Giustizia: il ddl “svuota carceri” diventerà una legge a tempo, per fronteggiare l’emergenza Dire, 12 maggio 2010 Sembra rafforzarsi l’idea, tra i gruppi parlamentari della Camera, che il ddl “svuota carceri” sia una legge a tempo, per fronteggiare l’emergenza, e non una legge a regime, come nelle originarie intenzioni del ministro Alfano. I rappresentanti di maggioranza e opposizione in commissione Giustizia stanno avanzando le loro proposte. Si tratta ora di capire cosa deciderà il governo. Nel centrodestra, Pdl e Lega chiedono una data precisa di scadenza delle disposizioni, al di là del completamento del piano carceri. In un emendamento del Pdl, a firma Manlio Contento, si stabilisce che le disposizioni avranno validità “fino alla completa attuazione del primo pilastro del piano straordinario penitenziario e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2012”. Stesso limite temporale (fine 2012) nell’emendamento della Lega, a prima firma Matteo Brigandì, dove però cambia la premessa: “Le disposizioni si applicano fino alla attuazione del programma degli interventi in materia di infrastrutture carcerarie previsto dall’articolo 44-bis del dl 207/2008, convertito dalla legge 14/2009, e successive modificazioni, e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2012”. Dal Pd arriva invece una proposta, a prima firma Donatella Ferranti, per far sì che la legge (che concede i domiciliari a un anno dal fine pena) diventi un ponte verso una riforma complessiva della normativa sulle misure alternative al carcere. Nel testo si specifica che si approva lo svuota carceri “in attesa della entrata in vigore della legge di riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione anche al fine di valorizzare le condotte di riparazione del danno derivante dal reato”. Ferranti spiega: “Non so se la nostra proposta verrà approvata. Per la maggioranza è un impegno troppo forte, però il sottosegretario Caliendo ha promesso che il nostro emendamento sarà accolto come ordine del giorno”. Ferranti: testo migliorato ma serve uno sforzo in più “Lo stralcio della messa in prova consentirà di esaminare rapidamente il provvedimento sulla detenzione domiciliare”. Lo dichiara la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, facendo notare come “la messa in prova non riguardava la popolazione carceraria e quindi non avrebbe avuto effetti sul grave stato di sovraffollamento delle carceri italiane. In ogni caso - sottolinea la democratica - il voto di oggi conferma il nostro giudizio negativo sul testo uscito dal consiglio dei ministri che era confuso e inefficace anche perchè privo di qualsiasi copertura finanziaria. Stiamo adesso valutando se aderire o meno alla richiesta di un voto in sede legislativa sul testo modificato nel corso dei lavori in commissione. La nostra disponibilità dipenderà anche dall’atteggiamento della maggioranza sulle nostre ulteriori proposte di modifica. In particolare - conclude Ferranti -: la tutela delle vittime di violenza domestica, il rafforzamento del personale di polizia (non solo quella penitenziaria) e del personale del comparto civile dell’amministrazione penitenziaria”. Lega: domiciliari solo a chi mancano 6 mesi pena Dopo le modifiche presentate dal governo che riscrivono il ddl Alfano sulla possibilità di scontare l’ultimo anno di pena ai domiciliari e lo stralcio degli articoli che prevedevano la messa alla prova, la Lega rilancia e chiede ulteriori ritocchi al testo che, nella sua versione originale, era stato duramente criticato dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Sono una ventina, tra subemendamenti ed emendamenti, le proposte di modifica presentate a prima firma Matteo Brigandì in commissione Giustizia a Montecitorio: tra le più significative quella che abbassa da 12 a 6 mesi il residuo di pena che è possibile scontare ai domiciliari. La Lega chiede inoltre di sopprimere la possibilità, prevista dal testo del governo, di eseguire il residuo di pena anche “in un luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza”: per il partito di Umberto Bossi i domiciliari possono essere scontati solo nell’abitazione dove il condannato è residente e solo dopo averne verificato l’idoneità. Infatti, secondo un altro subemendamento del Carroccio, la detenzione domiciliare “non può essere concessa a coloro che non hanno residenza o luogo di dimora”. Le proposte di modifica depositate da Brigandì inoltre prevedono un ulteriore restringimento dei possibili beneficiari della detenzione domiciliare allungando la lista dei reati a cui non è applicabile la legge in discussione: tra gli altri quelli previsti dall’articolo 407 del codice di procedura penale (devastazione, guerra civile, strage, associazione di tipo mafioso, omicidio, rapina, estorsione, sequestro di persona, terrorismo, eversione, associazione per delinquere, delitti contro la libertà personale), maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, furto, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti e psicotrope, i recidivi. Con un emendamento la Lega chiede anche che vengano assunti 1500 poliziotti e 1500 carabinieri dal primo settembre 2010 e che la legge in questione sia a tempo, ovvero valga solo fino all’attuazione del piano carceri e comunque “non oltre il 31 dicembre del 2012”. Fleres (Pdl): molti parlano senza conoscere il carcere “Come spesso accade quando si parla di carceri e di pene, anche in merito al provvedimento cosiddetto svuota-carceri, predisposto dal governo, molti parlano senza conoscere nulla di questo complesso settore. Non si tratta ne si tratterà di alcuna liberazione anticipata. Non andrà a casa nessun detenuto in più di quanto non sarebbe accaduto senza questo provvedimento, dato che i cosiddetti arresti domiciliari sono già previsti dal nostro codice”. Lo afferma il senatore del gruppo Pdl, Salvo Fleres che sottolinea come “il provvedimento si limita semplicemente ad accelerarli”.”La verità - spiega il senatore riferendosi al provvedimento all’esame della Camera - è che il sovraffollamento c’è ed è molto grave, soprattutto in vista della stagione calda. Moltissimi reclusi restano in carcere non più di tre giorni, ma potrebbero non andarci se la magistratura fosse più attenta, efficiente e responsabile e se utilizzasse gli strumenti alternativi già previsti”. “Affrontare a spizzichi e bocconi un problema così complesso serve solo a complicarlo ulteriormente” sostiene Fleres che auspica “un tavolo unico in cui siedano: Dap, ministero della Giustizia, della Sanità e degli Interni, sindacati, Regioni, enti locali, e Garanti dei diritti dei detenuti così da varare una strategia unica per risolvere in modo strutturale l’annoso problema del rispetto dell’articolo 27 della Costituzione”. Mannone (Fns Cisl): montagna ha partorito topolino “La montagna ha partorito il topolino”. Così il segretario generale della Fns Cisl, Pompeo Mannone, commenta in una nota il piano carceri del governo. “Il ministro della Giustizia Alfano - continua Mannone - aveva affrontato la piaga del problema del sovraffollamento con piglio e determinazione, fissando uno dei tre pilastri su cui si sosteneva il piano carceri, su un deflazionamento dell’attuale popolazione detenuta attraverso due fondamentali e innovative misure legislative della messa alla prova e della detenzione domiciliare per pene detentive residuali sotto