Giustizia: Lega contro Dap; visite ai parenti detenuti solo per chi ha permesso soggiorno Agenparl, 11 ottobre 2010 Una circolare del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria al centro di un’interrogazione a risposta scritta presentata dagli Onorevoli della Lega Nord, Nicola Molteni e Massimo Bitonci, e rivolta al Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e al Ministro dell’Interno, Roberto Maroni. La circolare prevede che “non potrà esser richiesto alcun documento che dimostri la regolare presenza in Italia allo straniero che si reca in carcere per far visita a un familiare detenuto” e, secondo gli interroganti, si pone “in stridente contrasto con le norme recentemente varate con il pacchetto sicurezza”. “La medesima circolare - afferma l’interrogazione, che domani approderà in Aula - tuttavia, precisa che il mancato obbligo della verifica della regolarità dello straniero non esclude che il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, in qualsiasi modo venga a conoscenza della sussistenza del reato di immigrazione clandestina non sia tenuto, in generale, a denunciare tempestivamente il reato all’autorità giudiziaria o ad altra che abbia sua volta obbligo di riferire a quella”. Continuano gli interroganti: “Tale previsione non sembra tenere in alcun conto il fatto che agenti e ufficiali di Polizia penitenziaria, come appartenenti alle forze di polizia, hanno l’obbligo di far rispettare le leggi e reprimere i reati, finendo al contrario per svilirne la funzione rispetto alle altre forze di polizia”. Gli esponenti leghisti chiedono la correzione della circolare che, sostengono, relega il personale di polizia penitenziaria in un ruolo subordinato nei confronti delle altre forze di polizia. Lettere: trasferimenti “punitivi”, una ritorsione contro gli ergastolani di Spoleto? di Susanna Marietti www.linkontro.info, 11 ottobre 2010 Alla fine dello scorso agosto alla sede dell’associazione Antigone arrivò una lettera - una delle antiche lettere di carta, di quelle che oramai arrivano quasi solo dalle galere - firmata da “gli ergastolani di Spoleto”. Sotto questa dicitura collettiva, diciassette nomi e cognomi scritti di proprio pugno. Il breve testo, indirizzato anche “agli organi di Stato e stampa” e per conoscenza al “Tribunale di Sorveglianza di Perugia e al Sindaco del Comune di Spoleto”, denunciava il fatto che nel carcere umbro si intendeva raggruppare gli ergastolani a due a due allocandoli in celle originariamente singole. Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, si diceva, aveva dato istruzioni in questo senso alla direzione del carcere di Spoleto. Una seconda brandina doveva essere aggiunta nelle celle dalle dimensioni adatte a ospitare una sola persona. Gli ergastolani firmatari della lettera, “sicuri di morire in carcere”, riferivano di non avere alcun motivo per sottostare a una simile richiesta. Una protesta, insomma. E le proteste, si sa, in carcere si scontano. Dopo che il documento aveva girato per associazioni, redazioni di giornali, Tribunali e Comuni, l’operazione del raddoppio pare fosse stata sospesa. Tra le firme in calce vi era quella di Sebastiano Milazzo, antica conoscenza di Antigone perché compagno tra i più attivi delle battaglie di Mai dire mai, la campagna promossa dall’associazione Liberarsi per l’abolizione dell’ergastolo, di cui Linkontro.info ha sempre seguito le evoluzioni. Sebastiano Milazzo chiedeva da anni di essere trasferito in un carcere della Toscana, per poter scontare la propria pena più vicino alla moglie impossibilitata ad affrontare lunghi viaggi. Qualche giorno fa Milazzo è stato trasferito da Spoleto. Con lui pure Angelo Tandurella e Salvatore Maugeri, anch’essi firmatari della lettera incriminata. Ma la moglie non ha avuto il piacere di vederlo avvicinare a casa. Pare si trovi adesso nel carcere di Carinola, in Campania. Tandurella è a Rossano Calabro, Maugeri è forse con lui. Vecchi, noti, abusati, illeciti trasferimenti punitivi? Gli ergastolani di Spoleto, con la campagna Mai dire mai, la lettera al presidente della Repubblica del maggio 2007, gli scioperi della fame a staffetta e la presentazione di circa 750 ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, hanno costituito un esempio di lotta democratica. Ci auguriamo che le istituzioni mostrino il medesimo rispetto per le leggi che esse stesse si sono date e che sono chiamate a tutelare. Lettere: a Genova un’iniziativa della Federazione Nazionale Informazione dal Carcere Ristretti Orizzonti, 11 ottobre 2010 Mi chiamo Maria Cecilia Averame e mi occupo del giornale del carcere di Genova “Area di Servizio - Carcere e territorio”. Desideravo informarvi che per la giornata di sabato 23 ottobre 2010 verrà organizzato, presso la Biblioteca cittadina Berio, un incontro sull’informazione dal carcere. Una giornata dove saranno a disposizione banchetti informativi su attività proposte in diversi carceri; la mattina vi sarà un incontro sull’informazione “da dentro” e sulla stampa locale (per gli interessati posso inoltrare il depliant dell’attività e dei partecipanti). All’interno del convegno, sarà dedicato spazio a tutte le riviste e gli enti che fanno informazione dal carcere. Per chi volesse essere presente, sempre su richiesta possiamo dedicare uno spazio apposito. Per chi invece non potesse partecipare, ma volesse ugualmente avere uno spazio per presentare le proprie attività, è possibile inviarci del materiale. Vorremmo allestire degli spazi che possano in qualche modo mostrare l’impegno in Italia dei giornali dal carcere, e dare una opportunità alla cittadinanza di vederne la varietà e l’offerta. Chiedo cortesemente a tutti coloro che fossero interessati e volessero in qualche modo essere presenti di contattare me per maggiori informazioni (mail e telefono sono in firma), chi invece desiderasse inviare copie del proprio giornale o del proprio materiale informativo, può inviarlo all’indirizzo indicato: Biblioteca Civica Berio - alla attenzione di Emanuele Canepa (seminario informazione dal carcere), via del Seminario 16. 