Giustizia: una riforma che serva davvero ai tribunali, alle carceri, ai cittadini di Carlo Federico Grosso La Stampa, 2 ottobre 2010 La giustizia costituisce sicuramente, oggi, una priorità. Nove milioni di processi pendenti sono davvero, come ha detto Berlusconi in Parlamento, “un macigno” che “dovremmo, tutti, voler rimuovere”. In questa prospettiva era inevitabile che il tema dell’efficienza della giustizia comparisse fra i cinque punti del programma di governo. Berlusconi, sempre in Parlamento, ha tracciato la sua linea: riforma costituzionale che consenta di ristabilire fra i poteri dello Stato un giusto equilibrio (equilibrio a suo dire turbato da un uso politico della giustizia da parte di alcuni magistrati); riforma costituzionale che assicuri parità fra difesa ed accusa nel processo penale attraverso la separazione delle carriere e la spaccatura in due del Csm; legge ordinaria che garantisca l’accelerazione dei processi; piano straordinario per lo smaltimento delle cause civili pendenti; piano carceri che consenta di ridurre il sovraffollamento. Ed ancora: attuazione della delega per la semplificazione dei riti del processo civile, aumento delle risorse per la giustizia. Davvero, tuttavia, si tratta di un progetto funzionale, destinato a garantire l’obiettivo di una giustizia penale e civile finalmente efficiente? Dimentichiamoci, per un istante, che obiettivo primario di questo governo in materia di giustizia sembra essere stato, fino ad ora, assicurare l’impunità al presidente del Consiglio attraverso un’elaborata rete di leggi personali. Dimentichiamoci, anche se è difficile, gli attacchi pronunciati ripetutamente dallo stesso presidente contro la magistratura “politicizzata” che, a suo dire, tramerebbe nell’ombra per rovesciarlo (attacchi ripetuti pesantemente ieri sera, al rientro dalle sue fatiche parlamentari, davanti ad un gruppo di seguaci plaudenti). E domandiamoci se gli interventi prospettati ufficialmente in Parlamento siano davvero idonei a tranquillizzare sul conseguimento del dichiarato obiettivo di efficienza. La mia risposta è assolutamente negativa. Come tecnico del diritto, lette le parole pronunciate dal presidente del Consiglio, mi sono domandato quante, e quali, delle iniziative menzionate prevedano rimedi in grado di superare concretamente questa, o quella, specifica causa di ritardo senza danneggiare l’ordinata gestione dei processi. Pressoché nessuna. Consideriamo due dei principali interventi prospettati: l’approvazione di una legge che consenta l’accelerazione dei processi, un piano straordinario per lo smaltimento delle cause civili pendenti. Sul primo versante, una legge con quale contenuto? Se si trattasse di una rivisitazione del c.d. “processo breve”, che è sempre in cima all’agenda berlusconiana nonostante il veto dei finiani, l’obiezione sarebbe infatti radicale: imponendo, pena la loro estinzione, tempi rapidi precostituiti ai processi penali senza che siano state previamente assicurate le condizioni per una loro altrettanto rapida celebrazione, il risultato sarebbe l’ecatombe dei processi e pertanto la denegata giustizia generalizzata. Dalle parole del presidente non si ricava, d’altronde, l’indicazione di nessun altro progetto. Che cosa significa, d’altro canto, “piano straordinario per lo smaltimento delle cause civili”? Significa trasferire per intero l’ammontare dei processi dalla competenza del giudice togato alla rete di una giustizia “privatizzata” allo scopo di consentire soluzioni rapide perché sbrigative? E con quali garanzie per le parti? Ancora una volta i finiani, giustamente preoccupati, hanno ammonito: “Siamo d’accordo a smaltire le cause civili pendenti, ma non saremo mai d’accordo con una legge che tolga la possibilità, anche ad un solo cittadino, di avere la giustizia che attende dal suo giudice civile”. E senza l’appoggio dei finiani, come si è capito, la maggioranza non andrà lontano. È giusto, d’altra parte, prevedere l’aumento delle risorse destinate alla giustizia ed ipotizzare la realizzazione di un piano carceri volto a ridurre il sovraffollamento. Peccato che il presidente del Consiglio non abbia indicato a quanto