Giustizia: carceri e recupero del detenuto di Cosimo Maria Ferri (Magistrato) www.politicaoggi.it, 10 novembre 2010 Il problema del carcere e la sua funzione in un ordinamento moderno non può essere affrontato con il vecchio armamentario ideologico del carcere come “discarica sociale” (espressione risalente agli anni 70), né con strumenti ispirati da considerazioni di tipo sociologico. I “vecchi” pensieri non possono che condurre alle “vecchie” soluzioni che come è sotto gli occhi di tutti non hanno portato da nessuna parte. L’approccio deve essere quindi tecnico e non ideologico o “politico”, e mirare a rimedi possibili e praticabili nelle condizioni attuali, non a utopiche soluzioni che non tengono conto del dato di realtà. Il problema del carcere ha due aspetti: quello connesso alla sua ragione di esistere come strumento di esecuzione di una pena (di una misura cautelare); e quello delle condizioni in cui questa pena è concretamente espiata. Sul primo problema: è ovvio che la pena detentiva deve essere considerata quale extrema ratio. Quindi è certamente vero che occorre rapidamente adattare la risposta penale a questo principio, che coincide con il dato di realtà che le risorse per gestire e concludere un processo penale (giudici, cancellieri, etc.) sono poche quindi devono essere utilizzate con oculatezza. Ma questo non deve significare il depotenziamento del deterrente costituito dalla pena, perché ciò significa che lo Stato abdica ad una sua funzione essenziale che è quella di garantire la sicurezza e la tranquillità dei cittadini prima di ogni altra cosa. Questo è il valore supremo che giustifica il patto da cui nasce lo Stato. Ciò si traduce concretamente nell’esigenza che la pena detentiva sia riservata ai casi più gravi (delitti di allarme sociale) ma che sia certa ed effettiva. Per arrivare a questo risultato occorre sviluppare il ricorso massiccio a pene pecuniarie (come avviene a es. in Germania). Il lavoro di pubblica utilità non decolla perché non ci sono i fondi per le convenzioni assicurative e previdenziali e per la scarsità dell’offerta. Non può essere la soluzione. Il problema delle pene pecuniarie è che è difficile eseguirle. Ma qui occorre assegnare agli enti locali territoriali la competenza ai fini dell’esazione delle pene, assegnando loro il ricavato. Occorre sviluppare anche lo strumento dell’espulsione: il problema del sovraffollamento è legato soprattutto all’alta percentuale di detenuti stranieri che non hanno risorse all’esterno e quindi non possono fruire di misure alternative. Non ha senso quindi intervenire con la pena detentiva su questi soggetti, per i quali ben difficilmente si può ipotizzare un percorso di reinserimento sociale sul territorio nazionale. Il ricorso alla detenzione domiciliare o agli arresti domiciliari è anch’esso utopistico se guardato come la soluzione al sovraffollamento: presuppone infatti assenza di pericolosità e prima di tutto la disponibilità di un domicilio effettivo e idoneo. Quanti detenuti stranieri, quanti tossicodipendenti possono contare su una tale soluzione esterna? Pene pecuniarie quale strumento sanzionatorio ordinario e espulsione quale regola per l’esecuzione nei confronti di soggetti stranieri se realizzate porterebbero ad un calo significativo e soprattutto duraturo della popolazione carceraria. Giustizia: l’allarme dei medici penitenziari; sani solo 2 detenuti su 10 Adnkronos, 10 novembre 2010 Carceri italiane come “lazzaretti”: l’80% dei circa 70 mila detenuti ha infatti problemi di salute, più o meno gravi. Solo il 20% è sano. Addirittura uno su tre è tossicodipendente. Senza contare che, dei circa 20 mila detenuti che hanno fatto il test per l’Hiv, il 4% è risultato positivo. A scattare l’allarmante fotografia è la Società italiana di medicina e sanità penitenziaria (Simspe), che domani e venerdì, a Chieti e a Pescara, terrà il suo XI Congresso nazionale. Appuntamento nel corso del quale verrà denunciata una vera e propria “emergenza sanitaria” all’interno dei penitenziari, sempre più affollati. “L’obiettivo del Congresso - spiega Salute Francescopaolo Saraceni, della segreteria regionale sezione Abruzzo della Simspe - è quello di puntare con forza sulla formazione degli operatori sanitari che lavorano all’interno delle carceri, così da garantire un servizio sempre più efficiente. Secondo il rapporto della commissione Giustizia del Senato - sottolinea Saraceni - solo il 20% dei detenuti è sano. Del restante 80%, il 38% versa in condizioni mediocri, il 37% in condizioni scadenti, il 4% ha problemi di salute gravi”. A rendere il quadro ancora più fosco ci sono poi le stime del Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap). “Secondo il Dap - prosegue Saraceni - del 30% dei detenuti che si è sottoposto al test Hiv, il 4% è risultato positivo”. E ancora. “Il 16% soffre di depressione o altri disturbi psichici. Il 15% ha problemi di masticazione, il 13% soffre di malattie osteoarticolari, l’11% di malattie epatiche, il 9% di disturbi gastrointestinali. Circa il 7% è infine portatore di malattie infettive”. Un detenuto su tre ha inoltre problemi di tossicodipendenza. Secondo i dati emersi dalla relazione annuale al Parlamento sulle tossicodipendenze, si stima che il 33% dei detenuti fa uso di droghe: il 49,9% consuma più di una sostanza, il 27,6% oppiacei e il 23,4% cocaina. Il problema numero uno sembra però essere il sovraffollamento all’interno delle celle. “L’esigenza fondamentale - evidenzia Saraceni - è evitare che il sovraffollamento porti ad acuire il disagio psichico insito in una comunità chiusa. La Simspe può contribuire a dare una risposta efficace a questi problemi partendo proprio dalla formazione degli operatori penitenziari”. Nel corso del Congresso, verrà inoltre affrontato il tema legato al passaggio di competenze nella gestione dell’assistenza sanitaria, dall’amministrazione penitenziaria al Servizio sanitario nazionale. Passaggio iniziato nel 2008 e completato finora in 15 regioni. Resta da completare in quelle a statuto speciale. “La maggiore criticità - spiegano alla Simspe - è nella necessità di stabilizzare il personale che aveva un rapporto di lavoro con l’amministrazione penitenziaria e che ora è passato alle dipendenze delle Asl, così da non disperdere l’esperienza acquisita in anni di attività”. Giustizia: Vendola firma l’appello per la legge sull’ingiusta detenzione Ansa, 10 novembre 2010 Anche il governatore della Puglia e coordinatore nazionale di Sinistra e Libertà Nichi Vendola ha firmato l’appello per far calendarizzare e approvare in Parlamento i disegni di legge per rendere retroattiva la legge sulla riparazione da ingiusta detenzione presentati da Rita Bernardini (Radicali - Pd) e Pier Luigi Mantini (Udc).Una sottoscrizione che si aggiunge a quelle, tra le altre, di Giuliano Pisapia,Paolo Ferrero, Luigi Manconi e Katia Belillo. La legge venne approvata con il nuovo codice di procedura penale nell’ottobre del 1989. “Prima di quella data, le tante persone detenute e poi assolte non hanno