Giustizia: un’emergenza carceraria oltre ogni limite, ogni giorno nuovi “record” negativi di Rosamaria Gunnella L’Opinione, 29 giugno 2010 Il ferimento di sei agenti della polizia penitenziaria avvenuto la scorsa settimana nel carcere palermitano dell’Ucciardone, dopo un intervento per sedare una rissa scoppiata tra i detenuti, riporta prepotentemente alla ribalta la drammatica e allarmante situazione degli istituti di pena nel nostro Paese. L’episodio dell’Ucciardone, ritenuto “gravissimo e inaccettabile” dal sindacato autonomo della polizia penitenziaria, per il quale “si tratta dell’ennesimo grave episodio di tensione a danno di appartenenti alla polizia penitenziaria in un carcere italiano”, è soltanto la punta dell’iceberg dell’emergenza carceri, che sta diventando sempre più esplosiva. “Il sovraffollamento e il caldo determinano reazioni spropositate - ha affermato il senatore Salvo Fleres, garante per la tutela dei diritti dei detenuti in Sicilia e coordinatore nazionale dei garanti regionali -. Condanno qualsiasi atto di violenza compiuto dai detenuti e al personale di polizia penitenziaria aggredito, va tutta la mia solidarietà”. La situazione,non solo del penitenziario palermitano - quando è avvenuta la rissa c’erano solo quattro agenti per 300 detenuti - ma di tutto il “pianeta carcere” italiano, è ormai prossima al collasso. Sovraffollamento ed edifici inadeguati o fatiscenti, carenza dell’organico ordinario rispetto a quello effettivo, assenza di una vera attività formativa, mancanza del personale specifico, suicidi o tentativi di suicidio, sono tra le emergenze delle nostre carceri, definite da Marco Pannella in visita lo scorso aprile all’Ucciardone, “una discarica sociale”. Secondo il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, i detenuti sono quasi alla soglie dei 70 mila, più precisamente 68.026 (questa la rilevazione statistica di ieri), di cui 24.944 stranieri che rappresentano quasi il 37% della popolazione carceraria, a fronte di una capienza regolamentare di 44.218 posti e un limite tollerabile di 66.905. Quasi la metà dei detenuti, 29.769 pari al 44% del totale, è in attesa di giudizio, cioè sta subendo la carcerazione preventiva, mentre 35.852, cioè il 55%, sono i condannati. Gli agenti della polizia penitenziaria hanno turni massacranti, e non solo a causa del sovraffollamento: su un numero complessivo di 37.690 agenti gli effettivi sono 34.988 con una riduzione di quasi 5000 unità, negli ultimi cinque anni, rispetto all’organico previsto circa 42.000. Questi dati sono sufficienti, per comprendere come le condizioni di vivibilità all’interno dei penitenziari italiani siano insopportabili e disumane per i detenuti e assolutamente difficili e stressanti per gli agenti di polizia. Dall’inizio dell’anno si sono registrati 32 suicidi tra i detenuti e altrettanti tentativi sono stati sventati dall’intervento tempestivo degli agenti penitenziari. Un dato “curioso” quanto strano è la conversione (nell’ultimo anno) di quasi 150 detenuti dal cattolicesimo all’islamismo che senza togliere la libertà ad alcuno di credere nella religione che vuole - rileva un fatto sociologicamente preoccupante, come afferma Fleres: “Le situazioni estreme spingono verso religioni estreme. Non si tratta di discriminazione religiosa, ma di analisi sociologica”. Il “pianeta carcere” è senza dubbio complesso e l’amministrazione penitenziaria è un insieme di contraddizioni: manca il personale, ma 2500 agenti sono adibiti ad altri compiti; non ci sono risorse, ma si effettuano trasferimenti di detenuti anche se mancano sette o otto giorni per il fine pena; c’è sovraffollamento, ma decine di carceri sono chiuse per mancanza di personale. Queste sono soltanto alcune delle incongruenze che, se non affrontate al più presto, rischiano di far precipitare la situazione delle carceri italiane, ormai vere e proprie bombe ad orologeria. Il ddl Alfano, il cosiddetto “svuota-carceri”, concepito per dare una risposta al sovraffollamento in vista dell’estate, che prevede, tra l’altro, il beneficio degli arresti domiciliari per chi deve scontare l’ultimo anno di pena,ma solo dopo la decisione del magistrato di sorveglianza, e l’assunzione di nuovi agenti con gli stanziamenti previsti dalla Finanziaria (circa 2.000), riuscirà ad arginare l’emergenza? “Sicuramente ci sono tante buone intenzioni dice Fleres - ma il tema è molto più profondo. C’è la necessità di individuare pene alternative, di mandare nelle comunità i tossicodipendenti, di costruire carceri nuove e di assumere personale in numero sufficiente. Tutto questo va fatto a tamburo battente. Altrimenti da qui a pochi mesi succederà l’inferno”. Giustizia: dopo l’ennesimo suicidio in carcere, interviene anche il Comitato di Bioetica Ansa, 29 giugno 2010 Ennesimo suicidio nelle sovraffollate carceri italiane. Lunedì notte nel carcere circondariale di Giarre (Catania) si è tolto la vita Marcello Mento, un detenuto 37enne. L’uomo è stato trovato impiccato con un cappio al collo alle sbarre della finestra del bagno della cella. Dall’inizio dell’anno, secondo il calcolo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, è il trentaduesimo carcerato che si suicida. L’alto tasso di suicidi della popolazione carceraria, di gran lunga superiore a quello della popolazione generale, è un problema di considerevole rilevanza etica e sociale, aggravato dalle presenti condizioni di marcato sovraffollamento degli istituti e di elevato ricorso alla carcerazione. Lo afferma il Comitato Nazionale per la Bioetica che si è chiesto se il carcere, per come è oggi, rispetti il principio secondo cui la detenzione possa sospendere unicamente il diritto alla libertà, senza annullare gli altri diritti fondamentali come quello alla salute, alla risocializzazione e a scontare una pena che non mortifichi la dignità umana. Il Cnb raccomanda alle autorità competenti di predisporre un piano d’azione nazionale per la prevenzione dei suicidi in carcere, secondo le linee indicate dagli organismi europei. Giustizia: a chi è “provvisoriamente” libero e sano non frega niente dei detenuti e dei malati di Adriano Sofri Il Foglio, 29 giugno 2010 L’ottimo Valter Vecellio lamenta giustamente che iniziative radicali importanti passino sotto silenzio, anche da parte di chi è di solito più attento ai temi sollevati. È così per lo sciopero della fame di Antonietta Farina Coscioni, che dura già da otto giorni, per garantire ai malati di Sla l’assistenza cui hanno diritto e che è loro negata; in primo luogo l’aggiornamento dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza e il nomenclatore tariffario delle protesi e degli ausili che è fermo dal 1999. A novembre c’era già stato uno sciopero della fame di Maria Antonietta e di decine di militanti radicali e di malati di Sla. Si chiede al governo di rendere