Giustizia: 4 detenuti suicidi in 5 giorni, ma non interessa né al Governo né ai media www.radiocarcere.com, 28 settembre 2010 In soli 5 giorni nelle carceri italiane si sono uccise 4 persone detenute, 4 ragazzi che avevano tra i 22 e i 27 anni. Il 22 settembre, nel carcere di Venezia, Naib di 22 anni di nazionalità marocchina, si è impiccato nella sua cella della vecchia e sovraffollata galera di Santa Maria Maggiore di Venezia, utilizzando un lenzuolo. Il 23 settembre, nel carcere di Reggio Calabria Bruno Minniti, di 23 anni detenuto in attesa di giudizio, si è impiccato in cella. E poi durante questo weekend galeotto, altri due ragazzi si sono tolti la vita: Ancona, sabato 25 settembre. Ajoub Ghaz, ragazzo detenuto tunisino di 26 anni, è stato trovato morto nella sua cella nel carcere Montacuto di Ancona. Il fatto è accaduto nel primo pomeriggio di sabato, quando alcuni compagni di cella di Ajoub Ghazel hanno dato l’allarme, vedendo il ragazzo esanime. Stando agli indizi trovati sul posto, alle testimonianze e alle prime indagini, sembra che il ragazzo sia morto per aver ingerito un mix fatale di farmaci, la cui tipologia e quantità non sono ancora state specificate. Belluno, domenica 26 settembre. Mirco Sacchet, 27 anni, si impicca in una cella d’isolamento del penitenziario Baldenich di Belluno. Mirco Sacchet aveva un cappio stretto intorno al collo legato ad una sbarra della sua cella. Non è ancora chiaro se si sia impiccato con un lenzuolo strappato o con dei pantaloni. Sta di fatto che così le guardie carcerarie di Baldenich lo hanno trovato alle 6 del mattino. Il giovane doveva scontare una pena di due anni e 20 giorni (patteggiata nel gennaio 2009) per un furto d’auto avvenuto a Sedico e lunedì 27 settembre avrebbe avuto l’udienza per rispondere del reato di resistenza ed ingiurie a due carabinieri avvenuto a Feltre nel 2006. Salgono così a 45 i suicidi avvenuti nelle carceri italiane dall’inizio del 2010 a cui si devono aggiungere i 6 detenuti morti dopo aver inalato il gas delle bombolette date in dotazione ai detenuti per cucinare. Totale 51 morti. 51 morti e ben 123 tentativi di suicidio. 51 morti che si sommano all’infinità di detenuti che in carcere perdono la vita per mancanza di cure mediche. Se ne contano più di un centinaio. Ma siamo sicuri che non siano di più? Siamo certi che l’Amministrazione penitenziaria, il Ministero della Giustizia non ci nasconda tante altre morti dietro le sbarre? Ed ancora. C’è poi un altro aspetto che è davvero stupefacente. Oggi infatti non si fa altro che parlare di Fini & di Berlusconi, ma della gente comune (che poi è la vera politica) questi, compresi i mass media, non si occupano? Chi sta in ospedale, chi sopravvive con una pensione da cane, chi cerca lavoro, chi è imputato, vittima di reato o detenuto, non è interessante? Non interessa a questa politica, a questi mass media un ragazzo che a 22 o a 26 anni s’impicca in carcere? Giustizia: ddl su pene domiciliari in esame al Senato, domani audizione Franco Ionta Asca, 28 settembre 2010 Stretta finale in Commissione Giustizia dell’iter referente del ddl 2313 che prevede l’esecuzione presso il domicilio dei residui di pena non superiori ad un anno escludendo dal beneficio i colpevoli condannati per mafia, terrorismo e altri gravi reati. Il progetto normativo stabilisce l’assegnazione in strutture di sostegno per i condannati - soprattutto se assegnati a programmi di recupero dalla droga - che non abbiano un proprio domicilio. Per un ulteriore approfondimento, dopo l’ampio esame già sviluppatosi in merito alla Camera, è programmata per domani un’audizione del Capo Dipartimento dell’Amministrazione Giudiziaria, Franco Ionta. Dopo l’audizione sarà deciso se - come ha proposto la scorsa settimana il Presidente della Commissione, Berselli - chiedere la sede legislativa per concludere rapidamente il già lungo esame parlamentare. Ma sul testo sono state espresse varie riserve da parte di alcuni senatori di opposizione, in particolare da Della Monica del Pd e da Ligotti di Idv secondo il quale è incomprensibile la introduzione di un nuovo istituto considerando che il beneficio domiciliare e già contemplato dall’ordinamento sia pure con diverse procedure. La maggioranza punta, però, a dare definitivo avallo a questo provvedimento. Come ha già sottolineato in Commissione il Sottosegretario alla Giustizia Caliendo, per effetto delle numerose limitazioni stabilite per la concessione dei domiciliari, saranno 1.500-1.700 i detenuti che potranno fruire delle nuove norme (rispetto alla originaria previsione di 4.000-5.000 potenziali beneficiari) concorrendo, quindi, solo in parte alla soluzione del problema del sovraffollamento carcerario. Giustizia: i Sindacati degli agenti; nelle carceri ci sono 24mila detenuti oltre la capienza Asca, 28 settembre 2010 Sono ormai 23.853 i detenuti in più rispetto all’effettiva capacità ricettiva delle carceri italiano. Al 20 settembre scorso negli istituti penitenziari risultavano, infatti, ristrette 68.598 persone a fronte di una capienza massima pari a 44.745 posti. Il dato è stato diffuso dalla Uil Pa Penitenziari che sottolinea come sia l’Emilia Romagna a confermarsi la regione più sovraffollata con un indice pari all’ 85,7%, seguita da Puglia (80,9%) e Veneto (71,6%). L’istituto penitenziario con il maggior indice di sovraffollamento è, invece, Caltagirone con il 302,6%, seguito da Mistretta 175%, Lamezia Terme 173%, Piazza Armerina 160% e Busto Arsizio 158%. ‘Ancora una volta lanciamo un disperato grido di allarme e un sentito appello perché la società e la stampa prendano coscienza del dramma penitenziario - ha affermato Eugenio Sarno, Segretario generale della Uil Pa Penitenziari -. Le incivili, disumane e degradate condizioni di detenzione cui si coniugano penalizzanti ed infamanti condizioni di lavoro, fanno della questione penitenziaria una vera emergenza sanitaria, umanitaria, sociale e di ordine pubblicò. Il sindacato è tornato, quindi, a chiedere un incontro con il Guardasigilli Alfano. ‘Il silenzio del Guardasigilli disorienta e sconcerta - ha detto il sindacalista -. Nella situazione di sfascio ed inefficienza che caratterizza l’Amministrazione Penitenziaria è necessario un suo intervento, sempreché ritenga che il dramma penitenziario rientri nelle sue competenze. Di certo nel derby tra i ministri competenti sul fronte della sicurezza Maroni stravince. Se non altro porta a casa le assunzioni in Polizia di Stato”. Giustizia: Uil-Pa Penitenziari; politiche carcerarie gestite da persone inette ed incompetenti Comunicato stampa, 28 settembre 2010 “Vista la perdurante disattenzione della politica e dei politici verso una delle più gravi emergenze nazionali vogliamo, per l’ennesima volta, rendere di pubblico dominio i numeri che certificano lo stato comatoso in cui versano gli istituti penitenziari. Ancora una volta - afferma Eugenio Sarno, Segretario generale della Uil Pa Penitenziari - lanciamo un disperato grido di allarme e un sentito appello perché la società e la stampa prendano coscienza del dramma penitenziario. Le incivili, disumane e degradate condizioni di detenzione cui si coniugano penalizzanti ed infamanti condizioni di lavoro fanno della questione penitenziaria una vera emergenza sanitaria, umanitaria, sociale e di ordine pubblico”. Dopo aver diffuso, ieri, le cifre complessive del panorama penitenziario, oggi la Uil Pa Penitenziari illustra alcuni dettagli. “Dalla rilevazione effettuata il 20 settembre scorso negli istituti penitenziari italiani risultavano ristrette 68.598 persone a fronte di una capienza massima pari a 44.745 posti. Il surplus , quindi, è di ben 23.853 detenuti in più rispetto all’effettiva capacità ricettiva. L’Emilia Romagna - sottolinea Sarno - si conferma la regione più sovraffollata con un indice pari all’85,7%, seguita da Puglia (80,9%) e Veneto (71,6%). L’istituto penitenziario con il maggior indice di sovraffollamento è Caltagirone con il 302,6% seguito da Mistretta 175%, Lamezia Terme 173%, Piazza Armerina 160% e Busto Arsizio 158%.” Il dettaglio di atti violenti o di autolesionismo confermano il quadro allarmante denunciato dalla Uil Pa Penitenziari: “A parte i 51 suicidi e i 123 tentati suicidi verificatisi dal 1 gennaio ad oggi, non si possono certo sottacere i 4218 atti autolesionistici che danno conto di una sofferenza che, spesso, si trasforma in violenza verso se stessi. E non è certo un caso che Sollicciano capeggi la classifica degli istituti in cui dal 1 gennaio al 20 settembre si è verificato il maggior numero di atti