Giustizia: la tragedia delle morti in carcere, la pantomima della politica che non decide Terra, 1 ottobre 2010 La rassegna stampa quotidiana di Ristretti Orizzonti di martedì scorso (www.ristretti.org) ha messo in fila, una dietro l’altra, la denuncia di Riccardo Arena (www.radiocarcere.com) sulla settimana di morti in carcere e l’aggiornamento delle agenzie di stampa sul disegno di legge per la detenzione domiciliare a fine pena. Da una parte la tragedia: 4 ragazzi tra i 22 e i 27 anni che si uccidono lungo lo stivale delle prigioni (Belluno, Venezia, Ancona, Reggio Calabria). Dall’altra la compassata pantomima delle istituzioni, che fanno surplace, in attesa degli eventi, cercando di non esserne travolti. Naib ci aveva provato più volte, mentre Mirco si è suicidato alla vigilia di una udienza per resistenza a pubblico ufficiale che avrebbe potuto prolungargli la pena in scadenza per un furto d’auto. Degli altri i dettagli noti sono circostanziali (quando? come?…): c’è sempre un modo per togliersi la vita, se si decide di farlo. Intanto, a Palazzo Madama, nella raccolta saletta della Commissione giustizia, il Presidente Berselli (quello che a inizio legislatura presentava un disegno di legge per farla finita con le misure alterative e chiudere tutti, e il più a lungo possibile, in carcere) annunciava la prossima audizione del Capo Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, nonché Commissario straordinario di Governo all’emergenza carceri. Si discute, appunto, del ddl per la detenzione domiciliare a meno di un anno di pena e l’occasione val bene un conciliabolo con il pluridecorato magistrato a cui sono affidate le sorti delle nostre carceri. Qualcuno obietta nel merito: la detenzione domiciliare già esiste, e per pene fino ai due anni, perché inventarne una speciale e non semplificare l’accesso a quella esistente? Ma la parola definitiva la dice il Sottosegretario Caliendo: se e quando il Parlamento dovesse approvare definitivamente il disegno di legge, rispetto alla originaria previsione di 4.000-5.000 potenziali beneficiari, solo 1.500 - 1.700 detenuti potranno lasciare il carcere per andare a chiudersi in casa. Se il resto del quadro restasse immutato, i detenuti si ridurrebbero da 68.598 (tanti erano al 20 settembre) a circa 67.000. Di fronte a 44.745 posti detentivi regolamentari, il tasso di sovraffollamento si ridurrebbe dall’attuale 153,31% a un ben più comodo 149,74%! Sai che vita! In memoria di Naib, Bruno, Ajoub e Mirco, e delle decine che sono morti in carcere prima di loro, non è il momento di chiedere a Governo e Parlamento di fare altro per affrontare l’emergenza carceri, di fare qualcosa di radicalmente diverso dalle chiacchiere spese negli ultimi due anni su fantomatici piani straordinari che nulla hanno prodotto e nulla promettono di produrre? Giustizia: Ionta (Dap); in tre anni undici nuove carceri, ma mancano 6 mila agenti di Anna Irrera Italia Oggi, 1 ottobre 2010 Nell’arco di un triennio “edificheremo undici nuove strutture carcerarie”, ha affermato il capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta, sentito ieri in audizione dalla commissione d’inchiesta del senato sul servizio nazionale. “Entro tre anni”, ha aggiunto, “saranno realizzati 20 nuovi padiglioni in strutture già esistenti”, in base a quanto prevede il piano straordinario per l’edilizia penitenziaria varato dal governo. Secondo quanto affermato dal capo del Dap, verranno presto chiamate in causa le Regioni per localizzare le aree dove costruire le nuove strutture. Si potranno così avviare le gare entro “qualche mese”. Ionta ha proseguito soffermandosi sulla mancanza di personale del corpo di polizia penitenziaria che risulta carente di 6 mila unità, con un totale di circa 39 mila agenti. Il provvedimento sulla detenzione domiciliare per chi deve scontare una pena residua inferiore a un anno, ieri all’esame della commissione giustizia di palazzo Madama “sarà importante”, secondo Ionta, “perché permetterà l’assunzione di 1.800 poliziotti penitenziari”. Proprio quest’insufficienza di personale, secondo Donatella Ferranti capogruppo del Pd della commissione di giustizia della camera e il deputato del Pd Guido Melis, sta alla radice dell’allarmante stato attuale delle carceri, definito dai due come “una situazione di vera e propria emergenza umanitaria”. Ferranti e Melis hanno infatti presentato ieri un’interrogazione al ministro della giustizia Angelino Alfano per fare luce su quanto avvenuto nella notte tra domenica 19 e lunedì 20 settembre nel penitenziario di Tempio Pausania, dove un detenuto malato ha avuto bisogno d’essere soccorso con urgenza per il sopravvenire di una grave crisi respiratoria “Risulta”, sottolineano i due deputati, “che quella notte per custodire 58 detenuti presenti nelle celle, fossero in servizio solo due agenti, sicché l’intervento (per fortuna efficace) di entrambi ha in pratica interrotto totalmente il servizio di