operante l’approvazione della nuova versione dei Lea e del nomenclatore; di comunicare 1’effettivo utilizzo dei finanziamenti stanziati per i “comunicatori” di nuova generazione, regione per regione; di renderne accessibili a tutti, anche su Internet, le modalità di utilizzazione, individuando dei responsabili regionali cui gli utenti possano riferirsi; di verificare le condizioni di assistenza anche domiciliare nelle varie regioni; di assumere le iniziative di competenza anche attraverso poteri commissariali, affinché sia garantito ai cittadini affetti da Sla o da patologie simili e alle loro famiglie l’esercizio dei diritti costituzionali di espressione del pensiero, e una assistenza adeguata. Firmata da decine di parlamentari di diversi schieramenti, una mozione chiedeva al governo di provvedere “entro il 2009”. Siamo al luglio 2010. Prima di questa battaglia, un silenzio altrettanto significativo aveva accompagnato il lungo sciopero della fame di Rita Bernardini, cui si erano uniti molti altri, radicali e no, sulla condizione orrenda del carcere e i fantomatici provvedimenti governativi. Ci sono due spiegazioni: che a chi è (provvisoriamente) sano e a piede (provvisoriamente) libero, gliene frega pochissimo di sclerosi e galera. E che coloro a cui importa molto sono frustrati e disgustati da un cinismo senza limiti e da un’impotenza onnipotente delle competenti autorità, che si tratti di chi crepa in celle dimenticate, o in camere di sicurezza (di sicurezza!), e anche di cittadini, ammalati e loro cari, cui è capitata la sventura universale di star male, e particolare di star male ignorando la Finanziaria. Giustizia: perché tanti suicidi in carcere? 3 mq a testa e situazioni da terzo mondo… di Veronica Femminino http://catania.blogsicilia.it, 29 giugno 2010 È successo di nuovo, questa volta a Giarre. Si chiamava Marcello Mento ed aveva 37 anni. Si è tolto la vita la notte scorsa, impiccandosi con la cintura dell’accappatoio che ha provveduto a legare alle sbarre della finestra del bagno della cella ristretta in cui stava. Marcello ha deciso di chiudere così i conti tra se stesso ed il mondo, tra la propria disperazione ed il sistema carcerario in cui viveva. È il 32esimo suicidio dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane. Un dato allarmante, vergognoso ed inaccettabile per una nazione che si ritenga civile e democratica. I detenuti presenti nei penitenziari del nostro paese denunciano una situazione italiana da Terzo Mondo. Ogni “ospite” delle strutture carcerarie ha mediamente a disposizione meno di 3 metri quadrati di spazio, e mentre il numero di detenuti continua ad aumentare, il ministro di Grazia e Giustizia Angelo Alfano promette di costruire al più presto nuovi istituti penitenziari, per contrastare il problema del sovraffollamento e della fatiscenza delle carceri in Italia. Ma quando? Nell’attesa che qualcosa cambi realmente, e che chi deve scontare una pena detentiva, possa, almeno farlo in condizioni non disumanizzanti, ne abbiamo discusso con Gabriella Di Buono, psicologa ed attuale responsabile dell’Unità Operativa del Servizio di Psicologia dell’Asl 6 di Palermo, che ha a lungo lavorato con i detenuti presso il mega-carcere dell’Ucciardone di Palermo. Dottoressa, oggi si torna a parlare di carceri a causa dell’elevato numero di suicidi che avvengono nelle stesse. Il sovraffollamento è ritenuto la causa fondamentale di questa situazione. Lei cosa ne pensa? “Il carcere è una realtà estremamente tragica. È un mondo caratterizzato da regole e codici, dove tutto è traumatico e coercitivo. È difficile accettare delle restrizioni, soprattutto in una società come la nostra, dove l’individuo sembra avere libertà illimitata di scelta e d’azione. C’è chi comanda e chi subisce. È un microcosmo che esalta dinamiche quali la prepotenza da un lato e la sottomissione dall’altro. Ricordo, nella mia esperienza presso il carcere Ucciardone di Palermo, di aver visto dei letti a castello su 4 livelli, dove per i detenuti era impossibile riposare. Tali condizioni non fanno altro che rendere ancora più inaccettabile la pena detentiva, inducendo, come abbiamo modo di vedere, a compiere gesti estremi, quali l’autolesionismo e il suicidio”. Alcuni recenti casi di cronaca, come quello di Stefano Cucchi (morto in carcere per le percosse subite durante il suo interrogatorio presso il tribunale di Roma), hanno sottolineato la violenza del mondo carcerario. Cosa vuole aggiungere a tal proposito? “A mio avviso tutte le istituzioni totalitarie sono violente. Il carcere rimane per me la più violenta, perché è un contesto in cui la legge del più forte viene esasperata e potenziata”. In Gran Bretagna, in Australia, e in molti degli Stati Uniti, prigioni private si integrano da diverse anni a quelle pubbliche. Lei crede che una simile soluzione sia applicabile anche nel nostro Paese? “Personalmente nutro una certa diffidenza nei confronti del settore privato. Non è un problema solo di sovraffollamento e mancanza di spazi. Servono interventi legislativi, mirati, energici, che possano realmente favorire il recupero dei detenuti”. In conclusione, secondo lei, in Italia l’esperienza detentiva è davvero in grado di concretizzarsi nel “recupero” dell’individuo? “La mia esperienza lavorativa all’interno del carcere, mi porta a dover constatare, non senza amarezza, che il recupero del detenuto difficilmente avviene perché mancano gli elementi necessari. Pochi educatori, spazi inadeguati, mancata preparazione delle guardie carcerarie, ovvero di coloro i quali più spesso si relazionano con i detenuti. Ancora poche sono in Italia le carceri nelle quali la funzione educativa è divenuta realtà. Sono casi isolati, in genere si tratta di istituti penitenziari di piccole dimensioni, dove i detenuti vengono impegnati nell’apprendimento di un lavoro, spesso di tipo artigianale. Ecco, il lavoro riesce allora a costituire una sorta di comunità, a rendere i detenuti più consapevoli, più responsabili, conducendoli alla rielaborazione di un rapporto proficuo con se stessi e con la società. Ciò di cui un detenuto ha maggiormente bisogno, è la sensazione di potersi fidare degli altri, di non essere giudicato per sempre come un “poco di buono”. Giustizia: custodia cautelare ormai utilizzata senza limiti, ma l’opinione pubblica approva di Pierluigi Battista Corriere della Sera, 29 giugno 2010 Se sono colpevoli o innocenti, lo si appurerà nel processo. Quando, se condannati, meriteranno il carcere. Appunto: se condannati. Mentre la prolungata custodia cautelare è sempre carcere (anche se domiciliare), ma senza condanna stabilita da un verdetto giudiziario. Una condanna preventiva. Una sanzione anticipata. Come se i tempi (mostruosamente dilatati) della giustizia non tenessero conto dei tempi della persona. Costituzionalmente innocente