i tre anni”. “Tutto è naufragato. Sotto le pressioni politiche della Lega e di altri - sottolinea Mannone - queste misure, che se attuate avrebbero dato una boccata di ossigeno a tutti i colleghi e ridotto il gravissimo problema del sovraffollamento, sono state ampiamente modificate nella discussione in commissione Giustizia. Un’emergenza, infatti, come quella delle carceri non è tale, se non è affrontata con strumenti e iniziative eccezionali. Limitare l’intervento, in tal modo, lascia sostanzialmente la situazione invariata e quindi drammatica la condizione dei 67.000 detenuti e rende insopportabile il lavoro di migliaia di poliziotti penitenziari che rischiano quotidianamente la propria incolumità fisica”. “Auspichiamo - conclude Mannone - che nel prosieguo della discussione parlamentare si possano apportare i necessari correttivi che rendano la norma efficace e non effimera”. Giustizia: verso l’ok bipartisan a sede legislativa per il ddl Alfano sulla detenzione domiciliare Il Velino, 12 maggio 2010 Con un voto ampiamente bipartisan (solo i radicali eletti nel Pd si sono espressi contro), l’aula della Camera ha confermato la linea espressa ieri dalla commissione Giustizia rispetto allo stralcio degli articoli dal 3 al 9 in materia di sospensione del procedimento penale con messa alla prova. In seguito a tale decisione, dal disegno di legge Alfano sulle “disposizioni relative all’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno”, provvedimento giornalisticamente noto come “svuota-carceri”, vengono stralciate le parti relative alla messa alla prova presso i servizi sociali per i reati puniti con la pena pecuniaria o con il carcere non superiore a tre anni, che confluiscono in un disegno di legge a sé stante assegnato alla commissione Giustizia in sede referente. Intanto presso la commissione Giustizia prosegue l’esame della restante parte del ddl Alfano. Il Pdl ha chiesto di assegnare il provvedimento in sede legislativa e da un primo giro di orizzonte è emersa la disponibilità da parte di tutti i gruppi, tranne l’Idv, ad andare in questa direzione. Con l’assegnazione in sede legislativa (basta l’ok dei tre quinti dei gruppi, e poi il voto dell’aula). il provvedimento sarebbe approvato direttamente dalla commissione Giustizia. Il capogruppo Pdl in commissione Enrico Costa parla di “base solidissima” affinché si possa arrivare a un passo del genere. Tanto che il presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno scriverà una lettera al presidente della Camera Gianfranco Fini per chiedere di temporeggiare sull’assegnazione del provvedimento (prevista per lunedì prossimo) all’aula. La commissione si riunisce di nuovo martedì 18. Ieri in commissione Giustizia sono arrivati gli emendamenti del governo, che prevedono innanzitutto l’eliminazione dell’automatismo dell’assegnazione dei domiciliari per chi deve scontare l’ultimo anno di pena. Dovrà essere il giudice di sorveglianza, in base alle modifiche presentate dall’esecutivo, a valutare caso per caso l’assegnazione delle misure cautelari a domicilio. Una correzione di rotta, caldeggiata in particolare dalla Lega, sulla quale si registra un sostanziale consenso delle opposizioni, con l’eccezione della radicale eletta nel Pd Rita Bernardini. La Bernardini, giunta al 28esimo giorno di sciopero della fame proprio in relazione all’emergenza carceri, ha presentato 14 emendamenti al ddl Alfano. Venti sono invece, fra i 150 complessivi, gli emendamenti presentati dalla Lega intesi a rendere ancora più restrittivo il provvedimento. Fra questi la riduzione da un anno a sei mesi della pena ancora da scontare per potere ottenere i domiciliari. Fra i punti in discussione, caldeggiati dal Carroccio, c’è quello di trasformare il ddl in un provvedimento a termine, in vista dell’attuazione del piano carceri. “Stiamo dialogando su come formulare un ipotesi del genere”, spiega Costa, secondo cui “ci sarà ancora qualche ritocchino al testo”. L’idea di una legge a tempo è stata peraltro già messa nero su bianco in un emendamento della Lega che oltre a chiedere che il ddl svuota-carceri resti in vigore soltanto fino all’attuazione del Piano, chiede che la sua validità non superi comunque la data del 31 dicembre del 2012. Giustizia: schizofrenica certezza della pena, tra sovraffollamento da contenere e paura delle alternative di Alessio Scandurra (Associazione Antigone) Il Manifesto, 12 maggio 2010 Come era prevedibile, hanno trovato l’accordo. Il fuoco amico rischiava di neutralizzare l’unica iniziativa del governo per affrontare da subito l’emergenza carceri. Il paese dalle carceri più sovraffollate d’Europa, il cui governo ha dichiarato per il 2010 lo stato di emergenza nazionale per il sovraffollamento, rischiava di restare nuovamente incantato davanti agli specchietti securitari della Lega, mentre in carcere si muore e il caldo estivo si avvicina. Il tutto in attesa del fantomatico piano di edilizia penitenziaria del commissario straordinario Franco Ionta, per il quale mancano i soldi e ormai soprattutto il tempo. E invece l’accordo è stato trovato, svuotando però ulteriormente un provvedimento dall’efficacia già piuttosto modesta. Le modifiche mirano anzitutto a restituire ai magistrati di sorveglianza quella discrezionalità che difficilmente gli si poteva togliere con legge ordinaria e che verosimilmente si sarebbero ripresa tramite ricorso alla Corte Costituzionale. Gli emendamenti governativi accentuano però soprattutto la natura schizofrenica del provvedimento, che vorrebbe contenere il sovraffollamento, ma che ha paura delle alternative al carcere. Già stupiva infatti che un disegno di legge mirato a contenere il sovraffollamento prevedesse un notevole innalzamento delle pene per il reato di evasione e che introducesse nuovi ed ulteriori ostacoli alla concessione dell’affidamento in prova ai servizi sociali, la misura alternativa al carcere più diffusa. Oggi scopriamo che il governo vuole introdurre nel codice penale anche una nuova aggravante, per chi commette un delitto nel periodo in cui scontava la propria pena in misura alternativa. L’impatto di questa nuova aggravante sarà verosimilmente modesto, dato che da anni i reati commessi durante l’esecuzione di una misura alternativa riguardano meno dello 1% delle misure in corso, ma siamo davanti all’ennesimo segnale di diffidenza verso le alternative al carcere. E così le pene alternative, che garantiscono tassi di recidiva molto più bassi dell’esecuzione della pena in carcere, e che costano molto meno, continuano ad essere viste come una minaccia alla sicurezza collettiva e come uno schiaffo alla certezza della pena. Ma anche in galera la certezza del diritto non c’è più. Il fine rieducativo della pena, previsto dalla legge, è una favola a cui nessuno più crede, tanto che gli emendamenti governativi prevedono, per uno tra i paesi europei con più polizia penitenziaria, e quello con in assoluto meno personale trattamentale, misure per facilitare l’entrata in servizio di nuovo personale di polizia, da realizzarsi peraltro a costo zero, abbreviando il periodo di formazione. Che in un contesto simile non si riescano a garantire, come sarebbe obbligatorio per legge, i diritti più elementari delle persone detenute, come il caso Cucchi ed altri analoghi ci hanno purtroppo insegnato, scandalizza pochi, e non sorprende nessuno. A proposito