Giustizia: Camera; a giorni l’approvazione del ddl sulla detenzione domiciliare Asca, 27 luglio 2010 Dopo il lungo esame in sede referente in Commissione Giustizia, l’avvio della discussione in Assemblea il 5 luglio e la nuova assegnazione alla Commissione in sede deliberante, si attende a breve l’approvazione del ddl 3291-bis sulla esecuzione domiciliare per le pene non superiori ad un anno. Sul nuovo testo messo a punto si è svolta una rapida discussione generale e la scorsa settimana è scaduto il termine per la presentazione di ulteriori emendamenti. Il progetto normativo, da oggi nuovamente all’ordine del giorno della Giustizia in sede deliberante, indica una serie di reati e di soggetti (detenuti sottoposti a regime di sorveglianza particolare, detenuti per i quali c’e un elevato rischio di fuga ecc.) per i quali non è applicabile il beneficio e pone a carico del pm la trasmissione al giudice di sorveglianza della richiesta di sospensione corredata da un verbale di accertamento della idoneità del domicilio. Spetta poi al magistrato di sorveglianza disporre l’esecuzione domiciliare degli ultimi 12 mesi di pena o di assegnazione a centri di recupero in caso di condannati tossicodipendenti. Giustizia: il “piano carceri” non esiste più, mancano soldi per costruire e per assumere agenti di Dimitri Buffa L’Opinione, 27 luglio 2010 Il piano carceri ormai non esiste più. Non ci sono i soldi per costruirne di nuove né per assumere gli agenti che dovrebbero farle funzionare. E anzi ci sono, ma si fa finta di niente, una ventina di istituti penitenziari in tutta Italia, che sono da anni abbandonati a sé stessi, edifici dove crescono ortiche e erbacce con grande spreco del denaro pubblico. In questo quadro, giunti ormai al trentottesimo suicidio dall’inizio dell’anno, cui si aggiungono una altra settantina di morti per varie cause, comprese quelle che hanno portato al decesso di Stefano Cucchi e di Aldo Bianzino, pochi giorni fa il contestatissimo (dagli stessi agenti di polizia penitenziaria) capo del Dap, dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta ha preso carta e penna per scrivere una lettera che a molti è sembrata spedita dal pianeta Marte. E che è stata ricevuta dai lavoratori del settore il giorno del suicidio del provveditore delle carceri della Calabria, Paolino Maria Quattrone. Un “uomo integerrimo, dotato di grande cultura, minacciato nel passato dalla ‘ndrangheta che per lui aveva pronta un’autobomba stile Via D’Amelio, ma molto prima della strage del giudice Borsellino”, come si legge sul sito del Sappe, uno dei sindacati di punta della polizia penitenziaria. “Le attuali difficili condizioni in cui vi trovate ad operare - inizia così la lettera di Ionta - dovute principalmente al sovraffollamento, con la stagione estiva si gravano dì ulteriori problemi. L’amplificazione mediatica, talvolta ingiustificata, degli eventi carcerari determina l’effetto della diffusione, nell’opinione pubblica, di un senso di sfiducia nel sistema penitenziario nel suo complesso. Al fine di “misurare” la percezione, nei cittadini, dell’operato dell’Amministrazione e della Polizia Penitenziaria, ho commissionato un sondaggio a una società di ricerca i cui risultati saranno resi noti a breve. Essi ci consentiranno di intervenire con maggiore incisività nella comunicazione istituzionale”. I commenti privati che sono seguiti a questa comunicazione istituzionale sono semplicemente irriferibili. La morte di Quattrone ha prostrato gli agenti che lavorano in Calabria. L’inchiesta in cui era stato coinvolto era una storia di appalti per ristrutturare il carcere di Cosenza, cui si sarebbe opposto l’ex direttore dello stesso penitenziario. Quattrone era persona che non tollerava la benché minima ombra sul proprio modo di operare. In questo quadro drammatico, se non tragico, con i detenuti vicini a quota 70 mila, una iniziativa più improvvida della lettera di Ionta era veramente difficile da essere immaginata. Giustizia: da Padova proposte di “riduzione del danno” contro il sovraffollamento Redattore Sociale, 27 luglio 2010 Piccole soluzioni per alleviare le difficoltà: l’apertura notturna dei blindi per favorire la ventilazione e il ricambio d’aria, libero accesso alle docce, un’ora in più di passeggio. Lo chiedono in un documento associazioni di categoria, di volontariato. Il vecchio adagio secondo cui uniti si fa la forza è alla base dell’iniziativa di dieci tra associazioni di categoria, di volontariato e sindacati padovani, che hanno deciso di chiedere all’unisono la “riduzione del danno da sovraffollamento” nelle carceri in generale e negli istituti di Padova in particolare. Il gruppo lancia infatti la proposta di adottare piccoli ma immediati espedienti in grado di dare un po’ di sollievo ai detenuti dalla calura estiva. Per la prima volta con una sola voce parlano le Acli, l’associazione “Antigone”, i “Beati i costruttori di pace”, la camera penale, la Cgil e la Fp Cgil, la Conferenza regionale volontariato e giustizia, i Giuristi democratici, la Magistratura democratica e Ristretti Orizzonti. Le proposte per alleviare la detenzione sono contenute in un documento già indirizzato al Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria, ai direttori delle carceri, ai magistrati di Sorveglianza e al comune. Le indicazioni, basate su reali richieste dei detenuti cui Ristretti Orizzonti ha fatto da tramite, sono l’apertura notturna dei blindi per favorire la ventilazione e il ricambio d’aria, l’apertura diurna delle celle con libero accesso alle docce, la possibilità di acquistare dei mini-frigoriferi da mettere in cella per conservare generi alimentari. Tra le richieste c’è anche l’autorizzazione all’impiego di ventilatori in cella, un utilizzo più ampio dell’area verde, un’ora aggiuntiva di passeggio e un aumento delle attività sportive in campo o in palestra, che ora si limitano a due ore settimanali. Anche garantire una maggiore presenza del volontariato sarebbe, secondo i firmatari, un’opportunità in più per alleviare le condizioni dei detenuti. “Con il caldo e le condizioni dei giorni scorsi non sarebbe azzardato avanzare l’ipotesi di un reato di tortura verso i detenuti - sottolinea Ornella Favero di Ristretti orizzonti, parlando a nome del gruppo -: si stanno violando i diritti umani minimi, la gente in cella sta impazzendo”. Attualmente la casa di reclusione di Padova conta 820 detenuti, contro una capienza regolamentare di 300 e una tollerabile di 400. Non va meglio al circondariale, dove i detenuti sono 250, per una capienza di 80 e una tollerabilità di 130. All’interno della casa di reclusione i detenuti impegnati in qualsivoglia attività sono 350, mentre per tutti gli altri la giornata inizia e finisce in cella, con la sola eccezione di colloqui e passeggio. Le dieci associazioni chiedono anche di intervenire per aiutare i famigliari che si recano in carcere, dotando le sale di ventilatori, migliorando gli ambienti, consentendo due telefonate supplementari e aumentando le ore di colloquio. Giustizia: Dap; nelle carceri presenze oltre il limite tollerabile, nel 2010 sono evasi 9 detenuti Ansa, 27 luglio 2010 Con la duplice fuga di due detenuti albanesi dal carcere di Pisa, salgono a nove i detenuti evasi dall’inizio dell’anno dalle sovraffollate carceri italiane (68.258 contro una capienza regolamentare di 44.568 posti e un limite tollerabile di 67.772). La sala situazioni del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria rileva, nel 2010, un’evasione dal carcere di Sant’Angelo dei Lombardi (Avellino), due dal penitenziario di Prato, altre due negli istituti sardi di Mamone e Isili, due da Lecco il 18 luglio scorso, e infine le ultime due di oggi a Pisa. Su nove evasi due risultano catturati. Sul fronte sovraffollamento, esaurita la boccata di ossigeno dell’indulto 2006, la popolazione carceraria è tornata ad aumentare, raggiungendo numeri mai così alti dal dopoguerra ad oggi: 68.258 detenuti (dato del 30 giugno scorso), di cui quelli in attesa di giudizio definitivo sono 29.526, i definitivi 36.781, gli internati 