Giustizia: Uil penitenziari a Berlusconi; ad annunci non sono seguiti fatti, affronti emergenza Apcom, 3 giugno 2010 Eugenio Claudio Sarno, segretario del sindacato Uil penitenziari, ha scritto una lettera aperta al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per chiedergli di rimettere l’emergenza carceri all’ordine del giorno dell’azione del Governo. Sarno ricorda Berlusconi che “quando nel gennaio scorso ebbe a dichiarare lo stato di emergenza per il sistema penitenziario italiano, non esitammo a salutare tale opzione come una concreta svolta e un segnale, finalmente, diretto e preciso”. “Nell’occasione - prosegue la missiva del sindacalista - leggemmo anche la voglia e la determinazione del ministro Alfano a perseguire il dichiarato, nobile, impegno di restituire dignità e civiltà al sistema penitenziario e, soprattutto, alle persone che, per ragioni diverse, vi gravitano. A distanza di sei mesi, però, non possiamo non consegnarle - prosegue Sarno - tutta la nostra amarezza, la delusione e la più viva preoccupazione nell’aver dovuto constatare come agli annunci non siano seguiti fatti e atti rilevanti”. Pur senza denunciare esplicitamente la minaccia, Sarno adombra il rischio di incidenti e rivolte negli istituti penitenziari: “Ci approssimiamo all’estate con le carceri iper affollate, come mai nella storia della Repubblica. L’indecente, incivile e illegale situazione penitenziaria non solo confina nell’utopia ogni presupposto di rieducazione e reinserimento ma alimenta tensioni e pulsioni interne - avverte - che costituiranno, a breve, un vulnus anche per la sicurezza pubblica”. Il sindacato chiede interventi sulle strutture, sulle norme e sul personale e ricorda alcuni dati che a giudizio dell’estensore dell’appello rappresentano una psia della situazione: “28 i detenuti che si sono suicidati all’interno delle celle; 4 appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria che si sono suicidati; 93 agenti penitenziari, 2 medici, 4 infermieri aggrediti e feriti da detenuti che hanno riportato prognosi superiori a 5 giorni; 42 tentati suicidi da parte di detenuti sventati dalla polizia penitenziaria; 3 evasioni; 5 tentate evasioni sventate”. “Con dispiacere, ma con fondata preoccupazione, riteniamo poter affermare - scrive ancora il dirigente sindacale - che il peggio debba ancora arrivare. Purtroppo la conoscenza del sistema-carcere ci ha già fatto vestire, a ragione, i panni di Cassandra. Per questo Le affidiamo, convintamente, l’appello ad impedire che ci si incanali in una deriva che trasformi la pena in tortura e il lavoro in supplizio. La nostra democrazia e la nostra civiltà debbono impedire che ciò accada. Per questo nutriamo concrete e motivate speranze che Ella vorrà imprimere l’auspicato cambio di rotta e rendere concrete quelle soluzioni troppe volte solo annunciate”. Giustizia: Pedica (Idv); domani inizio serie di visite nelle carceri, presto un dossier per il Ministro Asca, 3 giugno 2010 “Inizio domani con le carceri di Rebibbia, Viterbo e Rieti e il giorno successivo mi recherò a quelle di Frosinone e Latina. Entro la settimana visiterò tutti gli istituti penitenziari del Lazio per valutare le condizioni in cui si trovano sia i detenuti che gli agenti di polizia penitenziaria”. Lo afferma in una nota il senatore Stefano Pedica, segretario regionale dell’Italia dei Valori per il Lazio. “È chiaro - prosegue Pedica - che la situazione carceraria della regione soffre di carenze strutturali e finanziarie gravissime: gli istituti sono fatiscenti, i detenuti non hanno spazi per la rieducazione e la socializzazione, le forze dell’ordine sono costrette a turni massacranti e non retribuiti adeguatamente. Questo giro delle carceri servirà a raccogliere, dai testimoni diretti della vita penitenziaria, le criticità ed i suggerimenti sul sistema carcerario regionale, per redigere, assieme a loro, un dossier da presentare al Ministro della Giustizia e al garante delle carceri, finora troppo silenti su una situazione al limite dell’implosione”. La pena detentiva, conclude Pedica, “non può e non deve essere un inferno né per i carcerati né per chi con