del caso di Stefano Cucchi, questo provvedimento non avrebbe evitato il carcere ad un ragazzo trovato a passeggiare in un parco con pochi grammi di hascisc in tasca, né impedirà l’attuale ingresso in carcere di oltre 25.000 tossicodipendenti l’anno, più di quanti ne entrano in tutte le comunità terapeutiche del paese. È dunque questa la certezza della pena che piace al governo? Giustizia: svuota-carceri con il filtro dei giudici, dopo i tre emendamenti “migliorativi” del governo di Donatella Stasio Il Sole 24 Ore, 12 maggio 2010 Il governo cerca di ricompattarsi sul provvedimento “svuota carceri” e, per recuperare la spaccatura con la Lega e guadagnare anche i consensi dell’opposizione, corregge il tiro sull’automatismo nella concessione della “detenzione domiciliare” a chi deve scontare un anno di carcere (anche come pena residua). Non solo: mentre alla camera il ministro della Giustizia Angelino Alfano “calava” sul tavolo della commissione giustizia tre emendamenti “migliorativi” dello “svuota-carceri” (suscitando il plauso generale), al senato, lo stesso ministro apriva la porta a “miglioramenti” anche al testo sulle intercettazioni, auspicando “che si vada oltre il muro contro muro”. Sullo sfondo, le proteste della Fnsi e della Federazione degli editori affidate a una nota, con l’appello “al parlamento e a tutte le forze politiche a non introdurre nel nostro ordinamento limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca e sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori”. Il governo ha chiesto, anzitutto, di stralciare la parte sulla “messa alla prova” contenuta nello “svuota-carceri” per far marciare più speditamente quella sulla “detenzione domiciliare”. Che, però, viene esclusa se vi è “la concreta possibilità” che il condannato fugga o se “sussistono specifiche e motivate ragioni “ per ritenere che commetta altri delitti. A valutare queste due condizioni sarà il magistrato di sorveglianza al quale spetta anche la valutazione dell’“idoneità “del domicilio-sia esso l’abitazione o un luogo di cura, assistenza, accoglienza nonché una comunità in caso di tossicodipendenti che seguono un programma di recupero - e della condotta tenuta in carcere dal detenuto (è prevista un’apposita relazione del direttore dell’istituto). Niente più automatismi, insomma. Chi ha vinto e chi ha perso? La Lega rivendica il “merito” delle correzioni, ma altrettanto fanno l’opposizione, l’Anm e la magistratura di sorveglianza. Tutti, durante l’iter del ddl, avevano indicato nell’automatismo il punto più debole della “detenzione domiciliare” voluta da Alfano per fronteggiare l’emergenza sovraffollamento, visto che nelle patrie galere sono attualmente “stipati” 67.500 detenuti rispetto a una capienza regolamentare di 44.218 posti. I soli a non cantare vittoria sono i radicali (da 27 giorni in sciopero della fame contro il sovraffollamento delle prigioni) nonché l’associazione Antigone, preoccupati che le correzioni finiscano per rendere “inutile” il provvedimento, azzerandone gli effetti deflattivi e, per di più, “creando allarme”. Il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, ammette che la misura potrà avere un “effetto ridotto” (i potenziali beneficiari potrebbero scendere da 6mila a 3mila), ma aggiunge che “il provvedimento va letto in relazione al piano-carceri, che nel giro di un anno e mezzo consentirà di realizzare 11mila posti”. E c’è già chi, nella maggioranza, ipotizza di trasformare anche questa in una “legge-ponte” (com’è stato per il”legittimo impedimento “) in attesa, appunto, che il pluriannunciato piano carceri si trasformi in nuove carceri (utilizzabili). Il ministro dell’Interno Roberto Maroni plaude ai “miglioramenti “ e se ne augura di ulteriori, prima che il ddl venga approvato. Certo è, però, che non è passata la linea intransigente del ministro di ridurre da 12 a 6 mesi la pena da scontare in “detenzione domiciliare” (Alfano gli ha fatto capire che in questo modo il ddl sarebbe stato davvero inutile). Per accontentare i leghisti, il governo ha previsto l’aggravante di un terzo della pena per chi, durante il periodo in cui beneficia di una misura alternativa al carcere, commetta un nuovo reato (l’inasprimento si aggiunge a quello già previsto - carcere fino a 3 anni - per chi evade dal domicilio). Infine, per recuperare poliziotti, si prevede l’adeguamento degli organici (senza precisare l’entità) nonché l’abbreviazione dei corsi di formazione iniziale delle “divise blu”. Giustizia: nel “nuovo” ddl Alfano misure alternative ridotte, ma alla Lega ancora non basta Italia Oggi, 12 maggio 2010 Via la messa in prova dal disegno di legge del ministro della giustizia Angelino Alfano sulle misure alternative al carcere per l’ultimo anno di pena. La commissione giustizia della camera ha votato ieri lo stralcio dell’articolo 4 del ddl. Il testo uscirà dalla commissione profondamente modificato. Il governo ha presentato tre emendamenti, uno dei quali annulla tra l’altro l’automatismo dei domiciliari per gli ultimi 12 mesi e introduce la verifica dell’idoneità del domicilio. A decidere se consentire a un detenuto di scontare ai domiciliari la condanna fino a 12 mesi o l’ultimo anno di pena sarà il magistrato di sorveglianza, sulla base degli atti trasmessigli dal pubblico ministero e, nel caso di detenuti, di una relazione della direzione del carcere sulla condotta tenuta in prigione. Dalla lista di chi potrà beneficiare della misura alternativa restano esclusi, anche nella nuova formulazione, i condannati per reati di mafia e terrorismo, e i delinquenti abituali. La misura potrà essere negata più in generale, e questa è una novità, “quando vi è la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga” oppure si teme “possa commettere altri delitti”. Oltre che al domicilio, la pena si potrà scontare “in altro luogo pubblico o provato di cura, assistenza e accoglienza”. Sparita la possibilità che i clandestini siano incarcerati nei Cie. Nel caso di tossicodipendenti o alcol dipendenti, i detenuti potranno seguire programmi di recupero, già iniziati o cui intendano sottoporsi, in una struttura pubblica o in una provata accreditata. Con un secondo emendamento del governo sono state aumentate di un terzo le pene per i reati commessi da chi è ai domiciliari. Infine, l’ultimo testo dell’esecutivo riguarda “l’adeguamento del corpo di polizia penitenziaria per fronteggiare” l’emergenza in atto. Le proposte del governo tengono conto dei dubbi sollevati dal Pd e dalla Lega. E dopo lo scontro delle ultime settimane, si è quindi delineata un’intesa tra maggioranza e opposizione che potrebbe consentire di tornare al proposito originario di esaminare il ddl in sede legislativa. L’unica a votare contro allo stralcio della messa in prova è stata la radicale Rita Bernardini. Dopo le nuove proposte del governo è scattato il termine per i subemendamenti che scadrà oggi alle 10. Soddisfatto Enrico Costa, capogruppo del Pdl in commissione. “È riuscito in bilanciamento delle opposte esigenze della funzione educativa del carcere e della sicurezza”, ha sottolineato, e il risultato “è un testo molto equilibrato che potrà essere ancora migliorato”. Matteo Brigandì incassa il successo della Lega, contraria all’automaticità dei domiciliari, ma avverte che ora è necessario guardare al lungo periodo, consapevole che il ddl non svuoterà le