fino a verdetto definitivo: sempre che valgano ancora le regole dello Stato di diritto. Principi elementari, quasi ovvi nel catechismo garantista che pure è la base dello Stato di diritto in cui abbiamo l’impressione di vivere. Ma che l’opinione pubblica, esacerbata dal moltiplicarsi di corruzione e di crimini contro il bene pubblico, tende a dimenticare. Anche nel caso degli indagati per il giro di false fatturazioni e di riciclaggio. La Cassazione ha stabilito che Bruno Zito, coinvolto nel “caso Fastweb”, debba restare nella galera (preventiva) in cui è rinchiuso dal 23 febbraio: più di quattro mesi fa, oramai. Confermati anche gli arresti domiciliari di Silvio Scaglia. Il Corriere, alla vigilia del pronunciamento della Cassazione, ha pubblicato una lettera molto dignitosa del padre di Zito, dove non si entrava nel merito delle accuse, ma ci si chiedeva se davvero sussistessero le condizioni per cui il figlio dovesse essere trattenuto (preventivamente) in carcere. Anche i giornalisti non devono entrare nel merito delle accuse. Anzi, dovrebbero, perché molti giornalisti sembrano ispirati dalla missione di giudicare al posto dei giudici, sostituendosi a essi in modo arbitrario e prepotente. Ma chiedersi fino a quando può durare un regime di carcerazione preventiva non è una domanda legittima. Anche chiedersi se non c’è un abuso della custodia cautelare. O se, addirittura, in molti casi in Italia non si abusi deliberatamente del carcere preventivo per “ammorbidire” gli indagati, spronarli alla collaborazione: che poi è un modo gentile ed edulcorato per alludere alla confessione. Ai tempi di Mani Pulite (sono fatti noti, oramai da raccontare come fossero storia) capitava che, alla scadenza dei termini di custodia cautelare, un’altra accusa si abbatteva sulla testa dell’indagato, e si ricominciava da capo, azzerando il cronometro. Di questi tempi, invece, il Tribunale del riesame di Firenze, motivando il rigetto di scarcerazione per Balducci e altri esponenti in vista della “cricca”, ha deplorato addirittura “uno stile di vita antigiuridico degli indagati” nonché, testuale, “l’atteggiamento di totale chiusura all’ipotesi accusatoria”. Se non si capisce male, la non aderenza degli indagati agli argomenti dell’ipotesi accusatoria costituirebbe un’aggravante, passibile di ulteriore sanzione carceraria (preventiva) che non si sarebbe manifestata se invece gli stessi indagati si fossero conformati alle ipotesi formulate dagli accusatori. Un’innovazione, che è anche un’indicazione per chi, in futuro, dovesse regolare opportunamente linee difensive e comportamenti (“stili di vita”) efficaci ai fini della scarcerazione. Il merito delle accuse, dunque, non c’entra. C’entrano i criteri, i tempi, le modalità con cui la custodia cautelare può subire una distorsione irreparabile. Come fosse un surrogato per una pena la cui certezza, dopo e non prima la sentenza, appare sempre più aleatoria. Ma mettere il “prima” al posto del “dopo” è prassi ingiusta, anche se capace di appagare, in modi obliqui, la richiesta di giustizia dell’opinione pubblica. Giustizia: Osapp; Alfano e Ionta diano presto risposte e risorse, non è possibile continuare così Il Velino, 29 giugno 2010 “Non ci è possibile continuare a guardare inermi, come poliziotti e come cittadini, alla ecatombe che si sta consumando nelle carceri italiane”: con tali affermazioni il segretario generale dell’Osapp Leo Beneduci commenta la notizia dell’ennesimo suicidio, questa volta a Giarre, il 32esimo dall’inizio dell’anno, di un detenuto all’interno di una struttura penitenziaria. “Entro Ferragosto, i detenuti toccheranno la quota epocale delle 70mila presenze - prosegue il sindacalista - pari al 60 per cento in più dei posti attualmente disponibili e alle cui vigilanza è addetto un corpo di polizia oramai allo stremo, in termini numerici e dal punto di vista organizzativo. “L’essere ridotti, invece che alle funzioni rieducative connesse al reinserimento sociale, ovvero delle attività di polizia che ci competono - commenta ancora Beneduci - a doverci preoccupare nelle sezioni detentive, esclusivamente, di quello che può accadere ai detenuti come di quello che può accadere a noi, senza sapere quando e come potremo smontare dal servizio e tornare a casa, denota il progressivo fallimento del sistema penitenziario italiano e ci riempie di rabbia e di indignazione. Proprio perché la nostra presenza e la nostra attività puntuale costituiscono, oramai, l’unica garanzia che il sistema penitenziario resti in piedi senza conseguenze ancora più gravi, pretendiamo - conclude Beneduci - che il capo del Dap Ionta e il ministro Alfano, dopo avere concluso la vicenda del piano-carceri dal punto di vista edilizio, si affrettino a dare alla polizia penitenziaria le risposte e le risorse necessarie ad affrontare l’emergenza”. Garanzie su organici e ruolo polizia “Del tutto inutili gli incontri con le autorità politiche del ministero della Giustizia, senza garanzie sugli organici e sul ruolo futuro della polizia penitenziaria”. A intervenire sulle condizioni delle carceri italiane e sui suicidi di detenuti sventati a Monza, a Enna e a Piacenza è il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci, che aggiunge: “I miracoli che la polizia penitenziaria compie ogni giorno, quali e da ultimo i suicidi e le evasioni sventate, non potranno durare ancora a lungo, con i detenuti che aumentano di 700 unità al mese e con gli agenti in servizio che diminuiscono di quasi 1.000 unità l’anno. Il ministro Alfano e il Comitato interministeriale di verifica da lui presieduto, si apprestano a dettare i tempi per la realizzazione, entro il 2012, delle nuove infrastrutture penitenziarie del cosiddetto piano-carceri, per circa 9.000 posti in più - prosegue il sindacalista -, ma è fin troppo facile predire che senza i 3.000 poliziotti penitenziari in più per farle funzionare, tenuto conto che i detenuti fra due anni saranno almeno 12.000 in più e 2.000 i poliziotti penitenziari in meno, lo Stato sborserà vanamente i 600 milioni di euro necessari”. Il leader dell’Osapp continua asserendo che “va definitivamente chiarito se la polizia penitenziaria debba continuare ad avere nelle carceri italiane l’attuale ruolo di tappabuchi o se gli si voglia conferire, per legge, un ruolo e una dignità pari a quella delle altre Forze di Polizia e, quindi, la possibilità per i vertici del Corpo di dirigere, a pieno titolo, tutte le articolazioni del carcere e della stessa amministrazione penitenziaria”. Senza tali assicurazioni, conclude Beneduci, “che sono nella piena possibilità del ministro Alfano, fornire e concretamente attuare, incontrarsi e scambiare critiche o apprezzamenti, appare del tutto inutile, stante la crescente gravità della sofferenza del disagio in atto e che vedono in prima linea, pressoché unicamente, le donne e gli uomini della polizia penitenziaria”. Giustizia: Uil; ogni giorno nuovi record di presenze in carcere, intervengano Alfano e Ionta Il Velino, 29 giugno 2010 “Ormai a ritmo quotidiano registriamo i nuovi record di presenze detentive all’interno dei penitenziari italiani. Alle 8 di stamani nelle strutture penitenziarie italiane erano ristretti 68.058 detenuti (64.994 uomini e 3.064 donne). Questo significa che in tutte le regioni si è superata la quota massima di ricettività e che il 100 per cento delle strutture presenta una sovradotazione delle presenze rispetto al consentito”. Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa Penitenziari, in una nota illustra alcuni dati che fotografano la surreale e drammatica situazione penitenziaria italiana. “È del tutto evidente che questo incredibile sovrappopolamento impedisce di agire nel senso indicato dalla Carta Costituzionale all’art. 27. Il personale deve limitarsi, quando può, alla sola attività di vigilanza e controllo, che negli ultimi anni è divenuta anche una attività di salvataggio delle vite umane”. La “classifica” degli indici di sovraffollamento, su base regionale, rispetto alla capacità ricettiva conferma in testa l’Emilia Romagna (88 per cento), seguita da Puglia (77 per cento), Veneto (75 per cento), Calabria (65 per cento), Friuli (61 per cento), Lombardia (60 per cento), Sicilia (58 per cento), Basilicata e Trentino (54 per cento), Liguria (53 per cento), Piemonte (50 per cento), Umbria (49 per cento), Campania (48 per cento), Marche (43 per cento), Lazio e Toscana (36 per cento), Abruzzo (35 per cento), Molise (19 per cento), Sardegna (17 per cento). Caltagirone con l’incredibile indice di sovraffollamento pari al 295 per cento (presenti 296 detenuti su una capienza massima di 75) è l’istituto più sovraffollato d’Italia. La Uil Pa Penitenziari oltre a denunciare le vacanze organiche sollecita anche il ministro della Giustizia Angelino Alfano e il capo del Dap Franco Ionta a prendere iniziative concrete per il recupero di personale. “Occorre premettere che le dotazioni organiche della polizia penitenziaria presentano un carenza spaventosa, pari a circa cinquemila unità. Con questi numeri temo che il piano carceri, qualora fosse una certezza, si ridurrebbe alla costruzione di cattedrali nel deserto. Già oggi per garantire la funzionalità delle strutture attive il personale non può godere delle ferie ed è costretto a turni allucinanti, anche di dodici ore. Né si può dimenticare come anche gli altri profili professionali del personale amministrativo presentino gravi carenze. Ad oggi rispetto alla piante organiche previste mancano 371 educatori, 535 assistenti sociali, 305 contabili, 1032 collaboratori d’istituto e 325 tecnici. Purtroppo - sottolinea Sarno - dobbiamo rilevare come il ministro Alfano e il capo del Dap Ionta non sembrino ancora pronti a una necessaria azione di recupero di personale. Forse non hanno la forza per scardinare un sistema di privilegi e raccomandazione, favorito anche da ambienti sindacali. E la nostra non è demagogia o retorica. Negli istituti penitenziari le unità di polizia penitenziaria effettivamente operanti assommano a 34.910 a fronte di organici che ne prevedono 41.268. Ovvero un deficit di ben 6.358 unità. Di contro le unità di polizia penitenziaria impiegate in strutture diverse dai penitenziari assommano a 3.410. Credo che questo dato parli da solo. Ecco perché pretendiamo che il ministro Alfano e il capo del Dap ci mettano una pezza. Tra l’altro l’operazione è a costo zero e noi siamo pronti a sostenerla. Analogamente non è possibile che a fronte di circa 850 unità disponibili, tra dirigenti penitenziari e direttori penitenziari, oggi circa 45 dei 230 istituti penitenziari siano ancora privi di un direttore titolare. Questo è uno scandalo di cui nessuno parla. Abbiamo calcolato che per pagare le missioni di questi dirigenti part-time a scavalco l’amministrazione è costretta a sborsare non meno di un milione di euro l’anno. Senza dimenticare che Basilicata e Puglia sono prive di un Provveditore Regionale e che a breve anche Lazio, Calabria e Sicilia saranno in analoga condizione”. Insufficiente budget per straordinari 2010 “L’assegnazione monte ore straordinario 2010 per il Lazio si attesta da parte dell’amministrazione a 703.366 ore, comprensivo di quelle 100 mila previste come operazioni di assestamento per intervenire alle esigenze non corrisposte nel 2009. Tra l’altro il totale consumo 2009 risulta aver superato quota 911 mila, che vuol dire che per il 2010 la differenza in negativo e di oltre 200 mila ore”. A calcolarlo è la Uil Pa-Penitenziari, che in una nota spiega: “Quindi oltre a contare una carenza negli organici di circa 1.000 unità in meno, bisogna prendere atto anche del netto taglio al momento dell’assegnazione definitiva della ripartizione del lavoro straordinario, che determinerà a breve tempo anche l’impossibilità di corrispondere al personale le spettanze relative al lavoro straordinario. Abbiamo dovuto anche prendere atto che nel ‘vicinò Dap la ripartizione 2010 è stata invece posta al contrario con una base assegnata di circa 703.396 ore rispetto al 2009, che era di 672.198 per 1.935 unità addette ai vari servizi presenti”. “Evidentemente - prosegue il comunicato - la crisi economica colpisce solo la “periferia” e non il “centro” dell’amministrazione penitenziaria. In queste settimane da parte delle direzioni degli istituti e servizi penitenziari del Lazio si è cercato di trovare soluzioni per ridurre il consumo dello straordinario creando altrettante difficoltà alle aspettative del personale che comunque deve svolgere il servizio nelle condizioni di totale precarietà per le sopracitate carenze di personale. Trovarsi con il nostro vicino Dap, che al suo interno assegna nei budget dei vari servizi oltre 703 mila ore contro 672.198 previste nel 2009 e i 759.082 effettivamente consumate, è da ritenersi nella differenza quasi zero rispetto alle esigenze stesse e le prospettive probabili di spesa”. Pertanto la Uil Pa-Penitenziari di Roma e Lazio, “prendendo atto che al Dap si creano due pesi e due misure, ritiene che quanto evidenziato in questi mesi rispetto alle gravi criticità che sono presenti nella gestione dei servizi non sono stati presi in considerazione e che questo determina ulteriori problemi anche nel rapporto delle relazioni sindacali che dovrebbero essere invece il luogo in cui tentare quanto meno di trovare delle soluzioni, che invece proprio per l’incapacità di questo Dipartimento diventa difficile realizzare”. Giustizia: Movimento Clemenza e Dignità; “Serve un ruolo più incisivo per il volontariato” Redattore Sociale, 29 giugno 2010 Il presidente Meloni: “La punizione dei colpevoli diviene spesso l’occasione per la prosecuzione delle ostilità tra la