sorveglianza”. “Alfano”, concludono “dovrebbe intervenire con urgenza”. Giustizia: Bernardini; con i detenuti lo Stato si comporta da "delinquente professionale" www.clandestinoweb.com, 1 ottobre 2010 Inizia il nostro viaggio dietro le sbarre alla scoperta dei disagi dei detenuti e delle azioni in corso per migliorarne la qualità della vita. A rivelarci le luci e le ombre dei penitenziari è l'onorevole Rita Bernardini, deputata della delegazione Radicale nel Partito Democratico, da tempo attiva nella battaglia in favore dei detenuti. Onorevole, da quanti anni si interessa a questo problema? Praticamente da sempre. Da quando ho iniziato con la politica ho cominciato ad interessarmi attivamente dei problemi dei detenuti, scoprendo una realtà davvero sconcertante. Da quando è stato possibile effettuare visite nelle strutture carcerarie ho affiancato spesso Marco Pannella. Ho effettuato almeno 100 visite negli istituti di detenzione italiani, che sono 206 in tutto. Cosa ne pensa dello stato attuale delle carceri? Lo ritengo assolutamente disastroso e illegale. Non viene rispettata la costituzione italiana nè si tiene conto delle norme europee e della Carta fondamentale dell'Onu. Lo Stato si comporta come un "delinquente professionale". Il tutto è già difficilmente tollerabile quando la situazione è tale in un momento di emergenza, ma se i disagi si protraggono nel tempo nonostante le denunce e gli esposti presentati, allora si tratta di un comportamento da delinquenti. Secondo lei qual è il Paese europeo in cui le condizioni carcerarie sono le migliori? La realtà in Europa è molto diversa dalle statistiche esistenti. In Italia, ad esempio, si registra il più alto tasso di affollamento europeo. Penitenziari da 100 posti letto ospitano anche 152 detenuti. Il nostro primato negativo è superato solo dalla Bulgaria. Ed è noto che sovraffollamento equivale a impossibilità di riabilitazione. Attualmente in molte carceri italiane ci sono detenuti costretti a trascorrere molte ore in cella (tra le 20 e le 22). Non hanno possibilità di lavorare, studiare o svolgere qualunque altra attività. è una sorta di morte civile. E una volta fuori da questo ambiente non è possibile per loro godere della riabilitazione, così la maggior parte delle volte si trovano di nuovo costretti a ricadere nel vortice della delinquenza. Quali sono i principali disagi che, nella pratica, devono affrontare attualmente i detenuti? Sicuramente, come già detto, il sovraffollamento e le sue conseguenze. L'organico di polizia penitenziaria è stato fissato nel 2001, quando i detenuti erano di numero inferiore, e da allora non è stato più adeguato. Questo significa che, a causa della carenza di agenti, i carcerati sono costretti a restare in cella poichè non c'è possibilità di una vigilanza adatta nei momenti di svago o attività scolastiche e lavorative. Un esempio concreto è la situazione del carcere di Poggio Reale, dove i detenuti possono fare solo due docce a settimana, persino d'estate, poichè gli agenti che dovrebbero accompagnarli sono troppo pochi. E quindi ne risentono anche le condizioni igienico-sanitarie dell'istituto, che sono disastrose. Per di più ai carcerati non sono forniti gli attrezzi per tenere pulite le loro celle. A Messina ho visto reparti indescrivibili, con letti a castello addirittura su cinque piani. I detenuti mettonodel cartone davanti alle porte delle celle per evitare l'ingresso dei topi. Lì il degrado è massimo. Come vi state muovendo per arginare questi problemi? Abbiamo presentato denunce ed esposti contro questi trattamenti disumani e degradanti ma non abbiamo ricevuto risposta. Perchè la Procura non interviene? Perchè le Asl chiudono bar e ristoranti per situazioni igieniche precarie e non agiscono invece quando si tratta di carceri? Perchè non si danno disposizioni in merito? La sensazione che ho è quella di abbandono dei detenuti, persino di quelli, e sono molti, in cella in attesa di giudizio. Si parla tanto di Piano Carceri, di nuovi padiglioni e di smaglianti istituti. Ma la domanda è: con quale personale riempirli? Nessuno risponde a questo quesito. Abbiamo il dovere, come politici e cittadini, di intervenire, se è vero che la civiltà di un Paese si misura dallo stato delle carceri. Giustizia: Osapp; l’audizione di Ionta ci ha deluso e il “piano carceri” è congelato Ansa, 1 ottobre 2010 “Le parole di Ionta sono emblematiche della situazione del sistema carcerario: entro tre anni si costruiranno 11 nuovi istituti; il disegno di legge che prevede la detenzione domiciliare libererà le carceri di 8.000 posti letto; mancano veramente 6 mila unità del personale di Polizia Penitenziaria, anche se, secondo noi ce ne vorrebbero molti di più”. Lo sottolinea il segretario del sindacato autonomo della polizia penitenziaria Osapp commentando l’audizione dell’altro ieri, in Senato, del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta. “Il dato che assolutamente emerge - prosegue Leo Beneduci in una nota - è che Ionta non ha saputo far altro che prendere atto di una situazione oramai troppo condizionata da ciò che farà in futuro la politica” con riferimento “all’individuazione delle aree di costruzione dei penitenziari e alle estenuanti trattative che dovrà intraprendere con le Regioni”. “Se parliamo poi del ‘ddl arresti domiciliari’ - aggiunge Beneduci - la partita è tutta in mano all’ ‘efficientissimo’ Ministro della Giustizia Alfano che dovrà mettere d’accordo diverse anime del Parlamento su un provvedimento che, per esempio la Lega, vede come il fumo negli occhi”. “Sinceramente, da Ionta, ci si sarebbe attesi qualcosa di più, anche tenuto conto che l’avergli conferito poteri straordinari ha significato il congelamento verso il solo piano carceri di tutte le risorse economiche disponibili e la paralisi di tutto il resto nel crescente marasma penitenziario con 68.527 detenuti per 44.750 posti disponibili”. Giustizia: in carcere a 77 anni… la “nonnina” di Buoncammino deve uscire! di Valentina Ascione Gli Altri, 1 ottobre 2010 Per tutti è “la nonnina”. Così l’hanno soprannominata le compagne di Buoncammino. Chiunque la conosce nel carcere cagliaritano. E chi l’estate scorsa l’ha incontrata, la descrive come un personaggio leggendario. Un concentrato di simpatia, sempre pronta a dispensar consigli alle detenute più giovani. Un bel da fare, visto che Silvana Malu, originaria di Cagliari, di anni ne ha 77. In galera da 20 mesi, e davanti altri 30 da scontare, la nonnina però non ce la fa più. E chiede di poter scontare il resto della pena a casa. La sua età e la sua salute sono chiaramente incompatibili con la detenzione. Ma non si tratta di banali acciacchi legati all’anzianità, per quanto anche quelli basterebbero da soli a chiedersi cosa ci faccia una settantasettenne in carcere. In uno dei più difficili della Sardegna, tra l’altro, se non d’Italia. Silvana, infatti, soffre di numerosi gravi disturbi: tra cui cardiopatia ipertensiva, aneurisma dell’aorta addominale, iper colesterolemia, steatosi epatica e infezione delle vie urinarie. Si racconta che avesse imparato a fabbricarsi da sola dei pannoloni, ritagliando alcuni stracci o lenzuola. Pannoloni di fortuna, certo, ma su misura, dal momento che quelli che le davano in carcere erano sempre troppo piccoli o troppo grandi. L’ingegno, però, non basta a sopportare i disagi della vita dietro le sbarre. Né bastano a lenire la sofferenza le attenzioni, le cure che pure gli agenti penitenziari e i medici le riservano. Nel corso dei mesi le sue condizioni sono andate via via peggiorando, fino a dare segni di un inizio di demenza senile. Silvana non può più restare in carcere. E non vuole. Tanto da arrivare - ha fatto sapere Maria Grazia Caligaris presidente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme - a rifiutare le terapie, non sapendo più come denunciare il proprio malessere. Sebbene sia previsto che gli ultrasettantenni possano scontare la pena in strutture alternative al carcere, l’anno scorso l’anziana donna si è vista respingere la richiesta di differimento. Richiesta che l’avvocato ha presentato nuovamente, alla luce del suo peggioramento, e che si spera venga finalmente accolta. Intanto il caso di Silvana Malu è sbarcato in Parlamento, dove la deputata Rita Bernardini e i colleghi radicali hanno depositato un’interrogazione ai ministri della Giustizia e della Salute per sapere quali provvedimenti intendano adottare per far fronte a quella che appare come una palese violazione dei diritti fondamentali della detenuta. In primis il diritto alla salute. La storia della nonnina di Buoncammino è emblematica di tante altre, ugualmente drammatiche, che,spesso restano prigioniere con i loro protagonisti tra le mura di un carcere. Storie di ordinaria follia, di fronte al soffocante sovraffollamento delle galere. Storie da cui partire, se davvero si intende risolverlo. Abruzzo: Uil; le carceri della regione scoppiano, un Sos al ministro Alfano Il Centro, 1 ottobre 2010 “Nella situazione di sfascio e inefficienza che caratterizza l’amministrazione penitenziaria è necessario un intervento del Guardasigilli, sempreché ritenga che il dramma penitenziario rientri nelle sue specifiche competenze”. Ad affermarlo è il segretario generale della Uil-Pa penitenziari, Eugenio Sarno , il quale parlando delle carceri italiane rende nota anche la situazione abruzzese. Che si presenta certamente non in controtendenza, salvo poche eccezioni, rispetto al cupo panorama nazionale per il quale il sindacato sollecita un tempestivo intervento del ministro della Giustizia. Sulmona, che è l’istituto regionale di pena più grande e presenta la situazione più delicata, registra una capienza massima di 301 unità ospita 449 reclusi, con una percentuale di sovraffollamento del 49,17 per cento. Dall’inizio del 2010, a Sulmona, ci sono stati due suicidi, cinque tentati suicidi, 79 atti di