Giustizia: i diritti? chi ne ha più ne ha sempre di più e chi ne ha meno ne ha sempre di meno di Nando Dalla Chiesa Il Fatto Quotidiano, 22 giugno 2010 Riassumiamo. Quando bisogna sottoscrivere accordi internazionali per colpire l’evasione fiscale o le truffe finanziarie, si replica che occorre avere prima una Costituzione comune, non scherziamo. Quando invece la Cia deve prendere un cittadino straniero e portarselo via senza tanti complimenti, non servono né Costituzione comune né accordi internazionali. Quando un potente finisce in carcere e ha qualche acciacco si grida che è malatissimo, che sta dimagrendo, e si inscenano campagne per la sua liberazione attaccando il magistrato se non concede almeno gli arresti domiciliari. Quando un immigrato sta male in un centro di espulsione, e magari muore abbandonato e privo di cure, malmenato perché i lamenti notturni infastidiscono, nessuno trova invece ascolto per lui sui giornali o a Porta a Porta. Quando un ministro o un parlamentare vengono intercettati perché finiscono per loro responsabilità sull’utenza telefonica di malfattori o camorristi, si strilla che così si attenta alle prerogative parlamentari e si viola la Costituzione. Quando reparti di polizia (perché purtroppo è successo) manganellano nel sonno un centinaio di giovani sfondando crani e schiene e casse toraciche ci si dichiara soddisfatti del lavoro e la Costituzione finisce nel surgelatore. Se un magistrato indaga su un politico di governo il ministro della Giustizia manda subito un’ispezione. Se muore un ragazzo in carcere il ministro non annuncia nessuna ispezione. Se un membro della cricca viaggia per pochi minuti con le manette ai polsi, il paese è pervaso da un fremito irrefrenabile di indignazione: la dignità del detenuto, specie se presunto innocente, per la miseria. Se decine di migliaia di detenuti (presunti innocenti o colpevoli che siano) si ammassano nelle carceri come galline nelle fabbriche di uova, ci si volta dall’altra parte… ma quale dignità, quel carcere è un hotel a cinque stelle… ve lo dico io. Benvenuti nel Paese dei due diritti, dove chi ne ha più ne ha sempre di più e chi ne ha meno ne ha sempre di meno. Giustizia: alla Camera audizioni su pdl diretta a tutelare le detenute madri con figli minori Ansa, 22 giugno 2010 La Commissione Giustizia della Camera ha svolto stamattina una serie di audizioni sulle proposte di legge dirette a tutelare le detenute madri con figli minori evitando che questi ultimi, per la necessaria vicinanza con la mamma, siano costretti a trascorrere un periodo di tempo in istituti di reclusione. Sono stati ascoltati Sebastiano Ardita, responsabile della Direzione Generale dei detenuti e del trattamento del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e rappresentanti dell’Associazione A Roma Insieme. La relatrice Samperi ha messo a punto il testo unificato, basato sulla pdl 2011, che in gran parte riflette quello già discusso nella scorsa legislatura. Il testo sarà discusso giovedì dalla Commissione Bilancio e domani dalla Lavoro e dalla Affari Sociali per i pareri da trasmettere alla Giustizia. Uno dei nodi da sciogliere è quello dei tempi giudicati indispensabili per ammettere gli extracomunitari al beneficio. Per i leghisti, infatti, non è ipotizzabile rivedere l’attuale limite minimo di 10 anni, mentre per la componente finiana del Pdl e, naturalmente, per i gruppi di opposizione, devono essere definite le condizioni per concedere la cittadinanza dopo 5 anni di stabile permanenza e lavoro in Italia e devono essere garantiti più ampi diritti ai figli di immigrati che studiano nel nostro Paese. La Lega Nord ha più volte sottolineato che questa riforma non fa parte degli accordi programmatici. Giustizia: D’Alia (Udc); governo riferisca in aula su sovraffollamento e violenze nelle carceri Il Velino, 22 giugno 2010 “Il governo riferisca in aula sulla emergenza dovuta al sovraffollamento delle carceri e sui ripetuti fenomeni di violenza che si registrano negli istituti penitenziari. L’informativa urgente del governo appare necessaria sopratutto alla luce degli ultimi gravi episodi di violenza che si sono verificati oggi a Palermo nel carcere dell’Ucciardone e che hanno visto il ferimento di ben sei agenti di custodia”. È quanto si legge in una nota del presidente dei senatori dell’Udc, Gianpiero D’Alia. Giustizia: Uil; carceri alla catastrofe, interventi naufragati sugli scogli dell’opportunità politica Asca, 22 giugno 2010 Ancora un grido di allarme degli operatori penitenziari sulla condizione delle carceri italiane. Questa volta a parlare senza mezzi termini del raggiungimento di una “border line” della catastrofe” è la Uil Pa Penitenziari che ricorda che dal 1 gennaio 2010 ad oggi sono 32 i detenuti che si sono suicidati in carcere mentre 51 sono stati i tentati suicidi sventati in extremis dal personale i polizia penitenziaria sono. Questo mentre ben 109 sono gli agenti della polizia penitenziaria che hanno dovuto ricorrere alle cure dei sanitari, con prognosi superiore ai cinque giorni, per aggressioni da parte dei detenuti, 6 i detenuti evasi, 7 le tentate evasioni sventate. “Infine pare utile sottolineare - aggiunge il sindacato - come i 67.615 detenuti ristretti alle 17 di ieri determinano