16100 Genova. Grazie a tutti, io resto a disposizione per qualsiasi informazione! Maria Cecilia Averame mariacecilia.averame@gmail.com 392 4687225 Sardegna: da Socialismo Diritti Riforme appello a Napolitano per la sanità penitenziaria Agi, 11 ottobre 2010 “Ci rivolgiamo a lei per rappresentarle una gravissima situazione che se non repentinamente risolta vedrà annullato il diritto alla salute dei cittadini privati della libertà reclusi negli istituti penitenziari della Sardegna”. Inizia così l’appello che i volontari dell’associazione Socialismo Diritti Riforme hanno rivolto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano chiedendo “un autorevole intervento, a salvaguardia del diritto alla salute sancito dalla Costituzione, anche in considerazione del grande senso di responsabilità che i detenuti stanno dimostrando di possedere in questi lunghi mesi di sovraffollamento e di disagi sfociati purtroppo spesso in atti di autolesionismo anche estremi, come le cronache raccontano quasi quotidianamente”. In seguito al mancato recepimento da parte della Regione Sardegna del Dpcm dell’1 aprile 2008 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 30 maggio 2008, n. 126) che disciplina “le modalità, i criteri e le procedure per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, delle risorse finanziarie, dei rapporti di lavoro, delle attrezzature, arredi e beni strumentali relativi alla sanità penitenziaria”, il Dap - scrive nella lettera la presidente di Sdr Maria Grazia Caligaris - ha bloccato i finanziamenti e ha chiesto ai direttori degli istituti un piano di rientro dalla spese per ciascun carcere. In assenza di fondi sufficienti, i Direttori hanno provveduto a ridurre i presidi sanitari interni, azzerando di fatto l’ordinaria prevenzione. Le conseguenze - precisa l’appello - sono particolarmente pesanti: sono stati chiusi i centri clinici di Buoncammino e di San Sebastiano, dove erano rispettivamente ricoverate 30 e 10 persone in gravi condizioni. In tutti gli istituti sono state ridotte le visite specialistiche e pressoché abolite le guardie mediche diurne e notturne. I detenuti-pazienti più gravi saranno trasferiti negli ospedali ma scarseggiando il numero degli agenti di polizia penitenziaria risulterà praticamente impossibile garantire a tutti il piantonamento. Queste necessità inoltre graveranno sui fondi pubblici, in quanto comporteranno un esborso di denaro per far fronte agli straordinari per gli agenti, e sulla sicurezza degli Istituti che risulteranno meno controllati. L’associazione, che con i volontari effettua colloqui in carcere ed è impegnata per il rispetto dei diritti civili dei cittadini detenuti, ha più volte richiamato - conclude Caligaris - l’attenzione sulla vicenda decidendo perfino di inviare esposti-denunce alle procure della Repubblica dei tribunali competenti per territorio ed alla corte dei conti. Palermo: Garante; detenuto attende inutilmente da 18 mesi di essere curato in ospedale Ristretti Orizzonti, 11 ottobre 2010 Il senatore Salvo Fleres, Garante regionale dei diritti dei detenuti ha dichiarato: “La tortura non è ammessa tra le pene del nostro ordinamento, eppure come può definirsi il dolore provato quotidianamente da un detenuto affetto dai calcoli renali? Il sig. Voican Mihail detenuto presso un carcere palermitano chiede, da oltre diciotto mesi, di essere sottoposto a “litotrissia extracorporale”, un trattamento della durata di poche decine di minuti che lo libererebbe dalle sue sofferenze. Si dice che sia in lista di attesa nel competente reparto dell’Ospedale Civico di Palermo. Nessuna motivazione può giustificare ritardi tanto gravi. La sanità penitenziaria è in attesa, oramai da lungo tempo, di essere trasferita alle competenze della Regione Siciliana. È da imputarsi a questo l’incredibile ritardo, o a negligenza, trascuratezza o indebita applicazione di pene accessorie? Firenze: il Garante dei detenuti Franco Corleone al quarto giorno di digiuno Ristretti Orizzonti, 11 ottobre 2010 La conta delle presenze a Sollicciano si attesta oggi a 1.012 (più quattro bambini). Lo sciopero della fame quindi continua, ringrazio l’assessore provinciale Antonella Coniglio per la solidarietà espressa e mi auguro che qualche risposta positiva rispetto agli obiettivi proposti giunga. Per la scuola a Sollicciano il dirigente regionale prof. Angotti e il dirigente provinciale dott. Bacaloni, si rimbalzano la responsabilità per la soppressione della scuola. Propongo un incontro all’assessore Di Giorgi e Di Fede per un esame di una situazione drammatica. Ho letto sui giornali che gli studenti in lotta denunciano la situazione della scuola paragonandola a una galera. L’esempio è suggestivo ma mi auguro che il movimento degli studenti lotti anche perché in galera vi sia la scuola, che per i detenuti rappresenta uno spazio di libertà. Trento: Presidente Provincia; nuovo carcere pronto, l’apertura dipende solo dallo Stato Ansa, 11 ottobre 2010 L’apertura del nuovo carcere a Trento, a Spini di Gardolo, “dipende solo dallo Stato”. Lo ha ribadito il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, durante la conferenza stampa settimanale. In particolare Dellai ha richiamato l’osservazione fatta ieri da Roberto Santini, segretario generale del Sinappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria) sulle spese eccessive della Provincia di Trento nella struttura del super carcere, come quelle relative all’impressione dello stemma della Provincia sui portacenere e sulle placche degli interruttori. “Trovo assurdo - ha detto Dellai - che in un Paese come il nostro dove le opere programmate sono solo annunciate, perché spesso poi non vengono poi realizzate, ci sia qualcuno che invece, nell’unico territorio dove si è proceduto concretamente all’implementazione del nuovo carcere, abbia da ridire”. “Impegnarsi perché la qualità della vita carceraria abbia luogo è un