Giustizia: giornata contro la pena di morte, ma nelle carceri italiane si muore anche senza boia di Andrea Gabellone Quotidiano di Puglia, 30 novembre 2010 Il 30 di novembre si celebra la giornata mondiale contro la pena di morte. La partecipazione alla causa è massiccia: dal 2002, oltre 1000 città in tutto il mondo e più di 50 capitali dei cinque continenti hanno aderito alla manifestazione. Tuttavia, a quanto pare, lo sdegno di tanti non basta. Le cifre del 2009 - fornite dalla lega internazionale "Nessuno tocchi Caino" - sono impressionanti: 5.679 esecuzioni, delle quali circa 5000 solo in Cina. Il paradosso dei sistemi contemporanei ci impone una triste e cinica realtà. Infatti, la più grande potenza economica del mondo è lo stesso Paese che ordina la pena capitale per reati che vanno dal gioco d'azzardo ai reati d'opinione, dal furto di animali alla pirateria informatica. Una constatazione per lo meno inquietante. Esprimere dissenso per far sì che nessuno Stato disponga della vita di un uomo dovrebbe essere un dovere di tutti quei Paesi che rispondono ad un regime democratico. Dovrebbe. Gli Stati Uniti, per esempio, inventori della democrazia "d'asporto", solo l'anno scorso hanno giustiziato 52 persone. Niente male per una Nazione che ha la pretesa di insegnare coattivamente la "civiltà" fuori dai propri confini. E noi? Noi che degli stessi Stati Uniti siamo fedeli alleati? La nostra Costituzione, come sappiamo, non prevede la pena di morte, e fin qui tutto bene; ma seguendo il consiglio lasciato in eredità da due illuminati come Voltaire e Dostoevskij, dovremmo misurare la nostra nequizia dallo stato in cui versano le nostre carceri. Gli oltre 1700 detenuti morti negli ultimi dieci anni in Italia non regalano margini di ottimismo. Fare una stima in cifre di quanti, fra questi, siano morti per negligenza dello Stato non è compito facile, eppure il quadro è presto fatto: le perizie della Corte di Giustizia europea parlano di sovraffollamento (152%), di spazi ridotti al minimo, di emergenze igienico-sanitarie; in una parola, di tortura. I suicidi, solo quest'anno, sono a quota 60*. La polizia penitenziaria protesta contro il degrado cui devono far fronte i detenuti e gli stessi carcerieri. Il centro studi “Ristretti Orizzonti” presenta un rapporto su trenta casi di morti dalle circostanze dubbie negli ultimi otto anni: morti per "infarto" con la testa spaccata, per "suicidio" con ematomi e contusioni in varie parti del corpo Senza andare lontano, a casa nostra, nel carcere di Borgo San Nicola, il personale del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) - fa sapere il segretario nazionale Federico Pilagatti - è pronto ad iniziare uno sciopero della fame per dare visibilità ad una situazione insostenibile da parte di detenuti e operatori penitenziari. A nulla sono serviti i comunicati degli scorsi mesi: quasi 1500 presenze per 660 posti disponibili, 3 metri quadrati di spazio a persona in cella, temperature estive che superano i 50 gradi, sicurezza facilmente violabile a causa di una presenza esigua di polizia all’interno delle sezioni detentive e trattamenti medici inadeguati a reclusi con gravi patologie, sono tutti problemi, ad oggi, presenti nella Casa Circondariale di Lecce. L’Amministrazione penitenziaria e le autorità locali sono a conoscenza di questa barbarie. Con le suddette circostanze, il limite tra pena e sevizie è molto sottile. Ci schieriamo apertamente contro i boia, ma nelle carceri italiane, nel 2010, si muore ancora senza nemmeno l’ombra di un criterio. Detto questo, la domanda è: basterà manifestare il 30 novembre per sentirsi meno colpevoli? Giustizia: introdurre la retroattività nella legge sulla riparazione per ingiusta detenzione di Marcello Pesarini (Osservatorio permanente sulle carceri Marche) Ristretti Orizzonti, 30 novembre 2010 Se una legge deve essere retroattiva questa deve essere quella inerente la riparazione per ingiusta detenzione, legge introdotta in Italia con il nuovo codice di procedura penale nell’ottobre 1989. Prima di quella data, le tante persone detenute e poi assolte non hanno potuto beneficiare di nessuna riparazione, proprio perché la norma è compresa tra gli istituti applicabili solo per i procedimenti ancora in corso all’entrata in vigore del codice di procedura penale e non anche per quelli già conclusi. Molte vittime dell’errore giudiziario, contemplato dall’art. 314 del codice di procedura penale, sono rimaste quindi prive della giusta riparazione e ciò è accaduto in aperta violazione degli articoli 2 e 24 della Costituzione, nonché delle norme della citata Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Esistono tanti cittadini che hanno subito l’umiliazione del carcere, talvolta per anni e l’annichilimento del diritto inviolabile della libertà personale, consacrato dall’articolo 13 della Costituzione, ma non hanno ottenuto nessuna giusta riparazione e nemmeno quella somma di denaro che certo si direbbe meglio “conforto” che non “riparazione”. E tutto ciò perché la loro completa assoluzione si è potuta ottenere solo in un momento precedente, talvolta di pochi giorni o di poche settimane soltanto, a quella dell’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. È questa una situazione che offende la dignità del Paese e che contrasta con la concezione di salvaguardia dei diritti inviolabili dell’uomo che la Repubblica ha posto a fondamento del suo ordinamento costituzionale. È una situazione deplorevole e ingiusta che non può consentire a nessuno di dire: “È ormai troppo tardi”. Esistono depositate alla Camera ma non ancora calendarizzate in commissione giustizia due proposte di