potuto beneficiare di nessuna riparazione - è detto nell’appello - proprio perché la norma è compresa tra gli istituti applicabili solo per i procedimenti ancora in corso all’entrata in vigore del codice di procedura penale e non anche per quelli già conclusi”. Per questo molte vittime dell’errore giudiziario sono rimaste quindi prive della giusta riparazione, in aperta violazione degli articoli 2 e 24 della Costituzione, e delle norme della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Nella giornata di ieri hanno aderito all’appello - rende noto uno dei firmatari, Giulio Petrilli, responsabile dipartimento diritti e garanzie Pd dell’Aquila - anche la parlamentare Pd Paola Concia, componente della commissione giustizia e il sacerdote Don Tonio Dell’Olio responsabile settore internazionale di Libera. Giustizia: reinserimento lavorativo dei detenuti, la sfida dei comuni padovani Redattore Sociale, 10 novembre 2010 Amministratori locali a confronto nella casa di reclusione Due Palazzi di Padova. Cinque enti già da anni impiegano detenuti, un’altra decina si dice interessata. I sindaci: “Ottima esperienza. Sono gran lavoratori e la gente finisce per accoglierli con a San Giorgio in Bosco, Galliera Veneta, Limena, Trebaseleghe, Padova: sono i cinque comuni virtuosi della provincia padovana che nel corso degli anni hanno intrapreso un percorso di inserimento lavorativo per detenuti della casa di reclusione Due Palazzi di Padova. Oggi queste amministrazioni si sono incontrate per raccontare la propria esperienza a delegazioni di altri dieci comuni interessati all’attivazione di progetti. L’incontro, organizzato dalla cooperativa Altra Città, voleva sensibilizzare gli enti locali e dimostrare che la via della sicurezza sociale può e deve passare attraverso la riabilitazione dei detenuti. Con la consapevolezza che c’è ancora molto da fare e molte coscienze da risvegliare: in provincia di Padova sono 104 i comuni in totale e, quindi, altrettante le potenziali opportunità di reinserimento. “La popolazione detenuta aumenta anche qui, come dappertutto - spiega il direttore del Due Palazzi, Salvatore Pirruccio: per reinserire queste persone abbiamo bisogno dell’aiuto dei comuni, perché è importante che la scarcerazione non sia improvvisa, ma costituisca la fine di un percorso di riabilitazione”. Ad oggi la casa di reclusione, unica per tutto il Triveneto, accoglie oltre 840 detenuti a fronte di una capienza di circa 450. Attualmente 120 ristretti lavorano per il consorzio Rebus, 7 per Altra Città e un centinaio per l’amministrazione penitenziaria. Poi ci sono gli studenti, che frequentano i corsi scolastici, dall’alfabetizzazione fino all’università. L’arrivo di un detenuto in ambiente extracarcerario normalmente porta con sé scompiglio e diffidenza, ma sindaci, assessori e dipendenti comunali sono tutti concordi: alla fine ci si confronta con la persona e ci si dimentica che è detenuta. “All’inizio è stato difficile - ricorda il sindaco di Galliera Veneta, Stefano Bonaldo - anche perché in comune ci si conosce tutti e l’arrivo di questa persona ha richiesto del tempo per essere digerito. Ora non c’è più nessuna diffidenza, tutt’altro”. La conferma da parte di tutti è che una volta fuori dal carcere la voglia di lavorare c’è e come: “Ho sempre trovato detenuti che hanno dimostrato impegno e serietà” conferma il primo cittadino di San Giorgio in Bosco, Renato Miatello. Anche se molto si potrebbe ancora fare, i risultati raggiunti finora sono confortanti e la speranza è che attività di questo tipo aumentino. Ci conta molto la direttrice di Altra Città Rossella Favero, ma ci conta anche Angela Venezia, dell’ufficio detenuti Provveditorato Triveneto Dap: “Dobbiamo ricordarci che abbiamo a che fare con persone - sottolinea -. Ricordiamocelo mentre continuiamo a usare il carcere come ricettacolo per i nostri rifiuti sociali. Invito i comuni a mettersi in prima fila su questo fronte e ad attivare una rete che coinvolga anche le imprese e i privati”. Roma: dieci detenuti al lavoro con l’Ama per la pulizia delle strade Asca, 10 novembre 2010 Dare una seconda opportunità ai detenuti. È questo il senso del protocollo siglato lo scorso 2 novembre da Regione Lazio, Roma Capitale, Ama e Dipartimento amministrazione penitenziaria, che stanzia centomila euro per favorire il reinserimento sociale di detenuti ed ex detenuti. L’accordo prevede un percorso graduale di inclusione rivolto a dieci carcerati o ex carcerati, scelti appositamente dal Dap, che si occuperanno di manutenzione e pulizia delle strade di Roma sotto la supervisione dell’Ama. Il finanziamento sarà assegnato ad una cooperativa sociale, che verrà individuata dal garante dei detenuti del Lazio, che abbia al suo interno reclusi o ex reclusi. L’intesa è stata sottoscritta dal presidente Renata Polverini e dall’assessore regionale alla sicurezza, Giuseppe Cangemi. Bolzano: la Provincia a favore del nuovo carcere, ma non per “importare” detenuti Agenparl, 10 novembre 2010 Approvata una mozione di Donato Seppi che incaricava la Giunta di giungere a un accordo con il Ministero della giustizia per concretizzare la realizzazione di un nuovo carcere a Bolzano, tenendo conto anche del fabbisogno del personale. Segnalando che nel carcere bolzanino, a fronte di 67 posti disponibili, sono rinchiuse ben 132 persone, e che sono presenti 65 guardie carcerarie a fronte delle 85 necessarie, Donato Seppi (Unitalia) ha chiesto questo pomeriggio in Consiglio provinciale che la Giunta si attivasse per giungere ad un accordo con il Ministero della Giustizia per concretizzare la realizzazione di una nuova struttura carceraria adeguata alla situazione, e soprattutto alle esigenze del personale, per il quale ci si deve impegnare a realizzare alloggi di servizio adeguati anche alle esigenze delle famiglie. Seppi proponeva provocatoriamente che si prendesse in considerazione l’area della dismessa caserma Mercanti di Appiano, ma ha poi chiesto di stralciare questo riferimento. “Ci vogliono degli alloggi da persone civili per tutti coloro che operano all’interno del carcere”, ha poi, e facendo riferimento anche alla previsione di realizzazione del nuovo carcere nell’area vicina all’aeroporto di Bolzano ha sostenuto che quando questo sarà pronto sarà già passato fin troppo tempo. Egli ha poi segnalato che ci sono poche persone che vogliono fare questo lavoro, come dimostra l’esperienza di Trento, e che questo suggerisce di cercare personale in loco, che abbia interesse a questa attività. Ulli Mair (Die Freiheitlichen) ha sostenuto che la richiesta di Seppi è fondata, e ricordato una visita da lei stessa fatta al carcere qualche anno fa, in seguito alla quale ha capito che la situazione è davvero pessima anche per i carcerati. La consigliera ha chiesto poi a che punto sono le trattative con lo Stato, anche a fronte della contrarietà della popolazione di Appiano, e invitato tutti i consiglieri a verificare di persona la situazione. Mair ha chiesto anche come mai il 95% dei dipendenti del carcere