Giustizia: il “modello Bollate”; celle aperte e lavoro fuori, così si riformano le carceri Il Foglio, 12 novembre 2010 Per la Società italiana di medicina e sanità penitenziaria l’80 per cento dei detenuti italiani è malato, uno su tre ha problemi di tossicodipendenza e il 4 per cento ha l’Hiv. Questi sono gli ultimi dati che si sommano alle emergenze delle carceri italiane, dal sovraffollamento, alla violenza, ai suicidi. Problemi che sembrano lontani dal penitenziario di Bollate, punto di riferimento in Italia per un sistema sperimentale di regime di detenzione che prevede la massima libertà del carcerato. Ne parla al Foglio Lucia Castellano, quarantacinquenne napoletana, direttrice della casa di reclusione di Bollate, con esperienze a Scampia, Eboli e San Vittore: “Non siamo un’isola felice. Anche qui c’è la violenza, ci sono le evasioni, e siamo ancora fuorilegge: per esempio non abbiamo le cucine sui piani, le docce in stanza, tutte cose previste dal regolamento del 2000”, Castellano spiega infatti che “la legge italiana stabilisce che nel carcere debba essere garantito al detenuto il massimo della libertà, compatibilmente con il muro di cinta. È un modello che si discosta dalla consuetudine, ma non dai regolamenti”. Quindi, celle aperte dalla mattina alla sera, autodeterminazione, libertà di movimento e di organizzazione. In cambio il detenuto si impegna in un progetto che prevede tappe, verifiche, obblighi. La seconda casa di reclusione di Milano-Bollate viene aperta nel 2000 come istituto a trattamento avanzato teso al recupero sociale dei detenuti, attualmente ospita circa cento persone in meno rispetto ai posti previsti. “Il regolamento di Bollate - dice Castellano - nasce da un’idea di Luigi Pagano, già direttore di San Vittore e ora provveditore agli istituti di pena lombardi. Pagano ideò questo tipo di carcere seguendo semplicemente il dettato costituzionale che chiede il rispetto della dignità della persona”. Secondo i dati della Fondazione Cariplo (che ha appena stanziato un milione di euro per i progetti di “misure alternative alla detenzione”) la recidiva, in posti come Bollate, scende fino al 19 per cento, a fronte del 68 per cento di chi sconta la pena esclusivamente in carcere. Secondo gli ultimi dati del Dipartimento di amministrazione penitenziaria, almeno il sedici per cento dei carcerati soffre di depressione o altri disturbi psichici. Per Lucia Castellano anche i suicidi dipendono da come ci si rapporta con l’uomo colpevole: “L’annullamento della persona, nelle carceri moderne, è semplicemente una pena aggiuntiva. Oggi gli istituti si riempiono di figli della povertà e della solitudine. Se hai poca speranza da libero, ne hai ancora meno nel vuoto esistenziale che ti dà la cella. In carcere è difficile essere riconosciuti e ascoltati: non si può mantenere l’individualità in mille in un carcere che può contenere solo cento persone”. Poi il concetto di tempo, che in cella è spazializzato: “Il periodo della pena non può essere un tempo vuoto - prosegue la Castellano - il tempo sospeso non è della rieducazione, è quello dell’annullamento. In carcere non si fanno gli auguri di compleanno, perché ‘quello dentro non è un anno che passa”. Io vorrei una galera dove si festeggiano i compleanni, dove il tempo è compresso ma espressivo, perché quella è la rieducazione. Il nostro è un mestiere di cura, per questo anche le donne lo fanno bene”. Una riforma istituzionale La soluzione non è costruire nuovi “contenitori”, ma concepire una riforma istituzionale che ripensi alla pena come ultima risposta dopo una serie di sanzioni. Anche sul. caso Cucchi, il ragazzo romano morto un anno fa dopo un arresto per droga, la direttrice di Bollate parla chiaro: “Prima di tutto, quel ragazzo non sarebbe dovuto essere in carcere. Proprio pochi giorni fa ho incontrato la sorella. È stato un caso drammatico, ma non dimentichiamo le persone che lavorano bene, nell’ombra degli istituti. Dire che tutti i poliziotti picchiano i detenuti è come dire che tutti quelli che hanno un permesso premio sono degli Angelo Izzo. L’altro problema al quale le istituzioni devono guardare è l’incapacità dell’amministrazione di comunicare e di vivere il carcere come un servizio”. La decarcerizzazione è uno degli obiettivi di Bollate: “I detenuti hanno un rapporto con la città che li ospita. Questo permette loro di scontare la pena all’esterno, che non significa non scontarla, ma scontarla in mezzo agli altri. La sera devi tornare in cella con i tuoi piedi”. Giustizia: ingiustamente detenuto? no al risarcimento per non essere diventato padre Adnkronos, 12 novembre 2010 Ingiustamente detenuto in carcere con l’accusa di omicidio per circa undici anni non sarà risarcito per il fatto di non essere diventato padre. È il risultato di una sentenza della Cassazione - Terza sezione penale, sentenza 40094 - che ha bocciato il ricorso di un salernitano ingiustamente detenuto per undici anni, cinque mesi e ventisei giorni e poi assolto in seguito alla revisione del processo. L’uomo, dice la Cassazione, non potrà essere risarcito per la mancata paternità perché tale impossibilità costituisce una “conseguenza naturale della perdita della libertà personale”. Come ricostruisce la sentenza di piazza Cavour, l’uomo era stato condannato a 30 anni di reclusione per omicidio e poi assolto in seguito alla revisione del processo. La Corte d’appello di Salerno aveva riconosciuto l’ingiusta detenzione patita, liquidando un milione e 461mila euro e una provvisionale di 300mila euro. L’ex detenuto però rivendicava anche il