1.786 (i dati su altri 165 sono ancora da impostare). I detenuto stranieri sono 24.966. Per far fronte all’emergenza, il governo ha varato un piano carceri che prevede la costruzione di nuovi 11 penitenziari e di 20 padiglioni per ampliare strutture già esistenti, per un totale di 9-10mila che saranno portati a termine tra il 2011 e il 2012. Giustizia: Ionta (Dap); dramma suicidi, parlamento approvi ddl Alfano sui domiciliari Ansa, 27 luglio 2010 Seppure l’amministrazione penitenziaria compia ogni sforzo per fronteggiare la grave situazione del sistema carcerario, i suicidi di detenuti continuano a rappresentare un vero e proprio dramma nel dramma, e questo innanzitutto a causa del sovraffollamento degli istituti. A poche ore dal 39/o suicidio in carcere, il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), Franco Ionta, lancia un appello affinché in tempi brevi sia approvato il ddl Alfano sulla detenzione domiciliare per pene brevi, misura questa - afferma in una dichiarazione all’Ansa - che accanto all’implementazione delle strutture e del personale può consentire un migliore e più civile regime della detenzione. Nel sottolineare che massimo è l’impegno della polizia penitenziaria per salvaguardare la vita e la salute delle persone detenute, Ionta fa notare come molti siano gli interventi degli agenti in servizio nelle carceri italiane volti a sventare i tanti atti di auto soppressione tra detenuti. E tuttavia - prosegue il capo del Dap - i suicidi continuano a rappresentare un vero e proprio dramma nel dramma. Consapevole che non è ragionevolmente possibile ovviare o eliminare tali atti estremi - continua - è del tutto evidente che le condizioni di disagio allocativo contribuiscono al disagio psicologico dei detenuti. Per questo il capo del Dap ritiene che in tali condizioni è auspicabile che in tempi brevi sia approvata la legge, che consente la detenzione domiciliare per pene brevi. Giustizia: Sappe; nelle carceri livelli di sicurezza assai limitati, la situazione è gravissima Il Velino, 27 luglio 2010 “È gravissimo quanto avvenuto ieri nel carcere di Pisa, dove due detenuti albanesi sono evasi scavalcando il muro di cinta”. Lo afferma in una nota Donato Capece segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe che spiega: “Ieri, alle 13.30 circa, i due detenuti sono evasi dal carcere, sfruttando anche il fatto che per carenza di agenti la garitta sul muro di cinta era sguarnita e che l’agente addetto al controllo del cortile passeggi doveva controllare altri due cortili ed un piano di una sezione detentiva. Non possiamo non pensare che anche questo grave episodio, che avviene a pochi giorni da un’altra evasione a Lodi, possa essere frutto del clima di tensione che si registra nelle carceri italiane, in cui l’esplosiva combinazione tra il grave sovraffollamento pari a circa 69mila detenuti (a Pisa sono 400 per un numero regolari di posti pari a 225) e una carenza di 6.000 unità negli organici della Polizia penitenziaria (ben 80 ne mancano a Pisa) determina di fatto livelli di sicurezza assolutamente insufficienti per i nostri Agenti, specie di coloro che lavorano ogni giorno, ogni ora, nella prima linea delle sezioni detentive, delle traduzioni e dei piantonamenti. La situazione delle carceri in Italia è drammatica - prosegue Capece - a causa del sovraffollamento, dovuto ad una costante crescita dei detenuti che dall’inizio del 2009 sono aumentati di oltre 10.000 unità, mentre il personale di Polizia penitenziaria continua a diminuire di circa 1.000 unità all’anno, tant’è che allo stato attuale mancano oltre 6.000 agenti rispetto alle piante organiche previste dal decreto ministeriale del 2001. Oggi nelle carceri italiane ci sono quasi 69mila detenuti, dei quali oltre 25.000 sono stranieri, soprattutto extracomunitari. E questi emblematici dati fanno comprendere anche ai non addetti ai lavori come i livelli di sicurezza dei nostri penitenziari siano assai limitati e in quali drammatiche e difficili condizioni lavorino i nostri agenti, i due terzi dei reclusi sono in attesa di giudizio, anche questo rappresenta un’anomalia del nostro sistema”. Giustizia: Osapp; le evasioni di Pisa sono grave indice di inettitudine, Ionta se ne vada Adnkronos, 27 luglio 2010 “Ma perché il dott. Ionta non si prende una bella vacanza, e definitiva, dal posto che occupa?”. Ad affermarlo, riferendosi al Capo dell’Amministrazione Penitenziaria, è Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, dopo l’evasione dal carcere di Pisa. Due detenuti, presumibilmente di nazionalità albanese, sono evasi all’ora di pranzo dal carcere circondariale. I due avrebbero scavalcato prima il muro dei passeggi e poi quello di cinta. “L’allarme antiscavalcamento non funzionante da tempo - fa notare Beneduci - e la carenza di organico tra la polizia penitenziaria (non c’erano sentinelle a guardia delle mura di cinta) sarebbero le concause della grave fuga. Se questa è una evasione annunciata, come qualcuno si affretta a dire oggi, probabilmente qualcuno sapeva della debolezza dell’istituto pisano a livello di sicurezza e quel qualcuno dovrà pagare”. “Ma quel qualcuno - prosegue il leader sindacale - lo sa già da tempo, questo è il problema vero. E non è un caso che episodi fotocopia come questo avvengano oramai abitualmente in tutto il territorio nazionale. Da tempo - spiega Beneduci - come rappresentante di una categoria perennemente a rischio, l’Osapp sta avvertendo dell’enorme pericolosità che la situazione carceraria sta generando: a livello di sicurezza, operatività delle strutture, a livello di sicurezza nazionale. Ma niente, si continua con i distinguo e con le giustificazioni”. Ecco perché l’Osapp si augura “solo che tra i detenuti non si diffonda, ed in fretta, la voce che in Italia si possa semplicemente scavalcare per considerarsi finalmente liberi”. Giustizia: Uil-Pa; troppi agenti impiegati fuori dalle carceri, basta con nicchie di privilegio Il Velino, 27 luglio 2010 “Lo avevamo detto e lo riaffermiamo anche dopo quest’ennesima evasione beffa: chiunque decida, quando e se vuole, può tranquillamente evadere dalle nostre prigioni. E non certo per imperizia della polizia penitenziaria. Evidentemente le nostre denunce sull’Amministrazione Penitenziaria insipiente e incapace trovano ragione proprio in questi eclatanti episodi, che minano l’ordine pubblico”. A dichiararlo Eugenio Sarno, segretario generale Uil Pa Penitenziari. “A distanza di pochi giorni dalla doppia evasione di Lecco, altri due pericolosi malviventi sono scappati dal muro di cinta durante l’ora d’aria a Pisa. D’altro canto, come a Lecco, anche a Pisa il contingente di polizia penitenziaria è gravemente in sofferenza. Una sola unità, infatti, questa mattina era preposta alla sorveglianza di tre cortili di passeggio. Oggettivamente impossibile, quindi, tenere sotto controllo circa centocinquanta detenuti. Laddove avrebbero dovuto operare tre agenti ne era presente uno solo. Questa è l’ordinarietà straordinaria che si registra in tutte le carceri. Appena qualche giorno fa abbiamo nuovamente invitato il capo del Dap a recuperare le tante, troppe unità di polizia penitenziaria impiegate in strutture extra penitenziarie. È ora di rompere queste nicchie di privilegio, è ora di mandare all’aria questo insostenibile sistema di raccomandazioni, alimentato anche dai sindacati amici - sottolinea. Analogamente vogliamo sperare che il Ministro Alfano dimostri al Paese di avere nella sua agenda dei lavori anche la questione penitenziaria. Così come il Ministro Maroni forse, ora, comprenderà perché abbiamo sempre sostenuto che le carenze di organico e le criticità del sistema penitenziario fossero da ritenersi problemi direttamente connessi all’ordine pubblico. Adesso il Governo Berlusconi, in materia penitenziaria, fa segnare un altro record: dopo quello di presenze e di suicidi in carcere ora si segna anche il record di detenuti evasi. Ben dieci in questi sette mesi del 2010, cui si debbono aggiungere otto tentate evasioni sventate dal personale. E tutto ciò mentre il personale di polizia