non sono residenti in provincia. Sven Knoll (SüdTiroler Freiheit) ha riferito dello shock avuto da una guardia di sua conoscenza, che lavora in un carcere austriaco, dopo la visita a quello di Bolzano, e pure si é stupito del fatto che il 95% del personale venga da fuori provincia. Ha ritenuto infine che non siano necessari alloggi anche per le famiglie delle guardie. È quindi intervenuto Hans Heiss (Gruppo Verde) per contestare gli alti costi della costruenda prigione, pari a 4 volte tanto quanto necessario in Germania, invitando a usare cautela in modo che non siano possibili affari. Ha chiesto quindi chiarimenti al presidente Durnwalder. Anche Elmar Pichler Rolle (Svp) ha fatto riferimento all’esperienza del nuovo carcere di Trento, che richiede 100 guardie aggiuntive non messe a disposizione dal Ministero: “In base a questa esperienza, si é rivalutata la progettazione del carcere di Bolzano?”, ha chiesto Pichler Rolle, domandando anche se è stato definito quali persone dovranno essere ospitate in questo carcere, perché un certo tipo di detenuti porta con sé un turismo criminale. Dal canto suo, Alessandro Urzì (Pdl) ha sostenuto che il grado di civiltà di un Paese si può vedere dalla condizione in cui versano i detenuti, e che la condanna é per costituzione finalizzata alla riabilitazione del detenuto, pertanto quando mancano servizi e spazi vitali si tradisce lo spirito della Costituzione. Quindi non si può rinviare in eterno la soluzione di questo problema. Eva Klotz (SüdTiroler Freiheit) ha infine chiesto di chiarire la situazione in merito a permute e finanziamenti, e se questo rientra nell’Accordo di Milano. ll presidente della Provincia Luis Durnwalder ha ammesso l’esigenza di risolvere il problema, come sanno tutti i consiglieri che hanno visitato il carcere: “Abbiamo chiesto allo Stato di intervenire, ma esso non ha soldi, e continua a rinviare. Inoltre, le carcerate vengono portate a Rovereto indipendentemente dalla lingua che parlano. A Milano ci siamo dichiarati d’accordo sul fatto che i 100 milioni determinati per nuove competenze potranno essere utilizzati per costruzione di interesse provinciale e statale, e proprio il carcere é uno di questi edifici”. Il carcere dovrebbe costare 85 mio €, secondo Durnwalder troppo, ed egli ritiene che sia necessaria una gara, anche in forma ridotta per garantire competitività. Non si vogliono 400 posti, ma 200, in modo da destinarli a gente locale e non importare detenuti. Per quanto riguarda il personale, bisogna introdurre persone dall’esterno perché qui non se ne trovano, “ma io non so quanto personale è necessario. È certo però che non si creerà un carcere per criminali gravi, ma per la nostra popolazione”. Sono 4 i siti individuati finora con sopralluogo, e 3 sono stati dichiarati inadeguati, mentre per il sito vicino all’aeroporto c’è già un progetto di massima: “Il nuovo carcere sorgerà lì, e credo che entro quest’anno ci sarà l’accordo”. Il presidente ha chiesto quindi di stralciare il secondo coma della parte impegnativa, relativo agli alloggi per il personale, inserendo nel primo comma la frase “tenendo conto del fabbisogno del personale”. Altrimenti, ha convenuto, anche le guardie andrebbero a chiedere alloggi al sistema sociale altoatesino. La mozione modificata come richiesto da Durnwalder e accettato da Seppi è stata quindi approvata con 2 astensioni (e con 5 astensioni e due voti contrari relativamente alla parte sul fabbisogno del personale, votata separatamente). Cagliari: Uil; nel carcere di Buoncammino adesso scatta l’emergenza per i topi La Nuova Sardegna, 10 novembre 2010 Buocammino, così non si può andare avanti. La denuncia arriva dal segretario della Uilpa penitenziaria, che nei giorni scorsi ha effettuato una ricognizione del vecchio carcere. “L’immagine del disastro”, è stato il commento di Eugenio Sarno. Un giudizio nemmeno tanto lontano da quello delle solite visite ferragostane. Come dire: cambiano i tempi, passano i governi ma nessuno risolve l’emergenza - Buoncammino. Oggi il carcere ospita 520 detenuti nonostante la capienza massima sia di 332: “È in degrado e ha bisogno di urgenti interventi di manutenzione straordinaria, oltre che di un adeguamento dell’organico degli agenti di custodia”. Il sovraffollamento ma non solo: negli ultimi tempi sono venuti fuori problemi strutturali dappertutto, dagli uffici ai corridoi ai saloni e alle celle. Naturale, se è vero che Buoncammino ha quasi due secoli di vita: “La mancanza di grate a maglie strette alle finestre determina un accumulo di rifiuti che aiuta la proliferazione di vaste colonie di ratti, piccioni e gabbiani”, denuncia Sarno: “Questa criticità viene gestita attraverso il prelievo dei rifiuti ogni 3/4 ore”. Un carcere immondezzaio e non più soltanto carcere della pazzia, dato che ospita 200 detenuti con problemi psichiatrici. Secondo dati diffusi dal sindacato, a Buoncammino i detenuti in attesa di giudizio sono 104, gli appellanti 81, i ricorrenti 60 e i definitivi 226. I giovani sono 44. Gli agenti sono 193 (mentre l’organico previsto per decreto sarebbe di 267), dei quali 164 preposti ai servizi d’istituto e 29 al nucleo traduzioni. Una situazione di disagio, superato grazie al volontariato. Negli ultimi tempi, con l’arrivo del nuovo comandate degli agenti, la situazione è migliorata ma di poco. Basti dire che è stato quasi azzerato il piano ferie: ma del 2006. Mentre è in corso di smaltimento il monte - congedi 2007. E i problemi quotidiani si sprecano, poiché gli agenti devono garantire i più svariati servizi. “La Uil presenterà una relazione dettagliata e chiederà ai vertici del dipartimento della giustizia e al provveditore regionale un tavolo di confronto. È evidente che bisogna intervenire con urgenza sia per l’adeguamento delle piante organiche”. Anche in attesa di Uta, quando occorrerà allacciare le cinture di sicurezza. Cagliari: il nuovo carcere in costruzione a Uta ospiterà anche i boss della mafia La Nuova Sardegna, 10 novembre 2010 Uta, ci mancava pure il 41 bis. È ancora in corso la costruzione del carcere che dovrà mandare in pensione dopo quasi due secoli di onorato servizio Buoncammino e all’orizzonte già si profila una notizia clamorosa. In punta di piedi, quasi in silenzio e in assenza ancora del nuovo provveditore regionale viene fuori che nel nuovo carcere saranno ospitati anche i detenuti che scontano condanne di mafia e terrorismo. E dalla metà del 2011 - data di consegna al netto dei collaudi del carcere di Uta - potranno arrivare dunque i boss della camorra e della ndrangheta nella sezione di massima sicurezza che dovrà essere predisposta allo scopo. Un problema che si aggiunge e sovrappone ai tanti segnalati dai sindacati degli agenti, dai terreni su cui sorgerà il nuovo carcere alla struttura vera e propria. Il cantiere è stato aperto nei pressi di una discarica che ogni dì manda miasmi irrespirabili. Aggiungete gli odori appestanti di un paio di fabbriche poco lontane e il quadro è completo. I sindacati continuano a lanciare l’allarme: “È un posto insalubre dove sarà molto difficile lavorare con serenità. I fumi che si sentono nell’aria sono pestilenziali e gli agenti ne avvertiranno gli affetti nefasti. E anche i detenuti soffriranno, con tanti saluti alla necessità di garantire la loro dignità”. C’è poi un problema di spazi, davvero modesti secondo chi ha visto l’avanzamento del lavori. Celle, uffici, sale per gli agenti, laboratori e campi per fare sport, tutto sembra ridotto. Finestre e aperture verso l’esterno sono ristrette. Certo non è un ritorno alle bocche di lupo o alle celle quattro metri per quattro di buoncamminiana memoria ma poco ci manca. La necessità di risparmiare ha provocato anche questo problema. È già partita una protesta da parte della commissione interna degli agenti: “Servono immediate soluzioni per assicurare dignità a chi lavora nel carcere ma anche a chi sconta la pena”. Mentre all’orizzonte di Uta si prospetta l’arrivo di detenuti pericolosi che imporrà reparti di massima sicurezza ma anche un immediato adeguamento degli organici degli agenti, oggi come oggi sottodimensionati alle necessità. Volterra: i problemi della scuola in carcere arrivano alla Camera dei Deputati Il Tirreno, 10 novembre 2010 La questione scuola in carcere arriva alla Camera. Per mano di Alessandro Togoli, uno dei prof dell’istituto Niccolini che da più anni porta avanti il progetto con i detenuti. Mentre lui scrive agli onorevoli, anche la Provincia si muove per salvare il corso per geometri. La città e le istituzioni si stringono intorno alla vicenda. Sollecitati, in primo luogo dall’insegnante, anche regista della Compagnia Alta sicurezza - esperienza teatrale sempre legata al progetto, e come tale pure questa andrebbe a sparire. “In considerazione del fatto che fate parte della Commissione che discuterà del regolamento relativo ai Centri provinciali per l’educazione agli adulti, vorrei presentare alcune considerazioni”. Questo l’inizio della lettera che Togoli scrive agli onorevoli Aprea, Frassinetti, Nicolais, De Torre, Rivolta, Bachelet, Melandri, Barbaro, Capitanio. Di seguito spiega il senso del progetto scuola in carcere. “Il carcere di Volterra è un penale con detenuti che hanno lunghe pene, che hanno bisogno di un lavoro di lunga riabilitazione - e continua - La scuola rientra in questo processo riabilitativo e in 15 anni ha ottenuto importanti risultati, con un percorso normale di 5 anni e con un orario scolastico come nelle scuole esterne. Preciso che non è un serale”. E approfondisce ciò che cambierebbe con l’introduzione dei Cpia: “Si avrebbero percorsi abbreviati e una diminuzione significativa del personale docente”. La lettera è partita. Intanto in Provincia passa a maggioranza la mozione emendata di Massimiliano Casalini, capogruppo di Sel. Il documento mira a salvaguardare il progetto. “Nel dibattito - dice - è intervenuta anche l’assessore Celoni che ha assicurato l’impegno della giunta, facendo emergere in Regione e al Ministero le sue specificità”. Nei prossimi mesi sarà organizzato a Volterra un convegno nazionale sul tema. Firenze: a Sollicciano 1.048 detenuti, il Garante pronto a un esposto contro Alfano Ansa, 10 novembre 2010 Il garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, Franco Corleone, sta pensando alla possibilità di presentare un esposto contro il ministro della Giustizia Angelino Alfano e contro il capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria, Franco Ionta. L’iniziativa partirà nel caso in cui vengano appurate violazioni nel carcere fiorentino di Sollicciano e nell’Opg di Montelupo del regolamento della legge penitenziaria e della Costituzione riguardo le condizioni in cui vengono tenuti i detenuti. Corleone ha anche annunciato l’avvio, da domani, di uno sciopero della fame a staffetta contro il sovraffollamento. “La situazione è fuori controllo - ha detto Corleone, che nelle scorse settimane aveva avviato due scioperi della fame dopo che il numero dei detenuti a Sollicciano aveva superato la soglia dei 1.000. Siamo a 1048 a fronte di una capienza regolamentare di 490. Lo sciopero della fame a staffetta andrà avanti fino a Natale: don Santoro aveva già manifestato la sua adesione, ma mi auguro che ci siano anche consiglieri comunali, provinciali, regionali, assessori, esponenti della cultura”. Fermo (Ap): Romagnoli (Fli); mancano spazi per attività sociali e rieducative Corriere Adriatico, 10 novembre 2010 Fermo Intervento di Franca Romagnoli, consigliere regionale di Fli, dopo un caso di tentato suicidio avvenuto l’altro giorno nel carcere di Fermo. “Visito spesso gli istituti penitenziari delle Marche - rimarca l’avvocato Romagnoli - oltreché nella mia veste professionale, in quella di consigliere regionale che mi consente più prerogative quali visionare tutti i locali, conferire coi detenuti e con la polizia, raccogliere le loro istanze. La situazione generale marchigiana è grave sotto gli aspetti strutturali: sovraffollamento, sanità e attività rieducativa. Ma Fermo è la più grave di tutte. Scarsi gli spazi vitali, quasi inesistenti quelli di recupero e ricreativi, scarsissimi i rapporti col volontariato e associazionismo esterni. La mozione approvata il 26 ottobre dal consiglio regionale con mio fattivo sostegno e voto prevede vari impegni e vigilerò affinché la giunta ottemperi. Come pure porrò all’attenzione dell’Ufficio di presidenza di cui sono segretaria, l’impegno che nella stessa seduta il Consiglio ha preso all’unanimità, quello di istituire una delegazione che verifichi le condizioni di vita di tutti gli istituti penitenziari delle Marche. Credo che il grado di civiltà di un popolo e della sua politica si misuri soprattutto dalla attenzione che è in grado di riservare agli ultimi e ai più deboli. Chi ha sbagliato stia dentro ma in condizioni dignitose e di recupero”. Roma: un poliziotto - garante? finalmente marcia indietro di Patrizio Gonnella Il Manifesto, 10 novembre 2010 Il garante - poliziotto nominato dal sindaco di Roma Alemanno allo scopo di tutelare i diritti dei detenuti ha rinunciato “per ragioni personali e di incompatibilità con il ruolo ricoperto presso l’amministrazione penitenziaria”. Tali e tante erano state le critiche, le perplessità, gli stupori per aver affidato a un agente di polizia penitenziaria in servizio un incarico di protezione dei diritti delle persone private della libertà personale, che l’ispettore (mancato garante) e il Sindaco hanno dovuto fare marcia indietro. Quella nomina era una provocazione politica e culturale. Un unicum al mondo. Il passo indietro, dovuto, è stato comunque importante. Tutti possono sbagliare. Anche Alemanno, chi lo ha male consigliato o coloro i quali hanno inopinatamente plaudito a quella nomina la cui incompatibilità e stridore con il diritto e il buon senso erano evidenti e sotto gli occhi di tutti sin dall’inizio. Roma ora ha la possibilità di scegliere bene, di affidarsi a figure sopra le parti, indipendenti e autorevoli. Figure capaci di dare grande prestigio e forza a una funzione, quella di