Giustizia: la legge svuota carceri sarà “a tempo”; rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2013 Redattore Sociale, 18 maggio 2010 Il ddl Alfano, soprannominato “svuota carceri”, sarà una legge a tempo e sarà in vigore fino al 31 dicembre 2013. È una delle modifiche approvate oggi in commissione Giustizia della Camera, che ha terminato l’esame degli emendamenti dando via libera al testo con aggiustamenti bipartisan. Il provvedimento, dal quale è stato cancellato l’automatismo della concessione degli arresti domiciliari a chi deve scontare un anno di pena, sarà la prossima settimana nell’aula della Camera per valutare l’opportunità della sede legislativa. Sull’iter rapido i gruppi, eccetto l’Idv, hanno raggiunto un’intesa di massima in Commissione. Per avere l’ok alla legislativa occorrono però i 4/5 delle forze politiche. I gruppi dovranno quindi raccogliere le firme e sottoporre la richiesta all’aula che voterà. Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia, ha dato mandato ai rappresentanti dei gruppi per avviare le procedure di raccolta delle sottoscrizioni per l’iter senza passaggio in assemblea. Quanto alla temporaneità della legge, nel testo approvato oggi, è stato stabilito che lo “svuota-carceri” sarà un ponte fino all’approvazione del piano del ministro Alfano per la costruzione di nuovi penitenziari e in attesa di una riforma della disciplina complessiva delle norme sulle misure alternative alla detenzione (quest’ultimo punto è stata una richiesta del Pd). In ogni caso, è scritto nel nuovo testo, la legge scadrà il 31 dicembre 2013. L’accordo in Commissione è stato possibile anche perché la Lega, che voleva un provvedimento più rigido, ha ritirato tutti gli emendamenti che ponevano ulteriori paletti. Tra le altre modifiche, c’è l’assunzione di nuovo personale di polizia e carabinieri per il controllo sul territorio, la verifica dell’idoneità del domicilio con la clausola che vanno tutelate le vittime dei reati e il potenziamento del personale civile e amministrativo penitenziario. Giustizia: Napolitano; situazione delle carceri è critica, ineludibile intervenire Ansa, 18 maggio 2010 Per superare le “molte criticità ormai manifeste” che affliggono il sistema carcerario italiano è ormai “ineludibile” che Parlamento e governo intervengano. Lo chiede il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. In un messaggio inviato al capo del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Franco Ionta, il capo dello Stato scrive: “In occasione del 193° anniversario della fondazione del Corpo e a venti anni dalla riforma che ne ha profondamente innovato l’assetto, desidero esprimere alle donne e agli uomini della polizia Penitenziaria la gratitudine e l’apprezzamento miei e della intera nazione per l’impegno e la professionalità con i quali assolvono alle loro funzioni garantendo negli istituti la sicurezza e il rispetto della dignità e dei diritti delle persone detenute”. Napolitano loda i lavoratori del comparto penitenziario: “Con sensibilità, dedizione e competenza, la polizia Penitenziaria contribuisce in modo determinante al perseguimento delle finalità della pena delineate in Costituzione e a fronteggiare, in stretta collaborazione con tutti gli altri operatori del settore, le situazioni di disagio, sofferenza e grave rischio che la realtà del carcere comporta; anche quando, come oggi accade - sottolinea - le carenze di organico e il continuo aumento della popolazione detenuta rendono più complesso l’esercizio dei compiti istituzionali pur restando ineludibile l’attuazione di interventi normativi e organizzativi per il superamento delle molte criticità ormai manifeste”. Il presidente della Repubblica osserva come “il Parlamento e il governo stanno affrontando queste esigenze di multiforme intervento: auspico che il loro impegno conduca al più presto a risultati concreti che soddisfino le attuali esigenze del sistema di gestione della pena e rendano meno oneroso il quotidiano svolgimento delle attività demandate alla polizia Penitenziaria”. Infine, Napolitano conclude: “Nel rendere omaggio alla memoria degli appartenenti al Corpo che hanno assolto ai propri compiti fino al sacrificio della vita, esprimo ai loro familiari sentimenti di commossa vicinanza, nel comune ricordo di tutti i caduti nell’esercizio del loro dovere, tra i quali quelli che ancora nella giornata di ieri hanno dolorosamente registrato le nostre Forze armate impegnate in missioni internazionali di pace. A voi e ai colleghi non più in servizio rinnovo la riconoscenza di tutti i cittadini, insieme con l’apprezzamento più sentito per le vostre famiglie, che con voi hanno condiviso e condividono rischi e sacrifici”. Giustizia: Alfano; piano carceri del governo va avanti, accordi per rimpatriare detenuti stranieri Ansa, 18 maggio 2010 Il piano carceri “va avanti”. Lo dice il guardasigilli Angelino Alfano durante la cerimonia per i 193 anni della Polizia penitenziaria. “Lo scorso anno - ricorda il ministro della Giustizia - in questa stessa occasione avevo dato notizia dl decreto legge convertito nella legge 27 febbraio 2009 n. 14, con