risarcimento per l’impossibilità “coeundi e generandi” data dal fatto che una volta uscito la sua compagna era in fase di “climaterio”, quindi prossima alla menopausa. Una rivendicazione che la Suprema Corte ha ritenuto “del tutto priva di fondamento in mancanza di allegazioni, anche di puro fatto, da cui possa trarsi la convinzione che, oltre alla condizione correlata alla perdita della libertà fosse intervenuta a causa della detenzione e nel medesimo periodo una patologia di grado elevato”. Stesso discorso relativo alla “impossibilità di diventare padre durante la detenzione, costituendo la stessa - annotano i supremi giudici - una conseguenza naturale della perdita della libertà personale”. E sulla “impotentia generandi”, la Cassazione fa notare che “la voce di danno è stata esclusa con motivazione adeguata, rilevando che non vi sono prove che la relazione fosse preesistente allo stato di detenzione, ma che la stessa è iniziata dopo la condanna definitiva” dell’uomo. Giustizia: due scritte con la stella delle Brigate Rosse contro Ionta e il 41-bis Ansa, 12 novembre 2010 Due scritte con stelle a cinque punte - una contro il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta, l’altra in ricordo della neobrigatista Diana Blefari Melazzi suicidatasi nel carcere di Rebibbia un anno fa - sono comparse ieri nei pressi dell’Università Bocconi di Milano. Su uno dei muri dell’Università ignoti hanno scritto, con vernice rossa, “No a 41 bis, Ionta boia”, mentre in un centro commerciale, sempre nei pressi dell’ateneo, ‘Onore alla compagna Diana, no al 41 bis’. Quest’ultima sarebbe stata già cancellata. Le scritte minatorie - secondo quanto si è appreso - sono state rinvenute un paio di giorni fa. La polizia ha avvertito ieri sera il Dap, dove le scritte vengono interpretate come l’identificazione in Ionta, da parte di gruppi dell’antagonismo sociale, di una sorta di responsabile della politica gestionale del carcere. Peraltro, quando era procuratore aggiunto di Roma Ionta si occupò dell’inchiesta sulle nuove Br e interrogò più volte Diana Blefari Mellazzi. La solidarietà dell’Osapp “Solidarietà e vicinanza” vengono espresse dal sindacato penitenziario Osapp al capo del Dap Franco Ionta, contro il quale sono comparse a Milano scritte minatorie siglate con una stella a cinque punte. “Il carcere non ha bisogno di destabilizzazioni terroristiche né di violenze - afferma il segretario generale dell’Osapp Leo Beneduci - ma ha bisogno di un vertice che affronti con serenità le riforme necessarie. Auspichiamo che, seppure preoccupanti, le minacce ricevute dal presidente Ionta non rappresentino un serio pericolo”. Giustizia: Osapp; emergenza nelle carceri, appello al Presidente della Repubblica Ansa, 12 novembre 2010 “Come poliziotti e come cittadini ci rendiamo conto delle gravissime emergenze, dal Veneto alla provincia di Salerno, per finire in Calabria, in atto nel nostro Paese, ma non possiamo non ricordare che il problema delle carceri italiane, tra morti per suicidio, aggressioni e promiscuità per 69mila soggetti in soli 44mila posti-letto, è qualcosa che il Governo ed in particolare il Ministro Alfano promettono di risolvere da almeno due anni, senza che ad oggi si sia addivenuti a soluzioni”. È quanto si legge in una lettera a firma di Leo Beneduci segretario generale dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) e indirizzata al Presidente della Repubblica. “Mentre desta estrema preoccupazione che il disegno di legge 2313 in approvazione definitiva al Senato anche per l’assunzione straordinaria di 1.800 poliziotti penitenziari si sia inspiegabilmente arenato - scrive il sindacalista - non deve dimenticarsi che se il carcere può essere contemporaneamente sofferenza e speranza, sempre di meno, negli istituti di pena italiani, alla prima consegue la seconda e non solo per i detenuti”. “Non si è compreso ancora come non sia sufficiente dare un pigiama nuovo al recluso e metterlo a letto. Per chiunque si approcci a questa realtà - precisa ancora l’Osapp - la perdita della libertà significa la rinuncia involontaria ad una serie di possibilità che vengono azzerate automaticamente dal momento dell’ingresso in un istituto”. “Ed è solo la presenza del poliziotto penitenziario, come figura di riferimento di quelle istituzioni violate, a costituire un surplus di genere per il percorso di redenzione del condannato che lo Stato intende realizzare”. “Il Governo spende dei soldi per costruire, ma non fa nulla per i programmi di reinserimento, per iniziative utili al detenuto, così come non fa nulla per i 39.600 poliziotti penitenziari italiani. E non coinvolge la società civile con progetti di lavoro cofinanziati dalle aziende”. “La libertà che nell’istituto penitenziario si vuole affrancare - scrive ancora Beneduci nella lettera - qui si declina come valore supremo, base di ogni diritto, e la famiglia e le relazioni affettive, alle quali dà essa luogo, qui diventano il punto saldo in prospettiva della futura liberazione”. “Allora perché il Governo non ha fatto altrettanto? Perché non ha rischiato un nuovo approccio con l’individuo in carcere?”