Giustizia: nelle carceri 68.536 detenuti, da inizio anno 54 suicidi e 4.500 autolesionismi Redattore Sociale, 13 ottobre 2010 Dati del Dap all’11 ottobre 2010. 43.325 sono italiani e 25.211 stranieri. La Lombardia ha maggior numero di detenuti (9.254), seguono la Sicilia con 8.120 e la Campania con 7.876. Sono 68.536 i detenuti nelle carceri italiane. Di questi, 43.325 sono italiani e 25.211 stranieri. I dati aggiornati all’11 ottobre 2010 sono stati resi noti oggi a Roma dal Dap in occasione della presentazione dell’indagine sulla percezione dei cittadini verso il carcere. Riguardo ai dati, i detenuti condannati di origine italiana sono 24.313 e gli imputati 17.316. Mentre per gli stranieri i condannati sono 12.262 e gli imputati 12.760. Per quanto riguarda le regioni è la Lombardia che ha il maggior numero di detenuti (9.254), segue la Sicilia con 8.120 e la Campania con 7.876. Secondo i dati del Dap la maggior parte dei detenuti di origine straniera in carcere è di religione islamica (9.878). Seguono i cattolici (4.186) e gli ortodossi (2.718). Per quanto riguarda la presenza dei bambini in carcere, il maggior numero si registra nel carcere femminile di Rebibbia a Roma: 20 donne con 20 figli. Segue il carcere di san Vittore a Milano con 6 donne e 6 figli e il carcere di Avellino 6 donne e 6 figli. Ieri l’ultimo suicidio nel carcere a Ravenna Mentre la politica si interroga sui tempi e la qualità della giustizia italiana, dai penitenziari nostrani arriva un altro dato che testimonia la situazione insostenibile del sistema carcerario. Con il suicidio del siciliano trovano impiccato martedì in cella a Ravenna, è arrivato a 54 il numero dei detenuti che si sono tolti la vita dietro le sbarre in questi primi dieci mesi del 2010. A certificarlo è il rapporto sulla popolazione carceraria diramato quest’oggi dal Dap. L’istituto “maglia nera” in questa classifica è la casa circondariale di Siracusa con 4 suicidi negli ultimi 10 mesi, seguita da quella di Poggioreale (3), Rebibbia (3) e Padova (3). Oltre ai suicidi, sono impressionati anche gli atti di autolesionismo compiuti dai detenuti, stimati in 4.537 casi. Giustizia: indagine del Dap; italiani poco informati e critici sull’efficienza del carcere Redattore Sociale, 13 ottobre 2010 Solo una “ristretta minoranza” sa quanti sono gli istituti o i detenuti. Sovraffollamento “avvertito come l’emergenza delle emergenze”. Non si conosce l’aspetto legato a lavoro, formazione e reinserimento. Indagine Dap. Quale percezione hanno gli italiani del sistema carcerario? E quanto lo conoscono? Sono le domande a cui ha cercato di dare risposta Ipr Marketing con un’indagine commissionata dal Dap, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, i cui dati sono stati presentati oggi a Roma, al museo criminologico di via del Gonfalone 29. Il bisogno di capire in che modo polizia penitenziaria e sistema carcerario siano percepiti dalla popolazione è nato dal rapporto con il mondo dell’informazione. Giornali, mass media e strumenti di comunicazione, infatti, dedicano tempo e spazio agli eventi critici, come il sovraffollamento, i suicidi o le scarse risorse economiche, ma poco ai tratti positivi del sistema. Si tratta, perciò, di un’informazione spesso “squilibrata” che non approfondisce altri ambiti come la documentazione, il lavoro, la formazione e il reinserimento dei detenuti. I risultati dell’indagine condotta da Ipr Marketing mostrano che gli italiani hanno una percezione “lacunosa” del sistema carcerario e che hanno reazioni differenti a seconda che si parli di dimensione punitiva, istituzionale o umana. Per quanto riguarda l’aspetto più propriamente punitivo del sistema, solo una “ristretta minoranza” degli intervistati sa quantificare il numero degli istituti penitenziari presenti in Italia o il numero dei detenuti. Ancora più vaghe sono le conoscenze circa il numero di stranieri presenti in carcere, “la cui entità è fortemente sovrastimata”. Nonostante questa disinformazione, gli intervistati danno un parere negativo e critico (4,4,) in merito all’efficienza del sistema penitenziario e 6 italiani su 10 considerano oramai “improcrastinabile” un intervento per migliorare il funzionamento delle strutture. Tra i problemi più urgenti, al primo posto si pone il sovraffollamento, “avvertito come l’emergenza delle emergenze”. Poi, le finalità riabilitative della pena, considerate “irrealizzate da 7 italiani su 10”. Per questo, il consiglio che arriva dagli intervistati è quello di “incrementare le attività socialmente utili, di avviamento al lavoro, ma anche di espressività individuale”. Opinione positiva sugli agenti di polizia penitenziaria I dati dell’indagine condotta da Irp Marketing, commissionata dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria per capire il grado di conoscenza e i giudizi degli italiani sul sistema carcerario (vedi lancio precedente), ha riguardato anche lo stesso Dap e gli agenti di polizia penitenziaria. Per quanto riguarda il Dap, i dati dimostrano che gode di scarsa notorietà. La maggioranza di coloro che dicono di conoscerlo esprime un giudizio positivo, anche se nel complesso la valutazione è sotto la sufficienza (5,8). Gli intervistati, però, hanno dimostrato di avere idee sfocate in merito al Dap. Un’ignoranza dimostrata dalla confusione e dall’incertezza sulle figure professionali che operano alle dipendenze del dipartimento, come, ad esempio, il magistrato di sorveglianza che viene considerato subordinato all’amministrazione penitenziaria. Solo il 40% degli intervistati, inoltre, inserisce gli operatori culturali e i volontari tra le risorse a disposizione del Dap. Anche se la polizia penitenziaria gode di una fiducia inferiore a quella nutrita per gli altri corpi di pubblica sicurezza, “la maggioranza di chi ne ha sentito parlare” dichiara di avere un’opinione positiva e