potrebbero ammontare i nuovi investimenti ed abbia dovuto ammettere che il piano carceri già in via di realizzazione non abbia, fino ad ora, assicurato grandi risultati. Rimangono, per altro verso, le annotazioni a mio avviso più inquietanti: da un lato, la dichiarata necessità di riaffermare la supremazia della politica sulla magistratura; dall’altro, la separazione delle carriere dei magistrati e lo sdoppiamento del Consiglio Superiore. Questi temi non hanno ovviamente nulla a che vedere con la dichiarata necessità di recuperare efficienza alla macchina giudiziaria. Con il primo si tende a ripristinare il sistema delle immunità dei politici, reso necessario, si sostiene, da un asserito uso politico della giustizia da parte dell’ordine giudiziario. La posta in gioco è, comunque, sempre la stessa: come garantire al presidente del Consiglio, pur con i paletti imposti dai finiani, di sfuggire all’epilogo naturale dei processi nei quali è coinvolto. Con il secondo, a parole, si tende a realizzare il principio costituzionale della parità fra accusa e difesa nel processo. Sullo sfondo si profila, peraltro, ancora una volta, l’obiettivo d’indebolire le procure della Repubblica, degradando i pubblici ministeri ad avvocati dell’accusa e privandoli della gestione delle indagini, affidata, come si prevede, ad una polizia giudiziaria che raccoglie prove, decide quali indagini coltivare, con quanta rapidità, con quali mezzi. Perché, allora, agganciarli al tema dell’efficienza, considerato assolutamente prioritario? E, più in generale, quanto davvero sta a cuore, a Berlusconi ed alla sua maggioranza, l’asserita priorità di una giustizia efficiente, e quanto, piuttosto, prioritario è l’obiettivo di coprire, proteggere, tutelare, garantire, difendere dall’esercizio dell’attività giudiziaria? E fino a che punto Fini, ed i finiani, sapranno avventurarsi lungo la strada del distacco per assicurare al Paese, come dicono, legalità e Stato di diritto? Giustizia: Pannella; il mondo carcerario oggi è un’anticipazione di nuova Shoah Adnkronos, 2 ottobre 2010 “Stiamo attenti! Il mondo carcerario oggi è un’anticipazione di nuova Shoah. Un mondo tremendo, dove personale amministrativo, agenti e detenuti sono costretti a vivere vere e proprie torture; un sistema di violazioni di legalità, che si traduce in suicidi e malattie”. Lo ha dichiarato a Sky Tg24 Marco Pannella, che dalla mezzanotte di ieri ha iniziato un Satyagraha, con uno sciopero della fame anche sul tema della giustizia e delle carceri italiane. “Le carceri - ha proseguito Pannella - sono l’appendice del disastro della giustizia in Italia, denunciato anche dalle Istituzioni europee; con 11 milioni di processi pendenti, che coinvolgono un terzo della popolazione; con quella amnistia di fatto e di classe che ogni anno ne vede prescritti almeno 200 mila, solo per coloro che possono pagare bravi avvocati. Tutti gli altri: povera gente ma anche appartenenti al ceto medio, entrano in un tunnel, senza sapere dopo quanti anni potranno uscirne. Il dramma del carcere riguarda ormai 70/80 mila famiglie e, grazie a leggi come la Bossi-Fini o la Fini-Giovanardi, finiscono in galera tantissimi stranieri e giovani colpevoli di essere tossicodipendenti. Le carceri sono anche piene di reclusi in attesa di giudizio, circa il 40 per cento, di cui la metà saranno riconosciuti innocenti. Bisogna rientrare nella civiltà e nella legalità internazionale, per porre fine a questa vergogna”. Giustizia: al Senato attesa per conclusione iter del ddl sulle pene domiciliari Asca, 2 ottobre 2010 Effettuata mercoledì scorso la prevista audizione del Capo Dipartimento dell’Amministrazione Giudiziaria Franco Ionta, la Commissione Giustizia dovrà decidere la prossima settimana se chiedere - come proposto dal Presidente Berselli - la riassegnazione in sede legislativa per concludere rapidamente il lungo iter parlamentare del ddl 2313 che prevede l’esecuzione presso il domicilio dei residui di pena non superiori ad un anno. L’audizione di Ionta ha evidenziato i problemi relativi al sovraffollamento carcerario e l’apporto che in merito potrà derivare dall’applicazione delle nuove norme. In