un superamento delle soglie massime di ricettività nel 100% delle carceri, che potrebbero ospitare al massimo 43.800 detenuti”. “Nonostante l’esplicito appello del Presidente Napolitano e l’impietosa analisi dell’ex Presidente Ciampi i nostri politici sembrano avulsi da una realtà, quella penitenziaria, - ha commentato il segretario generale della Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno - che si connota per inciviltà, illegalità e degrado. L’invocata svolta bipartisan è naufragata sugli scogli dell’insensibilità e dell’opportunità politica. Se da un lato il Governo e la maggioranza parlamentare paiono incapaci di delineare un quadro di soluzioni, dall’altro tutti i partiti dell’opposizione e quasi tutti i politici della minoranza sembrano non avere interesse reale verso il dramma umanitario e sanitario che si consuma all’interno di quelle discariche sociali che sono le nostre prigioni”. Giustizia: morì in cella, la madre accusa; “mio figlio è stato picchiato, non fu un suicidio” Corriere della Sera, 22 giugno 2010 Da sola contro tutti. Accusa chi in carcere ha lasciato morire suo figlio a soli 19 anni, nonostante fosse sottoposto al regime di massima sorveglianza. Chi ha deciso di trasferirlo in ospedale a bordo di una normale auto di servizio. E azzarda persino l’ipotesi di un pestaggio prima dell’arresto. Per Grazia La Venia ci sono troppi misteri attorno alla tragica fine del più piccolo dei suoi tre figli. Si chiamava Carmelo Castro, era incensurato e si sarebbe suicidato nella cella numero 9 del carcere di Piazza Lanza il 28 marzo 2009, esattamente quattro giorni dopo il fermo per la rapina ad una tabaccheria di Biancavilla. L’autopsia parla di “morte per asfissia da impiccamento” e il pm ritiene che si tratti di suicidio. Uno dei tanti nell’inferno delle carceri italiane. Dunque caso chiuso con relativa richiesta di archiviazione. Ma la madre non ci sta: “Non è stato un suicidio - si dispera-mio figlio aveva 19 anni ma era ancora un bambino. Non era in grado nemmeno di allacciarsi le scarpe, pensa se poteva attaccare un lenzuolo alla branda ed impiccarsi”. E ancora: “Ma vi pare normale mandarlo all’ospedale su una macchina qualunque senza assistenza medica?”. Il suo grido di dolore è arrivato sino a Roma con interrogazioni bipartisan dei senatori Salvo Fleres (Pdl) e dell’ex magistrato Felice Casson (Pd). E ora la parola passa al Gip di Catania Edo Gari che in queste ore sta valutando la richiesta di riapertura delle indagini. “Quando sono venuti a prendere mio figlio hanno detto che me lo avrebbero riportato dopo mezz’ora, io sto ancora aspettando - racconta in lacrime la madre. Ho il diritto di sapere cosa gli hanno fatto dentro e fuori dal carcere”. La prova di quello che definisce “un pestaggio” la porta attaccata al petto. Su una medaglietta ha fatto riprodurre la foto segnaletica diffusa dopo il fermo. E sul tavolo ne tiene una copia gigante che esamina con lo scrupolo di un investigatore. “Vede qui - indica col dito - c’è un livido sull’occhio sinistro e il labbro gonfio, oltre all’orecchino strappato”. Accusa i carabinieri che lo interrogarono il pomeriggio del 24 marzo. “Mentre lo sentivano - racconta - io ero fuori e lo sentivo piangere e gridare. Quando è uscito era tutto rosso anche se lui si nascondeva il viso per non farmi preoccupare. E poi ci sono quelle strane macchie, che secondo me sono sangue, che ho trovato sulle scarpe e sul giubbotto”. L’avvocato difensore, Vito Pirrone, cerca invano di frenare la donna. Nell’istanza al gip infatti non fa alcun cenno ad ipotetici pestaggi. Il legale si limita solo a chiedere l’acquisizione della foto segnaletica. “In questa storia - spiega - ci sono comunque troppe incongruenze”. A cominciare dal trasferimento in ospedale senza chiamare un’ambulanza. “Perché - si chiede il legale - il medico del carcere riferisce di aver praticato le manovre di rianimazione cardiorespiratoria poi le interrompe e, ingiustificatamente, non ritiene di dover disporre il trasporto in ospedale con autoambulanza ove potevano continuare le manovre rianimatorie?”. Quello che appare come un suicidio viene scoperto alle 12.45 del 28 marzo scorso e l’autopsia ha accertato “la presenza nello stomaco di abbondante quantità di cibo non digerito”. “Strano che si faccia un pasto del genere prima di suicidarsi - chiede l’avvocato -. A che ora è stato distribuito? Chi sono i detenuti lavoranti che lo hanno fatto? Hanno visto in che stato era Castro?”