autolesionistici (241). Tantomeno rappresenta un dato sorprendente rilevare che in testa a questa classifica si trovino anche Lecce (147), Perugia (109) e Bologna (108). Tutte situazioni, puntualmente, da tempo segnalate e denunciate. Anche il dato relativo alle aggressioni agli agenti penitenziari conferma per intero le nostre preoccupazioni sulla deriva violenta in atto negli istituti penitenziari . A tutt’oggi sono 265 gli episodi di aggressioni in danno del personale di polizia penitenziaria. Milano San Vittore conta il maggior numero di aggressioni (23) seguito da Torino (11), Genova Marassi e Aversa (10). Appena ieri a Lecce si è registrato l’ennesimo episodio di violenza in danno del personale.” Ora la Uil chiede un confronto con il Ministro Alfano: “Questo silenzio del Guardasigilli disorienta e sconcerta. Nella situazione di sfascio ed inefficienza che caratterizza l’Amministrazione Penitenziaria è necessario un suo intervento, sempreché - chiosa ironicamente Eugenio Sarno - ritenga che il dramma penitenziario rientri nelle sue competenze. Di certo nel derby tra i ministri competenti sul fronte della sicurezza Maroni stravince. Se non altro porta a casa le assunzioni in Polizia di Stato. Alfano, di contro, è fermo alla narrazione sull’assunzione dei 2000 poliziotti penitenziari di cui si sono perse tutte le tracce, nonostante lo spaventoso buco negli organici della polizia penitenziaria di ben seimila unità . Forse convocare un tavolo con le rappresentanze sindacali potrebbe aiutarlo a definire il quadro reale della situazione e portarlo a ritrovare il bandolo della matassa. Potrebbe essere un ultimo, disperato, tentativo di riprendere il controllo di una situazione che gli è sfuggita di mano anche perché è gestita, malissimo, da persone che hanno certificato la propria inettitudine ed incompetenza” Giustizia: Osapp; al Dap la situazione è disperata per forte taglio fondi, il piano carceri fallirà Adnkronos, 28 settembre 2010 “La situazione è disperata, e prima o poi la verità sulla patacca del piano carceri verrà finalmente a galla”. Parole di Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria (Osapp) che in questi giorni è in Sicilia per un giro di ricognizione degli istituti dell’isola. “Siamo disposti a tutto, anche ad occupare e ad incatenarci davanti ai cantieri dei nuovi istituti di pena che questo Governo intenderebbe costruire - fa notare Beneduci - perché sappiamo che è improbabile che il progetto del Guardasigilli assicuri quei posti letto che lui si ostina tanto a ribadire”. “Il Ministro della Giustizia - aggiunge Beneduci - continua a mettere la testa nella sabbia convinto com’è che i problemi siano stati finalmente risolti, ma è curioso come dal 2000 ad oggi (secondo gli elementi raccolti dal segretario generale), il Dipartimento dell’amministrazione Penitenziaria abbia ricevuto sempre meno fondi, con un costo medio annuo che si aggira intorno ai 2 miliardi e mezzo di euro. Meno fondi con i quali è arduo concepire un serio piano di rinascita degli istituti, che non significa solo costruzione di nuove strutture”. Nel 2010, per effetto dei tagli imposti dalle Leggi Finanziarie 2008 e 2009 e della sottrazione di 80 milioni euro relativi all’assistenza sanitaria dei detenuti, divenuta di competenza del Ministero della Salute, Beneduci afferma che “la spesa fa segnare il minimo storico, con 2 miliardi e 204 milioni che non saranno mai reintegrati. Di questi, più dell’80% sono relativi al personale (polizia penitenziaria, amministrativi, dirigenti, educatori, etc.), il 13% al mantenimento dei detenuti (corredo, vitto, cure sanitarie, istruzione, assistenza sociale, etc.), il 4% è destinato per la manutenzione delle carceri e il 3% per il loro funzionamento (energia elettrica, acqua)”. “Ora - sottolinea Beneduci - alla logica del chiagn e fotti del Ministro Mastella l’attuale Guardasigilli ha sostituito quella del vivi e lascia vivere, laddove la discussione sulle carceri prende poco spazio al tavolo del confronto politico, attestandosi come argomento finale per il quale basta il solito strapuntino”. Beneduci rileva poi che “non si guarda alla totalità del sistema e si tralasciano questioni importanti come quella della mancanza di una differenziazione efficace dei detenuti, in base alla gravità dei reati, ovvero della mancata attuazione dei c.d. circuiti penitenziari. Idea base questa per distinguere il trattamento come riabilitativo per il condannato. E il fenomeno dei suicidi, come quello delle aggressioni in carcere, è peggiorato perché lo stesso sovraffollamento peggiora le condizioni di sicurezza, soprattutto quando si è in totale assenza di misure di protezione idonee per il personale di Polizia all’interno delle sezioni”. E ancora, dice Beneduci, i “piccoli incidenti del vivere quotidiano sono continui, e trasformano la normale esistenza in un’infernale espiazione aggiuntiva: come per il caso dei fornelli a gas utilizzati regolarmente in cella, veri e propri strumenti di morte o di aggressione nei confronti degli agenti in servizio”. “Come agenti di Polizia Penitenziaria, i più titolati ad un dibattito per il quale si è esclusi a priori - conclude Beneduci -, sappiamo quello che accade quando si abbassa il livello di attenzione, soprattutto quando all’emergenza si risponde con idee che vanno soltanto in un’unica direzione e dove il vivi e lascia vivere diventa veramente pericoloso per l’uomo”. Lettere: emergenza carceri, anche la Regione Marche faccia la sua parte Agenzia Radicale, 28 settembre 2010 La drammatica vicenda del detenuto “forse” suicidatosi nel Casa circondariale di Ancona avvenuta, stando alle cronache, in seguito all’assunzione di un cocktail di farmaci pone in evidenza il problema dell’uso degli psicofarmaci in carcere e più in generale della sanità penitenziaria. La situazione esplosiva presente in quasi tutti gli istituti di pena italiani è spesso blandita attraverso l’uso massiccio di psicofarmaci generosamente elargiti per mantenere una situazione di pace all’interno delle carceri. La pena, sempre più disumana, diviene pena sedata. In quest’ossimoro vi è tutta l’ipocrisia di uno Stato feroce che tenta di porre rimedio alla propria crudeltà “proteggendo” i detenuti isolandoli dalla realtà carceraria attraverso una gabbia farmacologica. Se le indiscrezioni, che individuano la causa della morte del detenuto tunisino nel suicidio avvenuto mediante l’assunzione di un cocktail di farmaci, dovessero trovare conferma ci si dovrà interrogare su quanto e come il diritto alla salute dei detenuti venga realizzato all’interno degli istituti di pena marchigiani sia in termini di prevenzione (presidi di supporto ed aiuto psicologico) che di prestazioni offerte ai detenuti con particolare attenzione alla somministrazione di psicofarmaci. Dal 2005 le regioni hanno competenze e responsabilità sulla sanità penitenziaria, non vorremmo che questa ennesima tragedia fosse troppo semplicisticamente risolta nell’ormai argomento retorico del sovraffollamento carcerario. Associazione Radicali Marche Lazio: il Garante; a settembre nelle carceri regionali raggiunta quota 6.300 detenuti Il Velino, 28 settembre 2010 Continua a crescere il numero dei detenuti nelle carceri del Lazio. Il 26 settembre per la prima volta in assoluto è stata raggiunta anche quota 6.300 presenze, con 6.317 reclusi ospitati nelle 14 carceri della Regione. I dati sono stati diffusi dal Garante dei diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni: “Solo nell’ultimo mese - ha detto - i detenuti sono aumentati di 30 unità mentre, nel Lazio, nell’ultimo anno, la popolazione detenuta è cresciuta in percentuale a un ritmo quasi doppio rispetto al resto Italia. In dodici mesi (da luglio 2009 a luglio 2010) in Italia i detenuti sono aumentati di oltre 4.500 unità (+ 7 per cento) mentre nel Lazio i reclusi sono aumentati di 650 unità (+12 per cento)”. Nel Lazio, dall’inizio del 2010 ad oggi il numero dei detenuti è in costante aumento; un dato che riflette il trend nazionale. In particolare da febbraio i detenuti nel Lazio sono aumentati di 435 unità. Secondo le rilevazioni del Prap del 26 settembre, nei 14 istituti della regione c’erano circa 1.700 reclusi in più rispetto alla capienza regolamentare. Nelle celle della regione sono attualmente reclusi 5868 uomini e 449 donne. Alla fine di agosto erano 5853 uomini e 434 donne. Alla fine di luglio erano 5811 uomini e 442 donne. Il 20 giugno c’erano 5795 uomini e 459 donne: il 24 maggio erano 5784 gli uomini e 445 le donne. Il 21 aprile i detenuti erano 6.138 (5.704 