carceri e che questa estate si preannuncia molto difficile per il sovraffollamento degli istituti. “L’autostrada non è l’affidamento in prova”, ha spiegato, “ma fare i processi e liberare gli innocenti, perché ci sono 26 mila persone in attesa di giudizio”. Dunque nei prossimi tre anni il governo deve lavorare a una riforma del codice penale “con meccanismi di pena nuovi”. Donatella Ferranti, del Pd, plaude alla nuovo ddl. “Non è una marcia indietro”, ha tenuto a chiarire. Anzi. “Il governo non si è irrigidito e ha fatto uno sforzo”, ha riconosciuto, “è un testo diverso che tiene conto del dibattito e delle audizioni dei tecnici, mentre prima era un testo confuso”. Certo il Pd ha sostenuto la cancellazione dell’automatismo dei domiciliari e ha ottenuto di “escludere che gli immigrati possano andare nei Cie”, ha ricordato, ora resta aperta la questione del rafforzamento “del personale di polizia in generale” e dunque il testo andrà “migliorato ancora”. Giustizia: Bernardini (Ri); il Pd è d’accordo con la Lega e l’Idv, che oggi sono i veri vincitori Il Manifesto, 12 maggio 2010 Se da Torino Fassino fa sapere che sugli immigrati la Lega ha un po’ ragione e che le barriere d’ingresso dovrebbero essere più rigide, a Roma, alla camera, l’asse Pd-Lega è già alle prove generali. Almeno sul disegno di legge cosiddetto “svuota carceri” voluto dal ministro della giustizia Angelino Alfano e dettato dal gravissimo stato di sovraffollamento delle patrie galere. Ieri il governo ha chiuso il braccio di ferro tra il Pdl e il partito del nord presentando degli emendamenti che restringono e di parecchio l’efficacia del provvedimento. Se la proposta iniziale prevedeva i domiciliari per chiunque avesse solo l’ultimo anno da scontare, il nuovo testo firmato dal sottosegretario Giacomo Caliendo piazza una serie di freni. Prima di tutto viene cancellato l’automatismo. Sarà il giudice del tribunale di sorveglianza a valutare caso per caso, basandosi anche su di un “verbale di accertamento della idoneità del domicilio”. La valutazione della dimora esclude automaticamente gli immigrati che dovevano essere trasferiti nei Cie, ma rischia di mettere a rischio anche la situazione dei cittadini italiani. Esclusi dal provvedimento saranno pure i delinquenti “abituali, professionali o per tendenza”. La somma di tutte queste restrizioni fa scendere di parecchio il numero dei beneficiari del provvedimento: dei 10.741 iniziali, ne restano sì e no cinquemila. Per far contenta la Lega, ma anche il Partito democratico, il governo ha poi deciso di stralciare del tutto la parte del disegno di legge che prevedeva l’avvio della “messa alla prova” per i detenuti comuni. La proposta riguardava gli imputati di reati puniti con pene pecuniarie o con pene detentive non superiori a tre anni e il testo stralciato dava al giudice la possibilità di sospendere il processo e di assegnare l’imputato a un lavoro di pubblica utilità. Il beneficio non poteva essere concesso per più di due volte in totale e prevedeva molti controlli, ma pure così il Partito democratico considerava la proposta una “accelerazione pericolosa”. Infine, è stata inserita nel codice penale una norma che rende più gravi i reati commessi durante la detenzione domiciliare. In commissione giustizia, le restrizioni sono state accolte favorevolmente da tutti i gruppi, dall’Italia dei valori e dal Pd assieme a tutta la maggioranza, con l’unica eccezione di Rita Bernardini la radicale eletta nelle liste del Pd che al ventisettesimo giorno di sciopero della fame (oggi ventottesimo) dice piuttosto amareggiata: “Il Pd è d’accordo con la Lega e l’Idv che oggi sono i veri vincitori, insieme all’Anm. Dal provvedimento è stata tolta l’unica cosa positiva, cioè l’automatismo, in favore del giudice di sorveglianza, che già in una situazione normale rappresenta un collo di bottiglia”. In effetti, l’Anm è contenta: “Prendiamo atto con favore dice il presidente Luca Palamara che gli emendamenti recepiscono le osservazioni formulate dall’Anm in sede di audizione davanti alla Commissione Giustizia della Camera”. Non è detto che tutte queste strizzatine bastino a placare le proteste della Lega. Il ministro degli interni Maroni - che in Consiglio dei ministri aveva approvato il testo assieme a Bossi, salvo gridare allo scandalo la scorsa settimana - e che adesso si dice convinto a metà: “Si è migliorato di molto il provvedimento e sono state accolte molte richieste che avevo fatto. Spero che continui ad essere migliorato prima della sua approvazione definitiva”. L’obbiettivo della Lega è legare lo svuota carceri alla effettiva costruzione di padiglioni e carceri per almeno diecimila posti letto entro il 2011. Infine, la norma che mette d’accordo tutti sull’aumento del personale di polizia penitenziaria. Arriveranno duemila agenti in più anche se i primi mille sono già idonei. Per loro, tutti provenienti dai Volontari in ferma breve, si accorceranno i corsi di formazione. Giustizia: Lega; assumere 3.000 poliziotti e Carabinieri e ridurre a 6 mesi la detenzione domiciliare Ansa, 12 maggio 2010 Le modifiche introdotte ieri dal governo al ddl Carceri non convincono la Lega che oggi presenta circa 20 subemendamenti per correggere ulteriormente il testo. Tra le proposte di modifica, firmate dai componenti del Carroccio in commissione Giustizia della Camera, ce n’è una che autorizza il ministero dell’Interno e quello della Difesa ad assumere almeno 3.000 unità per garantire adeguati controlli ai detenuti che potranno scontare l’ultimo periodo di detenzione agli arresti domiciliari. In deroga alla normativa vigente, si legge nel subemendamento, entro un limite di spesa complessiva di 144 milioni di euro (36 per il 2010 e 108 per il 2011), si dovrebbe reclutare, tra le Forze Armate, il nuovo personale per i Carabinieri (1.500) e per la Polizia di Stato (1.500). I deputati della Lega, primo firmatario Matteo Brigandì, propongono anche di ridurre ulteriormente il periodo da scontare ai domiciliari: dai 12 mesi previsti dal governo, si passerebbe ai sei. Quindi, si vorrebbero escludere dal beneficio alcuni reati come quello dei maltrattamenti in famiglia; il furto, sia quello aggravato, sia con strappo sia in appartamento; la violenza sessuale; il traffico e la detenzione di stupefacenti. E non si dovrà applicare a chi non avrà la residenza o un luogo di dimora. Ovvero quando non sussista l’idoneità e l’effettività del domicilio. Né a chi risulti recidivo; o non avrà già scontato almeno un terzo o la metà della pena. I leghisti propongono, inoltre, di imporre un limite alla durata dell’applicazione della normativa: dovrebbe produrre i suoi effetti non oltre la data del 31 dicembre 2012 o fino a quando non verrà attuato il programma di interventi in materia di infrastrutture carcerarie. Si sottolinea anche il fatto che ogni singolo caso dovrà essere valutato dall’autorità giudiziaria “È solo un modo da parte della Lega - commenta un esponente dell’opposizione in commissione Giustizia - per tardare al massimo i tempi e non far vedere la luce al provvedimento”. Giustizia: Antigone; senza automatismo arresti domiciliari ddl “svuota carceri” del tutto inutile Ansa, 12 maggio 2010 Con la caduta dell’automatismo che prevedeva gli arresti domiciliari nell’ultimo anno di pena, come previsto dal ddl “svuota carceri”, non si porta nessuna novità, perché i