. Una valanga di interrogativi a cui si potrà dare risposta solo con nuove e più accurate indagini. Palermo: il “canile” dell’Ucciardone tra sovraffollamento, aggressioni e degrado www.radiocarcere.com, 22 giugno 2010 Nel carcere l’Ucciardone di Palermo si sono ripetute nelle giro di 24 ore diverse aggressioni ad opera dei detenuti nei confronti degli agenti della polizia penitenziaria. Aggressioni che vanno di certo condannate, come va condannata l’indifferenza della politica di Governo nei confronti dell’emergenza presente nelle carceri italiane. Un’indifferenza che produce nelle carceri: abbandono, maltrattamenti e prevedibili atti di violenza. Atti di violenza dovuti a inimmaginabili quanto degradate condizioni di vita sia di chi in carcere ci lavora sia di coloro che in carcere ci devono stare. Il carcere dell’Ucciardone è solo uno delle tante carceri italiane dove la situazione sta diventando esplosiva. Pubblichiamo una breve scheda del carcere dell’Ucciardone e una lettera scritta da una persona lì detenuta e inviata a Radiocarcere. Scheda del carcere l’Ucciardone di Palermo Indirizzo: via Enrico Albanese, 3; tel. 091 300431. Data di costruzione: 1832. Capienza regolamentare: 415 detenuti. Detenuti presenti: 705. Agenti in servizio: 140 La lettera dall’Ucciardone Cara Radiocarcere, sono un detenuto dell’Uciardone e quando sono entrato qui dentro io, come altri detenuti, sono stato messo nel “canile”. Ovvero una gabbietta, larga un metro e alta due, dove stai chiuso in piedi per ore e ore, qualcuno anche per giorni. Io nel canile si sono rimasto per circa 10 ore. È stato terribile. Vomitavo, mi facevo i bisogni addosso e piangevo. Ma nessuno è venuto a vedere come stavo. Quando pensavo di impazzire, mi hanno portato nella cella di transito. Uno stanzone fatiscente pieno zeppo di detenuti. Lì c’era gente malata di mente, stranieri, tossicodipendenti in crisi di astinenza e persone affette da l’aids. Dopo circa un mese mi hanno portato in quella che sarebbe diventata la mia cella. Mi sono detto: “il peggio è passato!”, e invece mi sbagliavo. L’inferno vero all’Ucciardone iniziava lì. La mia cella era grande come una normale cucina e dentro c’erano diversi corpi sdraiati sulle brande. Erano i miei 10 compagni di cella. C’era puzza, le pareti invase dalla muffa, il pavimento pieno di scarafaggi ed era buia quella cella, molto buia anche se erano le 11 del mattino. Ora sono tre mesi che sto qui dentro e ho un nuovo compagno di cella. L’undicesimo. È un topo bello grande che ogni sera, passando da un cornicione, entra dalla finestra e se ne va in giro liberamente. Insieme ai miei compagni, cerchiamo di tenere la finestra chiusa, ma essendo in tanti in cella spesso siamo costretti ad aprirla pur di respirare. Abbiamo anche fatto i turni di guardia notturni per vedere se il topo entrava, ma è stato inutile. Alla fine ho fatto presente il problema del topo galeotto agli agenti. La risposta? “Non c’è nulla da fare, questo è l’Ucciadrone”. Giuseppe, 32 anni Palermo: tensioni e risse all’Ucciardone; proteste sindacati, solo 40 unità per turno per 710 detenuti Ansa, 22 giugno 2010 Carceri affollate e violente. La situazione precipita a Palermo dove, tra venerdì e oggi, sei agenti della polizia penitenziaria sono rimasti feriti all’Ucciardone, dopo essere intervenuti per sedare una rissa tra i detenuti. I sindacati insorgono e scoppia una polemica antica sul basso numero del rapporto tra guardie e detenuti. La prima rissa è scoppiata venerdì notte e sono rimasti coinvolti quattro agenti, ricoverati poi in ospedale con sette giorni di prognosi, la seconda questa mattina con altri due agenti feriti. “Solo grazie alla grande professionalità del personale non si è rischiata una sommossa, con ripercussioni per l’ordine e la sicurezza pubblica”, dice la Uil. Quando è avvenuta la rissa nella sezione erano rinchiusi oltre 300 detenuti e c’erano solo due agenti della polizia penitenziaria in servizio, “grazie alla pesantissima carenza di personale - dice la Uil - mai sanata dai vertici dell’amministrazione penitenziaria”. All’Ucciardone ci sono oltre 710 detenuti (415 i posti letto) e 200 agenti. “Questo significa che al netto dei riposi e congedi - dice il sindacato -, giornalmente vi sono appena 140 unità divisi nelle 24 ore di servizio con una media di 40 unità per turno”. La Uil chiama in causa Salvo Fleres, (Pdl) garante per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e per il loro reinserimento sociale in Sicilia, che però rilancia: “Il sovraffollamento ed il caldo determinano reazioni spropositate - dice - Condanno qualsiasi atto di violenza compiuto dai reclusi e, al personale di polizia penitenziaria che è stato aggredito va tutta la mia solidarietà e soprattutto gli auguri di una pronta guarigione”. La solidarietà di Fleres non basta a Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo polizia penitenziaria spesso costretto a commentare episodi come questi. “Non posso che giudicare con estrema preoccupazione l’ennesima grave aggressione - puntualizza - Tutto questo è gravissimo ed inaccettabile, tanto più che si tratta dell’ennesimo grave episodio di tensione a danno di appartenenti alla Polizia penitenziaria in un carcere italiano£. D’accordo anche la Cisl. “Le carceri sono una bomba ad orologeria - dice il sindacato - e stanno per esplodere. È impensabile che il peso di una situazione oramai indescrivibile possa ricadere solo ed esclusivamente in quei pochi colleghi che quotidianamente per garantire l’ordine e la sicurezza dentro le prigioni rischiano la propria vita”. Palermo: il direttore dall’Ucciardone, Maurizio Veneziano; aspettiamoci un’estate “calda” di Martina Miliani Live Sicilia, 22 giugno 2010 Una volta il carcere Ucciardone era il “Grand Hotel” dei mafiosi. Ma di sicuro questa “nomina” si fa via via più sarcastica e tagliente. Mancano i posti, manca il personale, manca l’igiene. E le due risse avvenute in questi ultimi giorni hanno acceso nuovamente i riflettori sulla situazione dei detenuti. Il direttore Maurizio