Giustizia: Csm; il ripensamento del diritto penitenziario è essenziale ed ormai indifferibile Agi, 27 maggio 2010 Il ddl svuota - carceri è una “misura temporanea che mira ad affrontare l’emergenza carceraria”, mentre è “essenziale ed ormai indifferibile” un “ripensamento di tutto il settore del diritto penitenziario”. Lo sottolinea il Csm, nel parere, approvato stamani in plenum, al ddl, messo a punto dal Governo e ancora al vaglio delle Camere, che prevede la detenzione domiciliare per chi deve scontare una pena residua non superiore a un anno. “Non v’è dubbio - si legge nel documento di Palazzo dei Marescialli - che un sistema tutto basato sulla centralità della pena detentiva soffre di interventi non coordinati e di prassi applicative non sempre coerenti al quadro complessivo”. Inoltre, “se il carcere rappresenta l’unica risposta che l’ordinamento è in grado di offrire ai problemi della illegalità e della devianza - rileva l’organo di autogoverno della magistratura - non può sorprendere né l’incremento progressivo della popolazione detenuta, né la constatazione dell’estrema difficoltà, per un parte della popolazione carceraria, di accesso alle misure alternative previste dall’ordinamento penitenziario”. Il ddl, si osserva ancora nel parere, “non affronta tutta la problematica attinente alla preponderante presenza negli istituti penitenziari di detenuti in espiazione di una condanna non definitiva o semplicemente ristretti in ragione di una misura cautelare, rispetto a condannati definitivi”. Per il Csm, “qualsiasi seria riflessione sulla pena e sul suo significato deve basarsi sull’analisi dei dati statistici che riflettono un forte incremento nell’ultimo periodo di persone ristrette in carcere in custodia cautelare”, con la conseguenza che “nessuna riforma del sistema sanzionatorio può prescindere dall’impatto che oggi sul carcere ha l’attuale processo penale”. La custodia cautelare in carcere, si legge nel parere, “non è una pena né può essere intesa come una forma impropria di anticipazione della sanzione”. In merito alle norme contenute nel ddl, Palazzo dei Marescialli rileva che “piuttosto che perseguire l’intento deflattivo mediante provvedimenti di clemenza generalizzata di responsabilità politica, si è scelto di affidare (forse addossare) alla magistratura di sorveglianza il difficilissimo compito di ammettere al beneficio coloro che sino ad un anno e un giorno di pena da espiare non sono stati ritenuti in condizione di fruire di alcuna misura alternativa”. Ciò, conclude il Csm, “pone a carico del singolo magistrato di sorveglianza il peso e la responsabilità di una scelta prognostica assai difficile e rischiosa”, proprio nel momento in cui tale categoria “consta di sole 184 unità“ e “può contare su strumenti normativi scarsamente idonei a garantire la tutela dei ristretti”. Giustizia: la Mussolini ottiene l’esclusione dello stalking e dei reati sessuali dal ddl “svuota - carceri” Dire, 27 maggio 2010 Alessandra Mussolini la “spunta” in commissione Affari sociali della Camera sulla questione dell’esclusione dal beneficio dei domiciliari per chi commette reati sessuali o maltrattamenti domestici. La deputata del Pdl ieri aveva denunciato un “clamoroso errore” contenuto nel testo del provvedimento cosiddetto “svuota - carceri”, all’esame della commissione Giustizia della Camera, spiegando che “la decisione di concedere gli arresti domiciliari a chi è condannato per stalking, pedofilia, maltrattamento in famiglia è a discrezione del giudice e non espressamente vietata”. Oggi la Affari sociali ha approvato all’unanimità un parere favorevole al testo, che concede i domiciliari a chi deve scontare un anno di pena, ma con un “paletto”. La commissione chiede cioè, ai colleghi della commissione Giustizia, che venga espressamente previsto che la misura alternativa al carcere non è applicabile per i seguenti reati: maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione di materiale pornografico, pornografia virtuale, iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, atti persecutori (cioè lo stalking), corruzione di minorenne. La Affari sociali, in pratica, suggerisce alla commissione di merito di “elencare espressamente” quei reati, inserendoli nell’articolo 1 del ddl (quello che include le eccezioni per la concessione del beneficio). Il capogruppo del Pdl in commissione Giustizia, Enrico Costa, spiega che nel testo in realtà “è già prevista l’esclusione dei domiciliari per i reati a sfondo sessuale. Inoltre - aggiunge - si è stabilito che il giudice di sorveglianza, nel valutare la concessione dei domiciliari, deve tenere conto anche della tutela delle vittime dei reati”, per evitare, ad esempio, che un coniuge accusato di maltrattamenti nei confronti della moglie torni a casa. “Comunque - aggiunge Costa - discuteremo della questione in commissione Giustizia e poi si vedrà”. Giustizia: il Sappe ribadisce l’urgente necessità dell’approvazione del ddl “svuota - carceri” Dire, 27 maggio 2010 Il Sappe, si legge in una nota, “ritiene fondamentale l’approvazione del provvedimento ddl Alfano sull’esecuzione domiciliare delle pene detentive soprattutto perché contiene disposizioni circa l’assunzione di 2 mila agenti di Polizia penitenziaria, indispensabili per la stessa sopravvivenza del corpo”. Una delegazione del Sappe, accompagnata dall’onorevole Laura Molteni, ha incontrato in via informale la presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, e l’onorevole Paolini componente della stessa commissione ai quali ha rappresentato “l’urgente necessità dell’approvazione del ddl 3291”. In quella sede si è appreso che “il provvedimento acquisirà entro oggi pomeriggio gli ultimi due pareri delle commissioni V - Bilancio e XII - Affari sociali per essere, poi, entro la prossima settimana licenziato in via definitiva dalla commissione Giustizia in sede legislativa e per passare quindi al Senato dove il Sappe ha intenzione di replicare una nuova manifestazione di sostegno”. Anche l’onorevole Luigi Vitali, componente sempre della commissione Giustizia, “è intervenuto - fa sapere il sindacato - a fianco dei manifestanti e ha assicurato tutta la propria disponibilità per appoggiare l’approvazione in tempi brevi del provvedimento. Sono intervenuti a testimoniare la propria solidarietà ai manifestanti del Sappe anche gli onorevoli Bernardini e Pedica, che si è reso disponibile anche a visitare i penitenziari del Lazio con i dirigenti del Sappe”. Solidarietà al Sappe, conclude la nota, “è pervenuta anche dal presidente dei senatori del Pdl, Mauro Gasparri e dai segretari generali del sindacato autonomo di Polizia Sap, Tanzi e del Corpo Forestale dello Stato Sapaf, Moroni”. Giustizia: Osapp; dopo carceri galleggianti, quelle volanti? il Dap ha 3 milioni di debiti con Alitalia Adnkronos, 27 maggio 2010 “Dopo le carceri galleggianti arrivano quelle volanti”. Ad affermarlo è il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci, replicando alle dichiarazioni del Capo dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta nell’audizione di ieri in Commissione Antimafia. ‘In realtà e secondo le nostre fonti - spiega Beneduci - di aerei per il servizio delle traduzioni dei detenuti ne sarebbero già stati realizzati 2 da parte