penitenziaria nelle carceri continua a diminuire per effetto di: quiescenze, collocamenti a risposo, impiego in strutture extra penitenziarie”. Piemonte: il Provveditore; fondi assegnati sono esauriti, non possiamo garantire manutenzione Apcom, 27 luglio 2010 “I fondi assegnati sono in pratica del tutto esauriti e non è possibile garantire nemmeno la manutenzione ordinaria degli impianti di sicurezza con tutte le implicazioni che ciò comporta”. È il passaggio centrale di una lettera riservata inviata dal provveditore dell’amministrazione penitenziaria di Piemonte e Valle d’Aosta, Aldo Fabozzi, ai suoi superiori a Roma, il direttore generale delle Risorse materiali dei beni e servizi, Enrico Ragosa, e al direttore generale del Bilancio e della contabilità, Alessandro Giuliani. La missiva è datata 5 luglio. “Pur prendendo atto - è l’incipit del documento - delle scarse disponibilità di bilancio assegnate a codesta direzione, corre l’obbligo di segnalare che la gravissima carenza di fondi destinati agli istituti dei distretti si sta protraendo da troppo tempo”. “Con diverse note nel corso degli anni - denuncia Fabozzi - lo scrivente ha evidenziato che la progressiva e costante mancanza di fondi ha come effetto di impedire la programmazione e soprattutto l’esecuzione degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria con tutte le conseguenze che ciò comporta”. “La situazione è drammatica - dichiara Gerardo Romano, segretario regionale dell’Osapp, sindacato autonomo di polizia penitenziaria - prendiamo atto che il Provveditore ci da ragione. Perché noi da tempo denunciamo lo sfascio totale delle carceri. Bastano pochi esempi per capire come possano poi avvenire episodi come quelli di Pisa (ieri mattina sono evasi dal carcere due detenuti scavalcando il muro di cinta, ndr). Abbiamo muri di cinta non funzionanti, ci sono mezzi fermi, e sarebbero necessari per gli spostamenti delle traduzioni, solo perché mancano i soldi per pagare i pneumatici sgonfi. Il personale è sotto organico, molti sono assenti perché accusano patologie da stress. Alle Vallette di Torino si può fare la doccia calda solo a certe ore e a turni. A farne le spese è sempre il personale penitenziario”. Sardegna: 3 milioni iper strutture, alternative all’Opg, per detenuti con diagnosi psichiatrica Ansa, 27 luglio 2010 “In realtà, durante l’audizione in Commissione consiliare, ho parlato di 3 milioni di euro per la costruzione di strutture per detenuti con diagnosi psichiatrica alternative all’Opg (Ospedale psichiatrico giudiziario), con l’obiettivo di accogliere i circa 50 detenuti sardi attualmente ospitati a Montelupo Fiorentino in Toscana”. Lo ha sottolineato l’assessore regionale della Sanità, Antonello Liori, rispondendo alle dichiarazioni di Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo diritti riforme”, che paventava l’ipotesi della costruzione di un Opg nell’Isola. “Il passaggio alle Asl della sanità penitenziaria - ha proseguito l’Assessore - ci impone di pianificare e realizzare un progetto che ci metta in condizione di gestire le esigenze ed i problemi del detenuto/paziente. Non trascurando, ancor più in questi casi, la finalità riabilitativa e di recupero sociale della detenzione. Perciò, stiamo valutando un’idea che risponde a due valutazioni. Una di carattere sociale: riportare nell’Isola, più vicino possibile alle loro famiglie, i detenuti/pazienti. Una di carattere economico: ridurre i costi di mantenimento che attualmente vengono pagati dalla Sardegna alla Regione Toscana.” “Non possiamo dimenticare - ha concluso Liori - che esistono casi di alta pericolosità sociale, ovviamente valutati dalla Magistratura, per i quali è prevista la detenzione e che questi devono necessariamente trovare alloggio in strutture adeguatamente custodite. Vanno, però, considerati i vari livelli di pericolosità, prevedendo all’interno di queste strutture, che accoglieranno al massimo sedici persone, diversi livelli di sorveglianza, senza trascurare le caratteristiche di accoglienza e di cura, oltre che la massima assistenza sanitaria. Nei casi di media e bassa pericolosità, è addirittura ipotizzabile studiare soluzioni per far scontare la pena in forme alternative, che prevedano anche il lavoro.” Campania: domani conferenza stampa del Garante dei detenuti su condizione carceri regionali Asca, 27 luglio 2010 È prevista per domani presso la sede del Consiglio Regionale della Campania la conferenza stampa della Garante dei Detenuti della Regione, Adriana Tocco, sulle condizioni igienico-sanitarie delle carceri in Campania. Durante l’incontro, si legge in una nota, la Garante riferirà alcuni casi che riguardano le allarmanti condizioni sanitarie di alcuni detenuti, alla presenza dei loro familiari. Parteciperanno il presidente e il vice presidente della Commissione Speciale Regionale della Campania “Prevenzione del fenomeno del mobbing sui luoghi di lavoro e di ogni forma di discriminazione sociale, etnica e culturale”, Donato Pica e Angelo Marino, insieme con il presidente e vice Presidente della Commissione Regionale Sanità e Sicurezza Sociale, Michele Schiano Di Visconti e Anna Petrone. Siracusa: detenuto 44enne in attesa di giudizio si impicca, è il 39° suicidio dall’inizio dell’anno Ristretti Orizzonti, 27 luglio 2010 Corrado Liotta, 44 anni, detenuto nel carcere “Cavadonna” di Siracusa, si è ucciso questa notte impiccandosi alle sbarre. Sembra che l’uomo sia morto all’istante, poiché nell’appendersi al rudimentale cappio che aveva fabbricato si è spezzato le vertebre cervicali. Fatto sta che i compagni di cella non si sono accorti di nulla ed il corpo senza vita dell’uomo è stato scoperto dall’agente di turno, che stava effettuando la conta alle 3 di notte. Liotta era detenuto, in attesa di giudizio, nel Reparto “isolati” del carcere e già la settimana scorsa aveva commesso atti di autolesionismo, ingoiando lamette da barba. Era stato arrestato lo scorso 9 maggio dagli agenti della Questura di Siracusa, intervenuti per sedare un litigio scoppiato in un condominio: l’uomo, armato di un coltello e di un cacciavite, minacciava pesantemente delle persone chiuse all’interno di una stanza, chiedendo loro dei soldi. Da qui l’arresto, con l’accusa di lesioni e minacce, tentata estorsione e danneggiamento. Nel 2010 nelle carceri siciliane si sono già uccisi 7 detenuti, di cui 2 nel penitenziario di Siracusa. Da inizio anno salgono così a 39 i detenuti suicidi nelle carceri italiane (33 impiccati, 5 asfissiati col gas e 1 sgozzato), mentre il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e cause “da accertare” arriva a 109 (negli ultimi 10 anni i “morti di carcere” sono stati 1.707, di cui 595 per suicidio). Commento del Garante dei diritti dei detenuti della Sicilia Sen Salvo Fleres, Garante per la tutela dei diritti dei detenuti sul suicidio a Siracusa: “Questo è il settimo suicidio in Sicilia”. “A distanza di soli tre giorni, nelle carceri siciliane si è verificato il settimo suicidio dall’inizio dell’anno. Questa volta accade a Siracusa dove, il detenuto, Sig. Corrado Liotta di 44 anni, nel corso della notte si è tolto la vita. La situazione è davvero insostenibile ed il tutto avviene nel silenzio degli organi preposti. In queste condizioni a poco valgono le esortazioni del capo del Dipartimento rivolte a tutti gli operatori penitenziari volte a risolvere l’emergenza carceri. Cosa possono fare gli operatori penitenziari in assenza di fondi e di personale, con un sovraffollamento ormai patologico e molte strutture fatiscenti? Ribadisco quanto detto solo pochi giorni fa e comunico che l’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti, già da adesso, si costituirà parte civile per l’individuazione di eventuali responsabili di omissioni, abusi e violazioni dei diritti dei detenuti”. Commento della Uil-pa Penitenziari Per il segretario generale della Uilpa Penitenziari, Eugenio Sarno, si tratta di “una strage senza fine che si consuma ogni giorno dietro le sbarre delle nostre degradate e sudice galere. Suicidi ed evasioni certificano il fallimento del