dà agli agenti una sufficienza piena: 6,2. Questa fiducia aumenta fino all’80% degli intervistati che dicono di avere avuto un contatto diretto con il corpo di polizia o, per varie ragioni, ne hanno approfondito la conoscenza. La maggioranza degli intervistati, però, riporta un’opinione mediata dai mezzi di comunicazione, giornali, radio e tv. In questo caso, la polizia penitenziaria viene associata solo agli episodi di cronaca, come suicidi, incidenti negli istituti o evasioni. Forse per questo, gli intervistati giudicano il lavoro dell’agente di polizia penitenziaria “difficile, pericoloso e talvolta frustrante”. Solo la metà del campione riconosce anche l’aspetto positivo del coinvolgimento umano ed emotivo. Un piccola minoranza lo ritiene un impiego apprezzato socialmente e adeguatamente retribuito. Tutti gli intervistati, però, pensano che dovrebbe essere mostrato, fatto conoscere e valorizzato di più. Un lavoro che è però poco conosciuto. Gli italiani, infatti, attribuiscono al corpo penitenziario solo mansioni di vigilanza e sicurezza, e non anche le attività di rieducazione e reinserimento dei detenuti. Inoltre, è “largamente” ignorata la quota di donne che lavorano nel corpo di polizia penitenziaria. Giustizia: Radiocarcere contro l’indagine Dap; “Soldi pubblici buttati al vento” Redattore Sociale, 13 ottobre 2010 Il sito dell’omonima trasmissione su Radio Radicale: “Che ci fa il Dap con le risposte di un campione di mille cittadini? Non interessa più la validità del lavoro svolto nella pubblica amministrazione, oggi appare più importante vendere un’immagine” Quanti soldi sono stati spesi per il sondaggio sulla percezione dei cittadini verso gli agenti di custodia? E a cosa possono servire i risultati del sondaggio al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap)? Sono questi i due interrogativi di fondo di Radiocarcere, il sito della omonima trasmissione su Radio radicale. “A prescindere dei risultati del sondaggio che non interessano - si legge sulle pagine web -, il solo fatto che il Dap abbia commissionato un sondaggio lascia a dir poco perplessi e suscita non poche domande. Quanti soldi pubblici sono stati spesi per tale ricerca? Quali criteri sono stati utilizzati dal Dap per conferire l’incarico del sondaggio alla società Ipr Marketing di Napoli?” Il sondaggio mira a conoscere il gradimento dei cittadini, mentre su quali sono i problemi delle carceri italiani il Dap dovrebbe essere già ben informato. “Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, che ha un compito meramente amministrativo (e non politico), conosce bene la realtà delle carceri. I direttori delle patrie galere dipendono dal Dap. La Polizia penitenziaria dipende dal Dap. Il Dap, inoltre, può usufruire dell’ufficio statistica del Ministero della Giustizia ed ha addirittura i propri ispettori. Insomma una struttura complessa e ben organizzata. E di certo non a caso! Ed allora: a cosa gli serve un sondaggio? Che ci fa il Dap con le risposte di un campione di mille cittadini circa la funzione principale svolta dal carcere, o circa la conoscenza e la valutazione del Dap stesso? Mah, mistero. Pur mettendo da parte i dubbi su presunte marchette, la verità è che oggi appare più importante vendere un’immagine, a prescindere dal servizio dato. Non interessa più la validità del lavoro svolto nella pubblica amministrazione. Interessa maggiormente come quella amministrazione appare. Tradotto: un modo per truffare la gente con soldi pubblici buttati al vento”. Giustizia: Sappe; il sondaggio dimostra fallimento delle politiche comunicative del Dap Comunicato stampa, 13 ottobre 2010 “Sondaggio Dap su percezione sistema penitenziario dimostra fallimento politiche comunicative dell’Amministrazione Penitenziaria e del Corpo di Polizia. Se ne traggano dovute conseguenze”. “Arriva con dieci anni di ritardo l’indagine sulla percezione, da parte dell’opinione pubblica, del sistema penitenziario italiano, delle attività del Dap e della Polizia Penitenziaria e non può che rispecchiare il fallimento delle attività di comunicazione pubblica messe in atto dall’Amministrazione penitenziaria da un decennio a questa parte. Siccome da dieci anni a questa parte nulla è stato fatto per informare i cittadini sul “Pianeta Carcere” e sulle attività dei lavoratori che vi operano, costituiti al 90% dalla Polizia Penitenziaria, questi dati che oggi ci vengono presentati sono l’impietoso giudizio sul non lavoro svolto dagli organi d’informazione che pure il Dap ha a disposizione. Ci sarebbe da aspettarsi che chi di competenza, in questo caso il Direttore dell’Ufficio stampa e Relazioni Esterne che da molti anni è insediato lì, ne tragga le dovute conseguenze.” Bocciatura senza appello quella che il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa Organizzazione di Categoria, riserva al sondaggio sulla percezione dei cittadini riguardo al mondo penitenziario e alla Polizia Penitenziaria presentato oggi a Roma dall’Amministrazione Penitenziaria. Aggiunge il segretario generale Sappe Donato Capece: “Se l’immagine della Polizia Penitenziaria è a questi livelli nonostante i poliziotti, di fatto, non solo garantiscono la sicurezza negli istituti penitenziari ma svolgono anche tutti quei ruoli che l’Amministrazione non è più in grado di garantire all’interno degli istituti, lo dobbiamo soprattutto all’inefficienza e all’immobilismo del Dap riguardo le attività di comunicazione pubblica. Se sul carcere e sulle persone che vi sono recluse persistono ancora così tanti pregiudizi lo si deve all’assoluta mancanza di professionalità con cui è stata gestita l’attività di comunicazione pubblica da parte del Dap e delle sue diramazioni periferiche. I risultati di questa indagine, sono a testimoniare che le denuncie che portiamo avanti da anni, non erano certo futili proteste, ma lucide considerazioni di quanto poco si stesse facendo a cominciare dalla valorizzazione dell’immagine del Corpo di Polizia Penitenziaria. In qualunque grossa organizzazione pubblica o privata come quella del Dap contestualmente ai risultati di un’indagine del genere verrebbero anche annunciate le dimissioni seduta stante dei responsabili della comunicazione pubblica. Se il Dap vuole continuare per questa strada di omissioni e disinformazione nei confronti del cittadino continui pure, ma istituisca da subito un Ufficio stampa e relazioni esterne della Polizia Penitenziaria, gestito e composto da personale qualificato della Polizia Penitenziaria!”