di una ben nota società italiana con sede in Genova e altri 4 ne dovrebbero arrivare successivamente, per un totale di 6 velivoli con 7 posti passeggeri ciascuno che agiranno sotto l’egida Cai, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Il leader sindacale aggiunge che “il costo di acquisto del servizio si aggirerebbe in oltre 8 milioni di euro l’anno a cui, immaginiamo, vadano aggiunte le restanti spese di esercizio, visto che la stima sarebbe di incrementare il trasporto dei detenuti mediante aereo dagli attuali 11.000 a 25.000 ristretti l’anno”. “Sempre secondo le nostre fonti, inoltre - prosegue il sindacalista - il problema attuale delle traduzioni dei detenuti via aereo e che avrebbe suggerito una gestione in proprio del servizio, più che dagli alti costi attuali deriverebbe dal debito di circa 3 milioni di euro contratto dall’amministrazione penitenziaria nei confronti dell’Alitalia per cui la relativa convenzione non sarebbe stata rinnovata”. “Come già per il così detto piano - carceri, le nostre perplessità ed i nostri dubbi rispetto alle iniziative che il Capo del Dap va assumendo continuano ad aumentare, visto che - indica ancora il rappresentante della polizia penitenziaria - alcunché viene partecipato e nessun parere è richiesto neanche ai più diretti responsabili dei relativi servizi a livello periferico, quali i provveditori regionali e i coordinatori dei nuclei traduzioni, soprattutto se consideriamo che, comunque, addirittura in nome del risparmio, nell’amministrazione penitenziaria si continuano a sostenere spese ingentissime e che, sempre per le traduzioni l’obbligo normativo di regionalizzare le pene detentive imporrebbe tutt’altro che incrementare i trasporti via aereo dei detenuti”. “In ogni caso - conclude Beneduci - il fatto che nel carcere e per il carcere in Italia, anche in periodi di profonda crisi economica quale quello attuale, si riesca a spendere tanto tranne che in materia di servizi all’utenza e di personale di polizia penitenziaria, visto che delle 2.000 unità aggiuntive da assumere entro l’anno, come promesso dal Ministro Alfano, non vi è più traccia, indica l’imminente tracollo, non solo negli ideali e nella funzionalità, del sistema penitenziario”. Lettere: a San Vittore siamo indotti al suicidio dalle condizioni disumane di detenzione www.radicarcere.com, 27 maggio 2010 Pubblichiamo una delle lettere che ci sono arrivate dalle carceri italiane. Questa è stata scritta da ben 161 persone detenute nel carcere San Vittore di Milano. Cara Radiocarcere, vi scrivo anche a nome dei 161 detenuti di San Vittore che hanno firmato questa lettera con me. La nostra è una lettera che vuole essere un grido di allarme per le condizioni disumane in cui siamo costretti a vivere. Pensate che qui a San Vittore siamo rinchiusi in 5 o in 6 detenuti, dentro celle che al massimo potrebbero ospitare 2 persone, mentre in quelle un po’ più grandi ci stiamo rinchiusi in 11 ed anche in 12! Lo spazio per poterci muovere è pochissimo e siamo costretti a mangiare a turno e a dormire su letti a castello a tre piani, letti da cui spesso qualcuno cade e si rompe una gamba. Qui la disperazione ha ormai superato il limite e la verità è che stare a San Vittore non può che portare una persona al suicidio. Si preferisce morire che sopportare ancora il sovraffollamento, la violenza e il degrado di questo posto. Vi diciamo solo che qualche giorno fa un detenuto per uccidersi ha dato fuoco alla cella ed ora è ancora in coma. Infine vorremo evidenziare che moltissimi di noi sono detenuti sottoposti a misura cautelare. Presunti innocenti che scontano mesi e mesi di carcere come se fossero condannati in attesa di essere giudicati, il che non ci sembra giusto. Vi salutiamo con tanta gratitudine. Sebastiano ed altre 161 persone detenute nel carcere San Vittore di Milano Lombardia: Pagano (Prap); le carceri piene non siano un alibi per rinunciare a progetti innovativi Il Giornale, 27 maggio 2010 Le carceri lombarde soffrono per il sovraffollamento e la carenza di organico esistono, ma in Lombardia non sono mai stati usati come alibi. Anzi, grazie al lavoro del personale dell’Amministrazione penitenziaria e all’aiuto delle altre istituzioni “si è riusciti a portare a termine progetti innovativi che sono stai esportati anche in altre regioni”. Lo ha detto il provveditore alle carceri lombarde, Luigi Pagano, durante la Festa della Polizia penitenziaria che è stata celebrata ieri nel carcere di Bollate, diretto da Lucia Castellano, una delle realtà all’avanguardia per lavoro esterno e rieducazione. Pagano ha illustrato le iniziative messe in campo negli ultimi anni nelle carceri milanesi: dalla collaborazione con l’Amsa che consente ai detenuti di lavorare all’esterno, all’Icam (Istituto a custodia attenuata per madri detenute), la casa per detenute che hanno figli di età inferiore ai tre anni. Ha soprattutto voluto ringraziare gli agenti di Polizia penitenziaria per il “lavoro oscuro” di tutti i giorni e per la loro “versatilità” nell’occuparsi dalle detenute madri ai detenuti in 41 bis. Il provveditore alle carceri lombarde ha anche annunciato un’altra iniziativa che prenderà il via a breve: con la collaborazione di Amsa e Regione Lombardia ai detenuti sarà affidata la raccolta di rifiuti tecnologici come computer, stampanti e altro. Sardegna: carceri affollate, fatiscenti e senza risorse, per gli agenti non c’è Festa La Nuova Sardegna, 27 maggio 2010 Cagliari: sovraffollamento, l’istituto è oltre il limite Buoncammino ha in questo momento 508 detenuti, è costruito per ospitarne 380, la tollerabilità si esaurisce quando in carcere ci sono 476 reclusi. Gli agenti di polizia penitenziaria dovrebbero essere 267, sono 206. In questa situazione, 72 detenuti lavorano e 8 hanno l’attività fuori dall’istituto di pena, alla Caritas e in aziende private. Frequentano la scuola che rilascia il diploma delle medie in 16, mentre 14 detenute fanno un corso di oreficeria. Per tutti c’è il corso di computer. Sul fronte dell’organizzazione del lavoro degli agenti, forse il nucleo traduzioni è quello che soffre di più. Altri non soffrono per la buona ragione che non ci sono: causa mancanza di personale il servizio non si fa. Ci sono agenti che devono ancora fare le ferie del 2007, è di 15 mila giorni il monte ferie arretrate, il monte straordinari mensile è di 700 ore. A Quartucciu, il minorile: l’organico dovrebbe essere di 47 agenti, è di 25. Tre cose da fare Sono finiti i soldi per pagare le prestazioni sanitarie ai detenuti di Buoncammino, si segue con apprensione la “regionalizzazione” del sistema sanitario penitenziario. Presto dovrebbe andare in discussione in consiglio regionale, la Regione finora ha fatto la sua parte, ma deve continuare a farlo. Se il direttore di Buoncammino potesse chiedere due cose da fare subito non avrebbe dubbi, come i suoi colleghi del Sidipe, il sindacato dei direttori degli istituti di pena italiani. Chiederebbe l’abolizione della legge Cirielli (che, fra l’altro, riscrive i termini della prescrizione, è del 2005), ma anche l’obbligatorietà di rimpatrio dei detenuti stranieri, oggi possibile solo su richiesta per la legge Bossi - Fini. E se gli si chiede di andare avanti, se potesse, il dottor Pala risponde: lancerei un appello affinché gli agenti in pensione tornassero in servizio. Niente Festa per gli agenti Non c’era quasi nessuno degli agenti di polizia penitenziaria di Buoncammino alla festa di anniversario: l’organico ridotto all’osso non concede spazi. E infatti poco dopo la comandante degli agenti di Buoncammino, Michela Cangiano, al 193° anniversario della fondazione del Corpo di polizia penitenziaria, festa allestita nella Passeggiata Coperta, ha ricordato come i suoi agenti “siano costretti a rinunciare a diritti altrove considerati inviolabili perché la nostra attività, che riguarda gli uomini e le loro esigenze primarie, non può conoscere riduzioni o interruzioni”. Tutto questo grande impegno che si sostanzia in un monte ferie arretrate con numeri a tre zeri e straordinari, tanti, ogni giorno dell’anno, non ha neppure il riconoscimento sociale necessario: “da parte di molti c’è pregiudizio e non comprensione dell’impegno - ha continuato Cangiano, per la sicurezza dello Stato e delle persone, affinché la pena sia scontata”. Il direttore della casa circondariale di Buoncammino, Gianfranco Pala, ha messo in evidenza come il sistema penitenziario sia il riflesso di tante contraddizioni: “Al carcere si chiede di far scontare la pena al detenuto e giustamente anche di rieducarlo, il periodo di detenzione deve essere risocializzante”, è dimostrato che maggiori sono i percorsi di recupero, minori sono le recidive e quindi che il carcere “attraverso la rieducazione contribuisce alla prevenzione dei reati”, ma tutto questo non smuove in alcun modo l’interesse sociale e non richiama eccessivo impegno verso il drammatico tema del sovraffollamento. “Grandi titoli nei giornali si leggono in occasione di arresti - notava ieri Pala - , ma non si concede alcuna attenzione al lungo momento dell’esecuzione della pena”. Un grazie sincero si è levato ieri nella bella sala della Passeggiata Coperta all’indirizzo dei volontari che costituiscono un ponte caldo, umano, efficiente tra ciò che vive dentro e ciò che si muove fuori. Nella sala c’erano molti agenti penitenziari in divisa: i giovani allievi della scuola di Monastir. Oltre ai dirigenti, degli agenti in servizio ce n’era soltanto uno: “scappato” in fretta per onorare la giornata e tornato con altrettanta fretta nel carcere, pochi metri sopra in linea d’aria. Sassari: troppi detenuti, il carcere San Sebastiano verso il collasso La polizia penitenziaria ha festeggiato il suo 193º anniversario. Ieri mattina, nel cortile della casa circondariale di San Sebastiano, prima della consegna dei riconoscimenti al personale che si è distinto nell’arco dell’anno, la direttrice del carcere, Teresa Mascolo, e il comandante, il commissario Cataldo Fusco, hanno fatto due brevi interventi. Il quadro che è emerso è quello di una situazione drammatica: poco personale in carceri sovraffollate. Un sovrannumero che è stato arginato con la ridistrubizione dei detenuti nei vari istituti dell’isola. “Il sovraffollamento nelle carceri sarde è stato riportato entro limiti accettabili grazie alla ridistribuzione dei detenuti - ha spiegato la direttrice di Sassari e Tempio, Teresa Mascolo. L’altro aspetto grave è la disarmante carenza di personale, che comporta difficoltà nei servizi di piantonamento e traduzione. A Sassari nell’ultimo anno, grazie alla collaborazione con la Asl, sono stati potenziati i servizi psichiatrici e psicologici. Ringrazio gli uomini e le donne della casa circondariale di Sassari per essere riusciti a garantire la sicurezza nel reparto, garantendo sempre la dignità umana dei detenuti”. Il comandante degli agenti di polizia penitenziaria, Cataldo Fusco, ha parlato dell’attività svolta a Sassari. “Nonostante le carenze di personale, che porta a un costante sacrificio del personale, gli agenti si sono sempre distinti, dimostrando prontezza di intervento quando alcuni detenuti si sono resi protagonisti di gesti sconsiderati”. Gli agenti svolgono anche attività di polizia giudiziaria. Durante l’anno in corso sono stati attuati diciassette deferimenti all’autorità giudiziaria e sono state svolte 33 attività di polizia giudiziaria. Attualmente a San Sebastiano sono presenti 34 detenuti in attesa di giudizio, 33 appellanti, 12 ricorrenti per Cassazione e 125 definitivi. “Questi numeri potrebbero sembrare bassi - ha detto il comandante, ma se si tiene conto che un intero piano del carcere è chiuso alla detenzione, si capisce che il sovraffollamento è più che palpabile. Attualmente i detenuti superano di quasi un quinto la capienza tollerabile e raddoppiano quasi quella regolamentare. Nel corso degli ultimi dodici mesi, sono stati immatricolati 448 soggetti e ne sono stati messi in libertà 207. Sono state trasferite 202 persone e 98 sono state fatte uscire per detenzioni domiciliari”. Oristano: il carcere di piazza Manno ormai scoppia Aumento dei detenuti, gravi carenze di personale, drastico taglio dei fondi a conferma che le difficoltà del settore penitenziario sono sempre più drammatiche. La denuncia è arrivata ieri mattina dal provveditore regionale della Sardegna, Francesco Massidda, durante la celebrazione dei 198 anni della fondazione del corpo della polizia penitenziaria. Proprio nel giorno in cui il ministro Angelino Alfano annuncia l’assunzione straordinaria di 2.000 nuovi agenti, e l’impegno del Governo a proseguire il Piano carceri, il provveditore regionale ricorda le grandi difficoltà che la polizia penitenziaria affronta ogni giorno per garantire un adeguato servizio. “In attesa dei 2.000 nuovi agenti, chissà quando arriveranno, oggi siamo realmente alla frutta - ha detto Francesco Massidda - proprio a causa della crisi del nostro organico e della grave situazione finanziaria. Nel 2009 nelle carceri isolane erano rinchiusi 2.200 detenuti, quest’anno sono saliti a 2.400, a conferma dell’aumento del lavoro. Nonostante queste difficoltà abbiamo però raggiunto, grazie alla grande disponibilità del personale, i nostri obiettivi a partire dalla sicurezza. Non ci sono state evasioni - ha ricordato Massidda. Sono diminuiti radicalmente i suicidi, è aumentata l’assistenza sanitaria, le attività di reinserimento dei detenuti e i progetti riabilitativi all’interno degli Istituti”. Nella Casa circondariale di piazza Manno attualmente ci sono oltre 120 detenuti, a fronte dei 92 previsti, con un personale decisamente insufficiente che è attualmente di 80 unità circa. “Lo scorso anno 45 detenuti hanno fruito di 106 permessi premio, 14 sono stati i detenuti ammessi al lavoro esterno, mentre 23 sono attualmente i detenuti che stanno fruendo di licenze premio - ha spiegato il comandante di reparto del carcere di Oristano, Mariano Pinna. Quattro sono stati, inoltre, i ricoveri ospedalieri e 1.026 le visite mediche complessive. Nel 2009 sono state effettuate 693 traduzioni verso istituti regionali, ospedali, tribunali e comunità. Rispetto al passato - ha concluso Mariano Pinna - sono aumentate le attività di contrasto all’introduzione di sostanze stupefacenti nel carcere di piazza Manno: sono stati 24 gli interventi eseguiti dalle unità cinofile della polizia penitenziaria di stanza a Macomer”. Il direttore del carcere, Pier Luigi Farci ha infine messo in evidenza i progetti portati avanti dalla Casa