giudici avevano già il potere di decidere o meno se mandare ai domiciliari un detenuto, applicando le misure alternative. È, in sostanza, il ragionamento del presidente dell’associazione Antigone, Patrizio Gonnella. “Non vedo molta differenza rispetto al passato - aggiunge. Questa è solo una misura in più”. Se fosse stato approvato l’automatismo, secondo le stime dell’associazione, ad essere interessati dal provvedimento sarebbero state circa 7mila persone e “il provvedimento avrebbe dovuto produrre effetti innanzitutto sui 15mila bambini sotto i 3 anni ospiti delle carceri con le loro mamme”, ma ora è impossibile fare previsioni attendibili “perché tutto dipenderà dalle decisioni dei magistrati”. Per alleggerire davvero le carceri, secondo Gonnella, occorrerebbe “eliminare la detenzione per alcune ipotesi di reato come il decreto di espulsione o alcune condotte legate alla tossicodipendenza - sottolinea. Le carceri si svuoterebbero di decine di migliaia di persone che non fanno altro che entrare e uscire, perché non sono ritenuti pericolosi e per le quali sarebbe più utile la sistemazione in altre strutture”. Giustizia: Uil; nelle carceri stiamo assistendo a una deriva violenta, da inizio anno 72 agenti feriti Il Velino, 12 maggio 2010 “Un sovrintendente di polizia penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di Como ha dovuto ricorrere alle cure ospedaliere per le ferite riportate causa un’aggressione subita da una detenuta. Dopo le cure al pronto soccorso l’uomo è stato dimesso con una prognosi di otto giorni s.c. Nel porgere allo sfortunato collega la nostra solidarietà, non possiamo non manifestare rabbia e preoccupazione per questa deriva violenta di cui gli operatori penitenziari sono prime vittime”. Così Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa Penitenziari, commenta il ferimento di un poliziotto penitenziario, ieri pomeriggio, in servizio al Bassone di Como. “Il sovrintendente era intervenuto con altre unità per sedare una colluttazione tra detenute, scoppiata nel cortile passeggi. Intento a riportare la calma è stato proditoriamente aggredito da una detenuta, peraltro già segnalata per atteggiamenti violenti, che lo ha colpito con calci e pugni procurandogli ecchimosi e ferite vari” continua Sarno. Quella della violenza in carcere è una questione che preoccupa non poco il sindacato della polizia penitenziaria. “Lo scorso anno il bilancio di poliziotti penitenziari feriti da detenuti è stato di circa 380. E ci riferiamo solo a diagnosi superiori ai cinque giorni. Con il poliziotto penitenziario ferito ieri a Como nel 2010 siamo già a 72 , a cui debbono aggiungersi anche due medici e cinque infermieri feriti durante le loro prestazioni in ambito penitenziario. È evidente che questo delle violenze e delle aggressioni è un problema che non si ripercuote solo sull’ordine interno ma anche sulla funzionalità dei servizi, generando assenze per convalescenze. L’altro giorno ad Opera un detenuto ha simulato un suicidio per poi aggredire, spezzandogli un braccio, l’agente che si era prodigato per salvarlo. Sia chiaro - sottolinea Sarno - che nessuna condizione, per quanto disumana ed incivile, può giustificare il ricorso alla violenza. Queste sono gesta che vanno perseguite disciplinarmente e, se del caso, anche in via penale. Concordo ed approvo quanti reclamano a gran voce le dovute sanzioni nei confronti dei poliziotti che si rendono responsabili di violenze o abusi, a maggior ragione sarebbe apprezzata una presa di posizione anche in difesa di chi per garantire ordine e sicurezza deve ricorrere ai sanitari per al cura delle ferite riportate nelle attività di servizio”. Giustizia: Sappe; poliziotto aggredito a Benevento, segnale della tensione che si registra nelle carceri Il Velino, 12 maggio 2010 “L’aggressione di un detenuto ad un appartenente al Corpo di Polizia penitenziaria, avvenuta ieri sera nel carcere di Benevento, è l’ennesimo segnale inquietante della tensione che si registra nelle sovraffollate carceri italiane e che rischia di acuirsi ulteriormente con l’approssimarsi del periodo estivo”. Così in una nota Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, oggi in visita nei penitenziari toscani di Pisa e Livorno, al grave episodio accaduto ieri sera nel carcere di Benevento. “Il nostro collega, un assistente capo al quale va la nostra piena ed affettuosa solidarietà, è stato aggredito con violenza ieri sera verso le 20, nell’infermeria del carcere, da un carcerato italiano che ha dato improvvisamente in escandescenza. Sette i giorni di prognosi che gli sono stati dati dall’ospedale civile presso il quale gli sono state prestate le cure - sottolinea Capece. L’aggressione, proditoria e particolarmente violenta, mette drammaticamente in evidenza le gravi condizioni di lavoro dei poliziotti penitenziari negli Istituti di pena italiani. Questi nostri agenti lavorano nelle oltre 200 carceri italiane sistematicamente a livelli minimi di sicurezza per le gravissime carenze di Personale di Polizia, oltre seimila agenti in meno rispetto agli organici previsti, e devono quindi fare fronte a carichi di lavoro particolarmente delicati e stressanti, aggravati da una popolazione detenuta ogni giorno sempre più in crescita esponenziale. Ma così non si può più andare avanti. La Politica (quella con la P maiuscola) deve prendere con urgenza provvedimenti. Quella della sicurezza penitenziaria è infatti una priorità per chi ha incarichi di governo ma anche per chi è all’opposizione parlamentare. È una priorità per tutti. Per questo motivo noi rinnoviamo - per il bene del Paese - l’auspicio di una svolta bipartisan di Governo e Parlamento per una nuova politica della pena - necessaria, urgente e non più differibile - che ripensi organicamente il carcere e l’Istituzione penitenziaria”. Lettere: denunciò pestaggio, ora ritratta; tutto inventato perché volevo andare via da Secondigliano di Liberato Guerriero (Direttore Centro Penitenziario Napoli Secondigliano) Lettera alla Redazione, 12 maggio 2010 Con dichiarazioni rese e sottoscritte il sig. R.R., che nei giorni scorsi aveva denunciato tramite il proprio legale avv. Santoianni di aver subito un pestaggio all’interno del Centro Penitenziario di Napoli Secondigliano, ritratta la denuncia, affermando che ….