autolesione e tre aggressioni ad agenti di custodia. A Chieti, su una capienza massima di ottantatré reclusi, ne sono presenti 130, con una percentuale di sovraffollamento pari al 56,63 per cento. Più grave la situazione a Lanciano, dove i detenuti dovrebbero essere 181 e invece sono 365, con un indice pari a 101,66 per cento. L’Aquila e Pescara sono le uniche due realtà in controtendenza, registrano infatti indici di sovraffollamento negativi, -17,07 e -12,89%: per L’Aquila, sono 205 i posti disponibili, di cui 170 risultano in questo periodo occupati; mentre il carcere San Donato di Pescara vede al momento ristretti 223 detenuti rispetto a una disponibilità di 256 posti. Male la situazione anche a Teramo, dove l’indice di sovraffollamento raggiunge +81,39%, con 231 posti previsti e 419 detenuti presenti. Non se la passa bene neppure il carcere di Vasto, con 341 reclusi su una capienza prevista di 260, in pratica un over quota che si attesta su +31,31 per cento. “Nella mia recente visita a Lanciano e Sulmona”, dice Sarno, “abbiamo rilanciato l’allarme su due situazioni complesse e pericolose. Il dettaglio degli eventi critici conferma le nostre preoccupazioni. È ora che qualcuno si dia una mossa, prima che tutto diventi irrecuperabile”. Parma: sindacati agenti contro ampliamento del carcere, mancano forze per gestirlo Ansa, 1 ottobre 2010 I sindacati di polizia penitenziaria hanno protestato davanti alla Prefettura di Parma contro la possibile apertura di cinque nuovi reperti detentivi all’interno del carcere parmense, senza, sostengono, ‘che venga assegnato un adeguato numero di agenti per gestire circa 200 detenuti in piu”. A scendere in piazza sono stati Sappe, Osapp, Sinappe, Cgil e Cisl. Attualmente - ha fatto sapere Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe - il carcere di Parma ospita 590 detenuti, a fronte di una capienza di 430 posti detentivi. Gli agenti, invece, ‘dovrebbero essere 479, ma quelli assegnati, in realtà, sono solo 398, dei quali 94 distaccati in altre sedi’ e dunque gli agenti che prestano servizio nel carcere di Parma sono soltanto 304 e ne mancano circa 180. Durante ha ricordato che l’istituto di Parma è uno dei più complessi d’Italia, a causa della variegata tipologia di detenuti ristretti. Per questo i sindacati hanno chiesto che ‘l’amministrazione, prima di procedere all’apertura dei nuovi reparti, assegni gli agenti necessari per poter organizzare i servizi e garantire al personale i diritti fondamentali’. Altrimenti, è l’analisi di Durante, i nuovi reparti detentivi di Parma sono destinati a restare chiusi, come avviene in molte altre parti d’Italia. Lecce: in carcere divampa un incendio, ma gli idranti non funzionano www.grnet.it, 1 ottobre 2010 “Mai prima d’ora era capitato che all’interno del carcere di Lecce divampasse un incendio. Ma quando è capitato, purtroppo, il sistema antincendio non ha funzionato. Come tante altre cose che a Borgo San Nicola non funzionano, nonostante gli ingenti investimenti economici”. A dichiararlo Donato Montinaro, Segretario Regionale della Puglia e componente della Direzione Nazionale della Uil Pa Penitenziari. “Grazie all’interveto della polizia penitenziaria - sottolinea Montinaro - si è evitato il peggio. Ma non possiamo non domandarci cosa sarebbe potuto accadere se l’incendio piuttosto che in teatro fosse divampato in una sezione detentiva priva delle uscite di emergenza. Ci chiediamo come possa accadere che in un plesso, in cui vivono e lavorano circa 2.000 persone, l’impianto antincendio non funzioni. Quest’ennesimo evento critico mette a nudo tutte le deficienze gestionali ed organizzative della Casa Circondariale di Lecce dove, tra l’altro, un solo agente è preposto al controllo di circa 75/90 detenuti mentre nei corridoi degli uffici c’è la folla di coloro che dovrebbero sorvegliare i detenuti.” A preoccupare il sindacato non è solo il mancato funzionamento dell’antincendio. “Riteniamo che la staticità della struttura sia da verificare. Temiamo che le cospicue, importanti e frequentissime infiltrazioni possano aver indebolito i blocchi. Per non parlare degli automezzi destinati al servizio traduzioni. Diciamo che se quei mezzi fossero in uso a privati cittadini sarebbero sottoposti immediatamente a fermo amministrativo. Eppure il nostro personale viaggia su e giù per la regione e per l’Italia con quei mezzi obsoleti ed insicuri.” Quello della Uil Pa Penitenziari è molto più che un grido di allarme. “Abbiamo lanciato l’allarme in tempo e per tempo. Isolati ed inascoltati. Ora i nodi vengono al pettine e speriamo di non dover commentare qualche tragedia. Purtroppo il Dipartimento continua a caratterizzarsi per l’immobilismo e l’indifferenza. Sono ben sei, tra l’altro, le interrogazioni parlamentari presentate al Ministro Alfano su Borgo San Nicola. Questo - sottolinea il Segretario Regionale - vorrà pur dire qualcosa. In questo quadro di desolante abbandono il personale