legge, che vanno nella direzione di introdurre la retroattività nella riparazione per ingiusta detenzione una la n. 3158 prima firmataria l’On. Rita Bernardini (radicali- Pd) e l’altra n. 1865 firmatario l’On. Pier Luigi Mantini (Udc). Anche al Senato è stato presentato dalla Sen. Poretti Donatella e dal Sen. Marco Perduca dei Radicali-Pd. Facciamo in modo che questi disegni di legge vengano discussi e approvati sottoscrivendo questo appello. Per adesioni contattare Marcello Pesarini 339.1347335 o inviare mail marcello.pesarini@virgilio.it. Giustizia: Nessuno tocchi Caino; giovedì presentazione del dossier “Commercio Letale” Agenparl, 30 novembre 2010 Nel corso della Conferenza Stampa verranno presentati il dossier “Commercio Letale” e le iniziative parlamentari, legali e di opinione pubblica in corso in Italia e nel Regno Unito, volte a bloccare l’esportazione negli Stati Uniti del Sodio Tiopentale (Pentotal), il barbiturico presente in tutti i protocolli di iniezione letale dei vari stati americani. Dopo l’esecuzione in Arizona di Jeffrey Landrigan, avvenuta il 25 ottobre scorso con il farmaco letale importato dal Regno Unito, Reprieve ha intrapreso un’azione legale volta a evitare che il Pentotal britannico sia nuovamente esportato per l’esecuzione di altri detenuti americani. Analoghe iniziative sono state avviate in Italia, dove la Hospira Spa, una casa farmaceutica con base a Liscate, in provincia di Milano, è stata incaricata dalla casa madre americana, con base a Lake Forrest in Illinois, di produrre il Sodium Thiopental da destinare ai penitenziari americani. Paesi abolizionisti come Italia e Regno Unito, mentre sono impegnati all’Onu per la Moratoria universale delle esecuzioni capitali, rischiano di rendersi complici della pena di morte negli Stati Uniti dove la carenza di veleno per l’iniezione letale sta determinando una moratoria di fatto delle esecuzioni. Intervengono: Sandra Babcock, Avvocato, Esperta in casi capitali, Usa Maya Foa, Rappresentante di Reprieve, Uk Livia Firth, Ambasciatrice di Reprieve contro la pena di morte, Uk Oliviero Toscani, Fotografo, autore della Campagna “We, on death row” Sergio D’Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino Elisabetta Zamparutti, Deputata Radicale e Tesoriera di Nessuno tocchi Caino Angelo Bonelli, Presidente Nazionale Verdi Saranno presenti inoltre l’avvocato Joseph Margulies del McArthur Justice Center, che difende detenuti nel braccio della morte, parlamentari, rappresentanti di organizzazioni non governative e artisti impegnati nella campagna per la moratoria universale delle esecuzioni capitali. Giustizia: Cucchi; appello Gruppo Abele e Antigone; Governo si costituisca parte civile Apcom, 30 novembre 2010 Un appello di Libera, Gruppo Abele e Antigone è stato inviato al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e responsabile del Dipartimento delle Politiche Antidroga, Carlo Giovanardi, per sollecitare la sua costituzione a parte civile nel processo per la morte di Stefano Cucchi. Lo firmano Leopoldo Grosso, vice-presidente del Gruppo Abele, Livio Pepino, giurista, Patrizio Gonnella, presidente di Antigone e Tonio Dell’Olio, dell’ufficio di presidenza di Libera. A Giovanardi, ispiratore e co-firmatario dell’attuale normativa sulle tossicodipendenze, la lettera chiede “un atto di dissociazione inconfutabile che, più di ogni dichiarazione, recida il nesso tra le buone intenzioni da lei attribuite alla sua legge ed i comportamenti degli imputati che l’hanno disattesa”. A dispetto del più volte dichiarato “prevalere dell’intenzionalità terapeutica su quella punitiva dell’intero articolato” - si sottolineaa nell’appello - infatti, sono tante, “le difficoltà che si frappongono nel concreto alla realizzazione delle aspirazioni riabilitative che intendevano animare la sua riforma”. Una fra tutte, l’interazione della legge sulla droga con altre come la cosiddetta ex-Cirielli “che contribuisce all’attuale sovraffollamento carcerario, e di conseguenza alla limitazione di fatto dei diritti delle persone detenute”. “È necessario” conclude la lettera di Libera, Gruppo Abele e Antigone - “che un aspetto vada subito corretto. È l’equivoco, a cui la legge può dare luogo, nell’interpretazione semplificata di alcuni operatori che devono applicarla, di legittimazione di comportamenti irrispettosi che ledono la dignità delle persone tossicodipendenti”. Anche per questo e “non solo per un dovuto atto di giustizia per la morte di Stefano e le modalità in cui è avvenuta” si ribadisce al sottosegretario la richiesta di costituirsi parte civile nel processo. Lombardia: rinnovata figura e mansioni del Difensore civico e Garante dei detenuti Adnkronos, 30 novembre 2010 Il Consiglio regionale lombardo ha approvato oggi a larga maggioranza (65 voti a favore, un astenuto) il progetto di legge che rinnova la figura e le mansioni del Difensore civico, ora Difensore regionale. Il documento è stato illustrato da Sante Zuffada (Pdl), Presidente della Commissione consiliare Affari istituzionali. Le novità principali riguardano la modalità di elezione. Il Difensore non sarà più designato ma verrà eletto dal Consiglio regionale. Nelle prime tre votazioni con la maggioranza dei due terzi dei componenti, dalla quarta votazione è sufficiente la maggioranza assoluta. Come previsto dallo Statuto, il Difensore resterà in carica 6 anni e non sarà rieleggibile. La norma in vigore prevedeva una durata di 5 anni e la possibilità di essere rieletto una sola volta. Al Difensore vengono anche attribuite le funzioni di Garante dei detenuti e quelle del Garante del contribuente. Inoltre, è tenuto alla collaborazione con il Garante