atto dovuto in una società civile. Chiudere i carceri di Trento e Rovereto non è compito mio, ma dello Stato, mi auguro, quindi, che ci siano risorse umane e finanziarie per superare le attuali difficoltà per l’apertura della nuova struttura penitenziaria”, ha concluso Dellai. Velletri: Uil; carcere è relitto alla deriva, ma grazie ad agenti pochissimi atti di violenza Ansa, 11 ottobre 2010 Persa nella sua storia, pur importante nel passato, la Casa Circondariale di Velletri oggi appare un relitto alla deriva e quasi prossimo all’affondamento. È amaro il giudizio di Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Penitenziari dopo la visita nell’ istituto di pena. Sarno parla di una struttura ‘il cui degrado e stato di abbandono è evidente e certificato finanche dal cumulo di rifiuti che è possibile osservare appena si fa ingresso nella palazzina della Direzione. Un biglietto da visita tutt’altro che edificante. D’altro canto con un Direttore a pochi giorni dalla pensione e un Comandante in missione è tutt’altro che innaturale che la struttura vada verso una deriva di abbandono. Le pareti lerce e i pavimenti consunti sono il degno corollario di un Istituto per il quale c’è solo da arrossire per la vergogna. In tali condizioni, sottolinea il segretario della Uil, anche il grave tasso di sovrappopolamento aggrava il quadro generale. Alle 11.00 di stamani infatti in una struttura che può al massimo ospitare 162 persone ne erano ospitate 362 (112 definitivi, 141 giudicabili, 77 appellanti e 32 ricorrenti). I detenuti di nazionalità straniera assommavano a 133. L’organico della Polizia Penitenziaria presenta un deficit di 57 unità. Delle 227 previste, infatti, ne sono assegnate 170 delle quali 10 in malattia di lungo corso. La carenza di organico, sottolinea il sindacalista, comporta l’impossibilità di organizzare i servizi a livelli minimi di sicurezza. In questo quadro dalle tinte fosche emerge comunque un barlume di speranza e positività: la sensibilità e la professionalità degli agenti ha fatto si che Velletri risulti tra gli Istituti in cui si sono verificati, in questo 2010, pochissimi atti di violenza. Sono appena 6 gli atti di autolesionismo e solo 2 i tentati suicidi. Pesaro: maxi rissa tra detenuti tunisini e russi, consigliere regionale sollecita interventi Ansa, 11 ottobre 2010 Una megarissa fra detenuti russi e tunisini è scoppiata nel pomeriggio nel carcere di Pesaro. Otto le persone ferite, medicate nell’infermeria del penitenziario per escoriazioni e altre lesioni non gravi; un detenuto, che dopo essere rientrato in cella si sarebbe prodotto delle ferite da solo, è stato invece ricoverato in ospedale. Alla base dello scontro, avvenuto nel campo da gioco, ci sarebbe una lite per futili motivi, probabilmente uno sfottò tra i reclusi. A denunciare l’episodio è il consigliere nazionale del Sappe Aldo Di Giacomo, che proprio pochi giorni fa aveva incontrato il prefetto di Pesaro Alessio Giuffrida e il magistrato di sorveglianza per sensibilizzarli sui problemi legati alle carenze di organico della casa circondariale di Pesaro e del carcere di Fossombrone. Nel primo sono attualmente in servizio 121 agenti sui 169 previsti dalla pianta organica, mentre i detenuti sono 320 a fronte di una capienza di 178. A Fossombrone gli agenti 103 su 177, dopo i 74 pensionati non rimpiazzati che hanno lasciato il lavoro dal 1994 a oggi. “La situazione - ha ribadito oggi Di Giacomo - è gravissima, e non so come potrà risolversi”. Il prefetto si è impegnato a visitare entrambi gli istituti entro il 10 novembre. D’Anna (Pd): intervenire subito Un appello affinché la situazione del personale del carcere di Pesaro e Fossombrone venga risolta tempestivamente viene dal consigliere regionale Giancarlo D’Anna. In più occasioni ho visitato le due strutture - dice D’Anna - e mi sono reso conto di persona della necessità di adeguare l’organico di polizia penitenziaria a quanto previsto. In diversi incontri con il personale e col consigliere nazionale del Sappe, Aldo di Giacomo è emersa la non più procrastinabile copertura dei posti rimasti vacanti principalmente per il pensionamento del personale. L’ultimo episodio, cioè una rissa tra detenuti conferma quanto già noto e cioè la difficoltà di garantire, nonostante il grande impegno profuso dal personale, un clima tranquillo all’interno del carcere. Già nelle scorse settimane personale di polizia penitenziaria di sesso maschile ha prestato servizio, nonostante non sia previsto dal regolamento, nel settore femminile proprio a causa della mancanza del numero previsto di personale di polizia penitenziaria. Nell’esprimere solidarietà al personale tutto di Pesaro e Fossombrone mi auguro - conclude D’Anna - che le recenti visite nelle due strutture, di consiglieri regionali e parlamentari, a cui sono seguite dettagliati rapporti sulle reali situazioni e l’incontro di Di Giacomo col Prefetto sortiscano i risultati attesi da tempo. Reggio Emilia: all’Opg azzerate le attività per gli internati dopo taglio dei finanziamenti Il Resto del Carlino, 11 ottobre 2010 È la denuncia dei consiglieri regionali di Sel Gianguido Naldi e Gabriella Meo, che hanno visitato la struttura detentiva. Tagliati la cucina comune, il laboratorio delle biciclette e il progetto “pet therapy”. Azzerate per mancanza di fondi tutte le attività collaterali dell’Opg (ospedale psichiatrico giudiziario) di Reggio Emilia. Lo riferiscono i consiglieri regionali di Sel Gianguido Naldi e Gabriella Meo che oggi insieme all’avvocato di Antigone Elia De Caro hanno visitato la struttura detentiva del capoluogo emiliano. Il taglio dei servizi che erano stati avviati, dall’utilizzo di una cucina comune, al laboratorio delle biciclette, fino al progetto sulla “Pet therapy” - primo caso di riabilitazione con l’ausilio di animali domestici - si aggiunge alla comune ma non per questo meno drammatica condizione di sovraffollamento e carenza di personale nell’Opg. La struttura accoglie infatti 290 detenuti