è stato tutto inventato da me perché volevo andare via da Secondigliano, quindi in virtù alle false dichiarazioni in riferimento alle percosse ricevute dal Personale di Polizia Penitenziaria, pensavo che mi avrebbero trasferito d’urgenza in altro Istituto, perché già da qualche tempo non vado d’accordo con quasi tutti i detenuti che sono ubicati al C.D.T…. e continua …Ribadisco ancora che sono disposto ad assumermi tutte le responsabilità civili e penali alle false dichiarazioni che ho esternato sia a mia madre che al mio difensore di fiducia e sono veramente pentito di quanto è accaduto e declino da ogni responsabilità tutto il Personale di Polizia Penitenziaria di questo Istituto, perché veramente nessuno di loro mi ha sfiorato neanche con un dito…. Ogni commento potrebbe apparire superfluo. Si ritiene però opportuno rammentare che dietro questa storia c’è un ragazzo che all’interno del penitenziario di Secondigliano ha avuto varie difficoltà di relazione con gli stessi compagni di detenzione, che in tante occasioni ha trovato proprio nel personale di polizia penitenziaria qualcuno che lo ha ascoltato, e, quando è stato possibile, accontentato nelle sue richieste. Se è arrivato a tanto probabilmente anche noi abbiamo commesso qualche errore e lo riconosciamo. Ma vorremmo semplicemente essere rispettati per quel che facciamo tutti i giorni, per i tanti R.R. che ci vengono affidati, dei quali ci prendiamo cura quotidianamente senza riflettori accesi e senza alcun riconoscimento da parte dell’opinione pubblica. Quel che addolora più di tutto è proprio constatare come luoghi comuni che ci si illude aver messo in archivio vengano sempre a galla alla minima occasione: ci auguriamo che questa esperienza possa servire a qualcosa almeno in questo senso. La polizia penitenziaria è un Corpo di Polizia che gestisce, insieme a tutti gli altri operatori penitenziari, l’aspetto più delicato dell’esecuzione penale, vivendo a contatto giorno per giorno con criminali e/o presunti tali, che per noi sono soprattutto uomini privati della libertà personale, a cui siamo chiamati a dare un sostegno contrastando eventuali intemperanze e garantendo per tutti condizioni di tranquillità e sicurezza. Un Corpo di Polizia troppe volte maltrattato che semplicemente merita rispetto e fiducia. Padova: Cgil; la Casa Circondariale è anticostituzionale, 12 detenuti per cella e materassi per terra Il Mattino di Padova, 12 maggio 2010 Al carcere di via Due Palazzi è ancora record nazionale, ovviamente negativo: ad oggi sono 261 i detenuti costretti a condividere celle da 4 e 6 persone in 10 e 12 ospiti con materassi sul pavimento e le brandine impilate su tre piani. La situazione è talmente tesa che, ieri, durante la visita del consigliere regionale del Pd Piero Ruzzante, la direttrice del carcere, Antonella Reale, non ha permesso che si accedesse nelle aree del carcere. Le zone off-limits sono il primo e il secondo piano. Dove una scintilla potrebbe scatenare la furia degli ospiti. Orario ridotto anche per chi lavora, sempre per la mancanza di agenti penitenziari necessari a garantire l’ordine. Come non bastasse gli agenti sono stati integrati da due unità composte da donne: una miccia in un corridoio di dinamite visto l’ambiente esclusivamente maschile. “Dei 261 detenuti 138 sono tossicodipendenti - rivela Giampiero Pegoraro, coordinatore regionale Fp-Cgil - e 3 sono pazienti Hiv positivi. Altri 5 sono alcolisti. Tutto questo partendo da una capienza massima di 150 persone e capienza standard di 100. Il personale penitenziario inoltre è ridotto all’osso”. “Siamo palesemente al di fuori della Costituzione - commenta Piero Ruzzante - manca la dignità umana e siamo anni luce dal concetto di rieducazione. C’è una grave responsabilità politica, anche regionale. A breve presenterò un’interrogazione perché la Regione non ha riconfermato le attività ricreative e non si parla del reparto bunker”. Pavia: troppi detenuti, pochi agenti, un carcere che ha bisogno di interventi strutturali immediati La Provincia Pavese, 12 maggio 2010 “Troppi detenuti, pochi agenti, una struttura che ha bisogno di interventi strutturali immediati: a Torre del Gallo la situazione è al limite della sopportabilità sia per i detenuti che per chi ci lavora”. È durissimo il giudizio della delegazione Cgil che, ieri mattina, ha visitato il carcere con il deputato Pd Angelo Zucchi. La visita di ieri mattina a Torre del Gallo ha inaugurato una ricognizione che la Cgil intende allargare a tutte le strutture della Lombardia. A Pavia c’era il segretario regionale della funzione pubblica Antimo De Col con il responsabile pavese Massimiliano Preti, il coordinatore Cgil per la polizia penitenziaria Calogero Lo Presti e il responsabile delle politiche sociali Franco Vanzati e i delegati interni Fabio Catalano e Massimo Ghiura. L’analisi della situazione è impietosa. “Partiamo dai numeri - esordisce De Col -. A Pavia ci sono 450 detenuti in una struttura progettata per ospitarne 250: ormai siamo arrivati alla terza branda per cella. L’ampliamento della struttura in corso, con 300 nuovi posti, rischia di peggiorare la situazione se l’organico della polizia penitenziaria non sarà adeguatamente rinforzato e non saranno risolti i problemi strutturali del vecchio carcere. Il personale, ad oggi, è clamorosamente sotto organico: la pianta organica prevede 192 agenti, ne sono presenti 150, ma in servizio operativo sono solo 110 perché 40 persone devono occuparsi di servizi diversi, dall’amministrazione alla contabilità, visto che il governo ha imposto il blocco delle assunzioni e non c’è personale per servizi necessari”. “Il problema è livello centrale - commenta il deputato Pd Angelo Zucchi. Dal governo arrivano proposte di riforma della politica penitenziaria che dividono la maggioranza. E a Pavia, per restare sul territorio, la situazione non degenera solo per gli sforzi e i sacrifici del personale che lavora in condizioni difficilissime”. Trieste: Racovelli (Verdi) chiede un sopralluogo urgente al carcere da parte di Sindaco e Assessori Il Piccolo, 12 maggio 2010 Un sopralluogo al Coroneo del sindaco Roberto Dipiazza, dell’assessore comunale alla Sicurezza Enrico Sbriglia (che peraltro è anche il direttore del carcere cittadino) e della Prima commissione consiliare. A chiederlo, attraverso un’apposita mozione, è stato il consigliere Alfredo Racovelli (Verdi). La riunione fra capigruppo di ieri sera, però, ha negato il requisito dell’”urgenza” al documento: niente discussione immediata in Consiglio comunale, quindi, ma pratica rinviata al dibattito in Prima commissione. Racovelli chiede che “il sindaco, nel suo ruolo di ufficiale sanitario della comunità, si sinceri della situazione, magari muovendosi assieme all’Azienda sanitaria per una valutazione condivisa”. L’azione dell’esponente dei Verdi prende spunto anche da alcuni dati: “La Casa Circondariale del Coroneo attualmente ospita tra i 240 e i 250 detenuti, mentre il numero consentito è di 150 - recita la mozione nelle sue premesse. In alcune celle i detenuti sono costretti a dormire con un materasso per terra, ed esiste un registro dove sono segnate le persone che a rotazione si sottopongono a questa pratica, lesiva della dignità di uomini e cittadini”. “La situazione dal punto di vista igienico-sanitario - riflette Racovelli - è destinata a peggiorare nelle prossime settimane, durante il periodo estivo”. Il consigliere cita anche il caso di Pordenone, dove il sindaco Sergio Bolzonello ha emesso un’”ordinanza con la quale ordina al ministero di Giustizia di riportare il numero dei detenuti a 53 (attualmente sono 98) all’interno del carcere, entro trenta giorni, pena, probabilmente, la presentazione di un esposto alla magistratura. L’azienda sanitaria - prosegue la mozione -, che precedentemente aveva sottolineato che “le condizioni di vita dovute al sovraffollamento, costituiscono un fattore di rischio per la trasmissione di malattie infettive”, entro il 30 giugno dovrà presentare una nuova relazione al sindaco di Pordenone sullo stato dell’arte all’interno del carcere. Attualmente a quanto pare, le persone arrestate a Pordenone, vengono trasferite anche a Trieste”. Il consigliere dell’opposizione mette in evidenza infine un ulteriore aspetto: “La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia ha chiesto al governo l’applicazione di un “Piano sociale straordinario per le carceri”, di sostegno al reinserimento