. “Negli ultimi anni si è tentato di tutto, ma non ciò che impone la Costituzione. Quale custode della Carta Fondamentale della Repubblica, allora, Le chiediamo di interrompere questo processo deleterio per la Democrazia”. Giustizia: Uil-Pa Penitenziari; Governo dopo solidarietà ora passi ad atti concreti Adnkronos, 12 novembre 2010 Il segretario generale della Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno, scrive oggi una lettera aperta al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al sottosegretario alla Presidenza, Gianni Letta, ai ministri Angelino Alfano, Giulio Tremonti, Renato Brunetta, per segnalare le “numerosissime, e più che giustificate, doglianze, da parte di poliziotti penitenziari addetti ai servizi di Traduzione e Piantonamenti, circa la mancata erogazione delle somme costituenti gli anticipi per i servizi di missione previsti dalle norme contrattuali”. “Così come - prosegue Sarno - si registrano forti malumori tra tutto il personale del Corpo di Polizia Penitenziaria per il parziale pagamento del lavoro straordinario effettuato. Ne deriva che coloro che sono impiegati nei servizi di traduzione dei detenuti per assicurare il servizio sono costretti ad attingere dai bilanci familiari i fondi necessari per vitto, alloggio e spese varie (tra le quali anche l’acquisto dei carburanti per i mezzi di servizio), che dovrebbero essere anticipate, nella misura dell’80%, dall’Amministrazione Penitenziaria”. A questa condizione, prosegue il segretario generale Uil Pa Penitenziari, “si coniuga il mancato pagamento delle indennità per i servizi di missione già espletati da personale di polizia penitenziaria da diversi mesi. Il governo ha ripetutamente espresso, verbalmente, la propria vicinanza, solidarietà ed attenzione al personale delle Forze di Polizia, auspichiamo che tali intenzioni possano concretarsi attraverso lo stanziamento dei fondi necessari a coprire il debito pregresso e le future anticipazioni. D’altro canto non è pensabile che lo Stato per assicurare il diritto alla difesa, costituzionalmente sancito, e garantire la presenza degli imputati detenuti nei dibattimenti in aula possa pensare di continuare a gravare sulle spalle degli operatori addetti al servizio traduzioni”. Lettere: figura del Garante dei diritti dei detenuti e risorse degli Enti locali di Salvatore Nasca (Dirigente dell’Uepe di Livorno) Lettera alla Redazione, 12 novembre 2010 A cosa servono i Garanti dei detenuti? O meglio cosa fanno i Garanti che non potrebbero - dovrebbero fare altri soggetti, anche istituzionali come, in particolare: Magistratura di Sorveglianza, Assessorati al Sociale (di Comuni, Province, Regioni), Consulte e Coordinamenti vari tra Associazioni ed Istituzioni, ecc.? Serve utilizzare risorse, per altro sempre più limitate, della collettività (fondi, strutture, e personale) per questa figura, con le sue spese accessorie, o non sarebbe piuttosto prioritario utilizzarle per potenziare le disponibilità degli Assessori e degli Assessorati per gli interventi di loro competenza direttamente rivolti a soggetti condannati (percorsi di recupero e reinserimento, etc.)? Lazio: tre milioni per il reinserimento dei detenuti; da Fondo sociale europeo e Regione www.agenziami.it, 12 novembre 2010 Grazie a 2,5 milioni di euro del Fondo Sociale Europeo e altri 700mila euro di fondo del dipartimento Formazione e lavoro della Regione Lazio è nata “Chance”, una sperimentazione di sistema integrato di istruzione e accompagnamento al lavoro dei carcerati della Regione. 14 le strutture carcerarie coinvolte in corsi nel campo della ristorazione, edilizia, alfabetizzazione informatica, recupero scolastico e lezioni universitarie in e-learning. Carmelo Cantone (audio), direttore di Rebibbia Nuovo Complesso, racconta come investire e credere nelle potenzialità dei carcerati sia un obbligo per chi dirige un istituto e commenta lo stato dell’istituzione penitenziaria oggi. Se il carcere ha un senso è certamente nel ruolo riabilitativo che per missione dovrebbe avere. Come sappiamo dai dati che ogni anno vengono pubblicati la condizione delle nostre carceri è tutt’altro che buona. Primo problema tra tutti il sovraffollamento, una condizione che ovviamente rende complessa qualsiasi tipo di gestione virtuosa delle persone detenute. Nonostante questa condizione che, come afferma Carmelo Cantone, direttore di Rebibbia Nuovo Complesso, dipende dal fatto che: “quello che abbiamo noi è il risultato di quello che non ha funzionato fuori”, molti sono gli sforzi messi in campo perché vere e proprie opportunità siano offerte ai carcerati. È il caso di 14 istituti carcerari della regione Lazio dove da diversi anni sono in corso progetti che credono nelle potenzialità di chi abita in reclusione. I progetti - “Chance” Promosso dal Ministero del Lavoro e Politiche Sociali con il Fondo Sociale Europeo in collaborazione con Regione Lazio (Assessorato Politiche sociali, Assessorato alla Sicurezza, Assessorato alla Sanità, Dipartimento formazione e lavoro e Ufficio di Presidenza) è la sperimentazione di un sistema integrato di istruzione, formazione e accompagnamento al lavoro dei carcerati dei 14 istituti penitenziari del territorio regionale. Con l’attivazione dei laboratori pratici, pasticcere, pizzaiolo, piastrellista, imbianchino, grafico, esperto di produzioni vegetali e riparazioni radio-tv, nonché laboratori d’attore ha permesso a diverse centinaia di detenuti di impegnarsi e responsabilizzarsi verso un impegno che possa essere anche futuro. Oltre alla formazione lavorativa anche quella scolastica con un percorso di recupero di studi e corsi universitari coordinati da Filas - Finanziaria laziale di sviluppo, e realizzata da enti quali Enaip, Associazione La Ribalta del Centro studi Enrico Maria Salerno. Il lavoro in carcere - “Dobbiamo cercare di invogliare tutte le parti sane della società esterna a spendere sul valore aggiunto che possiamo creare in carcere”. Carmelo Cantone, direttore Rebibbia Nuovo Complesso non ha dubbi rispetto