contro una capienza regolamentare di 135 unità, con il risultato di una concentrazione di tre detenuti in celle di nove, dieci metri quadrati. Per quanto riguarda il personale, su una pianta organica di 121 unità ne operano circa una settantina a fronte di un numero ottimale di personale in servizio che dovrebbe essere di 211. Per tutti i detenuti è disponibile un educatore e mezzo contro i 6 previsti, ma non ci sono stati casi eclatanti di criticità o suicidi e l’uso dei letti di contenzione è diminuito. “Sono confermati i problemi che già si conoscevano come quello del sovraffollamento che è aumentato e rende la struttura totalmente inadeguata. Il personale non basta e questo è il primo dei problemi: noi lo vogliamo affrontare ragionando sia sulla nuova struttura che dovrebbe nascere a Castelfranco (che dovrebbe liberare 90 posti) sia facendo in modo che le altre regioni facciano la loro parte perché qui ci sono anche detenuti che vengono da fuori e sarebbe dunque auspicabile che anche per ragioni familiari, per stare più vicini ai loro familiari fossero più vicini al loro paese”, commenta il consigliere Naldi. Altro “problema grosso - prosegue Gianguido Naldi (Sel) - è che tutto il personale sanitario è alle dipendenze dell’Ausl e le due catene di comando non hanno ancora trovato il modo per connettersi veramente in modo sinergico e questo sta creando problemi perché non sempre la struttura carceraria risponde alle sollecitazioni e alle richieste di terapie che provengono dal personale sanitario. Poi ci sono molti servizi che potrebbero dare sollievo alla parte detentiva e non sono utilizzati o per mancanza di fondi, o per mancanza di licenze quindi in effetti la vita è molto più dura di quanto potrebbe essere”. Prosegue la consigliera Meo: “Ci sono una serie di cose che in passato avevano funzionato molto bene che non sono più possibili: dal semplice uso di una cucina comune in cui le persone recluse potevano cucinare per loro e per altri per motivi legata alla sicurezza, al laboratorio delle biciclette cioè il recupero delle biciclette sequestrate dai vigili nei Comuni che venivano riassemblate e vendute e il ricavato rimaneva alle persone che avevano operato, fino ad arrivare alla “pet terapy”. Questo era il primo istituto dove si era sperimentata ma ormai i cani sono dentro, ma questo servizio non è più finanziato ed è destinato a finire a fine anno. I cani andranno in canile e l’Opg sarà ancora un po’ più povero di com’era”. Politicamente, conclude Meo, “ci attiveremo immediatamente per cercare di capire se esistono le condizioni per mantenere quelle soluzioni di minima, e cioè per far restare attivi questi laboratori e queste strutture che per chi sta dentro sono un sollievo enorme”. Siracusa: sindacato Fsa-Cnpp; 4 suicidi da inizio anno, troppi detenuti e pochi agenti La Sicilia, 11 ottobre 2010 “Quello del detenuto colombiano di 28 anni, nel carcere di Siracusa è il quarto suicidio dall’inizio dell’anno nel carcere di Siracusa. Ed è avvenuto, come gli altri, nel contesto di un “combinato disposto” (sovraffollamento penitenziario e gravi carenze negli organici della Polizia Penitenziaria) che ricade pericolosamente sulle condizioni lavorative del personale e che impedisce di svolgere servizio nel migliore dei modi. Come può un agente, da solo, controllare da 90 a 156 detenuti per sezione?” È quanto dichiarano Massimiliano Di Carlo e Maurizio Sigari, dirigenti provinciali della Fsa-Cnpp, (sindacato rappresentativo della Polizia penitenziaria) all’indomani della notizia dell’ennesimo suicidio di un detenuto nel carcere di Cavadonna. “A Siracusa - spiegano i sindacalisti - sono presenti circa 564 detenuti a fronte di una capienza ottimale di 280 reclusi mentre quella tollerabile è di 350 posti e l’organico della Polizia Penitenziaria è di circa 150 unità effettive a fronte delle 315 previste. Se la drammatica situazione non si aggrava ulteriormente, a Siracusa così come in tutti i penitenziari italiani (sovraffollati con oltre 69mila detenuti a fronte di una capienza di 43mila) è grazie alle donne e agli uomini del corpo che, in media, sventano ogni mese decine di tentativi di suicidio (molte centinaia ogni anno) di detenuti. “L’intero corpo di Polizia penitenziaria - aggiungono i rappresentanti dei lavoratori - è allo stremo: servono iniziative concrete sulle criticità penitenziarie. In questo contesto è necessario avere garanzie che il piano carceri del Governo trovi una prima urgentissima applicazione nelle parti in cui si prevedono interventi normativi che permettano l’assunzione di almeno duemila agenti e l’introduzione della possibilità di detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua e di messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, che potranno così svolgere lavori di pubblica utilità”. Belluno: la madre del detenuto salvato in extremis; non cambio idea, è stata un’overdose Il Corriere delle Alpi, 11 ottobre 2010 “Mi chiedo come sia possibile che altri prima della sottoscritta, in possesso della delega firmata da mio figlio, abbiano potuto consultare le sue cartelle cliniche e i suoi esami. Per me la causa che ha rischiato di fare morire mio figlio mentre si trovava nel carcere di Belluno rimane l’overdose da oppiacei”. La mamma del ragazzo feltrino che fortunatamente ha superato la crisi e ora è tornato in cella dopo essere stato ricoverato d’urgenza all’ospedale San Martino di Belluno, non ci sta a passare per visionaria. Ieri il consigliere regionale leghista Toscani e la direttrice del carcere Mannarella avevano dichiarato che non c’era stata alcuna overdose ai danni del giovane poi salvato al pronto soccorso di Belluno invocando la privacy del paziente-detenuto per non fornire ulteriori dettagli. Ieri la madre del ragazzo gli ha fatto visita in carcere. Ora il giovane si è tutto sommato ripreso e questa è la notizia più confortante. ma ciò non toglie che le parole dell’esponente leghista e della direttrice di Baldenich, l’abbiano notevolmente