Giustizia: il carcere continua ad uccidere… non importa da che parte delle sbarre si sta di Checchino Antonini Liberazione, 26 maggio 2010 Sono così affollate le carceri italiane che ci si muore per mancanza di spazi. E sono così poco trasparenti che ogni volta che un detenuto ci muore è difficile credere alle versioni ufficiali. Giuseppe Bonafé, 44 anni, dalle 5.30 di ieri mattina è in fondo all’elenco dei decessi di questo 2010 quanto mai letale per la popolazione dietro le sbarre. L’Aids, conclamato, non lo faceva respirare bene. Avrebbe provato a chiedere aiuto ai compagni per scendere dalla brandina, la terza altissima dal pavimento, e questi avrebbero avvertito i “superiori”, come si fanno chiamare le guardie penitenziarie. I medici del 118 avrebbero provato a prestare le cure del caso ma l’insufficienza cardiorespiratoria è stata così acuta da stramazzarlo. Da Chiavari era stato trasferito a Sanremo dove in 367 si dividono lo spazio che basterebbe per 209. Il direttore del penitenziario esclude che la morte sia dovuta a una caduta dalla branda ma uno dei sindacati avverte che due detenuti lo hanno visto precipitare e che è “una tragedia annunciata quando si insiste nell’ ammassare persone in spazi incompatibili con la dignità e la vivibilità, quando ci si ostina a voler determinare condizioni inumane di detenzione non possono non capitare certe cose. È noto a tutti che i letti a castello con tre piani sono potenzialmente pericolosi”. Così dice la Uil Pa del settore per denunciare la melina sul ddl carceri e l’insensibilità della politica. A Monza, Brescia, Pavia e Como non è insolito che si arrivi fino al quarto letto a castello, ovvero ad un altezza di almeno due metri e mezzo da terra e, in 10 - 12 metri quadri si sta in sette. Non è un problema di vetustà dello stabile. A Rieti la galera è nuova ma, siccome sono poche le guardie si concentrano gli “ospiti”. Sono così affollate le carceri italiane che ci crepano dentro perfino i carcerieri. A Pesaro, un agente di polizia penitenziaria s’è sparato con la pistola d’ordinanza. Aveva la stessa età del detenuto morto a Sanremo. Lo ha trovato la postina che ha veduto il sangue filtrare da sotto la porta. Era ancora vivo ma non è riuscito ad arrivare in ospedale. Dove lavorava, a Villa Fastiggi, c’era il doppio dei detenuti di quanti ce ne sarebbero dovuti stare e i turni, da sei ore, schizzano troppo spesso a nove. Maggio nero: quello di A.S. è il quarto suicidio nello stesso mese tra agenti della penitenziaria. In meno di due anni, diciannove mesi, se ne sono contati venti. I sindacati chiedono e richiedono un confronto al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria perché la situazione è drammatica su tutti i fronti, perché mancano settemila posti per colmare i buchi nell’organico. Perché dentro si scoppia e non importa da che parte delle sbarre ti trovi. Immediata la richiesta di sospendere la festa del corpo che è l’unico a non avere un monitoraggio sul fenomeno dei sucidi. Stavolta il Dap sembra aver ascoltato il grido d’allarme e la festa per il 193mo compleanno della polizia penitenziaria, che doveva tenersi venerdì a Fermo, è stata fatta rimbalzare all’8 giugno. Sono così affollate le prigioni d’Italia che nemmeno questo governo può far finta di ignorare il problema. Nella melina sul ddl carceri sono spuntate in questi mesi fantasiose ipotesi - e terribili - di carceri galleggianti, nuove colate di cemento, di un riciclo di. vecchie prigioni dismesse come Pianosa o l’Asinara, della creazione di un’emergenza ad hoc da far gestire al solito Bertolaso. Ieri, intanto, è arrivato il parere del Csm sul cosiddetto decreto svuota - carceri: i magistrati, in sostanza, ripetono che bisogna smetterla con la logica di emergenza e sarebbe ora che la politica si assumesse le proprie responsabilità. Per esempio quella di promuovere un nuovo provvedimento di clemenza anziché addossare alla magistratura di sorveglianza, sotto organico anch’essa, il peso di stabilire chi ammettere ai domiciliari. Se il carcere è l’unica risposta al problema dell’illegalità la conseguenza è l’aumento della popolazione detenuta. Questo dicono al Csm dubitando dell’efficacia dello svuota carceri. Sarebbe stato meglio, è il consiglio a Maroni, consentire anche ai recidivi di accedere ai benefici della Cirielli. Anche alla Cgil il ddl Alfano non piace. Le ultime modifiche - lo stralcio della messa in prova ai servizi sociali per i reati minori e dell’automatismo dei domiciliari a fine pena - fanno prevedere una situazione sostanzialmente invariata. Cioè esplosiva. Uno dei sindacati del comparto ha buon gioco a dire che così è impossibile tentare un recupero sociale dei detenuti e protesterà stamattina sotto Montecitorio per chiedere di organico, contratto e turni a un parlamento monco e a un governo sordo. Giustizia: il ddl sulla detenzione domiciliare otterrà “sede legislativa” ma polemiche non mancano Il Velino, 26 maggio 2010 Sul ddl cosiddetto “svuota carceri” sono state raccolte le firme necessarie (36 su 45) per chiedere l’assegnazione del provvedimento in sede legislativa alla commissione Giustizia della Camera. Lo riferisce il capogruppo Pdl in commissione Enrico Costa. Il ddl sarà quindi approvato - se l’aula accoglierà la richiesta - senza passare per l’assemblea. “Il testo - spiega Costa - è stato assegnato alle commissioni competenti per i pareri”. Per domani è atteso il parere della commissione Bilancio “che è il più importante perché la commissione Bilancio - osserva Costa - potrebbe mettere dei paletti” per assicurare la copertura al provvedimento. Il ddl del governo prevede la detenzione domiciliare per chi deve scontare una pena inferiore a un anno. Dopo l’intervento del ministro dell’Interno Roberto Maroni, dal provvedimento - concepito per affrontare l’emergenza del sovraffollamento dei nostri penitenziari - è caduto l’automatismo nell’assegnazione dei domiciliari, che spetterà invece al giudice di sorveglianza. È stata inoltre stralciata la parte che prevedeva l’estensione anche agli adulti della “messa in prova” - istituto già previsto per i minori - con l’assegnazione ai servizi sociali. Sono state poi introdotte aggravanti per chi commette reati durante la detenzione ai domiciliari e previsti aumenti di organico per la polizia penitenziaria. Modifiche che hanno portato ad una larga convergenza sul testo finale. In dirittura d’arrivo in commissione giustizia della Camera anche il “Piano straordinario contro le mafie”, comprendente la delega al governo in materia di normativa antimafià. Oggi il voto per assegnare il mandato al relatore è slittato perché, per un problema tecnico, non è arrivato in tempo il parere della Commissione Bilancio. Ma la commissione Giustizia è convocata per domani mattina alle 9 per la discussione generale. Sia sul ddl carceri sia su quello antimafia “si è creato un buon clima - assicura Costa - . Credo che saranno approvati a larghissima maggioranza”. Sulle modifiche ddl “svuota carceri” è arrivato anche il giudizio della sesta commissione del Csm. Un parere nel complesso “positivo”, anche se l’organo di autogoverno della magistratura ammonisce: “Basta agli interventi dettati dall’onda dell’emergenza”. Mussolini (Pdl): lo “svuota carceri” consegna le vittime ai carnefici La legge sugli arresti domiciliari mette le vittime di reati a sfondo sessuale nelle mani dei carnefici. Alessandra Mussolini denuncia un “clamoroso errore” contenuto nel testo del provvedimento cosiddetto svuota - carceri, all’esame della commissione Giustizia della Camera in sede legislativa. “Hanno previsto che la decisione di concedere gli arresti domiciliari a chi abbia commesso reati come lo stalking, la pedofilia, il maltrattamento sia a discrezione del giudice e non sia espressamente vietata. In questo modo - dice Mussolini - è possibile che un coniuge accusato di maltrattamenti nei confronti della moglie, e da questa denunciato, se la veda ritornare a casa per decisione del magistrato. La vittima torna nelle mani del carnefice”. Mussolini spiega di aver chiesto la correzione del testo, senza ottenere risposte. “Domani porrò la questione in commissione affari sociali che deve esprimere il parere - aggiunge - ma chiedo alla commissione giustizia di cambiare quel testo perché è vera e propria follia”. Ferranti (Pd): grazie a noi corretta norma allucinante “Grazie al Pd i carnefici non torneranno nelle case delle loro vittime. Detto questo, Mussolini dovrebbe pretendere