alle potenzialità che esprime un luogo di detenzione come Rebibbia, il secondo carcere per numero di detenuti in Italia. “Noi abbiamo 1700 detenuti con tutte le categorie criminologiche possibili, dalla criminalità organizzata allo spacciatore di quartiere, quindi si debbono giocare scommesse importanti sulle persone - prosegue Cantone - Dobbiamo fare capire al mondo imprenditoriale esterno quanto può essere interessante aprire una filiera lavorativa all’interno del carcere”. Al momento sono 82 i detenuti a Rebibbia NC che hanno contratti con datori di lavoro esterni e che secondo il direttore già a fine anno potrebbero crescere a 150. Lazio: Perazzolo (Regione); abbiamo progetto di riordino sistema sanitario penitenziario Dire, 12 novembre 2010 “Stiamo elaborando il progetto di riordino del sistema sanitario penitenziario della Regione Lazio”. Lo ha detto, come si legge in una nota, Maurizio Perazzolo (lista Polverini) presidente della commissione Lavoro, Pari opportunità, Politiche sociali e Politiche giovanili del consiglio della Regione Lazio, intervenendo a “L’Agorà penitenziaria 2010”, l’XI congresso nazionale della società italiana di medicina e sanità penitenziaria onlus, su “Bisogni formativi e obiettivi professionali: le dimensioni relazionali e tecnologiche”. Il convegno, spiega la nota, si è tenuto nella giornata di ieri all’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti. L’iniziativa era finalizzata ad affrontare il tema dell’assistenza sanitaria in carcere con un approccio sistemico che tenesse conto della complessità del problema e della molteplicità di organizzazioni e istituzioni che se ne occupano. L’obiettivo è la ricerca di una visione d’insieme della situazione e le possibili strategie per affrontare la formazione degli operatori sanitari che lavorano nelle carceri. Nelle scorse settimane, conclude la nota, l’onorevole Perazzolo ha avuto modo di visitare Regina Coeli, Rebibbia e la casa circondariale Mammagialla di Viterbo. Firenze: il consigliere comunale Stefano Di Puccio ha iniziato lo sciopero della fame di Franco Corleone (Garante dei diritti dei detenuti) Ristretti Orizzonti, 12 novembre 2010 È stata presa la decisione di continuare la campagna per la vivibilità a Sollicciano e per richiedere quelle misure, concrete e possibili che sono davvero essenziali. Continuiamo a chiedere il perché il carcere in un momento difficile come questo sia stato decapitato. Da ieri ha iniziato lo sciopero della fame il consigliere comunale, Stefano Di Puccio. A lui un caloroso ringraziamento per la sua decisione e la determinazione con cui intende impegnarsi. La catena di solidarietà comincia a prendere corpo. Mi auguro che nuovi anelli si aggiungano alla staffetta. Oggi siamo a quota 1.040 più 4 bambini. Pesaro: situazione poco dignitosa per detenuti malati, sovraffollamento anche in ospedale Il Messaggero, 12 novembre 2010 Anche in ospedale si ripropone, per i detenuti, il problema del sovraffollamento già tristemente noto nelle carceri. È il segretario organizzativo della Fp-Uil, Angelo Aucello, a denunciare le “condizioni poco dignitose” in cui vengono curati i carcerati della casa circondariale di Villa Fastiggi che vengono condotti al San Salvatore. “Una sola stanza è stata messa a disposizione per questi malati particolari - spiega il segretario - ed è ubicata nella vecchia Cardiologia, un’area chiusa in attesa di lavori. In quell’unico locale, piccolo e inadeguato, vengono ricoverati anche due, tre persone, senza nemmeno valutare se le patologie di cui soffrono sono compatibili l’una con l’altra. Gli equipaggiamenti sono ridotti all’osso: ad esempio vi è un’unica presa per l’ossigenoterapia, insufficiente se i malati ad averne bisogno fossero due. Inoltre, l’assistenza è affidata, alternativamente, al personale del reparto di Chirurgia e di Cardiologia, quest’ultimo già impegnato a seguire 14 pazienti semi-intensivi, con un aggravio dei carichi di lavoro non indifferente anche a causa della distanza che separa i reparti”. Concludendo, Aucello chiede alla Direzione ospedaliera di porre rimedio alla situazione “poco dignitosa per i carcerati”, senza aspettare di terminare i lavori per i nuovi locali a Muraglia. Siracusa: detenuto tenta il suicidio, salvato dagli agenti La Sicilia, 12 novembre 2010 Si sarebbe suicidato all’interno della propria cella impiccandosi con un lenzuolo ma gli agenti hanno evitato che arrivasse a commettere il gesto. L’episodio si è verificato nella serata dell’8 novembre scorso, all’interno della casa circondariale di Brucoli, ed ha avuto come protagonista un giovane straniero recluso, un assistente capo ed un sovrintendente della polizia penitenziaria. L’uomo si è legato degli stralci di lenzuolo al collo e stando ad una prima ricostruzione di quanto accaduto, non sembra esserci alcun dubbio circa la chiara volontà del detenuto di togliersi la vita ma, ancora una volta l’alta professionalità, la prontezza dei “baschi blu” ha prevalso. “Allo stato attuale - ha commentato il Dirigente Regionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria Michele Pedone - la Casa di Reclusione di Augusta ospita circa 700 detenuti, oltre 200 in più della capienza massima tollerabile, di cui un buon 40% di stranieri, questi ultimi spesso sono persone indigenti, senza riferimenti familiari sul territorio italiano e, taluni, anche con gravi patologie, anche psichiatriche, mentre sono poco più di 200 gli appartenenti al corpo di Polizia Penitenziaria che devono operare h. 24 in detto istituto, una struttura che abbisogna di almeno 