irritata: “Mi chiedo quali elementi abbiano Toscani e Mannarella per fare affermazioni legate alla salute di mio figlio. Io so che il ragazzo è stato sottoposto a trattamento con il Narcan, un antidoto anti-oppiaceo, che visti i risultati, ha centrato la diagnosi iniziale fatta dai sanitari del San Martino. L’overdose c’era e mi spiace che ora si cerchi di accreditare altre tesi. A parte i problemi con gli stupefacenti, mio figlio gode di buona salute. Quello che ha assunto in carcere ha provocato la crisi”. Caltagirone (Ct): 11 mln € per ampliare il carcere, i lavori inizieranno nel 2011 Blog Sicilia, 11 ottobre 2010 Un intervento di ampliamento e la costruzione di un nuovo padiglione che aumenterà di oltre il doppio dei posti l’attuale capienza della casa circondariale di contrada Noce a Caltagirone. Ammontano a circa 11 milioni di euro gli interventi previsti per il carcere a cui una recente indagine della Uil Penitenziari ha attribuito la maglia nera fra le carceri più affollate ed invivibili d’Italia. È l’istituto penitenziario dove si sta più stretti, 302 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 75 persone, con un indice di sovraffollamento del 302,6%. Dati che inducono a riflettere non senza preoccupazione, soprattutto in tempi di allarme per l’elevato numero di suicidi tra le sbarre. Secondo le dichiarazioni del sindaco di Caltagirone Francesco Pignataro, in settimana dovrebbe tenersi l’incontro per la stipula di un protocollo tra il Ministero della Giustizia, la Regione Siciliana e il Comune di Caltagirone per “snellire le procedure e rendere possibile una celere indizione della gara d’appalto”. Se la gare venisse realmente (come previsto) indetta per la fine del 2010, i lavori di ampliamento, la cui durata prevista è di un anno e mezzo circa, potrebbero essere avviati già nei primi mesi del 2011. Al ministro Alfano è stato rivolto il ringraziamento del direttore del carcere Valerio Pappalardo, che ha espresso il desiderio di “rendere sempre più efficace l’integrazione della struttura carceraria con il territorio attraverso la conferma e/o il potenziamento di attività culturali e socializzanti”. Molte le iniziative previste per la casa circondariale, già impegnata nel processo di recupero dei detenuti con numerosi programmi relativi alle attività sportive e formative quali i corsi di ceramica e cinematografia. Bologna: detenuti in sciopero della fame contro la pena morte e contro l’ergastolo Dire, 11 ottobre 2010 Uno sciopero della fame contro la pena di morte e contro l’ergastolo: lo hanno messo in atto ieri i detenuti delle sezioni 3a e 3b del carcere della Dozza a Bologna. A renderlo noto è la Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna, Vanna Minardi, avvisata per lettera dagli stessi detenuti. Lo sciopero è stato organizzato per la giornata di ieri, in concomitanza con la giornata europea contro la pena di morte: per tutta la domenica, i detenuti della Dozza non hanno mangiato, “anche nell’intento che tale giornata possa divenire momento di sensibilizzazione contro la pena dell’ergastolo”, si legge nella nota di Minardi. L’Aquila: le carceri di Sulmona e L’Aquila assumono due fisioterapisti Il Centro, 11 ottobre 2010 La Asl assumerà due fisioterapisti da assegnare agli Istituti penitenziari di Sulmona e dell’Aquila. Verrà compilata una graduatoria da utilizzare per il conferimento dei due incarichi a tempo determinato. Nella graduatoria si terrà conto dei titoli di cultura e di servizio. L’iniziativa è stata intrapresa in quanto le funzioni di sanità penitenziaria sono passate alle Asl. Possono presentare domanda coloro che hanno già prestato la propria attività lavorativa negli istituti penitenziari, in qualità di fisioterapista, per un periodo non inferiore ad un anno alla data di scadenza del bando. L’accertamento della idoneità fisica all’impiego sarà effettuata dai medici dell’azienda sanitaria locale prima della presa di servizio. Non possono accedere all’impiego coloro che siano esclusi dall’elettorato attivo. Le domande per essere incluse nella graduatoria devono essere presentate alla sede della Asl di via Porta Romana a Sulmona entro il 15 ottobre 2010. Forlì: al via progetto per attività socio-culturali rivolte ai detenuti Romagna Oggi, 11 ottobre 2010 La Circoscrizione n° 3 del Comune di Forlì, con il patrocinio dell’Assessorato al Decentramento e Partecipazione, promuove un progetto di collaborazione con la Casa Circondariale di Forlì, volto alla realizzazione all’interno dell’istituto di detenzione di attività socio culturali per i detenuti. Il progetto realizzato grazie alla collaborazione di più realtà si articola su tre moduli. Il primo modulo ad opera dell’Associazione Culturale Èsdaz prevede l’organizzazione di incontri tematici a carattere storico, a cadenza quindicinale, incentrandosi sul tema della storia della Rocca di Ravaldino, dei personaggi che l’hanno caratterizzata e del tema del 150° dell’Unità d’Italia, focalizzandosi sui personaggi forlivesi che hanno contribuito alla causa. Un secondo modulo, realizzato grazie alla collaborazione con l’Associazione Con...Tatto, prevede la realizzazione del tradizionale dono natalizio per gli ultra 90enni, dono che da diversi anni le Circoscrizioni offrono agli ultra 90enni residenti in occasione del Natale, da parte della sezione femminile della Casa Circondariale e della sezione attenuata. Infine, grazie al coinvolgimento della Coop. Paolo Babini e del Centro di Aggregazione Giovanile Officina 52, si svolgerà la II edizione di Rock nella Rocca in data 13 novembre 2010, con la realizzazione di un concerto per i detenuti ad opera della band giovanile Blue Seta. L’obiettivo di questo percorso è quello di creare un rapporto tra il dentro ed il fuori, in un’ottica di contatto con la società esterna volto al favorire il reinserimento del detenuto alla fine del periodo di detenzione all’interno del contesto urbano. Cagliari: Premio “Carlo Castelli”… quando l’arte letteraria nasce