chiarimenti dal ministro Alfano che si è presentato in Parlamento con un provvedimento profondamente sbagliato che non escludeva questo allucinante paradosso”. Così Donatella Ferranti, capogruppo Pd in commissione Giustizia di Montecitorio, replica alle dichiarazioni di Alessandra Mussolini sugli effetti del ddl carceri all’esame della Camera. “Nel corso dell’esame in commissione - conclude Ferranti - è stato infatti approvato un nostro emendamento sull’idoneità dei domicili che dovrà essere valutata dal magistrato di sorveglianza anche e soprattutto in relazione alle esigenze delle vittime, comprese quelle di violenza domestica” Rao (Udc): testo cambiato in commissione grazie a minoranza “Le preoccupazioni odierne dell’on. Mussolini sui possibili effetti dell’applicazione a maglia larga della norma sul ddl svuota - carceri, soprattutto per reati di stalking, di violenza familiare e pedofilia sono talmente fondate che l’opposizione le ha manifestate durante la discussione in commissione, giungendo ad una profonda modifica del testo”. Lo dichiara in una nota il deputato centrista dell’Udc Roberto Rao componente della commissione Giustizia della Camera dei deputati. “I suoi timori - continua Rao - sono stati anche i nostri e per questo abbiamo mosso fondati rilievi contro l’automaticità dell’applicazione dei domiciliari. Siamo convinti che il filtro obbligatorio del giudice, introdotto in commissione, possa rivelarsi migliorativo se non addirittura risolutivo”. Giustizia: Vitali (Pdl); emergenza carceri non si risolve con un colpo di bacchetta magica Adnkronos, 26 maggio 2010 “Fa bene il senatore Stefano Pedica (Idv) a partecipare domani mattina alla manifestazione davanti a Montecitorio della Polizia Penitenziaria che protesta contro l’emergenza carceri nel nostro paese”. Lo rileva Luigi Vitali, responsabile dell’Ordinamento penitenziario del Pdl, commentando la notizia della partecipazione di Pedica al sit - in. “Tutti siamo vicini all’insostituibile lavoro svolto da questi servitori dello Stato in un momento di particolare difficoltà. Bene farebbe però Pedica, visto che è anche un componente del potere legislativo del nostro Paese, a proporre qualche soluzione concreta che sia più pragmatica rispetto al comportamento dei suoi colleghi in commissione Giustizia alla Camera che, da un lato hanno ribadito la situazione intollerabile all’interno dei nostri penitenziari, e dall’altro hanno votato contro il provvedimento di detenzione domiciliare per espiare l’ultimo anno di pena”. Secondo Vitali, “è troppo facile, in questi momenti, tralasciare il senso di responsabilità che ciascuno di noi deve osservare, lasciandosi andare a posizioni strumentali e demagogiche. Questo Governo e la sua maggioranza stanno affrontando, come mai prima, il problema dell’affollamento delle carceri, ma nessuno può immaginare che la situazione si possa risolvere con un colpo di bacchetta magica”. Da qui la proposta: “se l’Idv e il senatore Pedica hanno soluzioni diverse, si facciano avanti”. Giustizia: Garavini (Pd); aprire nuovi reparti per 41, invece di trasportare i detenuti in aereo Il Velino, 26 maggio 2010 “Bisogna attuare pienamente la nuova legge sul 41 bis: per questo, piuttosto che pensare a voli dedicati per il trasferimento dei boss, come propone il capo del Dap Franco Ionta è urgente realizzare nuovi reparti, oltre che monitorare con attenzione il comportamento fuori dal carcere di chi può avere contatti con i detenuti e verificare che i boss non utilizzino nuove forme per dare ordini all’esterno”. Lo afferma Laura Garavini, capogruppo del Pd nella commissione Antimafia, la quale spiega che “dalle audizioni svolte, emerge con chiarezza che questo strumento è prezioso ed utile. Ci sono però notevoli ritardi nell’applicazione della legge del 2009 e varie difficoltà causate dalla scarsezza di investimenti effettuati dal Governo nel settore giustizia e nel settore delle carceri. Ci sono poi altri problemi, soprattutto per il fatto che i boss sono sempre alla ricerca di nuovi metodi per comunicare con l’esterno: non solo l’utilizzo dei familiari stretti e di qualche avvocato disponibile, ma persino l’utilizzo degli sms mandati alle trasmissioni televisive come “Quelli che il Calcio” di Simona Ventura: si tratta di questioni che devono trovare risposte urgenti”. Giustizia: Morsello; situazione oltre ogni possibilità di tolleranza, serve un indulto 9Colonne, 26 maggio 2010 “La situazione è andata oltre ogni possibilità di tolleranza” e “ci vorrebbe un indulto che potrebbe portare fuori 23 o 24 mila detenuti, ma si potrebbe arrivare fino a 30 mila”. Non ha dubbi Luigi Morsello, autore del libro “La mia vita dentro, le memorie di un direttore di carceri”, su quale siano le misure da prendere per rendere le condizioni di vita nelle carceri italiane più umane. “Il sovraffollamento nelle carceri - spiega Morsello durante la presentazione del suo libro al Senato - è endemica, in quarant’anni c’è sempre stata”, ma oggi “la situazione è pericolosissima e può essere risolta solo con mezzi straordinari”. Secondo l’ex direttore, oggi ormai in pensione, per affrontare in modo più incisivo l’emergenza negli istituti detentivi italiani “bisognerebbe anche intervenire sulla Bossi - Fini, che è una legge criminogena. Il reato di clandestinità, poi, è un assurdo e infine servirebbe un intervento sulla legge che disciplina l’uso delle droghe”. Al Senato la presentazione del libro “La mia vita dentro” La casa editrice Infinito edizioni, in collaborazione con l’Associazione Detenuto Ignoto ha presentato questa mattina in Senato, il libro “La mia vita dentro. Le memorie di un direttore di carceri” di Luigi Morsello, primo libro sulla vita in prigione mai scritto da un direttore di carcere. Sono intervenuti, insieme all’autore, Rita Bernardini, membro della Commissione Giustizia della Camera, Sergio D’Elia, segretario dell’Associazione Nessuno tocchi Caino, la senatrice Donatella Poretti, Irene Testa, presidente dell’Associazione Detenuto Ignoto e i curatori del volume e giornalisti Francesco De Filippo e Roberto Ormanni. Scrive Morsello, direttore di carceri dal 1969 al 2005 ed oggi in pensione: “C’è chi conta le pecore per addormentarsi. Un direttore di carcere vede sfilare nei suoi ricordi facce, storie, divise, sbarre, manette, agenti e detenuti. Soprattutto detenuti. Come fosse una galleria di ritratti. Una mostra del passato”. 1969 - 2005: gli anni bui d’Italia e del carcere raccontati da un direttore che ha visto e diretto 22 penitenziari, da quelli di massima sicurezza sulle isole di Gorgona e di Pianosa a quelli “a custodia attenuata”, spesso scontrandosi con burocrazia e amministrazioni non sempre trasparenti. Perché la storia passa anche, forse in alcuni casi soprattutto, attraverso le prigioni. Attraverso le storie degli Epaminonda, dei Gianni Guido, dei Curcio, dei Sindona, dei Marco Donat - Cattin, delle guardie carcerarie col whisky, dei processi contro mafia e Brigate rosse. “Gli anni di lavoro di Morsello - scrive Pier Luigi Vigna nella prefazione - sono coincisi con uno dei periodi più bui della storia del nostro Paese: lì si collocano, infatti, con i loro ripetuti delitti, alcuni di portata storica, le azioni più devastanti del terrorismo e della mafia. L’appassionante panorama di personaggi che questo libro ci propone può finalmente rivelare al lettore l’umanità che vive dietro le sbarre e che costituisce, insieme al direttore, agli agenti, agli assistenti sociali, agli educatori, ai medici e infermieri, non tanto un’istituzione totale, quanto una vera e propria comunità”. Irene Testa: libro Morsello importante per confronto con passato È la prima volta che un direttore di carceri, Luigi Morsello, scrive un libro sulla sua esperienza professionale e umana, “La mia vita dentro, le memorie di un direttore di carceri” (203 pagine, Infinito Edizioni). Una lunga panoramica di 40 anni di storia del nostro Paese che ha visto Morsello confrontarsi, tra l’altro, con gli “anni di piombo” e con l’attacco mafioso allo Stato delle stragi di Capaci e via D’Amelio (Morsello ha diretto 7 istituti carcerari dal 1969 al 2005 ed è stato “in missione” in altri 22). “In questo momento di sovraffollamento delle carceri mai visto prima - commenta Irene Testa, presidente dell’Associazione Detenuto Ignoto, intervenuta alla presentazione del volume - questo è un libro importante perché ci permette di confrontare la situazione in cui ci troviamo oggi con il passato. Prima