Veneziano sospira a ogni risposta. Non una rassegnazione, certo. Ma il sospiro consapevole di chi si ritrova a gestire un carcere nato circa due secoli fa. Dopo i tagli che in questi ambiti il bilancio ha previsto, e che in questi giorni, lui stesso ha sottolineato, è forse un modo per farsi e fare coraggio, anzitutto al personale penitenziario, sulla cui preparazione, Veneziano, non ha il minimo dubbio. Che disagi si stanno vivendo all’Ucciardone in questo momento? “Il sovraffollamento non aiuta, le temperature eccessive non aiutano. Ma ciò non significa che la situazione non sia sotto controllo”. E le risse che sono avvenute all’interno del carcere nei giorni scorsi? “È innanzitutto necessario distinguere i due fatti. Venerdì il personale interno è intervenuto per salvaguardare l’incolumità dei detenuti, tra i quali era scoppiata una rissa. E nel momento delloscontro gli agenti, sono rimasti feriti. Mentre oggi (ieri, ndr) è stato uno dei detenuti, che in un momento di sconforto si è scagliato contro due agenti. Il personale continua ad operare con la solita professionalità”. Un gruppo di detenuti però ha addirittura deciso di tassarsi per poter pagare gli interventi di manutenzione del carcere. “Ci sono stati e sono tutt’ora in corso interventi di straordinaria ristrutturazione: un reparto deve essere ultimato, mentre da un altro si dovranno ricavare nuovi posti per detenuti. C’è da considerare che questo edificio ha circa 200 anni. Di interventi di manutenzione ordinaria ce n’è bisogno in continuazione”. E i fondi ci sono? “Si interviene con gradualità. È logico che è necessario effettuare prima interventi di un certo tipo per poi arrivare a piccoli interventi”. Per quanto riguarda invece la carenza di personale? I sindacati affermano che nella notte di venerdì solo due agenti erano presenti a vigilare su 300 detenuti. “Gli agenti erano quattro e non due, perché quattro sono stati gli agenti aggrediti durante la loro azione di contenimento della rissa. Esiste poi una carenza complessiva dell’organico ordinario, rispetto all’organico effettivo. Ma è un dato oggettivo che riguarda tutte le strutture della Sicilia, e credo dell’Italia intera”. Per quest’estate sono previsti interventi? “Si sta focalizzando l’attenzione da parte del Ministro della Giustizia Alfano e del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che dovrebbero realizzare un Piano Carcere. Resta infine la serietà e la professionalità del personale, ciò che contraddistingue ognuno di noi”. Modena: ufficio del Magistrato di Sorveglianza vacante da 10 giorni, presto una soluzione www.viaemilianet.it, 22 giugno 2010 Dopo le polemiche dei giorni scorsi, sembra avviarsi a soluzione il caso del magistrato di sorveglianza, un ufficio vacante da una decina di giorni dopo il trasferimento del dott. Angelo Martinelli. Oggi è stato l’ultimo giorno come giudice penale del suo sostituto, dott. Mazza. A giorni Roberto Giovanni Mazza assumerà le funzioni di magistrato di sorveglianza, dopo che il 10 giugno era stato ufficialmente trasferito il suo predecessore, il dott. Angelo Martinelli, coinvolto nelle polemiche per le licenze continuative concesse agli internati delle case di lavoro. Due settimane di vuoto che hanno creato una mole impressionante di arretrato. Il Tribunale di sorveglianza di Bologna aveva nominato come sostituto fino al 26 giugno un giudice di Reggio Emilia che si è però limitato a gestire l’emergenza, senza entrare nel merito di chi si trovava in una situazione di detenzione o di internamento con i termini scaduti. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato il rinvio “sine die” dell’udienza del 16 giugno scorso, una decisione che aveva provocato una dura reazione degli avvocati difensori, e di chi, e sono tanti, si occupa di detenuti e di internati fuori e dentro alle carceri e alle case di lavoro. Del caso si era occupata l’On. del Pd Manuela Ghizzoni che, a stretto giro, aveva presentato un’interrogazione al ministro Alfano chiedendogli di verificare al più presto la situazione modenese e di provvedere alla nomina del nuovo magistrato. Una mobilitazione che sembra avere dato frutti. Oggi è stato l’ultimo giorno di udienze come giudice penale per il dott. Mazza. Lo attende un impegno importante, decidere per i detenuti del Sant’Anna (più di 550 persone) e per gli internati sottoposti a misura di sicurezza nella casa di lavoro di Saliceta San Giuliano e in quella di reclusione di Castelfranco Emilia; deve stabilire il grado di pericolosità dei carcerati e decidere se meritano di finire di scontare la pena con una vigilanza esterna, deve erogare permessi, licenze e borse di lavoro. Un lavoro dove a un fascicolo deve corrispondere la conoscenza della persona, il suo curriculum criminale e l’eventuale percorso di recupero. La prossima udienza è fissata per il 30 giugno, non è detto che per quella data il nuovo magistrato possa essere già operativo, ma quel che sperano internati e avvocati è che almeno venga fissata una data di rinvio. In caso contrario si temono tensioni all’interno degli istituti di pena. Chieti: associazione “Voci di dentro”, quando il volontariato supplisce alle carenze dello Stato Redattore Sociale, 22 giugno 2010 L’associazione “Voci di dentro” lavora