di ciabatte in fila sul pianerottolo. O due donne che giocano in un prato. E una cella, anzi due, con i letti messi ad angolo e i vestiti appesi alla spalliera. Fotografie. Solo una quindicina delle 4mila totali. Sono scorci di vita in carcere immortalati dall’obiettivo, per cristallizzare gli attimi scanditi dalla detenzione, e, nello stesso tempo, intercettare il mondo fuori. Perché a scattare sono state loro, 10 detenute di Verziano (che ne conta 60, più una novantina di uomini). Tante hanno partecipato al corso professionale di fotografia organizzato dall’associazione Solco di Brescia in collaborazione con la direzione carceraria, gli operatori e, non da ultimo, Beppe Vigasio, storico imprenditore bresciano nel settore. Iniziato a maggio e chiuso il 21 settembre scorso, il corso è durato 80 ore ed è stato possibile grazie alla dote di Regione Lombardia per soggetti deboli, riservata alla formazione professionalizzante in sinergia con le cooperative. Le detenute hanno fotografato, provato, rivisto gli scatti al proiettore per correggere gli errori. E dato spazio alla creatività emozionale. “Ogni anno programmiamo i corsi regionali con gli enti competenti - ha introdotto la direttrice di Verziano, Francesca Paola Lucrezi - e con quello di fotografia, abbiamo voluto dare corpo all’espressività che vive e respira anche qui: perché l’obiettivo è stato il mezzo per filtrare la realtà del carcere, per darle una lettura personale, ricca di emozioni”. Hanno scelto di non comparire in pubblico, le ragazze, per celebrare la chiusura del corso e, soprattutto, ricevere gli attestati professionalizzanti, ma la loro presenza trapela dalle due lettere scritte a Beppe Vigasio e Aldo Winkler, presidente Nikon, che hanno messo a disposizione le 10 reflex per le lezioni. “Vorremmo ringraziarla dal profondo dei nostri cuori - scrivono le detenute a Vigasio - per averci offerto l’opportunità di frequentare il corso. Non si immagina quanto sia importante, in questo luogo, avere qualcosa che distolga la mente dalla detenzione e dalle problematiche che ciascuna di noi possiede e lei, con tutti gli altri collaboratori, ha fatto sì che diventassimo quasi vere fotografe”. “Sarebbe bello coltivare questo interesse e magari tramutarlo in una vera passione o professione”, sottolineano a Winkler. Scoprirsi e mettersi alla prova, dunque. “Realizzare il corso è stata una scommessa anche per noi - spiega Alberto Fedeli, amministratore di Solco che, da anni, promuove l’educazione di chi si è visto privato della libertà -. Queste persone hanno bisogno di reinventare il proprio ruolo sociale, a noi spetta di tradurre in opportunità non solo i finanziamenti regionali, ma anche le inclinazioni personali, per un nuovo futuro sociale e nel mondo del lavoro”. Da qui l’appello di Mario Fappani, garante dei diritti dei detenuti, che sottolinea come l’interazione tra carcere e società civile sia “indispensabile per scoprire cosa c’è dentro questo mondo e migliorarlo”. Commosso Beppe Vigasio: “Non spetta a me giudicare, ma so che se incontrassi queste ragazze per strada le tratterei come tutti gli altri - dice -. credo solo sia nostro compito contribuire affinché la restrizione diventi possibilità di fare”. Anche perché, d’accordo con Celio Berti, insegnante di fotografia del restauro che l’ha affiancato, “è stata un’esperienza emozionante vedere le ragazze imparare in fretta e a cogliere tagli e immagini dai valori profondi”. In cantiere quindi una mostra con le foto selezionate che poi diventeranno un calendario o biglietti natalizi. Poi, forse, il seguito del corso. Concorso: i vincitori del premio “Carlo Castelli”, l’8 la premiazione al Carcere Buoncammino Ansa, 30 settembre 2010 Un racconto per parlare del carcere, ma soprattutto del dopo-detenzione, dello