legge e i suoi trasgressori. Auspicabile un’azione più mirata di coloro che operano nei penitenziari”. “Nelle carceri, oltre ai suicidi, c’è un ulteriore aspetto preoccupante: le aggressioni subite dalla Polizia penitenziaria, a cui va tutta la nostra personale stima e solidarietà.” Lo afferma in una nota Giuseppe Maria Meloni, presidente di Clemenza e Dignità, che aggiunge: “Con la giustizia, perseguita attraverso il processo, attraverso l’uso dei mezzi giudiziari, si fa ricorso a principi giuridici che sono capaci di interrompere la violenza e l’odio, capaci di dirimere e neutralizzare i conflitti e in particolare il conflitto tra la legge e gli autori di comportamenti ad essa contrari”. “Tuttavia dopo il processo, attraverso cui deve farsi giustizia e in maniera definitiva, - rileva - spesso si profila una anomalia, ovvero il conflitto tra la legge e i colpevoli anziché cessare, ricomincia durante l’esecuzione della pena come nella fase anteriore al processo.” “La punizione dei colpevoli - osserva - che è un atto di giustizia, diviene spesso l’occasione per la successiva prosecuzione delle ostilità tra la legge e i suoi trasgressori, tra vincitori e vinti, in un clima contaminato da desideri di vendetta.” “Per tentare di arginare questo clima di conflittualità - conclude - è auspicabile riconoscere un ruolo più incisivo alle associazioni di volontariato, alla preziosa missione dei cappellani delle carceri, e in genere a tutti quei soggetti imparziali e terzi al menzionato conflitto, che già attualmente svolgono un’azione altamente meritoria nelle carceri italiane”. Lettere: Garante Sicilia; il problema del sovraffollamento si risolve attraverso i suicidi?” Ristretti Orizzonti, 29 giugno 2010 “Il problema del sovraffollamento si risolve attraverso i suicidi?”. Questa frase è contenuta nell’ultima lettera pervenuta presso il mio Ufficio da parte dei detenuti della sezione 7 dell’Ucciardone. Dopo la proposta di autotassazione per la realizzazione della tettoia e per la ristrutturazione del bagno ai passeggi, la sezione 7 comunica l’inizio, per il prossimo 1 luglio, di una protesta pacifica ad oltranza che consisterà nel non acquistare più prodotti al soppravvitto ad esclusione di alcuni generi. Analogamente a quanto sta accadendo alla sezione 9. In pratica, dal primo luglio due sezioni dell’Ucciardone inizieranno la loro protesta e devo presupporre che ad esse si affiancheranno anche le altre per via delle ultime lettera che ho ricevuto. Ho già formulato al Ministro Alfano l’invito a recarsi presso la struttura palermitana per constatare la realtà dei fatti e, soprattutto, per porre dei rimedi a tutela dei detenuti ed a sostegno della Direzione e del personale di Polizia penitenziaria, al fine di consentire una corretta applicazione dell’art. 27 della Costituzione. La situazione, ha dichiarato in merito il Sen. Fleres, assume quotidianamente contorni sempre più gravi come dimostra l’ennesimo suicidio verificatosi oggi nel carcere di Giarre. Credo che a questo punto le pie intenzioni non siano più sufficienti. È necessario un piano straordinario per l’elaborazione di modalità di pena non necessariamente carceraria. Il Garante dei detenuti della Sicilia Sen. Dott. Salvo Fleres Lettere: Crvg Marche; mobilitazione contro affollamento, autolesionismi e suicidi Ristretti Orizzonti, 29 giugno 2010 La Crvg Marche aderisce alla campagna di mobilitazione della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia condividendo le preoccupazioni della presidente Elisabetta Laganà e dell’intero consiglio direttivo. Sono più di 68.206 i detenuti su una capienza di 44.000 posti branda. Trentatre i suicidi dall’inizio dell’anno. Il sovraffollamento crea grossi problemi di gestione degli istituti di pena rendendo pressoché invivibile il carcere non solo per i detenuti ma anche per gli stessi operatori penitenziari. È necessario quindi orientare maggiore attenzione a sensibilizzare l’opinione pubblica e sollecitare il Governo e le istituzioni preposte a trovare le adeguate soluzioni al problema entro l’estate. Nel mese di luglio verranno effettuate diverse azioni di sensibilizzazione sul territorio marchigiano e in particolare i volontari Caritas di Ancona effettueranno la sospensione del servizio volontario a Montacuto dal 1° al 31 luglio convinti della maggior utilità delle loro azioni all’esterno. Occorre lavorare per un cambiamento culturale: è la pena utile anziché la pena certa che costruisce una società più sicura. La stragrande maggioranza degli ospiti delle patrie galere ha bisogno di politiche sociali. Attendiamo la vera riforma della giustizia attraverso anche l’impegno sostanziale dei politici marchigiani. Il ritorno da parte dei magistrati all’applicazione delle misure alternative è l’unica strada possibile per un vero percorso di reinserimento sociale e, al momento, la più utile ad un rapido sfollamento. Conferenza Regionale Volontariato Giustizia Marche Milano: penitenziario di Opera, viaggio nella Casa di Reclusione più grande d’Europa di Stefania Pellegrini www.milanotoday.it, 29 giugno 2010 L’iniziativa del gruppo Carceri e Giustizia per far fronte all’emergenza carcere. Il neo eletto consigliere regionale Giulio Cavalli ha accettato la visita ad Opera: “Qui sono rinchiusi i detenuti di stampo mafioso, quelli che mi vorrebbero morto”. Si è svolto ieri presso il Carcere di Opera, l’istituto detentivo più grande d’Europa, con 1.400 detenuti di cui 1.300 con pena definitiva, un altro incontro con i carcerati promosso dal Gruppo Carceri e Giustizia. Il fine quello di fare visite ispettive presso tutte le strutture penitenziarie della Lombardia per poter poi stendere un dossier sulla situazione lombarda delle carceri. Ad accompagnare i militanti era presente Giulio Cavalli, neo eletto consigliere regionale, il primo a rispondere all’invito degli stessi rivolto a tutti i consiglieri regionali di prendere parte alle visite. Il Gruppo, costituito da militanti radicali, rispondendo alle iniziative nazionali di Radicali Italiani e dell’associazione Detenuto Ignoto, che da lungo tempo si occupano della situazione delle carceri italiane, del sovraffollamento e delle condizioni umane dei cittadini in attesa di giudizio o condannati, si pone come scopo quello di fornire ai legislatori proposte concrete e ragionevoli per migliorare la precaria situazione dei detenuti. “Era - ha dichiarato Giulio Cavalli, da anni scortato da agenti di Polizia perché sotto minaccia continua da parte della mafia - uno dei progetti inseriti nella mia campagna elettorale quello di occuparmi del tema della giustizia e delle carceri, tema che dovrebbe prescindere dalla provenienza politica in quanto necessita di una certa sensibilità. Mi chiedo però, a fronte della situazione attuale delle carceri, se questo Governo che ha vinto anche per aver