130 unità in più come può evincersi dai dati della pianta organica del personale del corpo relativa all’istituto in questione”. Non è la prima volta che un detenuto tenta di togliersi la vita all’interno del carcere; gesti che non possono passare inosservati alle istituzioni e all’opinione pubblica. “Se la situazione non si aggrava ulteriormente - ha aggiunto Sebastiano Bongiovanni dell’Ugl - è grazie alle donne e agli uomini del Corpo che, in media, sventano decine e decine di tentativi di suicidio di detenuti nelle varie carceri italiane”. E a suffragare la preoccupazione, i dati: nell’anno 2009 furono 58 i suicidi di detenuti e 100 i decessi per cause naturali, inoltre ci sono stati circa 6000 gesti di autolesionismo che non hanno avuto gravi conseguenze solo grazie al tempestivo intervento del corpo. Ancora, sono stati circa 950 i tentativi di suicidio da parte di altrettanti reclusi del Paese. Udine: questa sera la presentazione del libro “Di giustizia e non di vendetta” Messaggero Veneto, 12 novembre 2010 Conferenza La Conferenza regionale volontariato giustizia prosegue la riflessione pubblica sulle persone detenute e sul senso della pena detentiva stasera, alle 20.30, al Centro Balducci di Zugliano (Udine). Guiderà l’incontro il giornalista Livio Ferrari, fondatore dello Conferenza nazionale volontariato giustizia, presentando il suo libro “Di giustizia e non di vendetta”. Accoglierà i partecipanti don Pierluigi Dipiazza, responsabile del Centro e ci aiuteranno alla riflessione: il direttore della casa circondariale di Udine, Francesco Macrì, il referente dell’associazione “Icaro” Maurizio Battistutta, l’assessore all’istruzione e ai diritti di cittadinanza Kristian Franzil, e persone detenute o in misura alternativa. “Si tratta - si legge in una nota - di continuare una ricerca per far sì che in futuro vi siano sempre meno autori di reato dei quali la collettività, che ospita cinque carceri e un Centro di identificazione, debba farsi carico, e vi siano sempre meno vittime. Una ricerca che non deve portare solo a una reale applicazione dell’Ordinamento penitenziario (articolo 27 della Costituzione), ma deve attivare percorsi innovativi quali: la giustizia ripartiva, la realizzazione di percorsi alternativi alla detenzione e all’educazione alla legalità, e all’istituzione della figura del Garante delle persone private della libertà. La partecipazione attiva di tanti alla riflessione porterà senz’altro alla riduzione dei reati”. Vasto (Ch): la fedele riproduzione di una cella arriva in piazza Il Centro, 12 novembre 2010 In piazza G.B. Vico a Chieti dal 20 al 25 Novembre e a Palazzo D’Avalos a Vasto dal 26 al 28 Novembre verrà collocata una fedele riproduzione di una cella. L’obiettivo è quello di mostrare e far “vivere” la realtà delle carceri italiane affollate da quasi 70 mila persone contro una capienza prevista di 45 mila. “Il Comune di Chieti crede fermamente in questo progetto - ha detto il vicesindaco del Comune Bruno Di Paolo - portare una cella in piazza a Chieti e a Vasto rappresenta un momento importante di riflessione, che porta l’attenzione sulle persone che in un momento particolare della loro vita soffrono, ma che, pur trovandosi in un momento di disgrazia non possono essere abbandonate dalle istituzioni, né essere come animali”. Dello stesso parere l’assessore al Comune di Vasto Marra: “inserire le persone all’interno di una gabbia, perché è questo che rappresenta la cella, è impressionante”. “Sono fiero di ospitarvi in quello che oggi è il palazzo della solidarietà e dell’amore - ha esordito il presidente della provincia Enrico Di Giuseppantonio. “L’iniziativa è meritevole - ha aggiunto l’avvocato Tenaglia, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Chieti - la categoria che oggi rappresento è forse la più vicina ai detenuti, per questo abbiamo ritenuto di dove offrire il nostro contributo all’evento, che richiama il principio costituzionale, ovvero l’articolo 27, ovvero che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Soddisfatti dell’iniziativa anche i direttori delle Case circondariali di Chieti e Vasto Giuseppina Ruggero e Carlo Brunetti. “La figura del volontario in carcere oggi è cambiata - ha sottolineato Giuseppina Ruggero - da sostenitore psicologico e materiale il volontario oggi si costituisce in associazione, dialoga con le istituzioni verso la concretizzazione del principio di rieducazione, che non può essere individuale, ma deve necessariamente riflettersi anche all’esterno: se chi ha sbagliato trova un muro fuori dal carcere sarà per sempre costretto a vivere di espedienti”. “La sicurezza - ha concluso Francesco Lo Piccolo, presidente di Voci di dentro - non è data da un muro o da un cancello, ma, espiata la pena, dalle opportunità di reinserimento di chi ha sbagliato”. Roma: lunedì alla presentazione del libro di Ilaria Cucchi parteciperà anche Fini Adnkronos, 12 novembre 2010 “Lunedì alle 17, presso la sala del Mappamondo di palazzo Montecitorio, si svolgerà la presentazione del libro “Vorrei dirti che non eri solo”, di Ilaria Cucchi con Giovanni Bianconi, edizioni Rizzoli. Interverrà il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini. Oltre agli autori, parteciperanno Luigi Manconi ed Ezio Mauro. L’appuntamento sarà trasmesso in diretta sulla web tv di Montecitorio (http://webtv.camera.it)”. È quanto si legge in un comunicato diffuso dall’ufficio stampa della Camera. Volterra (Si): metti una sera a cena... col galeotto Il Tirreno, 12 novembre 2010 Tornano i cuochi-carcerati della Fortezza di Volterra. Da novembre