uomini e 434 donne), l’11 marzo 6.082 (5648 uomini e 434 donne), a febbraio 5.882 (5.470 uomini e 412 donne). Le situazioni più critiche si confermano a Latina (dove i detenuti dovrebbero essere 86 e sono invece 141), Viterbo (725 contro i 433 previsti), Frosinone (quasi 200 in più), Rebibbia N.C. (quasi 500 in più) e Regina Coeli (oltre 300 in più). A Rebibbia Femminile le donne dovrebbero essere 274, sono invece 100 in più. Ancora insoluti i casi - segnalati dal Garante - di Rieti e Velletri dove strutture per oltre 300 posti pronte per essere utilizzate sono chiuse per carenza di agenti. A Rieti, in particolare, il nuovo carcere da 306 posti ospita 105 reclusi in due sole sezioni aperte e sovraffollate. Il resto della struttura è chiuso per carenza di risorse economiche e umane. Stesso discorso per Velletri, dove un nuovo padiglione per oltre 200 detenuti da tempo ultimato resta chiuso.”L’incessante incremento dei detenuti, la carenza di risorse umane e il contemporaneo taglio delle risorse - ha aggiunto, inoltre, il Garante - stanno mettendo a rischio addirittura la sopravvivenza quotidiana nelle carceri. Se non si prendono provvedimenti urgenti la situazione rischia seriamente di aggravarsi con l’imminente arrivo dell’inverno, quando sovraffollamento, freddo e precarie condizioni igieniche potrebbero aggravare in maniera irreparabile l’emergenza carceri”. Toscana: le carceri non rispettano dignità umana, Sollicciano e Opg Montelupo fuori dalla legalità La Repubblica, 28 settembre 2010 In Toscana ci sono 4.769 detenuti, a fronte di 3.112 posti-letto disponibili, con una carenza di 1.657 posti-letto. Lo denuncia Francesco Ceraudo, direttore del centro regionale della Toscana per la salute in carcere in un comunicato inviato a Ristretti Orizzonti, che lo ha poi diffuso. La Regione Toscana ha stanziato 3,5 milioni per la realizzazione di una Medicina penitenziaria qualificata, ma “l’attuale sovraffollamento carcerario rappresenta il più serio ostacolo al realizzarsi della riforma. Le condizioni di grave sovraffollamento e di carenze strutturali di molti istituti penitenziari della Toscana - afferma Ceraudo - rendono la condizione di vita all’interno delle carceri contraria ai principi di dignità ed umanità”. “Il sovraffollamento - prosegue - con punte estremamente critiche a Firenze Sollicciano, Prato, Pisa, Livorno, Pistoia, Lucca sta violentando gli spazi ambientali e costringe i detenuti come animali in gabbia”. Per Ceraudo “Sollicciano e l’Ospedale psichiatrico di Montelupo Fiorentino costituiscono due strutture illegali che sono rimaste impermeabili a qualsiasi sollecitazione per l’applicazione dei principi ispiratori della riforma della Medicina penitenziaria. Montelupo va chiuso e gli internati devono essere trasferiti a “Solliccianino”, secondo gli accordi intercorsi tra Regione Toscana e Prap di Firenze. Tutto questo tarda a realizzarsi”. Nel documento del direttore, infine, si ricorda che su iniziativa del presidente della Regione, Enrico Rossi, sono stati messi a disposizione dei detenuti 4.500 materassi e set di igiene orale. “È un piccolo gesto, ma tanto significativo per calmierare i bisogni abissali del carcere - conclude Ceraudo. Bisogna ricordare che il detenuto trascorre almeno 20 ore della giornata sul letto”. Valle d’Aosta: sanità penitenziaria più efficiente, dopo il passaggio di competenze alla Regione Ansa, 28 settembre 2010 “Il passaggio delle competenze sulla sanità carceraria dallo Stato alla Regione garantirà sicuramente un servizio più efficiente”. Lo ha sostenuto l’assessore regionale alla Sanità, Albert Laniece, intervenendo oggi alla tavola rotonda “Dall’emarginazione al carcere, dal carcere all’emarginazione”, organizzato dall’Associazione volontariato carcerario valdostano (Avvc). Venerdì scorso a Roma è stato approvato da parte del Consiglio dei Ministri il decreto riguardante le norme di attuazione di trasferimento delle funzioni della sanità penitenziaria alla Regione Valle d’Aosta. “Siamo in attesa del decreto - ha aggiunto Laniece - per capire la tempistica del passaggio e soprattutto l’esatto importo delle risorse finanziarie che ci verranno destinate. Noi, a livello regionale, ci siamo già messi al lavoro. Tutto il lavoro è avvenuto in sinergia con la direzione carceraria di Brissogne, che si è messa subito al lavoro per poterci dare una struttura adeguata. Ora, valuteremo anche come riorganizzare al meglio il sistema sanitario”. Attualmente nella casa circondariale di Brissogne ci sono 289 detenuti, di cui il 70% di origine straniera. “Sicuramente una delle criticità maggiori - commenta il direttore della casa circondariale, Domenico Minervini - riguarda la sanità. Ma con il passaggio alla Regione, le cose cambieranno sicuramente in meglio. Il mio obiettivo è soprattutto quello di creare delle professionalità all’interno della struttura, da poter spendere una volta scontata la pena. Attualmente abbiamo sette detenuti che lavorano fuori”. Nell’istituto di pena lavorano, in stretta collaborazione con la direzione, i volontari, che non solo organizzano corsi, ma cercano anche di portare sostegno psicologico e materiale. “Sicuramente quello del sovraffollamento è un problema anche da noi - spiega Piera Asiatici, presidente dell’Avvc - Cerchiamo di lavorare con i detenuti, di dare loro una speranza di una vita diversa. Gli iscritti all’associazione sono 39, i volontari attivi all’interno del carcere una ventina”. Alla tavola rotonda hanno preso parte anche don Aldo Armellin, direttore della Caritas, l’avvocato penalista del foro di Torino Liala Todde e Odetta Bonin, presidente dell’associazione difesa ammalati psichici. Lombardia: Marcora (Udc); no a gestione centralista delle assunzioni nelle carceri regionali Adnkronos, 28 settembre 2010 “È assurdo che sia Roma a gestire le assunzioni nelle carceri lombardi. Se a Opera così coma a Bollate il diritto dei detenuti è rispettato è invece più difficile lavorare sulla qualità della vita degli agenti di polizia penitenziaria”. Così il consigliere regionale della Lombardia Enrico Marcora (Udc) durante la visita al carcere di Opera, alle porte di Milano. “Nelle carceri lombarde - continua Marcora - mancano mezzi e risorse, si lavora sotto organico ma, nonostante tutto, con grande efficienza e professionalità. Mancano case e luoghi ricreativi per gli operatori, persone che spesso vengono dal sud, che non possono portare qui la famiglia a causa dei prezzi troppo alti degli affitti”. L’esponente centrista conclude affermando che “un vero federalismo non può prescindere dal settore della Giustizia”. Belluno: la madre del detenuto suicida; molte cose non mi tornano, voglio vederci chiaro Corriere delle Alpi, 28 settembre 2010 “Voglio vederci chiaro”. Lo ripete più volte Liviana Zannin, la madre di Mirco Sacchet, il giovane che si è tolto la vita a Baldenich. Mamma Liviana è sotto shock come il padre Claudio e i fratelli Dorino e Michael. Nemmeno loro riescono a trovare una spiegazione razionale a quanto successo nella notte tra sabato e domenica nella cella di Baldenich, dove è stato ritrovato il corpo del 27enne. “Ci sono delle cose che non mi tornano”, dice mentre si sta recando dal suo avvocato, il feltrino Giovanni Pelosio. La vicenda, sembra di capire, non finisce qui. Quando domenica ha ricevuto la telefonata dalla casa circondariale di Baldenich, le è crollato il mondo addosso. Mirco alternava momenti di serenità a momenti di tristezza, ma niente che facesse pensare a un epilogo del genere. Almeno così dice mamma Liviana. Mirco si è ucciso con un cappio al collo. Ha stracciato un lembo di lenzuolo e lo ha appeso all’inferriata della sua cella. Si trovava in isolamento perché lo aveva chiesto lui. Con gli altri detenuti non andava d’accordo, come conferma anche la madre: “Non voleva altra gente intorno, altrimenti litigava”. In paese Mirco viene definito come un ragazzo anticonformista ma “buono”: “Forse aveva bisogno di aiuto”. Dispiaciuto il sindaco Gianni De Bastiani. La famiglia Sacchet vive a Cesiomaggiore dal 1984, in via Strada dei Pascoli nella piccola frazione di Cullogne. Mirco era il più grande di tre fratelli. Li univa una passione sfrenata per l’ape-cross, condivisa e anzi coltivata dagli stessi genitori, a loro volta attivi in un sodalizio sportivo dedicato alla disciplina. Anzi, a dire il vero, quella passione aveva creato qualche problema in paese. Spesso anche lo stesso Mirco veniva accusato di sfrecciare troppo velocemente sulle strade di Cesiomaggiore e dintorni. Questi i fotogrammi di un’esistenza finita