sistema penitenziario sempre più abbandonato al proprio, ineluttabile, destino. Nell’indifferenza della politica, della società e della stampa. A questo punto il personale, allo stremo e prosciugato di tutte le residue energie psico-fisiche, nulla può opporre alle fughe. Siano esse dalle mura, piuttosto che dalle vite. Nostro malgrado siamo costretti ad alzare bandiera bianca, consapevoli che la nostra bandiera bianca è quella dello Stato. Altro che governo della sicurezza. Questo è il governo dei record abbattuti: evasioni e suicidi”. Commento del Sappe L’ennesimo, drammatico suicidio in carcere avvenuto questa notte nella Casa Circondariale di Siracusa che “testimonia ancora una volta l’urgente necessità di intervenire immediatamente sull’organizzazione e la gestione delle carceri italiane, dove il numero esorbitante dei detenuti ricade pericolosamente sulle condizioni lavorative dei Baschi Azzurri del Corpo di Polizia Penitenziaria ed impedisce di svolgere servizio nel migliore dei modi”. È quanto dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. “Come può un agente, da solo, controllare 80-100 detenuti? Come si può lavorare in un carcere in cui vi sono 567 detenuti per 309 posti letto regolari come a Siracusa? - si chiede Capece - Con un sovraffollamento di quasi 69mila detenuti in carceri che ne possono contenere a mala pena 43mila, accadono purtroppo anche questi tragici episodi. E se la situazione non si aggrava ulteriormente - si conclude - è grazie alle donne e agli uomini del Corpo che, in media, sventano ogni mese 10 tentativi di suicidio (molte centinaia ogni anno) di detenuti nei penitenziari italiani”. Palermo: sovraffollamento e violazioni dei diritti; l’Ucciardone è un carcere “indegno” di Luca Insalaco Quotidiano di Sicilia, 27 luglio 2010 Nella struttura 700 detenuti contro una capienza di 430. Mancano 160 agenti penitenziari. La denuncia dei Radicali dopo un sopralluogo nell’antico carcere cittadino. Pensavamo che le torture fossero lontane e invece eccole denunciate anche all’interno del carcere Ucciardone. A scagliare il sasso nello stagno dell’indifferenza generale sono ancora una volta i Radicali, che denunciano lo stato di “illegalità” dello storico, anzi, dell’antico penitenziario palermitano. “I detenuti sono costretti a vivere in celle piccolissime con il cesso, e non dico apposta wc, a vista, quindi con ogni violazione della privacy. Un posto indegno di un paese civile. Ecco perché parlerei di veri e propri maltrattamenti e di torture”, ha accusato il deputato radicale Rita Bernardini, a capo di una delegazione che ha visitato la struttura carceraria. Al cronico sovraffollamento del carcere - 700 detenuti contro una capienza regolamentare di 430 detenuti - corrisponde la mancanza di 160 agenti penitenziari. “Questo - ha sottolineato la Bernardini - determina che per la mancanza di spazi e anche di agenti, non ci sono attività trattamentali. Dico che qui vengono fatti maltrattamenti ai detenuti, perché quando si tengono le persone in queste condizioni è maltrattamento”. “Quando le persone vivono in cella con le malattie, nella sporcizia, con tossicodipendenti - ha aggiunto - evidentemente questo corrisponde a una forma di tortura, anche se in Italia non c’è il reato di tortura”. I delegati si sono soffermati in particolare sulla terza sezione. “In alcune celle non funziona nemmeno lo scarico, quindi i detenuti devono prendere i secchi dopo essere andati in bagno, davanti a tutti”. Per non parlare delle docce, a rischio malattia, “con il muschio, l’intonaco crollato. Su sette docce, ne funzionano una o due”. E poi ancora “il canile”, una sezione che accoglie i detenuti subito dopo l’arresto, prima di essere assegnati: “Celle senza arredamento, sporchissime con i detenuti totalmente isolati”. Sono state riscontrate violazioni anche per quanto riguarda i colloqui (“Un detenuto non fa un colloquio da tredici mesi. Se questa è la rieducazione...”) e sulle dimensioni delle celle (“Sono tutte piccolissime, con sei detenuti in pochissimi metri quadri”), lontane dai tre metri quadrati stabiliti dalla Corte europea per i diritti dell’Uomo. Le considerazioni raccolte nel corso della visita confluiranno in un’interrogazione parlamentare (“Alle quali il ministro della Giustizia come sempre non risponderà”) ma anche alla Procura: “C’è l’obbligatorietà dell’azione penale: voglio vedere se agiscono”, ha chiosato la Bernardini. La replica: il direttore evidenzia il taglio dei fondi Il direttore della struttura penitenziaria, Maurizio Veneziano, ha risposto ai rilievi dei delegati lamentando il taglio dei fondi erogati da Roma e ricordando in particolare la dotazione per la manutenzione ordinaria, pari a soli ottomila euro l’anno. Inoltre - ha riferito il deputato Bernardini - il direttore “deve accettare tutti i detenuti che arrivano”. Da qui la situazione critica della struttura, in termini di sovraffollamento e di carenze igienico-sanitarie (vi sono anche topi e scarafaggi tra gli inquilini del carcere borbonico). Oltre alla radicale Bernardini, la delegazione che ha visitato l’Ucciardone era composta dall’associazione “Ristretti Orizzonti”, rappresentata da Laura Baccaro, dalla rappresentante del Garante dei diritti dei detenuti Gloria Cammarata, dai rappresentanti di Radicali italiani di Catania Marco Ciccarelli e di Palermo Donatella Corleo e dai volontari Maurizio Artale del Centro Padre Nostro, oltre a Michele Recupero e Bruno Di Stefano. Empoli: il Provveditore Giuffrida; il carcere di Pozzale sarà inaugurato ad agosto Redattore Sociale, 27 luglio 2010 Il provveditore toscano annuncia come imminente l’inaugurazione del carcere femminile. “Ospiterà 30/35 detenute provenienti da altri istituti toscani, soprattutto da quello di Pisa”. “Entro agosto l’istituto penitenziario Pozzale di Empoli sarà nuovamente attivo”. Lo ha annunciato Maria Pia Giuffrida, provveditore toscano dell’amministrazione penitenziaria. Il carcere, vuoto e inutilizzato dallo scorso marzo, sarà destinato a detenute donne. “Il carcere è comprensivo di 19 celle - ha spiegato Giuffrida - e ospiterà circa 30-35 donne. La maggior parte delle detenute ospitate sono quelle attualmente presenti negli altri istituti toscani, soprattutto il carcere femminile di Pisa, che così saranno alleggeriti dal sovraffollamento”. L’apertura del carcere, che inizialmente doveva essere destinato ai detenuti trans, è stata ritardata perché, ha spiegato Giuffrida, “non è stato facile trovare agenti penitenziari donne”. Il provveditore toscano è convinto che l’inaugurazione del Pozzale sia imminente. “Finalmente ci siamo - ha concluso - Stiamo già pensando di organizzare una conferenza stampa e una cerimonia di inaugurazione per la città, che ha sempre visto di buon occhio il progetto del carcere femminile”. Pescara: progetto Uepe ed Enti locali, il verde pubblico sarà curato dai detenuti Ansa, 27 luglio 2010 Ha preso il via giorni addietro il progetto promosso dalla Provincia, dal Comune di Pescara, dalla casa circondariale e dall’Ufficio Esecuzione Penale Esterna che impiega nove detenuti e ex detenuti alla cura del verde del capoluogo adriatico nell’ambito di un tirocinio formativo. Da lunedì queste persone cominceranno ad occuparsi delle aree verdi della città, tra cui anche la riserva dannunziana. Lo hanno annunciato oggi il presidente della Provincia, Guerino Testa, l’assessore provinciale al Lavoro Antonio Martorella, l’assessore comunale al Verde Nicola Ricotta, il direttore del carcere Franco Pettinelli e Irma Donatelli. dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna. Il progetto, finanziato dalla Provincia con 20mila euro, vede il coinvolgimento di tre detenuti, due detenuti ai domiciliari, un detenuto in affidamento in prova ai servizi sociali e tre ex detenuti. Quattro di loro si occuperanno della pineta e cinque delle altre aree verdi esistenti a Pescara, per un totale di 5 mesi. Al termine del progetto acquisiranno una qualifica professionale che potranno spendere sul mercato del lavoro. Con questa iniziativa - ha commentato Testa - si crea una rete efficiente tra le istituzioni in favore di soggetti da reinserire nella società e nello stesso tempo - ha proseguito Martorella - il Comune vedrà meglio curato il verde. Pettinelli ha ricordato che un altro progetto è stato avviato in passato con la Provincia, ed è ancora in corso, per l’utilizzo di detenuti per la cura del verde nelle aree di competenza dell’ente. Soddisfatto della nuova collaborazione anche Ricotta il quale ha fatto notare che c’era un estremo bisogno di questo intervento sul verde, considerato che ci sono moltissimi parchi. Taranto: crolla cornicione nella sezione semiliberi, tragedia sfiorata Apcom, 27 luglio 2010 Tragedia sfiorata stamattina nel carcere di Taranto dove, attorno alle 7, un grosso pezzo di cornicione in cemento armato è caduto nella sezione dei semiliberi in cui, fino a qualche secondo prima, stavano passando detenuti e poliziotti penitenziari. Il cornicione caduto aveva un fronte di un metro per circa 10 ed ha provocato un boato che ha creato allarme in tutto il penitenziario e anche all’esterno. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, che hanno interdetto tutta la zona adiacente il reparto in questione. Lo rende noto il Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria, che da tempo denuncia la grave situazione di fatiscenza del penitenziario tarantino. Il carcere, nelle attuali condizioni, non potrebbe ospitare più di 250 detenuti ma oggi registra la presenza di circa 650, a fronte di una carenza almeno di 50 poliziotti penitenziari. Avellino: rubinetti a secco per i detenuti dell’ultimo piano, l’acqua portata con le bacinelle Asca, 27 luglio 2010 Il carcere di Bellizzi è prossimo al collasso. Trenta per cento di agenti in meno con una popolazione carceraria che si è raddoppiata ed è vicina al limite massimo. Ma non basta: in questi giorni di grande caldo l’ultimo piano della casa circondariale è rimasta senz’acqua, con immaginabili conseguenze per i detenuti. Una situazione insostenibile. “Il sovraffollamento del carcere - ribadisce la direttrice, Cristina Mallardo - è ormai oltre la tolleranza. Siamo a 480 detenuti, e non è fisicamente possibile ospitarne più di 500. I posti letto sono scarsi, stiamo facendo arrivare ogni giorno nuove brandine. Nelle celle singole ci sono due reclusi, in quelle per cinque almeno otto, con un notevole utilizzo di letti a castello. Se la situazione non si modifica rischiamo davvero il collasso”. Ad aggravare la situazione anche la carenza di personale. “Abbiamo il trenta per cento in meno di personale - conferma la direttrice -, rispetto a quello previsto in organico. Altri agenti vanno in pensione e non vengono sostituiti. Con il sovraffollamento i già evidenti disagi non possono che peggiorare”. “I detenuti - continua la Mallardo - stanno affrontando con garbo e pazienza le difficoltà, soprattutto quelli reclusi nell’ultimo piano che hanno anche dovuto subire la mancanza d’acqua. Ci siamo dovuto attrezzare trasportandola sopra con delle bacinelle, ma speriamo di risolvere il problema con delle pompe idrauliche, sempre che ci autorizzino all’acquisto”. “Nel reparto femminile - aggiunge la direttrice - la situazione è ancora peggiore. Ci sono 31 unità, quando il limite massimo tollerabile è di 32. E insieme a loro in questo momento, nelle celle, ci sono anche cinque bambini. Lì la situazione è fluttuante, mentre parliamo potrebbero arrivare altre detenute e altri bambini”. “Soluzioni? Una che potrebbe avere effetti immediati è in discussione al Parlamento - aggiunge la direttrice -. Prevede la detenzione extracarceraria per chi deve scontare l’ultimo anno di pena. Speriamo bene. La situazione inizia a diventare intollerabile. E non solo nel carcere di Bellizzi, ma in tutta Italia, anche nelle case circondariali del Nord. Per non parlare di Napoli, dove la situazione è ancora più drammatica. Ma se non si interviene e subito non potrà che peggiorare ovunque. E già solo immaginare di convivere con una situazione peggiore di quella attuale è davvero difficile”. Reggio Emilia: Sappe; detenuto extracomunitario di 22 anni tenta di impiccarsi, salvato Ansa, 27 luglio 2010 Ancora un tentato suicidio in carcere. A quanto ha reso noto il segretario generale aggiunto del Sappe, Giovanni Battista Durante, ieri mattina un detenuto extracomunitario di 22 anni, arrestato per incendio e resistenza a pubblico ufficiale, ha tentato di togliersi la vita nel carcere di Reggio Emilia. Un agente della polizia penitenziaria lo ha salvato mentre il detenuto stava tentando di impiccarsi. “I suicidi, tentativi di suicidi, le aggressioni, i gesti di autolesionismo nelle carceri italiane hanno superato i 200 al giorno e l’Emilia-Romagna non si sottrae a questa drammatica situazione - commenta Durante - Infatti questo è il sesto tentativo di suicidio sventato in un mese, grazie agli interventi della polizia penitenziaria, a volte aiutata anche dalla collaborazione dei detenuti”. Il sindacalista ricorda che l’istituto di Reggio Emilia è stato interessato più volte a questi episodi: “sono infatti due i suicidi dall’inizio dell’anno e altrettanti i tentativi di cui siamo a conoscenza”. “Chiediamo alla politica di fare presto - conclude il segretario del Sappe - con l’approvazione del disegno di legge Alfano, attualmente all’esame della commissione giustizia della Camera, in modo da avere al più presto l’incremento di organico della polizia penitenziaria”. Roma: arrivano risciò a pedali per i turisti, alla guida ci sono ex detenuti Ansa, 27 luglio 2010 Il risciò sbarca a Roma. Da domani Villa Borghese diventa teatro della prima sperimentazione del servizio risciò a pedalata assistita nella capitale, dedicato principalmente al trasporto dei turisti. Tra le prime città in Europa, Roma ha autorizzato la circolazione di questi mezzi ad impatto zero avviando una sperimentazione orientata a garantire la sostenibilità del trasporto turistico e la creazione di nuovi posti di lavoro. Il Comune di Roma ha firmato oggi un protocollo d’intesa con Federalberghi e Asshotel per pubblicizzare l’iniziativa, finanziata dal Ministero della Giustizia. Il servizio, infatti, oltre a offrire la possibilità di visitare il parco all’aria aperta, senza produrre inquinamento atmosferico e acustico, favorisce il recupero di categorie svantaggiate: la manutenzione e la gestione del servizio vengono effettuate da ex detenuti la cui idoneità è stata verificata dall’Ufficio esecuzione penale esterna. Il servizio sarà gratuito fino a settembre (termine fissato per la fase sperimentale) e sarà attivo ogni giorno dalle 9 alle 20. Tre i risciò a disposizione dei turisti e dei cittadini. “L’utilizzo del risciò a Villa Borghese avrà una valenza ambientale, storica e culturale - ha spiegato l’assessore capitolino all’Ambiente Fabio De Lillo - Il parco è uno dei simboli della città, da sempre tappa obbligata per ogni turista per le sue innumerevoli attrattive dalla Galleria Borghese al Bioparco. L’attivazione del servizio evidenzia la forte volontà dell’amministrazione di sperimentare forme innovative di mobilità sostenibile, sensibilizzando l’opinione pubblica sull’importanza dei mezzi a impatto zero. Abbiamo scelto Villa Borghese sia per valorizzare il grande patrimonio ambientale-storico-culturale presente all’interno del parco, sia per dare un ulteriore segnale di attenzione verso questo bellissimo polmone verde”. “Nei primi sei mesi del 2010 c’è stato un aumento di arrivi turistici a Roma dell’8,11% rispetto al 2009, con picchi che hanno sfiorano i massimali storici, e l’estate sta andando a gonfie vele - ha invece detto il vicesindaco Mauro Cutrufo - Ecco perché sviluppo del turismo e tutela dell’ambiente devono viaggiare alla stessa velocità, soprattutto in una città come Roma, che è il Comune agricolo più grande d’Europa”. Durante l’estate il servizio risciò verrà potenziato a Trastevere e nel centro storico, con l’utilizzo complessivo di 8 mezzi. Milano: presidente Consiglio provinciale; abbiamo intenzione di mantenere il Garante dei detenuti Ristretti Orizzonti, 27 luglio 2010 “Abbiamo