Giustizia: questa estate rischia di essere ricordata come quella della rivolta e dei suicidi in carcere Apcom, 6 luglio 2010 Questa estate rischia di essere ricordata come quella “della rivolta e dei suicidi in carcere”: l’allarme è stato lanciato oggi dall’on. Alfonso Papa, deputato Pdl, magistrato, già alto dirigente del Ministero della Giustizia e relatore del Disegno di Legge sulla detenzione domiciliare nell’ultimo anno di pena. L’on. Papa, illustrando il provvedimento alla Camera, ha denunciato inoltre tentativi di insabbiamento da parte di componenti della maggioranza analogamente a quanto sta accadendo per le intercettazioni. “Così come quel provvedimento non è un bavaglio - ha spiegato il parlamentare Pdl - questo non è uno svuota carceri. Vi è solo un problema di demagogia rispetto a una riforma che consentendo di espiare l’ultimo anno di detenzione a casa alleggerisce il carico penitenziario in un paese dove il numero dei detenuti è di quattro volte superiore alla capacità carceraria e mentre ci si avvia verso temperature che nelle celle arriveranno fino a 50 centigradi”. Giustizia: iniziata in Aula alla Camera la discussione generale sul ddl Alfano per domiciliari Apcom, 6 luglio 2010 È iniziata in Aula alla Camera la discussione generale sul ddl Alfano che prevede la possibilità di scontare l’ultimo anno di pena agli arresti domiciliari. “Il provvedimento - ha spiegato il relatore Alfonso Papa (Pdl) - punta ad alleggerire il sovraffollamento delle carceri dove la popolazione dei detenuti è quattro volte superiore alle capacità contenitive degli istituti esistenti”. Delle nuove norme, ha aggiunto Papa, potrebbe beneficiare il 32% della popolazione carceraria ma, ha precisato, “questo provvedimento non è un indulto mascherato né uno svuota carceri come qualcuno in maniera impropria e anche volgare lo ha definito” perché “ci sono dei casi in cui non può essere applicato, perché la concessione dei domiciliari è a discrezione del giudice e non automatica”. Quindi, ha esortato Papa, “dobbiamo agire con responsabilità e urgenza affinché non si vada con l’estate verso il pericolo di reazioni anche violente nelle carceri”. Il relatore non ha escluso la possibilità che il provvedimento venga assegnato in sede legislativa affinché la commissione Giustizia lo esamini senza il passaggio in Aula, ipotesi appoggiata da tutti i gruppi parlamentari, tranne l’Idv, ma che non ha ancora ottenuto l’assenso del governo. “Questo provvedimento ha tutte le caratteristiche per ottenere la sede legislativa”, ha detto Papa. “Faccio appello a tutte le forze politiche affinché il ddl possa avere una definizione celere e soddisfacente”. Giustizia: da Governo sì a sede legislativa per ddl Alfano; Caliendo: legge sicura, non è indulto Apcom, 6 luglio 2010 Il governo ha dato parere favorevole all’assegnazione in sede legislativa del ddl Alfano che prevede la possibilità di scontare ai domiciliari l’ultimo anno di pena. Lo ha comunicato in Aula alla Camera il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo chiudendo la discussione generale sul provvedimento. “Non si tratta né di un indulto né di un provvedimento di clemenza - ha rassicurato Caliendo - ma di una esecuzione della pena”. Per quelli che “continuano a insistere sui pericoli della detenzione domiciliare”, il Sottosegretario ha citato dei dati: “Nel 2009 su 25.091 arresti domiciliari 167 sono stati gli ingressi in carcere per evasione; nel 2010 rispetto a 12.502 arresti domiciliari solo 35 sono state le evasioni che riguardano però anche i condannati definitivi. Quindi concedere gli arresti domiciliari per l’ultimo anno, cioè quando ormai la funzione rieducativa del carcere si è esaurita, dà la certezza matematica della sicurezza”. All’opposizione che ha contestato al governo di non aver ancora presentato il piano carceri, Caliendo ha detto: “È stato varato la settimana scorsa un organismo di vigilanza sul piano che lo ha approvato prevedendo 10mila posti detenuti nei prossimi 2 anni”. Tuttavia “negli ultimi 2 anni questo governo ha costruito 2.250 posti detenuti a fronte di 1.700 posti detenuti realizzati nei 10 anni precedenti”. Infine Caliendo ha ribadito che il ministero della Giustizia devolverà tutte le risorse assegnategli nell’ultima finanziaria all’assunzione di 2mila agenti di polizia penitenziaria. Giustizia: Bernardini (Pd): le cifre dell’illegalità delle carceri italiane sono sotto gli occhi di tutti Ristretti Orizzonti, 6 luglio 2010 Intervento svolto in Aula alla Camera nel corso della discussione del disegno di legge: Disposizioni relative all’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno. Le cifre dell’illegalità delle carceri italiane sono sotto gli occhi di tutti, e anche davanti ai nostri colleghi deputati, con tutto il loro carico di sofferenza, tortura e morte. Sofferenza, tortura e morte non solo dei detenuti, ma di tutta la comunità penitenziaria: agenti, direttori, educatori, assistenti sociali, psicologi, medici e familiari. Abbiamo raggiunto - lo ricordava il collega Rao - il massimo della popolazione carceraria: 68.206 detenuti stipati in 44 mila posti, in condizioni di vita disumane e degradanti. Abbiamo raggiunto il minimo dell’organico di agenti, educatori e psicologi. Lo scorso anno si sono suicidati ben 72 detenuti - in questo 2010 siamo già a 33 - e, a riprova che non solo i detenuti trovano nella morte il sollievo alla loro sofferenza, nel mese di maggio ben quattro agenti di polizia penitenziaria hanno scelto la stessa strada e si sono suicidati. In tutto, nel 2009, le morti in carcere sono state 175 (quest’anno siamo già a 98). Si tratta di quelle morti che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) definisce naturali, ma che sono il frutto dell’incuria e dell’abbandono terapeutico di ogni tipo. Stefano Cucchi in quale categoria è stato messo? Il suo corpo straziato cosa ha a che fare con una morte naturale? E gli altri, Aldo Bianzino, Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri, Marcello Lonzi, Niki Aprile Gatti, che cosa hanno a che fare con la morte naturale? Il detenuto del carcere di Bologna morto oggi, un tossicodipendente giovanissimo, cosa ha a che fare con la morte naturale? Esagero? Esageriamo noi della delegazione radicale e quanti credono ancora nella Costituzione e nel rispetto delle regole? E allora sappiate che il presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli, prendendo atto della drammatica situazione degli istituti di pena compresi nella Corte di appello di Napoli, ha inviato alle rispettive direzioni, e in primo luogo quindi al carcere di Poggioreale, l’ordine di disporre quanto necessario