sociale per i detenuti. Altrimenti - conclude Racovelli - i volontari si autosospenderanno dal servizio”. Forlì: Ragni (Pdl): carcere sovraffollato, toccata quota 271 reclusi, serve una nuova struttura Romagna Oggi, 12 maggio 2010 “Il Carcere di Forlì scoppia e le condizioni igienico-sanitarie e ambientali della vecchia costruzione penitenziaria suggeriscono un’immediata bonifica. Visto il tasso di sovraffollamento la situazione è al limite della sostenibilità sia per il personale di sorveglianza che, ovviamente, per gli stessi detenuti. Ma la situazione diventa critica soprattutto in estate (con esplosione del turismo in riviera e il moltiplicarsi dei reati) e non sono di facile soluzione le problematiche dovute al trasferimento delle detenute: considerato che il carcere femminile della Rocca copre, infatti, anche i distretti di Ravenna e Rimini, obbligando il personale a funzioni di servizio “fuori mura”, lo dice Fabrizio Ragni, consigliere del Pdl. “Ma soprattutto, come indicato nella relazione del sopralluogo semestrale dell’Ausl completato il 28 aprile scorso e notificato all’amministrazione comunale il 4 maggio, vista l’estrema criticità della struttura e l’inadeguatezza dei servizi igienico - idraulici non è più garantita la salubrità degli ambienti e si ritiene possibile il manifestarsi di inconvenienti sanitari anche gravi per le persone che a qualunque titolo frequentano la strutture. A questo punto faccio appello al sindaco , come massima autorità di tutela della salute pubblica, di predisporre una celere ordinanza di sgombero almeno della sezione (tetto sfondato, presenza di piccioni e proliferano anche i ratti...) dei detenuti con carcerazione attenuata”. A lanciare la proposta è l’avvocato Fabrizio Ragni, consigliere comunale del PdL, che nella ha completato una visita ispettiva alla Casa Circondariale di Forlì di via della Rocca accompagnato dalla direttrice e dal comandante della Polizia Penitenziaria. Sono reclusi attualmente 271 detenuti, 116 italiani e 125 stranieri (in prevalenza magrebini), 12 donne italiane e 18 straniere. Il 5 maggio è stato raggiunto un picco massimo di 280 reclusi. Dei presenti: 101 scontano una sentenza definitiva, cioè passata in giudicato, e altri 170 sono a regime di “custodia cautelare”, cioè in attesa di giudizio. “Quanto alle attività ricreative, didattiche e di formazione professionale espletate all’interno del carcere dobbiamo dare atto della splendida organizzazione garantita dalla direzione dell’istituto di pena. Così come vengono garantite le assistenze medico-sanitarie. Ma chiediamo al sindaco di intensificare anche le iniziative di socialità, per rendere meno penosa la carcerazione dei detenuti. E poi c’è il problema del sovraffollamento. Attualmente, le celle sono anguste, umide e con l’intonaco cadente. In molte zone la struttura appare in condizioni peggiori quanto a pulizia e stato dei luoghi. Le celle sono stanze singole adattate a doppie e in caso di necessità diventano anche triple: i detenuti scontano la pena in uno spazio al di sotto dei minimi consentiti dalla Corte europea. Così non si può andare avanti”. “Fra gli eventi critici degli anni scorsi si sono registrati casi di autolesionismo, soprattutto di extracomunitari, dovuto proprio alle condizioni di angustia in cui versa la struttura. E non dobbiamo dimenticarci del disagio vissuto dal personale degli agenti di custodia, ampiamente sotto organico (84 effettivi e 10 distaccati) e condizionato dai turni di lavoro: si attendono i rinforzi: 5-8 unità entro l’ estate ... ma non basteranno ugualmente”: aggiunge Fabrizio Ragni, che chiede all’amministrazione comunale di fornire l’esatta tempistica dei lavori di trasferimento in altra sede dell’attuale carcere tuttora sito in pieno centro storico, vicino al futuro Campus Universitario. “La vecchia rocca medievale deve essere recuperata al suo ruolo artistico - architettonico e culturale. Anche il turismo ne guadagnerebbe”: conclude Ragni. Roma: presentata ricerca sui giovani e il carcere: meglio rieducare e pensare ad una pena alternativa Corriere della Sera, 12 maggio 2010 I detenuti potrebbero anche riabilitarsi. Ma le loro condizioni in carcere non aiutano certo. Anzi, spesso chi finisce dietro le sbarre tende a peggiorare la propria condotta, dentro e fuori. Quindi? Bisognerebbe costruire nuovi penitenziari, migliorare quelli già esistenti, assumere più agenti. E magari trovare anche delle pene alternative alla detenzione. Lo pensano i più giovani italiani che hanno risposto ad un’indagine del Forum Nazionale dei Giovani sulle carceri e sulla loro situazione in Italia che viene presentata mercoledì pomeriggio alle 17 nella Sala del Refettorio della Camera dei Deputati a Roma. Un tema sentito dai ragazzi soprattutto dopo vicende di cronaca che hanno coinvolto proprio alcuni giovani. Basti pensare al caso di Stefano Cucchi, il 31enne morto pochi giorni essere stato arrestato. O a Stefano Gugliotta, arrestato dopo essere stato picchiato da alcuni poliziotti. “Due dati su tutti richiedono attenzione e impegno - spiega Antonio De Napoli, portavoce del Forum Nazionale -: i numeri del sovraffollamento carcerario e il triste record di suicidi all’interno delle carceri che ha registrato nel 2009 con 72 casi”. La domanda cui ragazzi tra i 18 e i 34 anni hanno risposto era: quanto conosci del sistema penitenziario italiano, del suo stato, dei suoi problemi e della sua funzione sociale? È emerso che i giovani d’Italia conoscono molto poco il mondo carcerario: solo il 14,3% rivela una preparazione sul tema piuttosto approfondita, questo anche perché si informa su internet, o magari fa anche parte di qualche associazione politica o di volontariato. Per tutti gli altri, che si basano su quanto comunicano radio e tv, le carceri sono un mondo sconosciuto. E infatti, il 60% considera responsabili i media di questa loro ignoranza: perciò la loro informazione è “superficiale e frammentaria”. Però, gli stessi ragazzi che si sentono ignoranti su carceri e detenuti, ragionano e propongono. Una funzione rieducativa della pena, per esempio: quasi il 90 per cento sostiene che chi finisce in galera debba essere aiutato, “rieducato” per evitare che, una volta uscito, torni a delinquere ancora. Cosa che, secondo i più giovani, oggi non accade, visto che l’85 per cento degli intervistati si è detto convinto che la maggioranza dei detenuti che hanno usufruito dell’indulto sono tornati a delinquere. Non solo. Per la maggior parte degli intervistati (81,2 per cento), il problema più urgente da affrontare è quello del sovraffollamento: da lì derivano tutte le difficoltà di chi vive in carcere Le soluzioni? Per il 64,9 per cento è necessario intervenire con investimenti come costruire nuovi penitenziari e assumere più agenti di polizia penitenziaria. Altri, il 22,7 per cento, propongono vie alternative alla pena detentiva o miglioramenti nella vita quotidiana dei detenuti. E circa un quarto degli intervistati considera la possibilità di rimandare nel Paese di origine i detenuti stranieri. “Questa ricerca - dice De Napoli - ci consegna importanti osservazioni che necessitano di una riflessione politica: vogliamo alimentare la riflessione delle associazioni che dedicano le loro attività ai temi della detenzione e della giustizia penale e fornire elementi utili a coloro che nelle istituzioni si occupano