orgoglio e abnegazione lavora all’interno degli istituti, per questo la politica deve trovare risorse e motivazioni per cambiare paradigma: gli istituti penitenziari da realtà grigia ai margini della società devono divenire un modello di rieducazione, a cominciare dal Lazio”. Lettere: il carcere dell’isola di Favignana, dove le celle sono a 10 metri sotto terra www.radiocarcere.com, 3 giugno 2010 Si avvicina l’estate e l’occasione è preziosa per conoscere la realtà di quelle carceri, situate in luoghi divenuti famosi come mete turistiche. Carcere dell’isola di Favignana. Dal punto di vista geografico, Favignana è l’ultimo carcere d’Italia. Ma è forse il primo nella classifica delle peggiori carceri italiane. Si tratta di una piccola struttura, fatta per contenere 139 detenuti, ma che oggi ne ospita 166. Il carcere dell’isola di Favignana è vicino alla piazzetta, dove d’estate i turisti prendono l’aperitivo. Il carcere c’è, ma non si vede. Infatti quello che rende particolare il carcere dell’isola di Favignana è il fatto che è costruito sotto terra. Si deve scendere per andare negli uffici del carcere o nell’infermeria. E si deve scendere ancora per arrivare nelle piccole celle. Celle che sono situate a dieci metri sotto il livello del mare. Celle che assomigliano più a caverne che a luoghi dove espiare la detenzione. Chi è detenuto nell’isola di Favignana racconta che ci si accorge dell’arrivo dell’aliscafo perché si sente il rumore delle onde che si infrangono sulle pareti delle celle. Si tratta di celle che ovviamente non hanno finestre e dove i muri sono corrosi dall’umidità e dalla salsedine. Dentro ogni cella ci vivono 3 o 4 detenuti e un piccolo muretto, altro 40 centimetri, separa il bagno dalle brande. Per il resto le condizioni igieniche all’interno del carcere di Favignana sono a dir poco fatiscenti. Le celle sono sporche, mentre scarafaggi e topi girano indisturbati nella sotterranea galera dell’isola di Favignana. Cagliari: nel 2012 Buoncammino chiuderà, quasi pronto il nuovo carcere L’Unione Sarda, 3 giugno 2010 Prima la consegna, poi i collaudi. Il nuovo carcere in funzione tra il 2011 e il 2012, ma per chiudere Buoncammino ci vorranno altri sei mesi. “Tra un anno esatto il carcere di Uta sarà consegnato al ministero della Giustizia”. Non ha dubbi Gianfranco Pala, direttore di Buoncammino: entro giugno 2011 i lavori per la realizzazione del nuovo istituto di pena saranno ultimati. Ma il trasferimento a Santa Lucia di armi e bagagli di agenti e detenuti della struttura cagliaritana non sarà contemporaneo alla consegna dell’opera. “Prima ci saranno da effettuare i collaudi sulla sicurezza”, spiega il direttore Pala. Tradotto? “Se si mettono d’impegno e tutto fila liscio in altri sei mesi tutto sarà a posto. Facendo due conti il nuovo carcere potrà entrare in funzione tra la fine del prossimo anno e il 2012”. Il nuovo istituto di pena che sostituirà Buoncammino, ormai non più in grado si sopportare il gran numero di detenuti e le loro esigenze, sta sorgendo in località Santa Lucia, a pochi passi dalla comunità di padre Morittu. La consegna dei lavori, iniziati a novembre del 2006, era stata preceduta da contrasti e ricorsi amministrativi dei proprietari delle aree espropriate. Nel progetto iniziale erano previsti 550 posti per detenuti (400 comuni, 100 ad alta sicurezza, 30 riservati alle donne e 30 ai reclusi in semilibertà). Ad aggiudicarsi la gara, inizialmente fissata su 72 milioni di euro, è stata la società Opere pubbliche. I lavori sono stati divisi in due fasi per un costo complessivo di 85 milioni di euro. Il primo gruppo da 42 milioni di euro è stato completato. Nella seconda fase da 43 milioni di euro sono realizzati aumenti di volumetrie. Il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha fissato i tempi dei lavori, che dovranno essere conclusi entro marzo 2011, ma che slitteranno di alcuni mesi. Nel nuovo istituto di pena, naturalmente, verranno realizzati anche gli edifici destinati agli agenti di Polizia penitenziaria e al personale amministrativo. Il progetto prevede la costruzione di sei palazzine dove saranno alloggiati circa 80 