per l’infanzia e alla tutela dei pensionati. Altre novità rispetto alla legge in vigore riguardano la promozione delle rete di difesa civica, attraverso le forme di partecipazione e collaborazione con i difensori delle altre Regioni e gli organismi internazionali di difesa. Nella propria attività il Difensore si ispira ai principi di efficacia, efficienza, informalità e collaborazione con le amministrazioni interessate. Particolare attenzione è rivolta a facilitare i rapporti tra pubblica amministrazione e soggetti che lamentano disagi. A tal fine il Difensore svolge anche compiti di mediazione tra i soggetti interessati e le pubbliche amministrazioni, con l’intento di pervenire alla composizione consensuale delle questioni. Pertanto, sarà agevolato il ricevimento del pubblico, avvalendosi anche degli Uffici territoriali della Regione. Inoltre, i soggetti interessati sono tenuti a fornire le informazioni richieste entro il termine massimo di trenta giorni. “La nuova normativa - ha spiegato il Presidente Zuffada - intende dare maggiore incisività ed efficacia agli interventi di mediazione e conciliazione del Difensore nei rapporti non sempre facili tra cittadini e amministrazioni pubbliche, assicurando a tutti la tutela non giurisdizionale dei diritti”. Per quanto riguarda in particolare la sua funzione di Garante dei detenuti, il Difensore interviene per assicurare che alle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale siano erogate le prestazioni inerenti alla tutela della salute, al miglioramento delle qualità della vita, all’istruzione e alla formazione professionale e a ogni altra prestazione finalizzata al recupero, alla reintegrazione sociale e all’inserimento nel mondo del lavoro. A tale fine puo’ effettuare visite negli istituti di pena, come previsto dalla normativa vigente. Nel caso di inadempienze perduranti, può proporre l’adozione di opportune iniziative, ivi compresa l’attivazione dei poteri sostitutivi. Il nuovo Difensore sarà eletto entro i 120 giorni dopo l’entrata in vigore della legge. A favore del provvedimento si sono espressi quasi tutti i gruppi. Per la Lega Nord, il consigliere Massimiliano Romeo ha sottolineato come il “provvedimento sia attento alla promozione dei diritti umani e della dignità dei cittadini nei confronti della Pubblica amministrazione, facendo del Difensore un facilitatore del cambiamento, oltre che un mediatore a garanzia dei cittadin”. Secondo il consigliere Carlo Borghetti (Pd) la normativa contiene “una positiva razionalizzazione delle funzioni senza maggiorazioni economiche”. Enrico Marcora (Udc) ha voluto sottolineare come. “grazie a un nostro emendamento le risorse finanziarie ed umane a disposizione del Difensore dovranno essere proporzionate alle richieste, per garantire tempestività nell’intervento”. Soddisfazione è stata espressa anche da Elisabetta Fatuzzo (Pensionati) la quale ha sottolineato come la tutela dei pensionati “funzione già svolta dal Difensore civico; venga rafforzata con la previsione di un termine entro cui le amministrazioni devono consegnare gli atti richiesti”. Alcune perplessità sono state sollevate, riguardo alla mancata istituzione del Garante dell’infanzia, da Stefano Zamponi (Idv), il quale ha peraltro votato a favore del provvedimento “che va nell’interesse dei cittadini” e da Chiara Cremonesi (Sel). Quest’ultima ha lamentato la mancata definizione in un Regolamento delle mansioni del Garante dei detenuti, riconoscendo tuttavia che il progetto di legge “segna sicuramente un importante passo avanti nella promozione della difesa civica”. Padova: caso Scialpi; consegnata al pm la lista dei testimoni del “calvario” di Graziano Il Gazzettino, 30 novembre 2010 Alcuni volontari del Due Palazzi dicono che non è stato curato. Le indagini sulla morte di Graziano Scialpi sono coordinate dal pm Emma Ferrero. C’è una lista. Sono le persone che vogliono raccontare al pubblico ministero Emma Ferrero i tormenti non ascoltati e le medicine negate in carcere a Graziano Scialpi, il quarantottenne ex giornalista detenuto al carcere Due Palazzi, deceduto lo scorso ottobre per un tumore ai polmoni che gli era stato diagnosticato in ritardo. La lista l’ha consegnata ieri mattina l’avvocato Annamaria Alborghetti, legale dei familiari di Scialpi. Adesso l’inchiesta sulla morte dell’ex giornalista entra nel vivo. Sono stati i familiari dell’uomo a far avviare l’inchiesta. Secondo i parenti, Graziano Scialpi sarebbe stato lasciato solo per oltre un anno, senza la possibilità di poter fare nemmeno una visita specialistica. E i testimoni che indica l’avvocato Alborghetti sarebbero pronti a confermare le tappe del calvario del detenuto. Tra i testimoni ci sono i genitori dell’ex giornalista e alcuni volontari che operano nella casa di reclusione e che erano a conoscenza del travaglio subito dall’uomo. La morte di Scialpi è stata al centro anche di un’interrogazione parlamentare della deputata Radicale Rita Bernardini, che ha chiesto al ministro della Giustizia Angelino Alfano se, al di là dell’inchiesta della magistratura, non si ritenga di dover verificare, attraverso un’approfondita indagine interna, se il trattamento sanitario previsto nell’istituto di reclusione abbia corrispondenza con le leggi dello Stato. I primi segni della malattia erano apparsi nel novembre 2008, all’epoca Scialpi, in carcere per aver ucciso la cognata e reso cieca la moglie, godeva del regime della semilibertà e di giorno lavorava all’esterno del carcere, così quando usciva si comprava degli antidolorifici per il mal di schiena. Già allora aveva chiesto il permesso di farsi visitare, ma non gli sarebbe stato concesso. I