dietro le sbarre di Baldenich per il furto di un’auto. Per un’accusa analoga, risalente a qualche tempo prima, il giovane era stato anche assolto. “Alla fine era un buon ragazzo”, dicono a Cesiomaggiore. “Ogni tanto però prevaleva la mania di protagonismo ed è lì che ha preso un brutto andazzo”. “Sono convinto che fosse davvero buono”, afferma un barista. “Forse doveva essere aiutato di più”. Tornando alle ultime settimane, si scopre che Mirco aveva scritto delle lettere, alla cugina e alla madrina. “Anche noi ci scrivevamo”, racconta la madre, “era un modo per mantenerci in contatto”. In quelle lettere non c’era nessun proposito suicida. Anzi. “Era contento perché fra poco sarebbe ritornato a casa. Il termine era il venti dicembre”, prosegue Liviana Zannin. “Avrebbe passato il Natale con noi”. In carcere, stando alle parole della madre, Mirco non veniva lasciato mai solo: “Quando non potevo io, andavano a trovarlo i fratelli o la zia”. La madre ora cerca di ricollegare quanto successo in oltre un anno e mezzo di carcere. Zannin parla di “lettere mai arrivate”, ma anche di psicofarmaci: “Mi diceva che gli venivano somministrate tante gocce”. Non per questo, la donna lancia accuse specifiche: “Ripeto, voglio solo andare a fondo, capire”. C’è poi un altro tassello: “Mi chiedo come mai nessuno si sia accorto di cosa stesse facendo mio figlio. Davanti alla sua cella c’? era un altro detenuto. Erano uno di fronte all’altro”. Il quadro è ancora confuso e gli interrogativi si sprecano. “Oltre a dover uscire fra qualche mese, mio figlio sapeva già che avrebbe trovato lavoro in una ditta di Pederobba”, continua la donna. “Che motivo avrebbe avuto per fare quello che ha fatto?”. Le cose che non tornano, secondo la madre, sarebbero diverse. Anche il periodo di tempo trascorso tra la scoperta del giovane esanime e la comunicazione ai genitori. “Il ritrovamento è avvenuto alle sei del mattino. Noi siamo stati contattati tre ore dopo, verso le nove”. In attesa del nulla osta alla sepoltura, Cesiomaggiore si sta preparando a dire addio a quel ragazzo “anticonformista, spavaldo, ma in fondo buono e gentile”. Anche il primo cittadino è dispiaciuto: “Faccio le mie condoglianze alla famiglia”. Lo stesso Gianni De Bastiani però non nasconde come la situazione fosse “ problematica”: “Come Comune abbiamo tentato più volte di intervenire, ma i genitori hanno sempre rivendicato la loro potestà. Tutta questa vicenda lascia molta amarezza soprattutto per quello che si poteva fare e non è stato fatto”. Autopsia eseguita: morte per asfissia “Impiccamento”. L’autopsia eseguita ieri sul cadavere del ventisettenne di Cesiomaggiore Mirco Sacchet dall’anatomopatologo Antonello Cirnelli, conferma nel freddo linguaggio medico la causa della morte del giovane, domenica mattina intorno alle 6 nella cella di isolamento del carcere Baldenich di Belluno: “asfissia da impiccamento”. L’esame era stato chiesto dalla procura della Repubblica che intende far piena luce sull’ennesimo suicido in un penitenziario. Resta ancora l’esame tossicologico che chiarirà se e quali sostanze possa aver ingerito o assunto Mirco Sacchet prima di mettere in pratica il folle progetto. La risposta si avrà entro 40 giorni. Proprio mentre l’anatomopatologo eseguiva l’autopsia, a poche centinaia di metri in linea d’aria, in tribunale, anche la giustizia fissava il punto fermo alla burrascosa vicenda umana di Mirco: “non luogo a procedere per estinzione del reo”, ha detto testualmente in aula il giudice, Elisabetta Scolozzi che presiedeva il processo che vedeva imputato Sacchet per resistenza e ingiurie a pubblico ufficiale; due carabinieri del radiomobile di Feltre risultavano come parti civili. Pochi secondi in tutto è durata ieri mattina la lettura della formula che ha spazzato via carte bollate e denunce e messo la parola fine a un’esistenza difficile. Mirco era in carcere dal gennaio 2009: era stato arrestato perché viaggiava a bordo di un’Opel astra risultata rubata a Sedico; con lui anche un complice del quale non si è mai saputo nulla. Sarebbe uscito tra tre mesi, ma quel nuovo processo potrebbe aver scatenato in lui la molla della disperazione finale. A Cesiomaggiore la famiglia composta da padre, madre e altri due fratelli (uno dei quali appassionato di corse con le Apecar) minori di Mirco, non è molto conosciuta e neppure in parrocchia si facevano vedere spesso. Solo la mamma, ultimamente raccontava la sua pena al parroco, il dolore per quel figlio che non riusciva a trovare il bandolo della propria vita. La conferma che la famiglia viveva un po’ ai margini della comunità viene dal sindaco, Gianni De Bastiani che tuttavia ricorda di aver cercato di seguire lo stesso Mirco con i servizi sociali, ma senza risultati. Vissuto in solitudine, Mirco in solitudine se n’è andato in una fresca mattinata d’inizio autunno. Ancona: il “giallo” dell’abuso di farmaci, dietro la morte di di Ajoub Ghaz Il Resto del Carlino, 28 settembre 2010 Il referto del medico che venerdì pomeriggio ha constatato il decesso di Ajoub Ghaz parlerebbe chiaro: abuso di farmaci. Non ci sono dubbi. Ma possono questi medicinali aver portato il detenuto alla morte? E in che modo il nordafricano avrebbe potuto assumere quantità consistenti di farmaci all’interno del carcere di Montacuto? Domande a cui, al momento, è impossibile dare una risposta. Ma qualcosa di più sulla morte di Ghaz, si saprà sicuramente nelle prossime ore. Il sostituto procuratore Paolo Gubinelli ha affidato l’incarico per eseguire l’autopsia sul corpo del tunisino che era rinchiuso a Montacuto per scontare una pena per droga e ricettazione. L’esame medico legale potrà dire se c’è una correlazione tra il decesso e l’eventuale assunzione di farmaci. È evidente che se venisse appurato che la quantità di farmaci è considerevole, potrebbe voler dire che non si è davanti a un caso di morte naturale, ma con ogni probabilità di suicidio. Una tesi che ovviamente gli inquirenti non scartano, ma che comunque, al momento, viene ritenuta improbabile. L’amministrazione penitenziaria sostiene che Ghaz non era solito prendere farmaci. Neanche i compagni di cella che hanno scoperto il corpo al rientro dall’ora d’aria, prendono medicinali. Sulmona (Aq): ok all’ampliamento del carcere, verrà costruito un padiglione per 200 detenuti Il Centro, 28 settembre 2010 Il supercarcere di Sulmona sarà ampliato e potenziato. La notizia che era nell’aria, arriva dal ministero della Giustizia che ha inserito in maniera definitiva il carcere peligno nella lista delle strutture destinate ad aumentare la loro capienza detentiva. Il nuovo padiglione sarà realizzato a fianco dell’attuale recinto, nella parte nord dove ci sono attualmente le strutture sportive esterne. Nei prossimi giorni dal ministero arriverà una delegazione tecnica che dopo il sopralluogo darà il via libera definitivo al progetto. La nuova appendice ospiterà 200 detenuti: quasi un raddoppio della capienza visto che l’attuale struttura è stata progettata per ospitare 270 reclusi, anche se ne contiene quasi 460. Non è stato ancora deciso quale tipologia di detenuti saranno ospitati nella nuova ala. Se si deciderà di rispettare le indicazioni contenute nel nuovo piano carceri, dovrebbero arrivare a Sulmona solo detenuti comuni con pena definitiva. Ma non è escluso che dal Dipartimento di amministrazione penitenziaria si decida di realizzare la più grande casa di lavoro italiana. Una eventualità quest’ultima, fortemente contestata dai sindacati che addebitano alla presenza degli internati la causa dei maggiori problemi che si verificano da qualche anno nella struttura sulmonese. La mancanza di lavoro infatti, costringe gli internati che sono detenuti che hanno già finito di scontare il loro conto con la giustizia, a trascorrere in carcere un ulteriore periodo di detenzione, con le conseguenze che ne derivano. La maggior parte di suicidi (2 dall’inizio dell’anno) e di atti autolesionistici (79 sventati dagli agenti), si sono verificati in questa sezione. Attualmente nel carcere di Sulmona ci sono 168 internati di cui 2 con articolo 41 bis su un totale di 454. Lecce: Sappe; due agenti e un’infermiera feriti da detenuto Ansa, 28 settembre 2010 Due agenti di polizia penitenziaria e una infermiera sono rimasti feriti in modo non grave dopo essere stati aggrediti da un detenuto nell’ospedale Vito Fazzi di Lecce. Lo riferisce il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe). L’episodio è accaduto la notte scorsa nel reparto di chirurgia plastica dove due detenuti erano piantonati da due agenti, mentre