cui era stato messo a punto un piano carceri per fronteggiare il sovraffollamento degli istituti penitenziari. Il piano va avanti - continua - e successivamente alla dichiarazione dello stato di emergenza carceraria fino a tutto il 31 dicembre 2010, lo scorso 19 marzo il consiglio dei ministri ha varato l’ordinanza con cui viene data concreta attuazione alla legge del 27 febbraio 2009 che ha individuato nel capo del Dap il commissario delegato alla esecuzione del predetto piano conferendogli i necessari poteri”. Alfano continua: “Tale ordinanza, tra l’altro, ha l’obiettivo di ottimizzare l’utilizzo dei fondi già stanziati, vale a dire i 600 milioni di euro previsti dalla Finanziaria 2010, oltre i fondi già disponibili presso il Ministero della Giustizia. Il piano prevede la realizzazione di nuove strutture penitenziarie, oltre alla riorganizzazione, all’adeguamento e al potenziamento di strutture preesistenti”. “Il piano - aggiunge - mi è stato presentato dal commissario straordinario e dopo l’approvazione del comitato di sorveglianza potremo immediatamente partire”. Il guardasigilli ricorda infine che “accanto alla realizzazione di nuovi posti detentivi, a corollario del piano, è prevista l’approvazione di alcune norme di accompagnamento attualmente in discussione in Parlamento”, tra cui il ddl che prevede la concessione dei domiciliari per l’ultimo anno di carcere. Alfano annuncia anche che “è poi prevista l’assunzione straordinaria di 2000 agenti di Polizia penitenziaria, reclutamento necessario a rendere funzionali e funzionanti nuovi padiglioni e istituti”. La dignità detenuti va sempre rispettata “La Costituzione ci chiama ad operare tenendo sempre a riferimento il senso di umanità della detenzione”. Lo sottolinea il guardasigilli, Angelino Alfano, durante la cerimonia per i 193 anni della Polizia penitenziaria. Parole, quelle del ministro, che portano inevitabilmente alla memoria il caso di Stefano Cucchi, morto in carcere a Roma. “L’agente di polizia penitenziaria - dice Alfano - incarna il primo volto dello Stato, costituendo egli il primo contatto per il cittadino che incorre nei rigori della giustizia e in questo frangente il suo tratto garbato è sempre contraddistinto dalla profonda umanità del suo operare, affinché il cittadino, che è privato della propria libertà, mai lo sia, in nessun modo, della propria dignità”. Alfano sul punto conclude: “Ma il dovere della verità ci impone di dire che la tutela della dignità del detenuto, così come quella dell’agente di polizia penitenziaria che sovrintende alla esecuzione della pena passa in primo luogo per la soluzione del problema del sovraffollamento carcerario”. Negli ultimi 12 mesi flusso ingressi in calo Angelino Alfano sottolinea che nel corso degli ultimi 12 mesi si è registrato un calo negli ingressi in carcere. Lo sottolinea nel corso della cerimonia per i 193 anni della Polizia penitenziaria parlando del problema del sovraffollamento delle carceri. “Sul punto- dice- devo sottolineare che nell’anno appena trascorso abbiamo registrato una importante inversione di tendenza nel flusso di ingressi in carcere: il trend di crescita annuale rispetto al 2008 si è ridotto del 17 per cento nel 2009 e, dato numericamente ancora più significativo, del 62 per cento nel 2010”. Quindi aggiunge: “Per dirla coi numeri, se nel maggio 2009 la popolazione detenuta era cresciuta, rispetto al 2008, di 8.797 unità e tra il 2007 e il 2008 è cresciuta di 10.670 unità, la crescita complessiva tra il maggio 2009 ed oggi è di 4051 detenuti. Quanto alla presenza di stranieri nelle strutture detentive, il ministro spiega che “è pari al 37 per cento circa della popolazione carceraria, attestandosi sulle stime degli anni precedenti”. I detenuti in attesa di giudizio definitivo, conclude, “sono il 44 per cento, di cui il 21 per cento in attesa della sentenza di primo grado”. Quelli già condannati con sentenza passato in giudicato sono il 53 per cento mentre gli internati sono il 3 per cento. Mai più accademia del crimine, 41 bis è parte della strategia del governo “Il carcere non è più, e non deve assolutamente tornare ad essere, un’accademia del crimine”. Lo dice Angelino Alfano durante la cerimonia per i 193 anni della Polizia penitenziaria all’Arco di Costantino. “È di fondamentale importanza- aggiunge il ministro della Giustizia- che all’interno del carcere non sia consentito a nessuno di affermare, con intollerabili privilegi o sopraffazioni, il proprio rango criminale. All’interno degli istituti penitenziari devono essere riconosciuti i soli valori che reggono la nostra democrazia”. Alfano continua: “È ben noto, tuttavia, che tale controllo diventa ancora più delicato e rischioso allorquando i detenuti facciano parte di consorterie criminali di tipo mafioso, le quali, per loro stessa natura, tendono a mantenere forme di visibilità e potere anche all’interno degli istituti penitenziari”. Il guardasigilli sottolinea che la polizia penitenziaria è “presidio di diritto dentro le mura carcerarie” e che è “costantemente impegnata al fianco delle strutture antimafia, giudiziarie e di polizia, per