problemi erano arrivati qualche mese dopo, quando al detenuto era stata revocata la semilibertà, perché gli avevano trovato nel sangue le tracce di quegli oppiacei che aveva assunto per calmare il dolore. Tornato dentro non gli avrebbero fatto prendere nemmeno il Voltaren. Chieti: protocollo di intesa tra carceri e Asl sulla gestione della salute dei detenuti Il Centro, 30 novembre 2010 Sarà siglato mercoledì primo dicembre il protocollo di intesa sulle gestione della salute dei detenuti delle carceri di Chieti, Lanciano e Vasto, in attuazione del decreto del presidente del consiglio dei ministri del primo aprile 2008 che ha trasferito le competenze in materia sanitaria dall’amministrazione penitenziari alle Asl. Una firma importante che, alla presenza del manager Francesco Zavattaro e dei direttori dei tre istituti penitenziari Giuseppina Ruggero (Chieti), Massimo Di Rienzo (Lanciano) e Carlo Brunetti (Vasto), stabilisce che le prestazioni sanitarie a favore dei carcerati vengano erogate dalla Asl “sempre ovviamente dentro le mura carcerarie”, tenendo conto delle esigenze di sicurezza e attraverso un impegno di risorse economiche e professionali specifiche. “Poiché all’interno degli istituti di pena bisogna comunque garantire le ragioni della sicurezza imposte dalla legislazione vigente, la riforma ha previsto che siano condivise procedure che permettano ai due ordinamenti, quello penitenziario e quello sanitario, di non confliggere tra di loro”, spiega Francesco Paolo Saraceni , il responsabile dell’unità operativa di Medicina penitenziaria della Asl Lanciano Vasto Chieti. “Con questo protocollo, sia il penitenziario che il sanitario, ciascuno nell’ambito della propria autonomia e potestà organizzativa, si impegnano alla collaborazione interistituzionale per garantire il diritto alla salute di una delle fasce più deboli della società. In particolare”, aggiunge, “la Asl fornirà prestazioni sanitarie efficaci e qualitativamente efficienti che rispondano agli obiettivi di salute previsti dai livelli essenziali di assistenza”. Un passaggio di competenze, che punta a migliorare lo stato dei detenuti anche in considerazione del sovraffollamento degli istituti penitenziari da cui scaturiscono enormi problemi sanitari. Dal diffondersi di patologie gravi come tubercolosi e malattie infettive, all’aumento del disagio psichico che molto spesso sfocia in suicidi o gesti autolesionistici. “Il protocollo”, conclude Saraceni, “sarà sicuramente un ulteriore elemento di prevenzione”. Roma: Antonini (Papillon); io detenuto denunciato per aver smascherato il Garante di Beatrice Macchia Liberazione, 30 novembre 2010 Vittorio Antonini, coordinatore dell’associazione di detenuti Papillon-Rebibbia, all’ergastolo dal 1985 e attualmente in semilibertà, è stato denunciato dal garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni per aver pubblicamente attirato l’attenzione sui ripetuti rinvii che dopo lo smantellamento dell’ufficio del garante dei detenuti del comune di Roma ne impedivano il ripristino. Per aver dato voce a questa vicenda anche Liberazione, nella figura del suo direttore, si è vista recapitare un invito a presentarsi in tribunale. Antonini te la saresti mai aspettata una cosa del genere? Si tratta di una situazione paradossale. Il garante dei detenuti denuncia penalmente un ergastolano solo perché ha avuto l’audacia di colmare un vuoto d’informazione sull’ufficio del garante comunale. Cosa ti viene rimproverato? Il contenuto di una mia lettera aperta al sindaco di Roma del 2 agosto scorso nella quale denunciavo il fatto che dal 27 gennaio 2009 è stato definitivamente smantellato l’ufficio del garante comunale grazie ad un protocollo tra il garante regionale Angiolo Marroni e gli assessori alle politiche sociali del comune, Sveva Belviso, e della Provincia Claudio Cecchini. Angiolo Marroni sostiene che le cose non stanno così. La nostra denuncia di quel protocollo d’intesa, criticato da quasi tutto il mondo dell’associazionismo carcerario, si fonda sulle dichiarazioni degli stessi firmatari. Ora non possiamo entrare negli aspetti giuridici della controversia, tuttavia si può rilevare che dal gennaio 2009 ad oggi non risulta che questo protocollo abbia migliorato, quatitativamente e qualitativamente, l’operato di controllo e denuncia sui tanti aspetti che riguardano diritti e dignità dei cittadini detenuti (dal caso Cucchi a quello di Simone La Penna). Tanto meno sono aumentate le risorse che, secondo quanto stabilisce lo stesso protocollo, dovevano essere destinate alle attività culturali, formative e lavorative, dei detenuti utilizzando quelle destinate al precedente ufficio del garante comunale. Per giunta la delibera istituiva del garante comunale (n° 90 del 2003) invalida di fatto il protocollo poiché esclude all’art. 2: “la nomina nei confronti del coniuge, ascendenti, discendenti, parenti e affini fino al terzo grado di amministratori comunali”. È di tutta evidenza che l’avvocato Angiolo Marroni, padre del capogruppo del Pd al comune di Roma, non poteva assumere le funzioni di garante per conto del comune. Nella lettera al sindaco sollevavi anche un altro problema. Sono stato querelato anche per aver avuto l’ardire di parlare pubblicamente di una mozione in favore del ripristino dell’ufficio del garante comunale presentata nel 2009 da dieci consiglieri del Pdl, fissata all’ordine del giorno del consiglio comunale del 7 giugno 2010, ma che stranamente non è stata mai discussa e votata bensì ritirata dal suo primo firmatario. Ora considerando l’assurda situazione di vuoto che si è determinata con il protocollo del gennaio 2009, come non ritenere più