a giugno, menu d’autore, impeccabile servizio e il ricavato ai bambini di otto Paesi del Sud del mondo. Il carcere di Volterra apre le porte al pubblico. Invitandolo a cena. Tornano per la quarta volta le Cene Galeotte e i loro cuochi-detenuti, che dal 19 novembre 2010 e fino al 24 giugno 2011 ogni terzo venerdì del mese (per sapere quale chiamate 055.23.42.777) preparano, con cadenza mensile, otto cene d’autore nel segno della solidarietà. Una volta superate le porte della casa di reclusione della città toscana, ricavata nell’antica struttura medicea, gli ospiti vengono accolti con un aperitivo consumato all’interno del cortile, nello spazio sotto le antiche mura. Poi, l’ingresso nella cappella, trasformata per l’occasione in sala da pranzo con tanto di candele, camerieri-carcerati dall’impeccabile servizio, sommelier e vini a cura della Fisar di Volterra. Il ricco menu è preparato interamente dai detenuti, affiancati però da rinomati chef titolati come Riccardo Monco dell’Enoteca Pinchiorri, Vito Mollica del Four Seasons Firenze o Luciano Zazzeri del ristorante La Pineta di Marina di Bibbona. Esperienza dall’alto valore sociale, le Cene Galeotte sono un momento importante per i carcerati che, grazie all’esperienza formativa in cucina con gli chef, sono riusciti a imparare il mestiere e già in otto casi a trovare un impiego nei ristoranti locali. Il ricavato delle serate sarà integralmente devoluto alla campagna internazionale Il Cuore si scioglie, che realizza scuole e centri di accoglienza, garantisce cure mediche, crea opportunità di lavoro e promuovere l’adozione e l’affidamento a distanza dei bambini di otto Paesi del Sud del mondo: Brasile, Burkina Faso, Camerun, Filippine, India, Libano, Palestina e Perù. Cene Galeotte, novembre 2010 - giugno 2011, Fortezza di Volterra (Pi). L’ingresso al carcere del pubblico prenotato è alle 19.30; la cena inizia alle 20 e costa 35 euro a persona. Per informazioni e prenotazioni: Agenzie Toscana Turismo, tel. 055.23.42.777. Messina: project work per il reinserimento dei detenuti La Sicilia, 12 novembre 2010 “Cambiare non è difficile… Difficile è decidere di cambiare”: è stato lo slogan scelto dagli stessi detenuti per il convegno sull’inclusione sociale che si è tenuto nella sala teatro della Casa circondariale di Gazzi. Il meeting è stato organizzato dall’Euris, associazione piccole e medie imprese, per presentare i risultati del corso di formazione per Operatori socio-assistenziali svolto nell’ambito del Prof Sicilia 2009 e che ha coinvolto una decina di detenuti. È stato uno degli allievi del corso, il 35enne Francesco Rapisarda, assieme alla responsabile comunicazione dell’Euris, Tiziana Crisafulli, ad illustrare il “Project work” attraverso il quale è stata simulata la costituzione di una cooperativa sociale composta da ex detenuti che intende sostenere categorie svantaggiate e sviluppare un piano di autopromozione, di riscatto e di reinserimento nella società, orientato verso il mondo del lavoro, della creazione d’impresa e dell’inclusione sociale. Sono intervenuti: il direttore della Casa circondariale di Gazzi, Calogero Tessitore; l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Messina, Pinella Aliberti; il presidente della Provincia, Nanni Ricevuto; il Procuratore Generale della Repubblica di Messina, Franco Cassata; il Provveditore Regionale Amministrazione Penitenziaria, Orazio Faramo; l’assessore regionale all’Istruzione e alla Formazione professionale, Mario Centorrino; il sindaco di S. Teresa, Alberto Morabito, che ha firmato con i corsisti il protocollo d’intesa per la costituzione della cooperativa sociale. I lavori sono stati moderati da Giuseppe Campagna, coordinatore dell’Euris. Presenti, tra gli altri: il responsabile organizzativo dell’Euris, Francesco Bonanno; il deputato regionale Filippo Panarello; il consigliere provinciale Lalla Parisi; il docente responsabile del “Project work”, David Trimarchi; il questore di Messina, Carmelo Gugliotta; rappresentanti di Carabinieri, Polizia penitenziaria, Esercito, Marina e Capitaneria di Porto e gli studenti del liceo di Scienze sociali “S. Luigi” di Patti. Varese: il “viaggio verso l’Italia” dei detenuti stranieri in gara Varese Notizie, 12 novembre 2010 Sono stati premiati questa sera, giovedì 11 novembre, i vincitori del concorso Letterario/Artistico “Verso l’Italia - esperienze...emozioni...episodi”, nella Sala Montanari del Comune di Varese in via Bersaglieri, 3. Il concorso, indetto dalla Direzione della Casa Circondariale di Varese e l’Auser (Associazione per l’autogestione dei servizi e la solidarietà) di Varese, è una delle iniziative intraprese per far emergere il più possibile le storie dei tanti migranti che negli ultimi anni affollano gli Istituti Penitenziari Italiani allo scopo di far conoscere l’aspetto umano e la sofferenza vissuta per raggiungere il nostro paese. Alla serata erano presenti il direttore della Casa Circondariale di Varese, Gianfranco Mongelli, la responsabile dell’unità organizzativa del Trattamento presso il Provveditorato Regione della Lombardia di Milano, Giovanna Longo, la presidente Auser Varese, Bruna Brambilla, il rappresentante della direzione Sociale Asl Varese, Enrico Frattini, l’assessore ai Servizi Sociali, Gregorio Navarro e gli operatori della casa circondariale di Varese. Moderatore della serata il direttore di VareseNews, Marco Giovannelli. . L’iniziativa è una tra quelle inserite nel Progetto “Fuori di Cella” promosso da ASL Varese e dal Consorzio Sol.Co. Varese, il cui obiettivo è la promozione del benessere