dato delle garanzie sul tema della sicurezza, consideri o meno il carcere uno strumento utile per garantirla oppure un mero luogo di ghettizzazione”. Seconda visita per Cavalli, ma sicuramente particolare per questioni personali: “Il primo incontro l’ho avuto al San Vittore, oggi, il secondo, ad Opera, ma in programma ci sono già Bollate, Pavia, Lodi. Certo quella di oggi è stata un’esperienza diversa perché ad Opera sono rinchiusi molti detenuti per reati di stampo mafioso, ossia quelli che mi vorrebbero morto”. L’iniziativa, che si concluderà con la stesura di un ricco dossier da divulgare, nasce proprio a distanza di poco dagli annunciati tagli della finanziaria, che, tra le altre cose, in tema di giustizia ha già contato una riduzione di 7,4 milioni di euro per il mantenimento e la rieducazione dei detenuti. Ad oggi sono 68.021 i carcerati presenti nelle strutture italiane, il numero più alto dell’intera storia carceraria nazionale. Dal primo gennaio 2010 a oggi il numero dei suicidi ha raggiunto quota 30. Bologna: Udc; carceri sono bombe a orologeria, subito piano per costruzione nuovi istituti Dire, 29 giugno 2010 “La situazione delle carceri rischia di diventare una bomba a orologeria pronta ad esplodere”. Lo dice la capogruppo in Regione dell’Udc Silvia Noè che nei giorni scorsi ha visita la Dozza di Bologna: qui, scrive in una nota, “ho avuto modo di verificare la difficile situazione in cui vivono i detenuti e in cui operano gli agenti di polizia penitenziaria”. Dai dati “che mi ha fornito la direttrice - prosegue Noè - risulta che quello di Bologna è il carcere più sovraffollato d’Italia con 1.190 detenuti per 380 agenti, quando in realtà la struttura ne potrebbe ospitare al massimo 700, con 580 poliziotti”. Una popolazione “che per oltre il 65% è composta da stranieri provenienti da 52 paesi diversi. Un carcere che ospita circa 60-70 detenuti per aggressioni sessuali, dove lo spaccio è la tipologia di reato più diffusa, e dove sono sempre in aumento i tossicodipendenti. Un carcere, quello di Bologna, che rappresenta una porta girevole dal momento che il 20-25% della popolazione carceraria resta in cella solo 4-5 giorni”. La situazione, però, aggiunge Noè, “non è certo migliore negli altri istituti penitenziari della regione. Aumento dei suicidi, sovraffollamento e caldo estivo, impongono che si proceda con urgenza all’avvio del nuovo piano carcerario che prevede la costruzione di nuovi istituti penitenziari e l’ampliamento delle strutture già esistenti”. La consigliera auspica “che la Regione, per quanto di sua competenza, si attivi con sollecitudine per fronteggiare questa situazione pericolosa per le carceri e per il territorio che le ospita”. Giovedì Consiglieri regionali in visita alla Dozza di Bologna Giovedì 1 luglio una delegazione di consiglieri regionali di maggioranza si recherà a visitare il carcere Dozza di Bologna per verificare le condizioni di detenzione, rispondendo così ai numerosi appelli dell’Associazione Antigone. "Fra le Regioni "fuori legge" che ospitano un numero di persone superiore al limite "tollerabile" c’è anche l’Emilia-Romagna - spiega una nota di Sel-Verdi. La Corte Europea dei Diritti Umani aveva gaia condannato l’Italia un anno fa per aver detenuto delle persone in soli tre metri quadri. Ma da allora nulla è stato fatto per riportare lo stato della detenzione a livelli di legalità". Giovedì mattina, Monica Donini (Presidente della Commissione Salute dell’Assemblea Legislativa della Regione), e i consiglieri Gian Guido Naldi (SEL-Verdi), Roberto Sconciaforni (FdS), Franco Grillini (IdV) e Antonio Mumolo (Pd), insieme con gli avvocati Elia De Caro e Mario Marcuz (Ass. Antigone), visiteranno la realtà penitenziaria bolognese e, subito dopo, alle 12.30, terranno una conferenza stampa all’esterno delle mura carcerarie. Salerno: direttore; mancano soldi per qualsiasi cosa, il Prap invita a usare poca carta igienica Ansa, 29 giugno 2010 Il carcere di Fuorni, a Salerno, ospita poco più di 500 detenuti. Sulla carta ne dovrebbe ospitare 280. Il sovraffollamento c’è anche qui, fino a 8 in una cella. I detenuti lo denunciano. Ma il più arrabbiato di tutti è il direttore, Alfredo Stendardo. Che non fa che ripetere: “Qui non ci sono soldi per fare nulla. Più che il sovraffollamento, il problema è un altro: i detenuti stanno 20 ore chiusi in cella. E questa non è vita”. Lo sfogo, oggi, lo ha raccolto il consigliere regionale del Pd, Corrado Gabriele. Dopo il carcere di Poggioreale, Gabriele ha deciso di visitare la casa circondariale di Fuorni: un viaggio, il suo, che farà tappa in tutte le 17 strutture della Campania proprio al fine di verificare le condizioni, capire i disagi. Problemi, ha spiegato Stendardo, legati ad un sistema che ormai “rappresenta una pericolosa spirale”. Il problema sono i soldi. Così pochi che in una delle ultime riunioni del Provveditorato regionale del Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria, secondo quanto racconta una fonte, l’invito è stato chiaro: cercare di contenere l’uso di carta igienica. E poi c’è il vitto dei detenuti. Pasquale nel reparto di alta sicurezza, racconta al consigliere Gabriele che il cibo ‘è troppo poco. La sera ci portano un uovo sodo, solo un uovo’. Stendardo ascolta e spiega tutto. Spiega che a vincere la gara per il vitto indetta dal ministero di Grazia e Giustizia è stata una ditta che offre tutto per 3 euro e 70 centesimi. Dove tutto sta per prima colazione, pranzo e cena. Perugia: Prc; nel carcere di Capanne ci sono 100 detenuti in più e 80 agenti in meno Asca, 29 giugno 2010 “Anche nel carcere perugino l’emergenza rappresenta la regola; a fronte di una capienza di 482 posti i detenuti sono attualmente 569, di cui oltre il 60% stranieri”. È quanto denuncia il capogruppo di Prc alla Regione Umbria, Damiano Stufara, all’esito della visita effettuata al carcere di Capanne con il responsabile giustizia del partito, Giovanni Russo Spena. “Una cinquantina di detenuti - ha aggiunto - sono costretti a dormire con il materasso a terra. A causa del sovraffollamento le celle, pur disponendo di bagno, docce e di buona illuminazione, si trasformano in uno spazio invivibile”. L’iniziativa rientra nella campagna nazionale “Le carceri sono fuori legge”, promossa dalle associazioni “Antigone” e “A Buon Diritto” e dal settimanale “Carta”. In una nota Stufara evidenzia “il personale di polizia penitenziaria ammonta a 243 unità, insufficienti per garantire il quarto turno di guardia previsto dal regolamento, ce ne vorrebbero almeno 80 in più. Massiccio il ricorso a farmaci come il metadone, il 70% dei detenuti è tossicodipendente, mentre l’assenza di risorse impedisce lo svolgimento delle attività; ai detenuti non rimane che passeggiare all’infinito nelle 2 ore al giorno previste fuori dalla cella, andare a messa e al