si sente orfano della propria amministrazione. Voglio però esprimere gratitudine ed apprezzamento al Sindaco Perrone per la sensibilità, più volte mostrata, nei confronti della struttura penitenziaria e dei lavoratori che in essa operano. Spero di poterlo incontrare quanto prima per aggiornarlo ed informarlo dettagliatamente delle tante e troppe criticità che seppelliscono Borgo San Nicola sotto la coltre dell’inefficienza e della disorganizzazione. Mi piace poter pensare, perché il personale non si senta orfano anche della politica, che il Presidente Vendola voglia onorarci di una sua visita Non solo da Presidente della Puglia quant’anche da leader nazionale. Perché la questione penitenziaria, nel Paese, è una vera emergenza sanitaria, sociale, umanitaria e di ordine pubblico. La sua sensibilità - conclude Montinaro - ci fa ben sperare e siamo certi che non ci deluderà. Padova: alla Casa circondariale 270 detenuti in 96 posti, c’è il rischio di una rivolta Il Mattino di Padova, 1 ottobre 2010 È martedì 21 settembre: i detenuti della Casa circondariale di Padova, stipati oltre ogni umana sopportazione, non ne possono più. E si ribellano. Rifiutano il pasto e cominciano a “battere” sulle inferriate e sulle porte blindate che chiudono le celle. Per gridare rabbia, stanchezza, malessere. È quasi rivolta. Poi una delegazione viene ricevuta dalla direttrice, Antonella Reale, da sempre abituata al dialogo. E torna la calma. Per quanto? Nel carcere, destinato ai reclusi in attesa di giudizio, è allarme rosso: 270 ospiti contro una capienza di 96. I letti a castello arrivano fino a quattro livelli, con il rischio di cadere e di riportare contusioni o fratture per chi dorme all’ultimo “piano” senza essersi legato. Non c’è più un centimetro quadrato di pavimento libero per appoggiare un materasso. Si è toccato il record. Eppure un record era stato raggiunto ad aprile con 252 presenze. E poco più tardi, a maggio, con 264 detenuti. Oggi si è ben oltre quella cifra mai raggiunta prima. E dove va a finire la sicurezza, anche quella da garantire ai reclusi nel caso accada qualche incidente (un incendio, per esempio) tra quelle mura blindate? La denuncia è firmata dalla stessa direttrice Reale che, ancora una volta, ha preso carta e penna inviando una drammatica richiesta d’aiuto (lettera protocollo n. 14318 a limitata divulgazione, datata 21 settembre 2010) alla Direzione generale detenuti e trattamento Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria di Roma, al Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria per il Triveneto con sede a Padova e, per conoscenza, al Magistrato di sorveglianza e al prefetto Ennio Mario Sodano. “Nella tarda mattinata i detenuti della casa circondariale, dopo aver rifiutato il vitto dell’Amministrazione, hanno iniziato a battere violentemente sulle sbarre delle inferriate e i blindi delle celle con ogni genere di suppellettile. La protesta, motivata dalle insopportabili condizioni di sovraffollamento, partita dalla prima sezione, si è estesa rapidamente a tutto l’istituto e ha assunto subito un carattere di gravità - scrive la direttrice Reale - Alla data odierna l’istituto, a fronte di una capienza regolamentare di 96 e tollerabile di 140, ha raggiunto la cifra record di 270 presenze”. Poi rileva con umana partecipazione e preoccupazione: “Ormai davvero non c’è più posto neppure per mettere materassi a terra e quindi la rabbia dei detenuti è umanamente comprensibile”. Obiettivo della direttrice è stato evitare che la situazione degenerasse: “Insieme al comandante e al responsabile dell’area trattamentale ho incontrato una delegazione di reclusi e, dopo una lunga trattativa, la protesta è temporaneamente rientrata - puntualizza - I detenuti, però, hanno chiesto che i superiori uffici dipartimentali e l’opinione pubblica siano informati delle condizioni impossibili in cui sono costretti a vivere. Si segnala che l’estate era trascorsa in un clima relativamente tranquillo grazie a continui e ininterrotti sfollamenti decisi dal provveditore... mantenendo le presenze attorno alle 230 unità”. Ora “270 persone stipate in così poche celle sono una condizione assolutamente non ipotizzabile”. La direttrice avverte: “Non si è in grado di dire che cosa potrà succedere nei prossimi giorni se i numeri delle presenze non dovessero scendere drasticamente e rapidamente”. Non a caso “Ristretti Orizzonti”, la rivista dei detenuti padovani, segnala che le carceri italiane risultano le più affollate d’Europa: si sta peggio solo in Bulgaria. Padova: Camera penale e Giuristi democratici; chi di dovere finora non ha fatto nulla Il Mattino di Padova, 1 ottobre 2010 Allarme rosso nella casa circondariale di Padova che ha toccato i 270 ospiti contro una capienza massima di 96. La lettera inviata dalla direttrice Antonella Reale alle autorità competenti per denunciare l’emergenza, di fronte a una “quasi rivolta” dei detenuti sfiorata il 21 