garanzia dei diritti dei prigionieri, che oggi è di particolare centralità, visto il sovraffollamento intollerabile, viste le tragiche condizioni di vita interne alle carceri, viste le storie di brutalità dell’ultimo anno. Siracusa: Mangianfico (Provincia); risorse impegnate per le carceri vanno riconfermate La Sicilia, 10 novembre 2010 Il presidente del Consiglio provinciale di Siracusa, Michele Mangiafico, è intervenuto con una nota sulla situazione delle carceri del siracusano: “A poche settimane dalla conclusione dell’esercizio finanziario 2010 da parte dell’Amministrazione provinciale di Siracusa, esprimo le mie preoccupazioni relativamente alla reale volontà dell’Amministrazione attiva di farsi carico dell’impegno assunto nei confronti delle strutture carcerarie della nostra Provincia in fase di predisposizione del bilancio di previsione. Nella seduta del 28 giugno 2010, infatti, la maggioranza dell’assemblea bocciò un emendamento proposto dal consigliere provinciale Spataro, che è stato il presidente della commissione speciale sulle carceri, volto a stanziare delle risorse economiche per iniziative di carattere sociale e culturale rivolte alle strutture site nel nostro territorio. La motivazione di questa bocciatura fu accompagnata da una dichiarazione a verbale dell’Amministrazione attiva che si riproponeva comunque di effettuare questi interventi al di là dell’approvazione o meno di un apposito emendamento. In effetti, nel mese di settembre, questo impegno si è tradotto nello stanziamento di 10 mila euro nel piano esecutivo di gestione approvato dalla Giunta (cap. 1080203 - 1823). Da allora questo stanziamento non si è tradotto, tuttavia, in nessun intervento concreto, col rischio che queste risorse subiscano una rimodulazione da parte della Giunta in fase di variazione di bilancio, che si aprirà da qui a quindici giorni. Ancora oggi, il lavoro svolto dalla commissione speciale sulle carceri e alcuni degli effetti concreti prodotti (mi riferisco in particolare agli interventi di Sai 8 a beneficio di Brucoli e Noto) rappresenta una delle attività di maggior rilievo svolte nel 2010 da parte del Consiglio provinciale e diventa incomprensibile proprio in questo campo la difficoltà dell’Amministrazione nel tradurre gli indirizzi dell’assemblea in attività di gestione, col rischio di rappresentare complessivamente un’Amministrazione che si muove con due diverse velocità”. Augusta (Sr): detenuto tenta suicidio in cella, salvato da un agente Il Velino, 10 novembre 2010 Ieri sera verso le 20.25 un detenuto di origine domenicana ha tentato il suicidio in cella mediante impiccamento. Solo il tempestivo intervento dell’agente di sezione ha evitato il peggio. Mentre effettuava un giro di controllo, l’agente si accorge che il detenuto è appeso alla finestra della cella con una stringa ricavata da un lenzuolo. A darne notizia è Mimmo Nicotra, vice segretario generale Dell’Osapp, il sindacato della Polizia Penitenziaria che dice: “Ancora una vita salvata dentro le carceri se non fosse stato per l’agente che immediatamente ha dato l’allarme e si è prodicato direttamente e sollevato dai piedi il corpo per evitare che morisse soffocato”. Con l’aiuto degli altri colleghi, il detenuto è stato portato in infermeria per le cure del caso ed è rimasto controllato a vista tutta la notte. Continua Nicotra: “Augusta conta 650 detenuti circa a fronte di 320 previsti e una presenza di 200 poliziotti penitenziari circa e ne mancano 140 per le condizioni ottimali”. Bologna: appello per salvare la compagnia teatrale dei ragazzi del carcere minorile Redattore Sociale, 10 novembre 2010 A 2 settimane dalla prima dello spettacolo “Don Chisciotte Collapse” e a pochi giorni dallo stato di agitazione indetto dai sindacati della polizia penitenziaria, Gianni Sofri fa un appello per salvare il Teatro del Pratello. L’ex presidente del consiglio comunale di Bologna, Gianni Sofri, scrive una lettera a sostegno del lavoro della compagnia Teatro del Pratello all’interno dell’Istituto penale minorile di Bologna. Personaggi e intellettuali la sottoscrivono. Il prossimo 25 novembre dovrebbe andare in scena lo spettacolo “Don Chisciotte Collapse” realizzato da Paolo Billi insieme a 10 ragazzi detenuti nel carcere. Solo pochi giorni fa la notizia che l’Istituto minorile ospita in questo momento 27 ragazzi e sono solo 3 le guardie a controllarli. I sindacati dei poliziotti hanno indetto lo stato di agitazione e sospeso tutte le attività interne, compresi i laboratori teatrali. Il rischio è che lo spettacolo non si faccia. Sarebbe la prima volta in 10 anni. Ecco il testo della lettera “La bellezza in un carcere”, scritta da Gianni Sofri: “Mettiamo subito le mani avanti. Non è difficile prevedere che qualcuno dirà (a destra o a sinistra, poco importa): eccoli, gli intellettuali borghesi, che si occupano del Pratello solo quando rischiano di perdere uno spettacolo cui si sono, nel tempo, affezionati. È vero, l’occasione è quella, e dobbiamo essergliene tutti grati. Ma è completamente falso che sia la sola cosa che ci interessa. Al contrario, ci interessano i ragazzi che stanno al Pratello, come vivono ogni giorno, se dormono per terra o su un comodo materasso, cosa mangiano, se sono protetti dalle malattie, se hanno locali adeguati per lavorare e per trascorrere il loro tempo libero (si fa per dire). Tutte cose che è più difficile garantire se gli agenti di polizia penitenziaria sono 25 su un organico previsto di 41. Perché, lo sappiamo bene, in un carcere - sia esso minorile o di adulti - le sorti dei detenuti, degli agenti, di chi ci lavora per organizzarlo e dirigerlo, sono strettamente connesse. Qui i tagli si risolvono subito in disagi intollerabili per tutti. Noi non possiamo fare molto per questo, perché si tratta di un campo nel quale le decisioni vengono prese lontano da qui. Possiamo solo chiedere e dare per primi solidarietà, e invitare chiunque abbia titolo e possibilità di farlo, di rappresentare a tutti i livelli il disagio profondo della città per questo problema”. “E ora - continua la lettera - parliamo del teatro. Da anni, dodici per la precisione, un regista di valore, Paolo Billi, che potrebbe ambire a ben altre scene e platee (e le trova a volte, fortunatamente), si dedica con pazienza certosina a realizzare nel carcere minorile uno spettacolo teatrale nel quale un numero variabile di ragazzi (una decina o poco più, che vuol dire comunque circa la metà degli ospiti del Pratello) fanno praticamente tutto: collaborano alla stesura del testo, fabbricano le scene (in genere bellissime) e i costumi, e alla fine recitano. Vorremmo che tutti i responsabili della vita bolognese (a cominciare dal Commissario Cancellieri) vedessero una volta questo spettacolo. Si renderebbero conto del livello straordinario che può essere raggiunto da un gruppo di ragazzi che parlano tante lingue diverse, aiutati da un regista di grande professionalità e dedizione, quando siano sfiorati dall’ala dell’arte e della poesia. Vivono così, quei ragazzi, un’esperienza