particolare il numero complessivo dei detenuti ammonta - ha precisato Ionta - a 68.000 unità (dei quali 3.000 donne) , un livello di saturazione che si è ricostituito molto rapidamente nei 4 anni trascorsi dall’indulto che aveva fatto scendere il numero a 39.005. I detenuti con pena detentiva residua inferiore o uguale ad un anno sono 10.436 dei quali 5.677 italiani e 4.759 stranieri. Tenendo conto dell’elevato numero di questi ultimi che non dispongono di un domicilio, la platea di potenziali beneficiari scende a 7.992. Il numero indicato è, però, molto più alto di quello che nei giorni scorsi aveva fornito in Commissione il Sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo. Il rappresentante del Governo aveva, infatti, precisato che per effetto delle numerose limitazioni stabilite dallo stesso ddl per la concessione dei domiciliari, cioè escludendo i responsabili di reati gravi o di atti di terrorismo o condannati per appartenenza ad organizzazioni criminali,il reale impatto del provvedimento ai fini della riduzione del sovraffollamento carcerario sarà inferiore alle 2.000 unità. Indubbiamente, come ha sottolineato Franco Ionta in Commissione, il ritardo ulteriore nel definitivo via libera al Ddl ridurrebbe il potenziale effetto deflattivo del sovraffollamento derivante dalle nuove norme in quanto il beneficio sarebbe ininfluente per un detenuto con un residuo di pena di 5 o 6 mesi. I senatori della maggioranza in Commissione puntano, quindi, ad ottenere la riassegnazione in sede legislativa per arrivare in tempi stretti al definitivo via libera, ma numerosi senatori di opposizione hanno già espresso ampie riserve sui contenuti e sulla reale utilità delle nuove norme. Giustizia: alla Camera slitta ancora l’esame del ddl sulle detenute madri Asca, 2 ottobre 2010 Il Comitato Ristretto della Commissione Giustizia ha proseguito l’esame del testo unificato 2011 riguardante la tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori, ma è stato rinviata alla prossima settimana la ripresa del confronto in Commissione in sede plenaria per valutare eventuali ulteriori emendamenti. Il progetto normativo è stato già oggetto di ampi ritocchi ed era stata programmata la discussione in aula a partire dal 21 settembre. La Commissione aveva chiesto un rinvio per procedere ad un approfondimento di varie disposizioni. La Presidente Giulia Bongiorno ha sottolineato più volte l’esigenza di chiudere l’iter referente per chiedere a breve una nuova calendarizzazione in Assemblea. Nell’audizione svolta mercoledì in Senato il Direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta ha precisato che attualmente sono 56 le detenute con figli in strutture carcerarie e un esempio da seguire è l’apposita struttura realizzata a Milano adibita alla custodia attenuata di detenute madri. Giustizia: Osapp; le carceri galleggianti sono uno scandalo, un’ingiustizia e uno spreco Ansa, 2 ottobre 2010 Le carceri galleggianti sono “uno scandalo, un’ingiustizia e uno spreco”. Lo afferma Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria, commentando indiscrezioni secondo cui il governo avrebbe confermato a Fincantieri - incaricata del progetto dal Ministero della Giustizia - il proprio impegno per la realizzazione delle nuove piattaforme. “Simili strutture - sostiene Beneduci - sono anguste e per nulla sicure, tant’è che all’estero si è provveduto alla loro progressiva dismissione”. Il modellino presentato lo scorso febbraio da Fincantieri era quello di una piattaforma galleggiante capace di contenere 320 celle e 640 detenuti. ‘Immaginare di vedere barconi colmi di esseri umani nei porti di Genova, di Trieste o di Napoli, ci fa gridare all’ingiustizia, allo scandalo e all’ennesimo spreco, che come sempre sono perpetrati ai danni dei più deboli nelle carceri: i detenuti e i poliziotti penitenziari’. Cagliari: un futuro incerto per Buoncammino; è un monumento, difficile riconvertirlo L’Unione Sarda, 2 ottobre 2010 Cosa sarà Buoncammino dopo il 25 giugno 2011, data ufficiale di consegna, al netto dei collaudi, del nuovo istituto di pena di Uta? Il conto alla rovescia per il trasferimento del carcere da Buoncammino