. Giustizia: Alfano; i problemi delle carceri non si rissolvono in 2 anni, ma stiamo seminando bene Ansa, 13 ottobre 2010 Il ministro della Giustizia: "Non si risolve in 2 anni, ma noi abbiamo imbroccato la strada giusta". Sull'indagine del Dap: "Credo in questo genere di indagini e mi compiaccio per la qualità scientifica". Il problema delle carceri non si risolve in 2 anni, ma “noi abbiamo imbroccato la strada giusta e stiamo seminando bene investendo per far sì che il sovraffollamento si superi attraverso la costruzione di nuove strutture”. “Non so se i frutti li raccoglieremo noi ma il frutto positivo raccolto sarà a beneficio del sistema”. Lo ha detto il ministro della Giustizia Angelino Alfano intervenendo oggi a Roma alla presentazione dell’indagine del Dap. Tra le misure su cui sta lavorando il ministero Alfano ha ricordato il sostegno alla polizia penitenziaria e il trasferimento dei detenuti stranieri. Alfano si è complimentato poi per l’indagine e ha sottolineato che “il lavoro nelle carceri è la vera sfida contro la recidiva”. “Una recidiva in meno è un passo verso la sicurezza in più”. Alfano ha poi aggiunto “Credo in questo genere di indagini e mi compiaccio per la qualità scientifica dello studio che offre un grado di stabilità assoluta. Non c’è buona terapia senza una buona diagnosi e questi studi sono il miglior viatico per una buona terapia”. Giustizia: Staderini (Radicali); servono scelte coraggiose, a cominciare dall’amnistia Adnkronos, 13 ottobre 2010 “L’invito del presidente della Repubblica è quanto mai doveroso. La crisi della giustizia italiana, con i suoi 11 milioni di processi pendenti, rappresenta la più grande questione sociale che la politica non vuole e non sa affrontare. Occorrono davvero scelte coraggiose, a cominciare dall’amnistia quale precondizione per procedere a una riforma strutturale e organica del sistema giustizia”. Lo sottolinea il segretario di Radicali Italiani Mario Staderini, secondo il quale il riassetto del sistema giudiziario dovrebbe inoltre comprendere “la separazione delle carriere, la riforma dell’obbligatorietà dell’azione penale e del Csm, la modifica della legge sulla responsabilità civile dei magistrati, la revisione del collocamento fuori ruolo dei magistrati e degli incarichi extragiudiziari, la cancellazione dei reati senza vittima”. “Una risoluzione in tal senso dei parlamentari Radicali fu approvata a larghissima maggioranza nel gennaio del 2009. Nulla è stato sinora fatto, mentre persino il ddl Alfano sulle carceri in discussione al Senato è stato svuotato dei suoi contenuti originari. Il voto del Senato sarà la prima occasione per raccogliere l’invito del presidente Napolitano. Di fronte all’urgenza di interrompere il trattamento disumano e le torture cui sono costretti detenuti e operatori penitenziari, è criminale limitarsi a rincorrere processi e leggi ad personam. Per risvegliare anche su questo l’anima della democrazia -ricorda infine Staderini - Marco Pannella dal 2 ottobre scorso conduce un satyagraha attraverso lo sciopero della fame”. Giustizia: Ferrante (Pd): carceri indegne di un paese civile, suicidi strage da fermare Dire, 13 ottobre 2010 “Il 54esimo suicidio nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno aggiorna drammaticamente una triste conta che avviene nel silenzio del Governo e delle istituzioni carcerarie. È certamente difficile stabilire un nesso tra le condizioni quasi invivibili di molti penitenziari italiani e la decisione di togliersi la vita, ma quando il sovraffollamento è tale come nel carcere di Ravenna non si possono chiudere gli occhi di fronte ad una situazione drammatica, che ha bisogno di interventi al più presto”. Lo dichiara il senatore del Pd Francesco Ferrante dopo il suicidio di un detenuto avvenuto stamane nel carcere di Ravenna. “In Europa solo la Bulgaria - continua Ferrante - ha carceri più sovraffollate delle nostre: nel paese dell’Europa orientale i detenuti ogni cento brande sono 155, contro i nostri 152. A denunciare situazioni indegne di un paese civile non è solo il sottoscritto, autore di undici interrogazioni parlamentari in merito al Presidente del Consiglio rimaste lettera morta, ma anche i sindacati delle guardie penitenziarie, che lavorano in condizioni difficilissime”. Per il senatore del Pd, “non è più rinviabile, oltre alla realizzazione di nuove strutture carcerarie, l’avvio immediato di un piano per la riduzione dell’affollamento delle carceri e il ricorso, ove possibile, a pene alternative: per far fronte a quella che è una vera e propria emergenza c’è bisogno di fondi adeguati e volontà politica, di certo non di un fantomatico piano carceri che si intende realizzare in spregio alle procedure ordinarie”, conclude Ferrante. Giustizia: Uil; da inizio anno 54 suicidi e 911 tentati suicidi, carceri verso il baratro Agi, 13 ottobre 2010 È la Toscana a detenere il primato dei tentati suicidi nelle carceri dove, dal 1 gennaio al 30 settembre 2010, sono stati 141. Al primo posto Livorno con 40, seguita da Pisa con 21, e Firenze Sollicciano con 20. Seguono Lecce con 36, Napoli Poggioreale con 29, Roma Rebibbia con 27, Napoli Secondigliano con 26, Cagliari con 24, Milano San Vittore con 21 e Como con 18. Capofila