di bellezza e di felicità negata alla maggior parte di loro nella vita precedente; e che li segnerà, assai spesso, nel loro futuro. Alla città offre l’opportunità non solo di assistere, con vera emozione, a uno spettacolo bello e importante, ma a fare a sua volta l’esperienza dell’ingresso in un mondo dominato da pregiudizi e tabù, qual è il carcere, sia pure minorile (da qualche anno un analogo progetto teatrale è stato portato con successo anche alla Dozza, da dove gli spettacoli prodotti, recitati dai detenuti, escono per essere ospitati all’Arena del Sole). C’è anche un libro nel quale alcune ragazze di fuori hanno raccontato l’emozione di questa esperienza del contatto e dello scambio, in occasione delle prove, con loro coetanei di dentro”. E conclude: “Ora, noi chiediamo a tutti quelli che possono contribuire a farlo, dal Comune in giù (o in su), che questa esperienza validissima non solo per chi vi partecipa, ma per la città tutta, non vada abbandonata e distrutta. E agli agenti di polizia penitenziaria del Pratello (che hanno sempre partecipato all’attività del teatro, fino a recitarvi essi stessi), ribadendo loro la nostra solidarietà, chiediamo di rinunciare a usare lo spettacolo di quest’anno (impedendone, come hanno minacciato, l’ormai prossimo esordio) come un’arma della loro lotta. Sarebbe veramente un’arma impropria; e dannosa a tutti, a loro in primo luogo per le simpatie che si alienerebbero. E conquistare simpatie e solidarietà è la prima regola di ogni lotta”. Sottoscrivono questa lettera: Gianni Sofri, Massimo Patarini, Angela Malfitano, Dario Melossi, Francesca Mazza, Marianna Bolko, Pierfrancesco Galli, Maria Longo, Andrea Ginzburg, Carlo Lucarelli, Alessandro Bosi, Carlo Ginzburg, Horacio Czertok, Anna Alberigo, Fiorenza Menni, Desi Bruno, Sergio Caserta, Domenico Cella, Lucio D’Amelio, Fabrizio Frasnedi, Maria Rosa Dominaci, Cristiana Bortolotti, Cristina Valenti, Maurizio Cardillo, Cosimo Ricciutello. Bologna: Sappe; sulla questione del teatro all’Ipm nessun ricatto, siamo solo pochi Redattore Sociale, 10 novembre 2010 Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, risponde alla lettera appello firmata da Gianni Sofri e da un gruppo di intellettuali e artisti Abbiamo letto l’intervento di Gianni Sofri. Vorremmo fare alcune brevi osservazioni. Non è assolutamente nelle intenzioni della polizia penitenziaria limitare o ostacolare le attività all’interno delle strutture penitenziarie in generale, ancor più nel carcere minorile del “Pratello”. Siamo consapevoli del fatto che se i detenuti, adulti o minori che siano, lavorano e svolgono attività ricreative e sportive, non solo hanno un’opportunità maggiore di reinserimento sociale, che è l’aspetto più importante del loro percorso detentivo, ma anche i rapporti all’interno delle strutture penitenziarie sono meno tesi e, quindi, meno conflittuali, sia tra di loro, sia con gli operatori. Però, come lo stesso Sofri evidenzia nel suo intervento, tutto diventa più difficile se gli agenti della polizia penitenziaria sono 25 invece di 41, come previsto dalle piante organiche. Ma c’è di più. In questi giorni gli agenti si sono ulteriormente ridotti di circa 20 unità, a causa di congedi, aspettative e malattie. Tant’è che il Direttore Generale del Personale è stato costretto ad inviare in missione 7 agenti da altre strutture: Torino, Treviso, Taranto, Ancona ed Airola. Quindi, se la situazione dovesse restare quella attuale, sarebbe davvero difficile garantire le attività, compresa quella teatrale, all’interno del “Pratello”. Ci dispiace e nello stesso tempo ci offende il fatto che Gianni Sofri abbia pensato che la polizia penitenziaria volesse usare lo spettacolo teatrale di quest’anno come arma di ricatto per le sue lotte sindacali. Quindi, le simpatie verso i poliziotti penitenziari possono continuare a restare in quanto ne apprezzano il duro, difficile e importante servizio, a condizione che tali simpatie siano sincere e non strumentali. Un’ultima considerazione. È vero che certe decisioni riguardanti i problemi della polizia penitenziaria e delle carceri in genere vengono assunte ad altri livelli. Però, poiché Gianni Sofri ha ricoperto un ruolo importante nella politica della città bolognese, sicuramente potrà chiedere agli esponenti di quella maggioranza di contribuire a far approvare il disegno di legge Alfano, riguardante le pene detentive brevi, atteso che il Partito Democratico ha negato l’assenso affinché tale progetto venga approvato nella Commissione Giustizia del Senato, in sede deliberante. Vogliamo ricordare che a tale disegno di legge è collegata anche l’assunzione di 1800 agenti di polizia penitenziaria. Quindi, va bene la solidarietà, ma chiediamo anche i fatti. Roma: Renata Polverini consegna diplomi teatrali a detenuti Rebibbia Il Velino, 10 novembre 2010 “Chi sbaglia deve pagare. Ma mentre si sconta la pena, bisogna dare l’opportunità ai detenuti di studiare e imparare un mestiere. Non c’è modo migliore per reinserirli nella società“. Lo ha detto la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, che nel pomeriggio ha assistito nel carcere di Rebibbia allo spettacolo “Dalla città dolente: colpa, pena e liberazione attraverso le visioni dell’Inferno di Dante”, che ha ricevuto il premio “Anima 2009”. La rappresentazione è realizzata da attori detenuti nel penitenziario romano. Prima dello spettacolo la governatrice ha consegnato dodici diplomi teatrali ai detenuti che hanno partecipato ai corsi di formazione professionale nell’ambito del progetto “Sfide 2010”, gestito dall’Enaip Lazio e finanziato dalla Regione. Allo spettacolo hanno assistito alcuni studenti delle scuole superiori romane. Erano presenti anche l’assessore alla Sicurezza, Pino Cangemi, il direttore del carcere di Rebibbia Carmelo Cantone e il garante dei detenuti Angiolo Marroni. Bologna: archiviata denuncia per il responsabile del sito www.garantedelcarcere.it Ansa, 10 novembre 2010 Il Gip di Bologna ha archiviato il procedimento penale nei confronti dell’avv. Mauro Cavalli per usurpazione di funzione pubblica e sostituzione di persona per la creazione del sito www.garantedelcarcere.it. A denunciare il legale erano stati l’allora sindaco di Bologna Sergio Cofferati - sottolinea Cavalli - e l’ex Garante dei detenuti del Comune di Bologna Desi Bruno. L’avvocato annuncia azioni legali contro l’ex primo cittadino. Lo stesso avv. Cavalli ha reso nota l’archiviazione che è stata presa per “l’infondatezza giuridica delle accuse mosse dall’ex sindaco e dall’ex Garante” dal giudice Bruno Perla ‘ritenendo l’insussistenza di elementi probatori idonei a sostenere l’accusa in processo, ciò anche alla luce della sentenza della Corte Suprema di Cassazione del 17 marzo 2009 che aveva chiarito che chiunque può aprire un sito per manifestare il proprio pensiero in tema di diritti dei detenuti, anche se il sito in questione si chiama garantedelcarcere.it poiché il Comune di Bologna non ha alcuna esclusiva sul punto”. “Si chiude definitivamente - commenta il