all’interno dell’Istituto Penitenziario e il sostegno all’uscita nel momento della scarcerazione. Iniziato nel mese di maggio, il concorso è stato rivolto a tutti i detenuti stranieri degli Istituti Penitenziari della Lombardia: 6 le carceri che hanno aderito, per un totale di 18 racconti e 11 disegni. I temi da sviscerare sono stati il viaggio, la migrazione e la personale esperienza: sia sulle tele, sia nei racconti emergono storie di vita uniche, irripetibili, ma allo stesso tempo universali. Nella sezione racconto, il primo classificato è El Rakhlli Yassine (Marocco), detenuto nel casa circondariale di Varese con uno scritto dal titolo: Il mio sogno smarrito. Al secondo posto Wajdi Saoudi (Tunisia), detenuto nella casa circondariale di Busto Arsizio, con un racconto dal titolo: Verso l’Italia - Esperienze...Emozioni...Episodi. Terzo classificato Zef Karaci (Albania), detenuto nella casa circondariale di Como, con un testo dal titolo: Un uomo e i suoi viaggi. Viaggi reali e viaggi interiori si intrecciano in questi racconti, dove emerge una forte voglia di riscatto e speranza. Nei classificati della sezione pittura compaiono anche delle donne, il primo premio, però, è assegnato ad un uomo: Segovia Parra Andrea Gissel, detenuto nella seconda casa Reclusione di Bollate. Il suo dipinto si intitola Visi in viaggio. Huxiao Hui, è il nome della donna vincitrice del secondo premio: detenuta della sezione femminile di San Vittore e dal 4 di novembre scarcerata, il titolo del suo quadro è Emozioni. Il terzo posto è di nuovo rosa, con il dipinto Odissea 2010, il nome dell’autrice è Hrustic Dudisa, detenuta nell’istituto Custodia Attenuata Madri detenute. Dalle scelte cromatiche adottate e dai soggetti rappresentati emergono chiaramente i risvolti umani e la sofferenza che hanno caratterizzato il viaggio, materiale ed interiore, di questi detenuti. La giuria del concorso era composta dalla Presidente Gisella Incerti, membro di Auser e, come giurati, dalla Responsabile dell’Area Pedagogica della Casa Circondariale di Varese Maria Mongiello e da altri tre membri Auser: Maria Pia Giustolisi, Claudio Benzoni, Giuseppina De Maria. Tra il pubblico, erano inoltre presenti Associazioni, Enti e Istituzioni del nostro territorio, Scuole ed Università. Prima delle premiazioni è stato proiettato anche il documentario di Andrea Segre “A Sud di Lampedusa” (2006) che, girato nel deserto del Sahara nel maggio del 2006, racconta il vissuto di persone provenienti dall’Africa e in fuga dai loro paesi. Andrea Segre è autore del recente documentario “Il sangue verde”, relativo ai fatti di Rosarno, presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Televisione: domani su Rai Tre il recupero sociale dei detenuti a Caltagirone Il Velino, 12 novembre 2010 Nel nome di don Luigi Sturzo, il fondatore del Partito popolare, a Caltagirone decolla un innovativo progetto per il recupero sociale di detenuti ed ex detenuti. L’iniziativa è stata voluta dal movimento ecclesiale “Rinnovamento dello Spirito”, che, nei terreni che appartennero alla famiglia Sturzo, con il sostegno del Ministero della Giustizia, ha realizzato una sorta di palestra della libertà e della solidarietà, per consentire, attraverso il lavoro, a chi vive o ha vissuto la dura esperienza del carcere, il recupero della dignità sociale. Su questo avvincente esperimento, un reportage sarà trasmesso nel prossimo numero de “Il Settimanale” , il rotocalco televisivo della redazione siciliana della Rai, in onda ogni sabato, alle 12,25, su Rai Tre. Francia: caso Franceschi; gli organi di Daniele in Italia entro la metà di dicembre La Nazione, 12 novembre 2010 Gli esami da parte delle autorità francesi “non consentiranno la restituzione degli organi interni di Daniele Franceschi prima della metà di dicembre”. Lo ha detto nell’aula del Senato il sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi, rispondendo a una interrogazione della senatrice del Pd, Emanuela Granaiola, sulla vicenda del giovane italiano morto nel carcere francese di Grasse lo scorso 25 agosto. La seduta è stata seguita in tribuna dalla madre di Daniele, Anna Cira Antignano. Il sottosegretario ha inoltre assicurato che “il ministero degli Esteri, e il ministro Franco Frattini in prima persona, seguono con la massima attenzione la vicenda di Daniele Franceschi. Il ministro Frattini ha ricevuto in due occasioni, pochi giorni dopo l’episodio e il 20 ottobre scorso la madre, signora Antignano, e ha ribadito l’impegno affinché venga fatta piena luce sulla morte di Daniele”. Da parte sua, ha aggiunto, “il ministro della Giustizia francese ha fatto sapere di aver impartito puntuali istruzioni affinché la questione venga trattata con la più grande trasparenza”. “Il corpo di Daniele - ha proseguito Craxi - è tornato in patria, grazie all’intervento del nostro ministro degli Esteri, con un volo militare ed è stato finalmente sottoposto ad autopsia in Italia. Questa ha potuto constatare l’assenza di lesioni traumatiche, senza però poter fornire, data l’assenza degli organi interni, un’indicazione definitiva sulle cause del decesso”. Inoltre, “su istruzione del ministro Frattini, la nostra ambasciata a Parigi ha ribadito ai ministeri francesi degli Esteri e della Giustizia l’esigenza che gli organi interni, in primis il cuore, siano mantenuti in condizioni tali da permettere un ulteriore esame in Italia e siano restituiti alla famiglia il più celermente possibile. Il ministro degli Esteri francese ha scritto al ministro Frattini indicando che gli esami anatomo-patologici e tossicologici