tra le sbarre La Nuova Sardegna, 11 ottobre 2010 È stato l’anno di 41 suicidi in sette mesi nelle carceri italiane e, come succede nel sovraffollato Buoncammino, in tutti Italia i detenuti sono troppi e le stanze che li accolgono troppo poche e troppo piccole. Troppo pochi anche gli agenti di polizia penitenziaria che sono le figure indispensabili per garantire qualunque azione di rieducazione verso la libertà. Ma nonostante questo, anche nel 2010 i detenuti italiani hanno scritto poesie, pensieri, racconti e romanzi brevi per partecipare al premio letterario Castelli, giunto alla terza edizione. Il 2010 è l’anno di Cagliari per la consegna del premio, che, nel quadro disperato appena citato, porta con sé una grande lezione. “Mai come in una condizione d’emergenza quale l’attuale - scrive Giancarlo Zizola nell’introduzione del libretto “Sarò Libero”, che riporta le opere premiate - i frammenti, le schegge sparse, i pensieri anche più disperati che il Premio ha raccolto, certificano senza sconti e finzioni retoriche che l’uomo, anche gettato nelle condizioni materiali più brutali, è capace di ritrovare nel profondo del proprio cuore il segreto della sua libertà e recuperare il senso pieno della dignità”. Ieri nel cortile “dell’ora d’aria” col tappeto di erba sintetica perché a turno i detenuti tre volte la settimana ciascuno giocano a calcetto, sono stati consegnati i tre premi: primo, secondo e terzo, per Antonio Garaffoni, (con “Maroc e Alfonso”), Khoumba Sekou (“Lettera a mio figlio”), Giuseppe Schettin (“Una fetta di pane azzimo”). Garaffoni ha scritto la storia originale e tenera dell’amicizia tra un detenuto e Alfonso, la macchina usata per lavare per terra. Sekou attraverso la lettera al figlio racconta del suo passato di militante contro il regime militare nella Repubblica del Mali e ribadisce con “un impressionante vigore spirituale” la necessità di lottare per la libertà dell’Africa “che non è solo miseria”, diceva ieri emozionato. Con “Una fetta di pane azzimo” Schettin, terzo premiato, trasforma la cella di un carcere “nello spazio simbolico di convivenza fra ebrei, cristiani e musulmani”. Dopo le premiazioni si è esibito il coro del carcere di Buoncammino che ha già partecipato a spettacoli fuori dall’istituto. Giovani sardi, ma anche africani e arabi cantano nel coro a tenores con notevole risultato. Presenti le guardie carcerarie, il loro direttore Michela Cangiano, il direttore del carcere Gianfranco Pala, non ha usato parole banali la vicepresidente della Provincia Angela Quaquero, che ha testimoniato sull’interesse della Provincia verso l’istituzione carcere e ha colpito l’intervento del procuratore generale della Repubblica Ettore Angioni. “Non siete liberi, ma sarete liberi. Non ho mai trovato qui rancore verso chi aveva generato questa vostra condizione mandandovi in carcere. Ho trovato invece la vostra dignità di uomini... e sento un’emozione profonda quando leggo le lettere che molti detenuti mi scrivono per manifestare la loro preoccupazione, le loro ansie... io vi dico: qui, siete in una situazione di provvisorietà. Voi sarete uomini liberi”. Roma: incontro “Abele difende Caino. Giustizia e misericordia per salvare vittime” Roma Sette, 11 ottobre 2010 L’incontro promosso dalla Caritas dal titolo “Abele difende Caino. Giustizia e misericordia per salvare vittime”. Monsignor Feroci: “Dimostrare carità anche verso i carcerati” di Nicolò Maria Iannello. “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”. Era questo il monito che Giovanni Paolo II lanciava a coloro che dentro di sé coltivavano desideri di vendetta, durante la celebrazione della trentacinquesima Giornata mondiale della pace. Questa esortazione è stata al centro dell’incontro “Abele difende Caino. Giustizia e misericordia per salvare vittime e carnefici”, organizzato dalla Caritas diocesana nell’ambito del progetto “Capitale solidale”, una serie di incontri (dal 4 al 18 ottobre) che mirano a divulgare in città la cultura della solidarietà. Numerosi gli ospiti che si sono alternati a partire dalle 17 di sabato 9 ottobre nella mensa dell’ostello di via Marsala dedicato a don Luigi Di Liegro. Ad aprire la riflessione è stato monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana. “La prima vera forma di carità non è il dare un piatto di minestra, ma lo sforzo intellettuale che pone al centro dell’attenzione l’uomo. E noi - ha spiegato il direttore - dobbiamo dimostrare carità anche verso i carcerati, perché chi ha commesso un reato ha fatto del male in primis a se stesso”. Ha quindi portato il suo contributo Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale. “La giustizia è ciò che porta a delimitare il “mio” dal “tuo” ed è nata per evitare che tra gli uomini ci fosse un conflitto perenne”. La sua classica iconografia, ha raccontato il giurista, è quella di una donna bendata, con una spada e una bilancia nelle mani: perché la giustizia non deve guardare in faccia a nessuno, deve essere autoritaria ed equilibrata. Ma, ha continuato, “tutto ciò è spersonalizzante e respinge l’idea di misericordia che trasferisce il senso della questione al “noi”, cioè l’essere insieme”. Con Angelo Zaccagnino, provveditore alle carceri del Lazio, l’attenzione si è spostata sull’esercizio della misericordia nelle case di detenzione: “Parlare di carità in carcere vuol dire pensare a come reinserire i detenuti nella vita sociale ed evitare che le prigioni diventino magazzini di uomini costretti a una coabitazione forzata e un contenitore delle marginalità, dato che l’85% dei carcerati sono poveri, stranieri e tossici”. Per questo ben vengano “le misure alternative - ha auspicato - che avvicinino il detenuto alla società, come l’affidamento in prova al servizio sociale. Con le misure alternative la recidiva è pari al 20%, contro l’80% delle misure delle misure tradizionali”. Poi la parola è passata a don Gino Rigoldi, presidente dell’Associazione Comunità Nuova Onlus, da anni cappellano al carcere minorile