poliziotti. Nell’ufficio di Pala, al primo piano dell’anello esterno del carcere di Buoncammino, su una parete è appeso il progetto del nuovo carcere di Uta. La struttura è moderna, dotata dei marchingegni tecnologici per la sicurezza e per rendere meno pesanti le condizioni dei detenuti. Ma non basta, il trasferimento nella nuova struttura è atteso con preoccupazione da chi tra le celle ci lavora. Il problema numero uno, dicono i sindacati di categoria, è rappresentato dallo scarso numero di agenti: nessuno, per motivi di riservatezza, vuole parlare di numeri, ma è indubbio che non basta trasferire quelli di Buoncammino per garantire livelli di sicurezza adeguati. Servono arruolamenti, ma di concorsi neanche se ne parla. C’è poi l’aspetto di chi in carcere ci va per trovare un parente: sarà necessario realizzare infrastrutture e studiare i sistemi di trasporto. “Tutto sommato la situazione qui non è così disastrosa”. Il direttore Pala fa la radiografia della struttura realizzata tra il 1887 e il 1897 dagli ingegneri Bulgarini e Ceccarelli. “Oggi nelle celle abbiamo 514 detenuti, tra loro 24 donne e un bimbo di 20 mesi, figlio di una ragazza sotto processo per reati di droga”. Quanti reclusi può ospitare l’istituto di pena? “La capienza regolamentare è di 380, la tollerata 479. In sostanza abbiamo 35 persone in più. Niente se confrontato con Napoli e altre realtà italiane”. Il vero problema di Buoncammino sono i malati di mente: oltre un quinto della popolazione carceraria. Per loro, rifiutati anche dalle famiglie, dopo la scarcerazione non c’è futuro, mancano le strutture. Varrebbe la pena pensarci: ogni detenuto costa 150 euro al giorno. Pescara: l’Asl lancia il “Progetto obiettivo”, un distretto sanitario di base nel carcere Il Centro, 3 giugno 2010 Si chiama “Progetto obiettivo” e riguarda una serie di interventi sanitari della Asl a favore dei detenuti che, da ieri, possono usufruire di un distretto sanitario di base nel penitenziario. La novità, un’emanazione di un programma nazionale, è stata presentata ieri mattina nella sede della Asl in via Paolini dal direttore generale Claudio D’Amario, dal referente del progetto Daniela Arcieri Mastromattei e da Gianfranco Ricci, responsabile del Dipartimento dei servizi sanitari e assistenziali dell’Asl di Pescara. Con il progetto, i detenuti potranno usufruire di alcuni interventi in quatto settori: mediazione culturale, protesi odontoiatriche, prestazioni di fiosioterapia e avranno, sempre nel carcere di San Donato, una fornitura di farmaci di fascia C ed H. “È un’iniziativa”, come ha illustrato Arcieri Mastromattei, “che consentirà di aumentare qualitativamente il livello di assistenza sanitaria all’interno della struttura penitenziaria e servirà anche a offrire ai detenuti un sostegno psicologico”. Infatti, i carcerati, prima costretti a rivolgersi all’esterno per determinate cure sottoponendosi, quindi, anche a disagi psicologici, potranno ora curarsi direttamente nel carcere. “La medicina penitenziaria”, ha aggiunto D’Amario, “è uno degli obiettivi che deve perseguire la sanità occidentale, soprattutto in questo momento in cui gli istituti penitenziari sono sovraffollati. Il progetto è anche un modo per non abbandonare i detenuti e accompagnarli nel loro percorso”. L’assistenza sanitaria penitenziaria rientra in un macroprogetto regionale approvato nel maggio dello scorso anno a cui partecipano le varie Asl abruzzesi e che, complessivamente, può godere di circa 600 mila euro. L’assistenza sanitaria dei detenuti avrà la durata di un anno e l’iniziativa è stata approvata dal direttore del carcere San Donato di Pescara, Franco Pettinelli . Quattro sono le aree di cui potranno usufruire i carcerati già da adesso. Intanto, la mediazione culturale che è rivolta soprattutto ai detenuti immigrati che, spesso, per mancanza di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, hanno difficoltà a illustrare i disturbi di cui soffrono. Poi, la sezione di protesi odontoiatriche: l’impianto di manufatti protesici per quei pazienti che hanno un grave deficit masticatorio e per prevenire disturbi da alimentazione. “Progetto