garantire la corretta e rigorosa applicazione del regime speciale previsto dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario, che contribuisce a smantellare queste consorterie, ponendo una netta separazione tra i boss detenuti e gli affiliati ancora presenti sul territorio”. Il ministro Alfano ricorda che “il 41 bis continua ad essere parte della strategia del governo Berlusconi che ha puntato” nella lotta alla mafia “anche sull’aggressione dei patrimoni e sulla caccia ai latitanti”. Poi sottolinea che “al 9 maggio 2008, data del mio insediamento, i detenuti sottoposti al 41 bis erano 564, lo scorso anno erano 616, oggi sono 671 (di cui 668 uomini e tre donne). Del totale dei detenuti al carcere duro- continua il ministro- 576 appartengono ad associazioni a delinquere di stampo mafioso di vario tipo e tra questi 258 solo gli affiliati alla camorra e 209 a cosa nostra. In questi primi cinque mesi del 2010 sono stati 35 i decreti di nuova applicazione e 124 le proroghe”. Alfano conclude dicendo che “grazie alla maggiore coerenza delle norme entrate in vigore nel giugno scorso si è notevolmente abbattuto il numero dei provvedimenti applicativi” del regime di carcere duro “annullati dai tribunali di sorveglianza. A fronte del 66 annullamenti del 2007 e dei 68 del 2008, si riscontrano 37 annullamenti nel 2009 e soltanto 6 nei primi 5 mesi del 2010”. Per stranieri detenzione nel paese d’origine Il governo ha tra i suoi obiettivi nella politica carceraria “quello di ottenere il trasferimento dei detenuti nei loro paesi d’origine per l’espiazione della pena”. Lo dice il guardasigilli, Angelino Alfano, intervenendo alla cerimonia per i 193 anni della Polizia penitenziaria. “Devo con soddisfazione evidenziare - sottolinea - che nel quadro dell’approvazione del “Programma di Stoccolma 2010-2014 per uno spazio europeo di libertà, di sicurezza e giustizia” il Parlamento europeo, su iniziativa italiana, ha approvato nel novembre scorso una risoluzione che getta le basi per il finanziamento delle nuove carceri da parte dell’Unione europea in quei paesi nei quali il sovraffollamento è determinato anche dalla massiccia presenza di detenuti stranieri. L’obiettivo è sempre quello di ottenere il trasferimento di questi detenuti nei loro paesi di origine” per scontare la pena in carcere. Giustizia: Dap: 11.460 detenuti con pena residua fino a 1 anno su un totale di 36.000 condannati Adnkronos, 18 maggio 2010 Sono 11.460 i detenuti che devono scontare nelle carceri italiane una pena residua fino a 1 anno, sul totale di 36.001 condannati con sentenza definitiva. Il dato, aggiornato allo scorso 14 maggio, è contenuto nel dossier statistico predisposto dal Dap, il dipartimento amministrazione penitenziaria, in occasione della celebrazione all’Arco di Costantino della “Festa della Polizia penitenziaria” alla presenza fra gli altri del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del ministro della Giustizia Angelino Alfano. Per quanto riguarda il resto dei detenuti, 7.108 hanno ancora da scontare una pena residua fra 1 e 2 anni, 4.845 da 2 a 3 anni, 5.077 da 3 a 5 anni, 4.088 da 5 a 10 anni, 1.595 da 10 a 20 anni, 335 oltre i 20 anni e 1.493 sono condannati all’ergastolo. il numero più alto di detenuti è rinchiuso nelle carceri della Lombardia che ne ospita 4.063 seguita dal Piemonte con 2.476, dall’Emilia-Romagna con 2.399, dal Lazio con 2.341, dalla Toscana con 2.278 e dalla Sicilia con 2.068. Per quanto riguarda la popolazione detenuta straniera, che conta un totale di 24.910 fra imputati e condannati su 67.593, per quel che concerne la religione 9.838 sono di fede islamica, 4.034 cattolici, 2.644 ortodossi, 217 protestanti, 94 buddisti, 75 ebrei, 64 induisti, 8 anglicani e 3 testimoni di Geova, mentre 433 sono atei, 1.287 di altre fedi e per 6.213 non è stata rilevata la religione. Giustizia: Ionta (Dap); creazione nuovi edifici per rispetto del principio di realizzazione della pena Agi, 18 maggio 2010 La realizzazione di nuove aree detentive all’interno di istituti esistenti e la costruzione di nuovi edifici penitenziari “è un punto ineludibile per garantire il rispetto del principio di realizzazione della pena”. Lo ha detto il capo del Dap Franco Ionta, intervenendo alla Festa del Corpo di Polizia penitenziaria, sottolineando però che “è evidente che la realizzazione di edifici penitenziari necessita di organici adeguati in grado di fronteggiare le esigenze di sicurezza e allo stesso tempo di garantire condizioni lavorative al personale che sta facendo fronte all’emergenza con uno spirito di sacrificio di cui sono pienamente consapevole e testimone diretto”. I primi mesi del 2010, ha rilevato Ionta, “sono stati difficili, abbiamo registrato con crescente preoccupazione i segnali di allarme provenienti dalle carceri”, ma la vita all’interno dei penitenziari “non è fatta solo di negatività”. Il carcere, secondo Ionta, “può essere opportunità di cambiamento ed è per questo che dobbiamo agire con profondi interventi che vadano ad incidere sulle strutture, sull’adeguamento degli spazi e organici congrui di personale, in primis di Polizia