circondariale per promuovere le iniziative di sostegno a fini riabilitativi e di reinserimento dei detenuti: “Progetti che hanno interessato il settore agricolo ed archeologico - ha spiegato - in laboratori didattici che si sono potuti realizzare grazie anche alla collaborazione di enti e associazioni”. Ma della nuova Casa circondariale non s’è parlato Chi attendeva notizie sul nuovo carcere di Massama e del Piano carceri è rimasto deluso. Argomenti di stretta attualità, non stati nemmeno citati durante la cerimonia. Le vicende giudiziarie e i tagli del Provveditorato delle Opere pubbliche stanno bloccando, come si sa, i lavori di costruzione delle nuove carceri in Sardegna. Quello di Sassari è finito nell’oscura vicenda del gruppo Anemone, mentre quello di Oristano rischia di bloccarsi per la carenza di fondi, dopo otto stati di avanzamento. Il tanto annunciato Piano carceri non potrà andare avanti se prima non si risolverà il problema dell’affollamento degli istituti di pena e delle conseguenti dismissioni delle carceri isolane. Nuoro: apriremo il carcere alla città “Ora è necessario passare a un carcere dell’impegno in cui le parole devono lasciare spazio ai fatti e alle riforme”. Il messaggio arriva da Patrizia Incollu, direttore dell’istituto penitenziario di Badu ‘e Carros nel giorno di festa della polizia penitenziaria. Dove impegno significa prima di tutto rispetto e reciprocità. E lo spiega subito dopo la Incollu: “I detenuti devono assumersi la responsabilità per il reato commesso e la scelta di reintegrarsi nella società, l’istituto di pena deve offrir loro nuove opportunità di vita accompagnandoli in un percorso di evoluzione della propria esistenza”. Dove il punto di arrivo può essere uno soltanto: la legalità. Ad ascoltare le parole di una donna forte che ha saputo davvero, dal primo momento del suo insediamento, aprire le porte del carcere alla città, c’erano tutte la massime autorità civili e militari. E Patrizia Incollu lo dice a gran voce che “il carcere non è un mondo separato dalla società civile ma parte di essa. Oggi non è più un luogo invisibile, ai confini della città, è invece accessibile, chiede attenzione e visibilità”. Un concetto ribadito più volte dal direttore di Badu ‘e Carros. Chiaramente non è tutto rose e fiori, le difficoltà ci sono eccome. “Non posso nascondere le sofferenze con cui il personale del carcere di Nuoro, in numero assolutamente non sufficiente, ogni giorno affronta la propria missione, dovendo supplire alle carenze di organico, non solo proprie, ma anche delle altre categorie professionali”. Una situazione, questa, che non può non creare “disagio, solitudine, frustrazione”. È l’unica nota “polemica”, forse, nel discorso pronunciato dalla Incollu nella cappella. Una giornata impeccabile, sotto il profilo dell’accoglienza e dell’organizzazione, nonostante le risorse non abbondino. “Di anno in anno - ricorda a proposito il direttore - sono anzi sempre più scarse ed è veramente frustrante per un direttore non avere i soldi necessari per poter realizzare anche quei piccoli interventi che giustamente il personale reclama”. A conclusione della cerimonia la consegna di quelle che nel gergo si chiamano “note di compiacimento”. Una è stata consegnata al comandante del reparto, l’ispettore superiore Antonio Cuccu “per una brillante operazione che ha portato all’arresto del familiare di un detenuto fermato mentre cercava di portare della droga dentro l’istituto”. Nel 2009 i detenuti erano 309 contro i 276 previsti dal regolamento penitenziario. Due i tentativi di introduzione di droghe, 21 i reati commessi in carcere dai detenuti. 436 sono stati i trasporti nei tribunali e negli ospedali. Per la prima volta hanno partecipato alla festa i bambini della scuola elementare di Monte Gurtei. “Un altro segno importante - ha detto la Incollu - dell’apertura del carcere alla città”. Marche: un collaboratore dell’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti in “trasferta” a Lecce Comunicato stampa, 27 maggio 2010 Quest’anno per la seconda volta un collaboratore dell’Ufficio del garante dei Diritti dei detenuti della Regione Marche sarà a Lecce presso l’Ufficio del Difensore Civico della Provincia martedì 1 giugno dalle ore 09.00 alle ore 13.00 a disposizione di familiari o legali od associazioni od enti di promozione sociale che volessero segnalare situazione di persone ristrette nelle carceri della Regione Marche. Il garante assicura l’effettiva fruizione dei diritti delle persone incarcerate, in quanto utenti di servizi pubblici regionali. I principali ambiti di intervento del Garante sono: l’erogazione dell’assistenza sanitaria ai detenuti, cura gli aspetti della formazione professionale e dell’inserimento lavorativo,vigila sulla corretta attivazione delle iniziative sia interne che esterne al carcere, volte a favorire e rafforzare i legami familiari dei detenuti ed in particolare i legami genitoriali. Quello affettivo è davvero un bisogno primario per i detenuti; mantenere un legame con la famiglia è importante per porre le basi per un futuro reinserimento nella società, una volta scontata la pena. Martedì 25 c.m. verrà presentato ad Ancona a margine del Consiglio regionale un progetto sul sostegno alle “relazioni familiari” presso la casa di reclusione di Fossombrone, coordinato dall’Ufficio per l’esecuzione penale esterna del Ministero di Giustizia di Ancona e dall’Università degli Studi di Urbino in collaborazione con l’ufficio del Garante dei Diritti dei Detenuti e la Commissione Pari Opportunità della Regione Marche. Per informazioni: Lecce - Ufficio del Difensore Civico, a Palazzo Adorno, in via Umberto I, nelle vicinanze del Palazzo dei Celestini e della Basilica di Santa Croce. È aperto al pubblico nella mattinata, dal lunedì al venerdì. Il numero di telefono è 0832.683347, il numero di fax è 0832.683346. Ancona - Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti. Via Oberdan 1 - è aperto al pubblico nella mattina dal lunedì al venerdì dalle ore 09.00 alle ore 13.00 tel. 071.2298483 fax 071.2298483. Utilizzando la pagina contatti del sito web http://ombudsmanmarche.jimdo.com/. Abruzzo: il Consiglio regionale esamina due progetti di legge per Garante dei diritti dei detenuti Asca, 27 maggio 2010 Esaminati questa mattina dalla Commissione Consiliare Permanente “Tutela della Salute ed Affari Sociali” del Consiglio regionale due progetti di legge. Si tratta delle proposte riguardanti l’istituzione dell’Ufficio del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. Il primo è stato firmato dai consiglieri Antonio Saia, Maurizio Acerbo e Claudio Ruffini. Il secondo da Nicoletta Verì e Nazario Pagano. In base a quello che è il regolamento consiliare dei lavori, la Commissione ha provveduto ad unificare i due progetti di legge. La seduta è stata anche l’occasione perché i consiglieri regionali del Pd, Giovanni D’Amico, Claudio Ruffini e Franco Caramanico, chiedessero alla presidente della Commissione, Nicoletta Verì, una copia del Piano Operativo per il 2010, illustrato dal presidente Gianni Chiodi al Ministero per l’Economia e sottoposto all’attenzione del tavolo di monitoraggio delle Regioni. Inoltre, è stata chiesta l’audizione dell’assessore alla Sanità e del Commissario