Cesare Beccaria di Milano. Davanti a quelli che sono ritenuti dei “mostri” dalla società, don Rigoldi ha una scommessa: “Cercare il loro cuore, valorizzare la loro parte buona e impegnarli”. In questo senso, ha raccontato “abbiamo avviato alcuni progetti con oltre cinquecento aziende che hanno bisogno di personale per farli lavorare”. Grande silenzio in sala quando a parlare è stato Gaspare Patti, la cui storia famigliare ha occupato qualche anno fa le pagine della cronaca nazionale. È lui stesso a ricordarla: “Il 17 settembre 2007 mio figlio Giacomo è stato ucciso durante una rapina nella sua gioielleria, a Udine; ma già nel 1990 avevo perso un altro dei mie figli, Nicola, in seguito a un incidente”. La morte di Nicola ha cambiato la vita del signor Gaspare, che ha detto “di avere iniziato a cercare Gesù proprio dopo quell’esperienza, che non pensavo potesse accadere proprio a me”. Durante quella ricerca, ha proseguito, “ho capito che anche io sono un uomo che ha ricevuto il perdono”. Così dopo l’assassinio di Giacomo, ha continuato, “ho deciso di scrivere una lettera agli assassini per chiedere loro di costituirsi alla giustizia, nella speranza di poterli incontrare”. Infine la parola è passata a don Sandro Spriano, cappellano del carcere di Rebibbia, che definisce “rischioso” il titolo dell’evento perché “in esso non si chiede solo di perdonare Caino, ma anche di difenderlo”. Augusta (Sr): in scena con Pirandello i detenuti del circuito Alta Sicurezza La Sicilia, 11 ottobre 2010 Mercoledì mattina, nella sala teatro della Casa di Reclusione di Augusta, la compagnia teatrale “Voci dal Palcoscenico” composta da detenuti appartenenti al circuito Alta Sicurezza, metterà in scena la novella di Pirandello “Ciaula scopre la luna”. L’iniziativa di istituire un laboratorio teatrale parallelo a quello già esistente , (che vede, invece, protagonisti detenuti appartenenti al circuito media sicurezza) nasce dall’esigenza di un gruppo di detenuti, i quali, spinti dalla passione per il teatro, si sono voluti cimentare in questa impresa come autodidatti e, lungo il percorso, sono stati sostenuti da operatori volontari che prestano la loro attività nell’Istituto di pena. La Direzione ha appoggiato in pieno l’iniziativa che dal punto di vista trattamentale da la possibilità ai detenuti di esprimere le proprie emozioni e di “evadere” dalla dimensione dell’essere “detenuto”. Torino: quattro giorni di iniziative culturali contro la pena di morte La Repubblica, 11 ottobre 2010 Mentre sui media internazionali si va pian piano spegnendo l’eco per la vicenda di Sakineh, la donna iraniana condannata alla lapidazione e tuttora nel braccio della morte, il Museo del Carcere Le Nuove propone in questi giorni il forum “La pena di morte: da Le Nuove ad oggi”, che attraverso una serie di tavole rotonde, mostre e seminari, da oggi fino a mercoledì, entra dentro le carceri del passato e del presente per raccontare trattamenti penitenziari disumani e pene capitali. Il forum è organizzato dall’associazione “Nessun uomo e un’isola” in collaborazione con Amnesty International, Antigone, Esercito Italiano, Università di Torino, Volo 2006. Due tra le mostre tematiche allestite nel Terzo Braccio dell’ex casa di detenzione, sono di argomento storico. La prima rievoca la strage di Villarbasse, “Ultima esecuzione capitale in Italia”, nel tentativo di costruire una solida memoria collettiva sui drammi della lotta contro l’occupazione nazifascista, mentre la seconda documenta la partecipazione delle forze armate alla guerra di Liberazione e alla Resistenza. Altre sono di respiro internazionale: “Immagini contro la pena di morte”, foto da tutto il mondo che rappresentano l’ultimo sguardo del condannato, “Trattamento penitenziario ucraino”, realizzata al termine di un viaggio inchiesta in quattro carceri nella regione di Kharkov, e “In cammino verso la terza via”, a cura di Yoosef Lesani e Keramat Jahanarpur, che illustra la recente rivolta del popolo iraniano contro la violazione dei diSeminari, mostre d’arte, video per discutere di diritti umani di sistemi carcerari di tortura Particolare attenzione al caso iraniano ritti umani da parte del regime degli Ayatollah. “Vite senza luce”, allestita come le altre fino al 12 dicembre, entra poi nel privato del dolore dei familiari delle vittime, raccontando la colpa dall’altro punto di vista. Argomenti dei seminari e delle tavole rotonde: l’emergenza nelle carceri, la memoria storica per il rispetto dei diritti umani, valori e diritti nella società fluida, la giustizia durante l’esecuzione. In programma, infine, oggi alle 18 negli spazi della Sezione Femminile, il film “Dead Man Walking” di Tim Robbins, manifesto contro la pena capitale in Usa con Sean Penn e Susan Sarandon. Immigrazione: rivolta degli immigrati nel Cpa di Cagliari, caos all’aeroporto Ansa, 11 ottobre 2010 Disordini nel Centro di prima accoglienza. Stranieri sulla pista dello scalo, poi il blitz delle forze dell’ordine Coinvolti un centinaio di extracomunitari. La terza rivolta negli ultimi undici giorni. Resta altissima la tensione nel Centro di prima accoglienza per immigrati di Elmas, alle porte di Cagliari. Un centinaio di stranieri - presenti nell’ex caserma avieri dell’Aeronautica militare trasformata in Cpa - ha messo a soqquadro la struttura, riuscendo anche a prenderne il controllo per un paio d’ore. Alcuni dei rivoltosi sono fuggiti dal centro raggiungendo la vicina pista dell’aeroporto civile “Mario Mameli”, tanto che lo scalo è stato chiuso dalle per motivi di sicurezza fino a quando le forze di polizia hanno fatto irruzione nel centro. In precedenza, agenti della Polaria, supportati da altro personale mandato dalla Questura di Cagliari, hanno effettuato un rastrellamento della pista e di tutta l’area adiacente. Alla fine, tutti gli immigrati fuggiti sono stati rintracciati. Per questo motivo, l’Enac ha deciso la riapertura dello scalo (dopo che in un primo momento si era parlato di uno stop fino alle 