della riforma carceraria del 1975 nelle carceri c’era una situazione esplosiva ma con l’avvento delle misure alternative si è interrotta una spirale di violenza che si era innestata nei nostri istituti di detenzione”. Giustizia: Poretti (Radicali); il giudice condanni direttamente alle pene alternative 9Colonne, 26 maggio 2010 “Come Radicale sono andata più volte a fare visite ispettive nelle carceri italiane e parlando con chi ci vive, detenuti ed operatori, si percepisce che i problemi si stanno sempre più acuendo”, lo racconta la senatrice Donatella Poretti (Radicale, autosospesasi da due settimane dal gruppo del Pd) durante la presentazione di oggi al Senato del libro di Luigi Morsello “La mia vita dentro, le memorie di un direttore di carceri”. Il problema principale, riconosciuto da tutti, è il sovraffollamento e “la proposta di legge che come Radicali abbiamo presentato nei giorni scorsi al Parlamento - prosegue Poretti - vuole essere un contributo alla soluzione di questo problema, dando la possibilità ai giudici di condannare direttamente alle pene detentive alternative, senza passare per quel lungo e burocratico percorso che la legge oggi prevede per poter accedere a queste misure”. Giustizia: Ionta (Dap); 669 detenuti in 41 bis, sistema funziona bene ma pericolo da avvocati Adnkronos, 26 maggio 2010 In Italia ci sono 669 detenuti sottoposti al regime carcerario duro per i mafiosi, il cosiddetto 41 bis. Circa altri 8mila detenuti sono invece sottoposti a regime di alta sicurezza. Il totale della popolazione carceraria ammonta invece a 67.542 detenuti. Lo ha detto il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, nel corso della sua audizione presso la Commissione Antimafia. Ionta ha che spiegato che, in virtù della concentrazione presso il tribunale di Sorveglianza di Roma dei reclami concernenti il 41 bis, gli annullamenti si sono ridotti a “pochissimi casi”, essendo aumentata “l’omogeneità di giudizio” sui ricorsi. I 669 detenuti sottoposti al 41 bis, ha detto ancora Ionta, sono reclusi principalmente in 14 istituti penitenziari tra cui, Cuneo, l’Aquila, Milano - Opera, Novara, Spoleto, e Ascoli Piceno. Nella sua relazione il capo del Dap, in riferimento all’inasprimento per il 41 bis previsto dalla Legge antimafia del 2009, ha affermato che “non c’è una ricetta unica”. Per Ionta, occorre “salvaguardare la possibilità di contatto dei boss con l’esterno” e , ha aggiunto, “questa salvaguardia normalmente c’è“. Ci sono, ha detto Ionta, “pro e contro” di fronte alle prospettive di concentrare in un’unica struttura i detenuti sottoposti a 41 bis, così come in quella di gestirli in una “situazione promiscua”, a contatto con altri detenuti, in strutture ordinarie. Nel primo caso, il rischio sarebbe legato alla presenza di boss mafiosi in un unico luogo, che nelle ore d’aria e di socializzazione potrebbero comunicare tra di loro. Nell’altro caso, ci sarebbe il rischio di un “coinvolgimento di detenuti comuni per fare sponda verso l’esterno”. Quanto alla possibilità di un’ulteriore riduzione delle ore d’aria e di socialità per i detenuti sottoposti a 41 bis, Ionta ha spiegato che, “ci esporremmo a una sicura critica, se non a una condanna”, da parte della Corte di Strasburgo per i Diritti umani. “Dobbiamo garantire un minimo d’aria e di socialità“, ha detto il capo del Dap, che ha anche informato la Commissione sul numero totale di agenti di Polizia Penitenziaria, circa 600, dedicati alla custodia dei soggetti a 41 bis. Di fronte a vari rilievi e critiche tra cui quella del leader dell’Idv Antonio Di Pietro, che in seduta definito il 41 bis “un colabrodo”, Ionta, ricordando le carenze di mezzi e organici, ha sostenuto che, “il 41 bis può sicuramente avere margini di miglioramento”, ma che “alcune ipotesi suggestive vanno ricondotte a un profilo di concretezza”. 41 bis permeabile con avvocati - parenti boss Tutti a messa in chiesa la domenica, non tanto perché mossi da sincera fede ma per tentare di comunicare tra loro, anche a gesti; messaggi in codice, facendo affidati talvolta a poliziotti penitenziari corrotti o ricattati, oppure a detenuti extracomunitari sfruttati: i boss sottoposti al regime penitenziario più duro in assoluto, il 41 bis, utilizzano qualsiasi mezzo per continuare a dare ordini ai “picciotti” fuori dal carcere. Non ultimo il fare ricorso ad avvocati che, guarda caso, sono anche loro parenti. A riferirlo è il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap); Franco Ionta, nel corso della sua audizione in Commissione parlamentare Antimafia. Ad oggi su un totale di 67.542 sono 669 i più pericolosi esponenti di Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra, sottoposti al 41 bis, un sistema - assicura Ionta - “nel complesso molto ben organizzato”, anche se non mancano ‘momenti di difficoltà. E infatti - ammette - “sta emergendo un fenomeno che può avere ricadute in termini di sicurezza”: in alcuni casi ci sono boss difesi da uno stesso avvocato il quale può essere veicolo, anche inconsapevole, di informazioni tra esponenti di spicco della criminalità organizzata; ma non mancano i boss che nominano come propri difensori parenti - avvocati. E dunque esistono le possibilità di far uscire informazioni fuori dal carcere o di farle entrare. Un rischio, questo, da mettere in conto, non fosse altro per il fatto che l’ora d’aria e la socialità sono diritti ineliminabili anche per i 41 bis, altrimenti. “Non possiamo controllare i colloqui dei detenuti con i loro difensori né - spiega il capo del Dap - impedire i colloqui con i familiari”. L’opposizione in Commissione Antimafia chiede conto: Antonio Di Pietro (Idv) ritiene che, se così stanno le cose, il 41 bis è un colabrodo; Giuseppe Lumia (Pd) vuole sapere se non sia rischioso che alcuni boss, come Pippo Calò, abbiano la possibilità di socializzare con esponenti del calibro di Michelangelo La Barbera, Mariano Agate o Salvatore Giuliano. Ionta risponde che sul 41 bis “c’è grande attenzione” e che, seppure sia “molto ben organizzato”, il sistema è così complesso che qualcosa può sempre sfuggire: “penso - spiega - alla possibilità di comunicazioni in codice, magari affidate agli sms che appaiono in sovraimpressione sullo schermo di certe trasmissioni televisive; ai casi di agenti penitenziari infedeli, o magari minacciati e ricattati; a parte di quel 30% di detenuti stranieri che, senza retroterra criminale di protezione, possono essere sfruttati magari come destinatari di lettere in realtà indirizzate ad altri”. Le nuove norme antimafia, varato lo scorso anno, prevedono che i detenuti in carcere duro siano preferibilmente concentrati su isole - carcere, anziché sparsi in 14 penitenziari dove ora si trovano in sezioni ad hoc. Ma di riaprire le super-carceri di Pianosa e Asinara non se ne parla: troppo costosa la ristrutturazione e la messa a norma dei due penitenziari chiusi dal 1998. Piuttosto sarà messa mano alle procedure di trasferimento dei detenuti da un carcere o da un tribunale all’altro: nel 2009 le traduzioni sono state 330mila, per lo più su strada. Troppe e troppo costose. Il capo del Dap preferisce puntare sui trasferimenti aerei, ma non con voli di linea, visto che per i biglietti sono stati spesi lo scorso anno 8 - 9 milioni di euro lo scorso anno. La soluzione Ionta la intravede in voli aerei ad hoc, gestiti dal Dap, a bordo dei quali trasferire più detenuti. E intende farlo ‘per ragioni di sicurezza, di costi e anche di dignità’ di coloro che ora sono costretti a viaggiare sui voli di linea con le manette ai polsi. Riaprire l’Asinara e Pianosa è antieconomico Riaprire le carceri di Pianosa e dell’Asinara, chiuse dal 1998, avrebbe “costi altissimi”. Lo ha detto il capo del Dap, Franco ionta, nel corso della sua audizione presso la Commissione antimafia. Ionta ha spiegato che nel 2000 sono state emanate nuove norme relative alla sicurezza e all’impiantistica delle strutture carcerarie e adeguare Pianosa e l’Asinara a questi nuovi standard avrebbe “costi altissimi”, senza contare, ha aggiunto i problemi che sorgerebbero con gli enti locali. Quanto alla possibilità di riaprire le strutture cosiddette mandamentali abbandonate, Ionta ha spiegato che si tratta di “strutture molto piccole, abbandonate da oltre un decennio” e che la loro capienza totale sarebbe di appena mille posti. Considerando i costi per l’adeguamento e il personale, si tratterebbe di “strutture diseconomiche”, ha detto il capo del Dap. Ionta ha poi ricordato