per il Piano di Rientro. Stando a quanto riferito dai consiglieri, la Verì si sarebbe dimostrata molto disponibile, anche in considerazione del fatto che il Piano di Rientro non può essere un documento imposto, ma deve essere valutato innanzitutto dal Consiglio regionale, per la sua assoluta rilevanza nelle realtà sociale ed assistenziale del servizio sanitario in Abruzzo. “Come annunciato dal sub commissario Baraldi” fanno sapere D’Amico, Ruffini e Caramanico, “in V Commissione bisognava aprire una fase di concertazione e condivisone la più ampia possibile. Ora ci appare ci sia un cambio di marcia: un autentico bavaglio alle istituzioni regionali e alla democrazia. Il presidente Chiodi doveva parlarne e riferire in Consiglio di questo Piano Operativo, invece non si è visto nulla. Questo Consiglio regionale è completamente esautorato dalla sue funzioni, ormai ci si occupa solo di interrogazioni e interpellanze e gli spazi per il confronto sulle decisioni vere si è ridotto al minimo storico di questa Istituzione”. Bologna: Garante; 2 detenuti su 3 in attesa giudizio, il caldo può far esplodere conflitto Dire, 27 maggio 2010 La situazione di sovraffollamento del carcere di Bologna non solo non accenna a migliorare, ma peggiora. E se finora le proteste dei detenuti sono state “assolutamente civili” (dalle stoviglie battute contro le inferriate al rifiuto del cibo), “stiamo andando verso l’estate e il caldo già è intollerabile”, gli stranieri sono arrivati a quota 700 e molti di loro “non hanno niente da perdere”: tradotto, “il rischio di un’esplosione del conflitto può aumentare”. Lo afferma Desi Bruno, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna, nel corso della commissione Servizi sociali della Provincia svolta oggi. “La situazione sta un po’ degenerando”, continua Bruno, “aumenta la conflittualità“ così come gli atti di autolesionismo. Sabato scorso, ad esempio, “l’infermeria era in subbuglio” perché “mancava la carta igienica da 15 giorni, mancavano il sapone ed altri prodotti”. Rispetto alla Dozza “si deve porre il tema dell’agibilità“, sottolinea la Garante, che è in attesa del responso della visita ispettiva richiesta all’Ausl ed effettuata nei giorni scorsi. “Oltre un certo numero non si può più stipare persone”, avverte Bruno. I dati a disposizione della Garante, aggiornati al 30 aprile, parlano di 1.185 detenuti (di cui 81 donne) a fronte di una capienza regolamentare di 483. Gli stranieri sono appunto 700, il dato più alto a livello nazionale, i tossicodipendenti 307. Del totale dei detenuti, i due terzi presentano una posizione giuridica non definita: sono in attesa di giudizio oppure ricorrenti in appello e in cassazione. Anche se la Dozza è destinata proprio a questa tipo di detenuti, aumentano però quelli con pena definitiva: sono 413, con 11 ergastolani. Dei condannati in via definitiva, “216 potrebbero accedere alle misure alternative alla detenzione”, spiega la Garante, perché devono scontare pene o residui di pena inferiori ai tre anni. Nel complesso, la Dozza “è il carcere più sovraffollato d’Italia” con un indice del 145% (quello dell’Emilia - Romagna, il più alto tra le regioni, è del 92%). E la situazione peggiora: “Ci sono persone che dormono per terra, un anno fa non succedeva”. Le celle da 10 metri quadrati, costruite per un detenuto, arrivano ad ospitarne anche cinque: se si stende a terra un materasso, i detenuti “non possono neanche stare contemporaneamente in piedi”. Particolarmente delicata la situazione dei “nuovi giunti”, cioè le persone che entrano in carcere per la prima volta. Per loro è prevista un’attività di osservazione psicologica e di screening sulle malattie infettive, ad esempio, ma “il meccanismo - afferma Bruno - è saltato”. A tutto questo, ricorda la Garante, si aggiunge la carenza di agenti di Polizia penitenziaria. “A gennaio ne erano arrivati una trentina”, sottolinea Bruno, ma tra distacchi e spostamenti “la situazione è ritornata pressoché la stessa”. Altro tasto dolente è quello dell’attività lavorativa. Attualmente alle attività di manutenzione della struttura, per la quale le risorse sono calate, partecipano solo 120 detenuti ma per lo più con turni da uno o due mesi all’anno. L’attività proveniente dall’esterno, invece, interessa appena quattro detenuti: tre con Hera e uno nella tipografia. Quest’ultima, sottolinea Bruno, tra l’altro ha dovuto ridurre al minimo la propria attività perché scarseggiano le commesse da parte degli enti locali. Eppure proprio quella del lavoro è una delle principali richieste avanzate dai detenuti. “C’è una grande disponibilità da parte loro e lavorerebbero anche volontariamente”, riferisce la Garante: alcune attività volontarie vengono anche organizzate, in particolare per la manutenzione della struttura, “ma sostanzialmente non si potrebbe”. L’unica parziale buona notizia è la chiusura del reparto di alta sicurezza femminile, perché “probabilmente quei locali verranno adibiti per affrontare il tema delle detenute madri con i bambini al seguito - spiega Bruno - che sono poche ma, purtroppo, ci sono”. Tra i consiglieri provinciali, Giuseppe Sabbioni (Pdl) incassa le critiche al Governo ma sottolinea che “gli enti locali devono fare la propria parte e non limitarsi a fare i piagnoni”. Maurizio Barelli (Pd) propone un ordine del giorno bipartisan e replica: “Non si può pensare che gli enti locali risolvano il problema del carcere di Bologna, che è inserito all’interno di un contesto nazionale” complessivamente molto problematico. Mauro Sorbi (Udc), invece, chiede che fine ha fatto il braccialetto elettronico, che potrebbe alleggerire la situazione delle carceri favorendo le misure alternative. “Il contratto con Telecom è ancora in essere ma il braccialetto non viene usato”, spiega Bruno, anche se “è uno strumento che funziona bene in mezza Europa”. Perché? “Nessuno ci dà una risposta”, conclude la Garante. Milano: detenuto si uccise a San Vittore, psichiatra e psicologa sotto inchiesta La Repubblica, 27 maggio 2010 Luca Campanale, il detenuto ventottenne impiccatosi il 12 agosto dell’anno scorso a San Vittore, è stato lasciato morire “per mancanza di posti letto”. Con questa motivazione una psicologa del carcere, R. D., lo dimise dal centro osservazione malattie psichiatriche. E anche “in presenza di reiterati gesti autolesionistici, etero - aggressivi e tentativi di suicidio avvenuti”, successivamente fu rinchiuso in una cella a medio rischio, senza sorveglianza a vista. L’avviso di conclusione delle indagini, notificato in questi giorni alla psicologa e alla psichiatra, M. M., elenca tutti i precedenti di Campanale, emersi nel corso dell’inchiesta del sostituto procuratore Silvia Perrucci. La prima aggressione, ai danni di un agente penitenziario, risale al3 maggio. Ventidue giorni dopo viene registrato un “tentativo di impiccagione con eritema alla base del collo”. Altri sette episodi nelle settimane successive: il più grave il 27 giugno, quando il detenuto, che scontava un arresto per rapina, ingerì una lametta. Psicologa e psichiatra ora sono accusate di “abbandono di incapace con conseguente morte della vittima”. Campanale, infatti, da ragazzo aveva subito un grave incidente stradale che gli aveva procurato un disturbo permanente