dunque la Toscana con 141 seguita da Sicilia con 91, Lombardia con 90 e Campania con 89. A fornire le “classifiche” delle realtà penitenziarie più esposte sul fronte dei tentati suicidi è La Uil Pa Penitenziari. In Italia nello stesso periodo sono stati 911. “Se da un lato i 54 suicidi nelle celle di questo funebre 2010 danno conto di un sistema oramai impotente che corre dritto verso il baratro, dall’altro i 911 tentati suicidi a tutto il 30 settembre sono la certificazione del livello di degrado, disumanità , inciviltà ed illegalità che connota l’universo penitenziario italiano”. Dopo il suicidio di ieri a Ravenna (54° del 2010) il Segretario Generale della Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno, torna sul dramma delle auto soppressioni commentando i dati sui tentati suicidi in cella verificatisi dal 1 gennaio al 30 settembre 2010. “Occorre premettere e precisare che statisticamente circa il 50% degli eventi rubricati come tentati suicidi possono essere considerati gesti dimostrativi. Ciò non toglie che siano circa 500 le tentate auto soppressioni con la dichiarata volontà del suicidio. È un dato terrificante - sottolinea Sarno - che non può non far riflettere. È da tempo che sosteniamo come la polizia penitenziaria sia precipuamente impegnata nell’impedire le evasioni dalla vita da parte dei detenuti. È un impegno encomiabile di cui non parla quasi mai nessuno. Eppure sino ad oggi abbiamo monitorato per via diretta il salvataggio di circa 175 detenuti da parte dei poliziotti penitenziari, non è escluso, perciò, che siano molti di più. L’ultimo in ordine di tempo alla casa Circondariale di Pistoia, dove ieri gli agenti hanno salvato la vita ad un giovane detenuto italiano, che però versa in condizioni disperate. Purtroppo la grave deficienza organica (meno 6.500 unità) del Corpo non trova soluzione in atti parlamentari, al netto delle favolette che ad intermittenza ci vengono propinate. Questo significa - prosegue Eugenio Sarno - che i livelli di sicurezza travalicano ogni previsto limite minimo. Non solo, quindi, la polizia penitenziaria non può adempiere al compito costituzionale della rieducazione e del reinserimento, quant’anche ha difficoltà persino garantire la mera sorveglianza. E la smettano di raccontare anche la storiella dei nuovi posti. Avranno pure edificato qualche padiglione e aperto qualche nuovo carcere, ma non hanno pensato ad assumere il personale per attivare queste strutture che infatti sono chiuse o operano scartamento ridotto. Per questo auspichiamo che il Governo analizzi con responsabilità l’ eventualità di ricorrere ad un decreto legge per consentire la copertura, seppur minima e parziale, degli organici di polizia penitenziaria. Oltremodo è necessario implementare gli organici degli educatori e degli assistenti sociali perché possano, concretamente, adempiere agli insostituibili compiti di osservazione. Senza tali figure nessuna prevenzione può essere messa in atto ed i fenomeni delle auto soppressioni sono destinati ad aumentare. Non c’è peggior rischio che avere detenuti abbandonati, non seguiti e costretti all’ozio. In tali circostanze è dimostrato che ci si concentra su atti violenti verso altri o verso se stessi, fino ad arrivare a pianificare le evasioni perpetue dalla vita”. Giustizia: Osapp; politiche penitenziarie che puntano solo sull’edilizia sono fallimentari Il Velino, 13 ottobre 2010 “Al suicidio nel carcere di Ravenna in data odierna deve aggiungersi l’ulteriore suicidio nella mattinata odierna di un detenuto nel carcere di Pistoia che porta a 55 i suicidi nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno”. Lo dice Leo Beneduci, segretario generale Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria”. “L.S. 35enne di Pistoia, detenuto nel carcere della stessa città per rapina ed in cura per disturbi psichici, approfittando dell’assenza temporanea dei due compagni di cella, si è impiccato alla terza branda con le lenzuola in dotazione - aggiunge il sindacalista - e a nulla è servito l’immediato intervento del Personale in quanto è stato già diagnosticato il decesso cerebrale del detenuto. Sono questi gli effetti di una politica penitenziaria assolutamente fallimentare - prosegue il leader dell’Osapp - che ha condotto l’emergenza più che decennale delle carceri italiane a degenerare nell’attuale e quotidiano dramma. La scelta deleteria di devolvere tutte le risorse alla nuova edilizia, con un Ministro della Giustizia completamente assente a tutto ciò che è penitenziario, è stata già effettuata adesso occorrerebbe invertire la tendenza, sia decongestionando le carceri rispetto ai reati di minore allarme e sia attuando le integrali riforme dell’Amministrazione e della Polizia Penitenziaria di cui vi assoluto bisogno; ma non risultano in questo momento interlocutori che vogliano ascoltare ed attuare interventi risolutivi, sia in sede politica e sia tra i Partiti, per cui è assai probabile che l’attuale sistema penitenziario abbia non oltre un anno di vita, prima del definitivo tracollo”. Pistoia: detenuto di 35 anni si impicca in cella, è all’ospedale in gravissime condizioni Ansa, 13 ottobre 2010 Un detenuto di 35 anni ha tentato il suicidio cercando di impiccarsi nella propria cella nel carcere di Pistoia. L’ intervento degli agenti è stato tempestivo e ora l’ uomo è in condizioni disperate all’ ospedale cittadino. Secondo il sindacato Osapp, i medici avrebbe già decretata “la morte cerebrale”. Le condizioni gravi del detenuto sono state confermate all’Ansa dalla responsabile delle carceri toscane Maria Pia Giuffrida. L’uomo, S.L, di Pistoia era detenuto per rapina. Era in cura per problemi psichici. Approfittando dell’ assenza dei due compagni di cella “si è impiccato alla terza branda con le lenzuola”. Gli agenti sono intervenuti dopo che uno di loro si era accorto che lo