che giustificate le nostre domande di chiarezza e trasparenza sulle reali ragioni dell’affossamento di quella mozione rivolte al sindaco? La verità è che la nostra lettera aperta del 2 agosto ha contribuito in misura decisiva a riaprire la concreta possibilità di ripristinare a Roma l’ufficio del garante comunale. A questo punto la denuncia da me ricevuta la considero il prezzo da pagare in questa piccola battaglia di civiltà. Così com’è oggi l’ufficio del garante è utile? Riteniamo che debbano essere amplificati i poteri d’indagine e d’intervento del garante su tutti gli aspetti della vita quotidiana nei luoghi di reclusione, e in una certa misura perfino verso quei provvedimenti della magistratura di sorveglianza che purtroppo in tante occasioni nega con troppa leggerezza l’applicazione piena e integrale della legge Gozzini. Nello stesso tempo riteniamo che vada completamente azzerata la possibilità del garante di condizionare, in modo diretto o indiretto, la destinazione delle risorse pubbliche che gli enti locali o lo Stato destinano alle attività per i detenuti. È un’anomalia il fatto che l’ufficio del garante regionale (e non già l’assessorato competente attraverso le normali procedure) indichi la cooperativa a cui destinare, per esempio, i 100mila euro stanziati recentemente dalla regione Lazio per il reinserimento lavorativo di 10 detenuti. Como: progetto “Spazio carcere”, un percorso di riabilitazione dei tossicodipendenti La Provincia di Como, 30 novembre 2010 Alejandro sente di aver scoperto un talento nascosto grazie all’arte. Dino frequenta un corso di teatro e ha riscoperto di saper sorridere. Mino adora la musica, e a dispetto di un panorama a strisce sulla vita fuori ha ritrovato fiducia in sé. Flavio gioca a calcio, e chiede qualche pallone e un campo meno disastrato per giocare, perché il gioco è felicità. Alejando, Dino, Mino e Flavio sono solo alcuni dei detenuti che seguono il progetto “spazio carcere”, un percorso di riabilitazione e di attività terapeutiche collaterali in cui la direttrice del Bassone, Maria Grazia Bregoli, e la sua équipe credono molto. E che è una realtà anche grazie ai volontari che dall’esterno entrano nel carcere comasco per portare la propria professionalità. Nei giorni scorsi una rappresentanza del Rotary Club Como, tra i quali il prefetto Michele Tortora, ha varcato i cancelli del Bassone per incontrare i detenuti, gli agenti della polizia penitenziaria, gli educatori e il cappellano, frate Giovanni. Oltre lo “spazio carcere”, dove una novantina di detenuti con problemi di tossicodipendenza e alcol dipendenza si impegnano per tornare a vivere, la delegazione ha fatto visita anche alla sezione femminile e, in particolare, al nido, dove vengono “ospitati” i bambini sotto i tre anni delle detenute e dove alcuni iscritti al Rotary hanno promesso - come ricorda Angela Corengia, che ha realizzato un resoconto sulla missione al Bassone - la donazione di alcuni giochi. “È stata una visita importante ed emozionante”, ha commentato il prefetto, il quale ha anche auspicato, come la direttrice, “un aiuto” affinché non manchi la presenza in carcere della “società esterna”. Agrigento: si rompe la chiave, detenuto cardiopatico intrappolato nel blindato per 2 ore La Sicilia, 30 novembre 2010 È rimasto “intrappolato” per quasi due ore dentro il mezzo blindato della Polizia Penitenziaria il riesino Orazio Buonprincipio perché la chiave del portello che serve per far entrare e uscire i detenuti si era spezzata dentro la serratura. Un inconveniente non da poco visto che Buonprincipio, imputato nel processo “Venerdì Nero 2”, è cardiopatico e se avesse accusato un malore la situazione poteva diventare seria. Buonprincipio, attualmente detenuto al carcere “Petrusa” di Agrigento, deve essere trasportato con un mezzo per disabili; mezzo di cui è sprovvisto il carcere agrigentino e che deve essere fatto arrivare appositamente da Messina. Queste circostanze sono state rappresentante ieri mattina dallo stesso Buonprincipio nel corso delle dichiarazioni spontanee rese in apertura d’udienza alla Corte d’Assise nissena, chiedendo di essere trasferito al carcere “Malaspina” di Caltanissetta. Buonprincipio ha partecipato a tutte le udienze del processo e ha detto di voler essere presente anche a quelle conclusive. Rimini: il Dap al Secondo Salone della Giustizia, con convegni e prodotti alimentari Il Velino, 30 novembre 2010 Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria aderisce al secondo Salone della Giustizia di Rimini (2-5 dicembre), un evento di comunicazione istituzionale che pone all’attenzione dei cittadini un settore della vita pubblica e della sicurezza che è al centro del dibattito sui temi della giustizia. Il tema dello spazio allestito dal Dap: “Il tempo del carcere e il carcere nel tempo”. Il focus dell’esposizione, che occupa uno spazio di circa 500 mq, è incentrato sul lavoro in carcere, un luogo che ha senso se alla pena viene attribuito un significato di recupero attraverso la formazione e il lavoro, attività che l’amministrazione penitenziaria promuove in tutti gli istituti penitenziari. Lavoro e formazione sono gli strumenti del trattamento che affrancano dalla scelta del delitto come soluzione ai problemi del vivere, perché un uomo, che ha espiato la giusta pena, possa portare con sé gli strumenti per iniziare un nuovo cammino. Il tempo del carcere, quindi, è il tempo produttivo, dove le abilità manuali e cognitive devono essere impiegate per la crescita personale, dove la persona detenuta sia messa in grado di elaborare un nuovo progetto di vita, ritrovando la dignità di vivere un’esistenza proiettata verso