obiettivo” prevede anche l’apertura di un ambulatorio di fiosioterapia nel carcere San Donato a cui si potranno rivolgere portatori di patologie invalidanti, neurologiche e post-traumatiche che necessitano di trattamenti riabilitativi. Infine, la fornitura di farmaci di fascia C ed H. L’iniziativa è stata approvata dalle Asl abruzzesi e ciascuna ha presentato un progetto. L’ospedale civile di Pescara ha inoltre approvato un progetto di studio che riguarda la diagnosi delle infezioni croniche, counseling psicologico e diagnosi psichiatrica accanto a percorsi residenziali per i soli detenuti degli istituti penitenziari di Teramo e Pescara. Infine, ogni Asl ha individuato, accanto ai responsabili, i medici che potranno accedere al cercere. Per San Donato sono: Walter Leone , tecnico odontoiatra e il massoterapista Stefano Semproni . L’associazione Nilsa di Pescara si occuperà invece della parte dedicata alla mediazione culturale. Gorgona: (Li): chiude l’Ufficio postale dell’isola, protestano detenuti ed agenti Asca, 3 giugno 2010 Riaprite l’ufficio. Lo chiedono a gran voce i detenuti del carcere della Gorgona. Da sei mesi circa Poste Italiane sembra abbia deciso di chiudere la succursale che operava sull’isola tre giorni alla settimana, dal martedì al venerdì, per i costi del dipendente. La decisione ha inevitabilmente generato disagi per i carcerati e il personale di polizia penitenziaria, ma anche per i residenti e le persone che hanno a che fare con l’istituto (educatori, assistenti sociali e dottori). Ecco quindi che i 90 detenuti, dopo aver fatto presente il problema al direttore di Poste di Livorno senza però, dicono, ottenere risposte, hanno deciso di scrivere una lettera alle varie istituzioni: dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ministero della giustizia, provveditore regionale per la Toscana e alla trasmissione televisiva Striscia la notizia. Nel documento si spiega che “la chiusura dell’ufficio ha creato un enorme scompiglio per quanto riguarda l’invio e la ricezione della posta ordinaria, l’invio dei vaglia per inviare aiuti economici alle nostre famiglie, l’invio e la ricezione di pacchi postali contenenti vestiario e altri generi alimentari. Senza contare i correntisti che vorrebbero depositare i propri stipendi”. “Non abbiamo la certezza che tutte queste operazioni avvengano correttamente - scrivono i reclusi - anche perché dobbiamo considerare la variabile meteo, visto che alla Gorgona la nave non può entrare in porto ma bisogna fare lo sbarco in mare aperto”. “Chiediamo quindi che siano fatti valere i diritti sanciti dalla Costituzione”. Poter comunicare attraverso le lettere per i carcerati è molto importante in virtù del fatto che le condizioni del mare spesso non consentono ai familiari di raggiungere l’isola. “Nell’ultimo semestre ci sono stati due colloqui al mese”. Torino: domani i rappresentanti del Pd Piemonte presentano il piano “Dietro le sbarre” Il Velino, 3 giugno 2010 Domani, alle 12 davanti alla Casa circondariale di Torino, i Giovani democratici, i parlamentari e i consiglieri regionali del Pd del Piemonte, incontreranno gli organi di informazione per illustrare il progetto “Dietro le sbarre”. Come informa la nota stampa diffusa dagli organizzatori, “le carceri italiane si trovano in una situazione drammatica a causa del sovraffollamento che ha raggiunto ormai limiti intollerabili. Nel complesso si registrano quasi 70 mila detenuti a fronte dei 44 mila posti disponibili. Nonostante il governo abbia dichiarato lo stato di emergenza, ancora oggi - precisa la nota - non abbiamo avuto riscontro di atti concreti e tangibili per affrontare e risolvere la grave situazione penitenziaria”. Per la sede piemontese del Partito democratico “è importante che le questioni del carcere vengano affrontate guardando anche alla realtà lavorativa di tutti gli operatori: dagli agenti di polizia penitenziaria, agli assistenti sociali”. I Giovani democratici, i parlamentari e i consiglieri regionali hanno organizzato per il 4, 5 e 7 giugno tre giornate durante le quali verranno visitati numerosi istituti penitenziari piemontesi, il carcere minorile