che la popolazione carceraria attualmente è di 67.642 unità, mentre l’organico della Polizia Penitenziaria è di circa 39.500 unità, a fronte di un organico fissato per legge nel 2000, di 45.121 unità. Il capo del Dap ha anche spiegato alla Commissione di aver consegnato, nel suo ruolo di commissario straordinario, “a fine aprile” al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, il piano per l’edilizia carceraria. Nel piano, ha detto, “c’è una logica tendente a deflazionare le grandi aree urbane e ad implementare le strutture sulle isole”. Garavini (Pd): esame piano contro mafie rinviato per sciatteria governo “È gravissima la sciatteria del Governo che ha causato il rinvio dell’esame da parte della commissione Bilancio del Piano straordinario antimafie. Il balletto delle responsabilità è ancora più penoso e bene ha fatto il presidente Fini a bacchettare il Governo rilevando questa grave mancanza. Oggi abbiamo avuto una nuova dimostrazione della scarsa attenzione da parte dell’attuale esecutivo alla lotta ai boss”. Lo afferma Laura Garavini, capogruppo del Pd nella commissione parlamentare Antimafia. Garavini denuncia, più in generale come il “governo sia già in ritardo” e siano “pochi investimenti nel settore delle carceri”. “Bisogna attuare pienamente la nuova legge sul 41 bis: per questo - afferma - piuttosto che pensare a voli dedicati per il trasferimento dei boss, come propone il capo del Dap Franco Ionta è urgente realizzare nuovi reparti, oltre che monitorare con attenzione il comportamento fuori dal carcere di chi può avere contatti con i detenuti e verificare che i boss non utilizzino nuove forme per dare ordini all’esterno”. Lumia (Pd): sul 41 bis non ci siamo “Sul 41 bis non ci siamo. La legge individua nelle isole minori i luoghi migliori dove costruire istituti di massima sicurezza e detenere i boss in regime di carcere duro. È inconcepibile, quindi, che si spenda ovunque, ma non a Pianosa e l’Asinara o nelle isole dove già esistono carceri ordinarie. Perché questo regalo alla mafia? La legge va rispettata e su questo bisogna richiamare il governo alle proprie responsabilità”. Lo ha affermato il senatore del Pd Giuseppe Lumia a margine dell’audizione in Commissione antimafia del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta. “L’applicazione del 41 bis - aggiunge Lumia - deve essere più rigida: impedire che nelle ore d’aria i boss abbiano l’opportunità di incontrarsi; abolire le cosiddette celle a fronte che consentono ai detenuti di organizzare vere e proprie riunioni; aumentare i controlli sui cosiddetti tutor per scongiurare il pericolo che alcuni di loro possano fungere da ulteriori emissari dei boss; incrementare il numero delle carceri di massima sicurezza per ridurre la concentrazione dei mafiosi e limitare così le possibilità d’incontro tra loro”. “Un altro punto su cui abbiamo chiesto e attendiamo una risposta è quello del ruolo dei servizi segreti all’interno delle carceri nel rapporto con i boss. Infine - conclude l’esponente del Pd - è indispensabile rimpolpare la pianta organica della polizia penitenziaria ferma al 2000 e carente di 5.000 unita”. Giustizia: in Italia 75mila bambini hanno un genitore detenuto, in Europa sono oltre 820mila Redattore Sociale, 26 maggio 2010 In Europa sono oltre 820 mila. La denuncia di Eurochips, la rete europea per i figli dei detenuti: “Chi ha avuto il papà o la mamma in carcere ha cinque probabilità in più di diventare un futuro detenuto”. Parte una settimana di sensibilizzazione. Sono più di 820mila, 75mila solo Italia, i bambini europei che hanno almeno un genitore in carcere. La denuncia viene da Eurochips, la rete europea per i figli dei detenuti, che sottolinea anche come chi ha avuto il papà o la mamma in carcere ha cinque probabilità in più di diventare un futuro detenuto, in mancanza di interventi e risposte ai suoi bisogni. Per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo problema, Eurochips organizza la prima edizione dell’European prisoners’ children’s week. A Milano la manifestazione è promossa dall’associazione “Bambini senza sbarre” che gestisce lo “Spazio giallo” all’interno del carcere di san Vittore e di Bollate: un luogo di attesa dove i bambini in visita si preparano al colloquio settimanale con il genitore detenuto. Qui, inoltre, sono assistiti da psicologi e arte - terapisti che li aiutano a superare ansie e paure. All’interno dello “Spazio giallo” di San Vittore passano mediamente 150 bambini a settimana. il 30% ha un’età compresa fra i 3 e i 5 anni, il 24% ha 1 - 2 anni, il 20% ha 6 - 8 anni. Per dare voce a questi bambini invisibili, Bambini senza sbarre organizza una mostra dei dipinti e dei disegni realizzati dai piccoli utenti dello Spazio giallo. La mostra, che si svolgerà presso l’Open Care (via Piranesi, 10) aprirà il 3 giugno. Verrà riprodotto l’atelier di pittura del carcere e sarà aperto a tutti i bambini che, dalle 15 alle 19, potranno partecipare allo spettacolo - laboratorio “L’Acqua di Bumba” dello scrittore Roberto Piumini. Nel novembre 2009, Bambini senza sbarre si è aggiudicata una menzione di merito speciale del “Premio Amico della famiglia 2008” indetto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le politiche della famiglia, per il progetto “Spazio Giallo”. I riconoscimenti sono andati a “progetti di eccellenza” con la finalità di diffondere e valorizzare le migliori iniziative in materia di politiche familiari intraprese da enti pubblici e privati, enti locali, imprese e associazioni. Giustizia: pochi fondi e molti tagli, questi i principali problemi della sanità penitenziaria Dire, 26 maggio 2010 Ritardi nei trasferimenti monetari dal centro ai sistemi sanitari locali, regioni commissariate, disomogeneità, piani di rientro della spesa, scarso personale e sovraffollamento delle carceri sono i nodi da risolvere secondo il Forum nazionale per il diritto alla salute dei detenuti. Pochi fondi e molti tagli: ecco, in due parole, i problemi della sanità penitenziaria secondo il Forum nazionale per il diritto alla salute delle persone private della libertà personale e chi lo compone. “Ma il nodo da risolvere è anche culturale, di presa in carico del detenuto in quanto persona. E se la riforma della sanità in carcere e il suo Dpcm volevano dare omogeneità ai livelli di assistenza territoriali, oggi si stanno ripresentando differenze tra regione e regione. Basti pensare che in alcune case circondariali i farmaci di fascia C si pagano e in altre no”, ha detto Fabio Gui, segretario generale del Forum, oggi a Roma a margine della firma del protocollo d’intesa tra l’Istituto nazionale salute, migrazioni e povertà e il Forum nazionale per il diritto alla salute dei detenuti. “Chiediamo pertanto alle regioni di fare la propria parte e al ministero della Giustizia, che per alcune cose è ancora competente, di non diminuire né il numero di psicologi in carcere né le loro ore”. Cgil Funzione Pubblica ha puntato invece il dito contro “i ritardi nei trasferimenti monetari dal centro ai sistemi sanitari locali, il commissariamento di alcune regioni e i piani di rientro della spesa”, ha commentato Fabrizio Rossetti, membro del Forum. “E oltre a essere partita sotto - finanziata, la riforma della sanità penitenziaria deve poi scontare il blocco del turnover nella pubblica amministrazione annunciato dalla manovra di Tremonti, che di sicuro avrà ricadute sui ministeri della Giustizia e della Salute e quindi anche sul carcere”. “Estremamente preoccupata per un sistema che rischia il collasso, che va oltre la sanità e che intreccia la tossicodipendenza, i disturbi psichiatrici, la depressione, i suicidi, la povertà, gli immigrati e i senza fissa dimora” si è detta invece Stefania Tallei, della comunità di Sant’Egidio. “L’auspicio è che il Forum nazionale per il diritto alla salute delle persone private della libertà personale possa quindi allargarsi a tutte le forze politico sociali di centrodestra e centrosinistra italiane - ha detto infine Angiolo Marroni, garante dei diritti dei detenuti della regione Lazio - , affinché possano mettersi intorno a un tavolo e discutere del problema del sovraffollamento del sistema carcerario, che oggi conta oltre 67.000 detenuti, e dei relativi danni alla salute che produce in termini di contagio delle malattie e suicidi”. Intesa tra Inmp e Forum diritto a salute detenuti Obiettivo del protocollo è contribuire a sviluppare la riforma attraverso un piano nazionale di prevenzione