la vigilanza, secondo il Sappe, doveva essere svolta da almeno quattro agenti. Un detenuto, in due circostanze diverse, ha dato in escandescenze staccandosi anche la flebo dalla mano e lanciando oggetti e bottigliette di acqua. Il detenuto è stato bloccato a fatica, dopo che l’altro era stato trasferito in una stanza vicina, ma due agenti di polizia penitenziaria e un’infermiera hanno riportato ferite. Il Sappe sottolinea che attualmente nell’ospedale di Lecce sono ricoverati nei vari reparti cinque detenuti con enorme spreco di personale, mentre sarebbe disponibile un padiglione capace di ospitare otto detenuti che però non viene utilizzato per problemi logistici inammissibili. Il sindacato sottolinea anche la situazione esplosiva del carcere di Lecce, e chiede che il sindaco, Paolo Perrone, quale massima autorità cittadina in materia sanitaria, disponga la chiusura di alcuni padiglioni del carcere definiti degni di un lager. Lecce: “Made in carcere” presenta le sue creazioni a “So critical so fashion” di Milano Redattore Sociale, 28 settembre 2010 Progetto della cooperativa sociale Officina Creativa di Lecce: 25 persone impiegate (tra cui 18 detenute ed ex detenute) con un fatturato di oltre 200 mila euro nei primi otto mesi del 2010. L’evento si tiene a Milano da oggi al 2 ottobre. Si chiama “Made in carcere” e produce accessori di moda (tra cui sacche, fasce, cappelli, etc.) utilizzando due risorse: i detenuti e le stoffe di scarto. “Made in carcere”, progetto della cooperativa sociale Officina Creativa di Lecce, ha iniziato la sua avventura nel 2008 e oggi impiega 25 persone (tra cui 18 detenute ed ex detenute delle carceri di Trani e Lecce) con un fatturato di oltre 200 mila euro nei primi otto mesi del 2010. I suoi prodotti saranno presenti a “So critical so fashion”, l’evento dedicato alla moda critica che si tiene a Milano (presso ArtGate22, via Alserio 22) dal 27 settembre al 2 ottobre. “L’obiettivo del progetto - spiega Luciana Delle Donne, fondatrice di Officina Creativa - è quello di dare una seconda possibilità a detenute e tessuti. Alle detenute per ritrovare la dignità di lavoratrici, ai tessuti per dimostrare che con i cosiddetti scarti di produzione si possono costruire oggetti belli e preziosi”. Il progetto “Made in carcere” è potuto partire anche grazie agli accordi con i direttori delle due case circondariali di Lecce e di quella di Trani che, afferma Luciana Delle Donne, “sono stati lungimiranti”. E grazie all’aiuto di diverse case di moda, anche importanti, che donano gli scarti di produzione alla cooperativa. A “So critical so fashion” lo stand di “Made in carcere” presenterà la gamma dei suoi prodotti. Distinti in “package”, cioè buste per la spesa in stoffa, e “urban fashion”: “Prodotti fatti con scarti di stoffe pregiate -spiega Luciana Delle Donne-, che diventano borse e indumenti di grande qualità”. Tutti i prodotti di “Made in carcere” sono progettati anche dalle detenute stesse, che prendono parte ad ogni passaggio della produzione. “È trovando il difficile punto d’incontro tra le esigenze dell’impresa, degli istituti di pena e dei detenuti, che “Made in carcere” ha potuto crescere e rafforzarsi. Per questo stiamo preparando l’apertura di nuovi progetti analoghi a Foggia e Bari”, conclude la Luciana Delle Donne. Larino (Cb): Sappe; troppi detenuti, il carcere a rischio di collasso Il Centro, 28 settembre 2010 Il penitenziario frentano uno dei casi limite per sovraffollamento carcerario in Italia e la situazione è diventata insostenibile: 70mila detenuti presenti a fronte di una capienza regolamentare di 43mila. La popolazione detenuta aumenta a ritmi vertiginosi; undicimila unità in un anno. Sistema Penitenziario al collasso, carceri in ginocchio, la situazione nazionale è catastrofica. In Molise aumentano le difficoltà, Larino in grande sofferenza. I dati aggiornati al 30 agosto 2010 dicono che i detenuti presenti nelle 3 carceri Molisane sono (tutti uomini) 480 a fronte di una capienza regolamentare di 354. Nello specifico: Campobasso 94 detenuti presenti a fronte di una capienza regolamentare di 121, gli stranieri sono 10 pari al 10.63%, gli imputati sono 24 e i condannati 70; Isernia 81 presenti 49 ospitabili, gli stranieri sono 24 pari al 30%, gli imputati sono 49 e i condannati 32; Larino 305 presenti 184 ospitabili, gli stranieri sono 53 pari al 18%, gli imputati sono 134 e i condannati 171. I dati sono forniti da Aldo Di Giacomo consigliere nazionale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe: “il sistema penitenziario è al collasso, le carceri non sono più in grado di ricevere detenuti. L’analisi dei dati fornisce chiaramente da una parte una panoramica sconcertante del sovraffollamento nelle carceri Italiane e dall’altra l’aumento degli stranieri con particolare riferimento ai marocchini, ai rumeni, agli albanesi e ai tunisini”. Di Giacomo: “gli istituti penitenziari molisani sono in difficoltà soprattutto quello di Larino dove sono ospitati il 65% di detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare. Alle enormi difficoltà dell’istituto, relative essenzialmente al sovraffollamento, si contrappongono i dati relativi al personale di polizia penitenziaria. Da uno studio risulta che i poliziotti del carcere di Larino sono i bravi d’Italia, si sono analizzati diversi elementi tra cui le assenze dal servizio e la qualità del servizio svolto e dal numero di eventi critici avuti nell’ultimo anno ecc . Altro record è che l’istituto di Larino è quello con la percentuale più alta d’Italia di detenuti che studiano oltre un terzo dell’intera popolazione detenuta.” Continua Di Giacomo “oggi abbiamo iniziato insieme all’Onorevole Sabrina De Camillis un giro delle carceri molisane; sicuramente la visita al carcere frentano è stata molto positiva: l’onorevole si è impegnata per la soluzione di alcuni problemi. La prossima settimana visiteremo i carceri di Isernia e Campobasso. Frosinone: inaugurata nuova sezione detentiva con 30 posti, ospiterà stupratori e pedofili Il Messaggero, 28 settembre 2010 Cominceranno da oggi i trasferimenti dei detenuti per reati sessuali dal carcere romano di Regina Coeli a quello di Cassino dove ieri è stata inaugurata una sezione speciale, unica nel Lazio, capace di ospitare 30 pedofili già condannati. Gli altri reclusi potranno arrivare dal resto d’Italia. Hanno presenziato all’inaugurazione il capo del dipartimento dell’autorità penitenziaria Franco Ionta e il provveditore dell’amministrazione penitenziaria regionale Angelo Zaccagnino, l’abate don Pietro Vittorelli e il Prefetto accolti dalla direttrice Irma Civitareale. È una sezione realizzata in sei mesi ed è staccata dal corpo centrale del complesso carcerario tanto che i 30 nuovi detenuti non vedranno, nell’ora d’aria, gli altri reclusi. Sono assistiti da figure professionali specializzate che hanno partecipato a speciali corsi per questo tipo di criticità. Gli stupratori detenuti, finora, erano costretti all’isolamento nelle altre strutture carcerarie mentre a Cassino troveranno un’ala attrezzata per accoglierli dove seguiranno un percorso terapeutico. Il progetto è stato sollecitato dalla direttrice Irma Civitareale riuscendo a far utilizzare lo spazio esistente all’interno della struttura. I 30 nuovi “ospiti” si aggiungono ai 274 detenuti, un numero al limite della vivibilità. “La caratterizzazione della popolazione ristretta che varcherà le soglie della cosiddetta Prima Sezione - ha detto la direttrice- ha richiesto la formazione di una spiccata professionalità del personale di Polizia penitenziaria e degli altri operatori penitenziari del trattamento come operatori e psicologi per una osservazione della personalità del colpevole tendente ad una concreta revisione critica rispetto al reato commesso”. Nuoro: Ugl; per riportare i mafiosi a Badu ‘e Carros è necessario assumere 50 agenti L’Unione Sarda, 28 settembre 2010 “Non siamo contrari all’arrivo dei detenuti sottoposti al 41 bis, ma - dice Giuseppe Moretti - l’amministrazione penitenziaria deve subito coprire i pesanti vuoti d’organico: mancano cinquanta agenti”. Vedi le foto U na visita di alcune ore a Badu e Carros, per rendersi personalmente conto della situazione in cui versa il penitenziario nuorese, ma allo stesso tempo utile per sgomberare il campo da possibili malintesi sulla questione calda del possibile arrivo dei detenuti sottoposti al regime del 41 bis nel nuovo padiglione che si sta realizzando. Ieri il segretario nazionale dell’Ugl-Polizia penitenziaria Giuseppe Moretti, è stato chiaro sulla