settembre scorso, non aggiunge nulla di nuovo: è quanto ribadisce chi, di carcere, se ne occupa quotidianamente. “Lo scorso aprile il sindaco di Pordenone firmò un provvedimento per ordinare agli uffici responsabili di riportare entro un mese a 53 unità, ovvero alla capienza massima prevista, il numero dei detenuti rinchiusi nella casa circondariale pordenonese. Fu un atto giustificato dalle gravi carenze igienico-sanita-rie che il sovraffollamento comportava - spiega l’avvocato Annamaria Alborghetti, presidente della Camera penale di Padova - Forse un atto un po’ provocatorio... Certo, se tutti i sindaci adottassero un’ordinanza analoga, Dap e Ministero della Giustizia finalmente si troverebbero costretti a intervenire, non limitandosi a sfornare generici piani carceri mai attuati”. Insomma finora nessuno ha mai fatto davvero nulla. “Non si è ancora agito a livello normativo per rendere più facile l’accesso alle misure alternative - avverte l’avvocato Alborghetti. A Padova le Camere penali e altre associazioni (Giuristi democratici, Magistratura Democratica, Ristretti orizzonti, Antigone, Adi, Beati i costruttori, Cgil polizia penitenziaria), hanno presentato delle proposte per ridurre il sovraffollamento”. Nessuna risposta. “Adesso ci attiveremo di nuovo - conclude Alborghetti - Intanto esprimiamo solidarietà alla direttrice Reale che sa lavorare bene e dialogare con tutte le componenti, dagli agenti di custodia ai detenuti”. Solidarietà alla direttrice Reale è manifestata anche dall’avvocato Leonardo Arnau dei Giuristi democratici: “Ha saputo dimostrare capacità professionali pure in momenti difficili. Al di là di ciò, la sua lettera fotografa la realtà: è noto che la direttrice e la polizia penitenziaria si trovano tutti i giorni a gestire una situazione complicata”. Il problema di fondo, rileva l’avvocato Arnau, “è che il Governo ha proclamato lo stato di emergenza delle carceri italiane nel febbraio 2010, nominando commissario straordinario il dottor Ionta, capo del Dap. Tuttavia, a fronte di provvedimenti formali, nei fatti non c’è stato alcun atto concreto per risolvere il problema del sovraffollamento. Ne è prova il decreto Alfano “sfolla-carceri”: è stato bloccato”. Enna: Osapp; carceri nel degrado, il ministro Alfano ci ha lasciato soli La Sicilia, 1 ottobre 2010 “Se i tribunali sono al collasso, i penitenziari italiani di certo non stanno meglio perché sono in peno degrado, lasciati in balia di se stessi, mettendo a rischio ancor di più la sicurezza del paese per un sistema penitenziario non più governabile”. A dichiararlo è stato Filippo Garofalo, delegato nazionale dell’Osapp, non nuovo a queste critiche n quanto vive da vicino la vita delle carceri e degli agenti penitenziari. “Il ministro della Giustizia Angiolino Alfano, attualmente lontano dai riflettori del pianeta carceri, prosegue Filippo Garofalo - continua la sua marcia lenta ed inesorabile verso il totale sfascio di questo comparto”. Garofalo si chiede: “I politici, guidati dai Radicali, che hanno trascorso il ferragosto nelle carceri italiane, oltre ai proclami pubblicitari cosa hanno fatto? Siamo rimasti soddisfatti dell’interrogazione parlamentare presentata dall’onorevole Rita Bennardini sulla somministrazione del cibo avariato al personale di polizia penitenziaria presso la mensa del carcere di Enna, subito dopo le denunce dell’Osapp, presentate anche al ministro, dimostrando così che comincia a esserci anche una sorta di sensibilità nei confronti del personale di polizia penitenziaria anche da parte di chi è stata attenta solo alle problematiche dei detenuti”. “Sulla situazione del carcere di Enna, - prosegue Filippo Garofalo - per smuovere le acque e “impegnare” il Ministro, chiediamo al sindaco Paolo Garofalo quale persona sensibile ai problemi degli istituti di pena e che ha partecipato attivamente all’iniziativa ferragostana, di sollecitare il guardasigilli a provvedere all’apertura della nuova struttura di Enna, già pronta da diversi mesi, che garantirebbe la capienza di altri circa 150 posti detentivi”. L’apertura di questa struttura allevierebbe così un sistema lavorativo non più sopportabile dovuto proprio all’attuale sovraffollamento, aggravato da un contesto strutturale fatiscente e abnorme in materia di sicurezza sul lavoro. Le infiltrazioni d’acqua sono continue e cospicue, alcune celle sono parzialmente chiuse sovraffollando le altre, “costipando” i detenuti in altri piani già sovraffollati; le mura perimetrali sono a rischio di crollo costringendo a chiudere due principali strade cittadine, dopo l’intervento dei vigili del fuoco e dal Genio civile. Il penitenziario risulta essere inadeguato anche sotto l’aspetto detentivo per i parametri imposti dal “Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti”. Attualmente sono oltre 70 mila i detenuti presenti negli istituti penitenziari a fronte di una disponibilità di posti regolamentari di 45.000 compreso gli