la scelta della legalità. È stata quindi allestita una “piazza del mercato”, con nove punti vendita dove i visitatori potranno acquistare prodotti eno-gastronomici (formaggi, vini, olio miele, cioccolata, dolci, caffè) pelletteria (borse e accessori), abbigliamento, articoli di cartotecnica, cosmetici. Gli espositori dei prodotti carceri sono: il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria della Campania, che mette in vendita i prodotti degli istituti penitenziari di Pozzuoli, S. Angelo dei Lombardi (prodotti apiari “Papillon”), Eboli e Lauro; il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria della Sardegna che metterà in vendita e offrirà degustazioni dei prodotti del progetto Colonia, con il marchio Galeghiotto, finanziato dalla Cassa Ammende, realizzati nelle colonie agricole della regione; il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria della Lombardia, che presenterà la cioccolateria “Dolci libertà” del carcere di Busto Arsizio, la gelateria “Aiscrim - prigionieri del gusto” di Opera e la sartoria “Alice” di Bollate e San Vittore. Numerose cooperative sociali effettueranno la vendita dei prodotti realizzati dai detenuti: Consorzio cooperative sociali artemisia 2004 onlus, Ora d’aria onlus, Sigillo - marchio che raggruppa Codiceasbarre, Gatti galeotti, Made in carcere, Papili factory, Rio terà dè pensieri; Altracittà - cooperativa sociale Padova; I dolci di Giotto - La pasticceria del carcere di Padova, la cooperativa Solaris di Monza. Il lavoro penitenziario è anche il tema della tavola rotonda che si terrà il 3 dicembre, alle 11, nella Sala “Diotallevi” dal titolo “Il carcere utile: esperienze di lavoro in carcere e nell’esecuzione penale esterna”. Intervengono: il capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta, Nicola Di Silvestre (Direzione generale detenuti e trattamento, Dap), Gianni Pizzera (Responsabile Confcooperative e Federsolidarietà), Giuseppe Ongaro (imprenditore), Giampaolo Cassitta (direttore ufficio detenuti e trattamento, Prap Sardegna), Milena Cassano (direttore ufficio esecuzione penale esterna, Prap Lombardia). Modera la giornalista Antonella Bolelli Ferrera. La Polizia penitenziaria al Salone della Giustizia è una presenza forte, per comunicare ai cittadini l’importante ruolo strategico che essa svolge nel funzionamento dell’organizzazione, attraverso le molteplici funzioni, siano esse svolte all’interno delle strutture penitenziarie che nelle specializzazioni e nelle funzioni extra penitenziarie, quali le traduzioni e le attività di Polizia Giudiziaria, il Servizio navale e il Gruppo operativo mobile, il Servizio cinofili e i Servizi di scorta, il Gruppo sportivo e la banda musicale che eseguirà un concerto nel giorno dell’inaugurazione. Il personale di Polizia Penitenziaria presente al Salone svolgerà attività di rappresentanza, di vigilanza e sicurezza e interagirà con i visitatori. In esposizione i mezzi in dotazione al Corpo di polizia Penitenziaria. Il carcere nel tempo ospita una piccola sezione storica dedicata al carcere in Italia dopo l’Unità, in omaggio al 150° anniversario dell’unità d’Italia,con un’esposizione di testi storici provenienti dalla Biblioteca storica e dal Muso criminologico del Dap. La banda musicale del Corpo di Polizia penitenziaria eseguirà, il 2 dicembre, il concerto d’apertura del Salone della Giustizia. Nuoro: domani visita delle Commissione Diritti civili al carcere di Badu ‘e Carros L’Unione Sarda, 30 novembre 2010 La seconda Commissione regionale “Diritti civili e Politiche europee”, presieduta da Silvestro Ladu, per mercoledì 1 dicembre, alle ore 10,30, ha programmato una visita al carcere nuorese di Badu ‘e Carros, per completare il giro cominciato qualche mese fa fra i penitenziari dell’isola e comprendere meglio i problemi e la condizione di vivibilità interna alle carceri. La settimana scorsa, la seconda Commissione regionale aveva espresso forte preoccupazione per la decisione del Ministro di inviare a Nuoro Antonio Iovine, boss della camorra recluso in regime di 41 bis, evidenziando che tale scelta possa essere intesa come il primo passo verso la riclassificazione dell’istituto penitenziario nuorese a carcere di massima sicurezza, così come lo è stato in passato. Il sopralluogo di domani a Nuoro e la richiesta di un incontro urgente con il Ministro Angelino Alfano e con il Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (D.A.P.), Franco Ionta, sono state decise all’unanimità dalla seconda Commissione regionale al fine di “scongiurare il paventato ritorno al passato”. Per questo, i Consiglieri regionali chiedono che “vengano chiariti gli intendimenti del Ministro, e promuovere una forte mobilitazione delle istituzioni regionali e locali”. Roma: il 7 dicembre presentazione di “Stoffe di silenzio”, il recital per Aldo Bianzino Ristretti Orizzonti, 30 novembre 2010 L’associazione no-profit Alice in cerca di teatro, con Nessuno Tocchi Caino, A Buon Diritto, Ristretti Orizzonti e Articolo 21, nell’ambito del progetto “Parole oltre le sbarre”, presenta “Stoffe di silenzio” Per Aldo Bianzino, un Recital di e con Ugo De Vita che si ispira alla vicenda del 44enne morto nel 2007 nel carcere di Perugia in circostanze oscure, due giorni dopo il suo arresto. L’opera si compone anche di un Video e di una Raccolta poetica. La presentazione si terrà martedì 7 dicembre, alle ore 12, a Roma presso la sede di Nessuno Tocchi Caino (via di Torre Argentina, 76 - 3°piano) e vedrà la partecipazione di Rudra Bianzino, figlio di Aldo, e dei rappresentanti delle associazioni che hanno promosso l’iniziativa. Dopo il successo riscosso da “In morte segreta - Conoscenza di