Penitenziaria”. Anche le “misure deflattive alla carcerazione”, ha concluso il capo dell’amministrazione penitenziaria, vanno “in questa direzione, evitando il carcere in quei casi in cui l’allarme sociale è basso, sostituendo la carcerazione con la detenzione domiciliare, ottenendo il risultato di alleggerire la presenza dei detenuti alzando il livello di sicurezza e di assistenza”. Giustizia: la Lega ritira tutti gli emendamenti al ddl Alfano; dopo modifiche non è più indulto mascherato Apcom, 18 maggio 2010 La Lega nord ha ritirato tutti gli emendamenti presentati in commissione Giustizia alla Camera al ddl Alfano che prevede la possibilità di scontare l’ultimo anno di pena ai domiciliari. A chiedere al Carroccio di rinunciare alle proposte di modifica è stato lo stesso rappresentante del governo in commissione. Il provvedimento, nella sua versione originale, così come approvato dal Consiglio dei ministri, aveva ricevuto lo stop del ministro dell’Interno Roberto Maroni, che lo aveva giudicato “peggio di un indulto”. In seguito alle critiche del titolare del Viminale, il governo ha presentato tre emendamenti in commissione che sostanzialmente riscrivono il testo cancellando l’automatismo e rimettendo la decisione sulla scarcerazione al giudice di sorveglianza. Inoltre dal ddl sono stati stralciati gli articoli che prevedevano l’istituto della messa alla prova, decisione questa approvata all’unanimità da tutti i gruppi, ad eccezione della radicale eletta nel Pd, Rita Bernardini. Brigandì: dopo modifiche, ddl non è più indulto mascherato Matteo Brigandì, responsabile giustizia della Lega, spiega la ragione per cui il Carroccio ha ritirato le proposte di modifica al ddl svuota-carceri. “Gli emendamenti al provvedimento che punta a far trascorrere agli arresti domiciliari l’ultimo periodo di detenzione - afferma - sono stati ritirati in quanto il provvedimento attuale che consente benefici ai meritevoli valutati caso per caso dalla magistratura non è più da considerarsi un indulto mascherato”. Castelli: non è vero che gli agenti in Italia sono pochi “Non è vero che gli agenti di polizia penitenziaria in Italia sono pochi. Ricordo che la media statunitense vede un agente ogni sette detenuti, quella europea un agente ogni tre detenuti, mentre in Italia siamo a 1,64. La realtà vera è che le carceri italiane sono troppo poco automatizzate e sotto questo punto di vista c’è molto spazio su cui lavorare”. Lo dichiara il viceministro della Lega Nord, ex ministro della Giustizia, Roberto Castelli. Lussana: ddl in vigore non oltre il 31 dicembre 2013 La vicepresidente della commissione Giustizia, Carolina Lussana (Lega), esprime “soddisfazione” per la decisione del governo di accogliere le proposte avanzate dal Carroccio di modifica del ddl Alfano che prevede la possibilità di scontare l’ultimo anno di pena residua ai domiciliari. “Abbiamo ritirato tutti i nostri emendamenti - ha spiegato lasciando la seduta della commissione - perché il governo ha accolto le modifiche da noi richieste”: oltre alla cancellazione del meccanismo automatico con cui sarebbero avvenute le scarcerazioni, è stata accolta la proposta di assunzione di nuovo personale di polizia, la necessità della verifica dell’idoneità del domicilio, e la durata di questo provvedimento fino all’attuazione del piano carceri da parte del governo e comunque non oltre il 31 dicembre 2013. Giustizia: Governo favorevole a emendamenti Pd per potenziamento personale penitenziario Ansa, 18 maggio 2010 La commissione Giustizia della Camera ha cominciato a votare gli emendamenti presentati al ddl carceri e il Governo ha dato parere favorevole alle proposte di modifica del Pd che prevedevano il potenziamento del personale civile e amministrativo penitenziario (psicologi, educatori, ecc) e l’adeguamento delle piante organiche di carabinieri e polizia in funzione del nuovo impegno che dovranno svolgere per vigilare sui detenuti che trascorreranno agli arresti domiciliari l’ultimo periodo della loro detenzione. Il capogruppo del Pd in commissione giustizia, Donatella Ferranti, ha espresso soddisfazione per questo parere favorevole del Governo augurandosi che alla fine l’emendamento venga approvato. Pd: nostre proposte sono su linea indicata da Napolitano “Il Pd è pronto” a rispondere al monito del presidente della Repubblica sulla necessità di risolvere il sovraffollamento delle carceri e “a fare la propria parte”. Per questo, annuncia Sandro Favi, responsabile Carceri dei democratici, “nei prossimi giorni il nostro partito presenterà proposte su questi temi, in un quadro di sistema e in continuità e sviluppo delle mozioni approvate dal Parlamento già nei primi mesi di quest`anno”. “Proporremo - spiega Favi - che si proceda alla revisione del codice penale, che vengano riviste le norme che determinano l`alta incidenza di imputati in custodia cautelare in carcere e quelle sul trattamento penale dei tossicodipendenti, che siano ampliate le opportunità di accesso alle misure alternative alla detenzione. Chiederemo inoltre al Governo - prosegue - un piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, nonché