tutta l’intenzione di mantenere vivo l’istituto del Garante per i diritti dei carcerati della Provincia di Milano, nato da un voto unanime del nostro Consiglio solo pochi anni fa, di cui andiamo tutti orgogliosi: su 107 province italiane solo quattro hanno un Garante in carica”. Così il presidente del Consiglio provinciale di Milano, Bruno Dapei, a proposito del rinnovo dell’istituto del Garante per i diritti delle persone limitate nella libertà personale. “Siamo consapevoli - spiega il presidente - del fatto che, secondo il regolamento che ci siamo dati, il mandato dell’attuale Garante, Giorgio Bertazzini, è scaduto: ecco perché con un voto unanime il Consiglio provinciale ha appena deciso che lo stesso potrà proseguire l’ottimo lavoro svolto fino al mese di ottobre, quando il quadro normativo sarà abbastanza chiaro per capire come questa proseguire questa importante esperienza che abbiamo tutti a cuore”. Il presidente precisa che il Consiglio, deputato alla nomina di un nuovo Garante, sta aspettando il varo di provvedimenti legislativi come la Carta delle autonome, passata in prima lettura alla Camera, e la Manovra Finanziaria, il cui decreto viene convertito con modifiche proprio in questi giorni. “A scanso di equivoci, capitati anche di recente, tengo quindi a sottolineare che non c’è nessuna inerzia del Consiglio su questo tema - spiega ancora il presidente - ma una precisa scelta politico -amministrativa legata alla convinzione che il quadro normativo in piena evoluzione non permette di emanare immediatamente un bando per procedere alla nuova elezione. Un esempio per tutti, il legislatore sta vietando addirittura il rinnovo dei difensori civici comunali”. “Non solo dunque questa figura non è mai stata messa in discussione - conclude Dapei - ma il Garante in carica potrà proseguire il suo lavoro senza interruzioni di sorta nel servizio fino alla nomina del suo successore”. Pisa: due albanesi evadono usando lenzuola annodate, insorgono gli agenti: siamo troppo pochi Corriere della Sera, 27 luglio 2010 Evadono dal carcere di Pisa usando delle lenzuola annodate per calarsi dal muro di recinzione della Casa circondariale Don Bosco di Pisa. I loro nomi sono Bledar Shehu, 27 anni, e Roland Dedja, 26 anni, sono di nazionalità albanese ed entrambi non risultano condannati in via definitiva: uno di loro era in carcere per rapina e l’altro per omicidio. Dopo aver attraversato alcuni cortili interni, i 2 detenuti hanno fermato una donna a bordo di una Jeep Cherokee, l’hanno fatta scendere, e poi hanno proseguito la fuga sull’auto. Proseguono su tutto il territorio le ricerche delle forze dell’ordine, anche con l’ausilio di elicotteri. La città e le principali arterie della provincia di Pisa sono sottoposte a controlli. Le forze dell’ordine hanno avviato un imponente caccia all’uomo, diramando a tutte le pattuglie in servizio le foto segnaletiche e le generalità dei ricercati. La polizia ha setacciato in queste ore anche tutti i supermercati, dove i 2 evasi potrebbero cercare denaro contante o tentare di mimetizzarsi. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha aperto un’inchiesta interna e ha inviato a Pisa Francesco Cascini, il capo dell’ispettorato del Dap. Che si tratti di “evasione annunciata” - sostiene il Sappe - lo dimostra il fatto che nel carcere di Pisa ci sono 458 detenuti contro una capienza di circa 250 posti, mentre gli agenti penitenziari sono carenti di 80 unità (pari al 31% dell’organico regolamentare). È l’ “ennesima evasione beffa” perché “chiunque decida, quando e se vuole, può tranquillamente evadere dalle nostre prigioni. E non certo per imperizia della polizia penitenziaria”. A sostenerlo è Eugenio Sarno, segretario della Uil-Pa penitenziari. Come è stato per l’evasione di Lecco, avvenuta qualche giorno fa, anche stavolta “altri 2 pericolosi malviventi sono scappati dal muro di cinta durante l’ora d’aria: d’altro canto, come a Lecco anche a Pisa il contingente di polizia penitenziaria e gravemente in sofferenza. Una sola unità, infatti - denuncia Sarno - questa mattina era preposta alla sorveglianza di tre cortili di passeggio. Oggettivamente impossibile, quindi, tenere sotto controllo circa 150 detenuti. Laddove avrebbero dovuto operare 3 agenti ne era presente 1 solo. Questa l’ordinarietà straordinaria che si registra in tutte le carceri”. Il Provveditore: il sistema di allarme funzionava “Mi risulta che il sistema di allarme anti scavalcamento fosse regolarmente in funzione”. Lo ha detto Maria Pia Giuffrida, provveditore regionale del Dap della Toscana, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il dirigente era stamani in carcere al Don Bosco di Pisa per incontrare i dirigenti dell’istituto e “testimoniare a loro e agli agenti la vicinanza dell’Amministrazione in una situazione di estrema difficoltà”. “Purtroppo - ha aggiunto Giuffrida - la situazione generale in Toscana è molto difficile. Dobbiamo fare i conti con pochi soldi a disposizione, poco personale e pochi dirigenti a fronte di un sovraffollamento degli istituti che è sotto gli occhi di tutti. Voglio comunque elogiare la polizia penitenziaria di Pisa per il lavoro che svolge quotidianamente anche in condizioni difficili”. “La risposta - ha concluso Giuffrida - ci è stata immediatamente anche ieri, perché un agente si è accorto di ciò che stava accadendo e si è messo all’inseguimento dei due detenuti. Purtroppo senza riuscire a raggiungerli”. Rovereto (Tn): protesta rumorosa degli anarchici, ad un anno dalla morte di Stefano Frapporti Trentino, 27 luglio 2010 Botti, mortaretti e fuochi d’artificio. Protesta rumorosa degli anarchici ad un anno dalla morte di Stefano Frapporti e per chiedere la scarcerazione dei detenuti e contro il sistema carcerario. E per far sentire la sua loro voce e farsi vedere dai detenuti sono saliti sul tetto dell’istituto Veronesi dove è scoppiato un principio d’incendio senza conseguenze per la struttura. Una protesta improvvisa, quella inscenata dal gruppo degli anarchici che attorno alle 20 di sabato si è ritrovato per gridare i consueti slogan e srotolare i classici striscioni (“Spezziamo l’isolamento per una società senza carcere”) in via Sighele sul lato opposto dell’ingresso della casa circondariale di via Prati. A “dividere” gli anarchici e i detenuti l’alto muro di cinta che circonda tutta la struttura e confina con il commissariato di polizia. Prima la protesta in strada e poi la decisione di salire sul tetto della palestra dell’istituto professionale Veronesi. Lì alcuni manifestanti dagli zainetti hanno estratto petardi e fuochi d’artificio per richiamare l’attenzione dei detenuti. I botti a ripetizione, almeno una decina, sono stati uditi in gran parte della città ed hanno richiamato l’attenzione di parecchi residenti che hanno tempestato di telefonate i centralini delle forze dell’ordine. Ma oltre al rumore i petardi e i fuochi d’artificio hanno causato un principio d’incendio: l’allarme di uno dei residenti ha fatto intervenire i vigili del fuoco che in breve tempo hanno risolto il problema. Poi i successivi controlli dei pompieri sulla struttura hanno escluso altri potenziali focolai. La manifestazione degli anarchici arriva ad un anno dalla morte in carcere di Stefano Frapporti dopo l’arresto per droga. Contro l’archiviazione dell’inchiesta, gli anarchici, oltre che i familiari e gli amici, hanno più volte protestato per chiedere chiarezza sulla vicenda. E avevano annunciando altre forme di lotta, come quella inscenata l’altra sera in via Sighele. Sassari: non ci furono negligenze dietro la fine di Samuele Catta, 28 anni, suicida in cella La Nuova Sardegna, 27 luglio 2010 Non ci furono negligenze della polizia penitenziaria dietro la fine di Samuele Catta, 28 anni, suicida in una cella di San Sebastiano il 10 luglio del 2002. Sabato mattina il giudice monocratico Mariano Brianda ha assolto dall’accusa di omicidio colposo il sovrintendente Aurelio Cimino, 49 anni, di Castelsardo. Cimino era capoturno al momento della tragedia ed era stato chiamato in causa dal pm Paolo Piras che ne ha chiesto