spioncino del blindato era chiuso. Particolare insolito per l’ora, le 10. Il Sappe da tempo denuncia le criticità del carcere Santa Caterina di Pistoia: 154 detenuti a fronte di 74 posti e 30 agenti in meno rispetto all’organico previsto. Per l’Osapp “Questi sono gli effetti di una politica penitenziaria assolutamente fallimentare che genera drammi quotidiani”. Ravenna: Spadoni (Comune); il carcere non rispetta i diritti fondamentali dell’uomo Romagna Oggi, 13 ottobre 2010 “La situazione di sovraffollamento in cui versa il carcere di Ravenna, ed il tema correlato riguardante la carenza di organici, merita una attenta riflessione soprattutto da parte degli organi centrali competenti”. Il consigliere comunale per la Lista per Ravenna Gianfranco Spadoni, commenta così la notizia del suicidio di un detenuto 42enne, che questa mattina si è tolto la vita dopo 14 giorni di reclusione. È il 54esimo suicidio dall’inizio dell’anno nelle carceri di Ravenna. “È fuori di dubbio - scrive Spadoni in una nota stampa - come la situazione sia procrastinata nel tempo e anche durante governi di centro sinistra, il quadro d’insieme non era certamente migliore rispetto a quello attuale. Quanto accaduto nel carcere locale ci deve fare riflettere. Il suicidio di una persona rappresenta di per sé un fatto estremamente grave e serio, che in ogni modo chiama in campo le responsabilità delle istituzioni, ma è molto difficile ed in qualche modo semplicistico, fare un collegamento tout court unicamente con le condizioni detentive interne alla struttura carceraria”. “Nessuno disconosce l’emergenza delle carceri di Ravenna - prosegue il consigliere -, ma è innegabile come la situazione sia comune per molte altre del territorio nazionale; si tratta in buona parte di strutture inadeguate ed insufficienti per accogliere numeri così elevati di detenuti, anche alla luce di una crescita demografica dovuta all’immigrazione. È una questione di inosservanza delle norme, ma soprattutto di mancato rispetto dei diritti fondamentali della vita della persona umana, aspetti sui quali, peraltro, il Governo più volte si è impegnato a migliorare la situazione generale esistente”. “Nel caso specifico locale - conclude -, qualsiasi iniziativa in grado di migliorare le condizioni di vita della persona, a tutela dei suoi diritti fondamentali e nelle varie fasi che possono presentarsi nel corso della vita, compresa quella della reclusione, va perseguita tenacemente. È vero, altresì, che la politica davanti ad enti istituzionalmente afferenti ad organi diversi da quelli locali, come in questo caso, dovrebbe limitarsi a formulare segnalazioni costruttive, evitando di invadere ruoli e competenze, appunto, che appartengono formalmente ad altri”. Reggio Emilia: Opg sovraffollato e senza fondi, 3 persone vivono in celle di 9 mq La Gazzetta di Reggio, 13 ottobre 2010 Sono 290 i detenuti all’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio: una struttura che potrebbe accoglierne un massimo di 135. Risultato? “Tre detenuti in celle di 9-10 metri quadrati” denunciano i consigliere regionale di Sel Gianguido Naldi e Gabriella Meo che ieri mattina hanno visitato l’Opg. “Le celle sono molto ordinate, ma il loro numero è assolutamente insufficiente”. E insufficiente è il personale. “In pianta organica - sottolinea - 121 unità ma ne operano circa una settantina a fronte di un numero ottimale di personale di servizio che dovrebbe essere di 211”. Poco meno della metà, quindi. “Per gli internati è disponibile un educatore e mezzo contro i sei previsti”. Al problema del sovraffollamento - già oggetto di un’ interrogazione in consiglio regionale nell’agosto scorso da parte del gruppo di Sinistra ecologia e libertà - si va a aggiungere all’imminente cancellazione di alcune delle attività organizzate all’interno della struttura. Causa mancanza di fondi, a fine anno, cesserà il progetto di pet therapy, una vera e propria terapia riabilitativa (utilizzata con successo in moltissime strutture psichiatriche del nord Europa e degli Stati Uniti) che si basa sul rapporto fra paziente e animali. Alla fine di dicembre, quindi, i cani addestrati per la pet therapy e utlizzati all’Opg saranno trasferiti in canili. Non solo. Chiuderà entro la fine dell’anno anche il laboratorio di costruzione di biciclette che consentiva a una decina di detenuti di rimanere attivi e occupare parte delle giornate. Le bici, costruite con parti di altre biciclette sequestrate dalle forze dell’ordine perché oggetto di furto e mai reclamate dai legittimi proprietari, venivano poi messe in vendita. “Ci sono una serie di cose - commenta Gabriella Meo - che in passato avevano funzionato molto bene che non sono più possibili: dal semplice uso di una cucina comune in cui le persone recluse potevano cucinare per loro e per altri per motivi legata alla sicurezza, al laboratorio delle biciclette cioè il recupero delle biciclette fino ad arrivare alla pet terapy. L’Opg sarà ancora un pò più povero di com’era. Politicamente ci attiveremo per cercare di capire se esistono le condizioni per mantenere quelle soluzioni di minima, e cioè per far restare attivi questi laboratori e queste strutture che per chi sta dentro sono un sollievo enorme”. “Sono emersi - specifica Gianguido Nardi - problemi che già si conoscevano come quello del sovraffollamento che è aumentato e rende la struttura totalmente inadeguata. Il personale non basta e questo è il primo dei problemi: noi lo vogliamo affrontare ragionando sia sulla nuova struttura, che dovrebbe nascere a Castelfranco che dovrebbe liberare 90 posti, sia facendo in modo che le altre regioni facciano la loro parte perché qui ci sono anche detenuti che vengono da fuori e sarebbe dunque auspicabile che anche per ragioni familiari, per stare più vicini ai loro familiari fossero più vicini al loro paese. Storie strazianti convivono