gli indispensabili stanziamenti ed investimenti per ripristinare la corretta funzionalità ed operatività dei servizi e delle strutture”. “Il Partito Democratico - conclude l’esponente del Pd - rinnova la stima e la fiducia degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e l`apprezzamento verso i dirigenti dell`Amministrazione penitenziaria, verso le professionalità socio-educative, sanitarie, amministrative e tecniche che, in questa fase difficile, dimostrano il proprio impegno con alto senso di umanità e qualificate competenze”. Giustizia: Antigone; ok a interventi normativi e organizzativi, ma piano del Governo non va bene Agi, 18 maggio 2010 “Siamo grati al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per la consapevolezza delle drammatiche criticità del sistema penitenziario dimostrata con le dichiarazioni rese in occasione della festa del Corpo di Polizia Penitenziaria. Il Capo dello Stato sostiene ormai “ineludibile l’attuazione di interventi normativi e organizzativi per il superamento delle molte criticità ma tali interventi vanno intesi in un senso alto che mal si adatta ai miseri provvedimenti proposti dal Governo come il fantomatico piano di edilizia carceraria”. Lo dichiara il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, rilevando che “sono passati ormai quattro mesi dalla proclamazione dello stato di emergenza delle carceri e niente è accaduto. Bene hanno dunque fatto quelle organizzazioni sindacali di Polizia penitenziaria che hanno scelto di disertare le celebrazioni. C’è infatti ben poco da festeggiare di fronte alle condizioni disastrose in cui versano le nostre galere e ai suicidi di detenuti e poliziotti”. Giustizia: Uil-Pa; il nostro sistema penitenziario è indegno di un paese civile Adnkronos, 18 maggio 2010 “Tre suicidi di agenti penitenziari; 26 suicidi di detenuti; 39 tentati suicidi in cella sventati in extremis dalla polizia penitenziaria; 84 agenti feriti a causa di aggressioni da parte di detenuti; tre evasioni e cinque tentate evasioni”. Sono alcune cifre, dal 1° gennaio scorso a oggi, fornite dalla Uil-Pa Penitenziari, in concomitanza con la “Festa della polizia penitenziaria” celebrata oggi all’Arco di Costantino, alla presenza fra gli altri del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del ministro della Giustizia Angelino Alfano e del capo del Dap, dipartimento amministrazione penitenziaria, Franco Ionta. “Questi dati - osserva il segretario della Uil-Pa Penitenziari Eugenio Sarno - vanno coniugati con le infamanti e penalizzanti condizioni di lavoro nonché il degrado e l’inciviltà della gran parte delle strutture, che ci fanno dire di un sistema penitenziario indegno per un Paese civile, irrimediabilmente alla deriva e consegnato alle violenze”. Giustizia: l’assistenza sanitaria nelle carceri, un vero “supplemento di pena” Associazione Luca Coscioni, 18 maggio 2010 Il bilancio degli operatori sulla riforma del 2008 della sanità penitenziaria. Ceraudo: “È stata tradita. Colpa del sovraffollamento, ma anche dei conservatori che non sono solo quelli di Governo”. “Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri”. Le parole di Voltaire oggi suonano come condanna senz’appello della “civiltà” italiana: detenuti ben oltre il numero massimo ospitabile; agenti di custodia sotto il livello minimo; medici, psicologi e operatori sanitari che sono un miraggio dietro le sbarre. I Radicali con Rita Bernardini propongono con la nonviolenza di affrontare una realtà che sempre più si trasforma in tragedia. Ecco la fotografia dello stato di salute, civile e umana, che in carcere è cancellata. Il bilancio degli operatori sulla riforma del 2008 della sanità penitenziaria. Ceraudo: “È stata tradita. Colpa del sovraffollamento, ma anche dei conservatori che non sono solo quelli di Governo”. Roma. Nel 2008, proprio di questi tempi, la sanità penitenziaria smetteva di essere sotto la responsabilità del ministero della Giustizia e diventava competenza del Servizio sanitario nazionale. Allora, a partire dalla comunità penitenziaria, in molti parlarono di uno spartiacque storico, l’inizio di una rinnovata attenzione verso la salute delle persone detenute. Ma a due anni di distanza, è difficile dire che quella riforma abbia fatto la storia: “Ispirata a principi condivisibili, è stata di fatto tradita”, dice ad Agenda Coscioni il professore Francesco Ceraudo, medico che da 40 anni opera nelle carceri italiane, oggi dirigente sanitario della Casa circondariale di Pisa e uno dei massimi esperti della tutela della salute dei reclusi. Ceraudo, che pure sottolinea come i 19 istituti di pena della Toscana siano in condizioni migliori rispetto alla media italiana, non può fare a meno di partire dall’ultimo fatto di cronaca che interessa proprio la sua regione: “Il 23 aprile un uomo di 34 anni si è tolto la vita nella Casa circondariale di Sollicciano, a Firenze, impiccandosi con un lenzuolo. È il ventunesimo caso del 2010; se continuiamo co-sì supereremo il record di 72 suicidi del 2009. Il suicidio in carcere è come un virus, fortemente alimentato dal sovraffollamento”. Le carceri italiane, con