a Uta è già iniziato. Ma cosa succederà al vecchio istituto di pena dopo il 25 giugno 2011, data ufficiale, al netto dei collaudi, per la consegna della nuova struttura al ministero di Giustizia? L’edificio realizzato 150 anni fa sul colle omonimo resterà un istituto di pena o diventerà un museo, un albergo, un centro culturale o chissà cos’altro? Stato, Regione e Comune non hanno ancora iniziato la discussione, ma è bene che accelerino i tempi. I cagliaritani farebbero volentieri a meno di un bene di inestimabile valore che si trasforma in rudere come l’ex ospedale Marino e le caserme in disuso (un esempio per tutti l’ex deposito dell’Aeronautica di via Cagna). Il carcere di Buoncammino è un bene del demanio dello Stato in uso al ministero di Giustizia. Quando e se, dopo il trasferimento a Uta, il ministero deciderà di non avere più bisogno dell’edificio servirà un decreto del guardasigilli per formalizzare la sua restituzione. Il Demanio come primo passo dovrà cercare tra gli enti dello Stato (Polizia, Carabinieri, Prefettura) eventuali utilizzatori. Se nessuno fosse interessato il bene verrebbe dismesso e trasferito alla Regione che, a sua volta, può cercare futuri gestori tra gli enti locali. I vertici provinciali di Polizia e Carabinieri fanno sapere di non essere interessati al penitenziario. “Tutte le nostre strutture hanno spazi soddisfacenti”, spiega il portavoce della Questura. “L’unica in sofferenza è la Polstrada, ma verrà trasferita nella caserma Carlo Alberto. Comunque, tutte le scelte dipendono da Roma”. Stesso discorso dal comando di via Nuoro. “Gli spazi non sono compatibili con le nostre esigenze logistiche”. Giovanni Pilia è il direttore del Servizio demanio e patrimonio dell’assessorato regionale all’Urbanistica. “Non abbiamo ancora valutato il destino del carcere. Sia ben chiaro, la scelta sulla destinazione è politica, ma riconvertire l’immobile per usi civili è molto difficile. Un museo? Figuriamoci, non riusciamo a far utilizzare i 38 mila metri quadri della Manifattura tabacchi”. Gabriele Tola, soprintendente per i Beni architettonici e paesaggistici, è esplicito. “Il carcere di Buoncammino è un bene tutelato dalla legge, un monumento dal valore architettonico eccezionale. È da tempo che mi pongo domande sul suo futuro: il problema è davvero spinoso”. Un carcere in funzione dal 1855 Il primo corpo di Buoncammino entrò in funzione il 2 luglio 1855. Il nuovo carcere, che accorpò la vecchia struttura, fu costruito nel decennio che va dal 1887 al 1897 (in contemporanea con Le Nuove di Torino e San Vittore di Milano) dagli ingegneri Bulgarini e Ceccarelli. Sviluppandosi su 15 mila metri quadri, fu la più grande opera edilizia in città. Un anno prima della conclusione dei lavori, nel 1896, furono trasferiti 600 detenuti provenienti dagli altri istituti di pena cittadini: San Pancrazio e San Bartolomeo. Firenze: salviamo la scuola in carcere, per i detenuti l’istruzione non è un lusso di Giovanni Di Fede (Assessore provinciale all’istruzione) La Repubblica, 2 ottobre 2010 Mi appello all’amministrazione scolastica e in particolare al direttore dell’ufficio scolastico regionale Cesare Angotti perché si riescano a salvare le scuole serali e la scuola carceraria di Sollicciano. La situazione è difficile. Ho ricevuto una lettera del direttore di Sollicciano Oreste Cacurri, che esprime una preoccupazione che non possiamo non condividere. Per il 2010-2011 gli studenti che hanno superato la prima, la seconda o la terza classe non potranno andare avanti, le due prime classi di 25 alunni non saranno formate, e stiamo parlando di circa 100 persone. È prevista infatti solo una quinta classe: il prossimo anno l’istruzione superiore sparirà del tutto da Sollicciano? Non possiamo permetterci di negare l’istruzione ai detenuti. L’istruzione carceraria si è sempre fatta, fin dai tempi dello Statuto albertino, come si può altrimenti rieducare i condannati? Come possiamo non rispondere ad un’utenza adulta che individua nella scuola una nuova possibilità per un migliore inserimento nella vita sociale? La scuola non è un lusso, ha la stessa importanza del lavoro, dell’assistenza sanitaria. La