in 9 metri C’è il giovane rom, incarcerato dopo una condanna per furto, con un ritardo mentale importante che non può lasciare l’Opg perché neppure nella sua città, in Liguria, ha un familiare o un amico che possa seguirlo. “Né - sottolinea il consigliere regionale Gianguido Naldi - si riesce a costruire su di lui un progetto di reinserimento”. E c’è il detenuto per reati di mafia che deve scontare una lunga pena dententiva e che in passato ha più volte tentato il suicidio. Per questo motivo è stato trasferito all’ospedale psichiatrico giudiziario reggiano dove viene tenuto in costante osservazione per evitare possa togliersi la vita. Storie diverse. “Storie strazianti - si lascia sfuggire Naldi - di persone costrette a convivere in 9 metri quadri quando, invece, avrebbero bisogno di spazi adeguati e di operatori in grado di seguirli. Non dimentichiamo che la maggior parte dei detenuti passa le giornate stesa sui letti mentredovrebbe svolgere attività terapeutiche che aiuterebbero nella riabilitazione e in un loro futuro reinserimento nella società”. “Una questione importante, un grave problema - rimarca Naldi - è che tutto il personale sanitario dell’Opg di Reggio è alle dipendenze dell’Ausl e le due catene di comando non hanno ancora trovato il modo per connettersi in modo sinergico e questo sembra stia creando problemi perchè non sempre la struttura carceraria è in grado di rispondere alle sollecitazioni e alle richieste di terapie che provengono dal personale sanitario. Poi ci sono molti servizi che potrebbero dare sollievo alla parte detentiva e non sono utilizzati o per mancanza di fondi, o per mancanza di licenze quindi in effetti la vita è molto più dura di quanto potrebbe essere”. Incoraggiante, secondo i consiglieri di Sel, è però il fatto che “sia diminuito sensibilmente l’uso dei letti di contenzione” e che non ci siano registrati “casi eclatanti di criticità o suicidi”. Questo “nell’anno nero in cui si contano, fino ad ora, 57 suicidi in carcere” sottolinea l’avvocato Elia De Caro dell’associazione Antigone. “Il rischio - conclude il legale - si acuisce nei periodi in cui è maggiore la percezione di distanza con il mondo esterno come in agosto e durante le festività natalizie. E in questi periodi l’attenzione deve essere massima”. Firenze: Provincia; ripristino dell’intero corso della scuola carceraria a Sollicciano Asca, 13 ottobre 2010 “Il Ministero della Pubblica Istruzione ha ritenuto fondate le nostre richieste per il ripristino delle ore serali e della scuola carceraria di Sollicciano”. Con queste parole l’assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia di Firenze ha comunicato la concessione delle serali per gli istituti Elsa Morante di Firenze; Galileo Ferraris di Empoli; Chino Chini di Borgo San Lorenzo e per il Vasari di Figline Valdarno. “Inoltre - ha specificato Di Fede - ci è stato concesso il ripristino dell’intero corso della scuola carceraria a Sollicciano”. “Si tratta di un risultato importante - commenta Di Fede - che mitiga una situazione che stava diventando particolarmente pesante”. “Per questo risultato - conclude l’assessore provinciale - dobbiamo ringraziare in particolar modo i parlamentari fiorentini De Pasquale e Toccafondi; il garante per i diritti dei detenuti Corleone e tutti i sindaci che si sono impegnati in questa battaglia di civiltà”. Velletri: entrato in funzione impianto solare all’interno del carcere, 200 mq di pannelli Asca, 13 ottobre 2010 Il campo solare ha una grandezza di duecento metri quadri di superficie captante per una potenza complessiva di 140 kWth. Con la messa in esercizio dell’impianto solare nella Casa Circondariale di Velletri, si è concluso il quinto impianto per la produzione di acqua calda sanitaria dal sole realizzato nelle carceri italiane. Il campo solare ha una grandezza di duecento metri quadri di superficie captante per una potenza complessiva di 140 kWth e sarà dotato di un sistema di monitoraggio che permetterà di tenere costantemente sotto controllo il suo corretto funzionamento e i benefici prodotti in termini di risparmio energetico. In ragione delle grandi dimensioni dell’impianto si è scelto di utilizzare uno schema impiantistico a bassa portata. Il sistema è stato installato, sulla copertura piana dell’edificio, in modo indipendente, con un inclinazione di 45 gradi per massimizzare l’irraggiamento solare. Il suo dimensionamento è stato studiato per coprire il 50% del fabbisogno energetico complessivo dell’istituto. La parte restante del fabbisogno sarà invece garantita grazie all’integrazione del sistema solare con la caldaia a gasolio preesistente. In questo modo, è stato stimato un risparmio energetico di 180 kWhth equivalenti a 120 tonnellate di Co2 non immesse nell’atmosfera. L’impianto è stato realizzato nel quadro di un programma complesso che vede la collaborazione tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero della giustizia - Dipartimento amministrazione penitenziaria. Il coordinamento tecnico scientifico è affidato al Centro Interuniversitario di Ricerca per lo Sviluppo Sostenibile che si avvale della collaborazione di Reseda Onlus per le consulenze tecniche, le docenze e il tutoraggio nelle attività didattiche teoriche e pratiche. Il “Programma nazionale di solarizzazione degli istituti penitenziari” nasce nel 2001 con l’obiettivo di dotare quindici istituti penitenziari italiani di impianti solari termici per la produzione di Acqua calda sanitaria. Gli obiettivi che il progetto si pone, oltre al risparmio energetico ed economico derivanti dall’uso dell’energia solare per la copertura del fabbisogno energetico dei penitenziari, hanno anche una forte connotazione sociale. Tutti gli impianti sono stati realizzati infatti con il coinvolgimento diretto di squadre di detenuti che, dopo aver frequentato un corso di formazione adeguato, hanno