spazio di libertà, ma anche di paura, che può spalancarsi a fine pena, con il rientro nella società civile. Specialmente quando sono trascorsi molti anni e si sa di dover affrontare un impatto col mondo di fuori, che tende ad escludere chi porta indosso lo stigma del carcere. “Sarò libero-speranze e timori del dopo carcere” è il tema della terza edizione del Premio “Carlo Castelli” per la solidarietà riservato ai detenuti delle carceri italiane: la cerimonia conclusiva, con le premiazioni, si terrà l’8 ottobre al Carcere Buoncammino di Cagliari. Oggi la Giuria del Premio ha reso noti i nomi dei 3 vincitori e dei 10 segnalati della terza edizione del concorso: il primo premio andrà a Francesco Antonio Garaffoni per “Maroc e Alfonso”; il secondo a Khoumba Sekou per “Lettera a mio figlio” a mio figlio; il terzo premio a Giuseppe Schettin per “Una fetta di pane azzimo”. Sono inoltre stati segnalati: Pasquale Trubia per “Non so”; Marianna Sanna per “Salve...”; Bahtyaregic Muhamed per “L’ultimo ricordo bello”; Carmelo Musumeci per “La luce degli uomini ombra”; Conka Josef per “Paura di vivere”; “Bruce 69” per “L’origine del male, la punizione, il futuro senza certezze”; Raffaele Ottaiano per “Non più”; Lucio Niero per “Speranze e timori del dopo carcere”; Ion Mircea per “Fai il bravo”; Francesco Pilato per “L’anno di 366 giorni”. Segnalazione speciale a: Laboratorio teatrale dell’Istituto penale per i minorenni di Treviso per “Inediti legami” (cortometraggio - fuori concorso). Ai primi tre vincitori vanno rispettivamente 1.000 - 800 e 600 euro, con la soddisfazione di essersi aggiudicati anche il merito di finanziare un progetto di solidarietà. Infatti, a nome di ciascuno dei tre vincitori saranno devoluti, nell’ordine: 1.000 euro per sostenere una scuola di Lima, in Perù; 1.000 euro per il progetto “Bottega grafica IP” di Treviso; 800 euro per un’adozione a distanza di cinque anni. Il Premio Castelli, che ha ottenuto tre speciali medaglie del Presidente della Repubblica ed i patrocini di Senato, Camera e Ministero della Giustizia. Le tredici opere finaliste saranno raccolte in una pubblicazione, distribuita durante la cerimonia di consegna dei premi. Mondo: la Corte Penale Internazionale cerca personale qualificato di Patrizio Gonnella Italia Oggi, 30 settembre 2010 La Corte Penale Internazionale è alle ricerca di personale qualificato. In primo luogo è stato pubblicato un avviso diretto alla assunzione di un esperto in comunicazione legale. La sua mission consiste nel dover supervisionare il contenuto del sito web della Corte (www.icc-cpi.int), assicurare l’accuratezza delle informazioni ivi presenti, facilitarne la lettura da parte dei non addetti ai lavori. Per poter presentare domanda è richiesta la laurea in legge, la specializzazione in diritto internazionale, nonché una sufficiente esperienza nelle tecniche di comunicazione legale. Il termine di scadenza per la presentazione delle domande è il prossimo sei di ottobre. Stesso termine è previsto per partecipare al concorso diretto alla selezione di una figura di Public Affairs Officer. I suoi compiti saranno principalmente di ricerca e investigazione. È necessaria la laurea in giurisprudenza. Sono inoltre richiesti numerosi interpreti per le lingue Kikuyu, Luhya, Luo, Kalenjin, Swahili. Si tratta di lingue africane. Al momento i Paesi sotto inchiesta della Corte sono: Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Sudan. Si stanno avviando le procedure di indagine nei confronti del Kenia. Come si può constatare si tratta di cinque stati africani. I testimoni da escutere non parlano correntemente inglese o francese. Ecco perché sono richiesti interpreti di lingue madri africane. Per diventare interprete della Corte non vi è una dead line. Il bando pubblico