per eliminare l’evidente contrasto fra le condizioni di vita all’interno degli istituti di pena partenopei e le norme vigenti. Scrive ancora il presidente del tribunale di sorveglianza, Angelica Di Giovanni: “La Corte europea dei diritti dell’uomo, nella sentenza Sulejmanovic che ha condannato l’Italia, ricorda che l’articolo 3 della Convenzione sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche, cioè quello di una vita dignitosa in carcere, e proibisce in termini assoluti la tortura e le pene o i trattamenti disumani e degradanti a prescindere dal comportamento della persona al riguardo. Essa impone allo Stato di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni che sono compatibili con il rispetto della dignità umana e che le modalità di esecuzione del provvedimento non espongano l’interessato a pericoli o a prove di un’intensità che ecceda il livello di sofferenza inerente alla detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute e il benessere dei prigionieri siano assicurati in modo adeguato”. Questo è quanto afferma il tribunale di sorveglianza. Inoltre, rispetto ai suicidi che prima abbiamo ricordato, volete conoscere il parere del comitato nazionale di bioetica che ho trovato non su un sito radicale, ma sul sito istituzionale del Governo? Il comitato nazionale di bioetica ritiene che l’alto tasso dei suicidi della popolazione carceraria, di gran lunga superiore a quello della popolazione generale, sia un problema di considerevole rilevanza etica e sociale, aggravato delle presenti condizioni di marcato sovraffollamento degli istituti e di elevato ricorso alla incarcerazione. La recrudescenza di questo tragico fenomeno, nel corso del 2009 e nei primi mesi del 2010, rende ancora più urgente richiamare su di esso l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica, anche se l’atto di togliersi la vita - questo punto viene chiaramente precisato - contiene un’irriducibile componente di responsabilità individuale. Ma la responsabilità collettiva è chiamata in causa per rimuovere tutte quelle situazioni legate alla detenzione. Voi, tutti i gruppi parlamentari di quest’Aula, non volete l’amnistia e l’indulto. Lo avete ribadito più volte. I partiti si sono pentiti dopo aver varato l’indulto nel 2006, seppure non accompagnato dal provvedimento di amnistia. Avete votato l’indulto a maggioranza qualificata. Si trattava sicuramente di una maggioranza schiacciante e lo avete votato dopo esservi spellati le mani di fronte al Pontefice, Papa Giovanni Paolo II, che chiedeva un atto di clemenza. Preferite, voi gruppi parlamentari, l’amnistia in atto, ma nascosta all’opinione pubblica, delle 200 mila prescrizioni l’anno frutto dell’immenso debito di giustizia (e cito le parole del Ministro della giustizia) degli oltre cinque milioni di processi arretrati che non si celebrano. Questo disegno di legge è il frutto di una politica di unità nazionale che tutti insieme i gruppi parlamentari hanno perseguito in Commissione. Lo avete svuotato di tutta la sua positiva portata iniziale per far entrare (questo era lo scopo) almeno un poco di legalità nelle carceri italiane. Unità nazionale dei partiti e del partito dei magistrati, eppure il disegno di legge originario segnava un’importante inversione di tendenza rispetto al “più carcere per tutti i diseredati”, anziché le misure alternative che si sono rivelate e si rivelano le uniche efficaci rispetto alla recidiva e al reinserimento sociale. Il disegno di legge Alfano cominciava a mettere in atto quanto scritto e approvato nella mozione sulle carceri che abbiamo approvato a gennaio. Già, dirà qualcuno, ma perché mai rispettare le mozioni approvate in quest’Aula? L’illegalità sia per tutto, perché è di questo che si tratta: questo è un Paese che da sessant’anni rifiuta il rispetto delle regole, ma vorrei ricordare a voi e a tutti che, laddove c’è strage di legalità, prima o poi ci sarà strage di popoli. Il precipitare degli eventi politici, anche di queste ore, dovrebbe farci riflettere; il precipitare degli eventi politici di queste ore è il frutto di sessant’anni di politica partitocratica e dell’illegalità e non fa presagire nulla di buono per tutto il popolo italiano. E, d’altra parte, se la civiltà di un Paese si misura dalle condizioni delle carceri, possiamo ben dire che abbiamo raggiunto oggi, nel 2010, il massimo grado di inciviltà con condizioni di detenzione addirittura peggiori di quelle dello sciagurato periodo fascista. Giustizia: discussione generale sul ddl Alfano per domiciliari; alcuni altri interventi Apcom, 6 luglio 2010 Tenaglia (Pd): ddl Alfano pannicello caldo non soluzione Il ddl Alfano che prevede la possibilità di scontare ai domiciliari l’ultimo anno di pena residua “rischia di essere un pannicello caldo”. Lo ha detto il deputato del Pd Lanfranco Tenaglia nel corso della discussione generale in Aula alla Camera sul provvedimento. “Per responsabilità - ha ricordato - abbiamo contribuito a migliorarlo ma rischia di essere un pannicello caldo. Il nostro giudizio resta critico per l’assenza di una politica di riforma della giustizia complessiva e coerente che abbia come fine la ragionevole durata del processo”. Queste norme, insomma, “possono servire ma non saranno la soluzione del problema” del sovraffollamento delle carceri. Palomba (Idv): Governo non ha fatto nulla, ddl Alfano foglia di fico “Sul gravoso problema del sovraffollamento delle carceri il governo non ha fatto nulla. Non ha né varato un nuovo piano carceri, né aumentato il personale di polizia penitenziaria, sotto organico di 5mila unità”. Lo dichiara in una nota Federico Palomba, capogruppo di Italia dei Valori in commissione Giustizia alla Camera. “Di fronte a queste due gravi e annose questioni - prosegue - il ddl domiciliari per pene non superiori a un anno del governo è uno specchietto per le allodole, una foglia di fico utilizzata per coprire le gravi inadempienze di questo esecutivo che in due anni e mezzo non ha fatto nulla”. “Italia Dei Valori ritiene, invece - conclude Palomba - che il problema del sovraffollamento delle carceri e del personale di polizia penitenziaria siano questioni strutturali e non congiunturali e come tali vanno date soluzione che reggano nel tempo. Per questo, ha presentato in Commissione tre emendamenti per l’aumento di unità del corpo di polizia penitenziaria, un aumento dei fondi per le forze di polizia e di quello relativo al nuovo piano carceri. Collaboreremo in maniera proficua se il governo vorrà davvero confrontarsi con l’opposizione ma, per il momento, il nostro giudizio su questo provvedimento rimane profondamente negativo e critico”. Rao (Udc): testo