istituti minorili. Nell’istituto ennese la capienza regolamentare è di 120 posti attualmente conta una presenza di oltre 220 detenuti, alcune celle sono chiuse per inagibilità, per cui i posti disponibili sarebbero di meno. “Ai politici ennesi, presenti in Parlamento e al Senato - dichiara Filippo Garofalo - chiediamo che invitino il ministro Angelino Alfano a svegliarsi ricordandogli che ha un corpo di polizia alle sue dipendenze e che è venuta l’ora di “uscire la testa da sotto la sabbia” e cominciare a lavorare per rendere più veloci le procedure di assunzione delle ormai famose 2000 unità di polizia penitenziaria di cui non si hanno più notizie, del piano carceri con la costruzione di nuove strutture che sa di “bufala” e che comunque prima o poi la verità verrà a galla, e del disegno di legge 2313 riguardante la detenzione domiciliare per le pene non superiori a un anno”. Nei prossimi giorni una delegazione dei vertici dell’Osapp ispezionerà l’istituto penitenziario ennese e riferirà alle autorità competenti e ai vertici dell’amministrazione penitenziaria la grave situazione in cui versa. Cagliari: chiude il Centro clinico di Buoncammino, 33 detenuti senza assistenza medica L’Unione Sarda, 1 ottobre 2010 Ancora in alto mare il passaggio della Sanità penitenziaria dallo Stato alla Regione. Il direttore Pala: “Il Ministero paga 700 mila euro per le prestazioni esterne di medici e infermieri di Asl 8 e Brotzu”. Vedi le foto R egione e Commissioni consiliari si rimpallano le competenze, nel frattempo i detenuti di Buoncammino e Sassari si vedono privati del bene più prezioso: la salute. Dal 4 ottobre i centri clinici dei due istituti di pena verranno chiusi. I direttori hanno finito i fondi e saranno costretti a tagliare le prestazioni mediche. La Sardegna ha il poco invidiabile primato di essere una delle ultime Regioni d’Italia cha ancora non ha completato il passaggio delle competenze in materia di Sanità penitenziaria tra Stato e, appunto, Regione. LA DENUNCIA A segnalare una situazione scandalosa, che potrebbe essere affrontata anche dalla magistratura, è Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo diritti riforme. “Da lunedì chiuderanno i centri diagnostico-terapeutici (Cdt) delle carceri di Buoncammino e di San Sebastiano. Dallo stesso giorno, inoltre, i detenuti vedranno ridotto il servizio medico-infermieristico-farmaceutico. È una conseguenza della nota del Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria che ha richiesto un piano di rientro delle spese per l’assistenza sanitaria”. Per Maria Grazia Caligaris il colpevole è uno solo. “Questa grave situazione richiama le responsabilità della Regione che non ha ancora provveduto a varare la norma di attuazione relativa al passaggio della Sanità penitenziaria al Servizio sanitario regionale. La Regione, oltre a pagare sanzioni, rischia la nomina da parte del Governo di un Commissario ad acta se con provvedimento urgente non garantirà le spese per l’assistenza sanitaria almeno fino all’approvazione della norma. La Commissione paritetica Stato-Regione è stata convocata per il 13 ottobre per varare, dopo le richieste di integrazione avanzate dalla Commissione autonomia del Consiglio regionale, il dispositivo che dovrà avere il parere dell’Assemblea”. Nel centro clinico del carcere cagliaritano sono ricoverati 33 detenuti. Se entro lunedì non arriveranno soldi per evitare la chiusura, i pazienti cronici saranno trasferiti in istituti del continente. Gli altri negli ospedali cittadini, sempre che siano a disposizione gli agenti per il piantonamento. Una situazione aggravata dalla mancata apertura del reparto penitenziario dell’ospedale Santissima Trinità pronto ma di fatto inoperativo per la cronica mancanza di poliziotti. Il direttore di Buoncammino Gianfranco Pala è amareggiato. “Il Dipartimento ha chiesto il taglio dei costi e non ho altra soluzione che chiudere il reparto”. Pala è esplicito. “Non capisco perché la Regione stia bloccando il passaggio di competenze. La situazione è ridicola: ogni anno il Ministero paga alle Aziende sanitarie 700 mila euro per le prestazioni esterne di medici e infermieri di Asl 8 e Brotzu”. Soldi che se usati con intelligenza e non per pagare il doppio contratto sarebbero più che sufficienti per gestire il problema. Nuovo carcere: per noi solo sei posti di lavoro “Per noi è stato un sacrificio, in cambio, sul piano dell’occupazione, abbiamo ottenuto davvero poco”. Torna sulla questione del nuovo carcere che sta sorgendo nella zona di Santa Lucia, il sindaco di Uta Giuseppe Pibia. “Non sono contro il progetto, che ho condiviso comunque anche quando ancora non ero sindaco, ma da sindaco, appena eletto, ho chiesto con forza che in cambio della destinazione d’uso di terreni agricoli la nostra comunità ricevesse in cambio opportunità occupative importanti. I numeri parlano a nostro sfavore, su circa cento persone che lavorano per conto della società che