è sempre aperto. Il dieci di ottobre scade invece la domanda per diventare Monitoring & Evaluation Officer. Il compenso è di circa 63 mila euro annui. Come in tutti gli altri casi il posto di lavoro è all’Aja in Olanda. La sua funzione è principalmente diretta a sostenere la raccolta internazionale di fondi per le vittime dei crimini internazionali. È richiesta una laurea in scienze sociali o statistiche nonché una esperienza quinquennale di alto livello. Per potersi candidare a ricoprire questi ruoli basta inviare una mail con il proprio curriculum a applications@icc-cpi.intQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. oppure scrivere a ICC - International Criminal Court- Recruitment - HR P.O. box 19519 2500 cm The Hague - The Netherlands. Al momento sono 113 gli stati che hanno firmato e ratificato lo stato della Corte Penale Internazionale. Ultimo in ordine cronologico è l’oramai famoso stato di Santa Lucia nei cui territori lo statuto entrerà in vigore il primo novembre 2010. L’Italia, che è stata determinante per la nascita della Corte - fu infatti firmato solennemente a Roma il 17 luglio del 1998 lo Statuto istitutivo al termine dei lavori di una Conferenza diplomatica a cui parteciparono migliaia di delegati da tutto il mondo - non ha ancora adeguato i propri codici penale e di procedura penale ai contenuti del Trattato internazionale. Come sostengono gli studiosi internazionalisti il nostro paese è oggi inabile a cooperare coi giudici del tribunale de l’Aja. La scorsa estate il ministro della Giustizia Angelino Alfano, in occasione dell’apertura di una sessione di lavoro internazionale tenutasi a Kampala durante la quale si sarebbe dovuti giungere alla definizione del crimine di aggressione (cosa realmente accaduta seppur tra mille difficoltà e paletti), aveva preannunciato la presentazione di un disegno di legge governativo diretto a rimediare alle lacune della nostra legge. Al momento non è stato ancora portato in Consiglio dei Ministri. Il tema è anche oggetto di interesse di altri organismi delle Nazioni Unite. Iran: verso l’abolizione della pena della lapidazione Asca, 30 settembre 2010 Potrebbe essere presto abolita la pena della lapidazione in Iran: il nuovo codice penale all’esame del Parlamento - ha riferito oggi l’ambasciatore iraniano a Roma Seyed Mohammad Ali Hossaini - non contempla più infatti questo tipo di pena. La legge è stata licenziata dalle commissioni e attende ora di essere votata dall’aula. Per entrare in vigore dovrà passare poi al vaglio del Consiglio dei Guardiani, la Corte costituzionale iraniana. “C’è una maggioranza favorevole in Parlamento e siamo a buon punto per l’approvazione definitiva della legge”, ha detto il diplomatico. “Le pressioni mediatiche e politiche di alcuni Paesi occidentali” sul caso di Sakineh Mohammadi -Ashtiani - l’iraniana sotto processo per adulterio e concorso nell’omicidio del marito - non rappresentano altro che una “strumentalizzazione della questione dei diritti umani per fini politici”, aggiunge l’ambasciatore iraniano a Roma. Il diplomatico censura la “levata di scudi” da parte dell’Occidente “prima ancora che il verdetto finale sia emesso” e critica il “doppio standard” adoperato dagli occidentali per due casi analoghi: “Non posso non fare menzione del caso di Teresa Lewis, l’americana che soffriva peraltro di disturbi mentali e giustiziata negli Stati Uniti per lo stesso reato della signora Ashtiani, ovvero l’omicidio del marito. E cosa è stato detto per la Lewis? Poche parole, anzi nulla. Ecco - ha detto il diplomatico - che noi deduciamo che la questione non è la difesa dei diritti umani ma la volontà di strumentalizzazione”. L’ambasciatore risponde poi a chi nelle ultime settimane ha chiesto “addirittura la liberazione” di