va cambiato, torni in Commissione “Chiediamo al governo ed alla maggioranza di rinviare in commissione il ddl Alfano sulla detenzione domiciliare per migliorarlo eliminando alcune criticità da noi evidenziate e di concedere la sede legislativa che ne permetterebbe una più rapida approvazione”. Lo dichiara in una nota il deputato dell’Udc Roberto Rao componente della commissione giustizia della Camera dei Deputati. “L’emergenza carceri - aggiunge - è un dramma umano che riguarda sia i detenuti sia il personale di sorveglianza e tutti coloro che operano negli istituti di penitenziari. Era un’emergenza ampiamente prevedibile e prevista tant’è che il 16 aprile scorso il premier ipotizzò l’emanazione di un decreto legge per affrontare questo problema prima del periodo estivo, durante il quale in maniera esponenziale si evidenziano tutti i limiti del nostro sistema carcerario. È stata solo la confusione e la litigiosità che regna all’interno della maggioranza - conclude - a ritardare l’approvazione di misure concrete ed efficaci” Rao (Udc): ddl Alfano solo bicchiere per svuotare il mare “Auspichiamo che questo sia l’ultimo provvedimento di emergenza” per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri che “deve cessare di essere una materia di spot”. Lo ha detto il deputato dell’Udc Roberto Rao nel corso della discussione in Aula alla Camera del ddl Alfano che prevede la possibilità di scontare l’ultimo anno di pena ai domiciliari. “Siamo a metà legislatura - ha osservato il centrista - e il piano carceri tanto annunciato dal governo non è arrivato. Questo peraltro rischia di essere ricordato come l’annus horribilis per i suicidi nelle carceri e speriamo non vada avanti o quest’estate si rischia un’ecatombe”. Nonostante ciò, ha sottolineato Rao, “si continua ad affrontare la situazione con provvedimenti emergenziali mentre invece vanno individuate strategie di intervento condivise” perché ddl come questi “assomigliano a tentativi di svuotare il mare con un bicchiere”. Il ddl Alfano, ha rilevato Rao, “avrà un impatto limitatissimo sulla popolazione carceraria, ne beneficeranno effettivamente 2mila persone. Inoltre si tratta di una legge lenta perché i tempi reali di applicazione saranno lunghi”. Infine, il centrista ha invitato il governo ha stanziare delle risorse per affrontare l’emergenza carceri perché “senza un solo euro non si potrà applicare bene neanche questa legge”. Giustizia: Alfano; 2mila nuovi agenti di polizia penitenziaria assunti il più presto possibile Ansa, 6 luglio 2010 Il piano carceri va avanti rapidamente e l’assunzione di 2.000 nuovi agenti penitenziari avverrà secondo la logica del “più presto possibile”. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, presentando oggi a Roma l’Agenzia nazionale di reinserimento e lavoro per i detenuti (Anrel), realizzata in convenzione con il movimento cattolico Rinnovamento nello Spirito. Alfano ha spiegato che i primi mille agenti verranno dalle graduatorie del vecchio concorso in maniera tale da permettere un loro immediato inserimento nella realtà penitenziaria, mentre per gli altri si mira a ridurre via via i tempi di formazione. Sulla norma “svuota carceri” in discussione al Parlamento, il Guardasigilli ha spiegato che si tratta di una “norma accessoria al piano carceri” e ha garantito che “non si è trattato di un passo indietro ma anzi è stato un dibattito che ha portato accelerazione. Tutto procede simmetricamente”. Giustizia: nasce l’Anrel; un’agenzia di collocamento per 6mila detenuti Redattore Sociale, 6 luglio 2010 Promossa dal Rinnovamento nello Spirito Santo finanziato con 4,8 milioni. Il ministro Alfano: “Le statistiche ci dimostrano che vi è un abisso nel ritorno al crimine tra chi ha avuto modo di lavorare e chi non lo ha fatto”. “Il lavoro nelle carceri abbatte la recidiva e ci dà la prova di come un detenuto uscito dal carcere non torni a delinquere”. Così il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, sull’importanza dei percorsi reinserimento lavorativo dei detenuti durante la conferenza di presentazione dell’Agenzia nazionale reinserimento e lavoro per detenuti ed ex detenuti (Anrel) promossa dal Rinnovamento nello Spirito Santo avvenuta questa mattina presso il ministero della Giustizia. “Le statistiche – ha affermato il Guardasigilli - ci dimostrano che vi è un abisso nel ritorno al crimine tra chi esce dal carcere e ha avuto modo di lavorare e chi non lo ha fatto. Si passa dal 90% a percentuali sotto le due cifre nel rapporto tra chi torna a commettere un reato non avendo lavorato in carcere e chi invece avendo lavorato in carcere torna a delinquere. A questa seconda categoria appartiene un tasso percentuale di detenuti bassissimo”. Il progetto, che vede nascere oggi una vera e propria “agenzia di collocamento”, sarà finanziato con 4,8 milioni di euro e riguarderà, in via sperimentale e per un percorso triennale, i detenuti e gli ex detenuti, per circa 6mila soggetti, delle Regioni Sicilia, Campania, Lazio, Lombardia e Veneto, con il coinvolgimento attivo dei nuclei familiari dei soggetti coinvolti. “È un progetto molto ambizioso finanziato con una cifra in tre anni di 4,8 milioni – ha spiegato Franco Ionta, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria -. Abbiamo ritenuto di poter utilizzare perché la platea di riferimento a cui si riferisce il progetto è molto vasta. L’impegno di spesa è ragionevole in relazione ai risultati che ci aspettiamo da questo progetto. In questo caso privato, amministrazione e politica hanno lavorato molto bene insieme. Se c’è più trattamento c’è meno recidiva, e meno recidiva significa più sicurezza sociale. Miglioramento della cultura e delle capacità lavorative dei detenuti”. Progetto che secondo Alfano si inserisce all’interno di un piano più ampio. “Questa nostra operazione di oggi – ha affermato Alfano - diventa un segmento del sistema di sicurezza del Paese. Fa parte ad un modello più ampio di risposta al problema della carceri. Il primo è la grande sfida alla recidiva del governo Berlusconi. Per la prima volta abbiamo un piano organico per affrontare il problema delle carceri. Abbiamo varato il piano carceri, il comitato di sorveglianza lo ha approvato due settimane fa, realizzeremo carceri e padiglioni, assumeremo i 2000 poliziotti penitenziari che ci siamo impegnati ad assumere e spenderemo tutti i soldi che la finanziaria dello scorso anno ci ha dato per realizzarlo. Potenzieremo le carceri, avendo più spazi la detenzione sarà più umana. Non si può risolvere con provvedimenti di amnistia e indulto”. Per quanto riguarda, infine, l’assunzione di nuovi agenti della Polizia penitenziaria, il