legale - l’azione giudiziaria intentata temerariamente da Sergio Gaetano Cofferati e Desi Bruno e si apre nei loro confronti il giudizio morale e giuridico circa il forzato sequestro preventivo del sito garantedelcarcere.it in relazione al quale gli stessi saranno chiamati a rispondere sotto il profilo della responsabilità penale per calunnia e sotto il profilo civile, anche in solido con il Comune di Bologna, per i danni di immagine causati all’avv. Mauro Cavalli e al dominio da lui ideato e creato nel 2007”. Il sito poco prima della denuncia, tra l’altro, si era occupato dei permessi per i colloqui in carcere concessi ad Anna Maria Franzoni, la mamma di Cogne. Catania: detenuto tenta evasione dalla clinica dove è ricoverato Il Velino, 10 novembre 2010 Oggi intorno alle 14 un giovane detenuto comune nativo della città etnea - che si trovava ricoverato al secondo piano in una clinica di Catania - , approfittando dell’esigua scorta (due unità), pare si sia scagliato contro gli agenti dandosi alla fuga. Immediatamente sono scattate le ricerche e dopo qualche minuto gli agenti con grande professionalità sono riusciti a trovare l’evaso e a trarlo in arresto nei pressi di piazza Roma. A darne notizia è Mimmo Nicotra, vice segretario generale del sindacato della polizia penitenziaria. “Solo due unità di polizia per garantire la sicurezza dei cittadini nei confronti di un detenuto. Riteniamo che il dipartimento debba accertare cosa avviene presso il nucleo traduzioni e piantonamento di Catania Bicocca. Nei gironi scorsi ben dieci unità Di Polpen sono state segnalate alla locale procura perché hanno richiesto di avere le condizioni necessarie per trasportare i detenuti. Come sindacato chiederemo l’allontanamento del direttore che riteniamo responsabile di quello che accade”. Enna: “Uno per tutti, tutti per uno”; le storie dei detenuti diventano musica La Repubblica, 10 novembre 2010 Sono le vicende personali degli immigrati che hanno lottato per la sopravvivenza a costo della vita e, tra scelte sbagliate e difficoltà, adesso si ritrovano nel chiuso di una cella. L’unica speranza è raccontarsi. Così nasce l’iniziativa “Uno per tutti, tutti per uno” promossa dalla Inner Wheel di Enna per creare un laboratorio musicale all’interno del carcere. Venerdì prossimo all’autodromo di Pergusa, alle 21, il concerto offerto dal cantautore Mario Incudine per raccogliere fondi per il progetto. “L’idea è quella di interagire con i detenuti, in particolare quelli extracomunitari, e scrivere assieme testi e musiche - spiega il cantautore ennese - vorrei creare la prima orchestra multietnica dentro un carcere, per questo servono fondi per comprare gli strumenti necessari e poi con i detenuti preparare un progetto discografico con il contributo di voci della canzone italiana”. Su quasi duecentottanta detenuti, un terzo sono immigrati: soprattutto a loro è destinato il progetto, una finestra sul mondo per raccontare il loro passato che diventerà la partitura di un cd. Sempre loro saranno le musiche ma a cantare ci penseranno cantautori del calibro di Kaballà e tanti altri per promuovere l’iniziativa. Da anni i testi di Incudine parlano di storie di immigrazioni e di clandestini. Questa volta sono proprio gli immigrati detenuti a dare corpo e voce alla musica. “Raccontare dal di dentro le storie di chi le ha vissute, comprendere la loro sofferenza - aggiunge - parlare di questi viaggi della speranza è certamente un atto di denuncia più forte di qualsiasi convegno”. Saranno storie difficili da mandar giù per chi le ascolterà nel salotto di casa propria tra carrette del mare e viaggi della speranza ad appena undici anni, questo progetto può essere un modo per reinventarsi un’occupazione e un ruolo. “Negli anni passati abbiamo organizzato laboratori di sartoria veloce per le detenute e corsi di cucina tradizionale - dice la presidente dell’Inner, Pierelisa Rizzo - Proprio venerdì sigleremo l’accordo per nascita della cooperativa “Fila dritto”, donne detenute che diventano imprenditrici lavorando il feltro”. Biglietti allo 0935.500808. Droghe: Ue, in aumento i morti per cocaina, Italia tra i primi Paesi per consumo La Repubblica, 10 novembre 2010 La Relazione 2010 dell’Osservatorio europeo delle droghe (Oedt): nel 2008 mille i decessi per abuso di polvere bianca. Tra gli stupefacenti la cannabis è la più diffusa: 4 milioni la consumano quotidianamente. Dpa: “Fenomeno in calo negli ultimi due anni”. La cannabis è tra gli stupefacenti più consumati nel vecchio continente ma la cocaina, al secondo posto per gradimento in Europa, è in testa per numero di decessi, mille nel 2008 e in crescita rispetto agli anni precedenti. Quasi 14 milioni di adulti hanno provato la polvere bianca, 4 milioni l’hanno consumata nell’ultimo anno. E l’Italia resta ai vertici delle classifiche, dopo Spagna e Regno Unito. Sono invece 75,5 milioni gli europei che hanno provato la cannabis almeno una volta nel corso della loro vita, di questi circa 23 milioni ne hanno fatto uso nell’ultimo anno e circa 4 milioni la consumano quotidianamente o quasi. I dati sono quelli della Relazione 2010 1 sull’evoluzione del fenomeno della droga in Europa, presentata oggi dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (Oedt) a Lisbona e in contemporanea a Roma. I dati presi in esame fanno riferimento al 2008 ma il Dipartimento nazionale politiche antidroga (Dpa) che ha dati più aggiornati sul fenomeno nel nostro Paese evidenzia che, da una condizione di crescita dei consumi in Italia mostrata nella relazione dell’Oedt, si è passati poi a un importante calo di consumi, soprattutto nei consumatori occasionali. Cocaina, in Gb raddoppiati i decessi. Trafficanti e spacciatori affinano le tecniche per far circolare la cocaina: prima dell’esportazione introducono cocaina base o idrocloride nei materiali da trasporto, come ad esempio cera d’api, fertilizzanti o tessuti, e poi la estraggono nei laboratori clandestini allestiti nell’Ue: nel 2008 ne sono stati scoperti 25 solo in Spagna. Ma non è solo questo a preoccupare l’agenzia di Lisbona: nel 2008 i decessi collegati al consumo di “polvere bianca” sono stati mille, in crescita rispetto agli anni precedenti. In particolare in Gran Bretagna, dove il numero di morti per abuso di cocaina è raddoppiato nel giro di ginque anni passando da 161 nel 2003 a 325 nel 2008. Nello stesso anno circa 70mila europei hanno cominciato a curarsi dalla dipendenza da questa sostanza, circa il 17 per cento di tutti i nuovi pazienti che si sottopongono a trattamento delle tossicodipendenze. In Europa in un anno sono aumentate di 1 milione sia le persone che hanno provato la cocaina che quelle che l’hanno consumata negli ultimi 12 mesi. Il livello di consumo è particolarmente concentrati in alcuni Paesi occidentali, e l’Italia insieme a Spagna, Regno Unito e Danimarca è ai vertici, anche per quanto riguarda i giovani. Dpa: “Calo dei consumi in Italia”. Il rapporto dell’Oedt evidenzia un aumento dell’uso delle droghe in Italia, soprattutto di cocaina, “ma