si è aggiudicata la costruzione del carcere, la Opere Pubbliche, a noi sono toccati appena cinque o sei posti di lavoro. Hanno scelto altre maestranze”, spiega Pibia. “Appena eletto ho chiesto un incontro urgente con i responsabili della società, ma alla mia convocazione nessuno si è presentato. Esistono ora altre opportunità per riuscire a recuperare nuovi posti di lavoro che ci sono offerte da un’area residua di servizi nelle vicinanze dell’istituto di pena. Ecco, questa zona noi vorremmo gestirla come amministrazione pubblica per creare strutture per quell’indotto che fa riferimento al nuovo carcere sardo. Ecco, almeno su questo versante si potranno davvero recuperare quei benefici che Uta non è riuscito ad avere dai cantieri”. Insomma, Giuseppe Pibia sembra deciso a recuperare il tempo perduto e far ripartire il confronto. Anche perché tra giugno e luglio del 2011 i lavori del carcere saranno completati e bisognerà pensare seriamente alle infrastrutture. Spoleto (Pg): oltre 600 detenuti in una struttura che non dovrebbe contenerne più di 450 Il Messaggero, 1 ottobre 2010 . La difficile situazione del carcere di Maiano è finita al centro dell’ultima seduta del consiglio provinciale, che ha approvato all’unanimità un ordine del giorno sul tema. A presentare il documento erano stati i rappresentanti del Pd Massimiliano Capitani e Laura Zampa. Durante l’assemblea è stato affrontato anche il problema degli agenti del penitenziario, “costretti a doppi turni e senza accesso alle ferie”. A descrivere la situazione, definendola “drammatica”, sono stati i consiglieri che hanno effettuato un sopralluogo alla struttura. “Il carcere - ha spiegato il consigliere Zampa - è stato concepito per 450 detenuti - ma nel corso del tempo si è arrivati a quota 600 e in futuro il numero potrebbe salire a 750. A questo incremento di carcerati non è mai corrisposto un aumento doveroso della polizia penitenziaria”. E a proposito delle carenze di personale, è stata evidenziata anche la difficoltà ad accompagnare i detenuti nei laboratori o negli spazi di lavoro del carcere. Bari: il sindaco Emiliano annuncia; il nuovo carcere sarà edificato fuori dalla città La Repubblica, 1 ottobre 2010 Il nuovo carcere? Nascerà fuori dal centro abitato. Anche se non è stata ancora individuata l’area, l’amministrazione comunale ha le idee chiare. Il sindaco Michele Emiliano lo annuncia a Lisa Bozzetti, dell’ufficio del commissario delegato per l’emergenza carceraria, durante un incontro a Palazzo di Città. A nome del commissario Franco Ionta, la dottoressa Bozzetti illustra al sindaco e all’esecutivo il piano del governo per risolvere l’emergenza carceraria, che prevede un intervento anche a Bari. Il nuovo carcere, una “struttura leggera destinata a coloro che devono scontare pene per reati minori” (così la definisce la dottoressa Bozzetti), sarà per 450 persone e andrà ad aggiungersi al penitenziario attualmente esistente. Emiliano coglie l’occasione per rilanciare la propria idea: mettere sul mercato l’area in corso De Gasperi su cui sorge la casa circondariale e investire il ricavato per costruire una struttura nuova e più grande. Invece di 450 posti, secondo il sindaco il nuovo carcere potrebbe ospitare mille detenuti. Il primo cittadino parla anche della necessità di risolvere una volta per tutte il problema della sede degli uffici giudiziari. Su questo aspetto, però, la competenza è del ministero della giustizia. L’inviata del commissario delegato per l’emergenza prende nota, con l’impegno di ritornare presto a Bari con una risposta. L’amministrazione comunale si impegna ad avviare in tempi brevi la ricognizione per individuare l’area su cui costruire la nuova struttura carceraria. In ogni caso non si andrà verso una variante al piano regolatore generale. Il tempo a disposizione è esiguo. Il piano del governo è ambizioso: le nuove strutture carcerarie dovranno essere costruite entro il 2012. Mistretta (Me): “L’arpa di Davide” suona per i detenuti Sicilia Blog, 1 ottobre 2010 L’associazione evangelica Cristiani italiani volontari penitenziari (Crivop) onlus di Messina domani, 2 ottobre, organizza una manifestazione di carattere culturale, sociale e ricreativo dal titolo “L’arpa di Davide” presso la casa circondariale di Mistretta (Me). Presso la stessa casa circondariale si era già svolta in agosto la prima edizione del “Cineforum Onesimo”, rassegna cinematografica su temi biblici tenuta da Crivop. L’incontro di domani “nasce - spiega il presidente della Crivop, Michele Recupero - dal fatto di voler portare momenti di serenità e gioia a quanti sono ristretti presso la struttura penitenziaria, un po’ come l’episodio biblico dove l’arpa di Davide, portava serenità al re Saul”. Tra canti cristiani, giochi di gruppo, verranno coinvolti i detenuti e alla fine dell’incontro, verranno offerti dai volontari della Crivop bibite e dolci fatti in casa. Per informazioni: www.crivop.altervista.org.