ministro annuncia tempi rapidi. “Stiamo lavorando nella logica del più presto possibile per quanto riguarda l’assunzione degli agenti di Polizia penitenziaria - ha affermato -. Per i 2mila il nostro orientamento sarebbe in prima battuta assumere mille per scorrimento di graduatoria del concorso precedente e diminuire i tempi di formazione degli agenti per accelerare i tempi di immissione”. Giustizia: domani il Partito Democratico presenta sue proposte riforma, anche sulle carceri Apcom, 6 luglio 2010 Le proposte del Pd in tema di giustizia civile, organizzazione del servizio giustizia e carceri saranno illustrate domani, mercoledì 7 luglio, alle 12.30, presso la sede di via Sant’Andrea delle Fratte 16, dal presidente del forum Giustizia del Partito Democratico Andrea Orlando, dai capigruppo delle commissioni Giustizia di Camera e Senato, Donatella Ferranti e Silvia Della Monica, dai parlamentari Cinzia Capano e Alberto Maritati. Emilia Romagna: Maisto; in cella violati i diritti fondamentali, altro che rieducazione Dire, 6 luglio 2010 Nell’ospedale giudiziario di Reggio Emilia sono richiuse 200 persone al posto delle 80 previste; a Bologna tre detenuti si dividono una cella di otto metri quadrati; a Rimini stanno in 10 in uno stanzone con un solo bagno e senza aria. Infine, a Forlì il cappellano non ha potuto celebrare la messa domenicale perché non ci sono abbastanza agenti per gestire l’uscita dei detenuti. Sono alcuni esempi delle “violazioni dei diritti fondamentali” che si verificano nelle carceri dell’Emilia-Romagna. Parola del presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, Francesco Maisto. Il magistrato ne parla in un’intervista pubblicata sull’ultimo numero di “Bologna sette”, supplemento domenicale del quotidiano “Avvenire”. “Parlare di rieducazione in un contesto, come l’attuale, in cui nelle carceri non vengono rispettati i diritti fondamentali della persona, mi sembra come vivere fuori dalla realtà”, esordisce Maisto, puntando il dito contro il sovraffollamento e contro il Parlamento, che con una “legislazione fortemente restrittiva continua a prevedere il carcere come unica soluzione”. Maisto ricorda i tanti detenuti (il 40%) extracomunitari che “non hanno commesso reati gravi” (ma sono dentro per violazione della Bossi-Fini), i tossicodipendenti (che sono più del 30%) e il giro di vite portato dal pacchetto sicurezza, che ha aumentato il numero di reati per cui è previsto il carcere e ristretto la possibilità di accedere alle misure alternative. Per Maisto, è il Parlamento che ha la competenza per “attenuare la pressione carceraria, ma sta andando in tutt’altra direzione”. Lo dimostra il fatto che in Italia i posti in carcere sono 42.000, mentre “il numero di detenuti sia avvia verso i 69.000”. Se il legislatore continua a portare avanti e a incrementare la legislazione restrittiva, secondo Maisto dovrebbe “innanzitutto assicurare le condizioni materiali di vivibilità”, a partire dallo “spazio fisico standard di tre metri quadrati a persona fissato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, per la cui violazione il nostro paese è già stato condannato”. Venendo al problema delle misure alternative, per il presidente del Tribunale di sorveglianza “pensare di risolvere il sovraffollamento con le misure alternative alla detenzione è pura illusione”. Infatti, ragiona Maisto, le misure alternative “si possono applicare solo ai detenuti in via definitiva”; la legge ne diminuisce sempre più l’ambito di applicazione e, infine, non sempre sono concretamente realizzabili (come ad esempio per gli immigrati senza casa). Senza contare che, prosegue Maisto, per concedere le misure alternative il Tribunale di sorveglianza ha bisogno di relazioni tempestive sui detenuti (che il carcere dovrebbe inviare in tempo per le udienze) e personale di cancelleria a disposizione. Servirebbero, poi, operatori penitenziari e assistenti sociali, per non parlare degli educatori, che sono “una razza in via di estinzione”. Le conseguenze di tutta questa situazione si toccano con mano nelle diverse carceri della regione. “Alla Dozza ci sono reparti con celle di otto metri quadrati e con tre detenuti- sottolinea Maisto- a Rimini c’è un camerone con 10 detenuti, un solo bagno e non passa aria”. A Reggio Emilia, poi, l’ospedale psichiatrico ospita 200 persone (“di cui 140 con residenza lombarda”) quando potrebbe tenerne solo 80. Ci sono carceri, dice ancora Maisto, in cui “mancano carta igienica e sapone”, a cui pensa la Caritas. E i detenuti di Forlì, ora, dovranno fare a meno anche della messa domenicale. Emilia Romagna: Provveditore; aperta inchiesta amministrativa su morte detenuto a Bologna Dire, 6 luglio 2010 Sarà l’autopsia a chiarire per quali cause è morto il detenuto di 32 anni trovato senza vita questa mattina, all’interno della carcere della Dozza, dagli agenti della Polizia penitenziaria. Le prime ipotesi, riferisce il Sappe, è che si sia trattato di arresto cardiaco, avvenuto intorno alle 6.30. Intanto, in attesa di conoscere gli esiti dell’autopsia disposta dalla Procura, il Dipartimento penitenziario ha aperto un’inchiesta amministrativa per fare luce sull’accaduto. Lo rende noto il provveditore regionale alle carceri, Nello Cesari. “Si apre sempre un’inchiesta amministrativa parallelamente a quella penale. Se nel nostro lavoro avremo bisogno di aspettare gli esiti di quello della magistratura, come ad esempio cosa dirà l’autopsia, ci fermeremo, ma nel frattempo siamo partiti con accertamenti e verifiche”. Quanto al fatto che il detenuto morto fosse un tossicodipendente, Cesari assicura che era “seguito dal Servizio sanitario nazionale. Era stato visitato in una struttura esterna il mese scorso”. Il detenuto morto, R.M., è bolognese e non era in attesa di giudizio (come era stato comunicato in un primo tempo), ma scontava alla Dozza una condanna definitiva per reati legati alla droga. Era in carcere dal settembre 2009, ma questa non era la sua prima esperienza dietro le sbarre: aveva alle spalle diversi precedenti, alla fine del 2007 era stato arrestato anche per rapina. In base alla condanna che scontava, sarebbe dovuto restare in cella, fa sapere Cesari, fino al 2014. R.M. era recluso nel settore giudiziario (quello solitamente riservato ai detenuti in custodia cautelare), spiega il segretario aggiunto del Sappe, Giovanni Battista Durante, perché nel settore penale (dove stanno i condannati in via definitiva) “non ci sono posti a causa del sovraffollamento”. Al penale, infatti, aggiunge Durante, “nell’ultimo periodo i detenuti sono passati da uno a due in ogni cella”. R.M. condivideva la cella con altri due