una capienza che non raggiunge nemmeno i 45 mila posti, oggi già contengono 68 mila persone: “E da qui all’estate potremmo arrivare a 70mila”, osserva preoccupato Ceraudo. Il sovraffollamento è il primo scoglio contro il quale ha sbattuto la riforma del 2008: “In queste condizioni siamo costretti a rincorrere le emergenze”. Perché oltre all’aumentato rischio di contagi, gli operatori sanitari - tra medici, infermieri e tecnici - sono fermi da un decennio a un organico di 4.000 persone: “Ciò vuol dire meno controlli e meno medicina preventiva”. Non solo, secondo Ceraudo la riforma della sanità penitenziaria è stata vissuta da alcune istituzioni come un’occasione per “lavarsi le mani” del problema carcere: “È evidente che l’amministrazione della giustizia ponga una maggiore enfasi sulla questione sicurezza, e per questo è stato bene che il Sistema sanitario nazionale divenisse protagonista - dice Ceraudo - ma ora il ministero di Via Arenula, il Dap e i provveditorati regionali sono praticamente assenti. A volte questa loro inerzia diventa addirittura d’intralcio: ha idea dei problemi che ci sono per avere una scorta per una persona da ricoverare fuori dal carcere?”. Ma soprattutto, a proposito di istituzioni, “l’attuale ministero dell’Economia ancora non ha sbloccato i fondi della sanità penitenziaria del 2009, e quindi le aziende locali hanno dovuto anticipare di tasca loro. Di conseguenza ci hanno dato il minimo indispensabile, sicuramente non abbastanza per gli investimenti in strutture e personale”. Di cui pure si sente veramente il bisogno, considerato che le Asl - nel momento in cui hanno assunto la responsabilità della tutela della salute dei detenuti - si sono rese conto che molte delle strutture prima gestite dal dicastero della Giustizia erano fuori uso. Oggi in tutta Italia c’è soltanto una sala operatoria interna ad un carcere, ed è quella di Pisa, diretta da Ceraudo: “Per il resto, spesso è impossibile fare in carcere anche una semplice radiografia o un’ecografia”. Da Roma, soprattutto, dovrebbe arrivare un segnale più chiaro sui principi generali, a partire da quello per cui “la persona detenuta, quando si tratta della salute, ha gli stessi diritti della persona libera, altrimenti - nota Ceraudo - il federalismo sanitario, che ormai riguarda anche le strutture penitenziarie, diventa parcellizzazione, autoreferenzialità, al limite una scusa per non fare nulla”. Infine, secondo il dirigente sanitario del carcere di Pisa, a ostacolare un’efficace applicazione della riforma ci sono anche due tendenze fortemente conservatrici: non ha sbloccato i fondi della sanità penitenziaria del 2009, e quindi le aziende locali hanno dovuto anticipare di tasca loro. Di conseguenza ci hanno dato il minimo indispensabile, sicuramente non abbastanza per gli investimenti in strutture e personale”. Di cui pure si sente veramente il bisogno, considerato che le Asl - nel momento in cui hanno assunto la responsabilità della tutela della salute dei detenuti - si sono rese conto che molte delle strutture prima gestite dal dicastero della Giustizia erano fuori uso. Oggi in tutta Italia c’è soltanto una sala operatoria interna ad un carcere, ed è quella di Pisa, diretta da Ceraudo: “Per il resto, spesso è impossibile fare in carcere anche una semplice radiografia o un’ecografia”. Da Roma, soprattutto, dovrebbe arrivare un segnale più chiaro sui principi generali, a partire da quello per cui “la persona detenuta, quando si tratta della salute, ha gli stessi diritti della persona libera, altrimenti - nota Ceraudo - il federalismo sanitario, che ormai riguarda anche le strutture penitenziarie, diventa parcellizzazione, autoreferenzialità, al limite una scusa per non fare nulla”. Infine, secondo il dirigente sanitario del carcere di Pisa, a ostacolare un’efficace applicazione della riforma ci sono anche due tendenze fortemente conservatrici: “Nella politica, innanzitutto. Questo governo ritiene che tutto vada risolto con la pena detentiva, dalla questione dell’immigrazione a quella delle droghe, mentre è chiaro ad esempio che la tossicodipendenza è tutto fuorché un reato”. Poi c’è il ruolo della magistratura: “Sarebbero di sinistra? - ironizza Ceraudo - Ma se anche quelli di Magistratura Democratica, quando si tratta di rispondere alle sollecitazioni dei medici, sono inspiegabilmente inflessibili!”