in realtà non è così - precisa Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento politiche antidroga della presidenza del Consiglio - in molti hanno fatto confusione, perché si tratta di sequenze di dati temporali diverse: l’osservatorio europeo ha raccolto i dati del 2008 e nel corso di due anni li ha pubblicati. Dal 2009 In italia c’è invece una riduzione dei consumi”. Lo confermano i dati raccolti dall’Osservatorio nazionale del dipartimento politiche antidroga (Dpa) che ha sottolineato come vi sia una necessità di completare la relazione dell’Oedt con il nuovo rapporto 2009 - 2010 che mostra chiaramente un calo dei consumi rilevabile anche mediante il dosaggio dei metaboliti delle droghe nelle acque reflue fognarie delle maggiori città italiane, dove è stato documentato chiaramente un calo della loro presenza dal 2008 ad oggi. Tutti i dati, informa il Dipartimento, sono consultabili sul sito del Dpa 2. Spinello quotidiano per 3 milioni di giovani. La novità che risalta dalla relazione dell’Oedt è l’affacciarsi sulla scena dei Paesi dell’Europa orientale, ma il consumo di cannabis, che si conferma la regina degli stupefacenti, è sempre molto alto in tutta Europa: 4 milioni di persone la usano tutti i giorni, e la stragrande maggioranza, 3 milioni, sono giovani. E proprio tra gli europei under 34 gli italiani spiccano per attaccamento allo spinello, in buona compagnia di cechi, estoni e slovacchi. I livelli di consumo di cannabis, segnala l’Oedt nella sua Relazione 2010, sono tendenzialmente stabili o in leggero calo, ma in alcuni Paesi dell’Europa orientale stanno crescendo, e in alcuni casi superando i livelli occidentali. E questo riguarda soprattutto i giovani: i livelli più elevati di consumo si registrano infatti nella Repubblica ceca (28,2 per cento), a fronte di un 20,3 per cento italiano che risulta il più alto tra i Paesi europei occidentali. E se in tanti Paesi Ue il consumo di hashish e marijuana si mantiene stabile o in leggero calo, è proprio in Italia, Repubblica ceca, Estonia e Slovacchia che si registra una tendenza all’aumento. Una diffusione che si riflette nei sequestri annuali di circa mille tonnellate di sostanza. Circa 75,5 milioni di europei (uno ogni 5 adulti di età compresa tra 15 e 64 anni) hanno provato questa sostanza almeno una volta, 23 milioni l’hanno consumata nell’ultimo anno. Consumatori sopra i 40 anni. Secondo una ricerca a corredo della Relazione 2010 dell’Oedt, il consumo di sostanze stupefacenti in Europa non è più un fenomeno giovanile: una persona su cinque (19 per cento) tra quelle che si curano per problemi di droga è over 40, laddove appena dieci anni fa erano solo il 10 per cento. L’Europa sta assistendo a un marcato invecchiamento della popolazione, anche chi fa uso di droghe sta invecchiando, e rispondere alle esigenze dei consumatori di sostanze più “anziani” è un problema crescente per i servizi di cura. Questo fenomeno è particolarmente accentuato nei Paesi occidentali, dove il primo boom di consumi di eroina dell’Ue si è verificato negli anni 1980 e 1990. Il Portogallo è il Paese con la percentuale più alta (28 per cento) di tossicodipendenti ultraquarantenni in cura, mentre in Spagna si registra l’incremento maggiore, il 15% in più dal 2000. I consumatori di droga non più giovani che si sottopongono a trattamento riportano tassi elevati di disoccupazione, isolamento sociale e mostrano le conseguenze fisiche e psicosociali croniche di un consumo di stupefacenti di lungo termine (ad esempio malattie del fegato, depressione). Sono inoltre frequenti problemi correlati al consumo di alcol e tabacco. I servizi di cura, sottolinea l’Oedt, sono attualmente calibrati su consumatori più giovani e il personale spesso non conosce le problematiche collegate alla tossicodipendenza nell’età matura. Brasile: sale il bilancio della rivolta in carcere, uccisi 18 detenuti Il Velino, 10 novembre 2010 È di 18 morti, tutti detenuti, il bilancio della rivolta scoppiata all’interno di un carcere nello stato di Maranhao, nel Brasile nordorientale. In un primo momento si era parlato di nove vittime, ma all’indomani dei disordini scoppiati all’interno della struttura penitenziaria, le autorità hanno riferito del ritrovamento di altri nove corpi. Cinque guardie carcerarie, tenute in ostaggio per oltre 24 ore, sono state rilasciate al termine di una lunga trattativa. “Nove corpi sono stati scoperti oggi e tutti gli ostaggi sono stati liberati”, ha confermato il responsabile per la sicurezza delle carceri, Aluisio Guimarares. La rivolta è scoppiata ieri in seguito alle proteste dei detenuti per il sovraffollamento nelle celle. Russia: carcere di Mosca fornirà lettini solari ai detenuti, per scopi medici Ansa, 10 novembre 2010 Per il benessere dei suoi detenuti lo storico carcere russo di Butyrka, nel centro di Mosca, metterà a loro disposizione dei lettini solari. “Stiamo aggiungendo servizi sanitari supplementari... e anche dei lettini solari saranno installati” entro la fine dell’anno e saranno impiegati per scopi medici, ha detto Serghiei Telyatnikov, direttore del carcere - fortezza, che in passato ha avuto fra gli ospiti più noti il nipote di Adolf Hitler, Heirich, fatto prigioniero dai russi sul fronte, lo scrittore dissidente Alexander Solzhenitsyn e il drammaturgo Isaak Babel, che in esso fu fatto fucilare da Stalin. Il carcere di Butyrka è stato oggetto di inchieste per il suo degrado dopo la morte nel 2009 dell’avvocato Serghiei Magnitsky, che vi ha trascorso molti dei suoi ultimi mesi di vita. L’avvocato, che un tempo lavorava come consulente per il fondo d’investimento Hermitage, secondo i suoi legali fu tenuto illegalmente in carcere e non ricevette le cure mediche di cui necessitava. L’amministrazione carceraria federale russa ammise una parziale responsabilità nella morte di Magnitsky. Arabia Saudita: gay si mostra su YouTube, condannato a 5 anni carcere e 500 frustate Adnkronos, 10 novembre 2010 Cinque anni di carcere e 500 frustate per avere manifestato la propria omosessualità in un video pubblicato su YouTube. Questa la condanna inflitta a un ragazzo saudita di 27 anni che già stava scontando una pena in prigione per il suo comportamento giudicato “immorale” dalle autorità della monarchia del Golfo, dove essere gay è un reato punibile anche con la pena di morte. Il ragazzo, riporta il quotidiano Saudi Gazette, è stato riconosciuto colpevole da un giudice di Gedda di omosessualità e possesso di materiale pornografico. A far scattare la condanna è stato un video, girato clandestinamente nel carcere di Briman a Gedda e pubblicato sulla nota piattaforma di video - sharing, in cui il giovane scherza con altri detenuti sui suoi gusti sessuali. Il direttore del carcere di Briman ha comunque respinto l’ipotesi che il video sia stato girato nel suo istituto penitenziario. Secondo il quotidiano, il ragazzo era già stato condannato a marzo a un anno di carcere per avere pubblicato un video umoristico in cui un poliziotto tentava di sedurre le persone che arrestava.