di Torino e il Centro di identificazione ed espulsione, per verificare le reali condizioni di vita e di funzionamento del sistema penitenziario e per ascoltare quanto gli operatori vorranno riferire sulla situazione piemontese. Milano: Bambinisenzasbarre; mostra-evento di pittura, gioco e spettacolo per bambini e genitori Ristretti Orizzonti, 3 giugno 2010 Bambinisenzasbarre organizza una mostra-evento di pittura, gioco e spettacolo (con e di Roberto Piumini, notissimo scrittore di libri per l’infanzia) per bambini e genitori, a Milano dal 3 giugno presso l’Open Care di via Piranesi 10 (di fianco al Palazzo del Ghiaccio). La mostra resterà aperta fino al 6 giugno a conclusione della Settimana di sensibilizzazione sul rapporto figlio-genitore detenuto, organizzata insieme alla rete europea Eurochips, di cui Bambinisenzasbarre è membro italiano. I bambini che in Italia entrano ogni giorno in carcere per incontrare il genitore detenuto sono 75.000, 820.000 in Europa. L’evento, alla sua prima edizione in tutta Europa, diventerà un appuntamento annuale. Bambinisenzasbarre si occupa dal 1997 di genitorialità in carcere. In questo ambito è promotore del progetto Spazio Giallo, spazio di accoglienza in carcere dei bambini prima del colloquio col genitore detenuto. La mostra di via Piranesi raccoglie i disegni dei bambini in visita nel carcere di Bollate e San Vittore: nello stesso salone dell’esposizione sarà attivo un laboratorio di pittura e disegno per tutti i bambini che vorranno partecipare. Allo Spazio Giallo è stato assegnato il Premio “Amico della Famiglia” indetto dalla Presidenza del Consiglio, Dipartimento per le Politiche della Famiglia per i progetti di eccellenza, novembre 2009. L’inaugurazione del 3 giugno, dalle 15 in poi, momento di incontro anche con i bambini del quartiere e delle altre zone di Milano, prevede il coinvolgimento di uno degli scrittori più impegnati nella letteratura infantile: Roberto Piumini proporrà il suo laboratorio interattivo L’Acqua di Bumba (www.robertopiumini.it) che ha l’obiettivo di coinvolgere i bambini con il disegno e col gioco. Il pomeriggio si concluderà con una merenda. Bambinisenzasbarre si occupa del mantenimento della relazione figlio/genitore durante la detenzione di uno o di entrambi i genitori, della tutela del diritto del bambino alla continuità del legame affettivo (art. 9 convenzione Onu) e alla sensibilizzazione della rete istituzionale di riferimento e della società civile. Sostenuta dalla Fondazione olandese Bernard van Leer, è membro italiano del network europeo Eurochips, del cui board fa parte, e collabora con la Federazione Relais Enfants-Parents di Parigi. Attualmente sta svolgendo in Italia una ricerca europea su L’Impatto della detenzione dei genitori sui figli con la collaborazione del Ministero di Giustizia e il Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria della Lombardia. Obiettivo della ricerca, coordinata dal Danish Insistute of Human Rights, è far emergere i punti di forza (le buone pratiche) e di debolezza della situazione delle carceri in Europa, circa l’accoglienza dei bambini che entrano ogni giorno per incontrare il genitore detenuto, e le iniziative di formazione per il personale penitenziario. Roma: domani la “giornata per le carceri”, musica per le detenute di Rebibbia Ansa, 3 giugno 2010 Due ore d’aria per ballare sui ritmi dei Corona e degli Ace of Base, dei Depeche Mode e dei Chemical Brothers. Due ore di discoteca per circa trecento donne, detenute a Rebibbia che domani riceveranno una visita molto particolare: tre volti noti delle notti capitoline, i ragazzi del Borghetta Stile. Che, dopo aver fatto danzare migliaia di giovani romani e viaggiato in tutta Italia, hanno deciso di trasferire mixer, dj e cuffie all’interno della casa circondariale e dedicarsi alle sue recluse. L’iniziativa, promossa dall’associazione “Ora d’Aria” che opera nelle prigioni romane, come spiega la sua presidente Carmen Bertolazzi: è la prima di questa portata a Roma. Precedentemente ci sono stati degli esperimenti del genere, volontari venuti a metter musica ma mai una vera a propria discoteca. Le