della personalità. Roma: Cisl; a Regina Coeli agente ferito, è emergenza per sovraffollamento e carenza organico Dire, 27 maggio 2010 È stato aggredito ieri un agente di Polizia nel carcere romano di Regina Coeli. A renderlo noto è Luigi Alfieri, segretario generale aggiunto Fns Cisl. Si tratta di “un assistente capo della Polizia Penitenziaria, in servizio presso la settima sezione del carcere romano”. Secondo quanto riferito, l’agente è un “assistente capo che al momento del fatto era solo in sezione, con 110 detenuti presenti, e che ha riportato un problema ai legamenti e dodici giorni di prognosi”. “Il sovraffollamento della popolazione detenuta - ha detto Alfieri - la grave carenza dell’organico della polizia penitenziaria di oltre 100 unità, sempre più rimarcata, le gravi condizioni strutturali dell’intero complesso detentivo che necessita di interventi di ristrutturazione e di adeguamento, costituiscono un mix esplosivo che rende di certo non felici le condizioni di vivibilità del carcere di Regina Coeli, con conseguenti tensioni e criticità che spesso sfociano in atti di violenza. Basti pensare - ha continuato - che il penitenziario di Regina Coeli attualmente ospita 1.020 detenuti, più della metà sono extracomunitari, oltre la capienza prevista. È diventato una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, se non saranno adottati i necessari interventi tesi a rafforzare l’organico della polizia penitenziaria”. Ancona: consiglieri regionali visitano il carcere; c’è carenza di personale e sovraffollamento Ansa, 27 maggio 2010 Carenza di personale e sovraffollamento. Sono queste le emergenze che la Direttrice del carcere di Montacuto, Santa Leboroni, ha descritto alla delegazione di consiglieri regionali che questa mattina ha visitato la casa circondariale accompagnati dal difensore civico Samuele Animali. “È importante che il Consiglio regionale oggi sia qui perché il carcere non è un mondo isolato dalla società - ha detto il garante regionale, che tra le competenze ha anche quella dei diritti dei detenuti - Un carcere che va oltre la capienza tollerabile non può fare quello per cui è nato, non può svolgere funzioni di rieducazione e reinserimento, non può funzionare correttamente secondo i dettami della Costituzione”. A fronte di una popolazione carceraria di 369 detenuti (dati aggiornati al 3 maggio), gli agenti di custodia presenti sono 125, oltre cinquanta unità in meno rispetto a quelli necessari per garantire il rapporto uno a due. “Abbiamo una struttura costruita per centocinquanta detenuti - spiega nel dettaglio la Direttrice Leboroni - poi la capienza è stata spostata a trecento, di fatto oggi siamo quasi quattrocento”. Questo significa disagio per i reclusi e spazi ristretti da dedicare alle attività educative e ricreative. Per il personale il sovraffollamento si traduce in turni di lavoro straordinari quotidiani e impiego in moltissime mansioni. Nel mese di maggio in Italia quattro agenti penitenziari si sono tolti la vita, l’ultimo in ordine di tempo, due giorni fa, a Serravalle di Carda, in provincia di Pesaro. “Elevatissimo e crescente è anche il numero dei suicidi tra i detenuti - ha spiegato Animali - 70 nel 2009, 26 dall’inizio del 2010”. I consiglieri presenti Franca Romagnoli, Enzo Marangoni, Paolo Eusebi e Massimo Binci hanno fatto numerose domande per conoscere nel dettaglio il funzionamento della struttura e si sono resi disponibili per accogliere le richieste della direzione, in particolare sul fronte dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione, competenze da poco passate alla Regione. A Montacuto ogni giorno “il medico di guardia svolge in media ottanta visite” - ha detto la dottoressa Tappa, responsabile del presidio sanitario penitenziario. Un’importante agevolazione sarebbe quella di prevedere un codice preferenziale nell’accesso al pronto soccorso. “Questo eviterebbe la presenza prolungata di agenti armati e di detenuti nelle sale di aspetto” - ha precisato la Direttrice. Altro nodo critico la formazione. Il triennio superiore avviato in collaborazione con l’istituto tecnico Volterra quest’anno ha perso la prima classe. “Ci hanno detto a causa dei tagli alla scuola - ha continuato la Leboroni - Nel giro di due anni se non la riattiveremo il corso finirà”. Eppure, nonostante le difficoltà, dentro le mura del carcere, grazie alla collaborazione con l’ambito socio sanitario e a fondi regionali, si svolgono attività ricreative (pallavolo, tennis, teatro) e sono stati attivati corsi di informatica (riparazione hardware), pizzaiolo - panetterie, giardiniere, manutentore di caldaie. Percorsi importanti per poter avere una possibilità di integrazione una volta fuori. “Senza reinserimento - ha concluso Animali - la percentuale di recidiva è altissima”. Il carcere in numeri: Sono 1099 i detenuti presenti nelle sette strutture penitenziarie marchigiane (Ancona Montacuto 369, Ancona Barcaglione 28, Ascoli Piceno 120, Fermo 74, Camerino 49, Fossombrone 137, Pesaro 322). I dati forniti dal garante regionale dei detenuti sono aggiornati al 3 maggio scorso e sono costantemente in crescita come nel resto del paese. Ogni mese infatti le nuove persone recluse in Italia sono 600 - 700 unità. In termini di sovraffollamento, la situazione più critica è quella nel capoluogo di regione. A Montacuto la capienza regolamentare, intesa come numero di posti stimati affinché un carcere possa funzionare correttamente secondo i dettami della Costituzione, è di 172 posti. Il numero dei presenti è più del doppio, in termini percentuali il 214% in più. Per quanto riguarda la presenza di stranieri, le Marche superano la media nazionale (37%) di 6 punti percentuali (43%). Nella struttura di Camerino si registra la percentuale più alta di presenza di straniera, 30 reclusi su 49 (61%). E sempre a Camerino si trova una delle due sezioni femminili marchigiane (11 detenute), l’altra è all’interno di Villa Fastiggi a Pesaro (22 detenute). Sulmona: fine pena a dicembre e 2 interventi chirurgici in un mese, ma non ottiene i domiciliari Ansa, 27 maggio 2010 Due interventi chirurgici subiti nel giro di un mese e un terzo che dovrebbe essere eseguito in questi giorni per un’improvvisa occlusione intestinale. Una storia tra malasanità e malagiustizia quella di Giuseppe Paratore, messinese di 41 anni, da 8 anni in carcere per associazione mafiosa. L’uomo termina di saldare il suo conto con la giustizia alla fine di quest’anno e tramite al suo avvocato, Pietro Luccisano del Foro di Messina, ha chiesto al giudice di sorveglianza del tribunale dell’Aquila, di poter scontare il resto della pena agli arresti domiciliari, per poter avere i familiari al suo fianco, in questo momento difficile. In ospedale è infatti costantemente piantonato dagli agenti come fosse in cella. “Dopo due interventi chirurgici che non hanno risolto il suo problema clinico - afferma il legale siciliano - il mio assistito dovrà essere operato una terza volta. Proprio per la gravità della situazione, ho fatto istanza di rinvio dell’esecuzione della pena, o in alternativa ho chiesto la concessione dei domiciliari che sconterebbe in ospedale. Ad oggi la mia richiesta non ha ricevuto nessuna risposta”. Paratore si è sentito male nel mese di aprile