questione che in città sta alimentando un dibattito tra le istituzioni, ma anche un dialogo a distanza con orientamenti non proprio coincidenti tra le diverse sigle sindacali. “Per la nostra organizzazione non c’è nessun problema se si dovesse concretizzare quella che al momento è soltanto un’ipotesi, cioè l’arrivo a Nuoro di un centinaio di detenuti sottoposti al carcere duro - ha detto Moretti -. Per noi l’importante è che l’amministrazione penitenziaria rispetti gli impegni assunti, ad iniziare da un rafforzamento dell’organico e da interventi di ristrutturazione del complesso”. A conclusione di una visita durata diverse ore all’interno del carcere dove ha incontrato la direttrice dell’istituto Patrizia Incollu, il leader nazionale dell’Ugl- Polizia penitenziaria, accompagnato dal segretario regionale Salvatore Argiolas e da quello provinciale Libero Russo, i sindacalisti nella sede di Corso Garibaldi dell’Ugl, hanno ribadito alcune priorità, non più rimandabili per il carcere nuorese. “Oggi mancano almeno cinquanta unità per raggiungere il numero previsto di 211 agenti che dovrebbero essere regolarmente in servizio”, ha rimarcato Libero Russo, “si lavora invece sempre in condizioni di emergenza che rischiano seriamente di peggiorare nei prossimi mesi se una ventina di agenti, che quest’anno andranno in pensione, non verranno sostituiti da colleghi più giovani”. Anche il segretario regionale Salvatore Argiolas ha ribadito la necessità di un organico al completo, soprattutto se la prospettiva è l’arrivo dei mafiosi sottoposti al cosiddette carcere duro. “Lo scenario non ci spaventa, l’importante è farsi trovare pronti per quell’appuntamento con i mezzi adeguati, le professionalità non mancano di certo”, ha rimarcato Argiolas, “tutti sanno che a Nuoro ci sono già da tempo detenuti particolari, ad alto regime di sorveglianza, il salto per noi non sarebbe nel vuoto, dobbiamo essere messi solo nelle condizioni opportune per reggere con efficienza l’impatto”. L’incontro si è chiuso con una considerazione di Luca Usai, segretario territoriale della sigla sindacale: “In questa fase di difficoltà occorre senso di responsabilità e un atteggiamento positivo su qualsiasi iniziativa che comporti una ricaduta occupazionale per questo territorio”. Eboli (Sa): progetto di e-learning consente ai detenuti di frequentare corsi scolastici e universitari Comunicato stampa, 28 settembre 2010 L’Icatt di Eboli ha ricevuto dall’Aif (Associazione Italiana Formatori Settore Nazionale Pubblica Amministrazione) la “Segnalazione di Eccellenza Reti” al prestigioso premio “Filippo Basile” per la formazione nella Pubblica Amministrazione per il progetto innovativo “E-Learning education for prisoners and prisoners professional - E Learning in carcere”. Il progetto, presentato attraverso il Provveditorato regionale per l’amministrazione penitenziaria (Prap) della Campania, è stato ideato e messo a punto da un gruppo di esperti composto dal Direttore dott.ssa Rita Romano e dal dott. Giovanni Suriano dell’Icatt di Eboli, dott.ssa Michelina Cassese, dott.ssa Dolorosa Franzese e dott. Angelo Sorrentino del Prap Campania e dal prof. Vincenzo di Gerardo (collaboratore esterno), e si avvale del partenariato, dell’Università degli Studi di Salerno, dell’Università francese di Montpellier e del Centro di rieducazione minorile di Buzias in Romania e della preziosa partecipazione del Liceo Scientifico “E. Medi” di Battipaglia impegnato nell’attivazione, la programmazione e la realizzazione dei corsi di studio per il conseguimento del diploma di maturità scientifica per tutto il quinquennio, sia per le persone detenute ed ex detenute. Il gruppo di lavoro del Liceo Scientifico “E.Medi” di Battipaglia impegnato nel progetto “E-learning in carcere” è composto dalla Dirigente dott.ssa Silvana Rocco, dal prof. Fernando Di Mieri (coordinamento didattico), prof. Michele Caso (insegnamento di matematica e fisica) e dagli altri docenti delle diverse attività didattiche. La valenza internazionale dell’iniziativa - afferma la dott. Rita Romano - la metodologia rigorosamente scientifica con cui è attuata e il fatto che abbraccia un arco di tempo di tre anni sono gli elementi che hanno destato l’interesse degli organismi nazionali e internazionali che si occupano dell’aspetto formativo della popolazione carceraria. Il progetto - giunto al secondo anno di attuazione - consente ai ristretti di poter frequentare, senza spostarsi dal carcere, i corsi scolastici e universitari. I risultati raggiunti nel primo anno di attività sono superiori alle più rosee aspettative, come dimostrano i numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionale che stiamo avendo, ultimo in ordine di tempo il premio “Filippo Basile”. La stessa Unione Europea è interessata al nostro progetto. Siamo stati invitati in Belgio a Ghent il prossimo mese di ottobre (22 e 23) per illustrarlo alla Federal Public Service Justice che collabora con l’Università di Ghent e l’Icpa, e in Francia dal 24 al 28 di ottobre Università di Montpellier. È l’unico modo per realizzare concretamente quella sinergia tra la formazione scolastica e professionale, di ogni ordine e grado, e il Sistema carcerario e attuare il principio dell’aspetto educativo delle pene riconosciuto dai sistemi giuridici occidentali e, in particolare, dall’art. 27 della nostra Costituzione”. L’aspetto educativo e formativo non è fine a se stesso, ma ha come scopo l’inserimento sociale e lavorativo post carcere. Su questo versante l’Icatt di Eboli è molto presente con contatti continui con le Istituzioni pubbliche e private del territorio raggiungendo risultati importanti. Vincenzo Di Gerardo Trento: l’istruzione alla base di ogni progetto d’inserimento, via alla scuola in carcere Il Trentino, 28 settembre 2010 Inaugurazione ufficiale ieri in via Pilati, a Trento, del nuovo anno scolastico 2010-2011, alla presenza dell’assessore Marta Dalmaso e della direttrice Antonella Forgione, con la presentazione delle molte attività di formazione avviate e l’augurio di un rapido passaggio nella nuova sede di Spini di Gardolo con spazi certamente più dignitosi degli attuali anche per le attività scolastiche e laboratoriali riservate ai detenuti. Una decina i detenuti che si sono dichiarati disponibili a partecipare in modo attivo alla breve cerimonia d’inaugurazione del nuovo anno 2010/2011, stamattina presso la casa circondariale di via Pilati, sia per l’attività scolastica vera e propria di alfabetizzazione degli adulti finalizzata all’acquisizione della licenza media o di un diploma superiore, sia per le altre e molteplici iniziative di formazione e di corsi tematici attivate o da attivare nella nuova sede di Spini nel corso di quest’anno. E l’auspicio di un trasferimento nel più breve tempo possibile nella nuova sede è stato uno dei richiami costanti nella conferenza stampa tenuta dalla direttrice del carcere, Antonella Forgione (assieme ai rappresentanti e responsabili delle polizia penitenziaria ed al coordinatore degli educatori, Tommaso Amedei) ed all’assessore provinciale all’istruzione e allo sport, Marta Dalmaso (accompagnata dal referente per l’educazione degli adulti in Dipartimento istruzione, Adriano Tomasi, e dal responsabile del servizio sviluppo e innovazione, Paolo Renna). Presenti i dirigenti scolastici dei due istituti all’interno dei quali sono collocati i corsi per la scuola in carcere (Agostino Toffolia dell’Istituto Comprensivo Trento 5 e Donatella Rauzi dell’istituto per geometri “A. Pozzo” di Trento) assieme ai docenti “storici” della scuola in carcere (Maria Grazia Pevarello, Maria Luisa Rapanà, Edoardo Nicolussi, Paolo Bari). Prima dell’incontro coi detenuti in un’aula scolastica, la direttrice Forgione e l’educatore Amedei hanno illustrato ai giornalisti presenti il piano delle attività scolastiche e formative. “Tenere aperta questa finestra della formazione in carcere - ha detto la direttrice Antonella Forgione - vuol dire consentire ai detenuti l’incontro con il mondo libero e quindi il contatto con modelli positivi”. Da parte sua, l’assessore Marta Dalmaso ha ricordato come l’istruzione sia alla base di qualsiasi sviluppo sociale e quindi di qualsiasi prospettiva di reinserimento nella società di soggetti che in passato hanno fatto degli errori e che ora affrontano il percorso di formazione anche in un’ottica rieducativa. La scelta di inaugurare il nuovo anno in carcere - ha concluso l’assessore - vuol essere un segnale positivo e di fiducia che per tutti debba esserci sempre una chance”. Poi, l’impegno ad inaugurare