detenute, per questo, sono in fibrillazione già da un mese!. Donne di ogni età, dai 18 anni in su, che potranno muoversi in libertà, dalle quattro alle sei di pomeriggio, in un cortile interno del carcere, con la possibilità di richieder ai dj i brani preferiti e, danzando, far finta di essere altrove. “Quando abbiamo iniziato - racconta Daniele dei Borghetta Stile - ci eravamo ripromessi che, semmai fossimo diventati famosi, saremmo andati a portare la musica alle persone meno fortunate, a chi non poteva venire alle nostre serate. Domani manterremo quest’impegno”. La manager del gruppo, Micaela, stile e caschetto nero alla Pulp Fiction, spiega che “la selezione dei brani andrà dalla dance anni ‘90 alla commerciale fino agli anni 80. Abbiamo saputo che a Rebibbia in tante sono appassionate di Renato Zero, e lui - assicura - sicuramente non mancherà”. Insieme ai dj (Daniele e Efrem) parteciperà al pomeriggio danzante anche Radio Popolare Roma che registrerà per una trasmissione in differita. E la festa, preannuncia Bertolazzi, si vedrà anche nel look: “Le detenute in genere circolano in sezione in tuta e ciabatte, conoscendole domani non perderanno occasioni per acchittarsi con tacchi e minigonne. In un momento come questo, di sovraffollamento delle carceri e difficoltà di trovare spazi e relazionarsi, per loro sarà un bel momento di sfogo”. Ma domani la “giornata per le carceri” a Roma si articolerà anche in un altro appuntamento: alle 18.30, presso lo spazio socio-culturale Casetta Rossa, nel quartiere Garbatella, verrà presentato un libro sulla storia di Stefano Cucchi, realizzato a fumetti dal titolo “Non mi uccise la morte”. All’evento parteciperanno anche i ragazzi del Borghetta Stile, che porteranno la loro testimonianza, e la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi. Terni: “Ricomincio da qui”, trasmissione televisiva dedicata al mondo del carcere Comunicato stampa, 3 giugno 2010 Prenderà il via giovedì 3 giugno alle ore 21 la serie “Ricomincio da qui” sette puntate in onda ogni giovedì realizzate da Nuova Teleterni, dedicate al mondo del carcere, in collaborazione con la Casa Circondariale di Terni. “Ricomincio da qui” è stato girato interamente all’interno del carcere ternano raccogliendo le voci e le esperienze di vita e formative di quindici detenuti, correlate da alcune letture di brani tratti da diari e scambi epistolari dei detenuti con i loro familiari. Un progetto comunicativo, avviato da diversi anni, che intende divulgare, attraverso la testimonianza dei protagonisti, la condizione dei detenuti e la quotidianità vissuta dietro le sbarre, mettendo in risalto, allo stesso tempo, le peculiarità della Casa circondariale di Terni dove vengono svolte attività lavorative, di istruzione e formazione, corsi di formazione professionale e attività ricreative o artistiche. “Ricomincio da qui” raccoglie, in particolare, le emozioni e sensazioni di persone che direttamente vivono la contiguità con la sofferenza e le problematiche della detenzione, cercando di svelarne la personalità, i risvolti più intimi e, soprattutto, le speranze. I loro volti, le loro parole, fanno rivivere l’assoluta aderenza all’esperienza vissuta, raccontano storie di persone che cercano una via per il proprio riscatto e per una futura risocializzazione. Una testimonianza diretta che mostra come la reclusione può salvaguardare la dignità della persona e accrescere in molti detenuti il desiderio di cambiamento e la speranza in un futuro diverso. Libia: Amnesty International denuncia l’esecuzione di 18 condannati a morte Ansa, 3 giugno 2010 Amnesty International ha denunciato l’esecuzione domenica in Libia di 18 condannati a morte, tra cui diversi cittadini stranieri, ed ha chiesto a Tripoli di abolire la pena capitale. Lo si apprende da un comunicato dell’organizzazione di difesa dei diritti umani. Secondo il giornale on-line Qurina, 18 condannati a morte, tra alcuni cittadini del Ciad, dell’Egitto e della Nigeria, sono stati fucilati dopo essere stati riconosciuti colpevoli di omicidio premeditato. Amnesty International si oppone alla pena di morte “quali che siano i motivi” e