22). Non è la prima protesta nel Cpa di Elmas. Il primo ottobre scorso alcune decine di ospiti avevano appiccato un incendio a materassi, cuscini e arredi al secondo piano dell’edificio, dove si trovavano circa 40 persone, dopo aver manomesso le telecamere di videosorveglianza. Quattro giorni dopo la scena si era ripetuta al primo piano. All’origine delle due rivolte, il tentativo di impedire il trasferimento di alcuni ospiti ad un altro centro. Nei giorni scorsi, dopo nuovi sbarchi dal Nord Africa, il numero delle presenze nel Cpa di Elmas è salito a un centinaio di unità. Iran: nella giornata mondiale contro la pena di morte impiccate quattro persone Ansa, 11 ottobre 2010 Le lapidazioni in Iran, le fucilazioni in Cina, le iniezioni letali in Usa: il boia nel 2009 è entrato in azione quasi 5.700 volte. Numeri leggermente in calo rispetto agli anni scorsi ma che restano allarmanti. E oggi si è tornati a dire “no” alle esecuzioni capitali. Un “no” - rilanciato dalla ottava giornata mondiale contro la pena di morte - che non fa distinzioni geografiche o di metodo. E che, attraverso la voce di 105 organizzazioni internazionali, chiede l’abolizione di ogni tipo di esecuzione, da quelle del regime degli ayatollah iraniani a quelle degli Usa di Obama. Proprio le esecuzioni d’oltreoceano - 41 le persone giustiziate quest’anno - sono state oggi nel mirino dopo che, ieri, Amnesty International aveva puntato il dito contro Washington, chiedendosi come possa reclamare una leadership in tema di diritti umani quando sono ancora commessi omicidi giudiziari. Tuttavia, neppure nella giornata contro le esecuzioni a morte il boia si è concesso una pausa: oggi, in Iran, sono stati impiccati quattro trafficanti di droga. Mentre, secondo un dossier di Nessuno tocchi Caino, sono 14, inclusa Sakineh Mohammadi-Ashtiani, le persone che attendono la lapidazione nel paese, in gran parte per adulterio. Dal 2006 sono 6 le persone che si è certi siano state giustiziate con la più terribile delle punizioni islamiche. Il regime di Teheran ha ucciso un’intera generazione: negli ultimi anni più di 100mila gli oppositori assassinati, ha detto Shahrzad Sholeh, presidente dell’Associazione Donne democratiche iraniane in Italia. Ma - riporta il dossier - la lapidazione è utilizzata spesso anche in Somalia, Afghanistan e Pakistan nelle cosiddette esecuzioni extragiudiziarie. Dall’Ue e dal Consiglio d’Europa intanto si ribadisce il “no” alle esecuzioni capitali in qualsiasi circostanza. La lotta alla pena di morte resta uno dei cavalli di battaglia della politica estera italiana, ha spiegato anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini, parlando di una prossima nuova risoluzione all’Onu, perché la strada ancora lunga. Per la deputata del Pd Elisabetta Zamparutti, è il momento di aumentare gli sponsor e i voti a favore di un nuovo testò che rafforzi la moratoria del 2007. Oggi nel mondo sono 58 i Paesi in cui la condanna a morte è ancora in vigore. Cina, Iran e Iraq sono ai primi posti per numero di giustiziati, che nel 2009 ha raggiunto complessivamente quota 5.679. Migliaia le esecuzioni nel continente asiatico mentre nei Paesi islamici sono 607 le condanne eseguite. L’impiccagione è il metodo prevalente e riguarda soprattutto gli uomini, la fucilazione è usata in Yemen, Libia e Somalia mentre la decapitazione solo in Arabia Saudita. Negli Usa nel 2010 solo due volte su 41 totali, non è stata usata l’iniezione letale mentre 17 detenuti in attesa del lettino della morte entro fine anno. Per gran parte di loro, però, l’esecuzione potrebbe subire un rinvio: manca infatti il farmaco letale, il Sodium Thiopental. Casualità che, secondo alcuni esperti - citati dal dossier - sarebbe orchestrata dall’azienda produttrice, la Hospira, contraria al fatto che un suo prodotto venga usato per uccidere esseri umani. El Salvador: carceri e rispetto dei diritti umani fra le preoccupazioni della Chiesa Radio Vaticana, 11 ottobre 2010 La Chiesa cattolica manifesta la sua preoccupazione per la situazione nelle carceri di El Salvador e richiama l’attenzione sul rapporto elaborato dalla “Commissione per i diritti delle persone private della libertà” (collegata alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani, Cidh), che ha rilevato “gravi carenze strutturali” e un sovraffollamento del 300% nel sistema carcerario. “Voglio esprimere la mia preoccupazione per le condizioni critiche nelle carceri del nostro Paese, il sovraffollamento dei prigionieri e la terribile situazione degli isolamenti” ha detto ieri l’arcivescovo di San Salvador, mons. José Luis Escobar Alas, nella sua abituale conferenza stampa della domenica. “Sono lieto che l’Oea sia intervenuta questa volta”, ha sottolineato l’arcivescovo, in riferimento alla valutazione della Commissione Interamericana dei Diritti Umani (Cidh), un’agenzia autonoma della Organizzazione degli Stati Americani (Oea). “Mi auguro che le nostre autorità siano disponibili ad ascoltare questa preoccupazione dell’Oea, che si presenta anche come una opportunità per i Paesi amici dell’America, membri dell’Oea, di aiutarci, in un modo o nell’altro, a risolvere questo problema” ha detto l’arcivescovo. “Ritengo necessario trattare questi prigionieri in modo umano e degno, e credo sia ingiusto che chi ha commesso un crimine debba solo soffrire e soffrire. Ci sono anziani che non sono più un pericolo per la società e non ha senso che rimangano in carcere”. Questo stesso problema - riferisce l’agenzia Fides - è presente anche in altri Paesi dell’America Latina e non solo in El Salvador. Secondo quanto riferito dalle agenzie, stando alle cifre ufficiali presentate del rapporto, in El Salvador le prigioni per adulti vedono un sovraffollamento che supera il 300%, mentre il 45% dei detenuti nelle strutture destinate ai giovani ha superato i 18 anni. I dati ufficiali indicano che il sistema carcerario conta 23.840 prigionieri in 23 strutture, progettate per una popolazione di 8.110 detenuti al massimo.