uomini, anch’essi tossicodipendenti (il settore è tutto dedicato). Sembra che siano stati loro a dare l’allarme, questa mattina, richiamando l’attenzione della guardia. La salma, fa sapere ancora Durante, è già stata trasferita all’istituto di medina legale, dove sarà effettuata l’autopsia. Il provveditore Cesari mette le mani avanti nei confronti di eventuali polemiche. “Il caldo e il sovraffollamento sono questioni di vecchia data- dice Cesari- il Governo sta inserendo interventi per le carceri in un momento di crisi spaventosa, e anche noi stiamo facendo sforzi madornali”. Polemiche da parte di consiglieri? “I consiglieri e i politici sono sempre i primi a criticare- replica Cesari- ma siamo noi che abbiamo questi problemi sulle spalle tutti i giorni. E quando poi andiamo a chiedere aiuto ai consiglieri, non otteniamo mai niente”. Bologna: Consiglio provinciale vota Odg; in carcere calpestato diritto alla sopravvivenza Dire, 6 luglio 2010 Nel carcere bolognese della Dozza si registra un “addensamento abnorme” di detenuti che “non solo ostacola i progetti e gli interventi necessari ad affrontare la molteplicità dei problemi sociali e sanitari (tossicodipendenze, stranieri, donne con bambini, patologie), ma determina condizioni in cui anche gli elementari diritti di sopravvivenza sono di fatto calpestati”. Lo afferma un ordine del giorno approvato oggi dal Consiglio provinciale di Bologna (prima firmataria Edgarda Degli Esposti del Pd) all’unanimità, ma con l’assenza al momento del voto di Pdl e Lega nord. Quella della Dozza è “una situazione di sovraffollamento tale da configurarsi come la peggiore su tutto il territorio regionale- ricorda il documento- perché registra una media giornaliera di 1.200 persone contro una capienza di 483”. Per questo, l’Odg chiede al Governo di “provvedere affinché si applichi al più presto il già approvato Piano carceri che prevede un potenziamento delle strutture, a cui deve corrispondere un organico sufficiente”. Inoltre, agli organi preposti Palazzo Malvezzi chiede che “vengano applicate tutte le misure alternative alla detenzione”. Passando al piano locale, il Consiglio chiede alla Giunta provinciale di “adottare tutte le misure necessarie affinché da un lato siano agevolati i percorsi che traguardino al superamento strutturale della condizione detentiva e dall’altro sia consentito il decoro e la vivibilità all’interno del carcere”. Alla Giunta, inoltre, si chiede di “attivarsi affinché il Comitato locale area esecuzione penale svolga il ruolo politico interistituzionale e i tre comitati previsti (Esecuzione penale adulti, minori, Locale consultivo) vengano convocati al più presto per concertare le soluzioni più adeguate”. L’Odg propone poi alla Giunta di “promuovere nei Comuni della Provincia la conoscenza di questo tema affinché anche loro siano parte attiva nella proposta di soluzione”, nonché di svolgere “al meglio il suo ruolo di attenzione al sistema sanitario e scolastico” e di “mettere in campo tutte le iniziative possibili al fine di sostenere azioni positive tese a promuovere lavorazioni interne (tipografia ed altro) e posti di lavoro all’esterno”. Bologna: Movimento Cinque Stelle; Regione convochi subito l’Ausl in commissione Dire, 6 luglio 2010 Il Movimento 5 stelle dell’Emilia-Romagna insorge di fronte alla morte di un detenuto, questa notte, all’interno del carcere della Dozza di Bologna. Il capogruppo dei Grillini in Regione, Andrea Defranceschi, chiede che l’Ausl venga urgentemente convocata dalla commissione Politiche per la salute dalla Regione, affinché riferisca sulla situazione sanitaria della Dozza e delle altre carceri tutta l’Emilia-Romagna. Lo sconcerto di Defranceschi è tanto più grande per il fatto che il decesso di questa notte (un 30enne tossicodipendente in attesa di giudizio che, secondo i primi riscontri, sarebbe morto per cause naturali) arriva a pochi giorni dalla visita dei consiglieri regionali alla Dozza, al termine della quale l’aspetto sanitario era stato segnalato proprio come il principale punto debole. Inoltre, attacca Defranceschi in una nota, il detenuto morto era un tossicodipendente e in quanto tale “avrebbe potuto godere dell’affidamento in comunità”, cosa che non avviene “per gli oltre 300 detenuti ospitati alla Dozza in questa condizione, per mancanza di fondi”. Dopo la visita di giovedì, ricorda Defranceschi, “esprimemmo forti perplessità sulla gestione della sanità in carcere”, peggiorata dopo il passaggio di competenza dalla Medicina penitenziaria al Servizio sanitario nazionale. Ora non si può più esitare, incalza il grillino. Il decesso di stanotte “pone una volta di più all’attenzione dell’amministrazione di viale Aldo Moro, competente per la situazione sanitaria delle carceri, la questione del sovraffollamento”. Per questo, Defranceschi chiede alla Regione che “venga fissata un’audizione urgente con l’Ausl in commissione Politiche per la salute, per conoscere la situazione sanitaria delle carceri di tutta l’Emilia-Romagna”. Bologna: Sinistra e Libertà; più controlli su modalità detentive dei detenuti tossicodipendenti Dire, 6 luglio 2010 “È necessario approfondire attraverso tutti i canali istituzionali possibili l’indagine sulle modalità detentive dei detenuti tossicodipendenti”. È l’appello lanciato dal capogruppo Sel, Giangiudo Naldi, in seguito alla morte di un uomo di circa trent’anni all’interno del carcere della Dozza di Bologna. “La tragica morte del giovane - dice Naldi in una nota- conferma purtroppo la gravità di una situazione che avevo avuto modo di appurare lo scorso giovedì, quando, con altri consiglieri, ho visitato la struttura carceraria”. Per questo, sostiene, “servono urgentemente percorsi terapeutici extra carcerari per i tossicodipendenti autori di reati minori o, quanto meno, basterebbe iniziare a rispettare le leggi già esistenti”. Nel nostro paese, conclude Naldi, “è vergognoso che persino le carceri siano fuorilegge”. Lecce: Sappe; dopo interrogazione On. Maritati anche Governo conosce condizioni carcere Il Velino, 6 luglio 2010 “Il Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria) è lieto di apprendere che i pressanti appelli della nostra organizzazione sindacale circa la drammatica situazione che si sta vivendo presso il carcere di Lecce, sia arrivata nel Palazzo attraverso il senatore Maritati che in un’interrogazione parlamentare al ministro Alfano, presentata in data 29 giugno, ha rappresentato la drammatica situazione che si vive nel carcere Salentino”. Lo dichiara il segretario nazionale del Sappe Federico Pilagatti. “Infatti Maritati parte dal sovraffollamento dei detenuti che hanno superato le 1.400 unità a