anche il prossimo anno scolastico nella sede di Spini e nei nuovi spazi scolastici. Nell’incontro coi detenuti, l’insegnante Rapanà ha illustrato le principali attività in corso, poi breve saluto ed augurio da parte dei dirigenti scolastici Toffoli e Rauzi e infine la parola ad alcuni detenuti, che hanno si sono detti convinti di quanto “la scuola sia fondamentale se domani vogliamo reinserirci nella società”. Scambio di auguri ancora da parte della direttrice e dell’assessore e saluti finali con una calorosa stretta di mano. Roma: il progetto di un emporio con i prodotti “made in carcere” Il Tirreno, 28 settembre 2010 Ti capita di viaggiare in autostrada un giorno di autunno, proprio mentre la radio dà la notizia della morte assurda di Stefano Cucchi (il giovane scomparso dopo la detenzione nel carcere di Regina Coeli). La vita di un uomo può cambiare anche così, pensando a quella spezzata di un altro. È la storia del pratese Paolo Massenzi che da due mesi ha iniziato un tour indipendente per le carceri italiane a bordo di un camper anni 80. Ha lasciato il suo lavoro di problem solver e si è immerso in quello più difficile del confronto, del capire. “Volevo capire se nelle carceri italiane ci fosse qualcosa di buono”. racconta. Paolo si è fatto già 16 mila chilometri lungo lo Stivale, ha visitato tante strutture carcerarie, ha aperto il sito www.recuperiamoci.org, ormai il punto di riferimento per le cooperative di detenuti. Il lavoro di Paolo è quello di raccogliere, catalogare e poi portare in giro col suo camper il cosiddetto “made in carcere”. “Ci sono almeno 80 cooperative - racconta Paolo - che ho incontrato nel mio “Jail Tour 2010” e che producono, con professionalità, abbigliamento, generi alimentari, mobili e altri prodotti riciclando spesso materiali che altrimenti andrebbero buttati. Sono almeno 450 articoli, la mia speranza è di aprire presto un emporio a Roma cercando di valorizzare l’economia carceraria, che spesso non ha la possibilità di entrare nel mercato”. Quello che già sta facendo, mostrando in giro per l’Italia la creatività di persone che cercano di ritrovare una dignità nel lavoro. “Il nomèrecuperiamocì - conferma Paolo - non è stato scelto a caso. C’è la volontà di lanciare una messaggio, che il lavoro è capace di dare a queste persone un riscatto. Purtroppo ancora oggi si registra solo una minoranza di detenuti inseriti in progetti lavorativi. Un peccato, se si pensa che la recidività di chi lavora è del 10% contro il 70% di chi non ha un impiego. Insomma, il lavoro offre davvero una possibilità di recupero della propria persona”. Partito da Alba il 12 luglio, il “Jail Tour” ha toccato diverse regioni italiane e strutture carcerarie, collezionando il buono che c’è dietro le sbarre “che - dice Massenzi - è davvero tanto”. Riscontrando anche il forte calore della gente “che verso questi prodotti non è diffidente, ha sensibilità e questo è un messaggio importante”. Volendo addentrarci in un elenco non certo esaustivo di brand e prodotti, pensiamo alle magliette “Made in Carcere” icona di Rebibbia, a Roma, a Verbania con il marchio “Banda biscotti” si producono ottimi dolcetti, ci sono gli abiti del ‘700 realizzati dalla detenute della Giudecca a Venezia, nel carcere di Sollicciano si cuciono le bambole cuscino “Ninetta”, la Casa di Reclusione di Fossano ha lanciato la linea di oggetti in arredamento in metallo “Ferro&Fuoco Jail Design”, a Barcellona Pozzo di Gotto, nell’ospedale psichiatrico, è allestito un mobilificio. Tutti oggetti che Paolo porta in giro col suo camper in una mostra itinerante. “I soldi guadagnati da ciò che vendo - ci spiega - tornano a chi li ha prodotti. Poi, se avanza qualcosa, quello lo uso per il gasolio del camper”. “Il mio lavoro non nasce come protesta, ma è un messaggio a considerare che dietro una sbarra c’è anche del buono, che dal carcere può ripartire la speranza - sottolinea Massenzi - in futuro vorrei visitare le regioni che mancano ancora all’appello: Abruzzo, Sardegna, Molise, Campania e Liguria”, non prima di aver trovato l’immobile per l’emporio da aprire a Roma “il prima possibile”. Poi chiude con una riflessione data dall’esperienza personale. “Le carceri italiane non se la passano bene. Le cifre non mentono, gli spazi sono pochi e i detenuti tanti. Siamo di fronte ad una pentola a pressione, se non si spegne la fiamma e non si apre la valvola prima o poi il rischio è che esploda. Rovigo: Fp-Cgil; due agenti aggrediti da un detenuto nigeriano e un tentato suicidio Il Gazzettino, 28 settembre 2010 Ad agosto il tentativo di un suicidio da parte di un detenuto, ora un’aggressione ad un agente. L’emergenza del sovraffollamento in carcere e dei problemi legati ai carichi di lavoro della polizia penitenziaria non può essere più un argomento da rinviare. Venerdì scorso, alle 9, due agenti della casa circondariale di Rovigo si apprestano a prelevare un detenuto nigeriano dalla sua cella per trasportarlo a Monza, in un centro clinico di osservazione per persone con problemi psichici. Nell’atto di ammanettarlo, prima di farlo salire sul furgone, l’extracomunitario di 37 anni, a suo tempo arrestato per resistenza e trasferito a Rovigo da Padova per sovraffollamento, sferra una testata ad un agente, ferendolo ad un labbro. Comincia la colluttazione, con il detenuto che continua, nel suo tentativo probabilmente di fuggire, a tirare calci e pugni. L’altro agente interviene e rimane colpito alla mano subendo una lesione. Dopo alcuni momenti di concitazione, finalmente viene placato il raptus del nigeriano, che viene fermato. Fortunatamente per gli agenti della polizia penitenziaria solo cinque giorni di prognosi e tre punti di sutura sul labbro per uno e un paio di giorni per l’altro, ma poteva andare molto peggio e non solo per la loro incolumità. “È solo l’ultimo degli episodi di evidente emergenza che stanno vivendo in carcere gli agenti - spiega Giampietro Pegoraro coordinatore regionale della Fp Cgil penitenziari - ma ormai è un problema non più procrastinabile. Siamo stanchi di denunciare il sovraffollamento e la carenza di organico insufficiente a garantire turni e soprattutto sicurezza. Detenuti con problemi psichiatrici non dovrebbero nemmeno essere accettati in una struttura non idonea ed invece, oltre al nigeriano, ce n’è un altro in cella, rientrato dopo una degenza in un centro. Gli agenti penitenziari non sono né addestrati né addestrati per questo tipo di persone”. La situazione ad agosto era stata segnalata da Pegoraro in un incontro ottenuto con l’ex prefetto Aldo Adinolfi, il sindaco di Rovigo Fausto Merchiori e il presidente della Provincia Tiziana Virgili che si era subito attivata per un incontro con i vertici dell’Ulss 18 per cercare di ottenere una turnazione più adeguata ed efficace di medici e infermieri in carcere. Ora il direttore generale Adriano Marcolongo dovrebbe a breve formulare una proposta, da sottoporre al vaglio delle organizzazioni sindacali. “Intanto però è urgente che tutti gli organismi preposti, che istituzioni e politici e soprattutto il prefetto - sollecita Pegoraro - si attivino per far intervenire l’amministrazione penitenziaria”. Adinolfi è stato trasferito e le consegne affidate al nuovo prefetto Romilda Tafuri. “Spero sia stata allertata - chiude il sindacalista - e che si debba ricominciare il percorso da zero”. Un detenuto aveva tentato di impiccarsi Drammi e tensioni continuano ad interessare il carcere di via Verdi, cronicamente sovraffollato, con un numero di agenti insufficienti a garantire la sicurezza. Il 19 agosto, poco più di un mese fa, un detenuto aveva tentato di uccidersi. Era convinto di essere sieropositivo. Verso le 11 del mattino, tempo di ferie e personale più ridotto del solito, un sovrintendente della polizia penitenziaria ed un ispettore capo, sbirciando tra le grate di una cella del piano terra, vedono un uomo con attorno al collo le lenzuola della branda con i piedi su uno sgabello. È questione di attimi. Fanno irruzione all’interno della stanza, lo afferrano di peso mentre sta per spostare il punto di appoggio e tagliano il lenzuolo. Il detenuto è salvo per miracolo ed è stato visitato dal medico del carcere. Il dramma dell’extracomunitario, di 29 anni, che si trovava in cella da solo, era maturato per una condanna di due anni che riteneva eccessiva per un decreto di espulsione non ottemperato e reati minori. Inoltre pensava di aver contratto l’Hiv, nonostante gli esami avessero dato esito negativo. Roma: detenuto in permesso ferisce a coltellate il domestico, perché dorme nel