la condanna a un anno di reclusione. Secondo l’accusa, la colpa del sovrintendente consistette nel non avere verificato l’assenza di suppellettili nella cella, come invece prevedono i regolamenti carcerari in casi di concreto rischio di autolesionimo da parte del detenuto e come era stato disposto dall’ufficio sanitario della casa circondariale per il giovane recluso. Quando si tolse la vita, impiccandosi con il cavo dell’antenna tv, Samuele Catta portava ancora i segni di un recentissimo episodio di autolesionismo. Il giovane si era procurato profondi tagli alle braccia ed era stato bendato nell’infermeria della casa circondariale. Catta utilizzò le garze per portare a termine il suo proposito autodistruttivo. Il giudice monocratico ha escluso responsabilità del capoturno al termine di un processo durante il quale, tra le altre cose, si è discusso sul fatto se il cavo della tv debba essere tecnicamente considerato suppellettile. Anche volendo eliminare ogni elemento di pericolo dalla cella di Catta, comunque, la polizia penitenziaria non avrebbe potuto eliminare il cavo che era faceva parte di un sistema centralizzato. La sentenza di assoluzione è stata accolta con compostezza dal sovrintendente Cimino. “Sono sempre stato tranquillo perché sapevo di avere rispettato tutte le regole” ha detto uscendo dall’aula il poliziotto penitenziario al suo avvocato Antonella Cuccureddu. Il verdetto del giudice Brianda, le cui motivazioni saranno depositate entro novanta giorni, sembra sposare la tesi difensiva secondo la quale chi quel giorno vigilava sul detenuto, quindi anche sulla sua incolumità, non può essere considerato corresponsabile del suo tragico gesto. Quella della colpevole negligenza è stata, invece, l’argomentazione del pm Piras che ha ricordato come Samuele Catta fosse un soggetto a rischio. Cinque mesi prima il ventottenne aveva perso il padre Marco, un musicista conosciuto, nell’esplosione della sua casa provocata da una fuga di gas. Da quel momento il disagio di Samuele era aumentato portandolo a compiere gesti inconsulti: prima il tentativo di evasione durante i funerali del genitore, poi i ripetuti gesti di autolesionismo in carcere. Il 10 luglio il giovane stato trasferito in una cella singola, in regime di massima vigilanza, perché aveva manifestato propositi suicidi al personale della infermeria della casa circondariale. Per il pm fu una colpevole leggerezza lasciare il giovane in una cella dotata di televisore collegato all’antenna con un lungo cavo. L’avvocato di parte civile Giuseppe Conti non ha niente da obiettare sull’assoluzione del sovrintendente Cimino, ma annuncia che la storia giudiziaria del suicidio del giovane detenuto non finisce con l’assoluzione del capoturno. Conti assisteva la madre di Catta (deceduta nelle more del processo) ora rappresenta l’unico fratello del giovane. La parte civile aveva citato l’amministrazione penitenziaria come responsabile civile. L’esclusione delle responsabilità del personale penitenziario non accontenta l’avvocato che ora sta valutando la possibilità di citare in giudizio civile l’amministrazione. “Riteniamo che in questa, come in altre tragedie simili - spiega l’avvocato Conti - le responsabilità debbano essere addebitate non ai singoli ma alle inadeguatezze del sistema penitenziario”. Venezia: inaugurato ieri un negozio con i prodotti realizzati nelle carceri veneziane La Nuova di Venezia, 27 luglio 2010 Uno spazio espositivo con i prodotti realizzati nelle carceri veneziane. Ha alzato la saracinesca ieri pomeriggio a Cannaregio, al civico 2433 di calle Zancani, a pochi passi da campo Santa Fosca. Il nuovo negozio della Cooperativa sociale Rio Terà dei Pensieri venderà i numerosi oggetti fatti nel carcere di Santa Maria Maggiore e in quello femminile della Giudecca, tra cui le “Malefatte”, le ormai famose borse confezionate con gli enormi striscioni, dismessi dopo essere stati utilizzati per promuovere mostre e manifestazioni in città. Si tratta di pezzi unici, di forma rettangolare, allegri e colorati, che stanno diventando molto di tendenza soprattutto tra i più giovani. Promosso dal Comune di Venezia, su ideazione dell’art director Fabrizio Olivetti, in collaborazione con la cooperativa Rio Terà dei Pensieri, il progetto “Malefatte” ha il duplice scopo di riciclare un materiale non più utilizzabile e creare nel contempo borse artistiche a un prezzo contenuto, dai 20 ai 25 al pezzo. Oltre alle borse, nello spazio espositivo saranno in vendita prodotti di cosmetica fatti con le erbe e le piante dell’orto della Giudecca, magliette e borsine di tela e oggetti di legatoria. L’intero ricavato contribuisce a finanziare la Cooperativa che, dal 1994, svolge attività di formazione professionale e di produzione di manufatti all’interno degli istituti di pena veneziani contribuendo a creare il reinserimento dei detenuti nella società. Immigrazione: Amnesty denuncia; in Grecia migranti trattati come criminali Carta, 27 luglio 2010 Amnesty International ha pubblicato oggi il rapporto sulle condizioni dei migranti irregolari in Grecia. Pessime le condizioni di accoglienza e vita nei centri di espulsione. Molte denunce per le violenze subite da parte della polizia e della guardia costiera. E il diritto di asilo agli esuli politici non viene garantito. Nel rapporto “Grecia: migranti irregolari e richiedenti asilo detenuti abitualmente in condizioni inadeguate”, reso pubblico il 27 luglio, Amnesty International afferma che le autorità di Atene devono immediatamente rivedere la loro politica di imprigionare migranti irregolari e richiedenti asilo, compresi molti minori non accompagnati. Il rapporto dell’organizzazione per i diritti umani documenta il trattamento subito dai migranti, molti dei quali sono detenuti in pessime condizioni nei posti di polizia di frontiera e nei centri di detenzione per migranti con possibilità scarse, se non inesistenti di accedere all’assistenza sanitaria, sociale e legale. I richiedenti asilo e i migranti irregolari non sono criminali. Invece, le autorità greche li trattano come tali ignorando i diritti loro spettanti ai sensi del diritto internazionale. Al momento, i migranti vengono detenuti automaticamente, senza neanche considerare se tale misura sia necessaria. La detenzione di migranti e richiedenti asilo sulla base della loro condizione di irregolarità dovrebbe essere sempre una misura da applicare come ultima istanza”, ha commentato Nicola Duckworth, direttrice del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International presentando il rapporto. In Grecia, la detenzione prima dell’espulsione può durare fino a sei mesi per i richiedenti asilo e i migranti irregolari. Inoltre, la legge greca considera reato l’ingresso e l’uscita irregolari nel e dal paese. Decine di migliaia di migranti irregolari e richiedenti asilo arrivano in Grecia ogni anno. La maggior parte di essi raggiunge il paese via terra e via mare attraverso la Turchia. Sono per lo più afgani, eritrei, iracheni, palestinesi e somali. “Dopo un viaggio spesso pericoloso, i migranti finiscono in centri di detenzione senza la possibilità di avere accesso ad avvocati, interpreti o assistenti sociali. Di conseguenza, la loro situazione non viene valutata correttamente e molti di quelli che necessitano di una protezione internazionale possono essere rinviati nei luoghi da dove sono fuggiti, mentre altri possono essere privati delle cure e del supporto appropriati”, ha aggiunto Duckworth. I migranti irregolari e i richiedenti asilo non vengono informati circa la durata della loro detenzione o sul loro futuro. Possono essere trattenuti per lunghi periodi di tempo in strutture sovraffollate dove i minori non accompagnati sono detenuti insieme agli adulti, con accesso limitato all’assistenza medica e ai prodotti per l’igiene. Pochi richiedenti asilo e migranti irregolari sono riconosciuti come rifugiati dalle autorità greche. Delle oltre 30 mila richieste d’asilo esaminate nel 2009, solo 36 sono state accolte, e a 128 persone è stata accordata una protezione sussidiaria. Nella maggior