e diagnosi precoce di alcune malattie infettive e un progetto di formazione degli operatori. Un accordo per contribuire a sviluppare la riforma della sanità in carcere, che dal 2008 è di competenza del Sistema sanitario nazionale e quindi delle regioni e delle aziende sanitarie locali. L’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà (Inmp) e il Forum nazionale per il diritto alla salute delle persone private della libertà personale hanno siglato un’intesa per “cooperare e collaborare tra loro, attraverso l’attuazione di programmi di ricerca, comunicazione e formazione, allo scopo di implementare tutti quei progetti mirati alla piena realizzazione della riforma della sanità negli istituti penitenziari, valorizzando le professionalità coinvolte e rispettando la dignità dei detenuti”, si legge nel documento. L’accordo è stato sottoscritto stamattina a Roma nella sede dell’ospedale San Gallicano. A firmare il protocollo sono stati il direttore dell’Istituto nazionale salute, migrazioni e povertà Aldo Morrone e la presidente del Forum nazionale per il diritto alla salute dei detenuti Leda Colombini. Come Inmp “daremo il nostro contributo scientifico - ha detto il professor Morrone, attraverso un piano nazionale di prevenzione e diagnosi precoce di alcune malattie infettive in carcere e attraverso lo screening dei tumori femminili. La riforma della sanità penitenziaria sta vivendo un ritardo dei trasferimenti monetari previsti, così come le apparecchiature sono obsolete e andrebbero sostituite”. Da parte sua, l’impegno del Forum nazionale per il diritto alla salute dei detenuti è quello di “elaborare entro l’autunno un progetto di formazione degli operatori, degli amministratori e dei professionisti della sanità in carcere”, ha spiegato l’onorevole Colombini. Entrambi i firmatari hanno poi sottolineato “l’importanza dell’elemento culturale di mettere al centro il detenuto in quanto persona, sia in termini fisici sia psichici, e il vantaggio in termini di salute pubblica che tutta la società riceve nell’avere dei detenuti sani soprattutto nel momento in cui usciranno dall’istituto penitenziario”. Giustizia: Fp Cgil; altro che legge “svuota carceri”, a casa solo qualche centinaio detenuti Ansa, 26 maggio 2010 “Altro che provvedimento svuota carceri!: il numero delle persone recluse negli istituti di pena che riuscirà a beneficiare della detenzione domiciliare sarà limitato a non più di qualche centinaio di unità”; con il risultato di lasciare sostanzialmente invariata la situazione carceraria. A denunciare lo svuotamento del ddl Alfano, che porterà a rendere sempre più drammatica la condizione dei quasi 68mila detenuti ristretti all’interno dei 205 istituti di pena italiani è la Funzione pubblica Cgil. Il segretario nazionale Antonio Crispi fa notare che non solo la parte relativa alla “messa alla prova” presso i servizi sociali per i reati puniti con la pena pecuniaria o con il carcere non superiore a tre anni è stata stralciata, ma è stato anche eliminato l’automatismo nell’assegnazione dei domiciliari per chi deve scontare l’ultimo anno di pena, visto che sarà il Magistrato di Sorveglianza a valutare caso per caso l’assegnazione delle misure cautelari sulla base della relazione comportamentale e sociale nonché di sintesi delle attività di osservazione della personalità svolte nel corso della detenzione. “Un impianto normativo - afferma la Fp Cgil - che annuncia una serie di azioni che graveranno sui lavoratori, sull’esiguo numero di operatori penitenziari preposti al trattamento, educatori ed assistenti sociali in primis, nonché sugli Uffici di Sorveglianza già fortemente provati da gravi carenze di organico e carichi di lavoro insostenibili, con conseguenze che porteranno in molti casi alla paralisi”. Giustizia: Osapp; in alcune carceri i letti a castello arrivano fino al quarto piano Agi, 26 maggio 2010 “Anche se estranea alle cause del decesso la caduta dal terzo letto a castello del detenuto nel carcere di Sanremo, non è improbabile che tali cadute possano verificarsi e produrre effetti letali, tenuto conto che in molte realtà penitenziarie quali, ad esempio, gli istituti di Monza, Brescia, Pavia e Como non è insolito che si arrivi fino al quarto letto a castello, ovvero ad un altezza di almeno due metri e mezzo da terra”. Ad affermarlo è il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci, che aggiunge: “ciò è motivato dai gravi problemi di spazio che spesso vedono gli stessi detenuti optare per tali soluzioni in celle che in non oltre 10/12 metri quadri ospitano fino a 7 reclusi”. “Ma anche l’assenza nelle carceri italiane di spazi detentivi tali da garantire una minima vivibilità - prosegue il sindacalista - è un problema di duplice portata, visto che a volte, come sta accadendo per il nuovo carcere di Rieti, le gravi carenze di personale rendono indispensabile concentrare i detenuti in ambienti più raccolti e controllabili, piuttosto che diluirne il numero su più reparti.” A detta del rappresentante della polizia penitenziaria infatti: “è da tempo accertata l’esistenza sul territorio di padiglioni e sezioni detentive chiusi, oltre che per lavori di ristrutturazione e ripristino, per l’impossibilità di reperire unità di polizia penitenziaria da adibirvi e questo rende ancora più dubbio e dal probabile esito fallimentare un piano - carceri, quale quello elaborato e proposto dal Capo del Dap Franco Ionta, di sola edilizia”. “Peraltro e come sindacato nazionale della polizia penitenziaria, più che una prematura protesta nazionale davanti a sedi istituzionali, viste le emergenze economiche del Paese e quanto di grave può accadere nelle carceri nei prossimi mesi estivi, non avendo sicuramente più nulla di positivo da attenderci dal Capo del Dap Ionta - conclude Beneduci - proseguiamo ancora per qualche tempo a prestare fede alle promesse del Ministro Alfano e che ancora non abbiamo visto realizzarsi, quali le 2.000 unità aggiuntive per il Corpo e il riallineamento normativo - economico del personale alle altre forze di polizia”. Giustizia: troppi detenuti e pochi agenti, il Sappe protesta a Roma davanti a Montecitorio Agi, 26 maggio 2010 Troppi detenuti, pochi agenti. Stamattina i rappresentanti del Sindacato autonomo della Polizia Penitenziaria (Sappe) hanno manifestato a Roma davanti a Montecitorio per sensibilizzare il governo e il Parlamento sulla ‘questione carcerì. Il fine principale della mobilitazione è quello di “dare più forza” alle iniziative contenute nel ddl Alfano, affinché trovino immediata attuazione “anche in considerazione - spiega il sindacato - dell’approssimarsi della stagione estiva che renderebbe ancora più difficile la gestione dei detenuti, in ambienti angusti spesso malsani, a causa delle tante patologie di cui sono portatori”, come Tbc, Hiv, varie forme di epatite ed altre malattie ad alto rischio di contagio per personale e reclusi stessi. Tra i motivi che hanno spinto il Sappe alla protesta, “il numero dei detenuti presenti in carcere, che ha raggiunto la cifra record di 67.542 a fronte di una capienza di circa 43 mila posti, la mancanza di 6.500 agenti della Polizia Penitenziaria, il fatto che gli agenti sono costretti a fare turni di 8/9 ore senza che gli venga pagato lo straordinario e quello che coloro che vengono mandati in servizio di missione devono anticipare i soldi”. Inoltre “un agente è costretto a sorvegliare fino a 150 detenuti, molti dei quali affetti da patologie infettive”, e “non sono stati stanziati i soldi per il rinnovo contrattuale 2010 - 2012”, concludono i manifestanti. Pedica (Idv): per un minimo di sicurezza servono 6.500 agenti in più “Almeno 6.500 unità in più di personale carcerario per garantire il minimo della sicurezza e i servizi di base all’interno delle carceri italiane: è questa la stima che gli agenti del Sappe (Sindacato autonomo di Polizia penitenziaria) mi hanno fatto avere questa mattina e che intendo sottoporre all’Aula del Senato oggi stesso alla chiusura dei lavori”. A dirlo è il senatore dell’Idv, Stefano Pedica che questa mattina ha incontrato i rappresentati del Sappe riuniti per protesta sotto Montecitorio. “Da tempo - dice Pedica - l’Idv denuncia che la situazione carceraria è al collasso e quanto raccontato questa mattina dal Sappe lo conferma pienamente: molti edifici carcerari sono fatiscenti, manca il personale per lavorare in sicurezza e dare ai detenuti la minima assistenza di cui hanno bisogno. C’è poi lo scandalo, già in