per problemi ai diverticoli, il 10 dello stesso mese è stato operato una prima volta. Tornato in carcere, dopo qualche giorno ha avuto delle complicazioni. Nei primi giorni di maggio ha subito un secondo intervento chirurgico e da allora è sempre rimasto in ospedale. Nei giorni scorsi di nuovo complicazioni e dovrà essere rioperato. “La moglie è disperata - conclude l’avvocato - e lui è spaventato e solo”. Palermo: per la Festa della Polizia penitenziaria, il carcere di Pagliarelli apre porte ai cittadini Adnkronos, 27 maggio 2010 Centonovantatre anni a regolare la vita nelle carceri, rendendole un ambiente più sicuro e più umano, dove il detenuto condannato o in attesa di giudizio può sentirsi tranquillo, in nome dell’ordine e della disciplina. Il carcere Pagliarelli di via Bachelet 32, a Palermo, apre le porte alla cittadinanza venerdì prossimo alle 11, in occasione della ‘Festa provinciale della Polizia penitenziaria, che coinvolge anche le case di detenzione dell’Ucciardone e di Termini Imerese. Chiunque vorrà potrà assistere al cerimoniale e imparare come si svolgono le attività quotidiane di un istituto penitenziario. Nel corso dell’appuntamento saranno premiati i poliziotti e i collaboratori che in questi anni si sono particolarmente distinti nello svolgere il loro mestiere. Sarà, inoltre, fatto un bilancio delle attività e letto un messaggio del ministro della Giustizia Angelino Alfano. Interverranno il direttore dell’Ucciardone Maurizio Veneziano con il comandante vicecommissario del carcere Patrizia Bellanti, il direttore del Pagliarelli Francesca Vazzana con il comandante e vicecommissario Francesco Cerami, il direttore del carcere di Termini Imerese Lino Dioguardi con il comandante e vicecommissario Maria Pia Campanale. Trieste: panificatori detenuti accanto ai professionisti producono il “Pane mezzo sale” Il Piccolo, 27 maggio 2010 Debuttano lunedì prossimo a “Pane mezzo sale” in occasione della Festa Nazionale del Pane, fianco a fianco con i loro colleghi professionisti di lungo corso, i detenuti della casa circondariale cittadina che hanno preso parte al corso di qualifica professionale per panettieri e pasticceri promosso dal Centro di Formazione “Opera Villaggio del Fanciullo”, finanziato dal Ministero della Giustizia - Cassa Ammende. Dal 31 maggio al 3 giugno, infatti, nello stand di piazza Sant’Antonio Nuovo i novelli panettieri metteranno in pratica quanto appreso grazie al progetto “Bread & Bar” - tradotto letteralmente pane e sbarre - il percorso di avviamento professionale promosso dal centro di formazione di Opicina e la Casa Circondariale, in partnership con l’Associazione fra Panificatori della provincia di Trieste e un nutrito gruppo di soggetti del privato sociale, tra cui la Caritas diocesana, la Coopertiva Polis e il Consorzio Open. Obiettivo di “Bread & Bar”, insegnare un mestiere a chi è temporaneamente ospite della struttura di detenzione, in vista del futuro reinserimento nel mondo del lavoro e della società, come hanno spiegato alla presentazione di “Pane mezzo Sale” il presidente dell’Opera Villaggio del Fanciullo Pier Giorgio Ragazzoni e il direttore del Coroneo Enrico Sbriglia, a cui hanno preso inoltre parte il direttore del centro di formazione Massimo Tierno e Edvino Jerian, presidente dell’Associazione fra Panificatori. “Anche chi vive dietro alle spesse mura del carcere fa parte della collettività - ha puntualizzato don Ragazzoni - e poiché il Villaggio si propone di essere d’aiuto a chi attraversa un momento di transitoria difficoltà nella vita, come in questo caso, pensiamo che apprendere un nuovo mestiere sia la strada giusta per favorirne il rientro nella comunità, su basi concrete di equità sociale”. In divisa da fornaio, dunque, alle prese con lievito, acqua e farina, i neo panettieri sforneranno baguettes e pagnotte per i visitatori, mettendo in bella vista il procedimento produttivo dall’a alla zeta: dalla preparazione della miscela con le macchine impastatrici fino alla fase di cottura con i forni presenti nello stand, riempiendo l’aria di piazza Sant’Antonio con il fragrante profumo del pane appena sfornato. Ma l’operazione d’inclusione sociale va anche di pari passo con la politica delle buone pratiche alimentari. Infatti, “Pane mezzo Sale” è il titolo della campagna lanciata quest’anno dal Ministero della Salute nell’ambito di quella europea per promuovere stili di vita più salutari e ridurre il consumo di sale, nell’ottica della prevenzione delle malattie cardiovascolari. “Il pane è un alimento antico, la cui tradizione artigianale va senz’altro rafforzata. Un cibo semplice e genuino che possiede inoltre una forte connotazione quale simbolo di condivisione e socializzazione. La realizzazione del progetto “Bread & Bar” è la prova che quando c’è la reale volontà di lanciare un ponte tra il mondo che sta dietro le mura delle case circondariali e la società libera, alla teoria e alle parole, seguono i fatti”, ha commentato Sbriglia. Patrizia Piccione Firenze: scuola in carcere, a Sollicciano il 90% degli iscritti sono stranieri La Repubblica, 27 maggio 2010 È il primo esperimento del genere in Italia, una scuola dell’obbligo dentro un carcere - Sollicciano - che fa capo ad una scuola esterna, in questo caso Scuola Città Pestalozzi, al cui organico appartengono i 12 insegnanti distaccati. E con un progetto didattico decisamente speciale. Mirato, cioè, sulla alfabetizzazione di “alunni” adulti, molto diversi fra loro per origine, età, formazione, aspettative, e perciò flessibile, grazie a “classi filtro”, che servono ad un primo orientamento e a una selezione dei diversi livelli, e successive classi più omogenee (per lingua, o livello di preparazione). E inoltre, come in ogni scuola che si rispetti, accompagnato da attività di vario genere (seminari e laboratori, attività sportivee corsi di spettacolo, musica, giornalismo, videoscrittura). Da poco doppiato il decennio di vita, la scuola di Sollicciano, con il suo ciclo di elementare e media, ha toccato quest’anno un nuovo record: il 90% di iscritti stranieri (solo tre anni fa, prima dell’indulto, erano il 60 - 70%). Altro che scuola multietnica: su 286 iscritti nelle varie sezioni (maschile, femminile, ordinario, sezione protetta, mentre l’Istituto Mario Gozzini per la custodia attenuata, ex Solliccianino, ha altri 40 iscritti, di cui però solo una decina stranieri), poco più di una ventina sono italiani. Tutti gli altri vengono dal resto del mondo, e in una sola classe delle elementari, quest’anno, si sono ritrovati fianco a fianco una quindicina detenuti di Cina e Tunisia, Senegal e Albania, Marocco, Kossovo, Romania, Santo Domingo. Una popolazione scolastica molto speciale, fatta di adulti dai 18 ai 70 anni, con precedenti formativi del tutto diversi (o del tutto assenti), ai quali viene offerto di mettere a frutto gli anni da passare in carcere imparando a leggere e scrivere, e, se arrivano fino in fondo, procurandosi un diploma o un attestato di frequenza. Un “matrimonio”, quello con Scuola Città - anch’essa nata a suo tempo intorno a un progetto didattico del tutto sui generis - stabilito nona caso, per favorire un “dialogo” scuola - carcere altrimenti difficilmente praticabile. Nelle classi di Sollicciano gli alunni