. Nel 2009 circa 225 detenuti hanno ottenuto una forma di sospensione della pena per motivi di salute: “Ma dovevano essere molti di più - si accalora il medico - non capisco come la magistratura di sorveglianza possa rifiutare il beneficio di legge a malati oncologici gravi, a malati terminali di Aids e a pazienti con depressione grave”. Da qui nasce un duplice appello: ai magistrati, “perché siano più sensibili alle richieste del personale medico”, e alla politica, “perché inverta la rotta, magari dando un segnale con la rapida approvazione del Ddl Alfano sulla messa alla prova e sull’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive brevi”. Consentirebbe a circa 10 mila detenuti di lasciare gli istituti di pena, offrendo magari una chance perché la riforma della sanità penitenziaria del 2008 possa finalmente essere applicata. Lazio: il Garante dei detenuti; a Rebibbia 12 agenti per 500 detenuti Il Velino, 18 maggio 2010 È sovraffollamento record nel carcere romano di Rebibbia Nuovo Complesso. A fronte di una capienza prevista di 1.209 posti i detenuti attualmente reclusi sono 1.731, ben 522 in più rispetto alla capacità regolamentare. La denuncia è del Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni secondo cui “non si tratta di un caso eccezionale ma di un trend di crescita purtroppo costante visto che nell’ultimo mese i detenuti, a Rebibbia, sono cresciuti di 50 unità”. All’interno del carcere i collaboratori del Garante hanno riscontrato, negli ultimi giorni, numerose situazioni critiche: ad esempio, vi sono casi dove dodici agenti di Polizia penitenziaria devono sorvegliare un reparto con circa cinquecento detenuti. Per far fronte al sovraffollamento, inoltre, sono state adottate situazioni di emergenza: nella sezione G 9 nella stanza destinata alle attività ricreative (ping pong) sono stati alloggiati 15 detenuti che hanno a disposizione un solo bagno. È evidente, inoltre, che il sovraffollamento causa anche diversi problemi burocratici nella gestione dei reclusi. Per questi motivi due detenuti sono in sciopero della fame: il 24enne Ilario, romano con un fine pena fissato al 21 settembre prossimo, è in sciopero della fame perché dal 10 maggio ha maturato due semestri di liberazione anticipata. Doveva essere già stato scarcerato ma il magistrato di sorveglianza non ha ancora ricevuto la relazione dei carabinieri sulla sua buona condotta ai domiciliari. Anche il serbo 34enne Tomasz, è in sciopero della fame: l’uomo, con un fine pena fissato al primo agosto 2010 e la possibilità di essere scarcerato anticipatamente il prossimo 17 giugno per buona condotta, ha chiesto di essere espulso in Serbia fin dall’11 novembre scorso per scontare il resto della pena in patria. L’espulsione è stata accordata il 19 marzo ma da allora non è accaduto nulla. “La crescita del numero dei detenuti nelle carceri della regione è un dato sempre più allarmante - ha detto Marroni - segnalato ormai da tutti coloro che vivono il carcere, a cominciare dagli agenti di polizia penitenziaria. È evidente che in queste condizioni viene pericolosamente meno ogni tipo di discorso sul recupero e la rieducazione del reo previsti dalla norma Costituzionale. In Parlamento è in discussione una norma che dovrebbe alleggerire il numero dei detenuti nelle carceri. Io spero che, al di là delle contrapposizioni, le forze politiche trovino un accordo prima che il sistema arrivi al punto di non ritorno”. Lazio: Polverini; visiterò i penitenziari della regione, per vedere come ci si vive Apcom, 18 maggio 2010 La presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, annuncia a margine della festa della Polizia Penitenziaria, oggi a Roma, la volontà di “stilare un calendario per visitare tutte le carceri del Lazio, a cominciare dall’Istituto minorile, per capire che tipo di contributo può dare la Regione per rendere migliore la vita degli agenti e per sostenere la rieducazione dei detenuti”. “La Regione ha la competenza per l’assistenza sanitaria nelle carceri - ha aggiungo Polverini - ma al di là di questo c’è un problema di sovraffollamento, come ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Per questo motivo la Regione darà il suo contributo”. Roma: mozione bipartisan per Comune di Roma come parte civile nel processo Cucchi 9Colonne, 18 maggio 2010 Presentata stamattina una mozione bipartisan per la costituzione del Comune di Roma come parte civile nel processo Cucchi. Presenti alla conferenza stampa il consigliere comunale Pd, Mario Mei, il delegato allo Sport del Comune di Roma, Alessandro Cochi, il capogruppo in Consiglio Comunale di Roma in Action, Andrea Alzetta, il consigliere comunale Pd, Massimiliano Valeriani, e Ilaria Cucchi. “Giovedì o lunedì ci sarà un incontro tra istituzioni e cittadini del VI Municipio di Roma, dove Stefano viveva, per spiegare alla gente comune i particolari di questa triste vicenda”, ha detto Mei. “Ancora oggi non sappiamo perché Stefano è morto. Spero si faccia chiarezza su tutta la vicenda anche grazie all’appoggio delle istituzioni”, ha commentato Ilaria Cucchi. Bologna: per protesta i detenuti battono contro inferriate; sciopero della fame nel “giudiziario” Dire, 18 maggio 2010 Continua la protesta dei detenuti nel carcere di Bologna. Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe, fa sapere infatti che questa mattina, “appena terminata la festa della Polizia penitenziaria a Roma, i detenuti hanno ripreso a battere contro le inferriate delle celle, in tutto il carcere”. Inoltre, da ieri mattina “tutti i detenuti del reparto giudiziario, che sono 744, la maggior parte dei quali stranieri extracomunitari, rifiutano il cibo che quotidianamente l’amministrazione penitenziaria fornisce a tutti i reclusi”, aggiunge il sindacalista. A quanto riferisce il Sappe, i detenuti hanno anche redatto un documento in cui dicono di voler manifestare pacificamente contro la politica che non affronta in maniera decisa ed appropriata la questione carceri. “Hanno espresso solidarietà alla Polizia penitenziaria che quotidianamente lavora tra mille difficoltà”, aggiunge Durante in una nota. Il Sappe incassa, ma dice anche che, “nonostante le dichiarazioni tranquillizzanti dei detenuti non possiamo comunque abbassare la guardia, soprattutto rispetto al rischio di strumentalizzazioni e di eventuali iniziative di protesta violente”. Durante ricorda che domenica scorsa, proprio davanti al carcere bolognese, c’è stata una manifestazione pacifica di un gruppo di circa 20 anarchici con musica ad alto volume. Analoghe iniziative, “ma in forma più violenta” sottolinea Durante, si erano verificate contemporaneamente a Torino ed Milano San Vittore, dove la Polizia penitenziaria ha arrestato uno dei manifestanti. Durante ricorda, per l’ennesima volta, che nel carcere di Bologna ci sono 1.154 detenuti, a fronte di una capienza di 492 posti regolamentari. “Il sovraffollamento è del 234%, molto più alto della media regionale che è del 191%”, continua il sindacalista. Gli stranieri reclusi sono 737, per una percentuale del 63,86%, “anch’essa più elevata di quella regionale che è del 52,56%”. Attualmente 25 detenuti dormono per terra, sui materassi, per mancanza di posti. A fronte di tutto questo, “sarebbe opportuno rinforzare immediatamente l’organico della Polizia penitenziaria del carcere bolognese e di tutti gli istituti oggetto di proteste interne ed esterne, come Milano e Torino”, conclude il segretario del Sappe. Usa: chi ha commesso reati sessuali può essere tenuto in carcere dopo la fine della pena Ansa, 18 maggio 2010 Negli Stati Uniti chi ha commesso reati sessuali può restare in carcere anche dopo aver scontato la pena. Lo ha stabilito la Corte Suprema, secondo la quale le autorità federali possono tenere in prigione detenuti considerati “sessualmente pericolosi” anche dopo che hanno finito di scontare la pena. I giudici hanno così dato torto alla Corte d’Appello di Richmond in Virginia, che aveva definito incostituzionale l’Adam Walsh Child Protection Act del 2006, una legge del Congresso che aveva autorizzato la detenzione di detenuti considerati pericolosi “predatori sessuali” a rischio di recidiva. La legge era stata impugnata da quattro detenuti condannati a pene tra i 3 e gli 8 anni di prigione che avrebbero dovuto essere liberati due anni fa ma sono rimasti dentro perché giudicati a rischio di colpire di nuovo. India: Angelo Falcone è tornato in Italia dopo tre anni in carcere, l’incubo è finito La Stampa, 18 maggio 2010 “È finita, finalmente è finita”. Cinque parole, molte lacrime, un abbraccio interminabile. Angelo Falcone, 30 anni, è atterrato ieri nel primo pomeriggio alla Malpensa. Dopo tre anni di reclusione in una prigione indiana con l’accusa di narcotraffico, una condanna in primo grado a dieci anni ribaltata in appello, ha ritrovato l’Italia e la sua famiglia. Ad aspettarlo c’erano la madre, la nonna materna e il padre arrivato in treno dalla Basilicata. Lo hanno trovato “inagrissimo”, ma sollevato perché “l’incubo è finito”. “Era ora”, dice il padre Giovanni, che per il figlio ha combattuto contro la giustizia indiana, ma anche contro le istituzioni italiane,, “che ci hanno lasciati soli”. Angelo era stato arrestato il 9 marzo 2007 a Mandi, nello stato indiano nord orientale dell’Himachal Pradesh, dove si trovava in vacanza con un amico. Prelevati nella guest house dove dormivano e portati in caserma, interrogati per un giorno e costretti a firmare un documento in hindi, senza traduzione, che li inchioda. L’accusa è di traffico internazionale di droga. Vengono portati in galera e sbattuti tra pidocchi, perdono 15 chili e si prendono l’epatite. Nel frattempo, in Italia, la famiglia disperata comincia la sua battaglia. Ingaggia costosi avvocati indiani, contatta parlamentari e governo, apre un blog e si riduce perfino allo sciopero della fame per sollecitare le istituzioni a occuparsi di Angelo e degli altri tremila italiani detenuti in giro per il mondo. Il momento più angoscioso un anno fa, quando le autorità indiane impediscono per undici mesi ai genitori di parlare per telefono con il figlio detenuto. Nel frattempo il tribunale lo ha condannato a dieci anni. A dicembre 2009, la corte d’appello lo assolve da tutte le accuse, poi il definitivo proscioglimento da parte dell’Alta Corte. Infine, un mese di attesa per il lasciapassare dell’ufficio immigrazione necessario a salire sull’aereo per l’Italia. Infine, cinque giorni fa, sul blog del padre Giovanni compare il messaggio più atteso: “È finita. Oggi il giudice ha firmato l’ordinanza di restituzione del passaporto, tra qualche giorno Angelo farà rientro a casa. Voglio ringraziare tutti”. Ieri l’incubo della famiglia Falcone è finito, ma la loro battaglia prosegue per gli altri connazionali ancora nelle carceri straniere. “È osceno che l’Italia non garantisca il gratuito patrocinio agli italiani all’estero, mentre assiste legalmente i 28 mila stranieri detenuti in Italia. È come se un padre desse da mangiare ai figli dei vicini ma non ai propri”.