passato denunciato, delle nuove carceri pronte e rimaste inutilizzate proprio per la mancanza di personale. Il completamento dell’organico - conclude il senatore - non può attendere ancora perché la situazione è esplosiva. Il ministro Alfano agisca subito per ridare dignità ai lavoratori della Polizia penitenziaria e ci dica dove sono finiti i concorsi per le 1.800 unità che aveva promesso pochi mesi fa”. Lazio: il Garante Marroni; impressionante aumento detenuti nelle carceri della Regione Asca, 26 maggio 2010 Continua a salire in maniera inarrestabile il numero dei reclusi nelle carceri della Regione Lazio: il 24 maggio i detenuti erano 6.229, 91 unità in più rispetto ai 6.138 del 21 aprile scorso. Lo rende noto il Garante dei diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni commentando i dati del dell’ Amministrazione Penitenziaria. I numeri segnalano, negli ultimi mesi, un trend in costante crescita dei reclusi nelle carceri del Lazio: rispetto allo scorso mese di marzo i detenuti sono aumentati di 147 unità, rispetto a febbraio di 347 unità. I reclusi sono 1.600 in più rispetto alla capienza regolamentare degli Istituti laziali. Questo il dettaglio per istituto: “È impressionante il dato che, in meno di tre mesi, i detenuti nel Lazio sono aumentati di 350 unità senza, che, a fronte di ciò, si sia registrato un miglioramento delle condizioni di vivibilità nelle carceri - ha detto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni - Ciò che maggiormente preoccupa è che, mentre non si vede come possa invertirsi tale trend, in carcere stanno aumentando gli episodi di autolesionismo e di insofferenza non solo dei detenuti ma anche degli agenti di polizia penitenziaria. Cosa aspettano l’ Esecutivo e il Parlamento a far sentire la loro presenza?”. Abruzzo: Ruffini (Pd); si discute da mesi ma le condizioni dei detenuti non sono migliorate Ansa, 26 maggio 2010 Il Consigliere regionale del Pd, Claudio Ruffini, torna a sollecitare l’assessore Paolo Gatti con una lettera in cui si chiede all’assessore alle Politiche del Lavoro che fine hanno fatto le misure per migliorare la situazione dei detenuti delle carceri abruzzesi. “Sono ormai trascorsi quasi 5 mesi dalla seduta del 30 dicembre del 2009 (seduta del bilancio regionale), in cui era stato approvato un emendamento, di cui ero primo firmatario, che mirava a finanziare una serie di azioni per il recupero sociale dei detenuti”, continua Ruffini. “Ad oggi devo rilevare che poco è stato fatto per migliorare la condizione dei detenuti nelle carceri abruzzesi. Le risposte che auspicavamo, infatti, non sono arrivate e la situazione sociale delle nostre carceri continua in maniera ineludibile ad aggravarsi”. Nell’emendamento presentato dal Pd si stabiliva che entro 60 giorni dall’approvazione della legge di bilancio regionale, la Giunta regionale avrebbe dovuto approvare un piano di finanziamento per il reinserimento sociale, formativo e lavorativo delle persone detenute negli Istituti penitenziari abruzzesi, che si rendevano possibili grazie all’utilizzo del Fondo Sociale Europeo. “Non posso, quindi, che denunciare questo mancato impegno della Giunta Regionale rispetto alla previsione normativa. Infatti, non può essere considerata risolutoria o soddisfacente la modesta misura prevista nell’Avviso Regionale per l’Inclusione Sociale, che già rientrava nella programmazione del 2007, e che non può minimamente essere assimilata ad un “piano”, come prevede espressamente la legge”, aggiunge il consigliere regionale. Ruffini ritiene che l’adozione di questa misura attuativa sia insufficiente a fronteggiare da sola l’emergenza carceri in Abruzzo e non può in alcun modo sollevare la Giunta dagli impegni presi in sede di Consiglio Regionale. “Vorrei ricordare ancora una volta all’Assessore Gatti, l’operato e le iniziative messe in campo da altre regioni italiane, peraltro vicine politicamente alla Sua maggioranza, che hanno affrontato con molto impegno tale problematica sociale”. In particolare segnalo che sono diverse le regioni e gli enti locali italiani (vedi Lombardia e Lazio, ma anche il Comune di Milano) che hanno siglato Protocolli d’intesa per il recupero e il reinserimento lavorativo delle persone detenute, costruendo un vero e proprio percorso personalizzato di inserimento lavorativo attraverso l’attivazione di tirocini formativi e di orientamento oppure con l’incentivo di una borsa lavoro. “Ho ritenuto inoltre opportuno dover sottoscrivere la proposta di legge regionale Istituzione dell’Ufficio del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale” presentata dai Consiglieri regionali Acerbo - Saia”, aggiunge Ruffini, “la situazione delle nostre carceri ripropone con forza la necessità dell’istituzione del garante dei detenuti al fine di contribuire a garantire i diritti di tali persone nell’ambito delle materie di competenza regionale”. Liguria: sovraffollamento, interrogazione dei deputati Pdl su criticità del sistema carcerario Ansa, 26 maggio 2010 I deputati del Pdl Roberto Cassinelli, Michele Scandroglio ed Eugenio Minasso hanno inoltrato una interrogazione al ministro Alfano, evidenziando le criticità del sistema carcerario ligure rese note dal Sindacato autonomo della Polizia penitenziaria. “Nelle attuali condizioni - affermano - non è possibile garantire la funzione rieducativa della pena e si mette a repentaglio l’incolumità degli agenti e degli stessi detenuti”. 625 detenuti oltre il numero massimo tollerabile e 401 agenti in meno rispetto a quanto previsto. Sono questi i numeri messi in luce nell’interrogazione che gli onorevoli Roberto Cassinelli, Michele Scandroglio ed Eugenio Minasso (Pdl) hanno presentato ieri alla Camera. Dati ancor più allarmanti se si considera, come è ancora scritto nell’interrogazione, che i detenuti sono per oltre la metà stranieri e per il quaranta percento tossicodipendenti. “Abbiamo voluto intervenire presso il ministro Alfano - affermano i deputati interroganti - poiché la situazione delle carceri liguri è ormai intollerabile: purtroppo non sono più isolati i casi di decesso all’interno dei penitenziari”. Secondo i parlamentari del Pdl, “in queste situazioni è violato il precetto costituzionale che stabilisce la necessità della funzione rieducativa della pena, e non può essere garantita agli agenti di Polizia penitenziaria la serenità necessaria a svolgere il proprio lavoro, già di per sé particolarmente delicato”. Per questa ragione, i deputati auspicano “un pronto intervento del Governo che possa in breve tempo far tornare la situazione delle carceri italiane, e liguri in particolare, alla normalità”. Trento: il nuovo carcere è pronto, ma non ci sono abbastanza agenti per farlo funzionare Il Trentino, 26 maggio 2010 Se tutti i detenuti dei carceri di Trento e Rovereto fosse trasferiti oggi a Spini di Gardolo il nuovo penitenziario sarebbe già sovraffollato. È la triste constatazione emersa ieri durante la prima visita alla nuova struttura, ultimata con un anno di anticipo rispetto ai tempi previsti. Bello ed efficiente, il nuovo carcere, che rischia però di restare una cattedrale nel deserto. Per funzionare a regime la nuova struttura avrebbe bisogno dell’opera di circa 350 agenti di polizia penitenziaria ma al momento a disposizione ce ne sono circa un centinaio. Troppo pochi - sostiene la direttrice del carcere Antonella Forgione - che auspica che da Roma si sblocchino le 2000 assunzioni che la polizia penitenziaria di tutta Italia aspetta come l’ossigeno. Senza un aumento degli agenti la nuova struttura di Gardolo potrebbe funzionare solo a mezzo servizio. E sarebbe un peccato perché si tratta di un carcere all’avanguardia sotto molti profili, sia tecnologici che ambientali. Ieri mattina il presidente della giunta Lorenzo Dellai, il vice Alberto Pacher, l’assessore alla Salute Ugo Rossi e i giornalisti sono stati invitati per una visita all’interno. Un breve tour promosso dalla direttrice e dal provveditore regionale per l’amministrazione penitenziaria del Triveneto Felice Bocchino. Ampie celle con angolo cottura, pareti chiare e luminose, sale lettura, laboratori, un campo con erba sintetica. A chi verrà trasferito da via Pilati a qui sembrerà di alloggiare in un hotel a cinque stelle. Eppure siamo in un carcere e non dobbiamo mai dimenticarlo. Le aperture delle celle sono controllate da un sistema elettronico, un sistema di telecamere interne (283) tiene sott’occhio ogni angolo. I vetri sono antiproiettile e tutti a