Stefano” in memoria di Stefano Cucchi, il recital per Aldo Bianzino è il secondo spettacolo di una trilogia di Ugo De Vita dedicata ai diritti dei detenuti, alla quale hanno dato il proprio sostegno anche i Garanti dei detenuti del Lazio e di Firenze. “Stoffe di silenzio” (tempo unico della durata di 55 minuti) è un dialogo metafisico tra padre e figlio, con la figura materna testimone di un amore e di una lacerazione. Aldo Bianzino e la sua compagna Roberta erano stato fermati in seguito al ritrovamento di alcune piantine di marijuana nel giardino della loro tenuta, dove vivevano insieme al figlio Rudra, allora quattordicenne. L’inchiesta è stata archiviata una prima volta ma Rudra, rimasto orfano dopo lo scomparsa della madre, continua a chiedere verità e giustizia per suo padre. Il testo - come quello per Stefano Cucchi - non entra, però, nel merito della vicenda giudiziaria, ma si ferma e sofferma sui contorni della storia, per far emergere la personalità mite, schiva e generosa di Aldo. La musica scelta per “Stoffe di silenzio” è quella dei cantautori che si ascoltavano in casa Bianzino, le note che hanno accompagnato tante giornate di Aldo e Roberta. Il video (di 14 minuti) propone una breve intervista a Rudra, mostrando i luoghi in cui visse la famiglia Bianzino prima di quella tragica alba dell’ottobre 2007, senza retorica e cogliendo le prospettive di un ragazzo diciassettenne che in soli tre anni e ha perso i suoi affetti più cari. La raccolta poetica (32 pagine, Edizioni del Manto - Roma), sottolinea invece l’aspetto più intimo, la perdita, il lutto, l’abbandono, ma anche quello della violenza che attraversa questo nostro tempo. Una lettura della raccolta poetica si svolgerà presso la Sala stampa della Camera dei deputati, giovedì 16 dicembre alle ore 18.00. “Vi è un popolo rozzo, ignorante, ottuso non ha colore, non ha divisa, lo puoi trovare al parcheggio, allo stadio, al supermercato o al distributore di benzina, in caserma, in ufficio o a scuola, per niente vive e per niente uccide, povero chi gli si para davanti nell’attimo indicibile e ignominioso, meschino davvero chi si mescola a quella schiera...” (da Stoffe di silenzio) Radio: Favignana, dove il tetto dei bagni delle celle è fatto con i sacchi della spazzatura di Riccardo Arena www.radiocarcere.com, 30 novembre 2010 Questa sera martedì 30 novembre alle ore 21, durante la puntata di Radiocarcere in onda su Radio Radicale, entreremo all’interno del carcere dell’Isola di Favignana. Un carcere sotterraneo, dove le celle sono messe a 10 metri sotto il livello del mare. Celle/Caverne, che non hanno ovviamente finestre, abitate da 6 persone detenute, rinchiuse in quelle caverne per 23 ore al giorno, tra topi e scarafaggi. Celle/Caverne, dove manca anche il tetto dei bagni. Tetto rifatto dai detenuti con dei sacchi per la spazzatura, tenuti insieme da manici per le scope! Ma non solo. Nelle celle di isolamento del carcere di Favignana il bagno manca del tutto. Ed è così che il detenuto di turno deve fare i bisogni in un secchio. Un secchio che al mattino viene svuotato. Un secchio chiamato bugliolo, come nelle galere di fine 800. Una scena già vista nel film “Detenuto in attesa di giudizio” di Nanni Loy datato 1971, ma che si ripete ogni giorno nel carcere di Favignana anche nel 2010. Buon ascolto! Televisione: “Prison Contraband”, stasera su Sky un reportage dalle prigioni americane Il Velino, 30 novembre 2010 Con “Prison Contraband”, il reportage Vanguard Internazionale in onda stasera alle ore 21.10 su Current (canale 130 Sky), si entra nelle celle di un carcere californiano, le stesse che si trovano a Guantanamo, le stesse in cui - per qualche giorno - sono finite anche Paris Hilton e Linsay Lohan. Una società italiana ne ha comprato il brevetto e sta provando, con qualche modifica, a venderle anche in Italia. Nel caso del modello americano si tratta di una stanza con finestre serrate, con la brandina agganciata al muro e un materasso di pochi centimetri. La porta in ferro è scorrevole, con una feritoia per vedere sempre all’interno. Uno spazio angusto, non più di 5 metri quadrati. Il bagno è in acciaio nello stesso ambiente dove si dorme. Sembra impossibile che dentro a una cella di questo tipo si possa nascondere dell’altro e invece, come mostra il reportage Vanguard, uno dei problemi più diffusi nelle carceri americane è proprio quello del contrabbando di droghe, armi, coltelli artigianali e soprattutto di telefoni cellulari. Solo nel 2009 nelle carceri dello Stato della California, tra cui la prigione dove è stato girato il Vanguard, sono stati trovati 4.130 telefoni cellulari detenuti illegalmente. Questi apparecchi mobili vengono usati non solo per parlare con i propri cari fuori dal carcere ma soprattutto per delinquere. Nei rari casi in cui le telefonate dei carcerati sono state intercettate si è provato che vengono utilizzati per fare acquisti con carte di credito rubate, dirigere affari loschi e organizzare fughe e rivolte. Le immagini del Vanguard mostrano come i telefoni cellulari entrano all’interno delle prigioni e come vengono nascosti, con la complicità dei visitatori e dei secondini. I metodi sono i più disparati ma, a quanto pare, molti sono noti. Ciononostante il problema sussiste. È anche per questo che nel 2008, un senatore dello Stato della California ha depositato una proposta di legge per aumentare i controlli, anche tramite dei metal detector, sui soggetti che entrano in contatto con i detenuti. Questa legge, nonostante abbia trovato il favore della pubblica opinione e degli esperti, per ora, è stata accantonata per mancanza di fondi. E per il momento i cellulari