partecipato ai lavori di installazione degli impianti e saranno anche in grado di effettuare la manutenzione richiesta da impianti solari di grandi dimensioni. I corsi inoltre, articolando una parte di lezioni teoriche con una parte pratica svolta direttamente in cantiere permettono ai detenuti di ottenere una qualifica professionale di “Installatore e Manutentore di Impianti Solari Termici” che dovrebbe facilitare la ricerca di un lavoro e quindi il reinserimento sociale. Padova: detenuto marocchino evade dalla Casa circondariale, era in carcere da 7 giorni Ansa, 13 ottobre 2010 Un detenuto marocchino è evaso questa mattina dal carcere Due Palazzi di Padova. Del fatto è stata informata l’autorità giudiziaria e nel frattempo sono stati predisposti i posti di blocco in tutta la provincia da parte di polizia, carabinieri e Guardia di finanza. Il detenuto, ha fatto sapere il segretario della Uil Penitenziari Eugenio Sarno, era in attesa di giudizio per reati legati allo spaccio di droga e nella prima mattinata aveva avuto colloqui con i familiari. Poco prima delle 11 ha scavalcato prima il muretto dei passeggi e poi il muro di cinta aggrappandosi a un palo prospiciente e, a quanto sembra, usando le classiche lenzuola annodate per calarsi fuori. Quindi si è allontanato di corsa verso l’autostrada. Il muro di cinta, attualmente inagibile, era sguarnito di sorveglianza. “Non possiamo che ribadire quanto già più volte denunciato - osserva Sarno -. Il deficit dell’organico di polizia penitenziaria costringe gli operatori a prestare servizio in condizioni ben al di sotto dei livelli minimi di sicurezza. Questo significa, come è purtroppo dimostrato dai 13 evasi di quest’anno, che chiunque voglia e quando vorrà potrà evadere dalle nostre prigioni groviera. A prescindere dalle capacità e dall’impegno del personale”. Domani, tra l’altro, a Padova è previsto l’arrivo del ministro dell’Interno Maroni per parlare di sicurezza. Fossombrone: da detenuti a operai comunali, impiegati in lavori socialmente utili Corriere Adriatico, 13 ottobre 2010 Tre detenuti escono ogni giorno dal carcere per andare a lavorare. Per il terzo anno consecutivo l’accordo tra l’Amministrazione comunale di Fossombrone e istituto di pena locale ha dato i suoi frutti positivi: “Si tratta di reclusi impiegati in lavori socialmente utili - spiega l’assessore comunale Michele Chiarabilli che ha seguito e promosso in prima persona l’iniziativa - È la prima esperienza in assoluto nelle Marche ed é una delle prime in Italia, in quanto vengono coinvolti carcerati ospitati in strutture di massima sicurezza. Noi abbiamo iniziato e poi in altre realtà italiane hanno preso a modello la nostra sperimentazione”. Quali sono i lavori oggetto del progetto? “La pulizia delle oltre 1400 caditoie stradali dislocate sul territorio comunale, il taglio dell’erba lungo le vie cittadine, la pulizia stradale ed ultimamente la riverniciatura di tutta la recinzione della nuova scuola elementare del capoluogo”. C’é stata qualche innovazione particolare? “Negli ultimi due anni è stato possibile eliminare, grazie all’impiego di questi tre operai in più appunto, l’uso di dissecanti delle erbe infestanti nelle vie del centro storico. Non è cosa da poco viste le polemiche che in più parti si sono scatenate anche la scorsa primavera”. Quali le conclusioni alle quali approda l’esperienza maturata a Fossombrone? “Sono pienamente convinto che attraverso il sistema giudiziario ed il carcere si debba garantire la certezza della pena giusta ed idonea per chi commette dei reati, ma nello stesso tempo si debbono creare le condizioni sociali per recuperare i soggetti che nel corso della loro vita purtroppo hanno sbagliato e mettere nella condizione, a chi lo merita, di avere un’altra possibilità”. Assessore Chiarabilli molto soddisfatto? “Sì. Ritengo doveroso ringraziare coloro senza i quali non sarebbe stato possibile realizzare questo progetto ed ottenere i primi risultati: gli educatori del carcere di Fossombrone, il commissario Andrea Tosoni, il responsabile dell’ufficio tecnico, geometra Gabriele Montoni ed il capo degli operai del Comune Albertino Ciacci. Sono stati veramente tutti molto bravi non ascoltando eventuali legittime perplessità ed eliminando qualsiasi tipo di pregiudizio. Hanno trattato i detenuti come veri e propri dipendenti”. Quanto costa alle casse comunali il progetto? “L’Amministrazione per la realizzazione del progetto ha stanziato a bilancio, per il 2010, 5 mila euro”. Enna: ancora allagamenti in carcere, nuova denuncia del Sappe e dell’Osapp La Sicilia, 13 ottobre 2010 Si accende la protesta degli agenti penitenziari in servizio al carcere di Enna, struttura fatiscente e priva dei requisiti minimi di sicurezza nei posti di lavoro. La pioggia di questi due giorni ha nuovamente provocato allagamenti nel carcere già fatiscente e, temono gli agenti, sempre più compromesso dal punto di vista strutturale. Il Sappe, Sindacato autonomo polizia penitenziaria, a un mese dalla dura denuncia sulla situazione del carcere, attraverso le segreterie regionale e provinciale, spiega la situazione di una struttura carceraria parzialmente inagibile. “Inagibili sono diversi uffici, diverse celle della sezione maschile e un intero piano della sezione femminile - si legge nella nota sindacale - come inagibile è il muro che costeggia il Penitenziario con problemi alla circolazione delle auto. Se non sono stati posti rimedi durante la stagione estiva non ci aspettiamo nulla di più con quella invernale”. Il Sappe che ha già da tempo proclamato lo stato di agitazione ritorna a denunciare quella che definisce “la posizione fantasma dell’amministrazione penitenziaria di Enna” e la segreteria regionale annuncia di essere pronta “a intraprendere tutte le forme di protesta pacifica e se è necessario anche con la protesta di piazza in