vengono prima “filtrati” e accorpati secondo il livello di conoscenza dell’italiano, ma anche della alfabetizzazione nella lingua di origine (a volte inesistente), mentre in una seconda fase le classi vengono formate anche secondo la preparazione di base degli alunni, a prescindere dalla conoscenza dell’italiano (in modo che l’ingegnere russo che non sa l’italiano ma capace di impararlo in due mesi, non si ritrovi accanto un contadino analfabeta del Senegal, bensì altri suoi pari dal punto di vista culturale, anche se di diversa lingua). Una elasticità, appunto, che non appartiene ai normali cicli didattici e consente una maggiore personalizzazione dei percorsi. Non solo: la formazione è mirata decisamente sul pratico, perché imparare a leggere e scrivere,e studiare storia geografia matematica scienze, non resti qualcosa di astratto, ma si trasformi in uno strumento di vita, utile dentro e fuori dal carcere. Napoli: sostegno ai carcerati dalla Chiesa evangelica luterana in Italia Il Velino, 27 maggio 2010 La Chiesa evangelica luterana in Italia (Celi), ente ecclesiastico che raggruppa le comunità luterane dell’intera penisola, annuncia di aver dato il via libera, nel corso del Sinodo recentemente svoltosi a Verona, a due importanti iniziative che si collocano nel tradizionale impegno dei luterani italiani a favore delle fasce più deboli della popolazione. Le due iniziative sono mirate all’accompagnamento spirituale della popolazione carceraria, attraverso l’avvio di una rete di volontari, e al sostegno di un progetto di formazione teatrale per la riduzione del disagio dell’utenza più debole nell’area vesuviana. Il Sinodo della Celi - si legge in una nota - ha ufficializzato la propria adesione al recente appello della Comunità di Sant’Egidio per l’adozione di concrete misure di miglioramento della precaria situazione dei detenuti e dei lavoratori nelle case circondariali e di reclusione. Successivamente, il Sinodo ha deliberato la creazione di una rete di volontari per l’accompagnamento e la cura dell’anima dei detenuti. I volontari riceveranno una preparazione adeguata affinché possano assolvere al meglio a questo delicato incarico. In quest’ottica, la Celi provvederà sia a coprire gli inevitabili costi che un progetto di questo tipo comporta sia a fornire un pieno supporto morale e formativo agli stessi volontari, grazie all’impegno del proprio corpo pastorale. Immigrazione: rivolta nel Cie di Bari; in fin di vita un senegalese ferito negli scontri con la Polizia La Repubblica, 27 maggio 2010 Immigrati in fuga dal centro di identificazione ed espulsione di Brindisi. Drammatico il bilancio dell’ennesimo tentativo di rivolta a Restinco, scoppiato intorno alle dieci di martedì sera: un cittadino senegalese è in fin di vita in seguito agli scontri con le forze dell’ordine, ricoverato all’ospedale Perrino, altri nove i feriti tra i clandestini, mentre cinque sono i poliziotti che hanno riportato ecchimosi e lesioni. In dieci, secondo la questura, sono riusciti a scappare. Gli 85 immigrati detenuti a Restinco hanno cercato di farsi strada lanciando pietre e calcinacci. Hanno forzato le inferriate di alcune finestre ed un cancello. Ma solo in pochi sono riusciti ad arrivare all’alto muro di cinta dell’ex campo profughi istriani ed ex deposito misto dell’Esercito, trasformato prima in Centro di permanenza temporanea, poi in Centro di prima accoglienza ed infine in Centro per richiedenti asilo ma in parte anche in Cie. Non è il primo tentativo di rivolta a Restinco. Qualche giorno fa uno degli ospiti, si era cucito la bocca con ago e filo in segno di protesta, per ben due volte consecutive. A quanto pare gli veniva impedito di parlare con i figli al telefono. Diritti: Amnesty; in troppi stati uso politico della giustizia, occorre impegno da parte dei G20 Ansa, 27 maggio 2010 Da un lato ci sono stati successi come il mandato di cattura internazionale per il presidente del Sudan, Omar Hassan al Bashir, dall’altro il giudizio complessivo sui buoni risultati “è minato da Stati potenti che continuano a ritenersi al di sopra della legge dove c’è un utilizzo politico della giustizia, inducendo altri Stati a fare altrettanto”. Per la presidente del comitato italiano di Amnesty, Christine Weise - che ha parlato alla presentazione del rapporto annuale di Amnesty - occorre per questo un “impegno di coerenza da parte dei leader del G20”. Il riferimento è al carcere di Guantanamo, ancora in piedi, nonostante le promesse di Obama, e alle violazioni del governo cinese, per gli arresti di manifestanti e il rifiuto a ricevere gli osservatori internazionali. Inoltre Weise e il segretario di Amnesty, Stefano Longhini, hanno rivolto un appello alla coerenza perché nelle lacune delle giustizia prolifera la repressione. Ci consola - ha aggiunto Weise - che i crimini contro l’umanità come la tortura e le sparizioni siano sempre più oggetto d’inchieste, perché vi sia giustizia i governi devono assicurare che nessuno si ponga al di sopra delle legge, stabilendo nelle aule di giustizia responsabilità e risarcimenti per le vittime. Eppure, sottolinea l’organizzazione, ci sono 7 Paesi del G20 che non hanno dato ancora piena adesione alla Corte penale internazionale, e l’Unione Africana non rispetta il mandato di cattura per al Bashir. Irlanda del Nord: inaccettabili le condizioni in cui vivono i detenuti nel carcere di Maghaberry Ansa, 27 maggio 2010 Le condizioni in cui vivono i detenuti nel carcere nordirlandese di Maghaberry sono inaccettabili. È quanto ribadito ieri da una delegazione del Sinn Fein guidata dal vice premier nordirlandese, Martin McGuinness, e da un altro membro del partito, Raymond McCartney - noto per il suo sciopero della fame negli anni ‘70 - dopo un colloquio con il ministro della Giustizia, David Ford. Finalmente, dopo alcune settimane di completa inanità, i rappresentanti del Sinn Fein hanno discusso del maltrattamento dei detenuti repubblicani nel carcere di Maghaberry. Il vice premier e McCartney, hanno ricordato le continue proteste dei prigionieri. Iran: sono almeno 470 i detenuti politici, fra di loro figurano 39 donne e 28 condannati a morte Asca, 27 maggio 2010 Sono almeno 470 i prigionieri politici in Iran e fra di loro figurano 39 donne e 28 condannati a morte. Lo rivela un rapporto di Reporters and Human Rights Activists in Iran (Rahana), secondo il quale i carcerati sono divisi in 25 diversi istituti di pena e ben 268 di loro non conoscono le accuse per le quali sono privati della libertà. L’elenco - come riporta Asia News - non è completo in quanto non comprende i nomi di tutti i cosiddetti “prigionieri di coscienza” in Iran. Dei 470 carcerati dei quali si conosce il nome, 120 sono curdi (che rappresentano all’incirca il 7% della popolazione iraniana), 101 sono attivisti politici, 59 studenti, 49 giornalisti o blogger, 43 appartenenti a minoranze religiose, soprattutto Bahai. La tristemente famosa prigione di Evin è quella che ospita il maggior numero di prigionieri politici, seguita, dalla Orumiyeh Central Prison (34 prigionieri politici), Sanandaj Central Prison (33) e Rajai Shahr Prison (28). Mancano informazioni sulla situazione di 134 persone e in alcuni casi esse si limitano al nome del carcerato e della prigione.