fronte di 660 presenze circa, che determina gravi disagi e condizioni inumane sia per le persone detenute che per il personale di Polizia Penitenziaria - continua Pilagatti. Il senatore pone poi l’accento sulle condizioni igienico sanitarie derivanti da tale promiscuità che di fatto annulla qualsiasi diritto sancito dalla Costituzione Italiana. Peraltro tale clima di tensione e di sofferenza ha determinato negli ultimi tempi ben due suicidi di detenuti a cui vanno ad aggiungersi le decine di tentati suicidi evitati all’ultimo momento grazie alla professionalità e al coraggio dei poliziotti penitenziari. Maritati ha poi posto l’accento sulle gravi difficoltà di organico in cui versa la Polizia penitenziaria negli ultimi due anni. Oltre cento unità sono venute meno per motivi vari senza che si sia provveduto a rimpiazzarne nemmeno una. Come pure tutta una serie di attività di risocializzazione e di recupero detenuti, anche queste sancite dalla Costituzione, sono pressoché inesistenti. Purtroppo Maritati non fa presente che la situazione ogni giorno si deteriora sempre di più con i detenuti che fanno lo sciopero della fame perché manca l’acqua oppure perché le fogne sono intasate; perché l’assistenza sanitaria è molto carente oppure perché in nove metri quadri quattro persone possono starci solo se ognuno è steso sul proprio letto che può trovarsi a 30 centimetri dal soffitto (sembra di essere chiusi in una bara) con il rischio di cadere giù e spezzarsi l’osso del collo, con temperature delle celle in cemento arroventate che sfiorano i 50 gradi. Ormai il numero degli agenti sottoposti allo stress di carichi di lavoro massacranti che non c’è la fanno più sale ogni giorno che passa, rendendo la situazione sempre più difficile. Il Sappe da parecchi mesi va denunciando tale situazione e chiede tra l’indifferenza generale che siano inviati almeno cento poliziotti presso il carcere del capoluogo salentino nonché l’utilizzo di militari sul muro di cinta al fine di liberare personale da impiegare all’interno delle sezioni detentive. Si vuole ricordare che un solo agente deve controllare oltre 70 detenuti, anche pericolosissimi. Il Sappe peraltro aveva proposto, per far fronte alla fatiscenza delle celle superaffollate e per ridare dignità a persone che vivono situazioni igienico-sanitarie da terzo mondo, di costruire negli enormi spazi a disposizione all’interno del muro di cinta sezioni modulari che oltre a essere più economiche di quelle in muratura, offrono maggiori confort, pulizia, sicurezza e non necessitano di alcuna manutenzione. Basterebbero sei mesi di tempo e meno di 20 milioni di euro per approntare delle sezioni detentive modulari che potrebbero ospitare oltre 600 detenuti con tutti i risvolti positivi per il carcere di Lecce. I fondi per il piano straordinario per le carceri sono disponibili. Il Sappe infine rivolge un appello al presidente della Repubblica affinché prima di partire per le vacanze faccia un tour nelle carceri Italiane per verificare come la continua e palese violazione della carta costituzionale faccia precipitare la nostra Nazione a livelli da terzo mondo. Ormai tutti sanno che aria tira nel carcere di Lecce e di quelli pugliesi e nazionali - conclude Pilagatti -, ogni evento drammatico che potrà accadere, avrà delle responsabilità ben precise che non potranno essere declinate con la solita propaganda politica”. Massa: appalti pilotati per lavori al carcere; arrestate nove persone, tra cui anche il direttore Ansa, 6 luglio 2010 C’è anche il direttore del carcere di Massa Carrara, Salvatore Iodice, tra le nove persone arrestate questa mattina nell’ambito dell’inchiesta “Do ut des”. Gli arresti sono scattati nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti truccati per la realizzazione di opere all’interno del carcere. Secondo gli inquirenti dal 2005 attorno ai lavori, normalmente di routine, per la manutenzione della struttura carceraria, si era creato un business a base di appalti truccati. Erano lavori saltuari, piuttosto comuni, dalla ristrutturazione di una parete alla riparazione di una finestra rotta: cose grandi e piccole, tutto andava bene per alimentare un bando dall’esito già concordato sul nascere. Le accuse si fondano, tra l’altro, su varie intercettazioni telefoniche. La polizia, penitenziaria e la squadra mobile avevano da tempo nel mirino due ditte, Ciesse e Comies, alle quali andavano stabilmente gli appalti dal 2005. Tra gli altri in manette sono finiti il direttore del carcere, tre imprenditori e alcuni funzionari del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture. I reati contestati vanno dalla corruzione al peculato al falso ideologico. Le indagini sono guidate dai magistrati Federico Manotti e Rossella Soffio. Secondo alcune indiscrezioni, il direttore del carcere forse aveva una relazione con un’imprenditrice coinvolta nella vicenda. Gli inquirenti ne starebbero accertando la natura. Oltre al direttore Iodice, 61 anni di Portico di Caserta, sono stati arrestati il contabile della casa di reclusione Salvatore Cantone 52enne di Napoli, il funzionario del ministero delle Infrastruttura con incarichi per le opere marittime della Toscana Carlo Bernardini 57enne di Cortona (Ar), un collega di Bernardini in servizio a Livorno Antonio Riccardi 63enne di Terranova Polino (Potenza) e Stefano Tendola 52enne di La Spezia. Tra gli imprenditori: Prospero Santacroce, 41 anni, di Vaguanera Caropepe (Enna), amministratore della Comies e Ciesse, Moragna Martelli, 44 anni, di Terni, Massimo Antonelli, 46, di Massa, titolare di “Arte e giardini”, Mario Cesare Rotella, 69 anni, Isola Capo Rizzuto, socio di un’impresa edile. Gli arrestati sono stati portati in carceri della Toscana lontane da Massa Carrara Verbania: Enti locali e privati finanziano un progetto per l’inclusione sociale dei detenuti Asca, 6 luglio 2010 Presso la Casa Circondariale si è svolta questa mattina la presentazione del progetto “Pratiche di inclusione sociale” relativo ai detenuti. È stata l’occasione per fare il punto sulle attività rivolte alle persone con problemi di giustizia, che vantano a Verbania significative e consolidate tradizioni, in una fase di particolare delicatezza. “Le riscorse disponibili per la realizzazione di servizi importanti per la comunità - osservano i promotori - sono sempre più ridotte, non per questo i problemi vengono meno. Crediamo che questa fase di profonda crisi possa rappresentare un momento importante e concreto sul piano del ripensamento del nostro sistema di welfare, troppo spesso centrato sulla cultura del bisogno, della patologia, piuttosto che sullo sviluppo delle capacità, delle risorse