oltranza sino a quando le Autorità interessate interverranno e verificheranno che nulla è stato fatto e si continua a giocare con la salute di uomini e donne dello Stato italiano”. Il Sappe denuncia la totale fatiscenza della caserma, dei servizi igienici, mancanti perfino di sapone ed asciugamani, ma soprattutto la presenza di cavi elettrici in totale violazione alle norme di sicurezza in ambienti grondanti di umidità. Una situazione drammatica denunciata dal delegato provinciale Filippo Bellavia e dall’intera segreteria regionale. Intanto l’Osapp, Organizzazione sindacale polizia penitenziaria, ha indetto per il 28 ottobre prossimo una manifestazione di protesta che si terrà in piazza Prefettura. L’Osapp pone sul tavolo diverse rivendicazioni e denuncia atteggiamenti antisindacali della direzione che “non garantisce il rispetto degli accordi quadri nazionali; non fa ruotare il servizio del personale; costringe il personale a svolgere lavoro straordinario senza essere remunerato”. L’Osapp denuncia anche che il personale deve anticipare a spese proprie le somme per garantire i servizi di missione e delle scorte e che a 20 anni dall’inizio dei lavori, il nuovo padiglione è abbandonato. “Gran parte dei problemi - dichiara Filippo Garofalo, segretario nazionale Osapp - potrebbero essere risolti con l’apertura di questa nuova struttura, nella speranza che il sindaco Garofalo porti buone notizie dopo l’incontro con il ministro Alfano”. Verbania: l’associazione Camminare Insieme organizza Corso per volontari in carcere Comunicato stampa, 13 ottobre 2010 Inizierà sabato 16 ottobre alle 9,30 a Villa Olimpia di Pallanza (via Mazzini) il corso per volontari in carcere promosso dall’associazione Camminare Insieme. Si tratta di undici incontri, sino al 26 marzo. Per maggiori informazioni si possono contattare questi numeri: 0323/516516 - 331/9059641 (Amalia). Sabato 16 ottobre prossimo avrà inizio un itinerario formativo costituito da undici incontri rivolto a persone che intendono avvicinarsi ai temi del carcere e del rapporto con persone che vivono l’esperienza detentiva. Il corso nasce dalla volontà dell’Associazione Camminare Insieme, in collaborazione con il Comune di Verbania, il Centro Servizi per il Volontariato, la Direzione della Casa Circondariale di Verbania, l’Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna, l’Agenzia per l’inclusione sociale di promuovere un intervento strutturato di sensibilizzazione e coinvolgimento della nostra cittadinanza. Ci guideranno in questo percorso di conoscenza giuristi, operatori del settore, volontari, psicologi. Per poter offrire all’interno e all’esterno del carcere un supporto qualificato e consapevole occorre, oltre alla padronanza di alcune nozioni di base relative al contesto, acquisire il giusto stile/spirito di lavoro, capace al tempo stesso di essere di supporto e verifica per il detenuto e di servizio/collaborazione alle persone che a diverso titolo abitano e lavorano tutti i giorni nel carcere. L’associazione Camminare Insieme nasce all’inizio del 2000 su stimolo dell’indimenticato cappellano del carcere don Donato Paracchini. Dalla sua passione per le persone, dalla sua dedizione oltre che dalle sue intuizioni si sono sviluppate nel corso degli anni numerosi interventi sia all’interno della Casa Circondariale che all’esterno. Obiettivo è offrire alle persone occasioni concrete di cambiamento. Il privato sociale, ed il volontariato in particolare, sono nella condizione di giocare un ruolo assai rilevante sul piano dello sviluppo di idee e azioni per concorrere alla creazione di una rete di interventi in grado di supportare gli operatori del settore nel difficile compito di dare un senso alle esperienze detentive. Crediamo fermamente nel fatto che il contenimento del tasso endemico di negatività collegato al carcere fine a se stesso passi necessariamente dalla collaborazione sistematica tra le Istituzioni del territorio e la società civile. Francia: caso Daniele Franceschi; morì in un carcere francese, concessa l’autopsia di parte La Repubblica, 13 ottobre 2010 Si allungano nuove ombre sulla fine di Daniele Franceschi. Nello stesso giorno in cui la Procura di Lucca concede ai familiari un’autopsia di parte sul corpo del 36enne viareggino morto nel carcere francese di Grasse il 25 agosto scorso, la madre Cira Antignano torna a scontrarsi con le autorità francesi. Ieri la donna è tornata a Nizza insieme alla cugina per vedere un’ultima volta il corpo del figlio: “Me lo impediscono, dicono che Daniele non sarebbe più in condizioni di poter essere visto. È straziante, se non me lo faranno salutare mi incatenerò davanti alla prigione di Grasse”. A quasi due mesi dalla morte, la salma di Franceschi non è ancora arrivata in Italia. I magistrati francesi avevano assicurato che sarebbe stata trasferita a Viareggio entro il 16 novembre: “Adesso - dice la Antignano - neanche questo è certo”. Sono troppi i dubbi in questa storia. Franceschi era entrato nel penitenziario di Grasse a marzo per aver esibito una carta di credito falsa in un casinò della Costa Azzurra. Durante la detenzione inviava lettere a casa raccontando di minacce e soprusi subiti dai secondini. Riuscì a farlo anche pochi giorni prima di morire. Fin dall’inizio, però, la Procura di Grasse ha escluso la violenza fra le cause della morte. Secondo la prima autopsia, sarebbe avvenuta per infarto. Alla madre fecero vedere solo il volto: “Era gonfio, come se l’avessero picchiato”, disse. Poi si sono aggiunti due testimoni, due detenuti, un compagno e un vicino di cella: uno conferma che Franceschi si era sentito male e per tre giorni non era stato soccorso; l’altro ha dichiarato ai giudici francesi di aver assistito alla morte di Daniele. “Stava male, sono arrivati due secondini, ma non hanno saputo usare il defibrillatore. L’hanno lasciato morire”.