sensazione è che si stia perseguendo scientificamente un’opera di distruzione della scuola pubblica, non credo per mere questioni economiche. Come non vedere che negando l’istruzione a chi la rivendica, neghiamo ai cittadini il diritto alla costruzione di sé, ad avere maggiore consapevolezza e capacità critica? Davvero vogliamo che la società fiorentina diventi una società appiattita, monocorde? Fermo (Ap): mozione sul carcere; condizioni di vita disumane ed inaccetabili Asca, 2 ottobre 2010 “Dopo essere stata nel carcere di Fermo, sono rimasta particolarmente sconvolta da quello che ho visto - dice la Ortenzi - e mi sono sentita di coinvolgere Giunta e Consiglio regionale, perché credo sia un tema di cui tutti dobbiamo farci carico. Istituzioni e cittadini”. Esordisce così il consigliere regionale Rosalba Ortenzi ai nostri microfoni. Nella mozione indirizzata alla Regione ha messo in evidenza la pesante situazione di sovraffollamento. La capienza regolamentare è di 45 detenuti, mentre al momento della visita erano 81. Chiede di effettuare lavori urgenti volti ad eliminare il bancone divisorio nella sala colloqui, alla realizzazione di bagni nelle singole celle, al recupero di ulteriori locali e spazi da dedicare ad attività di formazione. “Nella struttura ci sono anche degli ergastolani, e indigna pensare che una persona debba rimanere tutta la vita in tali condizioni. Da non dimenticare, poi, che il 40% della popolazione del carcere è tossicodipendente e non c’è, se non sporadicamente, il sostegno di personale specializzato”, conclude la Ortenzi, che propone anche la realizzazione di una nuova e più adeguata struttura. Sulmona (Aq): continua la scia di violenza, medico del carcere aggredito da detenuto Ansa, 2 ottobre 2010 A dover far ricorso ad appropriate cure presso l’infermeria del penitenziario questa volta non è stato un agente di polizia penitenziaria bensì il medico di guardia in servizio presso il reparto Internati/media sicurezza. Il medico in questione, che nel carcere di Sulmona opera da diversi anni e quindi con una adeguata esperienza alle spalle, è stato brutalmente malmenato da uno dei tanti detenuti con sbalzi aggressivi presenti nel carcere peligno. Ne dà notizia il segretario provinciale Uil, Mauro Nardella. Il medico sarebbe stato costretto a dover sospendere le visite ordinarie presso il reparto stesso con le inevitabili negative ripercussioni che ne sono derivate. “Il dato è preoccupante”, commenta Nardella, “se si pensa al fatto che a rimetterci è stato un professionista deputato alla cura dei detenuti e non, come finora successo, una persona operante nel campo della sicurezza e della disciplina”. La Uil penitenziari si dice “dispiaciuta e preoccupata dell’insano gesto” da parte di un detenuto che malgrado sia sottoposto 24 ore su 24 a sorveglianza sanitaria ha avuto il barbaro coraggio di scagliarsi contro una persona che ha “l’unica colpa di salvaguardare la sua salute”. L’ultima aggressione si aggiunge ad una delle tante che con preoccupante frequenza si stanno avendo presso il carcere Sulmonese. Saluzzo (Cn): il Consigliere regionale Tullio Ponso lunedì in visita al carcere Apcom, 2 ottobre 2010 “Mi hanno molto colpito le ragioni della protesta attuata nel carcere di Saluzzo, dove venti ergastolani hanno proclamato l’astensione dal cibo somministrato dalla direzione, in quanto non sono state evidenziate, come spesso succede, condizioni di sovraffollamento o di scarsa igiene bensì il fatto di essere costretti in cella senza fare nulla mentre la richiesta avanzata è quella di veder attuati dei percorsi di riabilitazione. In particolare, mi ha fatto riflettere una frase contenuta nell’appello dei detenuti: “Può uno Stato pretendere di insegnare la legalità quando costringe a vivere in condizioni illegali?”