connessi all’inchiesta non consentiranno di restituire gli organi prima di metà dicembre. Dai ministeri francesi si è assicurato l’impegno a far sì che ciò avvenga in condizioni tali da permettere nuove indagini”. Il sottosegretario si è poi soffermato sulla “restituzione degli effetti personali, in particolare del diario di Daniele”. Su questo “il console generale a Nizza è intervenuto sul procuratore di Grasse affinché l’istanza della famiglia venga accolta quanto prima. Il giudice istruttore francese ha ordinato alla polizia giudiziaria di cercare il diario e altri scritti di Daniele che possano contribuire allo sviluppo delle indagini. Il console generale ha inoltre chiesto chiarimenti circa il fermo della signora Antignano, avvenuto il 13 ottobre mentre manifestava di fronte al carcere di Grasse. Il console era tempestivamente intervenuto per ottenere il rilascio della mamma di Daniela, che ha poi lamentato maltrattamenti della polizia”. La parlamentare Granaiola ha chiesto e ottenuto la possibilità per la commissione del Senato per i diritti umani di fare una ricerca e un monitoraggio sulla condizione dei nostri connazionali detenuti nelle carceri estere. Germania: i risultati di una ricerca; calano delitti se cresce istruzione Ansa, 12 novembre 2010 Solo lo scorso anno ci sarebbero stati almeno 420 omicidi in meno se le autorità scolastiche fossero riuscite a dimezzare il numero dei giovani che non completa l’obbligo scolastico, che in Germania è di 9 anni: lo ha scoperto una ricerca tedesca condotta per conto della Fondazione Bertelsmann, pubblicata oggi a Guetersloh, in Nordreno-Vestfalia. I ricercatori sociali Horst Entorf e Philip Sieger hanno dimostrato per la prima volta l’esistenza in Germania di un nesso causale tra il livello di istruzione e il livello di criminalità. I ricercatori in anni di lavoro sul modello di simili esperienze fatte in Usa hanno preso in esame le diverse forme di reati, prendendo in considerazione annate di dati relativi all’intera Germania. I valori così raccolti sono stati correlati con il livello di istruzione degli abitanti di diverse regioni, parametrandoli per esempio con il tasso di condannati nelle singole circoscrizioni giuridiche. Per la ricerca è stato anche intervistato un campione rappresentativo di 1.700 detenuti, le cui risposte sono state confrontate con quelle di un gruppo di controllo nel quale non c’erano carcerati. Proiettando i risultati sui dati dello scorso anno, secondo lo studio, se fosse stato dimezzato il numero degli abbandoni scolastici come conseguenza, in rapporto ai dati reali, in Germania non ci sarebbero stati 420 omicidi, non sarebbero avvenute 13.500 rapine e neanche 320 mila furti. In termini economici, secondo stime molto prudenti, si sarebbero risparmiati almeno 1,42 miliardi di euro. Il nesso causale secondo lo studio riguarda omicidi e rapine, mentre per stupri e lesioni fisiche di vario genere non sembra esistere una correlazione con il livello di istruzione dei criminali. Stati Uniti: “colletti bianchi” e custodia cautelare… Fatto Quotidiano, 12 novembre 2010 Può succedere, negli Stati Uniti, a qualsiasi imputato in attesa di giudizio, dunque presunto innocente, non ancora riconosciuto colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio. Potrebbe accadere anche in Italia, ma è difficile che tocchi a chi porta un colletto bianco. Più facile che accada a chi indossa una maglietta. Sarebbe comunque meglio se non accadesse mai, a nessuno e in nessun posto. L’otto novembre scorso il quotidiano inglese Daily Mail ha pubblicato le immagini: un detenuto, pesto e sanguinante, dopo aver perduto i sensi, è finito all’ospedale, dove ha ricevuto le cure del caso, ma sempre con i ferri ai polsi e alle caviglie. L’avevano ridotto così i compagni di cella in un carcere privato del Texas, il Joe Corley detention center di Conroe, presso Houston, dove si trovava in custodia cautelare. Ora ha ottenuto il trasferimento in un carcere federale. Si tratta del miliardario texano Robert Allen Stanford, rinviato a giudizio con l’accusa di aver frodato migliaia di investitori di una banca offshore, controllata dallo Stanford Financial Group di Houston. La banca è la Stanford International Bank, con sede ad Antigua (Caraibi), che prometteva agli acquirenti dei suoi certificati di deposito interessi troppo alti per essere sostenibili e quindi tali da legittimare l’accusa di truffa. Coinvolto nella mega-frode risulta anche Leroy King, già a capo della Financial Services Regulatory Commission di Antigua (una specie di Consob o di Sec locale) che, secondo le accuse, si sarebbe prestato, in cambio di denaro, a fornire alla Sec (Securities and Exchange Commission) rapporti addomesticati e rassicuranti sulle attività della Stanford International Bank. Stanford, amico personale dell’ex primo ministro di Antigua, Lester Bird, aveva ottenuto il titolo di Sir ed era ben conosciuto nell’isola dove aveva creato molte opprotunità di lavoro. Allo Stanford Financial Group facevano infatti capo attività di vario genere, non solo di tipo finanziario, ma anche nel campo dei media e dello sport. In aggiunta alle attività fraudolente della banca, altri enti riconducibili allo Stanford Financial Group avrebbero riciclato somme di denaro per conto dei cartelli della droga messicani come il Cartel del Golfo. Nel 2008, nel corso di un’operazione multinazionale anti-droga collegata proprio al Cartello del Golfo vennero arrestati anche 175 membri della ‘Ndrangheta che si stima distribuisca più dell’80% della cocaina destinata all’Europa.