definisce la pena capitale “una punizione crudele e inumana che viola il diritto alla vita”, ha detto Malcolm Smart, direttore dell’organizzazione per il Medio Oriente e l’Africa del nord. Per quanto riguarda la Libia “temiamo che le condanne a morte sia state pronunciate dopo una procedura che non si conforma alle norme internazionali del processo giusto”, ha aggiunto Smart. Secondo il quotidiano, 14 esecuzioni sono avvenute a Tripoli e le altre quattro a Bengasi, seconda città della Libia. Il quotidiano aggiunge che sono duecento i condannati a morte nelle prigioni libiche. Secondo Amnesty, desta particolare preoccupazione la situazione degli stranieri che sono svantaggiati rispetto ai libici soprattutto perché non hanno una rete fuori dal carcere che possa aiutarli a negoziare con le famiglie delle vittime una commutazione della pena in cambio di una risarcimento, come previsto dal diritto locale. Cuba: sale la pressione politica per giungere alla liberazione dei dissidenti detenuti Il Velino, 3 giugno 2010 Continua a crescere la pressione, interna e internazionale, nei confronti del governo cubano per giungere alla liberazione dei prigionieri politici detenuti nelle carceri del Paese caraibico. Dopo che il governo cubano ha dato un primo segnale, disponendo il trasferimento di sei detenuti in carceri più vicine alla zona di residenza, la Chiesa cattolica e l’opposizione politica, così come il governo degli Stati Uniti hanno provato ad alzare il tiro puntando al passo successivo, la fine della detenzione almeno per quelli in precarie condizioni di salute. Una richiesta che lo stesso “lider maximo” Raul Castro si è era mostrato disponibile ad accettare nell’incontro avvenuto due settimane fa con i vertici della Chiesa cubana, il primo da quando è subentrato al fratello Fidel quattro anni fa. Per le “Damas en blanco”, mogli di 75 detenuti politici incarcerati nel corso della cosiddetta “primavera nera” del 2003, si tratta di un segnale importante che lascia intravedere “una luce in fondo al tunnel”, come ha dichiarato una delle leader del gruppo, Julia Nuñez. “Noi chiediamo la liberazione - sostengono le “Dame” -, ma quello compiuto dal governo è un primo gesto positivo e un successo della mediazione della Chiesa che genera speranza”. Dal Dipartimento di Stato Usa ha parlato il portavoce Charles Luoma-Overstreet che ha espresso un messaggio di speranza, spiegando che il governo Usa “segue da vicino” l’evoluzione degli eventi e chiede la liberazione rapida e “senza condizioni” dei “prigionieri di coscienza”. Israele: liberati tutti i detenuti della “Freedom Flotilla”, anche i sei attivisti italiani Ansa, 3 giugno 2010 L’Italia ha votato contro l’inchiesta internazionale dell’Onu. Appello del Papa alla pace: “La violenza genera altra violenza”. Il presidente dell’Anp Abu Mazen: “Terrorismo di Stato”. Sono stati liberati tutti i detenuti della “Freedom Flotilla” arrestati dall’esercito israeliano in seguito al blitz alla nave pacifista diretta a Gaza. Lo ha annunciato un portavoce delll’amministrazione penitenziaria israeliana. “In prigione non c’è più un solo detenuto”, ha dichiarato Yaron Zamir. Liberi anche i sei attivisti italiani che erano stati fermati dopo l’assalto alla nave. Si tratta di Giuseppe Fallisi, Angela Lano, Marcello Faraggi, Manolo Luppichini, Manuel Zani e Ismail Abdel-Rahim Qaraqe Awin. Il consiglio dei diritti umani dell’Onu ha intanto adottato una risoluzione, approvata da 32 membri su 47, che chiede l’avvio di un’inchiesta internazionale. L’Italia ha votato contro, così come gli Stati Uniti, mentre Francia e Regno Unito si sono astenuti. Appello di Benedetto XVI per la pace in Isarele. “La violenza non risolve le controversie ma genera altra violenza”, ha detto Ratzinger durante l’udienza generale in piazza San Pietro. “Con profonda trepidazione seguo le tragiche vicende avvenute in prossimità della Striscia di Gaza. Sento il bisogno di esprimere il mio sentito cordoglio per le vittime di questi dolorosissimi eventi, che preoccupano quanti hanno a cuore la pace nella regione. Ancora una volta - ha aggiunto il Papa - ripeto con animo accorato che