campo sportivo una volta alla settimana”. Stufara racconta “le strutture del carcere risultano esser state danneggiate dal terremoto dello scorso dicembre; attualmente è inagibile la sala polivalente e la biblioteca, che risulta essere priva di personale. Persino la porta carraia è inutilizzabile per l’evento sismico; gli interventi di riparazione spettano alla Protezione civile, ma quest’ultima non ha ancora preso alcun provvedimento”. “Insieme alla denuncia - continua Stufara - occorre rendere operativi anche gli strumenti di cui la Regione si è dotata nel corso di questi anni, come la legge 13 del 2006 con la quale in Umbria è stata istituita la figura del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale. Si tratta di un organismo capace di dare un’immediata risposta alle istanze dei detenuti e potenzialmente in grado di scongiurare le discriminazioni e le violazioni dei diritti che facilmente si determinano nelle carceri in queste condizioni. Tuttavia, - aggiunge - la legge, pur essendo già finanziata, non ha trovato ancora applicazione a causa del colpevole disinteresse delle altre forze politiche. È giunto ormai il momento di superare la logica della segregazione e colmare finalmente questa lacuna applicando questa legge”. Brescia: dal Comune un appello alle aziende “assumete i detenuti” Brescia Oggi, 29 giugno 2010 L’appello è forte e chiaro, lo lancia il Comune all’imprenditoria locale, per chiedere di spostare lo sguardo oltre le mura del carcere, creando opportunità di lavoro per i detenuti e incentivare le commesse ai laboratori attivati a Verziano. Oltre all’alto valore sociale del gesto, ci sono significativi sgravi contributivi e fiscali, secondo quanto prescrive la legge 193 del 2000: ad esempio le imprese profit e non profit che assumono in carcere ottengono agevolazioni contributive all’80 per cento per i detenuti reclusi, oltre a un credito d’imposta pari a 516,46 euro. “Gli sgravi sono riconosciuti anche alle realtà che fanno formazione in carcere, perché l’obiettivo è il reinserimento del detenuto e la possibilità di imparare un mestiere”, sottolinea Massimo Tacconi, presidente della commissione Lavoro e Commercio. Una politica dei piccoli passi che “può servire a migliorare la vita all’interno delle case circondariali”, aggiunge Giovanni Aliprandi, presidente della commissione Servizi alla persona, affiancato dalla presidente del Consiglio comunale Simona Bordonali, che ha voluto testimoniare l’unità d’intenti del Consiglio su queste tematiche. Il coinvolgimento del mondo imprenditoriale, che oltre all’appello della Loggia vede coinvolta anche la Camera di Commercio, resasi disponibile col garante dei detenuti a iniziative per coinvolgere le diverse categorie, riguarda però solo il carcere di Verziano, dove sono già attivi dei laboratori per i detenuti. Canton Mombello, con i suoi 550 reclusi e una struttura risalente al 1917, non ha gli spazi per accogliere attività lavorative interne, a parte i lavoretti di servizio svolti dai detenuti per l’amministrazione penitenziaria e ricompensati con l’ormai datata “mercede”. L’invito rivolto dalla Loggia al mondo imprenditoriale è stato pubblicizzato a margine della commissione congiunta Servizi alla persona-Commercio, cui è intervenuto il garante per i diritti dei detenuti, Mario Fappani, per illustrare la relazione delle attività 2009. Fra gli aspetti che si è riusciti a migliorare c’è sicuramente quello sanitario, “finita la medicina penitenziaria il servizio è passato all’ospedale Civile con un netto progresso nell’assistenza - dice -. Per il futuro abbiamo chiesto più psichiatri, perché la presenza di personalità border line e bipolari è significativa e va affrontata”. La scuola e l’alfabetizzazione, le attività sportive dell’Uisp, i progetti di genitorialità e accoglienza dell’associazione Carcere e territorio sono tutti traguardi (quest’anno sono arrivati anche mini-frigo per le celle per i quali si è prodigato il sindaco Paroli), cui fanno però da controcanto criticità pesanti, come il sovraffollamento (fino a 6 persone in 10 metri quadri), la presenza di 40 etnie e il 70 per cento di detenuti stranieri, un turnover impegnativo con ingressi che raggiungono anche le 20 persone al giorno. Lodi: con il progetto “Il Lavoro debole”, la Provincia ha aiutato 115 ex detenuti Il Giorno, 29 giugno 2010 Va in archivio con un bilancio positivo la seconda fase del progetto “Il Lavoro debole”, elaborato dalla Provincia di Lodi: 115 le persone complessivamente coinvolte, tra detenuti in pena alternativa o in misura cautelare, ex-detenuti e le loro famiglie. Richiesta di inserimento o reinserimento lavorativo e casa i due filoni più assiduamente seguiti dalle persone beneficiarie del Progetto. “Abbiamo seguito la logica della prevenzione, del recupero e del reinserimento - spiega l’assessore ai Servizi Sociali Mariano Peviani. Abbiamo coinvolto anche istituzioni pubbliche, associazioni datoriali e no-profit, che all’interno del progetto si sono occupate del contatto iniziale, dell’accoglienza, dell’accompagnamento, della presa in carico e del reinserimento lavorativo e sociale delle categorie coinvolte”. Le richieste prevalenti raccolte dagli sportelli sono state, quella del lavoro (soddisfatta in 49 casi), e quella della casa, a cui è stato possibile rispondere grazie alla collaborazione con la Caritas Diocesana e l’Associazione Progetto Insieme. Nel biennio 2010-2011 ci sarà la terza fase del progetto con l’avvio di un’azione mirata al sostegno alla genitorialità dei detenuti e dei partner. Trani (Ba): “Con gusto, solidali e consapevoli”, presentato progetto a favore dei detenuti www.gravinaonline.it, 29 giugno 2010 Si è svolta questa mattina presso il Monastero di Colonna a Trani, la conferenza stampa di presentazione del progetto cofinanziato dal Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Cassa Delle Ammende, intitolato “Con gusto, solidali e consapevoli”. Sono intervenuti Francesco Ventola (Presidente Provincia BAT), Carmelinda Lombardi (Assessore alle politiche sociali, politiche per la famiglia, pari opportunità, Provincia BAT), Giuseppe Martone (Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria), Angela Anna Bruna Piarulli (Direttrice Casa Circondariale di Trani), Antonio Bonucci (Direttore area Puglia, Coop Estense), Vito Genco (Consorzio Meridia Bari), Pasquale Scarnera (Psicologo clinico, progettista) Salvatore Loglisci (Presidente Cooperativa Sociale Campo dei Miracoli). A coordinare l’incontro sarà Don Raffaele Bruno, Responsabile per la Puglia di Libera associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Alle ore 12.30 seguirà il buffet con i taralli prodotti dai detenuti della Casa Circondariale di Trani e le specialità della terra murgiana Con gusto, solidali e consapevoli è un progetto di formazione e