per l’inserimento sociale e lavorativo dei detenuti. Ha ottenuto tre borse lavoro e il regime di semilibertà per tre reclusi che oggi lavorano nella redazione dell’omonimo giornale nato tra le mura del carcere. Reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti. È questo lo scopo dell’associazione “Voci di Dentro Onlus” nata a Chieti nel 2009 da un gruppo di 16 persone che prestano la loro opera in modo personale, spontaneo e gratuito, senza retribuzione e senza fini di lucro all’interno della casa circondariale di Madonna del Freddo. L’associazione oltre a promuovere attività di formazione professionale all’interno e all’esterno del carcere, organizzare incontri, convegni, iniziative di sensibilizzazione sociale, è editrice di un giornale giunto al tredicesimo numero, stampato in cinquemila copie, scritto interamente dai detenuti e diffuso all’interno dell’Istituzione penitenziaria e fuori: a Chieti, Pescara, in tutta la regione. Il progetto, nato tra le mura del carcere, ha avuto il sostegno di altri enti come il comune di Chieti e l’Ufficio di esecuzione penale esterna (Uepe) che hanno messo a disposizione delle borse lavoro servite a due detenuti e redattori del giornale di vivere in un regime di semi libertà che ha permesso loro di uscire dal lunedì al venerdì per lavorare presso la sede del giornale. Da oggi però la redazione aggiunge un altro collaboratore: Ficarelli Vincenzo, beneficiato anch’egli di una nuova borsa lavoro offerta dall’Università Gabriele D’Annunzio e presentata stamani nella sede dell’Ateneo alla presenza della direttrice del carcere, Giuseppina Ruggero, del presidente della Onlsu “Voci di Dentro” Francesco Lo Piccolo e il Direttore Generale dell’UdA Marco Napoleone. “Un altro passo per la nostra associazione - ha spiegato Lo Piccolo - grazie alla convenzione con l’università che permette a un nuovo detenuto di uscire di carcere la mattina e lavorare nella nostra redazione. Questo è un ulteriore tassello per la creazione di un lavoro, appunto il giornale Voci di Dentro che proprio per la sua serietà e la sua qualità vuole diventare anche un giornale in grado di mantenersi “con le proprie gambe” ovvero fare reddito per i detenuti diventati ex detenuti, dunque redattori, tipografi, fotografi, correttori di bozze. Alla base del nostro progetto - continua lo Piccolo - c’è l’articolo 27 della Costituzione, che spiega come la sanzione penale bisogna proporre a chi delinque un duro cammino, un preciso lavoro su di sé, ma anche bisogna lasciargli aperta la porta al cambiamento, che anzi va favorito ed accompagnato con tutte le energie a disposizione da parte dell’intera società”. “E il lavoro - ha aggiunto la direttrice del carcere, Giuseppina Ruggiero - è il primo e vero strumento per il recupero dei detenuti. Pensate alle difficoltà che incontrano dopo anni di carcere, alla diffidenza di chi offre un lavoro a un detenuto. Per questo - ha concluso - devo ringraziare l’associazione “Voci di Dentro Onlus”, un’organizzazione veramente utile che oltre a prestare servizio nel carcere si impegna per trovare lavoro ai nostri detenuti. Questo è un esempio di volontariato che supplisce alle carenze dello Stato. Se non ci fosse il volontariato - ha concluso - penso che l’Italia si fermerebbe”. Lucca: emergenza per il personale del carcere, con le ferie sarà ridotto del 30 per cento Il Tirreno, 22 giugno 2010 Scatta l’emergenza per il carcere di San Giorgio: a causa della mancanza di personale, che con le ferie sarà ridotto del 30 per cento, la struttura si troverà sotto i livelli minimi di sicurezza nei mesi di luglio e agosto. A lanciare l’allarme è il Sappe, il sindacato di polizia penitenziaria maggiormente rappresentativo della realtà lucchese, che dice di trovarsi davanti a una situazione ormai giunta “a un punto di non ritorno” e denuncia che il San Giorgio sarà sguarnito proprio nel momento in cui è previsto un aumento di detenuti. Il personale è di 78 agenti di polizia penitenziaria, mentre l’organico ne richiederebbe 130. I detenuti ospitati nell’istituto di pena sono 218, mentre la capienza della struttura è per 120 ristretti. Fino a settembre, infatti, scatterà ora il piano ferie. “Mediamente si assiste a una riduzione del 33 per cento - afferma Pasquale Salemme, segretario nazionale Sappe - che in questo caso vuol dire ridurre davvero all’osso l’organico in forze nella casa circondariale. Già ora il personale viene sottoposto a turni massacranti articolati nelle 24 ore, con una distribuzione pro capite di lavoro straordinario in eccedenza di 40-45 ore mensili. Per garantire le ferie a tutti, ci sarà un carico di lavoro ulteriore per i colleghi che restano in servizio, in una situazione ben al di sotto dei livelli minimi di sicurezza”. Il sindacato tira in ballo l’incolumità degli stessi detenuti: “Se un ristretto dovesse sentirsi male, o ponesse in essere atti di autolesionismo, non potrebbe essere soccorso prontamente. Poi c’è la possibilità di disordini. Insomma, la posta in gioco è davvero altissima”. Durante l’estate è peraltro atteso un aumento degli ingressi delle persone ristrette, in particolare dalla zona della Versilia, per la quale il San Giorgio rappresenta la casa circondariale competente territorialmente. A pagare le