parte delle strutture detentive visitate dai delegati di Amnesty International, le condizioni variano da inadeguate a molto negative. I detenuti hanno raccontato ad Amnesty International casi di maltrattamenti da parte della guardia costiera e della polizia. La lunghezza dei tempi e le dure condizioni di detenzione hanno spinto i migranti irregolari e i richiedenti asilo ad organizzare proteste a Venna, nel nord-est della Grecia, nel febbraio del 2010. Allo stesso modo, nell’aprile del 2010, migranti irregolari sull’isola di Samos hanno intrapreso uno sciopero della fame per protestare contro la durata della loro detenzione. “La detenzione non può essere usata come mezzo per controllare la migrazione. Spetta alle autorità l’onere di dimostrare in ogni singolo caso che tale detenzione è necessaria e proporzionata all’obiettivo da raggiungere e che le alternative disponibili non sono efficaci”, ha sottolineato Nicola Duckworth. Amnesty International ritiene che i piani che le autorità greche stanno sviluppando per istituire centri di identificazione dovrebbero includere approcci alternativi, considerando ad esempio l’istituzione di centri aperti o semi-aperti per coloro che arrivano nel paese. Le autorità devono assicurare che i migranti irregolari e i richiedenti asilo che giungono in questi centri abbiano accesso gratuito a interpreti, assistenza medica e legale. Mondo: Nessuno tocchi Caino; il nuovo Rapporto sulla pena di morte, alla Cina il “boia d’oro” di Susanna Marietti www.linkontro.info, 27 luglio 2010 Jean Ping, vincitore del premio Il prossimo sabato 31 luglio alle ore 10.30 presso la sede del Partito Radicale Transnazionale in via di Torre Argentina 76 a Roma verrà presentato il Rapporto 2010 di Nessuno tocchi Caino sulla pena di morte nel mondo. Contestualmente l’organizzazione che dal 1993 si batte per la moratoria delle esecuzioni capitali consegnerà a Jean Ping, presidente della Commissione dell’Unione Africana, il premio “l’Abolizionista dell’anno 2010”. È dal 1998 che Nessuno tocchi Caino pubblica un Rapporto annuale in italiano e in inglese che fa il punto sulla situazione della pena capitale a livello planetario. Dopo il voto e la ratifica della moratoria universale della pena di morte da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, obiettivo raggiunto alla fine del 2007 e ascrivibile anche al lavoro dell’organizzazione affiliata al Partito Radicale e guidata da Sergio D’Elia, Nessuno Tocchi Caino ne monitora puntualmente l’attuazione. Un anno fa il Rapporto - curato, come quello di prossima presentazione, da Elisabetta Zamparutti ed edito da Reality Book - ha confermato alla Cina il triste primato delle condanne a morte, che l’anno precedente erano state non meno di 5.000. Sicuramente di più, ipotizzando ben realisticamente che di alcune non si sia avuta notizia. I numeri percentuali rendono meglio conto dell’impressionante primo posto: le esecuzioni cinesi costituiscono l’87,3 per cento di quelle avvenute in tutto il mondo. Si fa fatica a credere che alcuni anni fa le cifre fossero di parecchio superiori. A partire dall’inizio del 2007 in particolare, con l’entrata in vigore di una nuova normativa che lascia alla Corte Suprema la parola finale su ogni singola condanna a morte, la tendenza alla diminuzione si è fatta più significativa. Secondo quanto si apprende dalle anticipazioni, il Rapporto 2010 conferma la direzione generale verso l’abolizione della pena di morte. La Cina mantiene ovviamente il proprio primato, ancora seguita dall’Iran, che lo scorso anno staccava comunque la Cina di varie migliaia di unità (346 le condanne eseguite nel 2008 di cui Nessuno tocchi Caino aveva avuto notizia). Il boia di bronzo finisce invece all’Iraq, che nella scorsa edizione compariva invece solo al settimo posto, dopo Arabia Saudita, Corea del Nord, Stati Uniti (37 esecuzioni allora riportate per la patria della libertà), Pakistan. Nel 2007 e nel 2008 erano stati 26 i Paesi che si erano serviti della condanna capitale. Vedremo se nel 2009 qualcuno di questi è uscito dall’orrido elenco. Nel continente europeo è la sola Bielorussia a continuare a farne uso. Il premio “l’Abolizionista dell’anno”, riconoscimento conferito da Nessuno Tocchi Caino a chi maggiormente si è impegnato per la moratoria e per l’abolizione della pena di morte, andrà a Jean Ping, prima Ministro degli Esteri del Gabon e dall’aprile 2008 a capo della Commissione dell’Unione Africa, l’organizzazione sopranazionale che raccoglie tutte le nazioni africane tranne il Marocco. Stati Uniti: software Ibm prevede i crimini prima che avvengano, come nel film Minority Report Apcom, 27 luglio 2010 Un software messo a punto da Ibm “prevede” i crimini prima che avvengano: lo sperimentano in alcune zone degli Usa e in Gran Bretagna, e avrebbe già permesso una riduzione del 30 per cento del tasso di criminalità. Nel film “Minority Report”, tratto da un racconto di Philip K. Dick, a Tom Cruise servivano persone dotate di telepatia e chiaroveggenza per arrestare gli assassini prima ancora che uccidessero. Il software Ibm, battezzato Crush (“schiaccia”, ma è l’acronimo di Criminal reduction utilising statistical history) agisce su basi più scientifiche: registra e classifica tutte le informazioni disponibili sui delitti commessi, tenendo conto dei diversi “modus operandi” di ogni crimine, e le confronta con i dati contenuti negli archivi di polizia, le informazioni sui pregiudicati e il loro modo di comportarsi, le soffiate degli informatori, le tipologie di reati connesse a luoghi specifici. In questo modo, gerarchizzando i dati “storici” sul comportamento criminale, individua i luoghi nei quali è più probabile che venga commesso un delitto, dal furto d’auto, alla rapina, alla violenza per bande e così via. Rilascia le informazioni su richiesta dei funzionari di polizia oppure, quando si supera una certa soglia di probabilità, dà autonomamente l’allarme. Si tratta in sostanza di un’applicazione al mondo criminale dei cosiddetti sistemi di “analisi predittiva”, nei quali, grazie a software specifici, si analizzano i diversi sviluppi di una certa situazione e si tracciano diversi scenari in ordine di probabilità. Gli impieghi principali sono nel’ambito dell’economia, ma si usano anche nei campi più diversi, dall’analisi del traffico agli studi sociologici. Non mancano le applicazioni militari. Crush è stato testato nell’area di Memphis (Tennessee), una delle zone più turbolente degli Usa, dove a detta della facoltà di Criminologia dell’università locale ha permesso di ridurre del trenta per cento il numero dei reati, secondo quanto riporta il sito specializzato PRNewswire Ora è in valutazione anche in Gran Bretagna, in due distretti non precisati dalle autorità locali. Gli autori del programma vorrebbero renderlo più preciso aumentando le fonti dei dati con le informazioni tratte dalle telecamere di sorveglianza e i profili degli utenti dei siti di social networking. Ma sono prevedibili proteste dei difensori della privacy e dei diritti civili. Francia: entro il 2017 verranno chiuse 23 prigioni vetuste e sostituite con nuove strutture Ansa, 27 luglio 2010 Il ministro della Giustizia francese, Michele Alliot-Marie, ha annunciato la chiusura tra il 2015 e il 2017 di 23 prigioni vetuste, che saranno rimpiazzate da nuovi edifici penitenziari in zone non distanti. Questo piano di modernizzazione del sistema carcerario, ha spiegato la Alliot-Marie, ha l’obiettivo di “assicurare condizioni degne di detenzione, a mettere la Francia in linea con le regole penitenziarie europee e a garantire la messa in atto delle prescrizioni di legge”. In questo modo, ha aggiunto, “entro la fine del 2017 la Francia sarà dotata di 68.000 posti in prigione, la metà dei quali in carceri aperte dopo il 1990”. Le chiusure, ha poi precisato il ministro, non avranno impatti sull’occupazione per le guardie carcerarie, dato che “tutti gli agenti assegnati alle strutture chiuse potranno richiedere di essere inviati a strutture nei dintorni, e le loro domande saranno trattate in modo prioritario”.