di cui sia singoli che le comunità sono portatori. Il progetto, sostenuto dalle risorse economiche della Regione Piemonte, della Provincia del Vco e della Fondazione Cariplo, ha ottenuto il punteggio più elevato nell’ambito del Bando Inclusione sociale 2009. Vi aderiscono Casa Circondariale di Verbania, C.F.P.P. Casa di Carità Onlus, Associazione Camminare Insieme, Ufficio per l’esecuzione penale esterna Verbania. Pavia: i detenuti di Torre del Gallo hanno incontrato il vescovo La Provincia Pavese, 6 luglio 2010 I detenuti di Torre del Gallo hanno incontrato il vescovo, monsignor Giovanni Giudici, al termine della messa celebrata in carcere per i dieci anni di fondazione del Convoglio, la cooperativa che offre possibilità di lavoro e reinserimento sociale dopo la detenzione. E al vescovo hanno affidato i loro pensieri e le loro preoccupazioni. A cominciare dalla protesta in atto in questi giorni per il sovraffollamento, per finire con un problema di ordine pratico ma sentito dalle famiglie dei detenuti: il bus che collegava la città al carcere è stato tagliato nell’ambito della riorganizzazione del trasporto pubblico. Ora si ferma sulla Vigentina, diverse centinaia di metri prima. Chi deve recarsi in visita a un detenuto, magari con i borsoni degli indumenti puliti e le provviste, è costretto a percorrere un tragitto più lungo. A meno che non abbia l’auto o non decida di prendere un taxi. Con il caldo di questi giorni il problema del sovraffollamento è ancora più sentito. In un carcere nato originariamente con celle singole, poi attrezzate con due letti, l’aggiunta di un terzo posto diventa difficilmente sostenibile. Due letti e una branda in una cella rendono lo spazio invivibile. Le brande sono state acquistate ma non sono ancora state aggiunte. Gli spazi per i detenuti si sono assottigliati nel tempo. Il campo da calcio più di recente è stato spazzato via dal cantiere per la costruzione dei nuovi padiglioni che ospiteranno altri detenuti. E così per fare un po’ di attività fisica non resta che la palestra (uno stanzone con una rete da pallavolo e qualche pallone, ma senza attrezzi) e i cortili per l’ora d’aria. Quella del Convoglio è un’esperienza preziosa che dura ormai da dieci anni. E l’idea del forno interno per produrre il pane è stata pionieristica in Italia. I detenuti sfornano pane per il fabbisogno interno, ma anche pizza e focaccia per il “sopravitto”, a pagamento. “Un progetto nato dalla lungimiranza della direttrice - spiega Sergio Contrini, presidente del Convoglio - che offrì a don Stefano Penna e madre Carolina la possibilità di trasformare il corso per panificatori in un’esperienza stabile. Fa invece fatica a decollare la falegnameria del carcere, perché mancano lavoro e committenti esterni”. Il Convoglio gestisce anche il forno esterno per ex detenuti e una “casa” con 7 posti a Fossarmato, oltre al deposito per biciclette alla stazione. I 10 anni saranno celebrati in autunno anche con un convegno sul tema della pena e in con una giornata sulle opportunità di lavoro. Trento: dall’8 al 29 luglio seconda edizione per “Cineforum oltre le sbarre” 9Colonne, 6 luglio 2010 Seconda edizione per “Cineforum oltre le sbarre”, rassegna curata da Juliane R. Biasi e promossa da Format, il Centro di audiovisivi della Provincia autonoma di Trento e dal TrentoFilmFestival. Quattro i film che l’8, il 15, il 22 e il 29 luglio saranno proiettati nelle carceri di Trento. Per i detenuti che in estate vivono una situazione di particolare difficoltà: sovraffollamento, caldo, sospensione delle attività scolastiche e riduzione dei laboratori didattici, il cinema continua a rappresentare un momento di evasione seppur mentale. La rassegna giunta alla sua seconda edizione presenta una serie di film, documentari e cortometraggi scelti appunto dagli archivi di Format e TrentoFilmFestival che quest’anno affronta il tema del coraggio. Gli incontri si svolgeranno alla presenza della regista Juliane R. Biasi, che ben conosce la realtà penitenziaria perché sta dirigendo la produzione di un documentario sul carcere di Trento. Prima di ogni proiezione saranno presentati i filmati proposti e gli autori/registi che li hanno realizzati così da coinvolgere e preparare i detenuti ad una visione consapevole. Verranno spiegate le differenze del linguaggio visivo che differenziano film, documentari, docufilm e cortometraggi. Dopo la visione ci sarà un dibattito per sviluppare i temi emersi. L’obiettivo è favorire una discussione tra i detenuti stessi perché elaborino, attraverso le loro personali esperienze e le culture d’origine, i messaggi lanciati dai film. Libia: Consiglio d’Europa all’Italia; chiarire situazione eritrei nei campi di prigionia Apcom, 6 luglio 2010 Il Consiglio d’Europa ha sollecitato la cooperazione del governo italiano per “chiarire con urgenza” la situazione dei circa 250 migranti eritrei detenuti in Libia. Il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg, ha inviato due lettere ai ministri degli Esteri e degli Interni, Franco Frattini e Roberto Maroni, in cui esprime la sua preoccupazione per la sorte degli eritrei detenuti nel centro di Sebha, nel sud della Libia, sottolineando che “c’è motivo per ritenere che qualora questi migranti fossero rispediti in Eritrea rischierebbero di essere vittime di gravi violazioni dei diritti umani”. Nella lettera a Frattini, Hammarberg afferma che, in base alle informazioni ottenute finora, alcuni degli eritrei detenuti in Libia “avrebbero tentato di raggiungere l’Italia per chiedere protezione internazionale e sono state rimandate in Libia senza avere la possibilità di presentare la loro richiesta”. “Alla luce della recente decisione delle autorità libiche di far cessare le attività dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) nel Paese, è sempre più difficile verificare l’attendibilità di tali informazioni”, precisa il commissario. “Tuttavia - conclude Hammarberg nella missiva inviata al ministro degli Esteri - data la serietà delle affermazioni, spero di poter contare sulla vostra collaborazione per chiarire con urgenza la situazione con le autorità libiche e di essere informato sui risultato delle vostre indagini”. Le due missive sono datate 2 luglio. Libia: Calipari (Pd); stanno morendo in 250, Frattini intervenga Apcom, 6 luglio 2010 La vicepresidente dei deputati del Pd, Rosa Villecco Calipari, lancia un appello al ministro degli Esteri, Franco Frattini, perché intervenga a favore dei 250 migranti eritrei detenuti in Libia. “L`ho chiesto già da qualche giorno, ma il ministro Frattini forse per non spazientire con una domanda sulla sorte dei 250 eritrei “l’amico” Gheddafi sta