conseguenze di questo stato di cose, secondo il Sappe sarebbero proprio i lavoratori. A conferma dello stato di malessere e di lavoro eccessivo, infatti, ci sarebbe infatti la significativa percentuale di agenti riformati per infermità di servizio, interenti a “patologie psico-fisiche derivanti dal lavoro usurante svolto”. Per questi motivi, negli ultimi due anni è stato riformato il 10 per cento del personale in forza all’interno della casa circondariale. San Gimignano (Si): insediato il Comitato didattico del Polo universitario penitenziario Asca, 22 giugno 2010 Si è ufficialmente insediato il comitato didattico dell’Università di Siena, che opererà presso il carcere di San Gimignano, così come stabilito dal protocollo firmato all’inizio di quest’anno dagli Atenei di Siena, Firenze e Pisa, dal Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria della Toscana e dalla Regione Toscana. Nella prima riunione del comitato è stata subito affrontata e condivisa la necessità di semplificare alcuni aspetti che riguardano le procedure amministrative relative all’iscrizione ai corsi da parte dei detenuti, nonché l’armonizzazione di aspetti organizzativi con quelli delle altre sedi universitarie firmatarie del protocollo. “Si tratta di un’esperienza attiva da cinque, sei anni - ha detto il delegato recentemente nominato dal rettore dell’Università di Siena per il polo universitario penitenziario, Fabio Mugnaini - partita grazie all’interessamento di alcuni colleghi, Fabio Berti, Alessandro Fo, Gabriella Piccinni e Franco Belli, di cui ho raccolto il testimone. Ora, grazie all’intesa regionale questo progetto ha ora la possibilità di definire meglio la propria identità e i propri obiettivi, in un’ottica di coordinamento e maggiore integrazione della didattica. Ritengo che siamo di fronte a una possibilità fortemente educativa per quanto riguarda i detenuti, che evidenzia la funzione sociale fondamentale dell’Università nel costruire la cittadinanza e nel restituirla. Per quanto riguarda i docenti, sarà l’occasione per mettersi alla prova in una dimensione del tutto particolare, che aggiungerà un valore fortemente etico a quella che talora può essere una routine professionale”. Per ora sono una ventina i detenuti del carcere di San Gimignano che stanno compiendo i loro studi universitari seguendo i programmi dei corsi di laurea delle facoltà di Scienze politiche, Economia e Lettere e filosofia dell’Università di Siena. “La direzione - ha detto la dottoressa Rita Barbera, direttrice del carcere - punta molto su questo progetto, che pur avendo obiettivi difficili rappresenta un’opportunità educativa importante. L’esperienza degli anni passati è decisamente positiva e questo protocollo regionale potrà favorire la diffusione degli studi universitari tra i detenuti che hanno i requisiti per l’iscrizione agli studi, ai fini del reinserimento sociale”. In alcuni casi sono stati organizzati programmi di attività periodiche da parte dei docenti presso il carcere di San Gimignano, mentre vengono tenuti incontri su temi specifici sotto forma seminariale o di conferenza, anche ai fini dell’orientamento allo studio. E proprio con questo fine è prevista l’attivazione di un progetto che vedrà coinvolti alcuni studenti tutor appositamente selezionati e formati per prestare il proprio servizio nei confronti degli studenti detenuti. “Finora - ha concluso il professor Mugnaini - gli interventi di docenza presso il carcere sono stati possibili grazie alla volontà e alla sensibilità di alcuni docenti, ma mi auguro che il pronunciamento decisamente favorevole da parte del Rettore e dell’Amministrazione dell’Ateneo possa consolidare questa esperienza che ha obiettivi educativi di grande spessore”. Milano: i detenuti del carcere di Opera in scena con le “Anime cosmetiche” Il Velino, 22 giugno 2010 Si intitola “Anime Cosmetiche” ed è il nuovo spettacolo realizzato dalla compagnia teatrale nata all’interno del carcere di Milano Opera. Ne fanno parte i detenuti della sezione “comuni” che andranno in scena giovedì 24 e venerdì 25 giugno, alle 14.30, nel teatro della casa di reclusione, in via Camporgnago 40. Opera Liquida, così si chiama la compagnia, torna sul palco dopo i successi raccolti nel 2009 con “I luoghi dell’altro - Ninna nanna anestetica per materiali organici organizzati”, prima nella casa di reclusione, poi alla rassegna “Estate sui Navigli” (esordio assoluto fuori dai cancelli), infine, a dicembre, nel corso della manifestazione “Carcere aperto”. Ancora una volta, partendo da una profonda riflessione sulla società contemporanea, Opera Liquida affronta in maniera originale e “forte” temi attuali come la crisi economica, l’amore “recluso”, la paura, la colpa. In un futuro indefinibile, per far ripartire il volano dell’economia, all’interno di un centro commerciale viene imposto ai venditori un mese di “solenne dedizione alle vendite” e ai compratori una settimana di “solenne dedizione agli acquisti”. Ma non si tratta di un centro commerciale qualunque, perché i personaggi trovano botteghe decisamente strane: ad attenderli ci sono infatti lo Psicologo a Gettone, lo Scambiatore di Paure, lo Smarritore di oggetti seminuovi, un Confessionale Elettronico e persino un Rottamatore di Anime. In questo