inserimento al lavoro destinato ai detenuti della Casa Circondariale maschile di Trani; è proposto e attuato dalla Cooperativa Sociale Campo dei Miracoli di Gravina in Puglia; è approvato e cofinanziato nel 2010 da Cassa delle Ammende che riconosce i risultati ottenuti dalla Cooperativa nell’inserimento lavorativo dei detenuti. Il progetto si propone come ulteriore sviluppo di un percorso già intrapreso. La Campo dei Miracoli, infatti, avvia la collaborazione con la Direzione della Casa Circondariale di Trani nel 2003 quando sottoscrive una convenzione che prevede l’assunzione di un gruppo di detenuti per la preparazione dei pasti giornalieri destinati alla popolazione carceraria. Nel 2007, per aumentare il numero dei detenuti assunti, nelle cucine della Casa Circondariale parte la lavorazione, il confezionamento e la commercializzazione di taralli artigianali salati della tradizione pugliese - all’olio extra vergine di oliva, al seme di finocchio, al peperoncino, al pepe, alla cipolla e alla pizza. La Campo dei Miracoli seleziona rigorosamente le materie prime e sottopone la produzione alle misure Haccp per la sicurezza e la salubrità degli alimenti a garanzia di un risultato monitorato dalla fonte alla distribuzione. L’arte del maestro cuoco, la passione e le competenze acquisite dai detenuti rendono questa produzione un esempio di eccellenza nel campo della gastronomia e della lavorazione artigianale. La Coop Estense attenta da sempre alla dignità del lavoro e alla qualità propone alla vendita i taralli prodotti dai detenuti negli Ipermercati di Puglia e Basilicata. L’Assessorato alle Politiche Agroalimentari riconosce nei prodotti manufatti in carcere il duplice valore di solidarietà e gusto e li ospita in un ampio spazio nel padiglione Agrimed della Fiera del Levante negli anni 2008 e 2009. Attualmente, nella preparazione dei pasti e nella produzione dei taralli sono coinvolti 12 lavoratori di cui 7 detenuti. Tutti sono regolarmente assunti e retribuiti secondo il Contratto Collettivo Nazionale delle Cooperative sociali. “Con Gusto, Solidali e Consapevoli” prevede due fasi supervisionate e gestite dalla cooperativa: - la prima fase di formazione professionale. I detenuti acquisteranno competenze sui temi della sicurezza sui posti di lavoro, della corretta prassi e salubrità dei prodotti HACCP, delle norme e regolazione dei rapporti di lavoro. - la seconda fase di inserimento al lavoro. Secondo una graduatoria di merito, una parte dei partecipanti ai corsi di formazione troverà impiego nella preparazione dei pasti destinati alla Casa Circondariale e nella produzione dei taralli destinati alla vendita esterna. Saranno seguiti da un maestro cuoco. I lavoratori saranno regolarmente assunti dalla Cooperativa Campo dei Miracoli e retribuiti secondo il Contratto Collettivo Nazionale delle Cooperative sociali. Milano: “Vestiti, usciamo!”, giovane detenuto crea marchio per linea d’abbigliamento Redattore Sociale, 29 giugno 2010 Adrian, recluso a San Vittore in attesa di giudizio, vince il concorso “Vestiti, usciamo!”, promosso dalla cooperativa Angelservice. Ha ricevuto in premio un assegno di 500 euro Per ora c’è solo il logo, ma è il frutto della creatività di Adrian, giovane detenuto di San Vittore in attesa di giudizio. Da gennaio 2011 sarà il marchio di una nuova linea di abbigliamento per ragazzi. È questo il risultato del concorso “Vestiti, usciamo!”, dedicato ai giovani detenuti del vecchio carcere milanese e promosso dalla cooperativa Angelservice in collaborazione con ContattoC, società specializza in comunicazione. “Nel 2009 sono stati ben 1840 i reclusi con meno di 25 anni transitati da questo istituto -spiega Gloria Manzella, direttrice della casa circondariale-. È evidente come sia necessario pensare progetti di sostegno per questi ragazzi”. Il logo riproduce la pianta a raggiera del carcere di San Vittore e si chiama “unkode”. Adrian, oltre alla soddisfazione per la vittoria, ha ricevuto in premio un assegno di 500 euro, che verrà versato sul suo conto corrente. Nel vecchio carcere milanese ci sono oltre 1.500 detenuti su una capienza di 900 posti. “Nel 2009 abbiamo assistito ad un aumento del 10% dei reclusi - sottolinea Gloria Manzella -. Qui restano fino alla conclusione del processo di primo grado. Si tratta sempre più spesso di persone con problemi di emarginazione, che forse se fuori avessero avuto più sostegno non sarebbero finiti in cella”. Iran: l’ayatollah Ali Khamenei ha concesso la grazia a circa 700 detenuti Adnkronos, 29 giugno 2010 La Guida Suprema della Repubblica Islamica, l’ayatollah Ali Khamenei, ha concesso la grazia a circa 700 detenuti in occasione dell’anniversario della nascita dell’imam Ali, figura religiosa a cui si ispira lo sciismo. Lo ha riferito l’agenzia d’informazione Irna, secondo la quale Khamenei ha concesso l’amnistia a detenuti segnalati dal capo della magistratura, l’ayatollah Amoli Larijani. La Guida Suprema dell’Iran è solita concedere la grazia a centinaia di detenuti per reati minori in occasione di ricorrenze religiose o di anniversari importanti della storia della Repubblica Islamica. Lo scorso 11 febbraio, ad esempio, quasi mille detenuti sono stati graziati da Khamenei per le celebrazioni del 31esimo anniversario della Rivoluzione Islamica. Nuova Zelanda: divieto fumo nelle carceri; si temono disordini e comparsa “mercato nero” Ansa, 29 giugno 2010 Il governo neozelandese ha esteso il divieto di fumare, già esistente, alle prigioni; una misura che secondo il sindacato del personale carcerario causerà scoppi di violenza. Il ministro per le misure di correzione Judith Collins ha annunciato che il divieto si applicherà dal luglio del prossimo anno. “Non forniamo alcool ai prigionieri parchè sono alcolizzati, o droghe se sono tossicodipendenti. Il personale di correzione ha molta pratica nel trattare persone dipendenti e nell’aiutarle a superare tale dipendenza” ha detto Collins. Sarà inoltre proibito possedere fiammiferi o accendini, che alcuni usano per compiere danneggiamenti, fondere plastica per fabbricare armi, o lanciare palle infuocate di carta igienica alle guardie. Il presidente del sindacato del personale di correzione, Beven Hanlon, ha avvertito che il divieto potrà provocare disordini e ha ricordato che le sigarette fanno da sostituto per i detenuti instabili rimasti senza alcool o droga. Ha aggiunto che il tabacco diventerà oggetto di mercato nero e guardie e volontari subiranno minacce per procurarlo. Una ex detenuta ha detto a una Tv che le sigarette in prigione sono “come oro” e il divieto peggiorerà la corruzione. Le ha fatto eco l’esperto legale di diritti umani Michael Bott, secondo cui il divieto causerà più problemi di quanti ne risolva. “Il carcere è un ambiente tossico, sarà reso ancora peggiore da una sciocchezza come questa”.