. Questo quanto dichiarato dal consigliere regionale Tullio Ponso, che prosegue: “ Certo, dalla politica non arrivano degli esempi edificanti, neppure per i detenuti. Ma proprio perché il mio partito è guidato da un personaggio come l’ex magistrato Di Pietro e annovera altri ex magistrati come Luigi De Magistris, attualmente parlamentare europeo, siamo a favore della certezza della pena e, al contempo, di processi che giungano a conclusione in tempi ragionevoli. Siamo contro il processo breve e le leggi ad personam, che tentano di evitare la giusta punizione per i politici che si macchiano di reati. Ma siamo anche convinti - prosegue Ponso - che il carcere deve rappresentare il punto di partenza di un processo riabilitativo che deve permettere, a chi ha sbagliato nei confronti della società, di espiare la colpa e, nel contempo, di uscire dall’esperienza del carcere cambiato in meglio. Penso, quindi, che le rivendicazioni dei detenuti di Saluzzo siano giuste anche se, da quanto ho letto, al Moranti sono già previste attività di vario genere, tra cui il laboratorio teatrale e alcuni corsi di formazione. Il prossimo 4 ottobre ho programmato una visita al carcere di Saluzzo, durante la quale cercherò di capire in che modo la Regione potrebbe rendersi utile per andare incontro alle richieste avanzate anche se, ovviamente, tutte le iniziative devono necessariamente essere esaminate dal ministero competente, quindi a livello statale. Certo è, protesta a parte, che anche a Saluzzo si devono registrare forti carenze nell’organico della polizia penitenziaria dato che a fronte dei 154 agenti per 430 reclusi ne servirebbero almeno altre trenta unità circa, così come gli educatori oggi 3 contro i 10 previsti dal Ministero. Mi rendo conto, perciò, che agenti e detenuti si trovano nella stessa barca ed entrambi, per ragioni diverse, ovviamente, attendono delle risposte dallo Stato, quello stesso Stato al quale i reclusi si rivolgono alla ricerca di condizioni di vita certamente migliori ma sicuramente più legali”. Bolzano: domani un concerto del cantante e musicista Andrea Maffei per detenuti Ansa, 2 ottobre 2010 Il cantante e musicista bolzanino Andrea Maffei suonerà con la sua band, terrà domenica 3 ottobre nel carcere di via Dante, per gli ospiti della struttura. Si tratta di una manifestazione che rientra nell’ambito di una serie di iniziative di collaborazione tra l’amministrazione comunale e la casa circondariale bolzanina. Il sindaco Luigi Spagnolli e l’assessore Patrizia Trincanato hanno sottolineato in una conferenza stampa come iniziative di questo genere aiutino in qualche modo a testimoniare la vicinanza della Città alla popolazione carceraria. Un concerto per creare una sorta di legame con chi vive “al di là del muro”. Quale miglior veicolo dunque se non la musica per superare almeno idealmente barriere e steccati. La direttrice del carcere Anna Rita Nuzzaci ha ringraziato il Comune di Bolzano per la disponibilità mostrata anche in questa circostanza e per la vicinanza alle problematiche legate alla presenza della struttura in città. Svizzera: misteriosa morte di un detenuto, aveva rubato dati bancari Ansa, 2 ottobre 2010 La morte del detenuto di 42 anni avvenuta mercoledì in una cella del carcere regionale di Berna ha risvolti politico-economici. È infatti legata alla vicenda del cd rubato in Svizzera, contenente dati bancari di presunti evasori e di cui gli inquirenti tedeschi sono entrati in possesso. Lo ha dichiarato la portavoce del Ministero pubblico della Confederazione (Mpc), Jeannette Balmer, confermando una notizia pubblicata dal portale online “Tagesnazeiger.ch/Newsnetz”. L’uomo era stato arrestato a metà settembre su ordine dell’Mpc nell’ambito di un’inchiesta per presunto spionaggio economico e al momento del decesso si trovava in detenzione preventiva. Secondo il quotidiano viennese “Kronenzeitung”, l’uomo trovato morto è un cittadino austriaco che da tempo viveva a Winterthur. Sarebbe stato lui a trasferire su un cd i dati di 2’000 titolari di conti presso una banca svizzera. Li avrebbe poi venduti alle autorità tedesche, precisa ancora il giornale. Le circostanze della morte sono tuttora oggetto di chiarimenti. La polizia privilegia la tesi del suicidio e sembra escludere un intervento di terzi. Il cadavere è stato trovato mercoledì mattina dai secondini. La Procura federale, la polizia cantonale e l’Ufficio dei giudici istruttori bernese, interpellati dall’Ats, non hanno voluto fornire maggiori informazioni sulla vicenda.