risparmio energetico. Il progetto (super segreto) ha posto un occhio di riguardo alle attività di recupero dei detenuti, prevedendo una legatoria interna, una falegnameria e persino una serra per la coltivazione di piante e fiori. I detenuti potranno passeggiare tra le aiuole e sgranchirsi le gambe giocando in un campo ad erba sintetica. Due gli spazi di culto: uno per i cattolici, il secondo dedicato a tutte le altre religioni. Insomma: tecnologia e attenzione all’ambiente caratterizzano questa struttura, formata da otto bracci con una capienza massima di 244 detenuti. Dentro ci sono ambulatori in ogni braccio, un’infermeria per le degenze, una cucina per l’intera struttura e spazi in una serie di celle per riscaldare le vivande, un teatro - cinema, aule e laboratori, una palestra e un campo da calcetto. La luce è diretta, cioè dall’esterno, quasi in ogni spazio, dalle pareti o dal soffitto. La consegna della struttura è prevista per fine giugno, con un anno d’anticipo sui tempi previsti dall’appalto. Ora si chiuda Rovereto “La chiusura del carcere di Rovereto è indispensabile e mi auguro che avvenga quanto prima”. Il presidente della Provincia Lorenzo Dellai ha ribadito anche ieri la necessità di procedere quanto prima al passaggio di tutti i detenuti di via Pilati e di Rovereto nella nuova struttura. Ma mentre la chiusura del vecchio carcere è un dato di fatto, quella del carcere di Rovereto è ancora avvolta nel dubbio. Si attende un segnale da Roma, una decisione dell’amministrazione penitenziaria che il presidente Dellai ritiene indifferibile: “La chiusura di Rovereto era una delle premesse che hanno dato il via libera alla realizzazione della nuova struttura che sia capace di dare risposte a tutti i fabbisogni del Trentino. Mi sembrerebbe paradossale che lo Stato che non ha nemmeno le risorse per gestire un nuovo carcere decida di mantenere in attività un vecchio carcere come quello di Rovereto”. La necessità è quella di concentrare le risorse, ma i segnali da Roma non sono incoraggianti vista la carenza di risorse: “Ma la situazione trentina è stata segnalata e dunque mi auguro che tutto si risolverà in tempi rapidi”. Il presidente non vuole nemmeno sentir parlare di apertura parziale della struttura. Ipotesi paventata ieri dalla direttrice Forgioni in attesa che l’amministrazione penitenziaria di Roma stanzi risorse e uomini per arrivare ai 350 agenti indispensabili per far funzionare a regime la nuova struttura di Gardolo: “Per me - spiega invece Dellai - un’apertura parziale sarebbe totalmente diseconomica nel senso che per tenere aperto Rovereto comunque servono un certo numero di dipendenti, mentre per aprire a Spini ne serve un numero ancora maggiore rispetto a quello attuale di Trento”. Bari: Cisl; alcune sezioni del carcere sono da quarto mondo, e con l’estate situazione peggiorerà Bari Live, 26 maggio 2010 Carenza di organico, problemi strutturali, sovraffollamento, cattiva gestione da parte della dirigenza: questi i drammatici problemi che stanno portando il carcere di Bari al collasso. La denuncia arriva da Pompeo Mannone, Segretario generale nazionale della Fns - Cisl (Federazione che organizza gli operatori della sicurezza in Italia), che stamattina ha visitato la struttura insieme ad alcuni membri della segreteria ed al Segretario regionale Crescenzio Lumieri. “Alcune sezioni del carcere sono da quarto mondo, e con l’estate la situazione peggiorerà”, dichiara Mannone, “nel carcere ho trovato un agente, laddove dovevano essercene tre. Come si fa a controllare una situazione del genere? Durante la mia visita un detenuto ha tentato il suicidio ingerendo dei medicinali”. “Nella struttura non si riesce a distinguere chi è agente e chi è detenuto, per il tempo che gli agenti passano in carcere”, continua, “si fanno anche turni da 15 ore: anche la polizia penitenziaria sconta la sua pena”. I dati forniti dalla Fns - Cisl parlano chiaro: dai 600 ai 700 detenuti in un carcere che può contenerne 250, a fronte di 390 addetti alla sicurezza, di cui 105 “distaccati” in quanto operativi nel nucleo traduzioni e piantonamenti (quindi, di fatto, lontani dalla struttura e impiegati per spostamenti e per altre attività istituzionali al servizio dei diritti del detenuto). Alle 285 unità del personale di polizia penitenziaria che svolgono servizio all’interno del carcere, divisi in 4 turni al giorno, bisogna ulteriormente sottrarre i lavoratori in ferie o in malattia. Il risultato? Nel turno di notte l’istituto di pena è controllato da soli 24 agenti. La situazione peggiorerà con i prossimi pensionamenti (20 unità nel 2010, 60 nei prossimi due anni), forze non rimpiazzate da nuove assunzioni: impensabile, quindi, programmare qualsiasi percorso di inserimento lavorativo o inclusione sociale per chi sconta (malauguratamente) la pena in condizioni come queste, nonostante per il Segretario nazionale “non siano tutti cattive persone, qualcuno è solo vittima del sistema sociale”. “Di fatto dovrebbero esserci almeno 100 unità in più”, prosegue Mannone, “l’organico attuale fu stabilito con un decreto del 2001: oggi la popolazione carceraria è aumentata di 1\3, in Italia ci sono circa 25.000 detenuti in più, e la Puglia è particolarmente sovraccaricata”. “Il Ministro Alfano aveva proposto tre provvedimenti base per porre un freno al disastro: nuove carceri, aumento dell’organico e parziali misure alternative alla pena”, conclude, “in Commissione Giustizia queste misure sono state annacquate, per problemi da parte della maggioranza e dell’opposizione”. Nuove carceri, dunque, come soluzione a lungo termine, ma nell’immediato necessario far uscire i “non proprio delinquenti”. “Un’altra soluzione sarebbe quella di utilizzare le camere di sicurezza di polizia e carabinieri”, suggerisce il Segretario regionale Crescenzo Lumieri, “inutile tenere i presunti colpevoli in carcere 48 ore in attesa del giudizio del magistrato: si trattengano nelle camere di sicurezza, poi, solo se viene confermato il fermo, siano trasferiti nella struttura penitenziaria”. “Il carcere di Bari non può più stare in una zona così centrale, i detenuti riescono a parlare con i familiari all’esterno”, incalza Lumieri, “il Comune non ostacoli il progetto della Cittadella della Giustizia e del carcere nei pressi dello”. Pesanti le accuse rivolte al Direttore della Casa Circondariale, Paolo Francesco Sagace, oggi assente per malattia. “Il direttore è presente in istituto solo uno o due giorni a settimana”, conclude il Segretario nazionale Mannone, “prende le decisioni in maniera unilaterale, senza consultare il personale: per noi è assolutamente inadeguato a coprire un ruolo di tale responsabilità”. Firenze: Cruccolini (Sel); sostegno a sciopero della fame del Garante dei diritti dei detenuti Adnkronos, 26 maggio 2010 “Pieno sostegno al garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, Franco Corleone, che ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni di vita nel carcere di Sollicciano”. Questa la dichiarazione del capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà Eros Cruccolini nel Consiglio comunale di Firenze. “La protesta di Corleone pone un problema reale e molto serio - ha aggiunto l’esponente della sinistra: quello dell’organizzazione dei presidi carcerari nell’area fiorentina. Siamo rimasti sgomenti e molto preoccupati dalle dichiarazioni della sottosegretaria alla giustizia Casellati che, dopo la sua visita a Sollicciano, ha definito le condizioni della struttura molto buone. Così come ci preoccupa che il ministro Alfano abbia smentito il lavoro fatto dal responsabile regionale del sistema carcerario Giuffrida: il sintomo, quantomeno, di uno scarso collegamento tra il governo e le istituzioni sul territorio. Su questo, chiederemo al più presto un incontro al neoassessore regionale Allocca, per la nomina del nuovo garante dei diritti dei detenuti regionale, figura istituita nella scorsa legislatura”. “Sappiamo che la Regione sta lavorando per lo spostamento a Empoli del carcere femminile di Pisa: è la dimostrazione che serve, per predisporre rimedi efficaci, un’ottica regionale - ha sottolineato Cruccolini - . Da parte nostra, siamo sempre in contatto col sottosegretario alla Giustizia Caliendo per proporgli di avviare a Sollicciano una fase di sperimentazione per l’applicazione piena di leggi e regolamenti, nell’ottica di risolvere il problema del sovraffollamento”. “Il sopralluogo del sindaco Renzi al carcere di Sollicciano - ha