Sakineh: “La signora Ashtiani ha commesso un crimine, il concorso in omicidio del marito assieme all’uomo con il quale intratteneva una relazione extraconiugale. Quei Paesi che ne chiedono la liberazione dovrebbero prima liberare i criminali dalle proprie carceri”, osserva Ali Hossaini. “Credevo che il rispetto per la sovranità nazionale degli Stati fosse un principio consolidato del diritto internazionale”, aggiunge l’ambasciatore, ricordando tra l’altro come in Iran “il potere giudiziario sia indipendente e non si fa influenzare da questioni politiche”. D’altra parte, è il ragionamento del diplomatico, casi analoghi di condanna alla pena capitale sono all’ordine del giorno anche in altri Paesi della regione, senza che nessuno dica nulla. “Perché ci si scaglia sempre contro l’Iran?”. Infine un messaggio al titolare della Farnesina Franco Frattini, impegnato in queste settimane nella mobilitazione per salvare la vita di Sakineh: “Siamo convinti delle buone intenzioni del ministro Frattini e siamo convinti anche noi che i rapporti tra i nostri due Paesi devono continuare a progredire, nel segno del dialogo, del rispetto reciproco e della volontà di puntare sulle cose che ci uniscono”. Sulla pena capitale ad esempio, è legittima “l’opinione” di quei Paesi che l’hanno abolita, ma è altrettanto legittimo che altri Paesi decidano di contemplarla nel loro ordinamento. Anche su questo, l’ambasciatore di Teheran ha auspicato un “dialogo”. “Pratiche discriminatorie” nei confronti delle donne iraniane. Il capo di gabinetto della presidenza iraniana, Esfandiar Rahim-Mashai, considerato da molti il più ascoltato consigliere del presidente Mahmud Ahmadinejad, ha denunciato inoltre, quelle che ha definito “le pratiche discriminatorie” nei confronti delle donne in Iran e ha sollecitato il Parlamento ad adottare leggi che cambino questa situazione. Anche questa presa di posizione di Mashai, come diverse altre nell’ultimo anno, sembra destinata a provocare le reazioni degli ambienti religiosi più tradizionalisti, timorosi che dietro alle esternazioni del capo di gabinetto vi sia una strategia dello stesso Ahmadinejad per cercare di liberarsi dal controllo delle gerarchie sciite. Il mese scorso Mashai fu accusato da diversi elementi tradizionalisti di “paganesimo” quando parlò della necessità di sostenere una versione iraniana dell’Islam. Anche in merito alla vicenda di Sakineh Mohammadi-Ashtiani, Ahmadinejad ha preso una posizione diversa da quella di altre autorità, negando che un verdetto del genere sia mai stato emesso. “Ci sono state pratiche discriminatorie contro le donne molto tempo fa - ha detto Mashai nelle sue ultime dichiarazioni, pubblicate oggi dalla stampa di Teheran - e tali pratiche ancora esistono nella società. Perciò è dovere del Parlamento farsi carico dei diritti delle donne oggi più che mai”. Venezuela: scontri in carcere tra bande rivali, almeno 10 morti e feriti Ansa, 30 settembre 2010 Almeno 10 morti e una quindicina di feriti è il bilancio ancora provvisorio di uno scontro durato molte ore tra bande di reclusi rivali, avvenuto nel carcere di Tocoron, stato di Aragua, nella zona centrale del Venezuela. Lo hanno reso noto oggi media locali. Secondo le stesse fonti, i detenuti avrebbero utilizzato pistole e perfino bombe a mano. Lo scontro tra le bande avrebbe preso il via nel tardo pomeriggio di ieri e si sarebbe concluso all’alba di oggi. Sul posto è giunto il viceministro della giustizia, Juan Luis Romero Figueroa ma, per ora, non sono state diffuse notizie ufficiali sull’accaduto. Scontri tra bande rivali nelle sovraffollate carceri venezuelane avvengono regolarmente da anni. Nel primo semestre del 2010, secondo la Ong Osservatorio venezuelano delle prigioni (Ovp), hanno già provocato 221 morti e 449 feriti.