la violenza non risolve le controversie, ma ne accresce le drammatiche conseguenze e genera altra violenza”. Benedetto XVI ha poi lanciato un appello a “quanti hanno responsabilità politiche a livello locale e internazionale affinché ricerchino incessantemente soluzioni giuste attraverso il dialogo, in modo da garantire alle popolazioni dell’area migliori condizioni di vita, in concordia e serenità”. Intanto un’altra imbarcazione, la “Rachel Corrie”, nave umanitaria irlandese, è salpata alla volta di Gaza dove intende consegnare degli aiuti alla popolazione. Il cargo, che stazza 1.200 tonnellate ed è stato allestito dall’associazione internazionale Free Gaza Movement, si sta dirigendo verso un porto non specificato per imbarcarvi “giornalisti e personalità di spicco, non più di 15 persone tra le quali non si esclude la presenza di cittadini italiani; quindi proseguirà alla volta di Gaza”. Il presidente dell’Autorità Nazionale palestinese Abu Mazen ha definito “terrorismo di Stato” il raid contro la nave pacifista, che ha causato lunedì nove morti. Abu Mazen ha parlato in apertura alla Conferenza internazionale dei Paesi donatori che si tiene a Betlemme, iniziata con un minuto di silenzio in memoria delle vittime: “Così come la flotta della libertà era arrivata per rompere l’assedio di Gaza - ha detto - la conferenza ha come obiettivo quello di rompere l’assedio all’economia palestinese”. Dopo gli incidenti di Gaza “il rapporto con il governo israeliano deve riprendere sul piano internazionale con qualche gesto di distensione che mi auguro, da parte israeliana, significhi innanzitutto accelerare il processo di pace”. Lo ha detto il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, secondo cui adesso Israele deve “dire quello che ha detto Abu Mazen a Ban Ki-moon, cioè che i negoziati continueranno”. “Ci aspettiamo ora gesti di distensione”, ha concluso il ministro. Se tutti i cittadini turchi fermati dagli israeliani non verranno rilasciati entro oggi Ankara “rivedrà” i rapporti diplomatici con lo Stato ebraico: lo ha affermato il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, che ha chiesto il varo di una commissione di inchiesta internazionale sull’accaduto. Il diplomatico ha reso noto che al momento sono stati rilasciati 210 dei circa 400 cittadini turchi che si trovavano a brodo delle sei navi prese d’assalto. Inoltre, dei nove attivisti uccisi dai militari, quattro erano cittadini turchi. Israele ha intanto iniziato le operazioni di rimpatrio delle famiglie del personale diplomatico di stanza ad Ankara. Canada: il governo vuole "tagliare" le pensioni e il sostegno economico ai detenuti Taglio delle pensioni e del sostegno economico per i detenuti delle prigioni federali. È ciò che ha proposto il governo conservatore in un progetto di legge annunciato ieri dal ministro delle Risorse Umane Diane Finley. "Dal momento che si trovano dietro le sbarre non hanno più bisogno di questi vantaggi" ha chiarito il ministro. La nuova legge taglierebbe anche i pagamenti dell'Old Age Security (Oas) e del Guaranteed Income Supplement per i detenuti over 65. Una misura, ha fatto sapere ieri Finley in una conferenza stampa da Ottawa, che colpirebbe oltre 400 detenuti negli istituti penitenziari federali e altri 600 nelle prigioni nelle province nel caso in cui i vari governi delle Province e dei Territori si unissero all'iniziativa di quello federale. La legge farà risparmiare fino a 10 milioni di dollari all'anno per i pagamenti effettuati nei due programmi di benefit destinati ai detenuti. Il governo sta valutando la questione da tempo, soprattutto dopo la notizia data dai media secondo la quale il serial killer Clifford Olson riceve 1.100 dollari al mese in benefit, trasferito poi a un conto personale. Olson, 70 anni, sta scontando undici ergastoli per il brutale omicidio di 11 bambini. "Non ci siamo mai resi conto che i detenuti avevano tutti i requisiti in regola per il programma dell'Oas - ha aggiunto Finley - Ci sono 4 milioni di persone in quel programma. Non abbiamo i nomi di tutti, fino a quando abbiamo scoperto che in questo gruppo sono inclusi anche i detenuti".