facendo finta di non sentire - dice Calipari in un comunicato - ora che il commissario ai diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg chiede aiuto al governo italiano, spero vivamente che la situazione si possa sbloccare”. Oggi sono state diffuse le due lettere inviate da Hammarberg a Frattini e al ministro dell’Interno, Roberto Maroni, in cui si chiede la collaborazione del governo italiano per “chiarire con urgenza” la situazione dei migranti. “Il ministro Maroni non fa altro che vantarsi del fatto che sarebbero diminuiti gli sbarchi sulle nostre coste in virtù dell`accordo con la Libia che lui definisce, un modello - spiega la vicepresidente del Pd - noi avevamo chiesto un impegno al Governo, accolto con un ordine del giorno, proprio in materia dei diritti umani, ma su questo fronte nulla è stato fatto e l`esecutivo Berlusconi che continua a fare l`equazione migrante-criminale, ha appaltato la sicurezza delle nostre coste a uno stato che non ha mai siglato la Convenzione per i diritti dell`Uomo del 1951”. “Ora - conclude Calipari - non possiamo più far finta di nulla. Abbiamo presentato un`interrogazione a Maroni, abbiamo pronto il question time, ci rivolgiamo a tutto il governo, presidente del Consiglio compreso. Stanno morendo in 250, si intervenga”. Libia: Codacons chiede intervento magistratura italiana sul caso rifugiati eritrei detenuti Ansa, 6 luglio 2010 Il Codacons ha chiesto oggi l’intervento della magistratura italiana sul caso dei rifugiati eritrei detenuti in Libia. “Le notizie che giungono dalla Libia sono drammatiche - spiega l’associazione - e impongono un intervento urgente da parte delle autorità italiane, anche in virtù del trattato di amicizia italo-libico. Il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell’uomo stanno portando ad atti di barbarie verso i circa 250 rifugiati, atti che offendono la coscienza dell’umanità e violano palesemente i principi più volte ribaditi dalle Nazioni Unite, tesi a tutelare i diritti fondamentali dell’uomo, la dignità e il valore della persona umana, e l’uguaglianza dei diritti di ogni essere vivente”. “Con un esposto alla Procura della Repubblica di Roma - prosegue il Codacons - abbiamo chiesto l’apertura immediata di una inchiesta, affinché si indaghi per i gravi reati commessi in Libia, ipotizzando tra le altre fattispecie penalmente rilevanti i reati di riduzione in schiavitù, tentato omicidio, lesioni e maltrattamenti. Le autorità italiane devono attivarsi con urgenza e condannare gli abusi commessi in Libia, mettendo in campo ogni sforzo utile per salvare la vita dei 250 eritrei detenuti in condizioni disumane nel deserto”, conclude l’associazione. Libia: detenuti eritrei; Amnesty International ha lanciato un’azione urgente Ansa, 6 luglio 2010 Amnesty International ha lanciato un’azione urgente chiedendo al governo della Libia di non rimpatriare in Eritrea un gruppo di oltre 200 eritrei che si trovano attualmente nel centro di detenzione di Sabha, nel sud della Libia, in condizioni drammatiche. Amnesty International ha lanciato un’azione urgente chiedendo al governo della Libia di non rimpatriare in Eritrea un gruppo di oltre 200 eritrei che si trovano attualmente nel centro di detenzione di Sabha, nel sud della Libia, in condizioni drammatiche. “Se rinviate in Eritrea”, si legge in una nota dell’organizzazione per la tutela dei diritti umani, “queste persone rischiano di subire la tortura, punizione riservata ai colpevoli di tradimento e diserzione”. Secondo informazioni ricevute da Amnesty, all’alba del 30 giugno un centinaia di soldati e poliziotti libici hanno fatto irruzione nel centro di detenzione di Misratah, situato nel nord del paese. Dopo aver effettuato un pestaggio che ha costretto al ricovero 14 detenuti, i funzionari libici hanno caricato oltre 200 eritrei su due container e li hanno trasportati a Sabha. Nelle settimane precedenti, ai migranti eritrei detenuti a Misratah era stato chiesto di compilare un formulario con dati biografici, data di partenza dall’Eritrea, lunghezza della permanenza in Libia e l’eventuale desiderio di rientrare nel paese. Molti dei migranti, temendo che tali informazioni sarebbero state trasmesse alle autorità eritree in vista del rimpatrio, avevano rifiutato di riempire il modulo. “Le condizioni del centro di detenzione di Sabha sono drammatiche”, sottolinea Amnesty. “Oltre al sovraffollamento, l’acqua e il cibo sono insufficienti e i servizi igienici inadeguati”. Amnesty ha sollecitato il governo della Libia a non rinviare forzatamente in Eritrea gli oltre 200 cittadini eritrei, rispettando il principio internazionale del non respingimento verso Paesi in cui una persona potrebbe essere a rischio di subire tortura o altre forme di maltrattamento o dove “la sua vita, l’integrità fisica e la libertà personale potrebbero essere minacciate”. Secondo i dati del governo italiano, tra maggio e settembre del 2009, 834 persone intercettate o soccorse in mare sono state portate in Libia. Tra le persone “riconsegnate” alla Libia vi erano decine di donne e diversi minori. Cuba: nelle carceri dell’isola ci sono 167 detenuti politici, 34 in meno rispetto alla fine del 2009 Apcom, 5 luglio 2010 Nelle carceri cubane sono attualmente rinchiusi 167 detenuti politici, 34 in meno rispetto alla fine del 2009. È quanto afferma il rapporto diffuso dalla Commissione cubana per i diritti umani e la riconciliazione nazionale (CCDHRN), una organizzazione di opposizione che accusa il governo di Raul Castro di sistematica violazione dei diritti umani. Lo scrive il sito web del Nuevo Herald, l’edizione in spagnolo del Miami Herald. Il calo del numero dei prigionieri politici rispetto al 2009 si spiega con il fatto che in molti casi i detenuti scarcerati avevano finito di scontare la loro condanna. Nel mese di giugno, secondo il rapporto, sono usciti di prigione se detenuti. Nonostante questo dato, in apparenza positivo, la Commissione sostiene che a Cuba permane “la forma totalitaria di Stato”, nella quale i diritti umani non vengono rispettati. Intanto a Cuba è arrivato il ministro degli Esteri spagnolo Miguel Angel Moratinos, il quale incontrerà l’omologo Bruno Rodriguez e il cardinale Jaime Ortega, il primate cattolico nell’isola, per richiedere la liberazione dei prigionieri politici. Moratinos non incontrerà invece Guillermo Farinas, il dissidente in sciopero della fame dallo scorso febbraio, le cui condizioni di salute si sono deteriorate fino al punto di essere in pericolo di vita. In un messaggio divulgato ieri Farinas ha accusato esplicitamente i fratelli Castro, Raul e Fidel, di essere i responsabili della sua “prossima morte”.