scenario surreale, ma al tempo stesso specchio della realtà, “Anime Cosmetiche” porta avanti una riflessione sul mondo di oggi. Una testimonianza viva e vibrante, messa in scena sotto la direzione di Ivana Trettel, supportata da Mariarosa Criniti e Gianni Lamanna, con la partecipazione degli studenti della Nuova Accademia di Belle Arti di Milano (NABA) che Caterina Felice ed Anna Cardani hanno guidato nella progettazione e realizzazione di scene e costumi. Libri: “Carcere e diritti sociali”, da L’Altro Diritto un’indagine sui diritti dei detenuti Redattore Sociale, 22 giugno 2010 Il volume “Carcere e diritti sociali” di Giuseppe Caputo, pubblicato da Cesvot in “Briciole” (n. 24, aprile 2010, pp. 223) nasce dall’esperienza di formazione, ricerca e lavoro volontario maturata nelle carceri toscane dall’associazione L’Altro Diritto, centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità. Al centro del libro un tema di grande attualità ma troppo spesso lasciato in ombra: gli effetti della carcerazione sui diritti dei detenuti, in particolare sui diritti sociali, sul diritto al lavoro e alla salute. Quando entriamo in carcere - scrive Giuseppe Caputo - scopriamo che “la gran parte delle norme che dovrebbero garantire i diritti dei detenuti, quelli sociali in particolar modo, sono pure affermazioni di principio”. Quello dei diritti dei detenuti è, infatti, un tema sul quale c’è non solo poca consapevolezza ma anche pochi studi. Come scrive nella prefazione Emilio Santoro, docente presso il Dipartimento di Teoria e Storia del Diritto dell’Università di Firenze e fondatore dell’associazione L’Altro Diritto, “questa carenza di analisi è sorprendente e preoccupante considerando gli impressionanti numeri della popolazione penitenziaria”. In Italia sono 67.444 le persone detenute (in Toscana 4.459), 25mila in più rispetto ai posti letto regolamentari. Nel 1999 erano 29mila. Dal 1990 al 2009, nonostante i reati siano aumentati appena del 13%, la popolazione detenuta è aumentata di oltre il 100%, perché? Come spiega Giuseppe Caputo, la risposta sta nella carcerazione preventiva: i detenuti non definitivi sono la metà del totale. Il libro si sofferma in particolare sul lavoro penitenziario e sui diritti sociali che ne dovrebbero scaturire. Solo ¼ dei detenuti ha accesso al lavoro penitenziario, ma si tratta di lavori saltuari e fortemente dequalificati, che non possono in alcun modo contribuire al trattamento risocializzante. Le retribuzioni per il lavoro penitenziario sono inferiori del 15% rispetto ai minimi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro del 1993. Con la misera retribuzione (3 euro l’ora) quei pochi detenuti che riescono a lavorare possono a mala pena sopperire ai bisogni alimentari, ma di fatto non accedono ai diritti previdenziali che spettano a tutti i lavoratori: “il periodo trascorso in carcere è per loro un tempo inutile”, scrive Caputo. Chiude il volume un capitolo dedicato ai detenuti stranieri. Gli stranieri sono iper rappresentati in carcere: rappresentano il 6,5% del totale dei residenti in Italia ma il 37% dei detenuti. Dal 1990 la presenza dei detenuti stranieri in Italia è più che quadruplicata. Una delle ragioni, secondo l’autore, è che agli stranieri si applica molto più facilmente che agli italiani la custodia preventiva in carcere: nonostante gli stranieri siano in media il 20% dei condannati, essi sono quasi il 40% dei detenuti. Droghe: Rapporto annuale al Parlamento; cala il consumo di sostanze, sale quello di alcol Redattore Sociale, 22 giugno 2010 Rapporto annuale al Parlamento. Oltre alla persistenza del policonsumo, al diminuire dei consumi di sostanze va in controtendenza il consumo di alcol. Dal 2007 al 2010, registrato un aumento del 18,2%. Ubriacature cresciute del 200%. La crisi economica potrebbe essere una delle chiavi di interpretazione della diminuzione del consumo di droghe, ma se ha inciso su di esse ha avuto effetti imprevisti sul consumo problematico di alcol. È quanto afferma la Relazione annuale al Parlamento 2010 sull’uso di sostanze stupefacenti e sulle tossicodipendenze presentato questa mattina a Palazzo Chigi. Secondo i dati raccolti, infatti, oltre alla persistenza tra la popolazione del policonsumo soprattutto con l’alcol e cannabis, al diminuire dei consumi di sostanze va in controtendenza il consumo di alcol. “Relativamente a questo consumo infatti è da segnalare un aumento della percentuale dell’assunzione quotidiana, dal 2007 al 2010, del 18,2% - spiega il testo della relazione -. L’aumento percentuale delle ubriacature, oltre 40 volte nella vita, è stato purtroppo del 200% passando da una prevalenza dell’1% nel 2007 al 3% del 2010”. Andamento, spiega la relazione del Dipartimento politiche antidroga, che potrebbe trovare una spiegazione in relazione ad una “minore capacità di spesa, soprattutto negli utilizzatori occasionali di sostanze stupefacenti, conseguente alla crisi economica e a una diversificata e minore percezione del rischio nei confronti dell’alcol rispetto alle sostanze stupefacenti. Questo avrebbe comportato uno spostamento dei consumatori occasionali di sostanze verso gli alcolici in quanto più accessibili e meno costosi, ma comunque in grado di dare effetti fortemente psicoattivi”. A