di questi delicati argomenti”. Meloni: da giovani lezione di umanità e civismo Ritengo meritoria, nonché segno tangibile di grande serietà e consapevolezza, la partecipazione con la quale i giovani italiani interpellati nell’indagine promossa dal Forum Nazionale dei Giovani sulla realtà carceraria italiana hanno risposto e ragionato su un tema così delicato e complesso. Così il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, commenta i dati dell’inchiesta commissionata all’Istituto di ricerca Gpf dal Forum Nazionale dei Giovani sulle carceri e sulla loro situazione in Italia, presentata nella Sala del Refettorio della Camera dei Deputati a Roma. C’è grande consapevolezza del fatto che, tra chi vive la realtà carceraria italiana, ci sono anche tanti loro coetanei - prosegue il ministro - Ragazzi che, durante il proprio giovane cammino, hanno smarrito la strada, sono caduti, ma hanno poi trovato ugualmente il coraggio di rialzarsi e riprendere la marcia. “Avere una seconda possibilità è un diritto, non un privilegio, in particolare per chi è giovane e con tutta la vita davanti a sé. Di più, è un’opportunità per l’Italia. Chi ha commesso un errore e, messo di fronte alle proprie responsabilità, ha riconosciuto gli sbagli e ha ripianato il suo debito con la società, ha infatti pieno titolo, al pari di chiunque altro, per riprendere il cammino interrotto e contribuire alla crescita economica, culturale, sportiva o sociale della nazione. Compito delle istituzioni è esortare le coscienze a non ignorare questa realtà, a non voltarsi dall’altra parte, a non farsi annebbiare la vista dal pregiudizio. Ancora una volta - conclude Meloni - è proprio dai giovani, così spesso tacciati di essere totalmente privi di principi ed ideali, che giunge una grande lezione di umanità, civismo e senso dello Stato”. Napoli: 4 mln € per ristrutturare Poggioreale, lavori partiranno a giugno e dureranno un anno Il Denaro, 12 maggio 2010 Il giorno in cui il ddl svuota carceri cambia volto, arriva la notizia che il Governo mette a disposizione quattro milioni e 400mila euro per il carcere di Poggioreale. I lavori partiranno il prossimo mese e dureranno un anno. Intanto, l’emergenza carceri continua ad aumentare. Ieri solo in Campania erano detenuti 7.950 a fronte di una capienza tollerabile di 7.215. Il ddl svuota-carceri, duramente criticato dalla Lega e dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, cambia volto: il governo praticamente ha riscritto il testo in toto presentando tre emendamenti in commissione Giustizia alla Camera. Tra le novità principali del nuovo disegno di legge c’è lo stop all’automatismo per cui ai detenuti cui resta un anno di pena vengono concessi i domiciliari. A decidere se consentire la detenzione domiciliare sarà il magistrato di sorveglianza. E proprio ieri il sottosegretario alla Giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, annuncia lo stanziamento di 4 milioni e 400mila euro per il carcere di Poggioreale. I lavori partiranno il mese prossimo e si concluderanno tra un anno. Particolarmente interessato sarà il padiglione Genova, a cui è destinato un milione di euro per gli impianti elettrici ed idraulici e per dotare ogni stanza di una doccia. Lo stanziamento dei fondi è stato ufficializzato al termine della visita del sottosegretario al penitenziario napoletano, che vive in quotidiana emergenza con un numero di detenuti di gran lunga superiore alle capacità. Nel corso del sopralluogo il sottosegretario ha notato le gravi difficoltà in cui vivono sia gli operatori che i detenuti. In particolare, le lunghe attese e file dei familiari per accedere ai colloqui. Per questo tra i lavori previsti c’è anche la creazione di più spazi da destinare ai colloqui, con sei stanze in più rispetto alle attuali. Obiettivo ultimo sarà quello di prenotare le visite attraverso call center, in modo da eliminare le file sul nascere. L’attuale situazione delle carceri campane e italiane è drammatica. Nella giornata di ieri sono stati calcolati 67.580 rinchiusi in tutt’Italia. Il sovraffollamento degli istituti di pena che ha da tempo superato i livelli di guardia lievita giorno per giorno e il periodo estivo non farà che acuire i problemi sempre più gravi del sistema penitenziario. Sul totale dei detenuti pesa in modo considerevole il numero degli stranieri: sono il 37 cento, circa 25 mila, ventimila dei quali extracomunitari. Bologna: 150 studenti a teatro del Pratello per reading-concerto realizzato con giovani detenuti Redattore Sociale, 12 maggio 2010 Sono circa 150 i ragazzi delle scuole superiori attesi all’Istituto penale minorile del Pratello di Bologna per assistere alla tappa conclusiva del progetto “Dialoghi”: un reading-concerto dal titolo “Dialoghi sul limite”, basato su testi e video realizzati da studenti, detenuti e ragazzi delle comunità educative nei laboratori espressivi gestiti dalla cooperativa sociale Teatro del Pratello. “Per la prima volta dopo nove edizioni lo spettacolo conclusivo si tiene dentro l’istituto”, spiega il regista Paolo Billi: è il degno coronamento per un progetto “che è sempre stato un ponte fra interno ed esterno, e ha sempre cercato di coinvolgere adolescenze diverse, ma in fondo molto simili”. Lo spettacolo è in programma sabato prossimo, 15 maggio, alle 9.30 all’interno dell’Istituto (l’ingresso è a inviti). Sul palco saliranno 15 ragazzi provenienti da scuole, comunità e istituto penale, diretti da Paolo Billi su musiche di Carlo Maver, video di Agnese Mattanò e testi curati da Filippo Milani. “Ogni anno diamo ai ragazzi un tema su cui lavorare - continua Billi - questa volta abbiamo scelto il limite, inteso però in termini positivi. Non come barriera, ma come soglia da varcare”. Su questo hanno lavorato i ragazzi del Pratello, gli ospiti di tre comunità educative (comunità ministeriale di Bologna, “La corte” di Modena e “Il flauto magico” di Cesena), e gli studenti di cinque classi delle scuole superiori: a Bologna hanno partecipato il liceo delle Scienze sociali Laura Bassi, lo scientifico Enrico Fermi e gli istituti Alidini Valeriani e Sirani, insieme all’istituto per geometri Leonardo Da Vinci di Cesena e all’istituto d’arte Venturi di Modena. Si sono aggiunte inoltre due classi dei corsi per l’assolvimento dell’obbligo scolastico gestiti da Cefal e Enaip. Tutti i testi prodotti nei laboratori sono stati pubblicati su un blog appositamente creato (http://dialoghisullimite.wordpress.com), alcuni lavori sono stati invece selezionati per andare in scena nello spettacolo finale. Ad assistere al reading ci saranno però tutti i ragazzi partecipanti al progetto, e per l’occasione si aggiungeranno altre due classi dell’istituto Pacinotti di Bologna. “È un ottimo modo per ribaltare alcuni luoghi comuni - spiega la direttrice dell’Istituto penale Paola Ziccone - il carcere non è per forza un luogo buio e bisognoso di risorse, in questo caso diventa un luogo di luce e una risorsa per tutto il territorio”. Repliche del reading si terranno a settembre a Cesena, in occasione della Settimana della pedagogia, e a Modena nel prossimo autunno. Il progetto “Dialoghi” è ideato e realizzato dal Teatro del Pratello e finanziato dall’assessorato Politiche sociali della regione, in collaborazione con il Centro giustizia minorile dell’Emilia Romagna e con il patrocinio dell’Ufficio scolastico regionale.