rimangono la principale minaccia alla sicurezza nelle carceri. Immigrazione: l’Ue avverte la Svizzera; vigileremo sulle espulsioni degli stranieri Avvenire, 30 novembre 2010 La Commissione europea verificherà come l’esito del referendum tenutosi domenica in Svizzera, che ha approvato l’espulsione degli stranieri che commettono crimini, sarà messo pratica nei fatti. Allo stesso tempo Bruxelles si è detta “fiduciosa” che la Confederazione elvetica rispetterà gli obblighi internazionali per cui si è impegnata. È quanto ha dichiarato la portavoce dell’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza comune Catherine Ashton. “Abbiamo preso nota del voto e verificheremo come nei fatti questo risultato sarà implementato”, ha affermato Maja Kocijancic, sottolineando che “siamo fiduciosi che il governo svizzero rispetterà i suoi obblighi e i trattati internazionali”. A farle eco anche la portavoce dell’esecutivo Ue Pia Ahrenkilde Hansens, che ha ribadito che la Commissione “studierà le implicazioni della messa in atto e le possibili conseguenze” del voto di ieri in Svizzera. La proposta dei partito della destra populista svizzera (Udc) è stata approvata dal 53% degli elettori. Secondo i risultati del cantone di Solothurn l’iniziativa è stata approvata dal 52,7 per cento dei votanti con un 47,3 per cento a favore. “È già una possibilità nel nostro ordinamento, anche se per la verità non avviene quasi mai, perché l’autorità giudiziaria nega il nulla osta all’espulsione per il diritto che ha l’indagato di assistere al procedimento penale”: è stato il commento del ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Brasile: la rivista “Istoe” rivela; il presidente Lula ha deciso di graziare Cesare Battisti Asca, 30 novembre 2010 È arrivata l’ora delle decisioni su Cesare Battisti, l’ex terrorista rosso che deve scontare 4 ergastoli in Italia. Confermando ipotesi già circolate, il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva starebbe per annunciare la “non estradizione in Italia”. Ad affermarlo è la rivista “Istoe” secondo cui l’ex militante dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo) potrebbe uscire dal penitenziario della Papuda a Brasilia, per il suo 56mo compleanno, il 18 dicembre. Ad accoglierlo fuori del carcere con amici e simpatizzanti, ci sarà anche una bella mulatta 25enne. “È difficile proiettarmi fuori dalle sbarre, dopo tanto tempo in prigione: tento di controllare il nervosismo e l’ansia prendendo calmanti”, ha fatto sapere Battisti alla rivista tramite la fidanzata, Joice Lima, che stava con lui già prima dell’arresto nel 2007 avvenuto a Rio de Janeiro. Joice l’ha visitato in prigione il 24 novembre. Se Lula lo liberarerà, andranno a vivere a San Paolo in”una casa grande” dove potrà ospitare i fratelli Vincenzo, Domenico, Assunta e Rita, che stanno in Italia, e le due figlie Valentina e Charlene che vivono a Parigi. L’eventuale grazia che Lula concederebbe prima del passaggio di consegne alla nuova presidentessa Dilma Rousseff, sarebbe uno schiaffo al governo italiano che ha fatto forti pressioni per ottenere la consegna dell’ex terrorista. Nell’ultimo incontro tra Lula e Berlusconi, lo scorso giugno, durante un viaggio del premier italiano in Brasile, ufficialmente del caso Battisti non si è parlato forse per evitare imbarazzo e ulteriori polemioche dato l’orientamento di Lula favorevole a scarcerarlo. Battisti, “arruolato” nel terrorismo rosso mentre scontava in carcere condanne per delle rapine, è stato poi condannato quale autore di quattro “esecuzioni proletarie”: quelle del maresciallo della polizia penitenziaria Antonio Santoro (1978) a Udine, del macellaio Lino Sabbadin di Santa Maria di Sala (1979) ucciso perché aveva resistito a una rapina, del gioielliere milanese Pierluigi Torregiani e dell’agente della Digos Andrea Campagna. Macedonia: governo stanzia 52 milioni di euro per la costruzione di nuove carceri Agenzia Balcani, 30 novembre 2010 Oltre 52 milioni di euro verranno investiti durante i prossimi tre anni per la costruzione dei nuovi carceri in Macedonia. Il Ministro della Giustizia, Mihailo Manevski ha dichiarato che nel quadro di questo progetto è stato previsto anche il rinnovamento di una unità del carcere di Idrizova, che ospita 300 persone. Cuba: l’arcivescovo dell’Avana annuncia liberazione 11 detenuti politici Apcom, 30 novembre 2010 Cuba libererà altri undici prigionieri politici e rispetterà al contempo la sua promessa di rilasciare 52 dissidenti arrestati nel 2003. Lo ha annunciato a Madrid l’arcivescovo dell’Avana, Jaime Ortega. Il cardinale ha precisato che gli undici saranno autorizzati a restare a Cuba, ma che almeno uno di loro potrebbe raggiungere gli Stati Uniti. Monsignor Ortega, che non ha detto quando ci sarà la liberazione, ha rilasciato questa affermazioni dopo una riunione con quindici ex prigionieri cubani che risiedono ormai in Spagna. Uno di questi ex prigionieri, Juan Carlos Herrera, ha dichiarato che l’arcivescovo dell’Avana ha annunciato loro che gli undici saranno liberati il 25 dicembre, ma la notizia non è stata confermata. A luglio, il governo cubano si è impegnato a liberare 52 dissidenti arrestati nel 2003. Le liberazioni dovevano avvenire entro l’8 novembre, ma la scadenza irrevocabile è stata superata. I 52 facevano parte del “gruppo dei 75”, dissidenti arrestati nel marzo 2003 in occasione dell’ultima grande ondata di repressione contro l’opposizione al regime castrista e condannati a lunghe pene detentive. La maggior parte dei 41 dissidenti già liberati è già giunta in Spagna. L’accordo di liberazione era stato negoziato dalla Chiesa cattolica con l’aiuto della Spagna.