concluso Cruccolini - ci sollecita ancor di più, come consiglio comunale, ad affrontare l’argomento. Ma le istituzioni da sole non ce la fanno: cruciale è il ruolo delle categorie economiche, perché è nel mondo del lavoro la chiave di volta del reinserimento nella società dei detenuti, tra i quali è elevatissima la percentuale di recidivi”. Firenze: presentato alla mostra Terra Futura il Progetto “Recuperiamoci” Vita, 26 maggio 2010 Si chiama “recuperiamoci!” il progetto dedicato al lavoro e alle attività produttive dei detenuti che verrà presentato in anteprima all’interno di Terra Futura, la mostra delle buone pratiche in programma a Firenze (Fortezza da Basso) dal 28 al 30 maggio. Lo stand di “recuperiamoci!”, interamente realizzato con materiali di recupero, sarà allestito nel Padiglione Spadolini al piano secondo (stand A5A), all’interno dell’area tematica “Azioni Globali - Welfare”. Il progetto nasce da una idea di Paolo Massenzi, progettista e animatore dell’iniziativa, dalla collaborazione con Ruggero Russo di Binario Etico di Roma, Andrea Favati di Informatici Senza Frontiere Toscana, e dei tanti amici in sintonia con il progetto, sparsi in tutta Italia. Si propone di far conoscere a un vasto pubblico tutte le esperienze presenti all’interno delle carceri italiane che coinvolgono i detenuti in attività produttive. Tutto ciò partendo dall’idea che il lavoro, all’interno del carcere, è uno strumento fondamentale per il recupero della persona. Il tema del recupero è dunque al centro del progetto in varie forme: il recupero della persona, ma anche il recupero dei materiali. Infatti molte attività all’interno delle carceri si basano proprio sul recupero e il riutilizzo di materiali di scarto. Fa parte integrante del progetto il portale www.recuperiamoci.org, contenente tutte le novità inerenti al lavoro carcerario: prodotti, aziende e cooperative coinvolte, numero di detenuti occupati dentro e fuori del carcere, punti vendita. Presso lo stand sarà presente “c’è del buono!”, un emporio, che diverrà poi itinerante, con esposizione e vendita prodotti del carcere, oltre che distribuzione di materiale informativo. Grande attenzione ai progetti a “chilometro zero” e all’esposizione di prototipi di trash design: oggetti e materiali destinati alla discarica si trasformano in elementi d’arredo; “recuperiamoci!” organizzerà anche l’internet trash point, (stand A247), sempre allestito con materiale di recupero. Da segnalare infine che presso l’emporio “c’è del buono!” sarà possibile vedere realizzazioni e acquistare prodotti quali biscotti, oggetti in ferro battuto, vino, borse in pelle e materiale riciclato, libri, abbigliamento, computer, piante ornamentali, gioielleria, arnie per le api e molto altro, il tutto prodotto in carcere. Il ricavato delle vendite, pagato il lavoro dei detenuti, sarà investito nel progetto di mappatura delle buone attività carcerarie, che verrà presentato nei giorni della fiera. Napoli: dal carcere di Secondigliano arrivano i “fiori della speranza” Redattore Sociale, 26 maggio 2010 Le piantine colorate coltivate dai detenuti dell’istituto penitenziario sotto la guida esperta di tecnici e giardinieri, saranno messe in vendita per la prima volta domenica 30 maggio nella villa comunale di Napoli. Dal carcere di Secondigliano arrivano i “fiori della speranza”. Le piantine colorate coltivate dai detenuti dell’istituto penitenziario sotto la guida esperta di tecnici e giardinieri, saranno messe in vendita per la prima volta domenica 30 maggio 2010 (a partire dalle ore 10.00) nella villa comunale di Napoli. Il corso di giardinaggio, frutto di un progetto realizzato dalla direzione penitenziaria di Secondigliano con l’assessorato all’Ambiente del comune di Napoli, ha dato la possibilità a nove reclusi di imparare il mestiere e di prendersi cura delle oltre seimila piantine che saranno esposte domenica in città. Il ricavato sarà devoluto a Telefono Azzurro che realizza, proprio all’interno dell’istituto penitenziario napoletano, il progetto “Minori in carcere”. Progetto che ha permesso di realizzare spazi accoglienti per i figli dei detenuti e le loro famiglie, i cui colloqui vengono ospitati da circa due anni in una ludoteca per l’inverno e in un giardino attrezzato con giochi nella bella stagione. “L’obiettivo - spiega il coordinatore Ciro Raia - è quello di far ritrovare ai bambini un clima familiare nelle occasioni di contatto con i loro genitori, evitando le fredde stanze del carcere”. Su questa stessa scorta, i volontari di Telefono Azzurro organizzano anche delle feste, come a Natale o in altri momenti dell’anno, in cui allestiscono a festa la palestra dell’istituto. “La giornata di domenica - sottolinea Giulia Leone, vicedirettore del carcere di Secondigliano - rappresenta la manifestazione conclusiva del progetto sostenuto dal comune di Napoli ma anche un banco di prova per il lancio commerciale dei fiori e delle piantine che i detenuti hanno prodotto. Speriamo di poter estendere ben presto la vendita anche ai circuiti tradizionali di mercato, a partire proprio dalla pubblica amministrazione che potrebbe essere il nostro primo cliente”. “L’obiettivo sociale è duplice - aggiunge - perché offrendo un contributo sarà possibile sostenere la nobile causa di Telefono Azzurro a tutela dell’infanzia”. Per l’occasione sarà anche allestito un laboratorio di giardinaggio per i più piccoli. Droghe: Radicali; da Giovanardi qualche piccola apertura per modifica della legge 309/90 Ansa, 26 maggio 2010 “Non possiamo non apprezzare la notizia che un Tavolo tecnico di lavoro sta predisponendo una modifica della legge 309, con la reintroduzione della sospensione delle sanzioni amministrative nel caso in cui il tossicodipendente trasgressore aderisca all’invito di sottoporsi a un programma di recupero e non lo abbandoni”. Lo affermano i radicali Rita Bernardini e Giulio Manfredi, in riferimento alla risposta, ieri alla camera, del sottosegretario Carlo Giovanardi a un’interpellanza radicale. La sospensione della sanzione amministrativa era stata abolita dalle legge Fini-Giovanardi - dicono i radicali - e ciò aveva comportato una forte riduzione del numero di soggetti inviati ai Sert. Giovanardi mette in discussione sue decisioni divenute legge; speriamo solo che il tavolo tecnico non sia infinito, perciò inutile, come da tradizione burocratica. Inoltre, il sottosegretario ha comunicato che ‘esiste un confronto con la partecipazione di associazioni e istituzioni, con il Ministero della giustizia e con il Dipartimento antidroga, per individuare, studiare e rendere operativi interventi, modifiche legislative, progetti, cioè l’idea di poter sospendere un processo nella fase iniziale, senza neanche arrivare alla condanna, se il piccolo spacciatore tossicodipendente accetta di andare in comunità. Si decongestionano le carceri e si dà la possibilità al piccolo spacciatore che ha commesso piccoli reati di curarsi nel frattempo e quando avrà scontato la pena nella comunità di recupero potrà uscire senza il rischio di commettere nuovamente reati. Non possiamo che condividere quest’impostazione e su questa lunghezza d’onda va la nostra sollecitazione al governo di dare finalmente attuazione all’art. 95 del dpr 309, con la creazione di istituti a custodia attenuata per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi, anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato, che già si occupa dei soggetti in trattamento”. Brasile: nuova legge prevede che scuole carceri dovranno essere dotate di una biblioteca Ansa, 26 maggio 2010 Una nuova legge presentata dal governo Lula e approvata oggi dal Congresso di Brasilia prevede che tutte le scuole e tutte le carceri dovranno essere dotate di una biblioteca. Le prigioni dovranno essere dotate anche di sale di lezioni e di corsi per tutti i detenuti. Le biblioteche dovranno avere una dotazione di libri proporzionale al numero degli alunni e dei detenuti. I testi saranno forniti inizialmente dalla Biblioteca di Stato, ma potranno anche essere donati da privati. Oltre ai libri, scuole e carceri dovranno disporre di ‘giornali e riviste, materiale videografico e documenti registrati su qualsiasi altro supporto tecnico, per essere consultati liberamente, per ricerche, studio, lettura e svagò. I corsi nelle prigioni dovranno essere finalizzati al conseguimento di titoli di studio o diplomi professionali. Il numero di biblioteche pubbliche è aumentato del 21% in Brasile con il governo Lula.