suo letto Italpress, 28 settembre 2010 Detenuto in permesso premio rientra a casa, sorprende il domestico a dormire nel suo letto e lo ferisce a coltellate. In manette è finito un pregiudicato 61enne, detenuto nel carcere di Rebibbia per traffico di droga. L’uomo è stato nuovamente arrestato dai carabinieri della Stazione di Formello, questa volta con l’accusa di tentato omicidio. Il 61enne, che stava godendo di un permesso premio, rientrando a casa ha sorpreso il proprio domestico, un ragazzo dell’Ecuador di 25 anni, mentre dormiva nella sua camera da letto. L’uomo è andato su tutte le furie ed è stato completamente inutile anche il tentativo della vittima di giustificarsi e spiegare che era stato autorizzato dalla moglie a dormire in quella stanza, perchè in casa non ci sarebbe stato nessuno per qualche tempo. Il pregiudicato, accecato dall’ira, non ha esitato ad afferrare un coltello da cucina ed a pugnalarlo più volte alla schiena. La vittima, nonostante le ferite riportate, si è rifugiata da un connazionale che abita poco distante dall’abitazione ed ha chiamato il 112. I carabinieri, sulla base degli elementi forniti dall’ecuadoriano, hanno rintracciato l’uomo, che nel frattempo era fuggito al cimitero. Il domestico è stato soccorso dal personale del 118 e non versa in pericolo di vita, mentre il 61enne è stato riportato nel carcere di Rebibbia. La perquisizione domiciliare ha consentito ai militari di rinvenire e sequestrare il coltello ed una camicia, intrisi di sangue. Catanzaro: progetto “L’Arcobaleno”, i colori per un carcere che rispetta i bambini Quotidiano di Calabria, 28 settembre 2010 Saranno inaugurate domani alle 10,50 le sale d’attesa familiari detenuti della Casa Circondariale di Catanzaro alla presenza dell’on. Wanda Ferro. L’iniziativa è particolarmente importante in quanto finalizzata a ridurre le conseguenze negative, soprattutto per i più piccoli, dell’impatto che può avere l’effettuazione di un colloquio con un familiare in un ambiente carcerario. Si è pertanto lavorato sulla realizzazione di un ambiente il più possibile accogliente dove i detenuti possono effettuare i colloqui e sulla creazione di sale d’attesa armoniche ed attrezzate secondo i gusti dei bambini. Il progetto “L’Arcobaleno” ha lo scopo di rispettare i più piccoli, il tema dell’iniziativa è - I colori per un carcere che rispetta i bambini”. Sassari: venerdì il dibattito: “Le mura dentro. Lo spazio dei ristretti e la percezione dei cittadini” L’Unione Sarda, 28 settembre 2010 L’Arci di Sassari promuove per venerdì 1 ottobre con inizio alle 17,30 presso la Biblioteca Comunale di piazza Tola un incontro dibattito dal titolo “Le mura dentro - Sassari San Sebastiano. Lo spazio dei ristretti e la percezione dei cittadini”. Scopo dell’incontro è discutere della situazione del carcere di San Sebastiano che secondo tutti gli osservatori è tra i peggiori d’Italia per le condizioni nelle quali i detenuti sono costretti a vivere mentre ancora non si conosce la data della fine dei lavori per la costruzione del nuovo carcere. Le condizioni nelle quali versa San Sebastiano sono inoltre un serio problema anche per i lavoratori della polizia penitenziaria, per gli educatori, per gli altri operatori e per la direzione carceraria. Individuare possibili soluzioni è un dovere che tutta la comunità deve sentire. Interverranno Teresa Mascolo, direttore del carcere di San Sebastiano, Irene Testa, presidente nazionale dell’associazione “Il detenuto ignoto”, Guido Melis, deputato del Pd e componente della Commissione Giustizia di Montecitorio. Introdurrà l’incontro Marina Casu, responsabile del settore carceri dell’Arci di Sassari; coordinerà Franca Puggioni, presidente dell’Arci di Sassari. Palermo: il musicista Tony Colombo ha tenuto un concerto al carcere Pagliarelli Italpress, 28 settembre 2010 Un pubblico particolare e allo stesso tempo speciale quello che ha incontrato oggi pomeriggio Tony Colombo. Il cantante “dell’altra Palermo” ha portato il suo live dentro il carcere dei Pagliarelli di via Vittorio Bachelet. Uno show di oltre due ore con tanto di ballerine, musicisti e supporter dove Tony ha cantato, suonato, si è raccontato, ha fatto commuovere e sorridere con le sue esperienze di vita che lo hanno fatto parecchio maturare. “È stato un momento piacevole” - dice Francesca Vazzana, direttrice casa circondariale Pagliarelli - l’iniziativa rientra nel programma delle attività culturali che abbiamo voluto promuovere quest’anno a favore dei detenuti. Vivere la detenzione non è affatto un momento piacevole della propria vita, ma viverla nella serenità anche con l’aiuto di qualche svago può rappresentare non solo una forma di apertura mentale ma di salvaguardia della salute psico-fisica del detenuto”. “È stato uno dei concerti più importanti della mia vita professionale negli ultimi quindici anni - ha detto il cantante Tony Colombo - Mi ha dato tanto il contatto con questo pubblico e spero di aver trasmesso il mio semplice messaggio di vita attraverso la mia musica”. Iran: pena di morte; in una sola settimana eseguite otto condanne capitali Agenzia Radicale, 28 settembre 2010 Le prime due persone sono state impiccate il 22 settembre per stupro e traffico di droga. Nel primo caso, un uomo è stato giustiziato in carcere a Kerman, nel sud-est dell’Iran, dopo essere stato riconosciuto colpevole di stupro. Lo riferisce il sito ufficiale della magistratura di Kerman, che identifica l’uomo come “Majid Sh.”. Era stato condannato a morte nel 2007. La seconda persona è stata impiccata ad Aran-Bigdel, nella provincia di Isfahan, per traffico di droga. Lo riporta il giornale Kayhan, senza precisare il nome del giustiziato, né se si tratti di un uomo o di una donna. Non si conosce neanche l’età, né se sia stato impiccato in prigione o in pubblico. Il 20 settembre tre uomini sono stati impiccati nel carcere Karoun di Ahvaz, nel sud-ovest dell’Iran, dopo essere stati riconosciuti colpevoli di traffico di droga e omicidio. Citando l’ufficio del procuratore di Ahvaz, l’agenzia di stampa ufficiale Fars identifica due dei giustiziati come “Gh. A.”, che avrebbe comprato 1,24 kg e detenuto 985 gr di eroina, e “S. F.”, che avrebbe detenuto e venduto 146 gr di eroina. I due erano stati condannati a morte dal Tribunale Rivoluzionario di Abadan. Il terzo uomo è stato identificato come “Gh. J.”, che era stato riconosciuto colpevole di omicidio. Le accuse non sono state confermate da alcuna fonte indipendente. Non si conosce neanche l’età dei tre giustiziati. Sempre il 20 settembre tre persone sono state impiccate a Yazd, per traffico di droga. Lo riporta l’agenzia di stampa ufficiale Isna, secondo cui le esecuzioni sono state effettuate la mattina nel carcere della città. I giustiziati sono stati identificati come “M. M.” e “A. Ch.”, che avrebbero trafficato 111 kg di eroina, e “A. D.”, che avrebbe trafficato 1,52 kg di oppio e 60 kg di eroina. Le accuse non sono state confermate da alcuna fonte indipendente. Stati Uniti: messo a morte condannato che aveva tentato il suicidio Adnkronos, 28 settembre 2010 Ancora un’esecuzione che fa discutere negli Stati Uniti, dove è stato messo a morte un condannato di 31 anni che la scorsa settimana aveva tentato il suicidio tagliandosi i polsi e la gola con un rasoio. Ci sono voluti 30 minuti parchè i medici trovassero la vena dove iniettare il famigerato cocktail di tre sostanze letali a Brandon Jospeh Rhode, dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti non ha accolto la richiesta di rinvio dell’esecuzione presentata dai suoi avvocati. L’esecuzione di Rhode, condannato per aver ucciso nel 1998, quando aveva 19 anni, il proprietario di una ditta di trasporti e i suoi due figli di 11 e 15 anni, era originariamente fissata per lo scorso 21 settembre. Ma quello stesso giorno il detenuto ha tentato il suicidio ed è stato ricoverato in ospedale dove è stato medicato e legato su una sedia di contenimento, per evitare che si togliesse i punti di sutura. Una “sedia delle torture”, ha detto il legale di Rhode denunciando il trattamento crudele a cui il suo cliente è stato sottoposto. “È stato sottoposto a qualcosa di surreale e incomprensibile, misure estreme per cercare di salvargli la vita da parte dello stesso personale della prigione che poi avrebbe partecipato alla sua esecuzione” ha scritto l’avvocato nel suo ricorso, presentato prima alla Corte Suprema della Georgia e poi a quella di Washington, per ottenere un rinvio dell’esecuzione per stabilire se il suo cliente fosse in pieno possesso delle sue facoltà mentali.