preoccupare, inoltre, restano i fenomeni emergenti come le nuove droghe, comprate spesso su internet attraverso siti specializzati che si mimetizzano all’interno della rete tra forum e social network. “Negli ultimi anni si sta registrando un sempre più marcato spostamento dell’offerta di commercializzazione delle sostanze illecite attraverso internet - spiega la relazione -. Il fenomeno dell’offerta di droga su web è caratterizzato dalla presenza di farmacie online che vendono farmaci e sostanze di qualsiasi genere, senza richiedere alcuna prescrizione medica e drugstore dove comprare sostanze illecite”. Giovanardi: crolla il numero dei consumatori -25,7% nel 2009 “Il numero dei consumatori di droghe in Italia è diminuito dal 2008 al 2009 del 25,7%”. È quanto ha affermato il sottosegretario Carlo Giovanardi questa mattina a Palazzo Chigi, durante la conferenza stampa di presentazione della Relazione annuale 2010 al Parlamento sull’uso di sostanze stupefacenti e sulle tossicodipendenze in Italia, contenente i dati del panorama nazionale relativi al 2009. Secondo i dati della relazione, infatti, mentre nel 2008 i consumatori di sostanze stupefacenti, comprendendo sia quelli occasionali che con dipendenza da sostanze, erano quasi 4 milioni (3.934.450), nel 2009 il numero è sceso a 2.924.500, con una differenza di poco più di un milione di persone. “Per il nostro Paese è una buona giornata rispetto ai dati contenuti nella relazione - ha spiegato Giovanardi -. Per la prima volta dopo anni e anni di rapporti che segnalavano una situazione negativa anzi in peggioramento progressivo, quest’anno i dati segnalano sorprendentemente un crollo dei consumi”. Berlusconi: calano i consumatori, meno risorse alla criminalità “Le buone notizie sul calo del consumo di stupefacenti in Italia premiano l’impegno del governo ed in particolare del sottosegretario Giovanardi, in un campo decisivo per il futuro del nostro Paese”. É quanto ha affermato il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un messaggio inviato alla conferenza stampa di presentazione della Relazione annuale al parlamento 2010 sull’uso di sostanze stupefacenti e sulle tossicodipendenze in Italia in corso a Palazzo Chigi. “Meno consumo di droga - continua il premier - significa anche togliere ingenti risorse alla criminalità organizzata e al terrorismo internazionale, diminuire il numero degli incidenti stradali e dei reati commessi sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, salvare i giovani dalle morti per overdose e da lunghi e difficili percorsi riabilitativi. È grazie a questi risultati che si migliora la qualità della vita, liberando anche ingenti risorse pubbliche da investire per settori importanti quali assistenza, la sanità e la ricerca”. Stati Uniti: il bancarottiere Madoff svela al compagno di cella “ho nascosto 9 miliardi di dollari” Ansa, 22 giugno 2010 Non bastava la truffa da 60 miliardi per cui sta scontando la prigione a vita tra le quattro mura di Butner, North Caroline: adesso spunta anche il tesoro segreto. L’ultima su Bernie Madoff sembra la versione corretta Wall Street del Conte di Montecristo: il finanziere di 72 anni avrebbe confessato a uno dei suoi “colleghi” di prigione più fidati che prima di essere arrestato sarebbe riuscito a nascondere un bottino da 9 miliardi di dollari. E dove si troverebbe questo ben di Dio truffato ai poveri investitori? Cercate il socio, dice il detenuto talpa: “Madoff sostiene che Frank Di Pascali conosce i nomi delle tre persone a cui ha affidato il tesoro. E che però adesso Frank sta usando questo segreto per contrattare un trattamento migliore con i federali”. DiPascali aspetta ancora che gli venga affibbiata una sentenza: ma intanto, ovviamente in gattabuia, sta collaborando con gli investigatori. La storiella del bottino nascosto è stata spifferata dal compagno di cella di Bernie al New York Post, il tabloid di Rupert Murdoch informatissimo sulle sue avventure. C’è da credergli? L’amico in prigione sembra informatissimo sul suo vicino eccellente. Dice che Madoff avrebbe cominciato a confidarsi con lui dopo il trattamento con una strizzacervelli. L’uscita del libro della sua amante, Sheryl Weinstein, che raccontava come il finanziere l’avesse sedotta (tanto sesso e un po’ di marijuana), truffata e abbandonata, aveva ridotto l’anziano truffatore a uno straccio: temeva di perdere l’amore dell’unica persona al mondo che gli è rimasta, visto che anche i figli Andrew e Mark non gli rivolgono più la parola, tenuti anche loro all’oscuro della truffa. La sua Ruth continua però a fare la spola tra New York e Butner e ad alleviare con le sue visite le giornate che Mister Truffa trascorre in compagnia di tipini come Carmine Persico, il vecchio mafioso con cui gioca a bocce, o Jonathan Pollard, l’ex spia americana che si vendette a Israele. Certo se il bottino segreto ci fosse davvero sarebbe l’unica bella notizia da due anni a questa parte per le povere vittime della truffa che aspettano ancora di essere risarcite. Sempre il compagno di cella chiacchierone dice che Bernie, negli ultimi tempi, avrebbe finalmente mostrato i primi segni di pentimento: evidentemente non così forti da spingerlo a rivelare i nomi di chi nasconderebbe il suo tesoro.